Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Notte Quinta, Fantasma.

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view post Posted on 27/4/2016, 16:04
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I

PoV: Vaalirunah

(Plaakar - notte inoltrata)



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Vagava nella giungla da diverse ore, senza apparente orientamento.
Non aveva più valicato i confini della regione da quando il Quarto ne era fuggito in preda allo sconforto, con una fanciulla orfana per mano e troppi ricordi scomodi per la testa. Scrutando nel mezzo della vegetazione, non poteva fare a meno di rivivere parte di essi - e domandarsi se da qualche parte in quel complesso intreccio di foglie gigantesche, liane e alberi prosperosi, si annidasse ancora il crudele clan di uomini lucertola responsabile di tutto. Svariati anni avevano scavato un profondo baratro fra il sé stesso di allora e quello del presente, ma alla sua mente non bastava che un attimo per colmarlo e ritornare a giorni fatti di dolore e confusione. Non intendeva però permetterlo. Non aveva scelto di ritornare su i suoi passi per rivangare eventi funesti.

Scacciò a forza i cattivi pensieri e il ricordo di Lirin dalla testa, e cercò piuttosto di concentrarsi sulla missione che si era imposto. Affondò la mano fra le pieghe interne della veste leggera che indossava, e ne emerse con il pugnale stretto fra le dita. Clavis. La sua chiave per la vecchia epoca. Non era niente di più che un pezzo di ferro storto con alcune rune dipinte sopra, per chi guardava con gli occhi soltanto; in realtà si trattava di una reliquia essenziale per il Sesto, l'unico modo per ricostruire un legame spezzato. Il solo motivo per cui aveva deciso di inoltrarsi di nuovo nella caluria tropicale del Plaakar affrontando le sue insidie, sopportando insetti affamati che non gli davano tregua attaccandolo sulle braccia, sul petto, sul viso, ovunque riuscissero a eludere la stoffa e addentare la carne. E sapeva, a quel punto, di non esser molto lontano dalla tomba che andava cercando.

Giunse presto in una piccola radura nella foresta, al centro della quale si inalzava un'antica piramide Maegon in rovina. Festoni di piante e radici ne avevano devastato la struttura, corrompendo il suo originario splendore. Frammenti di roccia e statue divorate dal tempo giacevano un po' ovunque sulla strada che conduceva alla gigantesca scalinata, e per un attimo fu di nuovo travolto da sensazioni credute dimenticate. La melodia sprigionata dal movimento delle numerose chincaglierie che penzolavano dai suoi capelli cessò per un attimo, quando Vaalirunah si soffermò a scrutare uno dei molti resti. Sedette sui talloni e prese tra le mani il volto pieno di crepe di un membro dell'antica stirpe. Lo guardò negli occhi scavati dalle intemperie - formulando la domanda che ogni notte rivolgeva a sé stesso prima di coricarsi.

« Per secoli abbiamo combattuto, amato e sofferto. Siamo caduti e ci siamo rialzati più volte per assecondare il sogno d'immortalità del Popolo di Scaglie, pur consapevoli di stare rincorrendo un miraggio. Lo abbiamo fatto tanto a lungo che siamo giunti infine a credere anche noi che qualcosa - oltre la linea dell'orizzonte - si nascondeva davvero. Guardate ora cosa rimane della nostra lotta. »
la sua voce si era inasprita
« Dall'albero della vostra gloria non sono stati che colti i frutti più amari e indigesti; il resto è andato perduto - forse per sempre - e nessuno saprà mai. Nessuno saprà mai di tutte le lacrime versate, dei morti, dei sogni infranti, delle passioni fugaci e delle grandi imprese. Il destino ha deciso di seppellire ogni cosa e per sempre. Non c'è più un nemico da sconfiggere; non vi è più niente che possiamo fare per voi. Perché, dunque? »
guardò duramente nelle inespressive cavità di marmo - come gli stessero celando di proposito la risposta
« Perché siamo ancora qui? »


CITAZIONE
Giocata privata.



Edited by Majo_Anna - 27/4/2016, 17:06
 
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Red Phantom
view post Posted on 29/4/2016, 22:08




