Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

La mano di Vega, Atto III: Stormbringer شنت تقتحم

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Lenny.
view post Posted on 13/2/2012, 23:45




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Nell'assordante bolgia del campo di battaglia, la venuta di RotteNhaz parve il rombo di una scossa di terremoto. Ogni suo passo, un frastuono inarrestabile che frantumava il terreno, e qualsiasi essere fosse presente, su quel terreno. Apparve all'orizzonte simile ad una medusa deforme, profilandosi come una gigantesca Gorgone su una landa di miseria e morte, pronta a immergersi nella prossima orgia di sangue.
L'ultima arma. L'ultima bestia.
Per una manciata di secondi lunga quanto l'Armageddon, arrivò ad oscurare il sole.
Una carcassa macilenta che nella sua marcia apocalittica schiacciava fratte di soldati di entrambi gli schieramenti, riducendoli in grumi e poltiglie rosse. Fiori scarlatti sbocciarono sul campo di battaglia.
Alcuni pregarono.
Molti bestemmiarono.
Tutti tremarono.
Troppo tardi per ritirarsi, spostarsi, voltare le spalle all'enorme fortezza dei dannati, poiché ella si era già ancorata al suolo, levando in cielo una colossale cascata di polvere, detriti, corpi e parti di corpi. E come una grottesca mostruosità gravida, la fortezza spalancò i cancelli al vento polveroso, vomitando fiumane di pargoli immondi.

« FALKENBERG KORPS! »
Abbaiare rauco nel vento, martellare nel campo di battaglia.
Nessuna voce umana in risposta. Solo tuonare di grida demoniache.

WHOA!


Viktor von Falkenberg si torse sulla sella. Sogghignava. Alle sue spalle, schieramenti di uomini e cavalli come fantasmi nel fango colore dell'antracite. Colonna blindata pronta a sfondare nel mezzo della mischia, pronta a schiacciare chiunque osasse ostacolarla, pronta devastare ciò che restava della città posta in assedio, oltre le mura.
Il Beccaio fu costretto a manovrare le redini. Il purosangue raspava, rifiutava. Sollevò il braccio sinistro nel campo, pugno contratto. Piegò il gomito ad angolo retto, spinse duramente il pugno in avanti. Preludio alla demolizione, segnale di carica della cavalleria.
« ALLA GUERRA! »

Corsero nel campo di strage.
Uomini colore del buio, in sella a destrieri colore della cenere, sotto un vessillo colore del sangue. Decine e decine di demoni pronti alla strage. Giubbe nere, corazze brunite, foderi delle spade coperti di caligine. Cavalleria pesante, l'arma più letale su qualsiasi campo di battaglia. Guerrieri senz'anima, Falkenberg Korps.
Ma dietro le corazze, oltre gli apparenti involucri umani, solo demoni. Condotti dal più grande di tutti i demoni.

Viktor von Falkenberg indicò con la verga il punto di sfondamento, alle porte della città di Vento d'Oriente. Nessuna spada al fianco. Del tutto inutile, per uno come lui.
La donna gli aveva promesso terre, ricchezze, tesori. Un oracolo giunto per conto di una qualche deità di nome Crystal. Non aveva importanza. Avrebbe accettato di buon grado anche senza alcun compenso in palio; depredare, saccheggiare, stuprare una città sarebbe bastato ad appagare la sua fame di potere, e la sete di sangue della sua orda di demoni. Per il Beccaio era solo l'occasione perfetta per provare il suo nuovo esercito. Un'occasione che mai, mai e poi mai si sarebbe lasciato sfuggire!

E sopra tutto questo, Corigliano volò verso le torri di Vento d'Oriente, le cupole di Vento d'Oriente, le mura di Vento d'Oriente, che osservavano impotenti il frastagliato plasma plumbeo della fortezza del destino e della dannazione violarle per la prima volta nella loro storia.




SelfportraitwithDeath

Umano: Rec 325 ~ AeV 150 ~ PeRf 125~ PeRm 525 ~ CaeM 225
Demone: Rec 400 ~ AeV 100 ~ PeRf 100~ PeRm 850 ~ CaeM 150

~ Basso 1% ~ Medio 5% ~ Alto 13% ~ Immenso 29% ~

Energia residua: 100%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Deciso

Passive rilevanti in uso
Certain burden_-Aura venefica che rinsecchisce e avvizzisce gli esseri viventi che lo circondano fintanto che gli restano vicino.
Achtung_Passiva psionica di timore (se i personaggi vicini sono di energia inferiore e non sono demoni).
-Auspex passivo. / Difesa da auspex passivi.
Sakrileg_Percezione visiva al buio/mimetizzazione completa all'ombra.
Streben (Arcanismo III liv.)_-Cognizione passiva di qualsiasi magia operata in campo.
-Abilità attive magiche castate immediatamente e senza bisogno di tempi di concentrazione.
-Tecniche magiche provocano danni di un livello superiore, a fronte di una diminuzione delle tecniche fisiche di pari natura.
Corigliano (compagno animale)_Tele-empatia completa tra il pg e il suo corvo.

Note: da una parte odio scrivere troppo, e dall'altra odio farmi attendere per continuare una quest, quindi ho postato il prima possibile.

in sostanza descrivo l'arrivo nel campo di battaglia di Viktor e del resto della cavalleria leggera della prima versione dei Falkenberg Korps (in realtà non si tratta ancora di un esercito regolare, che otterrò a seguito della quest Faustus' Dream, ma solo di decine di sbandati che hanno avuto la sfortuna di entrare dentro RotteNhaz e venir tramutati in avatar demoniaci tanto potenti quanto cattivi) Si tratta solo di energie gialle che per ora hanno l'aspetto di uomini, ma quando si arrabbiano si trasformano in demoni abbastanza brutti. Galoppano tutti -con Viktor in testa-b verso le porte della città, con il chiaro intento di depredarla e metterla a ferro e fuoco.

Intanto, il mio famiglio corvo - dotato di una passiva di tele-empatia con Viktor- sorvola oltre le mura della città, così da darmi nel prossimo turno una visione dall'alto di come è difesa e dei suoi punti deboli.
Di seguito, una descrizione sommaria di RotteNhaz.

CITAZIONE

RotteNhaz, la fortezza dei dannati. Sede e fulcro centrale del potere dei Falkenberg Korps, struttura con propria voce e pensieri, costantemente condannata ad errare per Asgradel e mai capace di sostare in un unico luogo. Non vi è silenzio dentro RotteNhaz, non vi è pace per coloro che malauguratamente fanno il loro ingresso attraverso i cancelli sempre spalancati, fauci bramose, e che spinti dall'inganno o dalla curiosità prendono ad aggirarsi per le sue sale buie, per i corridoi irti di arazzi e dipinti di epoche sconosciute. Senza un perché o una ragione plausibile, per loro la via è smarrita in un attimo, prigionieri di labirinti e vicoli ciechi della loro mente, oscuramente suggeriti dalla voce sibillina della Fortezza che tutto brama e nulla concede. Da quel momento in poi RotteNhaz è la loro casa e il Beccaio il loro signore e padrone.
Cos'è dunque, la Fortezza? Una prigione vagante? Una reggia di dannati? Cosa impedirebbe di pensare all'Olandese Volante, nave costretta a vagare in eterno fra acque immortali? Nulla, infatti, salvo che Viktor non è prigioniero del suo dono, e costantemente può separarsi da esso e ritornarvi in un attimo, semplicemente volendolo, quasi egli possedesse il dono dell'ubiquità (utilizzabile sono gddristicamente). Unico veto, se per qualunque ragione RotteNhaz dovesse smettere di spostarsi per un intero ciclo lunare, sedutastante sotto di essa si spalancheranno gli abissi dell'inferno che la inghiottiranno e con essa, il Beccaio.

Dall'esterno Rottenhaz ricorda vagamente un mastodontico canino spezzato, per forma e aspetto. La struttura è a due anelli concentrici, due barriere interne in roccia solida, invalicabile. Al centro di tutto questo, un nero torrione come un braccio proteso verso cielo. Le mura di cinta si ergono maestose come una testa sopra le cime del mondo, le torri come una sempiterna condanna rivolta ai cieli, i bastioni come una costante minaccia diretta alla terra. Finestre a sesto acuto, mura di granito, pilastri di pietra. Ma sono presenti altre strutture, sulle pendici del torrione: stalle, magazzini, alloggi, baraccamenti, arsenali. La logistica che permette alla fortezza di esistere, e ai difensori di difenderla. Piazzeforti di armi pesanti formano un quarto anello oltre i neri cancelli posti all'ingresso. Catapulte, balliste, porcospini. E anche artiglieria, pezzi da dodici e da ventiquattro libbre, serviti per un intero reggimento di cannonieri. Tutto questo è la fortezza dei dannati. Tutto questo è la sede dei Falkenberg Korps. Tutto questo appartiene a Viktor von Falkenberg.


 
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view post Posted on 20/2/2012, 16:36

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La mano di Vega
Atto III: Stormbringer
شنت تقتحم


« Il mio nome è Akor'. »
Vi siete mai immaginati un drago ridere? Bene il rumore che fuoriusci dal ventre del drago fu ciò che di più simile assomigliasse a una risata.
« Stupido umano. »
Non sapeva come quel parassita era finito sulla sua schiena, né come aveva fatto a conoscere parti del passato che lui stesso stava cercando di rimuovere. Ma una cosa era certa, quell'umano parlava troppo. Per lui quelle parole erano totalmente prive di significato. Parole come libertà e speranza si erano perse nei meandri del suo cuore e lì rimaneva abbandonate. E nemmeno l'estremo tentativo di togliere di mezzo un fastidio irrilevante come quell'aquila non poté cambiare il disprezzo che provava per la gente di quella razza.
Per un patto con gli Dei, i Marehjà avevano soggiogato per millenni esemplari della sua razza, per millenni i draghi della sua famiglia avevano dovuto chinare il capo e sottomettersi a quelli che considerava poco più di formiche, senza potersi ribellare in alcuno modo. Ma questo il parassita non lo capiva. Lui, come tutte le scimmie ammaestrate non poteva capire quello che aveva passato.
« Tu non hai il diritto di parlare. »
La mente, che inspiegabilmente continuava a essere collegata a quella del ragazzo, fungeva da tramite delle sue parole, ma oltre ai vocaboli nella testa del ragazzo fluiva molto di più. Sentimenti come rabbia, tristezza, abbandono. Ogni cosa il Drago provasse sarebbe defluita nel ragazzo.
Pensieri scomposti e disordinati, pensieri primitivi e di difficile interpretazione.
Avrebbero colpito la mente del ragazzo come un fiume in piena. Ma l'acqua sarebbe stata putrida. Come se i ricordi e le sensazioni fossero avvolti in una nebbia fittizia che celava tremendi segreti. Il giovane si sarebbe potuto avventurare in quei ricordi. Ma non si ricorda nessun uomo tornato sano dal viaggio nella mente di un drago.
La mente di un drago nasconde stanze che un semplice uomo non può capire, si sarebbe perso nei meandri più profondi, rimanendo perso e affascinato dalle conoscenze di uno della sua razza.
Per un momento avrebbe visto una sorta di paradiso terrestre. Un loco amoenus che raccontava di ogni cosa. Come se Jevanni improvvisamente si fosse ritrovato nella sorgente del sapere.
Dove ogni cosa conosciuta avesse una spiegazione.
Ma all'ultimo la mente del drago si ritrasse, e una luce abbagliante investì i due.


