Hai chiaramente scritto che affondi la siringa nel collo di Lamrael. Senza usare una ipotetica. In seguito hai scritto sperando andasse tutto per il meglio. Così come lo hai scritto si intende che speri che la cura funzioni, non l'attacco.
Era tutto così confuso. Nella mente di Lamrael tutto si evolveva come una sequenza casuale d’eventi, un turbinio d’emozioni e pensieri che si accalcavano nella sua mente. Voleva la cura, quella era l’unica certezza che sapeva d’avere ma, in un momento, non seppe davvero più nulla. Fu come se d’improvviso tutto il male che per anni aveva taciuto in fondo al suo cuore esplodesse in un attimo. Divampò l’ira, la corruzione, il male. Irruppe la bestia a reclamare sangue. I posteri avrebbero conosciuto la storia d’una ragazzina vampiro talmente ardita da non pensare alle conseguenze della sua scelta. Nel futuro si sarebbe narrato come la Tentatio distrusse quasi mezza città, in un’esplosione che travolse tutti: caduti e non. Invece Lamrael in quell’istante non seppe più nulla. È difficile spiegare cosa gli accadde, difficile dire cosa prova un caduto durante la sua trasformazione. Possiamo solo immaginare quel parassita che cresce dentro, che divora ogni lembo di pelle e ogni tessuto nervoso, che penetra nell’animo e nella mente corrompendo ogni pensiero più puro. E d’improvviso Lamrael vide il potere che poteva ottenere, vide l’avidità crescere come una forza ineluttabile e inarrestabile. Sentì tutto quello esplodere, come un vulcano inattivo che covava e ribolliva da secoli magma nelle viscere più profonde. Il Golem accanto a lui, quel mostro gigante, farfugliava qualcosa che lo stesso Lamrael non riusciva a comprendere eppure, lui, sarebbe stato privilegiato, non Hebiko, non Odette, lui sarebbe stato quello che avrebbe ottenuto ciò che voleva. Seagon, poco prima dell’esplosione, si sarebbe avvicinato al Golem e avrebbe preteso la cura in cambio dell’aiuto nella fuga. Perché lui, Tigersoul, era l’unico che conosceva quel castello, l’unico che poteva farli fuggire da lì. Hebiko, invece, sarebbe scappata da lì sola e senza nulla in mano, semplicemente perché lo stesso Seagon non glielo avrebbe permesso. Ma l’avrebbe rincontrata, gli avrebbe fatto pagare il tradimento, glielo promise, a denti stretti. Infine, tutto quel nero, esplose. Era un’energia troppo grande per essere contenuta da un singolo uomo, seppur questo singolo uomo fosse più simile a una divinità. Ma non bastò, né sarebbe mai bastata. Chi fosse stato abbastanza fortunato da poter guardare gli occhi di Lamrael ci vide dentro la disperazione, un dolore infinito come se tutt’a un tratto l’uomo fosse pervaso da ogni possibile tortura. Eppure, dietro quella disperazione, si potevano cogliere i tratti di una sadica malvagità senza pari. Turgay lo vide e non gli servì capire chi o cosa avesse scatenato quella reazione. Lui già sapeva, perché lo aveva previsto tra gli effetti collaterali. Lamrael, probabilmente, era pervaso dalla Tentatio che, però, non aveva probabilmente preso totalmente piede nel suo animo e, la cura, invece di debellare quel virus, finì per rafforzarlo.