Raramente qualcosa di diverso dal suo obiettivo riusciva ad interessarla per più di pochi secondi. Fissava volti, ascoltava suppliche, piantava la propria lama nella gola dei colpevoli. Studiava le loro vite minuziosamente, imparava a conoscerli. Ma in un battito di ciglia erano già alle sue spalle, dimenticati.
Come i territori che aveva percorso, le notti tutte uguali da quando era uscita dalla grotta. Lui rendeva tutto diverso, intervallava la gioia
Al dolore
Rendendo unico ogni piccolo gioco.
Lui rendeva tutto più rischioso, come un brivido freddo perenne lungo la schiena. Non le consentiva di distrarsi.
Ma ora era sola, ora cercava
disperatamente
qualcosa capace di strapparle nuovamente un grido.
Per questo aveva viaggiato così a lungo, così distante, seguendo quel viaggiatore variopinto come un giullare. Difficile non notarlo, anche dalla distanza. Difficile, per una come lei, non riuscire a ripercorrere i suoi passi. E ad anticiparli, quando lui si era soffermato
sentimentale
a guardarsi attorno.
Non sapeva chi fosse, né dove stesse andando, ma qualunque posto poteva essere il posto giusto per portare avanti il suo compito. E quello era un luogo
Meraviglioso
Come non ne aveva mai visti.
Imponente. Deserto. Decadente. Come la sua grotta, ma molto più grande.
E meno puzzolente.
E senza le grida dei bambini quando dovevano pagare la penitenza. Aveva corso lungo le stanze, attendendo che lui si muovesse. Aveva saltato agile sui piedistalli delle statue infrante. Aveva allargato le braccia sotto gli immensi soffitti, chiedendosi chi o cosa fosse stato capace
fantastico
di tanta distruzione.


JUGZrx9


Quasi non riusciva a prendere fiato al pensiero della mano immensa che aveva artigliato e sbeccato le pietre, all’imponente energia che aveva insinuato rampicanti attraverso i muri possenti, alla ferocia che aveva distrutto una razza potente per lasciarne solo lo scheletro.
Nemmeno lei, credeva, sarebbe stato capace di tanto.
Aveva misurato con il proprio corpo quei luoghi, ipotizzando quali potessero essere le proporzioni dei loro abitatori, pari a quelle dei fiacchi dei degli uomini. Si era chiesta se fossero bestiali, incuranti nello schiacciare vite sotto la propria stazza.
Lei, credeva, sarebbe stata capace di ogni singolo, crudele, indifferente gesto.
E infine aveva atteso silenziosa, ebbra, che quello sconosciuto facesse qualcosa.


Perché, dunque? Perché siamo ancora qui?


Si distese sopra una delle pietre grandi come macigni, la schiena sulla pietra fredda, gli occhi verso le stelle maliziose nel cielo notturno. Vestita completamente di bianco per combattere la calura, pareva quasi lo scudiero smarrito di un paladino. Svergognata, con la casacca scoperta sul petto a lasciar intravedere il suo nuovo, volgare tatuaggio.
Guardava il visitatore assorto dal basso all’alto, a testa in giù, i capelli corti, lisci come lame d’ebano, penzoloni nel vuoto. Un’immagine grottesca, inadatta alla concentrazione di lui.
Proprio per questo così divertente.


Non saprei old friend, tu cosa ne dici?


 
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view post Posted on 1/5/2016, 13:16
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II

PoV: Vaalirunah



Il brivido momentaneo della sorpresa lo pervase quando la voce alle sue spalle spezzò il suo monologo. Si alzò lentamente da terra, il volto di pietra ancora ben stretto fra le dita. Volse la sua attenzione in direzione dell'estranea, e la osservò: il fragile corpo disteso sulla roccia - la vestaglia irradiata d'argento lunare. La visione gli smosse qualcosa dentro. Immagini e odori presero a rincorrersi fra i labirinti della sua mente.

Una fragile fanciulla sventrata sull'altare degli déi.
Il profumo del sangue giovane riverso sul marmo.
Una glaciale indifferenza nel cuore.

Spesso la grandezza dell'impero celava nella sua mastodontica ombra i più sporchi segreti dell'ascesa. Nessuno amava parlare dei cadaveri che marcivano nelle fondamenta. Ma lui era stato presente; aveva accettato le macabre offerte fingendosi ciò che il popolo di scaglie desiderava, alimentando così senza volerlo ulteriore follia. Era stato poco più di un adolescente allora, una creatura vergine ai suoi primi passi nel mondo immutabile - troppo ingenuo per comprendere gli errori del suo pensiero; eppur anche ora non riusciva a disfarsi di quell'opprimente senso di colpa; della consapevolezza di aver partecipato - impilando le ossa.

« La giungla non ha pietà delle sue prede. »
affermò placidamente - glissando completamente sulla domanda
« È un posto pericoloso per una giovane donna. »

Imboccò la strada fra le macerie che conduceva allo scoglio della sconosciuta, ravvivando la musica delle sue cianfrusaglie. Non appariva minaccioso nel suo incedere; le sue mani erano ben distanti dal pugnale e dalle spade che portava assicurate alla vita, ancora occupate com'erano nel reggere il peso della testa divelta. Il suo sguardo, tuttavia, non era mai stato capace di liberarsi del naturale piglio aggressivo delle iridi scintillanti su sclera nera. Qualunque espressione avesse deciso di assumere, mai avrebbe potuto fugare quell'impressione dagli osservatori. Gli occhi di un drago sapevano confondersi molto bene con quelli di un demone.

« In particolar modo, per quelle che amano riposare sulle tombe degli antichi. »

Adagiò il volto consumato del maegon vicino alla testa di lei, dirigendo il muso in maniera tale che puntasse verso il suo.