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I Falkenberg corps si riversarono nella città come un nugolo di insetti. Affamati predatori di tombe razziavano la città che cadeva inerme sotto i rinforzi imminenti. Le legioni del boemo furono una manna dal cielo per l'esito di quella guerra. Il sultano osservava poggiato al parapetto il decadere della sua città, in un misto tra odio e rabbia, una sensazione di inerme impotenza mentre la sua creatura preferita cadeva percorsa dalla forza schiacciante dell'avversario. Non gli fu di grande aiuto il drago che per secoli difese quelle terre. Non gli furono di grande aiuto i figli che stavano cedendo il passo all'avanzata dei generali della donna. Fu, in larga parte, un massacro non preannunciato. E il boemo fu la carta che fece saltare il banco definitivamente. Fino a quel momento l'esercito Orientale stava resistendo all'avanzata nemica con le unghie e con i denti, perseguendo una salvezza che invece non sarebbe arrivata. E quando Rozzenthal vomitò i suoi demoni, il sultano capì che non c'era più nulla da fare. Egli aveva perso. Lentamente si girò, aspettando con trepidante attesa l'arrivo della fanciulla al quale aveva sottratto la propria vita e la propria innocenza.
In tutto questo ci trovò una punta di ironia. La figlia che lui stesso aveva ucciso come in una sadica legge del contrappasso sarebbe stata la rovina del suo impero, gli Dei l'avevano guidata a quella vittoria. E lui non poteva fare altro per resistere oltre. E quando, la donna arrivò nel palazzo. Il sultano accettò il suo destino serenamente e con la pace nel cuore. Una tale tranquillità che mai nella sua vita era riuscito a raggiungere. Osservò le fattezze orientali della donna, lievemente cambiate dopo la sua rinascita, in un incestuoso pensiero, trovò quella donna attraente, e per l'ennesima volta, il sultano maledì la sua natura. Aveva molto dei geni predominanti dei Marehjà, ma con altrettanta tenacia la ragazza ostentava quell'austera severità nello sguardo che nella madre aveva conosciuto. Di quella ragazza tremolante e insicura, che era stata stuprata da mezza città, non v'era rimasta ormai nessuna traccia. Il corpo esile e malfamato era sbocciato e s'era trasformata in una donna fatta e compiuta, come una larva che abbandona il bozzolo per trasformarsi in una splendida farfalla e, Abdul, capì in un attimo di folle lucidità, che se quella fosse stata la sua vera figlia reale, ne sarebbe stato davvero orgoglioso.
Una lacrima abbandonò il viso rugoso e si disperse nel vuoto della città.
« Sei arrivata, finalmente. »
Il sultano dedicò alla fanciulla un sorriso di coniato mentre si perdeva nelle pozze torpide dei suoi occhi, in lei non riuscì a trovar nessuna traccia di sentimenti, solo un ostinato odio profondo che neanche la sua morte avrebbe potuto colmare.
« Ti stavo aspettando. »
Il sultano si avvicinò alla fanciulla, le mani pronte a congiungersi con le sue, nell'estremo tentativo di salvare la propria pelle.
« Mettiti nei miei panni. Cosa avrei dovuto fare? »
Gli occhi vecchi brillarono bagnati dalle lacrime, la pelle saggiò il piacere del vento che accarezzava il viso bagnato.
« Tu non eri desiderata, non eri voluta. E tua madre fece di tutto per ostacolarmi. »
Una rabbia immonda cavalcò i nervi dell'uomo, serrò entrambe le mani stringendo ancor di più quelle della ragazza,
« Vi avrei ricoperto d'oro se solo quella fosse rimasta in silenzio »
Mollò le mani della ragazza, la voce rotta dalla rabbia.
« Invece lei era tremendamente testarda. Non capiva. »
Il sultano sorrise.
« E nemmeno tu. »
Il corpo del sultano si ricoprì di un alone giallastro, il corpo si ingrandì come percorso da un'energia nuova. Ma non si stava trasformando in un gigante, questo era certo. Gli arti e la testa si gonfiarono in maniera sproporzionata. Un occhio esplose schizzando sangue ovunque.
Poi, dal parapetto, non si sarebbe vista nient'altro che una luce accecante ancor più forte del sole.
Una luce talmente forte da abbagliare.
Poi una grande esplosione talmente forte da uccidere chiunque fosse all'interno delle mura e anche oltre.
E poi l'oblio.


CITAZIONE
Qm point:

Bene scusate il ritardo, ma sta settimana è stata terribilmente odiosa.
Comunque assistete tutti all'arrivo di Lenny e della sua armata, infine dovete difendervi da un esplosione che colpirà qualsiasi uomo uccidendolo, quindi non rimarrà più nessuno, l'esplosione è di livello critico.
Coldest, per te la stessa cosa, e prima dell'esplosione avrai quella visione, niente di più niente di meno. In nessun modo puoi difendere il drago.
Lenny, il tuo corvo osserva la scena tra Crystal e il sultano, puoi utilizzare quest'informazione come vuoi.
Turnazione: Questanti - anna. 5 giorni.
Per domande thread di confronto.

 
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Lenny.
view post Posted on 21/2/2012, 22:49




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« NON VOGLIO PRIGIONIERI, SOLDATI! »
Galopparono oltre le mura di Vento d'Oriente, il Beccaio e l'orda demoniaca. Falciarono fendenti carichi di furore, pieni di desiderio di morte. Scavarono solchi sanguinosi tra soldati urlanti, donne piangenti, vecchi morenti. Dilaniarono corpi e anime dentro il lemming in fuga dall'invasione inarrestabile. Lui, il grande e munifico oberkommandierende, varcò la melma colore della putrefazione, demolì un esercito disgregato, corse sotto il cielo colore della devastazione. Era scritto.
Viktor von Falkenberg.
Il Re dei dannati.
Era tornato.

Il purosangue sbavava, schiumava, rifiutava. Viktor trattenne le redini, percorse una lenta curva oltre un grappolo di cadaveri. Lance e spade spuntavano come germogli di metallotra sterpi come scheletri in armatura. un unico vessillo si ostinava ad ergersi nel vento, conficcato nella colonna vertebrale di uno dei caduti, impalato alla schiena. Teschio scarnificato su sfondo cremisi, ali nere di corvo sulle tempie.
Il suo vessillo.
L'emblema dei Fakenberg Korps.
Reliquia irreale nel vento tossico di strage.

Ma fu qualcosa d'altro, ad attirare la sua attenzione.
Gli occhi di un corvo in cerca del palazzo del sultano videro qualcosa che mai avrebbero dovuto vedere. Corigliano, appollaiato sul davanzale di quel maledetto palazzo, vide una scena che aveva dell'impossibile. Il corpo di un uomo eruttare in una esplosione di potere troppo grande, troppo infinito per manifestarsi a Vento d'Oriente. Il corvo fece appena in tempo a prendere il volo, salendo nel cielo, allontanandosi sempre più dall'Ecclesiaste.
Viktor, attraverso i suoi occhi, riuscì a prevedere quel pericolo.
E arretrò.
Chiunque sarebbe arretrato.

Una conflagrazione leggendaria si abbatté sulla terra. Fatta di luce bianca, accecante, cancellò il cielo, inghiottì il campo di battaglia, devastò Vento d'Oriente. il boato squarciò tutto e tutti: rotolò tra le file, varcò i corpi dei soldati, fece vibrare la terra. L’onda d’urto parve spaccare la terra in due, devastando ogni soldato di ogni esercito. Un’unica, immane esplosione terminale. Demolizione. Completa, assoluta, impeccabile.
La terra sotto i loro piedi parve esplodere: voragini investirono gli schieramenti, addentando soldati che si torcevano, che cadevano giù sul lastrico dell’inferno. Crepacci scaleni dilagarono in ogni dove, tra la paura di morire e il desiderio di uccidere. Tutto fu luce. Niente più cielo. Risucchiato dall' immane esplosione globale del cratere di Vento d'Oriente. Niente più terra. L'orizzonte era cancellato da una pioggia nera di detriti carbonizzati.
Eppure, in fondo al baratro, pulsavano ancora delle vite.

CRAAACK!
gracchiare di corvi neri, in fondo al cratere immenso scavato dal sultano. Lentamente, cautamente, uno stormo di corvi neri si raggruppò all'epicentro del disastro, laddove vi erano state le fondamenta del palazzo reale. No, solo a prima vista erano corvi. In realtà si trattava di un lungo manto nero, al cui interno era avvolto un uomo, forse. Un vecchio appoggiato ad un bastone da passeggio. Un vecchio generale che aveva appena perduto tutti i suoi uomini. Un vecchio demone che, deluso dalla inaspettata piega che avevano preso gli eventi, non aveva nulla da depredare, nulla da saccheggiare. il suo esercito era svanito nel nulla.
Serrò le mani scheletriche sul pomo in oro massiccio a forma d'aquila.
Avrebbe dovuto rimpiazzare tutti quegli uomini. E non sarebbe stato facile.
Ma pazienza: quell'orda era costituita solo da un agglomerato di vagabondi inghiottiti da RottenHaz. Non erano il suo esercito. Non lo erano mai stato.
« Ci sarà ancora qualcosa che abbia valore.. » Si ritrovò a sibilare al vento, socchiudendo gli occhi sul campo annientato. « ..in questo pugno di cenere. »
E subito, un guizzo di luce violacea si dipanò dal suo bastone, schizzando laddove un tesoro, uno scrigno, un oggetto o un'arma di valore fosse stata nascosta, o sepolta.




SelfportraitwithDeath

Umano: Rec 325 ~ AeV 150 ~ PeRf 125~ PeRm 525 ~ CaeM 225
Demone: Rec 400 ~ AeV 100 ~ PeRf 100~ PeRm 850 ~ CaeM 150

~ Basso 1% ~ Medio 5% ~ Alto 13% ~ Immenso 29% ~

Energia residua: 100% -5% -1%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Deciso

Passive rilevanti in uso
Certain burden_-Aura venefica che rinsecchisce e avvizzisce gli esseri viventi che lo circondano fintanto che gli restano vicino.
Achtung_Passiva psionica di timore (se i personaggi vicini sono di energia inferiore e non sono demoni).
-Auspex passivo. / Difesa da auspex passivi.
Sakrileg_Percezione visiva al buio/mimetizzazione completa all'ombra.
Streben (Arcanismo III liv.)_-Cognizione passiva di qualsiasi magia operata in campo.
-Abilità attive magiche castate immediatamente e senza bisogno di tempi di concentrazione.
-Tecniche magiche provocano danni di un livello superiore, a fronte di una diminuzione delle tecniche fisiche di pari natura.
Corigliano (compagno animale)_Tele-empatia completa tra il pg e il suo corvo.

Attive utilizzate
~ Schwarm__ _Perché il prode ex generale Viktor von Falkenberg possiede l'oscura nomea di "Beccaio"? Una parte della risposta sta forse nei lineamenti del suo viso, approssimativamente riconducibili a quelli di un avvoltoio. O forse il motivo sta nella sua condotta, quella di un essere privo di qualunque forma di compassione o pietà verso qualsivoglia avversario. La condotta di un rapace. O forse per le esecrabili stragi di inermi che i suoi soldati hanno perpetrato a Dessau, ad Ossback, a Kolstaldt...Lista troppo lunga, troppo sanguinosa. Ebbene, in realtà la nomea di "Beccaio" è dovuta anche ad un solo e semplice motivo: al rapporto così stretto che Falkenberg opera con le creature dell'oscurità, i corvi. Figli di una entità maligna, uno stormo di corvi gracchianti potranno in qualsiasi momento venire evocati dall'Oberkommandierende allo scopo di lanciarsi contro i suoi avversari. Così da avvolgerli in un turbine di piume nere ottenebrando la loro vista, così da immergerli in un coro distorto di striduli gracchianti allo scopo di assordarli. Null'altro che un subdolo modo per eludere la guardia dei nemici: difatti qualora questi ultimi rispondano alle offese dei corvi con un attacco volto a ferirli o ucciderli, i corvi prenderanno a beccare e a graffiare ferocemente la loro carne. La tecnica necessita di un consumo energetico pari a Basso, e Basso sarà il danno totale di una eventuale risposta offensiva da parte dei corvi, se venissero attaccati.
Ma questo non è tutto: Il Beccaio oltre a evocare le creature dell'oscurità sarà anche in grado di mutare proprio il suo corpo in uno stormo di corvi gracchianti. Allo scopo di evitare una qualsiasi mossa offensiva da parte dei nemici, Viktor si trasformerà in un compatto stormo di corvi che sorvoleranno l'assalto in gruppo, per poi planare a terra e ritornare in forma umana. In questo caso la tecnica avrebbe un dispendio energetico pari a Medio, e conterebbe come difesa assoluta.
{Pergamena Stormo: consumo di energie Basso} - {Pergamena Stormo Illusione: consumo di energie Medio}

~ Fallstrick__ _Infinite sono le vie della vittoria, per il Falkenberg. E nessuna di queste potrebbe mai disdegnare l'uso di tranelli, inganni, infidi trappole allo scopo di distorcere l'attenzione del nemico. esempio fulgido della linea di condotta combattiva di Viktor è questa tecnica: dopo un attimo di concentrazione e di silenzio, il Beccaio riuscirà a evocare sul campo di battaglia un'immagine rappresentante qualsiasi tipo di oggetto/persona/creatura. Tale immagine potrà essere vista da tutte le persone presenti sul campo di battaglia e ingannerà magistralmente i sensi della vista e dell'udito. Potrà parlare, quindi, e fare rumore, ma non possiederà alcun odore (benché solo quelli col fiuto più acuto potrebbero accorgersi dell'inganno) e non potrà in alcun modo attaccare il proprio avversario o fingere di farlo. A tal proposito, l'immagine non potrà nemmeno muoversi dalla sua posizione, pur potendo compiere qualche movimento circostanziale. Se per qualsiasi ragione l'avversario dovesse entrare in contatto con l'immagine, essa esploderà improvvisamente in un raggio di un paio di metri, provocando un danno pari a Medio a tutte le persone coinvolte. In caso contrario, essa rimarrà in campo fino al termine del turno, svanendo nel nulla una volta "smascherata".
E se fosse Viktor a cadere in una trappola dell'avversario? O se perdesse la strada, se i suoi nemici si nascondessero alla sua vista così da assalirlo alle spalle? E se gli fosse stato sottratto un tesoro da dei ladri? Nessun problema, non per l'Oberkommandierende. Alzando i palmi a coppa innanzi a se, Viktor sarà in grado di creare una sfera lucente dal diametro poco minore di un pugno, che gli indicherà la giusta direzione verso un determinato (o non) obbiettivo. Ad essa potrà essere impartito qualsiasi traguardo. Un'uscita, un avversario, anche invisibile, o un arma persa precedentemente, tuttavia questo dev'essere conosciuto, almeno teoricamente, e presente sul campo di battaglia. La stella lo raggiungerà ad una rapidità che permetterà al Beccaio di seguirla, o di non perderla di vista, e cercherà di seguire il percorso meno ostacolante per arrivare al traguardo. Una tecnica inaspettatamente utile contro nemici invisibili o simili.
{Pergamena Tranello, consumo di energie: Medio} & {Pergamena Stella, consumo di energie: Basso}

Note: In sostanza, Viktor si difende dall'esplosione con la difesa assoluta, riprende sembianze umane sulle rovine del palazzo reale, e casta la pergamena stella per indicargli la direzione giusta (che ovviamente segue). Ciò che cerca è la cosa che più possa avere valore -sempre se presente- che sia un tesoro, o un solo oggetto. Ha appena perso un bel po' di mannari che lo seguivano ciecamente, deve riprendersi no? :v:



Edited by Lenny. - 21/2/2012, 23:20
 
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Stray
view post Posted on 22/2/2012, 16:28




LA MANO DI VEGA
s t o r m {06} b r i n g e r


Di nuovo, quella sensazione di calma perfetta.
Cerchi d’acqua nello stagno limpido, sussurri del vento fra le fronde. Dai rami, crepe nel cielo azzurro, cadono alcuni petali. Foglie d’acero si posano sullo specchio d’acqua, spezzano il riflesso perfetto delle nuvole. Armonia, dove ogni elemento combacia perfettamente e tutto è musica, dove il silenzio dell’infinito è lo sbocciare del piccolo fiore di campo. « L’abbiamo trovata, finalmente. » Dice, e il suo viso è velato da una patina di luce bianca. Solo la bocca, sorride « Il nostro piccolo scorcio di paradiso, la nostra anima immortale. » Tende le mani, mani da ragazza. Nei sogni, è cresciuta, è ancora più bella.
Proprio come l’aveva disegnata lui, qualche giorno prima.