« Nonononono » disse, in preda al panico il nano. « La cura non era per lui. »
Ma non fece a tempo ad aggiungere altro che la corruzione esplose portando null’altro che distruzione. Fu un’onda d’urto micidiale, il nero e il viola che si mischiarono la potenza che investì ogni cosa. Persino la Dama Nera rimase scioccata, incapace di preannunciare quello che sarebbe successo. I fili del destino erano stati intrecciati da una sola ragazzina che lei, in quel momento, era l’unica che poteva vedere. Urlò, con un urlò strozzato, prima che l’esplosione colpì lei e ogni cosa nel raggio di chilometri. Fu qualcosa di mai visto a Dumašq, qualcosa che neanche tutte le guerre delle Tre ere avevano portato. Odette, invisibile a tutti, venne sbalzata via lontano, investita a pieno dalla corruzione, stessa cosa accadde a Turgay, che cadde apparentemente morto dopo lo schianto contro una colonna. Dopo il boato roboante dell’esplosione venne il silenzio. Un silenzio atipico, di quelli che preannunciano una grande tempesta. Lamrael per un secondo parve tornare normale, il suo corpo si rimpicciolì, la sua carnagione torno quella bronzea di sempre, i suoi occhi color oro. Eppure crollò, come una marionetta senza vita e senza nessun filo a sorreggerla.
« La cu-cura… » Riuscì a balbattare, con un ultimo sforzo immane. Nonostante la condizione precaria e moribonda, lui voleva ancora salvare lei. Ma quel silenzio non durò molto. Un secondo boato scosse l’atmosfera. Tutte le colonne portanti del palazzo cominciarono a cedere, come con un domino lentamente ogni parte del palazzo sarebbe implosa su se stessa, crollata sulle teste di tutti loro. Il tetto sopra la Dama Nera fu il primo a crollare, lei e i nani vennero investiti da quintali di pietre spesse e dure. Gli occhi di Seagon si sgranarono, disperati. La tigre afferrò Lamrael, non lo avrebbe mai abbandonato li, nemmeno se fosse già morto. Lamrael meritava, per tutto ciò che aveva fatto e combattuto, una sepoltura migliore. Non meritava di essere lasciato lì, sotto quelle macerie.
« Se vuoi prendi il nano, » si rivolse al Golem, « e seguimi. » « VELOCE! »
Lo disse, prima che un altro frastuono segnò l’inizio del cedimento della colonna portante accanto a loro. Avevano poco tempo prima che il palazzo collassasse su se stesso e loro con lui. Dovevano uscire da lì. A ogni costo. Per Lamrael e per lui.
Così, infine, crollava Dumašq, la città inespugnabile.
Io sono Seagon Tigersoul. Il destino mi ha portato via la calma e la tranquillità di una vita serena. Ha spazzato via i miei desideri di una vita da padre di famiglia felice. Io sono destinato alla guerra, a primeggiare sul nemico. Morirò combattendo. Perché io sono Seagon Tigersoul:
"e questo è il mio destino".
Cronache dell'Abisso «Via per Umut Alev »
Seagon
Seagon Tigersoul prima che un guerriero era un uomo retto e corretto. Uno di quelli spinti dal padre, e successivamente dal caso, a diventare un guerriero, ma che ripudiava ogni aspetto legato alla vita sotto le armi. Lui, in fondo, odiava uccidere ed era tornato a farlo solo per vendetta e solo per uccidere i caduti, quei bastardi che gli avevano portato via tutto. Eppure la tigre del meridione era uno di quei guerrieri che ogni comandante voleva avere in squadra: era letale, dotato, veloce e aveva un talento per la magia. Seagon Tigersoul era un guerriero coi contro coglioni. Non alla Lamrael Redskin certo, il suo compagno d’arme univa una forza sovraumana a una rabbia e a una furia che raramente aveva visto in un uomo. Quella rabbia e quella furia – che erano anche il suo grande problema – lo spingevano sempre a uscire vivo da ogni battaglia e, a uscirne, quasi sempre vincitore. Mentre Tigersoul era l’immagine pulita ed elegante d’un guerriero, Redskin era fin troppo rozzo nei movimenti e i due, così agli antipodi, insieme risultavano essere una coppia