« Qualcuno di loro potrebbe nascondersi ancora qui,
in attesa di tempi migliori...
»

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« ...osservando. »




Edited by Fatal_Tragedy - 1/5/2016, 18:27
 
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Red Phantom
view post Posted on 4/5/2016, 21:44




A testa in giù il mondo potrebbe essere diverso. Con le prospettive ribaltate e il cielo che diventa un magnifico terreno lastricato di diamanti splendenti. Con i piedi sopra la testa, che siano ricchi o poveri, a lasciare pendere i pensieri verso il basso, da dove non possono rialzarsi. Con l’arroganza stritolata nell’aria verde dell’erba.
A testa in giù i potenti perdono la corona e diventano insignificanti quanto i mendicanti e i capelli bianchi per la vecchiaia cadono naturalmente nel vento che non ha alcun verso. Il giusto e lo sbagliato non sono più distinguibili, come l’amore e l’odio. Come la vita e la morte.
Solo la brezza e il tempo e il gracchiare distante di un uccello sconosciuto non cambiano per nulla. Solo il battito ritmico di un cuore puro. Che si corra a testa in giù o con i piedi per terra, in un sogno o nella realtà invertita dagli errori di secoli, il cuore batte sempre con la stessa intensità del primo momento.
E non gli è consentito fermarsi neppure per un attimo.


Non trovi che in tal caso avrebbe ancora molto da attendere?


Nel tempo a testa in giù i giovani diventano vecchi e muoiono senza aver raggiunto il proprio scopo. I mortali nascono sentendosi raccontare dell’asgradel e se lo lasciano sfuggire tra le mani proprio quando sono più vicini. Creature centenarie si illudono che non venga la fine.
Nel mondo a testa in giù la guerra è stata troppo breve per cancellare tutta l’umanità e ha sempre e solo fallito. Ma nonostante questo è sempre valsa la pena di tentare.
Sollevò le gambe, come se da un momento all’altro fosse sul punto di alzarsi in piedi e camminare per quella sua realtà personale, illustrando a quello sconosciuto la meraviglia di poter vedere i fiori così da vicino.


Non temo le memorie di questi luoghi. Le loro dita di polvere non potranno farmi del male”.


Purtroppo.
Il passato era stata la sua culla, da cui era sorte come un germoglio da un seme corrotto. E ora fissava quella creatura di cui non conosceva la natura e l’età. Con il suo buffo suono e quello strano modo di parlare. Con quella strana presenza.
Nel suo mondo a mente in basso quelli che si rifiutavano di capire erano banali e inutili, sopravvissuti per caso ad una selezione naturale che si era inceppata. E amavano con la follia perversa del desiderio, stringendo a sé tutto quello che non volevano dimenticare.
Che invidia.
Che carezzavano la pelle degli altri per rubarne un poco di anima.


Ma se conosci tutti questi pericoli, cosa ti fa restare?
Il ricordo del passato, forse? O forse stai cercando qualcosa di nuovo?


Socchiuse gli occhi, ruotando su se stessa, poggiando i gomiti sulla roccia e il mento sui palmi. Il mondo le si rivoltò attorno, ritornando ad essere quello di sempre, con meno risposte di quanto avesse sperato. La pietra sarebbe presto diventata fredda, ma lui era caldo.
Avrebbe voluto mettere le mani tra i suoi capelli e giocarci un poco. Ascoltarlo spiegare, interessarsi a lui. Poi forse combatterlo, farsi ferire, scoprire i propri punti deboli. Infine ucciderlo, se non le avesse dato un buon motivo per vivere, restare, esplorare.
Nel mondo di tutti quanti, con il naso che trascina lo sguardo verso il basso, con la fronte pesante per potersi innalzare, lui era la novità.
Un po’ come lei.


In quel caso lo hai trovato”.


Gli sorrise, reclinando un poco il capo di lato. Voleva
Solo
Parlargli.
Giurin giurello ~



 
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view post Posted on 9/5/2016, 15:26
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III

PoV: Vaalirunah



Un sorriso, o forse una smorfia, contrasse le sue labbra.
« Per diverso tempo ho cercato cose nuove. » nuove risposte, nuovi ideali, nuovi orizzonti - avrebbe desiderato dirle; qualcosa che andasse oltre alla desolante quotidianità di un mondo incapace di reggersi sulle proprie gambe « Ma non è per questo che sono qui oggi. »
Aggiunse invece distogliendo lo sguardo da quello di lei, incapace del semplice atto d'una confessione neppure alle orecchie di chi non conosceva, probabilmente non capiva, e a cui sicuramente non importava, delle sue tribolazioni.
« Oggi sono qui per incontrare un vecchio amico. »

I suoi occhi vertevano ora all'immensa e decadente scalinata che portava in cima alla vecchia piramide. Egli sapeva d'esser vicino. Benché non conoscesse l'esatta zona nel dedalo di rovine ove riposasse l'antico guardiano, doverlo localizzare non era un problema; la pazienza era una virtù che non gli era mai mancata. Inoltre - si trovò a riflettere tornando a osservare la donna - aveva forse trovato qualcuno con cui condividere l'esperienza.