~ ~ ~

Vento d’Oriente.
Dove il silenzio dell’infinito è il clangore di un esercito che si riversa dentro una città sventrata.
Tutto, in quegli attimi, è così perfetto.
Ogni rumore arriva ovattato, solo il battito del cuore, lentamente, torna a farsi sentire assieme allo scorrere del vento sulla pelle scoperta. Rohan è ancora in aria, sta cadendo a terra trascinando indietro il gigante. Una parabola di due corpi trafitti, il ginocchio dell’eroe sotto il mento del marajhà, gli occhi ardenti del primo contro le pupille rovesciate del secondo. Dal cranio rasato spunta una lama scintillante: con un salto ha trafitto le deboli resistenze dell’uomo, si è librato portandolo con sé. Amir del sultano cade di schiena, il collo piegato in una posizione innaturale, la bocca ribolle di sangue. Pochi passi più in là, foglia d’acero sullo specchio d’acqua, tocca il suolo il proprio assassino, guarda avanti e non trova nessuno. Nessun nemico, nessuna fiamma d’ardore impetuoso. Vento d’Oriente è vinta, i suoi pilastri spezzati dalla foga dell’assalto.

Stacco, prospettiva in campo lungo. Colonne di fumo scuro nel cielo ambrato del mattino, brecce fiammeggianti in punti sparsi, blocchi d’arenaria spezzati, corpi distesi sulle mura di cinta. Il rosso satura ogni cosa, opprime la vista e sparge il suo odore ferroso e salmastro attraverso l’etere. Rosso sul grigio delle armature, rosso sul chiaro della sabbia, rosso sugli schinieri ardenti, rosso dei corpi che imbrattano il terreno fino a impedirne la vista, rosso il mantello sfregiato che si agita al vento. Rosso soddisfazione, rosso vittoria.

Dove ogni elemento combacia perfettamente fino a riempire ogni cosa.
Rohan si siede, sopra il busto del gigante, ormai solo: il grosso dell’esercito è dentro la città, i battaglioni di Jevanni e Ahinoe schermagliano nelle retrovie con il cucciolo del sovrano. La piccola esorcista è scappata, Crystal non si trova. Solenne e immobile come una carcassa, crisalide di granito e ossidiana, RotthenHaz si erge vicino, condotta al saccheggio dal suo avido padrone: ne è passato di tempo, dal trovare il Beccaio. I Falkenberg Korps fanno il loro lavoro, si divertono con quello che avanza. Rovescia la testa all’indietro, cogliendo la sagoma di un drago nero volteggiare fra le nuvole.
Ride, il corpo pervaso da un piacevole tepore.
La tempesta è durata poco, ora, solo ciel sereno.

« “Il nostro piccolo scorcio di paradiso” »
Ripete calmo, ad occhi socchiusi, chiudendo il sole in una mano.

Poi, l’esplosione.
Battito d’ali di farfalla, la cupola si gonfia a dismisura, avvolge la città intera e divora l’aria, tremando. Pura luce. Scompaiono le guglie, le mura, i corpi dei soldati. Scompare ogni suono, ogni odore, ogni anima - ed è come al Crepuscolo, ma tutto è bianco. Incolore, accecante, opprimente. Rohan si alza, scatta in avanti, stringe una spada bastarda grande quanto lui, apparsa dal nulla con un leggero luccichio. La vena centrale del ferro si illumina, diventa fuoco, rompe la sagoma e divampa, fiamma libera e vorace. Stringe gli occhi, le pupille si rimpiccioliscono, l’iride non riflette altro che bianco, brucia come paglia al sole. Sempre più vicino, tutto questo dura solo un attimo, fuoco e luce si scontrano, stridono, fagocitandosi a vicenda, si contrastano e non intendono cedere. Rohan grida, immerso nel bagliore, contrastando l’impulso che l’avvolge. Grida, il cuore a mille, e sembra quasi una risata.

Dove l’urlo assordante del vuoto è lo sbocciare del piccolo fiore di campo.




«« ReC: 225 AeV: 225 PeRf: 350 PeRm: 225 Caem: 250 »»
Basso: 02% Medio 06% Alto: 15% Immenso 33%

Stato Fisico » Danno medio da bruciatura ~ {2/16}
Status Anormali » Torcicorpo {4/4}
Stato Psicologico » Divertito, concentrato ~ {0/16}
Energia » 65% -33%= 32%
Equipaggiamento »
«Right Arm of th'demon» Innestata. «Lascito dell'Alba» Impugnato. «Stendardo di Gruumsh» Nelle vicinanze. «Kharon» Nelle vicinanze. «SfregiaDiavoli» Equipaggiate a entrambe le gambe.


Abilità Passive & Derivate da Artefatti •
«Appetize for Opposition / Havoc Hormones» Difesa psionica passiva. / Possibilità di impugnare armi enormi con facilità, forza fisica eccezionale. «Overwhelming Will» Immunità al dolore. «Oko Boga nie zna barier» Auspex passivo, visione delle auree. {Stendardo di Gruumsh} «Era il loro campione e giusto il suo discernimento / La sua spada parrà incontrastabile, splendente e soverchiante.» Qualunque azione verrà commessa, gli altri la considereranno sempre giusta e necessaria. / Paura e timore di morire per chi fronteggia i colpi della spada. {Lascito dell'Alba} «Fremito» Impossibile percepire la direzione del colpo, l’arma appare incredibilmente sfocata. {Kharon} «Percuoticieli / Frangianimi » Creazione istantanea di appoggi immateriali orizzontali o in pendenza. / Ogni colpo o tecnica inferto da Rohan infligge il doppio delle sofferenze che potrebbe sortire, pur rimanendo invariato il danno in sé. / Rohan avverte dolore equivalente al danno inferto per mezzo degli schinieri. {SfregiaDiavoli}


Riassunto Azioni •
Richiamato il Lascito grazie a Memento – che non cito di nuovo – ecco una cupola di fuoco a consumo critico per contrastare l’esplosione. Don’t try this at home, guys :v:


Abilità Utilizzate •
CITAZIONE
...infine giunse la punizione, ed essi perirono tra le fiamme del loro stesso peccato.
L'inferno, oblio dei dannati e simbolo della colpa di coloro che, pur essendo a conoscenza dei dettami degli Dei si sono ribellati, infrangendo le regole del Credo. Fuoco e fiamme lambiranno i corpi dei peccatori tanto quanto le bestie torturartici si nutriranno per l'eternità delle loro interiora, divorandoli per un tempo infinito, agonizzante eternità. E il Lascito dell'Alba, per via della volontà che incarna, trascendente in un involucro di metallo inscalfibile, rassomiglia l'inferno per coloro che ad essa si oppongono, che hanno l'ardire di mettere in dubbio il Campione che la impugna, il fedele tanto grato alle Forze.
Spendendo un consumo Critico del proprio mana, il portatore creerà le stesse fiamme che ghermiscono l'inferno per vessare il proprio nemico. Colonne di fuoco si innalzeranno, dirompenti, a diversi metri dal portatore e in circolo; come saette che bramano la volta, svetteranno sfrigolanti verso le stelle per poi piombare come un enorme ammasso di fuoco sopra l'avversario, colpendolo. Bruciandone tanto le carni quanto l'anima, fino a trasformarlo in niente più che torrida cenere fumante. Così che il peccatore che si è opposto ad Alba, dopo aver sofferto nella morte, finisca nel vero inferno, dove gli Dei inclementi tortureranno le sue carni.
Per sempre.
[Attiva a consumo Critico]
[Tecnica basata sulla PeRm. Tutt'attorno al portatore delle colonne di fuoco si alzeranno in circolo, lanciandosi in aria e piombando sull'avversario dall'alto.][/size]

Note •
Fuck Yeah

[/color][/size]
 
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view post Posted on 23/2/2012, 13:16
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E D E N
P E R I S H I N Y O U R O W N F O O L I S H N E S S



Le parole del drago offesero il Guerriero nel profondo, ma questi non lo diede a vedere.

Avvertì sprezzo nel modo in cui la creatura replicò che il suo nome era Akor, non quello detto dal Guerriero. Considerato che questi non s'era presentato, e che aveva dovuto indovinarlo dai suoi ricordi tentando di fare affidamento alla mente provata dalla situazione, sarebbe stato molto probabile che qualcuno si sarebbe limitato a lasciar sorvolare.

Invece, nel tripudio della sua illimitata arroganza e vanagloria, s'era arroccato in quella cosa quanto mai inutile ch'era l'orgoglio.
« ..."stupido" umano? »

Ripeté sibilando fra i denti, il tono quanto mai simile ad un ringhio rauco per la voce indebolita dalle mucose seccate, e strinse con più vigore le dita sulle scaglie per poter saldare la presa ed evitare di scivolare.

"Stupido" umano?
Se fosse stato meno ottusa, la lucertola color carbone avrebbe notato alcune cose, piccoli particolari, infinitesimali come lo stesso Jevanni rispetto alla mole del drago.

Come il fatto che egli fosse sulla sua groppa, e che era venuto a conoscenza del suo passato senza ch'egli avesse detto una singola parola. Oppure che il collo, con uno sforzo maggiore da parte dell'uomo, avrebbe potuto essere separato dal resto del corpo e in rotta di collisione verso il suolo assieme all'aquila - o al posto della stessa, se invece che sacrificarla avesse deciso di assassinare il drago. O ancora che un altro dei suoi "stupidi" umani avesse reciso la coda.
Aveva assassinato una risorsa del proprio esercito, ed era sul dorso di una creatura a centinaia di metri dal suolo.

E tutto ciò che aveva voluto fare, mettendosi fisicamente e in senso lato in bilico fra la vita e la morte,
era salvarlo.
Forse presuntuoso da parte sua credere che da un solo avrebbe potuto cambiare la sorte di una creatura come quella, il Guerriero era pronto a concedere questo. Alquanto ottuso lui stesso.
Forse, in fondo in fondo, solamente, totalmente ingenuo.

Ma era parte della sua ingenuità credere che sarebbe bastato dare un pizzico di speranza al mostro di pece, perché questo fosse disposto ad ascoltare la sua proposta.
Jevanni non era nemmeno sicuro di volergli chiedere aiuto per togliere di mezzo anche Crystal, oltre che il sultano, lasciando la proposta interamente bilanciata in favore del drago.

Non era segreto che mercanteggiare non era fra le arti nelle quali il Glacendrangh s'era mai dilettato volentieri. Unica merce che poteva mettere in campo era la propria parola, valuta non sempre accettata. Ciò non tolse che il rifiuto testardo del drago lo fece inferocire al punto da dover lottare con tutto sé stesso per non replicare inviperito che l'unico stupido in quello spazio aereo era proprio lui.

Lui, che non fosse stato per Jevanni sarebbe rimasto stecchito al suolo, e avrebbe fatto meglio a non dimenticarlo. Sapeva che Ahinoe aveva cessato il fuoco proprio perché aveva scorto lui in groppa alla lucertola troppo cresciuta, e che se non avesse fatto così ora al posto dell'aquila vi sarebbe stato lo stesso albino, assieme alla lucertola.

L'intelligenza tanto decantata dei draghi, riconobbe con una punta di disappunto l'uomo, sembrava trovare un'eccezione in quell'ammasso puntuto di scaglie. "Non aveva diritto di parlare", secondo lui?
Comprendeva realmente l'entità di quanto quella frase, nel mondo umano,
equivalesse ad un invito a cessare ogni tentativo di evitare spargimento di sangue.

" In parole spicciole, lurido stronzo alato,
mi stai chiedendo di inciderti sulle scaglie l'epitaffio per la tua tomba.
"

Se le parole non volevano giungere, nonostante il Guerriero vi avesse realmente infuso tutta l'anima e la sincerità, allora non v'era reale necessità di insistere. Sarebbero bastati i fatti a dimostrargli che la sua vita, durata a lungo, era destinata a terminare molto presto.

