Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il lascito degli Dèi ~ inno all'oscurità

« Older   Newer »
  Share  
»Rose
view post Posted on 19/1/2020, 14:56 by: »Rose
Avatar

Like a paper airplane


········

Group:
Administrator
Posts:
12,341

Status:



See the sun set
The day is ending
Let that yawn out
There's no pretending

I will hold you
And protect you
So let love warm you
Till the morning


Per quanto avevano marciato? Non avrebbe saputo dirlo.
Quando erano partiti i soldati cantavano, qualcuno utilizzava strumenti improvvisati, inneggiavano alla propria terra e alla propria donna che aspettava. Erano spavaldi e sicuri di sé, con le armi scintillanti e gli scudi con il nuovo stemma dipinto di fresco. Giravano la testa per guardare i loro condottieri, la Rosa e l’Angelo.
Quando erano partiti loro due erano gloriosi, una promessa. Lei indossava un mantello intessuto di fili d’oro e lui una corona d’argento, di tanto in tanto si guardavano negli occhi e sorridevano. Lei non poteva fare a meno di snocciolare battute sagaci e al tramonto si lanciava al galoppo al fianco delle truppe, lasciando che le dita del sole le sciogliessero in lacrime insanguinate i lunghi capelli neri. Feroci, giuravano a quegli uomini che non si sarebbero arresi e non avrebbero perso, che avrebbero salvato il mondo da qualsiasi minaccia.
Quando erano partiti il sole era alto quanto il morale. C’erano luce, terre rigogliose, applausi dei villici che incontravano per caso.
Che ora del giorno era? Non avrebbe saputo dirlo.
Nel luogo in cui si trovavano non c’erano giorno e notte ma solo una coltre cinerea, una coperta di metallo che nascondeva il sole e il cielo. Per ore, forse giorni, avevano camminato su un terreno estraneo più di ogni altro, indurito da un gelo che pareva provenire dal cuore stesso della terra. Un vento tagliente spazzava le caviglie innervosiva i cavalli, perfino la lucentezza delle armature pareva diventare opaca. Avevano iniziato a consumare le razioni in silenzio e lei aveva smesso di spogliarsi per fare il bagno a fine giornata. La notte si abbracciava a Zephyr, cercando di scacciare con il calore del suo corpo quel peso opprimente che la schiacciava a terra, la sensazione di essere sull’orlo di un precipizio e non poter fare a meno di sporgersi.
Sapeva che avrebbero dovuto scendere nel Baathos, nella terra sotto ogni terra, che l’ingresso non sarebbe stato facile, ma cercava di non pensarci. Carezzava i volti dei guerrieri più giovani, ascoltava la narrazione delle loro poche, acerbe gesta, tentava di sorridere.
Poi era comparsa la neve. Prima sottile, una spruzzata di zucchero sul terreno ostile, in breve sempre più fonda, una coltre liscia come cristalli di vetro, friabile, che faceva affondare i passi già stanchi e mozzava il respiro. Si insinuava negli stivali, rendeva i piedi fradici e intirizziti. Lei, che era il fuoco, aveva cercato di sciogliere quel cuore di ghiaccio, di aprire un passaggio, ma neppure le sue mani bollenti riuscivano a sciogliere totalmente quell’inverno.
Gli uomini gemevano di dolore quando si spogliavano per dormire, avevano iniziato a litigare per prendere il fondo della scodella di zuppa, non portavano più i pesanti elmi che per il freddo strappavano la pelle dalle guance. Lei si stringeva il viso tra le mani e cercava di evitare tutti gli sguardi, chiedendosi se quel viaggio avrebbe mai avuto fine o se, come nelle leggende, si sarebbero limitati a vagare in eterno ai confini del mondo fino a che non fossero tutti morti.
Da quando era sveglia? Come aveva dormito? Non era certa di ricordarlo.
Si volse verso l’angelo. Il suo volto era pallido, segnato dalla stanchezza. Allungo una mano verso di lui, le dita tremanti. Aprì la bocca per rivolgergli una domanda, una qualsiasi pur di spezzare quel silenzio. Una tremenda emicrania le mozzò le parole, colpendola in mezzo alla fronte come un pugno. Massaggiandosi la sella del naso prese fiato, chiuse gli occhi.
Solo pochi secondi.
Solo pochi secondi?