« Non so quali siano le tue ragioni per vagare nella giungla in solitudine- » affermò senza diffidenza « -- ma non mi dispiacerebbe un poco di compagnia, se lo desideri. »

Non si aspettava d'incontrare anima viva nel corso della sua passeggiata, ma doveva ammettere che la sorpresa non era stata sgradita. Trovava qualcosa di intrinsecamente intrigante nella giovane e nel suo apparente disprezzo del grave pericolo rappresentato dall'anima selvaggia del Plaakar. Non tutti credevano alle stregonerie che si diceva i Maegon avessero tessuto per tenere lontani i ladri di tombe dalle loro reliquie, ma la semplice natura del territorio, le bestie brade, le storie di tribù d'indigeni cannibali, bastavano e avanzavano a spaventare la gente comune. La sua presenza lì sollevava interessanti interrogativi.

« Se pensi di poterti fidare di me- » allungò una mano in sua direzione, il palmo rivolto verso l'alto come a volerle offrire un aiuto a rialzarsi dalla roccia; i suoi occhi brillavano nella notte di luce propria « -- potrei regalarti una prospettiva di questo luogo che difficilmente avresti modo di sperimentare in altro modo. »

Non mentiva, ma tenne per sé i dettagli. Voleva sapere i motivi dietro la sua presenza, tuttavia non era nella sua indole perseguire una curiosità in maniera diretta. Preferiva studiare gli individui e lasciare che fossero loro stessi - spontaneamente - a fornirgli una risposta. E non conosceva metodo migliore per raggiungere lo scopo che non fosse stimolare una reazione a una proposta insolita.

 
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Red Phantom
view post Posted on 12/5/2016, 00:43




« Non so quali siano le tue ragioni per vagare nella giungla in solitudine- »


Non potresti mai immaginarlo ~
Lo guardò attentamente, cercando di leggergli negli occhi le motivazioni che lo spingevano a giungere fino a quel luogo abbandonato, di rovine imponenti, inspiegabili. Diverse da quelle che avevano indotto lei a seguirlo, a studiare i suoi movimenti, i suoi rumori, i suoi gesti.
Cercò di comprendere perché avesse sfidato tutto quanto, rischiando la propria vita, per giungere a quel luogo. Mentre lei, che da tutti quei pericoli non poteva nemmeno essere sfiorata, non si sarebbe affatto spinta a tanto.
Perché?
Cosa spingeva le creature come lui, gli uomini e le donne, affannati, tremanti, a spingersi fino a quel punto?
Memorie del passato forse, ricordi di qualcosa che non sarebbe potuto tornare. Aveva sentito parlare di qualcosa di simile, o forse lo aveva visto. Quando ancora non era come in quel momento, vestita di bianco, a camminare nel mondo corrotto. Allora aveva visto cosa fosse il passato.
Ma non ci teneva
affatto
a tornare indietro.
O forse la speranza del futuro. Forse quella l’aveva spinto così avanti da crederci davvero. E allora lei avrebbe voluto guardare dentro la sua anima e imparare la sua ricetta. Mettergli le mani sulle guance e scoprire quale fosse il suo movente di piccola formica in un mondo morente.


« Se pensi di poterti fidare di me- »


No.
Non si fidava affatto di lui. Non si fidava di nessuno di loro. Sciamavano ovunque, come locuste, mangiando il mondo e infettandolo con la pestilenza del loro piccolo, avido cuore pulsante. Lo consumavano fino alle ossa, succhiandone il sangue, e lasciando i piccoli voraci segni dei loro morsi.
Questo aveva imparato.
Il lodo desiderio iniziava a bruciare dentro gli occhi dei bambini, mentre mendicavano agli angoli delle strade, e cresceva come una fiamma capace di portarsi via tutto quanto. Amici, amori, compagni. Si pugnalavano alle spalle senza riuscire a vedersi per ciò che erano.
Ma lei sì.
Ma Lui glielo aveva insegnato.
E lei aveva capito cosa fare. Perché non era come tutti quanti loro, nemmeno come Lui. Aveva spiccato il salto nel vuoto ed era sopravvissuta
come sempre.
Non si sarebbe mai fidata di uno come lui, che le offriva qualcosa senza essersi spogliato nemmeno la camicia.
Ma poteva sempre ucciderlo.
Per questo gli tese la mano. Sarebbe stata la sua bimba candida
Oh sì
proprio quella che lui aveva sempre desiderato. Poteva mettere le sue dita morbide, piccole agili dita fuggitive, avvolgenti, agili come una corsa nella notte. Poteva avvolgersi dentro il suo braccio e farlo sentire così
potente
come non gli era mai successo. Sarebbe diventata la sua confidente e avrebbe scoperto cosa lui stesse cercando, possedendo il suo segreto. Soddisfando la fame della sua curiosità. Scivolò a terra, davanti a quel muso di statua che la fissava ancora severo, immutabile, con lo stesso giudizio nei confronti di tutti.
Un po’ come lei.
Alla fin fine indifferente sul loro destino.