E fu allora, solo allora, che si rese conto dei pensieri accompagnati alle parole. Una lingua sconosciuta, una configurazione di emozioni diverse da quelle solito provare, che lo confusero tartassandogli la testa di enigmi su enigmi. Come aprire il proprio diario, scoprendo che ciascuna delle pagine anziché portare la propria calligrafia sono ricoperte di simboli e ideogrammi estranei e stranieri.

Solo a senso, istinto, si rese conto che tutto ciò altro non era che l'eco del passato che continuava a ribollire nella mente del drago.

Rabbia, disperazione...ancora una volta Jevanni si trovò inondato di tutto ciò, partecipe ancora una volta di quella corrente avvelenata che era l'animo del drago.
" Perché? PERCHÉ, AKOR? " cercò di urlare nella mente per consentirgli ciò che le corde vocali non vollero permettergli.
" NON ARRENDERTI A TUTTO CIÒ, IDIOTA!
VOGLIO AIUTARTI!
"
Tentò di opporsi, stringendo i denti e concentrandosi su altro, ma ancora una volta la coscienza gli venne strappata e trascinata in quella della creatura draconica.
divider8

Sussurra.
Sibila, il vento nero, ardendo e graffiando l'epidermide pallida del Guerriero.

Ci vollero eterni attimi prima che la figura spettrale si levasse dal suolo, riprendendo un barlume di autonomia. Spettrale perché così si sentiva, e così si vedeva.
Consunto dai ricordi che apparivano e scomparivano nella sua testa, aveva stavolta preso una forma più fragile, più scheletrica. Il fantasma di ciò che era, una sagoma esile al limite dell'anoressia che si trascinava sulla terra arida e cupa rialzandosi a fatica.

La fastidiosa brezza cupa, miasma di odio e sofferenza, serpeggiava fra i piedi e le caviglie arrampicandosi, di rado strappando dei piccoli sussulti di dolore ribollente e assieme raggelante. Vi vollero parecchi passi per potersi abituare, per poter tentare di confrontarsi con quel senso di repulsione nei confronti dell'umano che si stava avventurando nel mondo del drago. Ancor di più ne dovette muovere per addentrarsi nel fumo nero, unica via che riuscì a percepire, rimanendone strozzato e soffocato, prima di poter finalmente giungere ad una luce.

Inizialmente pallida, quasi inesistente, attirò fin da subito l'attenzione dell'uomo che si diresse a falcate goffe verso la fonte. Quando l'ultimo lembo di nebbia si squarciò, dissolto, uno strano paesaggio si estese dinanzi a Jevanni.

Il cielo era una miscela di colori freddi e caldi simili a quelli dimostrati nel tramonto, ed era circondato da non uno bensì quattro soli. Luce che non scaldava, lasciando un alone fresco nello strano luogo; non quella sensazione di gelo che paralizza e mette a disagio ad esempio nei cimiteri, ma quella che invoglia le persone a concentrarsi e - con estrema calma - iniziare a risolvere il problema. Con una punta di sconcerto, l'albino si rese conto che non v'era una singola ombra. Tutto era illuminato, ciononostante non perdendo la rotondità e nitidezza che l'ombra generalmente conferisce.

L'atmosfera divenne ancor più surreale, contornata da un prato gigantesco esteso a perdita d'occhio. Fra le piante, mille sentieri serpentini, segnati da pietre in ossidiana ed onice con qualche vena di ametista, suddividevano in infinite parti quel prato. Altre ametiste invece fluttuavano, forme romboidi o semisferiche, seguendo piccole traiettorie precise.

Il significato di tutto ciò divenne improvvisamente chiaro quando lo sguardo si concentrò sui fiori che tingevano il prato di cremisi e bianco puro.

Barcollando per la debolezza si avvicinò ad essi, le dita affilate e sottili quanto una lama protese verso i petali candidi.
.
.
.

" Mettici anche dei crisantemi bianchi! " echeggiò la voce vispa di Visilne mentre sedeva dal gradino che precedeva la porta d'ingresso alla casa. Jevanni, una zappa in mano a smuovere la terra, conficcò l'attrezzo davanti a sé appoggiando entrambe le mani sull'estremità. Grondante di sudore per la fatica, a petto nudo sotto il sole cocente, lanciò un'occhiata interrogativa alla donna. " ...crisantemi? Sei seria? "
In risposta lei sorrise, posando in grembo la matita con la quale stava disegnando.
" In questa regione, sono il fiore che si dona ai morti " lanciò un'occhiata al Guerriero, che annuì confermando, quindi continuò.
" Ma il significato -quello vero- del crisantemo bianco è verità. "
Non era la prima volta che la propria consorte mostrava una conoscenza tanto profonda di ciò che la circondava, ma come sempre Jevanni non poté non esimersi dall'esibire un'espressione sinceramente stupita. Tornò a zappare, con aria meditabonda, e qualche minuto dopo posò nuovamente l'attrezzo. Si terse il sudore con il dorso della mano, poi la guardò nuovamente.
" E crisantemi siano. Sei sicura? "
Lei aveva sorriso un'ultima volta. E aveva detto " Si. "
Un battito di ciglia, prima di aggiungere " Sono di buon auspicio. "

.
.
.

Di certo l'auspicio non li aveva mai raggiunti.
Perché cinque mesi dopo quel "Si", lui era andato in guerra ed era morto.
L'aveva lasciata sola per il resto della vita.
Come l'aveva vissuta, quella vita? Si era sposata ancora, o aveva ripreso i viaggi?
Forse aveva persino dovuto vendere l'arma che lui le aveva lasciato per difendersi in sua assenza, per potersi pagare i viveri.

Non lo sapeva.

Ma quello era il punto.
Verità. E conoscenza della verità.

Non era un ricordo, quello del drago. Se ne accorse immediatamente, dopo essersi ricordato il significato del crisantemo. Non poteva essere lì a caso. E nemmeno le rose, che sembravano sussurrargli con voce suadente di coglierle senza remore.
Guardandosi le dita, più simili a forbici che ad appendici della mano, Jevanni si rese conto che lui voleva coglierle. Era il suo animo umano che lo richiedeva, che anelava, che lo implorava di cogliere non solo quella rosa, ma di cogliere tutti i fiori di quel prato infinito. Prenderli tutti. Annusarli tutti, sentirne l'odore, forse persino il sapore.

Quel luogo era speciale. Scollegato dalla catena dei ricordi del drago, ma assieme immancabilmente segnato, era qualcosa di profondo che sembrava voler attingere ad una sapienza assoluta. Mai come allora, l'albino si trovò a pensare di trovarsi davanti ad un'entità ben più che divina.

Eppure rimase fermo per qualche secondo, paralizzato da un improvviso timore nel notare le spine lungo gli steli. Tanto scintillanti e lucidi, chissà quanti avevano sanguinato su di essi, immaginò il Guerriero.
" Colui che accresce la sapienza accresce pure il dolore, Jevanni "
lo avvertì Moryan instillando un moto di timore reverenziale nei confronti del fiore che stava per sfiorare.
" Non rischiare. Non ora. V'è altro tempo per ciò che vuoi fare. "
Eppure, ipnotizzata, la sagoma non si smosse dalla posizione accovacciata di fronte al prato. Anzi avvicinò ancor più le dita al petalo rubicondo. Nelle iridi azzurre si poteva solamente scorgere il bagliore sanguigno che era il riflesso della rosa.

Ora che poteva, voleva sapere. Voleva sapere tutto, improvvisamente.
Voleva sapere che fine aveva fatto Visilne,
cosa era accaduto a Ray nel Crepuscolo,
le vita di Ahinoe, Rohan e di Motoko,
la vita di Akor,
e tanto altro.
Tutto.

" Il prezzo è dolore? "
Gli occhi bramosi dell'uomo scintillarono quasi.
" Posso sopportarlo. "

Nel momento in cui le dita artigliarono lo stelo per reciderlo, una luce improvvisa lo investì di un calore insopportabile. Tutto sparì, inghiottito da un fuoco infernale che lasciò Jevanni senza fiato, spazzando via la figura da quell'Eden della sapienza frantumandola in cristalli insignificanti.
Mentre invocava il potere della gemma nel bracciale, udì in una parte recondita di sé stesso la voce di Moryan tuonare " NO! ".
A comando, due gigantesche ali di drago
-non quelle nere ed opache di Akor, ma quelle celesti e lucide del Titano-
si richiusero su di lui. La luce venne smorzata per un qualche breve attimo, ma questo fu tutto.
L'attimo di tirare un respiro di sollievo, che il bagliore lo investì nuovamente riportandolo bruscamente e totalmente alla realtà.

« Vis...ilne... »
sussurrò con una lacrima che colava lungo la guancia. L'intero corpo bruciava, ardeva, e assieme ad esso il proprio cuore di un dolore arcano. Di sfuggita, come fosse un elemento puramente secondario, si rese conto di non essere più in groppa al drago. Sentiva il fischio dell'aria nelle orecchie, e l'eco di un tonfo poderoso che squassò il terreno ancora parecchio distante.
Akor era caduto.
E anche Jevanni stava cadendo.

Tese una mano verso i quattro soli, che però erano tornati uno solo, e tutto divenne nero.

divider8

Riprese conoscenza diversi istanti dopo.
Il corpo, ustionato in più punti e dolorante come dopo la prima fiammata di Akor, non riuscì a muoversi al primo tentativo.
" Dove...? Dove sono? "
Ruotò il capo lentamente da destra a sinistra, scorgendo la linea d'orizzonte poco oltre le squame divelte del drago.
La creatura era infatti rimasta devastata ben più di lui, e sembrava incapace di muoversi proprio come l'umano.

" Dinanzi alla morte si è uguali "
pensò con una profonda tristezza, posando la mano sulla morbida pelle del drago che aveva probabilmente attutito la caduta altrimenti mortale.
" Che si sia dei, o scarafaggi. "

Lanciò un'occhiata al campo di battaglia, e la morsa al cuore si intensificò al punto da strappargli altre lacrime.
Non era rimasto nessuno.
Nessuno.
Il proprio esercito, o quello nemico...
Proprio nessuno.

Era solo. Aveva preso il comando di un manipolo di soldati, come tempo addietro aveva fatto, ma l'aveva perso tutto.
Interamente.

Maurice e tutti coloro che portavano una croce sul braccio, come lui, erano ora solo cenere.

Mai prima di allora aveva creduto fosse possibile perdere una guerra persino dopo che l'ultimo nemico fosse stato spazzato via.
Eppure, eccolo lì. Era uno spettacolo che gli ricordò la Grande Tetra Ghigliottina, per molti versi. Al posto di sangue, carbone.
Al posto di orchi, gli stendardi di Vento d'Oriente che si perdevano nella sabbia. La sabbia che sostituiva il fango, danzando a comando del vento che passava, creando piccoli turbini dorati a seppellire i corpi caduti.

Caduti per cosa? Per chi?
" ...per Crystal. "
Lei era viva.
Lei era sicuramente viva, come tutti i Cataclismi che si sono presentati sulla terra.
L'umanità aveva sempre goduto di una certa sfortuna, in tale materia.
Per quel che ne sapeva, per quel che supponeva, poteva essere persino stata lei a causare l'esplosione.

" La puttana...pagherà. Pagherà CARO. "
La mano che sino a quel momento aveva stretto convulsamente Tempo riuscì finalmente a muoversi e puntellò l'asta sulla pelle del drago, usandola per rialzarsi. I muscoli urlarono pietà, ma l'anima e il cuore di Jevanni Glacendrangh dell'Astro Rosso urlavano all'unisono VENDETTA.

Ancor più di prima, l'odio serpeggiò nelle vene facendogli ribollire il sangue ancor più di quanto non lo facessero le ustioni. Gli occhi ricolmi di lacrime e collera persero ogni barlume di autocontrollo, lasciandolo annegare per qualche infinito secondo in una disperazione priva di confini.
Lanciò un urlo che gli lacerò la gola e gli lasciò il sapore del sangue sulla lingua.
Un grido inarticolato di battaglia, una dichiarazione di guerra assoluta e totale verso la propria arcinemica.
" Pagherà, PAGHERÀ! "

Quando il verso si spense nell'eco del vento che portava cenere, cenere che una volta era umana, solo allora Jevanni riuscì ad asciugarsi le lacrime dal viso, rosso eppure assieme malaticcio. Mai come in quel momento il Guerriero dell'Inverno sembrava essere avvizzito ed esile, fragile. Eppure in fondo agli occhi continuava ad ardere quella fiamma accesa da Crystal. Quella che lo aveva portato a disegnare col proprio sangue una croce sul braccio per non dimenticare mai e poi mai che il demone doveva morire.