letale. Seagon s’aggirava nel campo di battaglia con l’eleganza d’un ballerino, i suoi piedi sfioravano a malapena il terreno, danzavano sulla sabbia del Nabir volteggiando come rena sospinta dal vento. La scimitarra nella sua mano era letale quanto il morso d’un serpente, recideva le vite degli avversari con precisione unica: colpiva tagliando la carotide o l’arteria femorale, un sol colpo diretto e preciso e il nemico crollava al terreno morendo dissanguato. Lentamente, durante il corso della battaglia, nella mente della tigre si insinuò il dubbio. Era tutto troppo facile, persino per i Leoni Rossi e perfino per chi era sceso e risalito dall’Abisso guadagnando poco più di qualche ferita. La maggior parte dei componenti di quella carovana morivano stentando a malapena una resistenza. Non erano uomini d’arme e quando sentì un urlo femminile disperato immediatamente capì. Per un attimo rimase inerme, scioccato dalla forza di quell’urlo e dal terrore che ne sottolineava ogni nota. Dentro il suo cuore quel grido gli incrinò qualcosa mentre, per la prima volta, Seagon Tigersoul perse per qualche secondo il controllo. Cercò il bastardo in mezzo alla mischia e lo vide: aveva i calzoni abbassati tutto intento a penetrare col cazzo la povera ragazza. Seagon, possedeva un’umanità e quest’umanità lo differenziava da tutti gli altri combattenti. In seno ai Leoni Rossi vigeva una sola e unica regola che sia Seagon che Lamrael avevano sottoscritto ai mercenari: niente stupri. Entrambi avevano avuto una donna da amare, altresì il loro pensiero di vita cozzava contro quegli atti barbari che tutti i mercenari facevano. Per loro un uomo che abusava di una donna non era altro che una bestia, un animale senza raziocinio e non in grado di placare i propri istinti umani. Quell’unica regola, qualora infranta, sarebbe stata punita nell’unico modo che entrambi ritenevano abbastanza consono: la morte. Ridusse la distanza con l’uomo con quel suo danzare sulla sabbia, veloci falcate e gli fu addosso. Lo colpì da dietro con la scimitarra, in maniera brutale trapassandogli la schiena. Sentì la colonna vertebrale spezzarsi, trapassata e avvertì il corpo dell’uomo perdere ogni filo d’energia che aveva dentro. Tolse la scimitarra dalla schiena dell’uomo ed esso si accasciò sopra la ragazza a peso morto, con gli occhi circondati dalla tenebre che si spensero in un triste istante di ultimo sussulto di vita.
Seagon afferrò il cadavere con brutalità dalla collottola, guardò un momento il mercenario che fu con disgusto e poi lo lanciò lontano, così come si fa con un sacco dell’immondizia. Successivamente portò la lama della spada a premere contro il collo della ragazza. Il freddo acciaio si poggiò sulla sua calda pelle, facendola rabbrividire. Seagon notò in lei gli occhi lucidi, lo sguardo perso nel vuoto e il terrore che vagava perso. Era tremante, spaventata, pareva una di quelle ragazza talmente smarrite nei meandri della malvagità di quel mondo da aver perso se stessa, e tutto nell’istante stesso in cui il membro dell’uomo la brutalizzò. Era uno spettacolo raccapricciante, come se la purezza e l'ingenuità fossero andati via per sempre, in un attimo di cruda bestialità.
« PERCHÉ UNA RAGAZZA VIAGGIA CON UNA CARAVONA DI SHABāHA! » La ragazza tremò, incapace di rispondere. « RISPONDI DANNAZIONE! PERCHÉ? »
Ella prese fiato, visibilmente sconvolta e stupita da quella domanda. Cercò di rispondere ma per un attimo le parole le morirono in gola, soffocate da ciò che era successo. Senza troppi complimenti Seagon scosse la ragazze dalle spalle.
Gli occhi di Seagon s’aprirono stupefatti, diceva il vero; non mentiva, poteva sentirlo dalla sua voce e poteva vederlo nei suoi occhi. Ne aveva fatti in vita sua d’interrogatori con annessa tortura quando era nell’esercito dei territori meridionali. « Dannazione. » Sbiascicò a bassa voce.