I luoghi come questo sono affascinanti”.
Lo guardò dritto negli occhi.
Mostrano come le cose non siano cambiate affatto, non trovi?


Gli amici diventano vecchi e tu resti sempre lo stesso, che torna a cercarli rischiando la morte anche se loro non hanno mosso un passo da questi ruderi. E il mondo ti cade attorno, non è più quello che ricordavi, ma in fondo
non ti importa.
Si chiese che genere di amico lo aspettasse. E se fosse davvero rimasto fedele per molto tempo o se più semplicemente fosse l’illusione di qualcosa che lui si aspettava di trovare. Come tutti i desideri degli uomini, storpi e distorti dall’aspettativa.
Come tutte le loro verità, inventate da una fantasia che non accettava lo scorrere indifferente del tempo.
Chissà se al suo vecchio amico sarebbe piaciuto trovarla lì ad agitare la mano per salutare. Magari no
Oh ti prego, ti prego fa che sia no ~
O forse non sarebbe mai arrivato e lui, il viaggiatore tintinnante, le avrebbe mostrato una nuova prospettiva del mondo.
Sorpresa.
Quel genere di colpo di scena di cui aveva bisogno.


Non c’è nulla che non vada in questi luoghi. A parte noi, naturalmente. Non trovi?”


Gli sorrise.
Un po’ di pepe in quella situazione non poteva che aumentare il divertimento.


 
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view post Posted on 16/5/2016, 12:40
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IV

PoV: Vaalirunah



Mostrano come le cose non siano cambiate affatto...
Una verità che si era dolorosamente scavata una nicchia speciale nel suo cuore, e che spesso ai mortali sfuggiva. Si chiedeva di frequente se davvero sarebbero continuati a esistere eroi e condottieri, se soltanto gli uomini avessero potuto osservare gli esiti delle proprie azioni nel lontano futuro, se soltanto avessero saputo della futilità dei loro sforzi. Forse no; e probabilmente era la ragione per la quale a loro non era concesso di vincere la morte. In fondo, il mondo doveva continuare a girare in qualche modo; qualcuno doveva continuare a spingere la trottola. Costruendo e disfacendo, creando e cancellando.

Non si aspettava però una simile considerazione dalla sconosciuta. Non sapeva bene come definirlo, o dove collocarlo, ma vi era in lei un elemento che in altre circostanze l'avrebbe messo a disagio, e che ora invece - per qualche strano scherzo - affilava il suo interesse. Un'increspatura tra le pieghe della coscienza. Abusando di quel delicato contatto fra la loro pelle, non gli sarebbe bastato che un attimo per affondare tra i suoi pensieri e rubare alla sua anima la risposta che andava cercando. Ma non era una pratica che amava esercitare con frivolezza. Era convinto che con il passare dei minuti quella strana sensazione si sarebbe definita meglio spontaneamente, non aveva bisogno di peccare d'irruenza, né d'invadere senza permesso il cuore della sua nuova conoscenza.

« Noi siamo solo di passaggio. » commentò ricambiando quello sguardo enigmatico, e in una certa maniera intrigante « Ma hai ragione, non dovremmo essere qui a smuovere polvere. Il nostro posto è nel presente, non nel passato. » anche se talvolta nella sua mente il tempo si accartocciava perdendo la sua forma, cercava sempre di non dimenticarlo « Eppur ormai siamo qui- » la sua voce si colorò di una punta appena d'entusiasmo, quasi impercettibile « -- e visto che non hai paura della terra e dei suoi fantasmi - » strinse con più forza la sua mano « -- mi aspetto che tu non ne abbia neppure del cielo. »

I suoi occhi saettarono più in alto dei gradoni della piramide, oltre il vertice disintegrato, oltre gli alberi giganteschi; e il suo corpo seguì subito dopo, proiettandosi verso il manto di stelle. Quasi delicatamente, senza fretta, i suoi piedi si staccarono dal suolo - e così sarebbe accaduto anche a quelli di lei, se non si fosse svincolata dalla sua presa decisa. L'avrebbe condotta in alto nella notte, sorvolando le rovine, i massi e le statue divenuti piccoli punti sbiaditi nell'immensità verdeggiante. E a lei si sarebbe rivolto, coi capelli scossi dalla brezza:

« Così vedono il mondo gli déi. »

La loro indifferenza non era poi così ardua da comprendere.

CITAZIONE
Levitazione — niente di più che un capriccio separa un drago dal cielo, e così vale per il Sesto; fedele alla menzogna della quale è stato dipinto - egli è in grado di sollevarsi da terra e galleggiare come privo di peso sull'aria, che sia in forma astrale o manifesta, con ali o senza ali.