« Comprendi ora la gravità della situazione, folle? »
si rivolse al drago caduto in terra, con voce atona. Riprese poi con voce più triste, ma ancora con un pallido tentativo di rimanere imperturbabile.
« Akron...no, Akor' » si corresse « non so se puoi sentirmi. »
Si appoggiò più saldamente all'asta, in preda ad un attacco improvviso di debolezza dovuto alle ferite, e continuò a borbottare a fatica le parole sperando che queste uscissero dalla gola pronta a spezzarsi.
« Ma se puoi sentirmi...se sei vivo...
sappi che l'unico stupido sei sempre stato tu. Non comprendi?
Siamo pedine di pezzi di merda che ci hanno manipolato sino ad ora.
Prima tu, ora l'esplosione, non avevano uno scopo preciso se non quello di annientarci.
»
Con un gesto vago della mano libera indicò le porte della città e il campo di combattimento, deserti e desolati.
« Oh, non indovinerai mai: ci sono riusciti in pieno.
Non miravano al nemico, ma a tutti quanti, noi compresi.
E io ti dico che questo non è il modo che dovrebbe essere.
Non avrebbe mai dovuto essere così, questo assedio.
Io e te potremmo porre fine a tutto questo, possiamo liberarci di loro.
Ti porgo ciò che tu hai voluto abbandonare tempo fa: la speranza.
La speranza di poter credere di ribellarsi ai patti e alle antiche catene dell'obbedienza.
Eppure tu non la accetti, da testardo quale vuoi essere.
Ti ho implorato, addirittura.
Ora però basta. Anche io ho un orgoglio, sai?
»
concluse scendendo dal drago, atterrando ben poco agilmente e rimanendo in ginocchio per qualche dolorosissimo istante.
« L'orgoglio delle formiche. Chiamalo pure come vuoi.
Con o senza il tuo aiuto, io ho un mio patto da portare a termine.
»
Quello tacito fra Ahinoe, Motoko e Rohan, da qualche parte in quella distesa di carbone e sabbia. O qualche parti.
« Crystal, la figlia del tuo padrone, nonché mia padrona.
Lei deve morire. E sarò io ad ucciderla, per me e per chi non può più farlo.
»

Ridicola affermazione, dato lo stato dell'uomo. Data la così ovvia strapotenza della donna. Dato il fatto che, ancora una volta, era solo e privo di sostegno che non fosse quello di Moryan in fondo al proprio animo.

« Se ancora puoi sentirmi, Akor', se ancora non vuoi affidarti a me,
allora le nostre strade si dividono qui.
Addio.
»





speedpaintbyheader

ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 150 | CaeM 450X

Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Critico 33% | Mortale 69%

PJnzb
ͽH E A R T ~ B E A Tͼ
"of heart, soul and flesh"

energie
74%

stato fisico
6/16
Medio ed Alto da ustione sull'intero corpo

stato mentale
4/16
Alto da flashback strappalacrime
PJnzb
ͽA R M A M E N Tͼ
"of steel and poison"

orizzonte
spada bastarda
stelle del tramonto
coltelli da lancio (12/12); pergamena 'stella' incastonata (4/4)
principe musashi
pugnale; poteri non attivi
tempo
pentadente; poteri non attivi; pergamena 'stop' incastonata (4/4)
brina
armatura media
dispense elfiche
abbagliante (1); fumogeno (1); esplosivo (1);
veleno indebolente -perm- (1); veleno psionico (1)


PJnzb
ͽI M M U N I T Yͼ
"of commitment and strength"

orichalcum
attacchi fisici più pericolosi e tagliano ogni materiale;
effetto boomerang applicato alle armi lanciate;
difese da attacchi fisici facilitate;
insensibilità al dolore;
velocità superiore non influenzata da confronto AeV;
risparmio del 3% su tutte le tecniche
sacrificio mu
abilità dell'artefatto attivabili solo tramite sacrificio del proprio sangue
tempo
calma mantenibile in ogni situazione


PJnzb
ͽO B L I T E R A T I O Nͼ
"of blows and earthquakes"

Il Soffio di Moryan
bracciali dello scudo
consumo medio/difesa/istantaneo/no-stat/natura magica
prende la forma di un drago spettrale che appare e difende Jevanni per poi svanire


PJnzb
ͽS Y N O P S I Sͼ
"of deeds and struggles"

Dopo varie seghe mentali che come tema hanno il "fuck no, tu non mi insulti dopo che io ti offro il mio aiuto", mi calo nella visione per ulteriori seghe mentali. Successivamente, nell'attimo in cui la mente si ritrae e appare la luce dell'esplosione casto due volte il Bracciale dello Scudo per far apparire due ali di ghiaccio (due Medi, dunque un Alto) e proteggermi a metà dal Mortale ad area. Sfrutto il vuoto descrittivo per far divellere delle scaglie dal dorso del drago nero colpito in pieno, atterrando sulla pelle più morbida ed attutire la caduta.
Faccio notare che Jevanni al momento crede che tutti quanti (Motoko, Rohan, Ahinoe) siano morti assieme all'esercito, dato che non ha modo di notarli. Non ho citato Viktor né RottenHaz né prima né ora perché dato il flashback e la visione dell'Eden, più il fatto di essersi dovuto 'giostrare' sul drago per non cadere, sarebbe stato realmente troppo sia da inserire nel post che da inserire nella mente del personaggio.
Mi sono preso enormissime libertà nella creazione dell'Eden della sapienza, del concetto di "conoscenza" descritta. Spero vi abbia un po' accattivato o che non vi abbia appesantito. E, soprattutto, di non aver commesso qualche cazzata.

 
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Christine`
view post Posted on 25/2/2012, 21:34




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Rallentò il passo, stringendo il braccio del soldato che l’accompagnava. Scosse una volta appena il capo e costrinse anche il soldato s fermarsi con lei. Lo lasciò quindi salì su di una roccia e si mise a sedere.
Ne era stufa, ora sul serio. Cosa c’era di divertente nel guardare ed incitare migliaia di uomini, soldati o per meglio dire, pedine, scontrarsi e uccidersi fra di loro senza un motivo nemmeno apparente? Da li, il punto più estremo del campo di battaglia tutto era lontana, e si rallegrava di questo. Non sarebbe resistita sul campo, già incline a fuggire pur standone a distanza.

« Tutto questo non è… caotico? »
Lasciò lo sguardo vacuo sulla battaglia, perdendosi nell’osservarla e domandò cosa di più ovvio potesse trovare al soldato. Annoiarsi dell’esser continuamente sollecitata da una guerra, questo era strano. Ogni soldato probabilmente non avrebbe desiderato altro che sopravvivere, non pensavano certo a quando sarebbe finita quanto al volerla finire. Cose sostanzialmente diverse, se non avessero voluto, anzi, fatto qualcosa per porre finire alla guerra questa avrebbe finito loro. D’altro canto, chi come Ahinoe era scampato a quell’inferno non pensava davvero altro che ad aspettare che questi finissero, quasi stessero solo occupando un tavolo in un taverna.

Ahinoe e la guerra erano agli antipodi, come già detto, e non immaginava affatto chi stesse per vincere o anche solo in vantaggio, quel che era chiaro è che Crystal aveva messo su un esercito di inetti, con interi reparti durati nemmeno un giorno. Pensò quasi di chiedersi per quale motivo li avesse scelti, ma ricordando il momento in cui li mandò a cercare Rohan e Motoko scosse la testa quasi per rimproverarsi della domanda sciocca. Era ovvio, in qualche modo era attratta da Ahinoe e Jevanni. Una capitana dal passato criminale ed un guerriero di ben altra epoca. Meglio di essere stati liquidati uccisi, ma non venire proprio scelti sarebbe stata la soluzione migliore.

« Lady Solis… è la guerra. C’è da chiederselo? »

Rispose affranto, irritato dalla domanda del suo generale. Com’era scontato, si aspettava qualcuno di più competente o loquace. Se lo aspettava anche Ahinoe, quando sperava ancora di dover fare solo da cane da guardia a Crystal aspettando il momento adatto per azzannarle la gola.

« Vedila da un’altra prospettiva. Questo è puro caos. Combattimenti, spargimenti di sangue, fumo, e nessuna ragione. C’è da chiedersi, invece, se questo caos non sia proprio perfetto. Non ha alcun senso, tsk. »

Si voltò verso il soldato, sorridendogli in volto, quasi come un grazioso smile, e lui fu ovviamente imbarazzato.

« Basta aspettare che finisca, sbaglio? »

Si girò di nuovo verso la battaglia.

« Se tutti aspettassero che finisse, questa finirebbe senza nessuno a combattere, no? Questo vuol dire che quelli laggiù vogliono proprio combattere, per una ragione o per un’altra. Di un po’, pensi solo a combattere o ogni tanto usi anche un po’ la testa? »

Lo lasciò allibito, e poi la luce. Esplose qualcosa di molto più potente di un magazzino di triboli, una gigantesca cupola di fiamme e fumo avvolse tutto. L’istinto ad impatto era stato quello di proteggersi, di coprirsi con braccia e rannicchiarsi. E quello di difendersi dall’impatto con la lama. Ahinoe fu scaraventata comunque a terra, con le spalle e la schiena parzialmente ustionate, e nemmeno in modo leggero.
Prima il boato, adesso il silenzio.


png

ReC 200 ~ AeV 200 ~ PeRf 225 ~ PeRm 200 ~ CaeM 375
Immenso 40% ~ Alto 20% ~ Medio 10% ~ Basso 5%

Info Generali
Energia 25% [-5, -20, -20, -10, -25]
Stato Fisico: Danno alto diviso fra spalla e costato sinistro. Danni alti da ustione su spalle e schiena.
Stato psicologico: Quasi tranquilla, ormai annoiata.
[Malus Manuka]: Danni ricevuti [Nullo - Malus Inattivo] - Uso [Malus attivo (Danno psionico pari all'offesa]
Equipaggiamento: Sangre Inflamados [Katana - Sfoderata] - Manuka [Katana - Rinfoderata] - Breathings [Archibugi - Occultate - 5/5 - 15/15] - Cien Almas Abyss [Armatura - Equipaggiata] - Senza-Nome [Spada Bastarda - Rinfoderata]
Abilità Passive
In the cicada's cry - Manuka è indistruttibile.
In the cicada's cry - Manuka non può essere sottratta ad Ahinoe, questa tornerà sempre da lei.
Caricia - Ahinoe è immune alle influenze psicologiche passive.
Seguridad - Ahinoe non si lascerà influenzare dagli svantaggi in combattimento.
Eficacia - È possibile scorgere il punto debole di ogni oggetto (Tagliare oggetti/ disarmare con facilità)
Esgrima - Ahinoe noterà sempre i punti deboli dell'avversario e i suoi attacchi risulteranno più efficaci.
Abilità Attive
How soon it must die Difesa alta basata su CaeM. Consumo Alto.
[Slot 2 - Libero]
Info Generali
Note: Niente da dire, se non che me ne ero completamente scordato. Di postare, si. Perché l'avevo già scritto.

 
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view post Posted on 28/2/2012, 23:21
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Non lo aveva nemmeno ascoltato. Le stupide scuse di lui per lei non avevano il minimo valore. Per lei lui doveva solamente morire, il primo da emendare per fondare il suo nuovo mondo di perfezione. Gli avrebbe sorriso e lentamente gli avrebbe strappato le membra una per una, partendo dal simbolo della sua inutile virilità.
Aveva già iniziato a tendere la mano, soffocando nel proprio silenzio la sua improvvisa eloquenza. Era già pronta. Quando improvvisamente lui cambiò aspetto.
Per un attimo pensò fosse un qualche tipo di sortilegio, immaginò che lui diventasse un mostruoso gigante, un semidio, un antico Buddah. Pensò che sarebbe cresciuto fino ad occupare l'intero spazio tra lei e il cielo e avrebbe tentato di ucciderla di nuovo, come allora.
Era pronta a contrastarlo. Se lo ricordava forte, incombente, vincente. E voleva liberarsi di quella memoria.
Ma lui non gliene concesse il tempo. Prima che lei potesse fermarlo il suo viso parve sciogliersi in gelatina. Un quadro astratto, sadico, la guardò negli occhi. E riconobbe se stessa, il proprio piacere di vendetta, la propria fame insaziabile di morte. Riconobbe lui dentro di sè e i propri tratti nei suoi. Comprese un istante prima cosa sarebbe successo, quando l'energia iniziò ad uscire da lui.
Chiuse gli occhi, portandosi le mani davanti al viso. davanti a lei sorse una barriera solida, fatta dei corpi di coloro che erano morti in quella guerra. Di coloro che lui aveva fatto sacrificare. mani, piedi, corpi, occhi vitrei, capelli persi nella dannazione senza ritorno. le palpebre semichiuse. La guardarono senza capire mentre tutto attorno era bianco. E lei pareva avvolta in una bolla di pace.
Fu tumulto. Come alla creazione. Come al primo giorno.
Fu luce.
E poi fu silenzio.
Inspirò, preparandosi a quanto fosse rimasto.