« GETTATE LE ARMI! SMETTETE DI COMBATTERE! È UN ORDINE! »
Urlò, in un misto tra rabbia e disperazione. Sentì improvvisamente il fragore della battaglia cessare, le armi dei suoi uomini cadere al terreno, qualcuno continuò a combattere se avversari o alleati tuttavia non seppe dirlo. L’unico pensiero era rivolto verso Lamrael: doveva fermarlo; la corruzione aveva già troppo preso piede nel suo animo. S’alzò con rapidità, correndo verso il comandante che aveva condotto quegli innocenti al macello, doveva fermarlo.
Prima che fosse troppo tardi. Prima che l’uccidere un innocente lo portasse sull’orlo del baratro. Dal quale, una volta caduto, non avrebbe fatto più ritorno.
Mai più. Lamrael
Il suo cuore batté forte. I suoi sensi erano amplificati. Era diventato un tutt’uno con quella battaglia. Lamrael era caduto in una sorta di trance, dopo gli avvenimenti nell’Abisso aveva imparato a controllare la corruzione, tuttavia gli accadimenti di Dumašq avevano risvegliato in lui la forza della corruzione e rischiava nuovamente di venirne soggiogato. Aveva perso il controllo, la fame s’era impossessata del suo corpo nuovamente, l’istinto predatorio che possedeva lo spingeva verso la ricerca prolungata del sangue. Era come una sorta di ossessione per lui: poteva sentire il cuore pompare sangue, ogni vena e ogni arteria in cui passava, sentiva la vita che scorreva nel colosso. Lui non si accorse che i suoi compagni deposero le armi, non si accorse delle urla di Seagon o delle parole del colosso. Per lui non c’era nient’altro che una macchia piena di filamenti cremisi da recidere. Non si aspettava tale resistenza o tale forza nel colosso, finalmente aveva trovato un avversario degno sulla sua strada che, come lui, faceva della forza bruta la sua tattica.
Erano diversi, certo, eppure così simili.
Lamrael tuttavia provava un sentimento non quantificabile razionalmente, era qualcosa che oscillava tra la felicità e l'adrenalina. Era qualcosa di unico, che nemmeno lui riusciva a spiegare non nella semplicità dei suoi pensieri rurali. Aveva sempre invidiato quei gran pensatori, quelli che guardavano le stelle e ci trovavano dentro un disegno, o quelli che, guardando dell’acqua scorrere, cercavano le risposte di quel mondo. Li invidiava, perché per lui loro riuscivano a tener la mente impegnata e, forse, ad allontanare i pensieri negativi di quella vita ricca di tante ingiustizie e di poche soddisfazioni. Nella sua mente s’affollava la vendetta, il dolore della perdita, la persecuzione di uno scopo terreno, la ricerca del sangue e della morte. Erano un tarlo fisso, come la droga per un tossicodipendente. L’astinenza lo uccideva, l’attesa lo dilaniava. Ma non era solo una credenza, o un fattore psicologico no. Lui sentiva proprio i morsi della fame squarciare le viscere, i crampi allo stomaco come se fosse perennemente affamato. Sentiva la bestia urlare, graffiare, mordere, stridere, rantolarsi dal dolore e dal bisogno fisiologico d’uscire fuori per assaporare la carne e godere del sangue rosso sulla lama. Lui era cresciuto a pane e terra, ma quel pane e quella terra gli cominciavano a star stretti. Nonostante il mostro che cresceva dentro di lui, Lamrael era maturato. Non era più il contadino spensierato d’un tempo, né il guerriero che aveva mosso i primi passi nel Theras.
Era quello che era diventato, compreso di difetti e pregi.
Lui non sarebbe mai diventato un gran pensatore, eppure s’era iniziato a porre qualche domanda; di quelle semplici, che lo portavano a sondare la parte grezza del suo essere: chi era? qual era il suo destino? perché proprio lui? Erano domande a cui non sapeva ancora dare una risposta, e forse non ci sarebbe mai riuscito: non era abbastanza colto, né abbastanza preparato o mentalmente elastico per farlo, e forse peccava persino di quella curiosità mentale necessaria a scavare nel profondo delle cose. Lui era un contadino che aveva semplicemente imparato a menar la spada e che, viste le sue sventure, aveva smesso di vivere la vita nella tediosa attesa tra la semina e il raccolto.