Abilità passiva 5 utilizzi.

Note: se decidi di farti trasportare puoi descrivere autoconclusivamente il viaggio, se desideri ^^ l'ideale sarebbe atterrare da qualche parte vicino alla cima della piramde Maegon, alla fine del giro turistico xD ma vedi tu!


 
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Red Phantom
view post Posted on 18/5/2016, 22:01




I piedi che si sollevavano da terra e la mano di lui che stringeva quella di lei.
Spalancò gli occhi, stringendosi più forte ai suoi avambracci, mentre perdeva il contatto con la terra. Lo stomaco le scivolò verso il basso, mentre l’anima si faceva più leggera. La veste le aderì al corpo e i capelli le fuggirono attorno, cercano di disperdersi nel vento.
Conosceva quella sensazione.
Come in un sogno, ricordava di aver allargato le braccia sopra, lenta sopra un mondo rapido, e di averne odorato la mortalità da dove non poteva esserne sfiorata.
Aria sconosciuta le solleticava le piante dei piedi e sotto le sue mani l’unica cosa certa era quello sconosciuto. Il cielo le si insinuava ovunque, mentre il mondo era sempre più piccolo e distante, con tutto il suo Male strisciante. Solo un ricordo.
Ricordava quell’emozione
Che accelerava il fiato e poi lo lasciava precipitare in un sospiro. Che costringeva l’anima ad attorcigliarsi su stessa e a godere dell’immensità. Quando sopra la testa c’era solamente una luna pallida e impietosa e gli occhi ne erano troppo pieni per guardare in basso.
La sua pupilla si ridusse ad uno spillo mentre si gli si avvicinava, premendosi contro di lui. Istintivamente,
come in un sogno
perché era la cosa più sbagliata da fare.
E sopra di loro le stelle la osservavano e lei avrebbe voluto strappare ad una ad una e farsene una corona. E lanciarle là dove le avrebbero rubate e combattute e disprezzate. Proprio come era accaduto con lei.
Gli si strinse contro perché non si fidava, ma nessun volo dovrebbe essere affrontato da soli.
Gli incubi restavano agli uomini, mentre loro ascendevano a qualcosa di superiore. Dalle labbra le sfuggì un verso estasiato.


E perché mai gli dei dovrebbero preccuparsene?
Cercò di appoggiare fronte contro quella del suo interlocutore, nello sguardo un grumo della solitudine che non poteva condividere.
Forse non hanno nessuno da guardare negli occhi?


Gli rivolse un sorriso disarmante, che nemmeno sapeva di avere. Il sorriso di chi apparteneva a quei luoghi, ma non vi sarebbe più tornato. Ma nemmeno se ne ricordava. Solo una memoria distante di purezza
Falsa
e sciolta come neve d’estate.
Avrebbero potuto rimanere sospesi in quel nulla per sempre. E guardare il mondo morire, e il male andarsene. E le madri rinnegare le figlie e i padri dimenticarsi dei loro eredi.
E aspettare il suo amico e ridere del fatto che non li trovassi.
E fingere di muovere le truppe in guerra con un la punta di un dito, indifferenti alla vittoria o alla sconfitta. Pronunciando nomi inventati di re.
Come dei, ma capaci di divertirsi.
Per un attimo le parve di poterci credere, come una bambina davanti a una promessa. E lui le parve
Meraviglioso.
E desiderò chiudere gli occhi e allargare le braccia
E tornare se stessa.
Ma poi i suoi piedi toccarono di nuovo terra. O meglio pietra. La veste si gonfiò come la corolla di un fiore e la notte le si posò sulle spalle. Sulla cima di una piramide secolare, così vicini da stringere i resti dell’immensità tra i loro corpi. A regnare su quel luogo deserto e immobile.


O forse non erano molto migliori di noi”.


Guardò verso il basso. Erano più in alto di tutto. Ma non era la stessa sensazione di prima.
Cosa
C O S A
Avrebbe dato per tornare nei cieli insieme a lui. Senza dire nulla. tra gli dei che non si palesavano, illudendosi di essere ancora vivi.


 
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view post Posted on 20/5/2016, 21:53
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V

PoV: Vaalirunah



Ci fu un momento durante il loro volo che gli sembrò di stringere fra le braccia una persona totalmente diversa da quella con cui si era alzato da terra. Più precisamente, quando i loro visi si sfiorarono nella notte stellata non vide lo stesso sguardo malizioso né quel sorriso enigmatico che l'aveva intrigato; osservò invece un riflesso d'estasi spontanea, quasi fanciullesca, che la faceva più bella e radiosa. Un po' si pentì di aver deciso di farla così breve e scivolare di nuovo di basso, giacché terminata l'evoluzione quella gioia sembrò sgonfiarsi assieme alle sue vesti. In cima alla vecchia piramide maegon, erano tornati a essere due impavidi sconosciuti consapevoli di non potersi fidare a vicenda; perché in fondo entrambi sapevano: solo dei fantasmi potevano aggirarsi fra tenebra e rovine.