Gli uomini erano persi nel proprio ludibrio. Attorno suoni gutturali, alcool, cibo sparso sul terreno, fieno, vestiti colorati, donne. Attorno sesso, ebbrezza. E la morte era lontana, con il sangue, con i corpi da seppellire. Il giorno dopo, la notte. Era ancora presto e loro erano i rimasti.
Il loro generale in piedi, troneggiante, il boccale in mano. I loro capi mercenari dispersi come cani bradi. Sarebbero riemersi l'indomani, un sorriso sbilenco sul volto come unica vestigia di quella giornata.
Niente più che uomini. Per quanto stupidi. Per quanto vuoti, cancellabili come lettere solitarie su una pergamena.
L'onda li investì senza fare alcuna distinzione. Li abbattè come canne nel fuoco. Li scomparve, se mai qualche poeta si fosse preso la briga di inventare un termine e definire così quel momento.
Foster dono la vide avanzare. Considerò la possibilità di morire con onore. Ritenne non fosse un buon momento. Sollevò il braccio e dalla punta della sua spada sgorgò una fenice luminosa, lucente, che avvolse lui e i suoi uomini in un sacro abbraccio. Molti corpi per un'unica missione. E una certezza: non sarebbero rimasti un istante di più. La loro missione era compiuta: non sarebbe rimasto più nessuno, innocenti o colpevoli. E non ci sarebbe stata più alcuna ragione di guerra.
Da qualche parte alla sua sinistra il capo degli occidentali gridò un avvertimento. La sua voce venne soffocata. Era già troppo tardi, lo era sempre stato.
E sì, aveva avuto ragione. L'inviato dello Shogun sorrise mestamente tra sè. Era stata una vittoria troppo facile. Ora il sacro karma era riequilibrato. Sentì l'oppressione al petto abbandonarlo.



CITAZIONE

Co.Qm.Point

Post molto pulito.
Crystal si difende con Dominio delle ossa castato a Critico e attende l'evolversi degli eventi.

Tra i png descrivo solo le azioni di Foster e dei suoi uomini. Essendo rimasti tutti vicini, basta una tecnica ad area castata dal loro capo per proteggerli. Spendendo un critico Foster li copre ad area con un'abilità personale. Ognuno subisce un danno Alto. Sebbene non descritto alcuni guerrieri muoiono per forza sommando questo danno alle ferite già ricevute.


 
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view post Posted on 2/3/2012, 17:15

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La mano di Vega
Atto III: Stormbringer
شنت تقتحم



« Ma se puoi sentirmi...se sei vivo...
sappi che l'unico stupido sei sempre stato tu. Non comprendi?
Siamo pedine di pezzi di merda che ci hanno manipolato sino ad ora.
Prima tu, ora l'esplosione, non avevano uno scopo preciso se non quello di annientarci.
»

Il drago era pressoché morto, disteso sulla terra brulla, la parte fisica del drago era accasciata a pancia in giù senza che esso desse alcun segno vitale. Eppure la sua coscienza era ancor ben presente in quel piano dimensionale, ogni parola del giovane scalfì l'animo di pietra dell'anziano Drago. E, nonostante il suo corpo non rispondesse più ai suoi dettami, le orecchie ancora filtravano ciò che il ragazzo aveva da dire e le sue parole raggiunsero la sede del suo pensiero.
Il cuore di Akor' non aveva ancora del tutto abbandonato quel mondo, come se una piccola fiammella, seppur flebile, seppur tremolante, continuasse a restare accesa nonostante fosse scossa dall'intemperia che su di lui si stava abbattendo.

« Oh, non indovinerai mai: ci sono riusciti in pieno.
Non miravano al nemico, ma a tutti quanti, noi compresi.
E io ti dico che questo non è il modo che dovrebbe essere.
Non avrebbe mai dovuto essere così, questo assedio.
Io e te potremmo porre fine a tutto questo, possiamo liberarci di loro.
Ti porgo ciò che tu hai voluto abbandonare tempo fa: la speranza.
La speranza di poter credere di ribellarsi ai patti e alle antiche catene dell'obbedienza.
Eppure tu non la accetti, da testardo quale vuoi essere.
Ti ho implorato, addirittura.
Ora però basta. Anche io ho un orgoglio, sai?
»

Si dice che un drago, in punto di morte, possa convogliare la sua essenza in un piccolo spazio vitale. Si dice che esso possa defluire la propria anima e racchiuderla in un oggetto apparentemente innocuo, così che esso possa vivere una vita eterna racchiuso nei propri pensieri.
Perché, quando un drago muore, a morire non è altro che il suo corpo, ma la sua mente, ben più preziosa di qualsiasi involucro di carne, possa persistere, a suo volere, per tutta l'eternità.
Ma questa non è nient'altro che una goliardica leggenda, alimentata da studiosi dei draghi, ma che nessuno in realtà è riuscito ad appurare e nessun drago ha dato conferma di questa leggenda.
Non è nient'altro che una fiaba per bambini, un racconto per farli addormentare con la credenza che quei mostri di magnifica potenza siano immortali.
Una storia raccontata e tramandata per anni, una storia divenuta mito e poi leggenda. Una storia senza riscontri reali.
Una storia perduta per sempre.

------------------------

All'alba dei tempi, quando miti e leggende si stavano ancora creando, molto prima che il continente prendesse questo aspetto, storie di draghi o serpenti, di gigantesche creature sputafuoco iniziavano a essere narrate da coraggiosi cantastorie.
Angeli ribelli, abiezioni di un Dio, qualunque sia la loro storia essi popolano questo mondo da molto prima dell'uomo.
Erano lì quando l'intero universo fu creato, erano lì a ogni guerra combattuta tra nani ed elfi, tra umani e orchi. Videro l'assecondarsi delle stagioni e dei secoli, videro il plasmarsi del mondo per come lo conosciamo oggi.
Furono cacciati, uccisi, esseri potenti piegati alla stregua di uomini che diedero l'inizio del mito degli ammazzadraghi. Vennero trattati come cattivi, vennero additati dalla folla come i mostri che depredavano i loro tesori e che infiammavano le loro case. Ma ogni drago è diverso, così come un umano trucida donne è bambini, così uno sparuto gruppo di draghi, seguaci di Garyx, e da lui comandati, andassero in giro per il continente a seminare panico e terrore. Così che gli umani iniziassero ad aver paura di quelle creature senzienti generalizzando in un unico grande giudizio tutta quella specie:

Pericolosa.

La dracofobia si dilagò a macchia d'olio sopratutto in quel d'oriente, dove i draghi generalmente si stabilizzavano maggiormente per via dell'habitat favorevole. E ci fu una vera e propria caccia alle streghe, i draghi venivano stanati nelle loro tane, uccisi durante il sonno, uova distrutte ancor prima di vedere i piccoli nascere. Per decenni una guerra senza frontiera imperversò per quelle lande, ambo le parti subirono gravi perdite.

Fin quando un giorno tutto cambiò.

Un cucciolo di drago blu si spinse oltre i confini territoriali dei draghi, era un cucciolo spensierato come tanti altri, avvezzo al divertimento e per questo incosciente del pericolo. Per lui, avventurarsi al di là dei confini, era soltanto una sfida che voleva vincere, e non sapeva cosa realmente comportava. Lui che della guerra aveva solo sentito parlare a distanza, che la sua giovane età non gli aveva ancora concesso di conoscere gli orrori che mobilitavano quel continente. Volando, con le sue deboli e piccole ali, si spinse fino alle mura di Vento d'oriente. Per la prima volta il piccolo vide una città umana. Essa era bellissima, in tutto il suo splendore si innalzava alta nel cielo. Le mura di pietra che circondavano la città erano di un pallido color grigio, al di là delle mura la città si sviluppava verso l'alto e al centro di quella piramide di case svettava il palazzo reale. Uno dei complessi architettonici più belli di tutta Asgradel, quattro cupole d'oro di minor grandezza circondavano la cupola più grande posta al centro, essa, interamente ricoperta d'oro, veniva chiusa da un elemento decorativo che rappresentava una mezzaluna e, la cupola, era solo l'apice di una struttura fantastica costruita in fine marmo bianco.
Tutt'intorno si sviluppava un giardino diviso da due canali d'acqua che si incrociano nel mezzo, dividendo il giardino in quattro parti uguali, ogni parte a sua volta, è divisa in ulteriori quattro parti divisi da percorsi rialzati e pavimentati in pietra. Piantate nel giardino, si potevano trovare ogni qualsivoglia tipo di pianta, dalla più rara alla più bella, alla più esotica. Era semplicemente un monumento dell'arte che tutt'ora, dopo secoli, conservava ancora l'antica bellezza. Il piccolo, non aveva mai visto nulla del genere, per lui fu uno spettacolo di rara bellezza. Ma come ogni emozione effimera è destinata a finire. E quella volta nel peggiore dei modi.

« Al drago! Al drago! »

Prima si sentì un mormorio distinto, poi un'unica voce, composta da migliaia di persone, si innalzò nel cielo.
Una cacofonia ben distinta di parole che spaventarono il giovane drago. Non fece in tempo a virare la sua traiettoria di volo per tornare indietro al sicuro nei propri confini che un nugolo di frecce si alzò alto nel cielo.
A migliaia, come goccia di pioggia impazzite, piovvero sul suo corpo. Alcune gli graffiarono le ali, altre gli si conficcarono sul petto. Ma per fortuna nessuna di esse penetrò abbastanza affondo da causare gravi danni vitali. E mentre il piccolo stava precipitando, il sole s'oscurò, una grossa sagoma di proporzioni gigantesche si frappose tra di loro. Un ruggito roboante squarciò l'aria. Il cielo si tinse di nero. Grosse nubi minacciose fecero capolinea in quella giornata altrimenti perfetta. Nuvole nere cariche di elettricità. Nubi scure che minacciavano di scatenare la tempesta più inquietante di tutti i tempi. Poi il fragore del tuono si scatenò. A fiotti gli uomini vennero folgorati dalla potenza dei fulmini. E prima di fomentare l'ennesima e inutile carneficina, il drago si tramutò nella più miserabile delle sue forme. Scese in terra nella sua forma umana, al cospetto di quegli stessi uomini che volevano ucciderlo e che lui stesso avrebbe ucciso.

« Marehjà! »

Un uomo dalla lunga chioma blu camminava sul ciottolato dinanzi alle mura, la sua voce rimbombava in tutta l'aria, divenuta improvvisamente silenziosa. I soldati rimasero fermi, confusi sul da farsi, mai un drago aveva palesato la sua forma umana durante un attacco. Mai un drago s'era mostrato inerme al cospetto degli uomini. Per questo i soldati, con l'arco inforcato, attendevano un ordine che tardava ad arrivare.

« Poniamo fine alle ostilità. »

Il drago blu, maestoso capo branco, meditava questa soluzione ormai dai parecchi mesi, stufo di una guerra insensata, voleva scendere a patti con gli essere umani, per arrivare finalmente a una pace che mancava da secoli.

« Cosa proponi? »

Una voce alta e fiera, alla pari di quella di un drago, si alzò dietro le mura. Al Mahid, il prode, vecchio come quelle terre, apparentemente immortale, era il primo Marehjà a calcare quelle terre. Figlio di un Dio, regnava quelle terre ormai da secoli. Salvando più volte quella città dal baratro.
Al suo segnale ogni soldato depose le armi, all'improvviso tutti tacquero, rispettato e adorato come pochi, ogni uomo era in attesa del suo verdetto.
Alla fine il portone si aprì, e un vecchio uomo dai tratti tipicamente meridionali, ancora glorioso e possente nella sua statura, né usci fuori.
Per la prima volta le due rappresentative più importanti di quelle due fazioni si incontravano.
Per la prima volta uomo e drago avrebbero parlato.
Disquisirono in una grotta neutrale ai due. Per parecchi giorni furono come reclusi, per parecchi giorni nessuno entrò né uscì da lì. Al settimo giorno, infine, si giunse a una conclusione.
Ogni primo drago di una nuova generazione avrebbe servito la famiglia Marehjà.
E i due rappresentati delle due fazioni avrebbero dovuto lasciare per sempre quel mondo. Per far si che i nuovi, estranei a quel confronto, avrebbero potuto plasmare un nuovo mondo su una nuova pace. Loro, ormai, erano troppo vecchi per riniziare tutto da capo.
Comunicarono la loro decisione alle due fazioni, e ogni membro giurò tramite un patto di sangue indissolubile. Così umani e draghi vennero legati per sempre.
Al Mahid si uccise con la scimitarra leggendaria che per anni lo accompagnò in quella guerra, si tagliò la gola in un singolo colpo, mentre il drago uccise il suo corpo fisico e si tramuto nello zaffiro più bello mai esistito e, esso, venne incastonato nella stessa scimitarra in cui scorreva ancora il sangue dello stesso Al Mahid. Sangue d'umano e cuore di drago diedero vita alla spada leggendaria:

Stormbringer.

Il resto, come si suol dire, è leggenda.

------------------------
« Stupido Umano. »
La voce di Akor' rimbombò nella mente di Jevanni. La voce ancora potente come se persino la morte non lo turbasse.
« Parli un po' troppo per essere una formica. »
Se il corpo non fosse completamente immobile, sul suo muso si sarebbero spalancate le fauci nell'orrida e spaventosa imitazione di un sorriso. Nella sua voce non vi era nulla di offensivo. Anzi, per la prima volta dopo molto tempo, qualcosa riuscì a divertire il vecchio Akor' e poco importava se quel qualcosa appartenesse alla razza da lui più odiata.
« Portami con te, fammi vedere il mondo... »
Il drago sospirò, quasi commosso da quel momento.
« ...E io ti aiuterò, non posso toccare nessun Marehjà, ma ti sarò d'aiuto a momento debito. »
Poi, il corpo inerme del drago, si ricoprì di un candido alone bianco.
Esso vibrò, e successivamente una nuova esplosione di luce investì la città. Ma questa volta non ci fu nessuna detonazione, nessuna vittima. Nessun attacco.
Semplicemente dal corpo del dragone fuoriuscì una piccola pietra di colore nero, simile all'onice. Ma ben più preziosa. La pietra, se guardata da vicino, pareva essere simile a un cielo di una notte di tempesta, nubi vorticose si aggiravano sulla superficie. E quando la luce svanì, la piccola pietra prese il posto del corpo del drago che, come se non fosse mai esistito, svanì nel nulla, non lasciando su quella terra nient'altro che un ricordo.
« Si paziente Ammazzadraghi, il momento non è ancora giunto. »
Poi, la pietra cessò ogni segno vitale, e da quel momento in poi Akor' non parlò più. Per molto tempo.