Tuttavia, sarebbe stato sempre uno dei più forti combattenti di tutta Theras. Così, quando il colosso lo iniziò a spintonare - trasformando il tutto in una di quelle risse nelle peggiori bettole della città - Lamrael rimase lì fermo a muso duro, come una belva che mostra i canini. Il mostro alla fine lo caricò, col chiaro intento di lanciarlo in aria. Il corpo di Lamrael s’irrigidì piantandosi al terreno, divenendo simile all’acciaio, mentre il secondo colpo semplicemente non giunse mai. Non seppe se fosse grazie alla sua testaccia dura o perché non riuscì ad attraversare l’armatura, eppure il pugno si fermò in superficie, non riuscendo ad andare oltre.
A quel punto Lamrael rispose alla rissa con altra rissa.
Il guerriero caricò una testata con tutta la forza che aveva in corpo. D’altronde, se il colosso voleva una rissa, Lamrael Redskin era la persona giusta per accontentarlo.
Mirò al cranio, colmando i dieci centimetri in altezza che gli mancavano con un balzo.
Successivamente, andata a segno o meno la testata, avrebbe tirato un pugno col mancino sotto il mento dell’avversario, per prendere quel tanto di spazio necessario utile a menare un fendente di spadone con la destra: una spazzata di taglio da destra verso sinistra, volendo tagliare in due parti l’avversario. Terminato l'attaco Lamrael avrebbe preso un'erba - dal fodero in cui teneva riposto Genzaniku, e se la sarebbe portata alla bocca, per masticarla.
Infine, una voce giunse da lontano, cercando di attraversare la nebbia che circondava la mente di Lamrael. “Lam! Lam! Smettila!” Gridava qualcuno da lontano, quasi fosse un miraggio. “Fermati! Fermati! ORA!” Ripeteva. Seagon, dall’altra parte di quel mondo, implorava Lamreal di fermarsi, correndogli incontro con disperazione per risvegliarlo da quello stato di catalessi, in cui l’umanità aveva perso il controllo del suo corpo, lasciando spazio alla corruzione più crudele.
Forse, Lamrael Redskin, avrebbe capito - nello stesso istante in cui la voce di Seagon Tigersoul sarebbe giunta nelle profondità della sua coscienza - che in fondo, quei pensieri e quell'attesa rurale, lo rendevano più felice rispetto a quei grandi pensatori che affollavano le loro menti di stronzate.
Nome PG: Lamrael Redskin Fascia e pericolosità: Verde-A Sinossi Sicuro di sé, caparbio e spietato; Moro, alto e muscoloso Giocate attive: un duello all'ultimo turno e una quest da qm agli ultimi giri Prima giocata: no
Anticipo una domanda per quando arriverà il mio turno. Si utilizza il confronto per eventuali interazioni con gli altri personaggi( dialoghi, cast di tecniche ecc...)?
No. Nella maniera più assoluta. Se dovete mettervi d'accordo in privato. Il confronto non va bene.
