Maestro ········ - Group:
- Administrator
- Posts:
- 12,736
- Location:
- Bari
- Status:
| |
| Quando le vestigia presero a confondersi con l'acqua, capì che doveva essere vicina alla fine. Il languido andirivieni della corrente trascinava vesti e capelli come fossero foglie abbandonate al vento. Se le chiamava a se, restituendo al creato una morbidezza che quel mondo infausto aveva provato a toglierle. In un certo senso, fu come abbandonarsi a una nuova nascita, benché nemmeno di essa Iride ricordasse gran che.
Morire, era un po' come nascere. Dormire, sulle ali spiegate dell'acqua che la conducevano a braccia aperte entro le fronde di un nuovo domani. Qualunque domani, qualunque nuova realtà che sarebbe stata migliore di quella, migliore di lei e di quegli occhi famelici che boccheggiavano col suo nome tra i denti.
In un certo senso, non aveva mai smesso di percepirli. Con la coda dell'occhio vide una delle ombre artigliare a più riprese il pelo dell'acqua, salvo poi arrendersi all'idea che ne avrebbe dovuto sopportare l'umida compattezza. Percepì quella patina di umido ricoprire il pelo della sua pelle, come un capello stopposo che si bagna d'unguento. Percepì i loro occhi squadrarsi e squadrarla, rintuzzandole contro ogni immondo improperio per quell'idea così bislacca e folle. In cuor suo si sentì di ridere a quel pensiero. Era immobile, in verità, carpita da una sordità ovattata che le impediva ogni diversa percezione e frapposta nel gelo pungente dell'acqua dolce, che le permeava le ossa fino a scavarla nel profondo. Era gelida in quel preambolo della morte che la vegliava fino all'ultimo dei suoi cammini. Eppure, nonostante quello volle irriderle quelle due fameliche ostilità, mentre si riempivano gli invisibili e neri polmoni dell'acqua azzurra del fiume, ove il suo sangue vi si scioglieva in minima parte - incapace di saziarli e di soddisfarli. Spero moriate anche voi si disse, nonostante la vita le scivolasse di dosso. In qualche modo, l'idea che non sarebbe stata l'unica a patire quella fine, la fece stare bene.
Divertita. Soddisfatta.
« ...guardate la! » Fu una voce che richiamò la sua attenzione. Invero, fu tanta la compiacenza di ammirare le sue ombre soffocate dall'acqua, che parve non accorgersi del destino del suo corpo. Solo dopo, dunque, si rese conto che la sua tetra marcia funebre si era perduta in se stessa. L'incedere languido, carezzato dalle maree, era divenuto concentrico, simile a se stesso e costretto in un circolare immobile sentiero. Si rigirava in uno stesso punto e da quello stesso punto vide occhi ignoti che la fissavano, chiamavano e chiedevano aiuto. La sua morte sembrava divenuta uno spettacolo aperto al pubblico; un pubblico, però, fatto di maiali, cervi e animali vari. Scherzi del destino che si straziavano nel carpirne il fatale destino e richiamavano a gran voce un aiuto che ella non desiderava.
« Andate via » boccheggiò, bisbigliando con la gola piena d'acqua. « Lasciatemi in p--- » Non fece in tempo a finire la frase. Una figura possente, nuda e muscolosa, la afferrò con tutta la propria forza. Sentì l'acqua spostarsi e, con essa, si spostò la sua coscienza, sballottandosi da una parte all'altra della pozza nella quale si era arenata. Quell'uomo parve udire il suo richiamo, desiderare la morte al suo pari e - pertanto - quando la colse la trascinò ancor più giù, verso il fondo.
Iride sospirò. Un destino ballerino la voleva viva, poi morta, poi ancora viva. Ma quando sentì la mano dell'uomo tirarla verso il fondo, capì che - forse - il suo destino si compiva. Capì che quell'essere bramava forse la sua vita e che da quel gesto non avrebbe avuto altra sorpresa. E di questa cosciente sicurezza si bagnò gli occhi, fino al punto da riscoprirsi fragile e restia. Non voleva morire. E lo capì quando l'uomo la tirava al fondo; quando lo specchio d'acqua diveniva piccolo e le figure degli animali spettatori nient'altro che ombre confuse in un miscuglio di luci iridescenti. Lo capì e si stizzì, divincolandosi da quella stretta. Strappandogli un lembo di carne con le unghie e abbozzando un morso alla mano callosa, per quanto poco le forze ancora le consentissero. Non voleva il fondo. Voleva la vita; voleva quegli animali spaventati quanto lei e - forse - coscienti della follia di quel luogo. Speranzosi e pregni di un rinnovato desiderio d'amore, che le avrebbero consentito di trovare conforto, speranza e, chissà, anche una via di uscita.