CITAZIONE
Qm point:
Scusate l'attesa, ma non sono abituato a post di questa dimensione, e per non farlo uscire spropositamente lungo ho dovuto trattare la storia come un riassunto, perché come l'avevo originariamente scritto usciva qualcosa di abnorme. Ma dovevo fare chiarezza sulla trama della quest, spiegando un po' di punti oscuri. Avrete 15 giorni per fare il successivo post, il post dovrà avere l'estensione di un anno in gdr, potete fare più post, l'importante che all'ultimo post tutti vi ritrovate a Duma, al cospetto di Crystal, per chi non consoce questo posto (vedasi lenny e stray) è uno dei quartier generali della Mano di Vega specificamente quello che fa capo a Crystal. È una città piccola di 2000 abitanti su per giù, vi troverete, alla fine di questo anno, nella sala del trono di Crystal, una sala normalissima con un trono al centro. Niente di che.
Torniamo a noi, Crystal affida a ognuno di voi, come premio di questa vittoria una cittadina precedenemente conquistata, ognuno di voi in questo anno dovrà gestire questa città secondo miei dettami che vi riferirò dopo. Siete liberi di non seguire quello che dico, ma ovviamente ci saranno penalità, ma seguite le inclinazioni del vostro pg e vedrete che non sbaglierete in linea di massima. La città, potete tenerla anche una volta finita la quest, anche una volta che tutta la storia sarà finita, potete utilizzarla come vostro quartier generale o simili oppure potete anche decidere di non tenerle. Esse sono città libere dall'influenza del sovrano e per questo non influiscono con l'ambientazione asgradelliana. Insomma, potete farne quello che volete, francamente non mi interessa.
Ma passiamo nello specifico.
Coldest: Akor' condivide con te la storia dei draghi e dell'inizio di tutto quanto. Puoi farne ciò che vuoi di questa informazione ma, per non scatenare le ire dei draghi, ti conviene tenerla per te. Ovviamente non sull'esistenza della spada o altro, ma sull'inizio del conflitto e dell'esistenza del cuore dei cuori.
Passiamo al cuore dei cuori, Akor' si tramuta in esso, diventando quella pietra, ovviamente sei libero di rifiutare ma spero tu accolga questa come una possibilità che ti viene data.
Per quanto riguarda la città, ti viene affidata proprio Vento d'oriente, sei "costretto" a ripopolarla, difatti dopo l'esplosione del sultano poche centinaia di persone, la maggior parte donne e bambini, sono sopravvisuti, crea bordelli, un punto di scambio, fai quello che vuoi, ma ripopolala, o almeno provaci.
Lenny: La tua cometa ti porta nella stanza del tesoro dei Marehjà, hai la percezione che quel tesoro venga direttamente dai draghi, è forse il tesoro più grande che tu abbia mai visto, puoi prenderlo tutto. Ma un oggetto su tutti svetta. Un pugnale, simile a una fiamma e interamente fatto d'oro, al pomolo dell'elsa vi è uno splendido rubino. Anche il pugnale è tuo.
La città che ti viene affidata è il Picco innevato, essa è situata a settentrione, in mezzo alla catena montuosa delle Iron Mountain, essa è scavata direttamente nella roccia, e la città si sviluppa di fatti all'interno di una montagna, la città è prevalentemente composta da Nani, ma ci puoi trovare benissimo altre razze. Questa città da tempo è corrosa da una lotta tra clan, e quando sali al potere come regnante di quel luogo, assisti alla guerra tra clan, libero di mettere la parola fine a quella guerra. Come più ti aggrada.
Christine: A te, visto il tuo pg, ti viene affidato Green Water, una cittadina situata all'estremo oriente, essa è l'ultimo porto prima del nulla, attracco di pirati e clandestini essa pullula di criminalità, di bordelli. Difatti, quando sali al potere, dopo due mesi vieni attaccata, e con te tutta la tua città, da una cinquantina di navi pirata per un totale di quasi mille pirati, dovrai affrontare questa ribellione.
Stray: A te viene affidata la Gemma d'occidente (Gem do Oeste), la più ricca e grande tra le quattro città, essa è un vero e proprio faro della cultura occidentale, ma dopo soli quattro mesi, un morbo misterioso colpisce la città, e con esso arriva anche la fame. Dovrai cercare un modo per rallentare quest'epidemia e per far arrivare cibarie, alimenti e spezie dagli altri luoghi. La malattia può essere rallentata, e fermata da maghi e guaritori, puoi farli cercare in tutta Asgradel. Il morbo fa comparire delle pustole nere su tutto il corpo e dopo una settimana provoca febbre e violenti spasmi muscolari, ricorda una polmonite acuta ma ben più violenta e dopo due settimane gli infetti incontrano la morte. Tu stranamente ne sei immune.
Avete 15 giorni, per questo turno non avrete proroghe. Le città, oltre le miei piccole descrizione, possono essere descritte come più vi aggrada, tranne a Coldest che in questo post ho descritto, per lo meno il palazzo, in maniera esauriente, e mi aspetto che tu ti attenga a ciò. Spero di essere stato chiaro,
Turnazione: Questanti - anna. 15 giorni.
Per domande thread di confronto.
Ps: In questi giorni aggiungerò le immagini, per adesso sono troppo stanco per crearne delle nuove, non ci crederete, ma questo post l'ho scritto due vole ed è tre giorni che lavoro su questa ultima versione.



Edited by Lud† - 9/3/2012, 22:03
 
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view post Posted on 9/3/2012, 21:52

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La guerra si era conclusa con la sua vittoria, una vittoria amara poiché non aveva avuto il modo di pregustare quella vendetta che per anni aveva agognato nella sua fredda cella mentre veniva stuprata da mezza città. E ora di quella vittoria non sapeva davvero che farsene. Nel suo corpo di demone si sentì improvvisamente vuota, non solo non aveva quietato la sua sete di vendetta, ma non aveva nemmeno avuto il piacere di assaporare il sangue di suo padre sulle mani. No, esso, come un codardo, si era sottratto a lei in un ultimo gesto disperato che aveva tolto la vita a migliaia di persone. Aveva debellato il cancro che infettava quella città, l'aveva liberata estirpandolo dalla radice, ma ora non sapeva che farsene di quella città vuota. Si affacciò al parapetto del palazzo e osservò la città sotto il suo sguardo. Poche centinaia di civili erano sopravvissuti all'esplosione, molti erano morti carbonizzati a seguito della conflagrazione di luce, facendo piombare la città in un pulviscolo di cenere che danzava a seconda del soffio del vento. Osservò quelle stradine strette che si destreggiavano per la città, osservò i sopravvissuti che lentamente lasciavano le case mettendo il naso fuori, osservò i suoi uomini fare razzie di ogni bene materiale presente.
Osservò tante cose, e alla fine capì che lei non era adatta a quel ruolo.
Lei che era già morta, lei che già era corrotta nell'animo, non era abbastanza per far rialzare quella città, non era abbastanza per renderla pura. Lei avrebbe finito per fallire come suo padre, e questa era una cosa che non poteva tollerare.
Lei doveva dare quella città in mano a un uomo nuovo, a una persona che non conosceva ciò che quella gente aveva passato, un uomo che non aveva ancora conosciuto la verità che si cela dietro quei luoghi, un forestiero che non conosceva la corruzione.

Né le leggi divine che assoggettavano l'oriente.

Ma chi?

Osservò ogni uomo, lo scrutò come se ognuno di questi potesse essere il nuovo governante di quelle terre. Ma nessuno di essi rispondeva apparentemente alle sue esigenze. Né Sir Rosental, troppo mercenario e voltagabbana per occuparsi della sua città, neanche a Ely-Sadhir, che per quanto fosse affidabile nei suoi lavori, mai avrebbe affidato una città al capo di una gilda di assassini per farne la loro base con il timore che prima o poi si sarebbero ribellati a lei. Infine ci sarebbe stato Tay-yo Foster, ma esso era troppo legato alle usanze orientali, troppo legato alla tradizione e al reggente d'Oriente, no, nemmeno lui faceva al caso suo. Non avrebbe dato quella soddisfazione, non avrebbe concesso quella terra tanto ambita nelle mani dello Shogun. Vento d'Oriente era, strategicamente, una manna dal cielo sia per i territori del meridione sia per quelli dell'oriente. Vento d'Oriente era proprio al confine tra i due territori e da lei passava ogni carovana, ogni mercante che intendesse oltrepassare il confine. Era, potenzialmente, una miniera d'oro. Per questo non l'avrebbe ceduta così a cuor leggero allo Shogun.

"Il sovrano di Vento d'Oriente si è fatto esplodere condannando la sua città a morte certa."

La sua voce, benché non stesse urlando, risuonava nella città e oltre le mura chiaramente, come se stesse parlando accanto a ogni uomo, e ogni uomo presente potesse udirla.

"La città è caduta, e molti uomini e innocenti sono morti per far avvenire ciò. Ma finalmente la città è libera dal male. Piangete i morti e in memoria di essi cominciate una nuova vita migliore."

Crystal sorrise, nascondendo l'insoddisfazione che si palesava dietro alle sue parole, il rammarico per non essere stata lei a dare il colpo di grazia all'uomo che l'aveva uccisa.

"Vento d'Oriente da oggi in poi avrà un nuovo regnante."

Le parole vennero ascoltate dalla folla con un pizzico di apprensione da parte della sparuta folla che si stava radunando sotto il balcone. Brusii e mormorii la davano come favorita a salire sul trono, non per altro che come legittima erede. Di fatti, dopo l'esplosione, ogni sangue Marehjà era stato investito e dunque morto a seguito. Lei era l'ultimo Marehjà ancora in vita. Poi, finalmente trovò la risposta alla sua domanda, un uomo accanto a un drago. Come più di mille anni fa uomo e drago suggellarono un accordo, così adesso quell'uomo doveva essere il fautore della rinascita di Vento d'Oriente. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto governare quelle terre.
Era un segno del destino.

"Il nuovo Re sarà Jevanni Glacendrangh."

Aveva bisogno di un uomo nuovo, di un uomo di cui neppure si fidava ma che sapeva che, per colpa del suo cuore puro, avrebbe trattato al meglio Vento d'Oriento e l'avrebbe fatta rinascere dalle proprie ceneri. Gli altri te, invece, avrebbero ereditato altre città come premio della guerra vinta. Ognuno avrebbe avuto la sua meritata ricompensa. Detto questo, senza nemmeno voler ascoltare lo stupore di ogni uomo presente in quella città, Crystal semplicemente svanì nel nulla.
Sparendo da quella città senza mai farne più ritorno.

----------------------------------

Circa sei mesi dopo.


« Ti ho dato il potere per ottenere la tua vendetta. »
La voce austera rimbombò nella sala del trono dove Crystal era adagiata sopra lo scranno. Quando l'uomo comparì in quella stanza, sobbalzò come colta di sorpresa, benché sapesse che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. La stanza con il suo arrivo era piombata in una fredda morsa, d'improvviso ogni fiaccola, ogni lanterna si spense, e le tenebre presero possesso di quel luogo.
Crystal avvertì su per la schiena un brivido di terrore scorrergli, la pelle si accapponò al solo udire della sua voce inflessibile.
« Ora devi portare a termine la tua metà dell'accordo. »
L'uomo in nero nascondeva il suo volto nell'ombra del cappuccio. La sua voce autoritaria aveva un che di antico, di vissuto, una voce che non permetteva repliche. Crystal mai lo aveva scorto in viso, e nessuno sembrava conoscere le origini e il nome di quell'uomo che l'aveva riportata in vita.
Aveva cercato indizi in lungo e in largo su quell'uomo, ma ogni volta che sembrava essere sulla pista giusta, ogni volta che sembrava aver trovato uno straccio di nome, ecco che tutto si dissolveva come una coltre di fumo. Nessuno pareva averlo mai visto. Era un uomo venuto dal nulla, silenzioso, e senza passato. Un uomo che tutti temevano e che nessuno osava contraddire.
« Hai due settimane per portare a termine la missione. »
Poi rise, talmente forte che ogni uomo e donna del palazzo sentirono quella risata malvagia propagarsi per i muri di pietra. Un piccolo inconveniente gli impediva di svolgere quel lavoro da sé.
Odiava affidarsi ad altre persone, ma purtroppo quello era l'unico modo per riuscirci.
L'uomo in nero svanì così come era comparso, lasciando la stanza in una gelida morsa.