Il suo scranno d’oro non era mai stato così comodo. Seduta pigramente sul trono la Dama nera era di una bellezza disarmante, come se il potere gli donasse tremendamente. La veste nera che indossava gli scivolava sulle sue forme come acqua di fonte, i suoi occhi rossi e le sue labbra cremisi schioccavano come quelli di un felino affamato. Accanto a lei le sue guardie del corpo fidate stavano in piedi, uno alla sua destra uno alla sinistra, immobili e pazienti, come due statue granitiche. Tulunay e Parsa guardavano l’ingresso della sala, in attesa di qualcosa. Perché si, non si poteva cogliere impreparata la Dama nera, non lei che aveva avuto in dono il potere della preveggenza, non lei che poteva guardare le diverse possibilità che il destino poteva assumere, per questo era tanto importante, per questo lei era così forte e non un semplice Caduto, ciò che possedeva, era un dono raro persino in seno alla corruzione. Certo, non era infallibile, ogni conseguenza era dovuta a una diversa causa e non tutte le strade portavano allo stesso finale. Bastava, con un po’ di esperienza, imparare a navigare in quelle possibilità e, di conseguenza, imparare anche a manovrarle. Le incognite esistevano sempre, tuttavia lei limitava i rischi al minimo. Quando alla fine la porta si spalancò, lei sorrise, semplicemente, come se quella visita – che sarebbe stata sgradita ad altri – fosse in realtà un bene prezioso e inimmaginabile. Infine lo vide entrare, quel glorioso combattente armato di armatura cremisi, quello che, per Aundara, era importante quasi come un figlio. Lei non capiva, e forse nemmeno sapeva, perché lui era così importante, ma scorgendo i fili del destino del ragazzo, più tenebrosi e oscuri di altri, poteva solo immaginare. Lamrael Redskin era destinato a qualcosa, ma persino lei non riusciva a capire cosa, il suo futuro era avvolto in fin troppe possibilità e in fin troppe strade che persino lei ci si perdeva dentro. Non riusciva a guardarlo seppur qualcosa, nel suo nome e nel suo passato, gli era familiare. Ma cosa? Lady Siyah non ricordava nulla del suo passato, di ciò che era prima di diventare la Dama ner, si sentiva legata ad Aundara, che aveva generato e corrotto, e infine a quel ragazzo.
« Benvenuto. »
Gli disse semplicemente, abbozzando un sorriso. Gli occhi di lui per un attimo cambiarono, persi nel vuoto e nei ricordi, riempendosi di una tristezza che la donna non riusciva a spiegarsi. Ma ne rimase per un secondo affascinata, nonostante poteva avvertire la corruzione dentro il suo cuore, s’annidava una purezza d’animo che in pochi altri aveva scorto. Parsa e Tulunay si mossero, come a voler partire all’attacco, ma la Dama lì bloccò, con ferma autorità, alzando semplicemente il palmo della mano destra.
« Elizabeth. »
Disse Lamrael, come se per lei quel nome avesse un significato. Intanto, dietro di lui due uomini e una donna attendevano un qualsiasi segnale.
« Devi aver sbagliato persona Lamrael Redskin. »
Disse lei, con una voce dolce e suadente, serpentina.
« Il mio nome è او کسی است که دوباره متولد » Colei che rinasce. « Per fortuna tu, invece, sei la persona che io cercavo. »
Günter Turgay
« Lasciatemi stare bastardi! »
Urlò Turgay mentre un gruppo di Caduti lo afferravano dalla collottola come se non fosse altro che un semplice gatto. Gli attacchi del gruppo erano andati più o meno a buon fine, tuttavia il trambusto aveva attirato altre guardie che alla fine avevano bloccato l’uomo, la bambina e il nano, mentre il Golem era stato distrutto. Le guardie erano in numero maggiore e nessuno di loro si sarebbe sognato di ribellarsi, altrimenti avevano l’ordine di ucciderli. In quello stesso istante. Il nano scalciava nel tentativo di liberarsi, ma uno dei demoni gli assestò un colpo sul capo facendolo immediatamente svenire. Improvvisamente divenne tutto nero intorno a lui. Turgay perse i sensi e il giardino divenne solo un lontano ricordo.
Lamrael Redskin
La porta dietro le sue spalle si spalancò. Immediatamente Lamrael sentì il fetore invadere la stanza. Un gruppo di demoni entrò nella sala trascinando un uomo, una bambina e un nano. Il nano, apparentemente privo di sensi, venne lanciato per terra con brutalità, senza un briciolo d’umanità. Dopo qualche secondo parve muoversi, ridestandosi lentamente dal suo torpore. I suoi accompagnatori, invece, venivano spintonati dai demoni verso il centro della sala.