Poi vide qualcosa. Al di sotto del lago dimoravano infinite figure umanoidi, bianche e spettrali. Avevano volti intirizziti e spauriti, nonché immobili e morti. Si erano lasciati andare alla paura, distrutti da maledizioni indicibili che ne avevano trasformato il corpo in armature e trascinato il coraggio sul fondo del lago. O, forse, la disperazione li aveva chiamati a se, come stava per fare con lei. Erano coraggio divenuto disperazione, forza divenuta follia. Si dispiegavano a cerchio, intorno a un grosso pezzo di ferro. Quest'ultimo, invero, era la più grande particolarità del luogo: non era umano, né animale. Era l'unica deformità di un cimitero altrimenti normale, nella propria tetra distorsione. Quel pezzo di metallo arrugginito, infatti, dalla forma così simile a un'ancora, tratteneva se tutte le curiosità di chi si fosse spinto fino a quel punto. Un centro di domande che iniziavano e finivano con esso. Che ci faceva li? Cosa voleva significare?
E solo allora comprese. L'uomo non voleva trascinarla a morte; voleva tirarla su dal lago e - con lei - tirar su anche l'ancora. Voleva provare a fare quello in cui tutti i cadaveri avevano fallito. Voleva tirar su l'ancora e scoprire i segreti di un mondo così folle e così sconclusionato, da non poter lasciar senza senso un'ancora arrugginita sul fondo di un lago. Doveva esserci una logica. Una folle logica razionale. E quando l'ancora fu tirata su con lei, sulle rive di quel piccolo lago, le sue domande ebbero conferma.
Una donna, l'unica spettatrice umana si avvicinò all'ancora con aria tra il perplesso e lo spaventato. Poi, balbettò: « Oh, ma questa potrebbe essere...? » Iride tossì vigorosamente, vomitando acqua di lago sul bagnasciuga. Aveva gli occhi rossi e irritati, la veste fradicia e le mani ancora intirizzite dal freddo. Aveva voglia soltanto di scomparire, porre fine a tutto. E in quella maledetta sintonia di spaventi, il suo unico pensiero fu quello di andar a fondo con la verità. Anche al di là delle buone maniere. « ...t-tu... la riconosci? » Disse, indicando l'ancora. E senza nemmeno presentarsi. La donna rimase sorpresa ancor di più dal vederla capace di parlare, apparentemente. Poi lanciò un altro sguardo all'ancora, alternandolo alla sua gonna fradicia e ai suoi occhi momentaneamente rosso fuoco.
La donna scosse il capo, timidamente. « Non l'ho mai vista » rispose, sussurrando, « ma se Shahryar ha la fantasia che credo abbia, questo oggetto potrebbe essere ciò che tiene insieme la fine del mondo, legandola alla trama dell'Oneiron. » « Dovremmo ributtarlo in acqua prima che qualcuno se ne accorga! » Iride sorrise; questa volta davvero. Vide attorno a se gli animali crucciarsi a loro volta, stringendosi intorno al pesante oggetto divenuto incredibilmente così interessante. Oltre di loro vide le proiezioni di uomini coraggiosi, donne voluttuose, artisti e semplici cittadini; vide le loro anime prender la forma dei pensieri e, tutte quante, armarsi di odio contro quell'unico oggetto di metallo. Li vide com'erano una volta e, nei loro occhi, scorse come avrebbero voluto essere. Vivi e fuori da quel posto. Tirò su col naso e decise di dar sfogo ai loro pensieri. « Non so di cosa tu parli cara signora » biascicò lei, con un fil di fiato, « ma so per certo che questa cosa non tornerà nel lago. » Vide gli uomini prender forma, sopra le teste degli animali. Ciascuno di loro impugnò un'arma, una pala, un coltello o un semplice bastone e - tutti insieme - concentrarsi intorno all'ancora. Per poi colpirla ripetutamente, con avida apprensione. Iride sorrise da lontano, mentre il mondo attorno a loro si crepava come uno specchio colpito nel mezzo. Era la fine. La fine della fine del mondo. E l'inizio di Iride.
45 (- 5) / 75 (-10 - 20) / 75
Stato fisico: stanca, ferita da taglio al braccio, escoriazioni varie; Stato mentale: agitata, provata, instabile;
Passive: Personale n. 1, Passiva. Iride può percepire i sogni e le emozioni di chi le è difronte, che ella vede come immagini reali attorno a se. In senso tecnico, le emozioni / sentimenti saranno di volta in volta compresi dal testo o dal gestore della giocata, ma è Iride che le "interpreta" usando una passiva. Come mero effetto scenico, Iride vede continuamente queste immagini attorno a se, anche quando non vi vuole interagire. Uso 2/6
Attive: Personale n. 3, Attiva, magica, Attacco, Potenza Variabile, Autodanno alla mente. Iride domina le immagini che scaturiscono dalla coscienza delle persone, potendo loro dar forma fisica e utilizzarle per attaccare / danneggiare. A consumo nullo, si limita a dar forma alle immagini senza che causino danno. Usata a consumo alto
Riassunto Come deciso in confronto, pago la tassa di sangue poi mi lascio trascinare dal mio nuovo amico tutto ignudo e insieme tiriamo su l'ancora. Infine, dopo aver interagito con Airin, distruggo l'ancora con la tecnica citata.
Note. Mi avanzava un punto dal turno precedente, credo (avendo solo pagato la tassa e cambiato zona). Uso quindi un punto per pagare la tassa (un medio, avendo due ombre), un punto per approcciarmi pacificamente ai png e un punto per usare una tecnica. Spero vada bene. Scusate gli errori e la scarsa qualità, ma ho dovuto di nuovo scrivere il post in maniera affrettata.
|