Sbattè le palpebre, incredula. Attorno a lei non c’era più nessuno, nulla. Solo la neve, intonsa, fino a che il suo sguardo riusciva a spingersi. Una nebbiolina brumosa si frapponeva davanti all’orizzonte. Tutto il suo esercito, i suoi uomini, i suoi cavalli, il suo promesso sposo, erano svaniti nel tempo di un respiro.
Così poco? Davvero?
Non può essere vero.
Chiuse gli occhi, strofinò le palpebre. Il cavallo scalpitava nervoso sotto di lei. Ancora niente. Il vento le fischiò nelle orecchie, minaccioso, simile al grido di voci disperate. Non ricordava della notte precedente, dei giorni che erano passati, di tutte le soste e delle partenze. Tutto pareva più confuso.
Possibile che se ne fossero andati lasciandola in quel luogo, a massaggiarsi la testa? Possibile non se ne fossero accorti?
O peggio.
Possibile che qualcosa li avesse
Non osò formulare quell’ipotesi. Le braccia le caddero lungo i fianchi, mentre tutto il suo corpo iniziava a tremare violentemente.


Sono andati”.


La voce proveniva da un punto indistinto alla sua destra. Girò il capo lentamente, il più lentamente possibile, così lentamente da provare dolore. Sapeva a chi apparteneva, ma non era possibile. Era sbagliato come solo poche cose nell’intera esistenza possono esserlo. Le sue iridi si offuscarono mentre cercava di rifiutarsi di guardarlo negli occhi, neri, quasi a mandorla.

Ray”.


<p align="justify">Pronunciò il suo nome sottovoce, flebile, quasi che farlo lo portasse più vicino a lei. Le parve una beffa del destino che in quel luogo deserto, dove non riusciva a trovare nessuno, lui avesse trovato lei, proprio lui. Non lo chiamò sovrano, non in quel momento in cui nessuno poteva sentirli.


Sono scomparsi. Tutti quanti. Il nemico ha vinto, ma tu eri troppo impegnata per accorgertene.
Il mondo è stato spazzato via. Ed è tornato – ti ricorda niente mh? – e sei rimasta solamente tu
”.


Lei scese da cavallo. Il suo corpo tremava visibilmente, non riusciva nemmeno a stringere le mani a pugno, le labbra non articolarono altro se non un gemito di sconforto. Lui le stava mentendo, doveva essere così, dopo tutto era il re degli inganni. Era riuscito a sopravvivere ed era venuto a farle un brutto scherzo, la giusta paga per avergli voltato le spalle e aver desiderato il potere che sarebbe dovuto spettare a lui.
Le camminava incontro, con quell’andatura inesorabile che lo contraddistingueva, con una maschera inespressiva in una mano.


Non ti rallegri? Hai perso, ma hai anche vinto. Sei viva, come sempre”.


Cadde in ginocchio. Se fosse stato vero, se quel nemico fosse stato capace di vincere la guerra nel tempo in cui lei aveva chiuso il gli occhi, perché non l’aveva portata via insieme a tutti gli altri? Aveva veramente senso sopravvivere ancora, sopravvivere alla figlia che non aveva mai avuto, ai suoi amori, ai suoi amanti, agli uomini che aveva voluto guidare e aveva giurato di proteggere? Aveva senso restare l’ultima, senza più nulla del mondo che le era appartenuto, senza nessuno con cui fingersi capace di cavarsela da sola? Affondò le mani bollenti nella neve, mentre le sue lacrime fumanti si spegnevano a terra.


Hai passato tutta la tua vita a fuggire. Non sei felice di aver finalmente raggiunto la meta?


Negli anni aveva temuto e vinto molti nemici: la morte, la guerra, i traditori, l’amore. Una sola cosa non sarebbe mai stata capace di battere: la solitudine. Sola, come nella casa di suo padre quando tutti erano morti. Sola, nella sala del trono rimbombante dopo aver scoperto tutta la verità. Sola, dopo aver chiuso le porte di una città all’unico alleato che avesse mai avuto. Sola, in una tomba di legno senza essere riuscita a salvare chi aveva voluto proteggerla. Sola, in quel mondo vuoto, senza nemmeno un sarcofago su cui poggiare il proprio dolore.
O forse non aveva davvero vinto, forse era solo rimasta distante da tutto, se lo era lasciato alle spalle, come una porta che si chiude, per non affezionarsi davvero a nulla e a nessuno, per non doverli più perdere. Perché tutto quello che toccava pareva esserle tolto da un destino egoista. E quando finalmente aveva scelto di fermarsi, di lasciarsi sfiorare da qualcosa


Non può essere vero. Tu sei morto, loro devono essere qui”.


Era stata una delle sue ombre, conosceva l’odore della sua presenza, come il sapore salmastro del mare sulla lingua, sapore di gloria e timore, di acciaio tra i denti, di segreti celati a stento. Si era lasciata dominare, per poi sfuggirgli. Anche da lui, inseguendo il desiderio di vincere su se stessa, il desiderio di non essere sola.
Ora era in piedi davanti a lei, poteva vedere i suoi piedi sprofondare appena nella neve, come se fosse più leggero dell’aria. Sentì il peso della sua mano sulla testa, una mano fredda e inesorabile, sentì le sue dita che le stringevano i capelli.