« Odette? »
Disse guardando la bambina che lo aveva accompagnato fin dentro l’Abisso, perché si cacciava sempre nei guai? Lamrael d’istinto, sfoderò Magnitudo da dietro alla schiena, mostrando l’enorme spada al gruppo di uomini. La Dama nera sorrise, quasi fosse compiaciuta. L’uomo per un’istante tremò dalla voglia di ucciderli tutti ma, non sapendo il motivo, decise di non reagire e rimanere fermo, continuando a osservare la Dama nera, colei che pensava fosse sua madre. Lui, in fondo, non l’aveva mai conosciuta eppure, nonostante la faccia slavata e gli occhi rossi, ritrovava in lei lineamenti familiari. Il nano scaraventato a terra parve riprendersi, lentamente e scosso si rimise in piedi e, dopo qualche secondo passato intento a osservare la Dama e i due nani esclamò:
« Parsa, Tulunay. Finalmente vi ho ritrovato! »
Urlò, compiaciuto. In un modo o nell’altro aveva portato a termine la sua missione. Eppure i due nani parvero non fare nessuna piega. Lui non lo conoscevano né per loro era particolarmente significante. Rimasero fermi e immobili né sul loro volto variò l’espressione.
« La cura, la cura, la cura, la cura. »
Disse freneticamente a voce bassa. Günter si tastava le tasche alla ricerca di qualcosa. Lamrael non capiva, guardava quella scena non sapendo – forse per la prima volta in vita sua – come comportarsi. Per lui era tutto molto strano e confuso, mentre la donna pareva non essere per nulla stupita anzi si godeva la scena con il sorriso stampato sul viso. Il nano tirò fuori due siringhe ricolme di uno strano liquido viola acceso.
« Che cos’è? » Disse Lamrael, stupito. « È la cura contro la corruzione. » Disse il nano come se fosse la cosa più ovvia del mondo. « Per Tulunay e Parsa, ovviamente. »
In quel momento Lamrael Redskin perse il controllo, non capì più nulla. Sotto l’armatura il suo corpo mutò rabbioso, mentre gli occhi divennero d’un rosso acceso. La sua spada mulinò, uccidendo ogni Caduto che gli si parò davanti.
« Dammi quella cura, ORA! » Urlò Lamrael, la voleva per sé e per sua madre. « Mi serve per salvare lei! »
La voleva per entrambi. Magari sarebbe bastato chiederlo con gentilezza, ma la corruzione in fondo al suo cuore reagì per lui. Nella baraonda l’uomo e la bambina si sarebbero riusciti a liberare, mentre Lamrael si sarebbe gettato addosso a Turgay. Il nano, di contro e senza farsi vedere, avrebbe affidato le due siringhe a Odette e Ral, implorandoli con gli occhi di salvare i due nani. Cosa avrebbero fatto i due? E cosa avrebbe fatto la povera Hebiko? Nel frattempo Seagon avrebbe combattuto gli altri Caduti, coprendo come sempre le spalle al suo fratellino di battaglia.
Interpretazione e Ragionamento: Il testo, se fosse giudicabile solo sul campo delle descrizioni sarebbe anche un testo accettabile, tuttavia dobbiamo analizzare, in questo campo, come hai reso pg e mostro e qui ci sono alcuni problemi: il testo è ricolmo di descrizioni, a volte e spesso anche ridondanti, ma ciò che viene poco a galla è la personalità di Capernion. Io, e sarò brutalmente onesto, prima di leggere questo scritto non conoscevo il tuo pg, né ne sapevo assolutamente qualcosa e, alla fine dello scritto, penso ancora di non averlo inquadrato. Traspare obiettivamente poco se non nel pezzo finale in cui si parla della morte del padre ma, anche qui, a dar risalto al tutto sono più le descrizioni delle azioni che quello dei sentimenti del ragazzo. Il mostro, inoltre, risulta essere estremamente piatto, è un cattivo senza anima né personalità. Capisco anche che l’avversario scelto sia difficile da caratterizzare, eppure si può anche risaltare tutti quegli aspetti – anche negativi – che lui ha. Non scrivi male, tuttavia manca proprio quasi del tutto la psiche del tuo pg, le emozioni e ciò che prova. Le descrizioni sono utili per contestualizzare una scena, ma quello che un lettore vuole sapere è ciò che prova il tuo pg e ne vuole sapere il più possibile. Io posso dire che, alla fine di questo scritto, Caperion lo conosco solo marginalmente, come se, una pallottola destinata al cuore, mi abbia sfiorato soltanto il braccio destro.