« È sempre stato l'errore più grande dei mortali. » le sussurrò mentre le loro mani si slacciavano, reprimendo ancor una volta quell'umano desiderio di far propri i suoi pensieri con la forza « Affidare le proprie vite in mani altrui, ignari del medesimo e fatale difetto che li accomuna ai loro idoli. »

Venne improvvisamente travolto e schiacciato dal passato, in una maniera che nessuno - se non forse un drago sopravvissuto abbastanza da desiderare la morte - avrebbe mai potuto sperimentare. Come pietre frammenti d'immagini e sensazioni lo colpirono al cuore, lo seppellirono, e rivide ogni vita spezzata, ogni proposito sbriciolato, ogni amore perduto per colpa d'errori che non gli sarebbero dovuti essere concessi. Perché un Dio non commetteva mai sbagli, e in quanto plasmato da quell'ideale l'Imperatore Celeste così sarebbe dovuto essere: infallibile e perfetto. Ma si trattava di una menzogna, e quel che era peggio, si trattava di una bugia della quale erano stati capaci di convincerlo per troppo tempo.

« ... »
Una folata di brezza si alzò smuovendogli le trecce, librando le loro note dissonanti nell'aria e costringendolo a socchiudere le palpebre. Quando le riaprì, i suoi occhi si fermarono in un punto oltre la leggiadra figura della mora.
« Sai, prima ti ho mentito. » confessò placidamente « Ma me ne rendo conto solo ora. »
Forse lei non l'aveva ancora realizzato, ma alle sue spalle si stagliava una statua corrosa dal tempo e invasa dai rampicanti. Una colossale bestia simile a una tigre, o forse a un leone senza criniera. La Scaglia e la reliquia si stavano fissando da secondi.
« Io non ho amici; non ne ho mai avuti. » una smorfia appena accennata « Ho sempre avuto il cattivo vezzo di attribuire significati speciali a cose ordinarie, a circordarmi d'elaborate illusioni che rendessero un po' più accettabile la realtà insignificante in cui sono intrappolato »
Fece scivolare le dita sull'elsa del pugnale, la sua chiave; Clavis.
La sua superfice ruvida gli raccontava di una vecchia storia che conosceva a memoria, ma di cui dimenticava sempre la morale.
« Però quel sorriso sulle tue labbra, prima, in cielo... » la lama sgusciò dolcemente dal fodero « ...sembrava autentico, diverso da quelli a cui sono abituato. Per questo ti ringrazio. »

Con uno strattone secco e misurato si squarciò il palmo della mano sinistra, lasciando che il sangue sgocciolasse a terra - sulla ruvida pietra e tra i suoi elaborati intarsi. Rivoli scarlatti si insinuarono tra le fessure del pavimento, che lentamente - come travolto da un'invisibile onda di potere - iniziò a brillare di una sfavillante luce azzurra. Mattonella dopo mattonella, il bagliore conquistava terreno e avanzava verso di lei, verso la scultura che paziente riposava dietro la sua schiena.

« Temo che il nostro tempo stia per scadere.
Tuttavia, se me lo concedi, mi piacerebbe sapere un'ultima cosa da te.
»

VAL4_zpsv2ujotyt

« ...il tuo nome? »



Edited by Fatal_Tragedy - 21/5/2016, 00:10
 
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Red Phantom
view post Posted on 30/5/2016, 22:17




Lui che ringraziava lei, e lo faceva sfoderando una lama. Ammettendo di avere mentito, di non essere la persona che si era illuso di voler sembrare.
E lei, che non aveva mai sentito un ringraziamento. Forse una supplica, forse un insulto, forse un grido. Ma
Mai
Nessuno aveva pensato di ringraziarla.
Si chiese se la gente normale
Gli insetti

Gioisse per quei piccoli gesti. Li cercasse. Se per quello avessero finito per corrompersi come scarafaggi esagitati su pavimenti lerci di peccati.
Lui la ringraziava per qualcosa che lei non credeva di essere
ma era stata
con l’anima snudata contro le nuvole. E prima ancora, con le braccia spalancate dell’innocenza. E lei sapeva che avrebbe dovuto ringraziarlo.
Ma non voleva, non voleva che le sue parole tradissero una debolezza.
Lei aveva una missione e non poteva in alcun modo essere come tutti gli altri. Ascoltò la tentazione di crederlo innocente, di farsi più vicino a lui, a quel coltello. Di prendergli il polso e fare scivolare la lama tra loro due, a ferirla. E le sue parole contro di lui, a ferirlo. Come la zampata graffiante di un predatore.
Guardò il suo sangue
Oh paparino, un sangue così rosso
Scivolare a terra, leccandosi le labbra. Immaginò di essere abbastanza vicino da raccoglierlo su di sé in una doccia purificatrice. Così come era nato il mondo, all’inizio di ogni tempo, sporco del sangue di un parto, così avrebbe potuto fare lei, pulendolo da tutto il peccato con le sue cosce troppo pallide.
E invece quel sangue cadeva a terra, troppo lontano dalle sue dita.
Dove non avrebbe potuto leccarlo
Non si può
Non davanti a lui, che si aspettava una risposta.