Non siamo morti, io e te. Siamo rimasti. Per sempre. Non hai mai voluto amare, non hai mai stretto legami. Questo è il tuo premio”.


Ora piangeva così violentemente che gli occhi le si appannavano. Aveva rovinato tutto, anche quell’esercito che si era presa la responsabilità di guidare, anche l’angelo che aveva scelto di starle accanto. Con la sua superbia ostentata, con quella vita sopra le righe, aveva gettato uomini e donne del mondo, il solo mondo che avesse, nel baratro. Le era stato donato dell’oro e l’aveva trasformato in cenere per fingere che non le importasse. E ora, in quel momento, quando era troppo tardi, scopriva di aver sbagliato.
Come era successo con suo padre, quando il suo corpo era ormai freddo. Come era successo con gli uomini che aveva amato, dopo che li aveva stretti esanimi tra le braccia, dopo che aveva sacrificato se stessa per loro. Come era accaduto per la figlia che aveva rimpianto solo dopo averla perduta. Si strinse la vita con le braccia, cercando di sorreggersi.
no…
No
NO!
Si alzò in piedi di scatto, afferrandogli il polso. Gli occhi umidi le bruciavano, riusciva a vederlo a stento. Era solo una macchia scura che non reagiva alla sua presa.


Se questa è l’eternità, io non la voglio. Se il nemico ha vinto, se lo ha fatto perché io - PERCHE’ NOI – non abbiamo difeso chi aveva riposto fiducia in noi, allora l’immortalità non mi interessa. Siamo fuggiti per troppo tempo, io e te. Abbiamo rinunciato per troppo tempo al nostro posto. E non perché siamo più grandi”.
Un sorriso sprezzante le si dipinse sulle labbra livide, mentre lo tirava verso di sé.
Non perché eravamo migliori, più forti, più a m a b i l i, ma perché ne avevamo paura. Eravamo sciocchi, superbi. Quindi se tutti sono morti per noi, è ora che onoriamo il loro sacrificio”.


Il suo corpo avvampò a partire dai piedi, una scarica di fiamme che vaporizzò la neve in una nuvola di fumo. Dentro e fuori di lei, ogni centimetro di pelle e di capelli.


Mi pare giusto che lo facciamo insieme, non mi sentirò sola almeno mentre me ne andrò. Addio, Ray, mio Sovrano”.


Sentì il fuoco bruciarle la pelle, quel fuoco che finalmente aveva liberato, polverizzare le sue lacrime, ardere le sue paure. Si sentì finalmente libera di librarsi verso l’alto, senza più avere nulla a trattenerla, finalmente. Chiuse gli occhi.

Aprì gli occhi, il pugno era ancora davanti alle palpebre, dove lo aveva lasciato per strofinarli.
Accanto a lei, Zephyr stava allungando una mano per sorreggerla. Si accorse di essersi sbilanciata. Il vento gelido le urlava in faccia il canto dell’inverno.
I soldati non cantavano, ma molti avevano la bocca spalancata. Davanti a loro la terra si era sollevata, come le fauci spalancate di una creatura, e una scalinata sgrezzata nella roccia gelata conduceva verso il basso.
Si accorse di piangere, senza riuscire a controllarsi, e non perché finalmente il loro viaggio nella neve era terminato, ma perché loro, tutti quanti, erano ancora lì. Si guardò la mano destra, arrossata dal fuoco che non era mai esistito, e tra sé si concesse un sorriso inspiegabile per chiunque altro.


I'll stay with you
By your side
Close your tired eyes
I'll wait and soon
I'll see your smile
In our dream

Feel the wind rise
A dawn we're bound to
Watch that star die
Eons without you




CITAZIONE
Brevissima spiegazione del post: nel mezzo del viaggio alla ricerca dell'ingresso del Baathos, Dalys affronta d'improvviso la su apaura più grande: quella di restare completamente sola, e perdere tutto ciò a cui tenga. La paura è incarnata dalla figura di Ray, che le dice che il nemico ha vinto e sono rimasti soltanto loro nell'intero mondo. Solo una volta che Dalys accetta la propria paura e, anzichè fuggire e fingere che non le interessino i legami con altri, decide di sacrificarsi per coloro che sono già morti, l'illusione scompare e al suo posto restano le porte aperte di Baathos.

 
Top
4 replies since 27/12/2019, 14:01   297 views
  Share