Voto: 5.75 Movenze e Descrizioni: Questo forse è il campo che mi troverò più in difficoltà nel valutarti. Come detto prima le descrizioni sono ricche e abbondano, ma qual è il punto in cui il troppo storpia? Più di una volta mi sono perso nella lettura e nelle descrizioni non capendo effettivamente di cosa si stesse parlando, al contrario, invece, non conoscendo il tuo pg mi sono trovato spesso perso dinanzi ai nomi. Lì dove magari servivano più descrizioni scarseggiavano mentre a volte eri ridondante. Cosa sono i Leproguari? Certo è scritto in scheda, ma capisci bene che leggere non sapendo minimamente nulla e aprire la scheda per cercare le cose fa perdere fluidità al narrato. Inoltre trovare la tua scheda non è stato poi così immediato. Dov’è il link del conto e della scheda? Non se è un problema mio, ma io la tua firma non la vedo. Comunque tralasciando il discorso sulle descrizioni fai troppi errori, soprattutto di distrazione: "Se arrabbiato?” nella prima parte dello scritto, o altro ancora quando scrivi “[…] avevano stretto le mani sulle else delle loro armi [..]” è un errore poiché l’elsa è una, quindi sarebbe corretto: “avevano […] sull’elsa delle loro armi […]”; ci sono poi numerosi errori o scelte personali che mi hanno fatto storcere il naso, come la ripetizione, in uno stesso paragrafo di sangue misto a catarro/saliva/ecc. scritta più di una volta o ancora la dimenticanza del colore (piccolezza) in un discorso diretto; la punteggiatura a volte è imperfetta; mentre lo scritto, più o meno curato nella fase iniziale, degrada verso il finale aumentando il numero degli errori esponenzialmente, come se in realtà avessi fretta di concludere il post. La cosa, per chi legge, è abbastanza immediata e fa apparire un testo, fino a quel momento magari anche buono, come un testo poco curato e frettoloso.
Voto: 6.0 Abilità e Lealtà: Qui c’è la vera nota dolente di tutto lo scontro. Hai affrontato due mostri di due fazioni diverse, per altro una radicata nel profondo sud di Theras l’altra all’opposto. Inoltre non fornisci neanche una vera motivazione per cui l’Urnack si trova nell’Edhel e, ancora, lo fai apparire come un mostro della fazione della Corte dell’Abisso. L’unica cosa che attenua ciò è il fatto che le due fazioni siano legate e, per questo motivo, la penalizzazione non è poi così alta. Continuando oltre, lo specchietto è troppo scarno e poco chiaro, manca in toto uno specchietto riassuntivo dedicato al mostro, una lista, seppur sommaria di tech usate e consumi. Altra nota dolente è la pericolosità del mostro affrontato. Sia per le tech (non scritte) che gli dai, sia per la pericolosità più alta della tua. Tu affronti 4 mostri (che in totale fanno una pericolosità D) e uno pericolosità B, tu sei un C. Dallo scontro ne esci vincitore, senza per altro usare una strategia particolarmente innovativa, e senza aver grandi ferite. Il tuo pg ha vinto lo scontro in maniera troppo facile, troppo banale e senza portare nessun particolare danno. Quando affronti un mostro con pericolosità più alta della tua ci sono tutti i presupposti per far sì che il tuo pg esca sconfitto, se non è così ci deve essere una strategia di fondo utilizzata per cui riesci a batterlo, seppur difficilmente. Mentre tutto questo non c’è. Ah si, inserisci link del conto e della scheda in firma, risulta fastidioso per chi giudica non avere queste cose a portata di mano.
Voto: 4.5
Media aritmetica: 5.41 Gold guadagnati: 216
Note: Per qualsiasi chiarimento lieto di fornirteli in privato. A me vanno 150 Gold.