«…il tuo nome?»


Come raccontargli che nessuno gliene aveva mai dato uno? Come spiegargli il senso di
Vu
oto

di aver chiamato sua madre fino a non avere più voce. Di aver
pregato
suo padre di sollevarla tra le braccia.
E come spiegargli la
PIENEZZA
Di essere avvolta da zampe arruffate a cui non importava nulla di chi lei fosse. E del suo
nome.
Era arrossita violentemente, pur senza volerlo, mentre cercava un modo per cavarsela, per apparirgli interessante, forte
per essere ringraziata
nonostante tutto. E non trovava alcuna soluzione.
Strascicò i piedi
Quel sangue
Sperando che si bagnassero di rosso, per lasciare delle orme. Avrebbe potuto usare quelle come nome.
Ma lui non poteva più attendere. O forse era lei che non
riusciva
a trovare perdono per la propria mancanza. Le labbra le parevano pesanti come macigni quando le aprì. Avrebbe voluto spalancarle con le dita
due dita
vuoi mettercele tu, paparino?
E invece fu costretta a lasciare che si prendessero il loro tempo. Inspirò con tutta la propria forza.


Nessun nome”.


E non è bello affatto. Chi non ha nome non esiste. Chi non esiste non ha uno scopo, e il mondo se lo ingoia non appena si scorda per un istante di esistere.
E lei voleva essere più di ogni altra cosa, essere di carne, sangue, potenza e braccia aperte nel cielo e
quel sangue
tutto addosso, finchè ce ne fosse stato. Aveva gli occhi lucidi, pur senza saperlo. Come quando se ne stava davanti a Lui, in attesa di essere punita. E la vera sofferenza era essere stata scoperta troppo presto.
Non era
Affatto
Divertente.



 
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view post Posted on 4/6/2016, 19:16
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h e l l i s n o w
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VI

PoV: Vaalirunah




Si sorprese di quanto quella banale rivelazione lo avesse deluso. Nessun nome, nessun volto... nessuna memoria? Una logica così umana, e allo stesso tempo così distante dalla sua realtà, che gli pareva stupido solo averla considerata. Del resto non aveva bisogno d'appigli per ricordare; nessuna parte della sua lunga esistenza finiva mai perduta veramente, tra i labirinti di una mente troppo vecchia e troppo perfetta. Eppure l'insoddisfazione restava, per qualche ragione che non riusciva a identificare. Cercò di mascherarla - simulando indifferenza. Mosse qualche passo verso di lei, raggiungendola in mezzo alle sottili vampate di luce azzurra che avevano preso a sollevarsi come fumo dagli intrichi di pietra attorno a loro.

« Possiedi dunque una grande forza. » cercò di rassicurarla « Solo chi non ha niente, neppure un nome, né uno scopo, è veramente libero. Attraverso le tue sole scelte sei così in grado di determinare il tuo ruolo; un privilegio che pochi possono dire di possedere. »

Avrebbe cercato di raggiungerla con la mano sporca di sangue per lasciarle una sottile carezza, quasi istintiva dinanzi all'apparente dolore che le era costato ammettere l'anonimità della propria esistenza. La reazione era stata così spontanea da quasi commuoverlo, proprio come prima, come un sorriso radioso in un cielo di tenebra assoluta. Così raro e prezioso.

« Un potere che puoi sin da ora iniziare a esercitare. »

Un bagliore più forte irradiò per un attimo la cima della piramide, e il coltello reagì alla pulsazione staccandosi autonomamente dalle sue dita, volteggiando per aria sino a raggiungere l'imponente statua. Lì il metallo saettò con ferocia, affondando dove si sarebbe potuto trovare il cuore del colosso, scavando nella pietra con disarmante facilità. La roccia ebbe un sussulto.
Un gemito.

« Dimmi il tuo nome. »
ripeté con gentilezza
« Scegli il tuo nome. »
scostò la mano dalla sua guancia
« Vieni al mondo - qui e ora. »
un secondo lamento squarciò le fauci dell'idolo, scuotendone la struttura
« Così, quando ci rivedremo, saprò come chiamarti. »

La guardò famelicamente negli occhi durante gli ultimi istanti del suo tempo, sperando silenziosamente in una replica, mentre la luce si faceva più forte divorandone la figura. Attese una decisione per quanto gli fu concesso di farlo. Voleva sapere se davvero si sarebbe privata di un frammento di quel grande potere per lui, uno sconosciuto, prima che diventasse polvere di stelle, lasciandola sola in cima alle reliquie di un popolo annegato nelle proprie perversioni. Con la sola e traballante promessa che un giorno si sarebbero rivisti. Da qualche parte, in qualche modo.

 
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