CITAZIONE
Ok, Ecco il post che vi serviva, ne ho approfittato per introdurre un png, per la verità era comparso anche nell'ultimo post della prima quest, Lenny siccome hai già preparato il post può ignorare questo, come detto ognuno di voi ricevere una missiva sulla posizione della città a lui affidatagli. Tranne Coldest che tu vieni eletto davanti ai sopravvisuti da Crystal che poi svanisce nel nulla, ditemi se avete bisogno di qualche giorno in più, ma spero di no.

 
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view post Posted on 15/3/2012, 02:59
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E A S T E R N W I N D
F O E H N I S B L O W I N G



« Questa notte, ho sognato. »

VgjJD

Le unghie smisero di battere sul legno, in quella isterica melodia di tap che lasciava trapelare una noia sconfinata. Il capo ruotò lentamente verso destra, andando ad incontrare lo sguardo mutato improvvisamente in una maschera di disagio di Hursimer. L'uomo dalla pelle del color dell'ebano ricambiò l'occhiata vitrea di Jevanni solo per qualche attimo, prima di distogliere le proprie iridi castane da quelle celesti del proprio 're'.

« Ancora...lei? »

I capelli bianchi ondeggiarono mentre la fronte si corrugava e il mento si inclinava assieme alla testa, in un cenno d'assenso. Un muto cenno d'assenso, al quale si accompagnò una breve scorsa al braccio sinistro disteso lungo il bracciolo. La croce scarlatta, immortale, svettava ora sugli abiti pregiati che indossava assieme a Brina. Aveva insistito lo stesso Hursimer, capo dei Rinnegati dell'Oasi Nera, perché tentasse almeno minimamente di distinguersi dalla gente comune.

" Hai l'aspetto di uno straniero, la voce di uno straniero, le movenze di uno straniero: come puoi pretendere che per strada riconoscano la tua autorità? "
In fondo sulla faccenda dell'autorità aveva ragione, tant'era che Jevanni aveva acconsentito all'unica sarta rimasta di preparargli un qualcosa di più regale - unica indicazione, quella croce. Che gli agi non gli permettessero in alcuna maniera di dimenticare la promessa, s'era detto. Ma a dirla tutta, gli agi non erano mai realmente entrati nel palazzo di Vento d'Oriente. Non da quando a varcarne le soglie fu il Guerriero dell'Inverno.

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Sei mesi addietro,
memorie di draghi e pietre gelide


"Se ancora puoi sentirmi, Akor', se ancora non vuoi affidarti a me, allora le nostre strade si dividono qui. Addio."

Queste, le ultime parole che disse forse più a sé stesso che non ad Akor'. Ma la creatura non si mosse. Non scorse nessun movimento che ancora mostrasse vita, né tanto meno il rumore del suo respiro. Il respiro che aveva incenerito tanti, troppi umani perché l'albino si lasciasse tentare dall'avvicinarsi al muso per cercare di comprendere se fosse realmente morto.

" Sei...sei già morto? "
Un vortice di pensieri, di delusioni e angoscia avvolse l'uomo forzandolo a puntellarsi sul pentadente perché l'equilibrio non gli venisse meno.
" Ora come faccio a liberarti dal sultano? "
Si chiese stupidamente senza aprire le labbra, la stanchezza che gli consumava l'anima forzandolo ad un breve momento di panico silente.
" Ora come faccio a liberarmi di lei? "
Uno spasmo gli animò il polso che reggeva l'arma, richiedendogli ancor più attenzioni. Ricordava quella sensazione, perché più volte nei mesi precedenti se n'era sentito attanagliato. Debolezza. Crystal era lì, nella città. Non vi sarebbe stata poi per tanto tempo, e ogni centimetro di pelle sembrava ardere del desiderio di uccidere la strega. Era rabbia che annebbiava il giudizio, ma che non riusciva ad annientare del tutto la sensazione gelida di sconforto che s'era conglomerata nelle ossa. Proprio come una netta idea di inferiorità, di non essere all'altezza della situazione, all'altezza di lei, spettro nero che incombeva sulle terre e anche nell'anima del Guerriero.

« Stupido umano. »
La voce cupa e familiare ruppe il flusso di pensieri e maledizioni che stavano affogando l'uomo in un intimo gorgo. Come una mano gigantesca che disperdeva il fumo, permettendo alla luce di penetrare nella coltre di paura. Era una voce che rimbombava nella testa, non prendendosi il disturbo di passare attraverso i timpani.

« Parli un po' troppo per essere una formica. »

Gli ci volle qualche attimo per comprendere chi gli ricordasse quel suono gutturale, e gli ci volle ancor di più per avere la certezza che esso non fosse che un frutto della sua immaginazione, stanca e desiderosa di speranze ed illusioni. Non riuscì a crederci, semplicemente. Gli occhi celesti appannati andarono a cercare nuovamente quelli della creatura, ma questi erano rimasti chiusi per tutto il tempo. Come prima, l'ammasso di scaglie stramazzato al suolo non s'era mosso di un centimetro.

« Portami con te, fammi vedere il mondo...
e io ti aiuterò.
Non posso toccare nessun Marehjà, ma ti sarò d'aiuto a momento debito.
»

La voce nuovamente varcò la soglia della mente di Jevanni, un altro soffio a rinfrescarlo dalla sensazione di demolizione che lo stava flagellando. Giusto un attimo, un brevissimo attimo di gioia nel comprendere che era vivo, presto oscurato dal senso delle parole dette dalla bestia alata. Lo colse alla sprovvista, facendogli spalancare le orbite.

" Portarti con me? Come diavolo potr...? "
Presto la domanda sparì, assieme a tutti quanti i pensieri dell'uomo, lasciandolo con l'amaro fra le labbra.
" ...nessun Marehjà? "
La parola echeggiò nella mente, rimbombando per tutta la cassa toracica appesantendo il petto, facendo pulsare il cuore dolorosamente. Più che parola, un cognome. Una dinastia. Una dinastia di cui il sultano faceva parte, e con lui sua figlia Crystal.
Il drago non poteva aiutarlo. Sarebbe rimasto, fino alla fine, una pedina.

Jevanni non seppe cosa dirgli. Non ebbe il cuore di replicare che portarsi dietro una creatura di quelle dimensioni, paventata dagli umani quanto da tutte le razze animali, sarebbe stata una pessima idea. Un carico del quale non aveva alcuna intenzione di sobbarcarsi, anche perché l'unico mondo che il Titano della Mortalità poteva mostrargli sarebbe stato un mondo agonizzante e già agli ultimi spasmi. Ricoperto di sangue, ghiaccio e lacrime, e offuscato da una costante nebbia. E vendetta. Finché non avesse ucciso Crystal - la stessa Crystal che sembrava attenderlo in quella città - non avrebbe visto che questo. E il Sorya, cuore pulsante di rancore? Cronos, ombra di un'ambizione mezza infranta?

A nessuno avrebbe augurato questo.
Sarebbe stato un addio, dunque.

Posò le dita sulle scaglie, come per accarezzarle un'ultima volta, ma nel momento in cui lo fece il corpo del drago si illuminò di un candore quasi ardente, del tutto in contrasto con l'aspetto inchiostrato lucido del carapace appuntito. Ben presto, prima che un singolo muscolo avesse avuto modo di reagire, la luce inghiottì tutto ciò che gli era attorno.

Perse i sensi, mentre altre memorie si infiltravano con violenza nella testa di Jevanni.

Il patto che costringeva Akor' all'obbedienza.
La spada Stormbringer, forgiata a suggellare il patto.
Ora lui sapeva tutto.

E quando la luce si attenuò, lasciando che la sabbia mista a cenere divenisse nuovamente visibile e smettesse di risplendere ferendo gli occhi dell'uomo, delle ultime parole accompagnarono il sonno dell'albino.

" Sii paziente Ammazzadraghi, il momento non è ancora giunto. "

Le dita si strinsero attorno ad un oggetto gelido, che contrastava i ciottoli e le sabbie roventi, e non sentì più nulla.

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Lasciò Tempo appoggiato sul fianco del trono, levandosi in piedi. Gettò un'occhiata al di fuori della stanza, lì ove un grande balcone dava sulla città, e si diresse lì; poggiò i gomiti e gli avambracci sul marmo gelido, lanciando un'occhiata vacua. Sentì i passi del generale Hursimer avvicinarsi, accostarsi a lui, assaporando come il tap volutamente lento riecheggiasse nella sala gigantesca.

La luce del sole baciò il viso, riscaldando l'epidermide e tentando di confortare il nuovo sultano. Ma era difficile: ben poco riusciva a dar sollievo al Guerriero tormentato. E ancor meno Jevanni accettava, come forma di conforto. Più volte il generale gli aveva detto che a dispetto della guerra e dell'esplosione -da tutti battezzata come Giudizio di Kashtaar, divinità locale dedita alla purificazione dal male-, molte delle fanciulle nel fiore degli anni erano ancora vive. E a non tutte sarebbe dispiaciuto di poter vivere nel palazzo reale.

" No. " aveva replicato quasi con veemenza scuotendo il capo e scacciando con un gesto della mano la sola idea " Non ho intenzione di giacere con alcuna donna solo per noia. "
L'ex-generale dei ribelli non aveva saputo cosa dire, stupito dallo scarsissimo interesse del sovrano nei propri bisogni carnali. Era come se fosse già legato ad una donna, essendole fedele - ma come poteva, un uomo come lui, trovarsi così lontano dalla propria casa?

Hursimer si accostò a lui, i bracciali in cuoio a coprirgli i polsi che sfregavano l'uno contro l'altro. Era evidentemente nervoso, a disagio. Jevanni era distratto, non se ne accorse, rapito da Vento d'Oriente. Intatta come prima dell'assedio, ora era una città abbastanza prosperosa da poter esibire il chiacchiericcio frivolo della gente fra le strade. Come se sei mesi addietro, tutto non fosse stato annientato. Come se quelle famiglie non fossero state devastante, annichilite, distrutte e disintegrate nell'arco di un battito di ciglia.

Dal loro stesso sultano, come aveva proclamato Crystal quel giorno.
Jevanni non avrebbe mai saputo se crederle o meno.

« Ogni notte è peggio, Hursimer. »
Parlò senza guardarlo, gli occhi persi nell'orizzonte, ben oltre la cinta di mura finita di riparare da solo qualche giorno. Le iridi sembravano velate, come se prossime allo spegnersi per sempre.

Il sultano è malato, si vociferava nei corridoi del grande palazzo. Prontamente gli ufficiali zittivano la servitù, ma ormai sembrava che a tutti fosse noto. Forse, coloro che componevano la corte ne erano più convinti degli altri. Di sicuro l'aspetto fragile e distaccato non sembrava volerlo smentire.

« Lo comprendo. »
Non osò quella volta dire "non ci pensare". Non ebbe cuore di strattonarlo e dirgli di tirarsi su. Di distrarlo con altri problemi della città o con aneddoti circa la vita che aveva dovuto passare come comandante dell'Oasi Nera.
Era suo compito però dirgli della missiva arrivata dall'araldo di Duma, e quel messaggio non era il genere di messaggio che poteva essere posticipato. La pergamena era ancora sigillata, chiusa e nascosta in una tasca interiore delle proprie ampie vesti, ma l'araldo gli aveva recapitato a voce ciò che v'era scritto dentro. Sapeva cosa fosse. E sapeva cosa sarebbe significato per il loro sovrano.

« Mi volevi parlare di qualcosa? »
Nel frattempo, il Guerriero s'era voltato verso il proprio amico a fissarlo nelle iridi scure. Senza scrutarlo, come avrebbe probabilmente fatto in tempi diversi, bensì guardandolo con aria distratta, come se davanti a lui non ci fosse una persona in carne ed ossa ma un ritratto privo di vita.

Il generale rimase in silenzio.

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Poco meno di sei mesi addietro,
memorie di bende e corone


Si risvegliò su un comodo giaciglio dopo un sonno che gli parve infinito. Comodo era un grosso aggettivo per quell'angolo cosparso di paglia e coperte, più un cuscino dalla federa sgualcita, ma Jevanni non se ne sarebbe comunque lamentato dopo mesi di sonno privo di sogni, se non incubi inquieti. Non aveva sognato nemmeno quella volta, se non ciò che già aveva visto nella mente del drago.
Il drago.

In una tasca dei pantaloni, giaceva la pietra che ricordava d'essersi trovato fra le mani prima di svenire. Non seppe dire cosa fosse, né ebbe la forza di sollevare le braccia e afferrare l'oggetto per scrutarlo meglio. Gli occhi ebbero a malapena modo di notare che il torso era ricoperto di bende, come anche le braccia. A giudicare dalla sensazione di prurito che aveva sul viso, anche il capo doveva essere stato parzialmente garzato, lasciando liberi solo gli occhi stanchi e il naso, più un piccolo spiraglio per le labbra.

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Sentiva sete. Tanta, tanta sete. Ruotò il capo a destra, e su un comodino vide le proprie vesti, Brina smontata e posta alla base. In cima agli abiti notò una ciotola ripiena di un liquido, e la avvicinò alle labbra per sentirne l'odore. Storse il naso sentendo l'aroma intenso di oli ed unguenti, quindi la ripose nuovamente dov'era.
L'ultimo movimento gli strappò un grugnito di dolore, la spalla ancora ardente per le ustioni, al quale rispose uno scalpitare poco distante.
Una sagoma esile entrò nella stanza tempestivamente, facendo inquietare improvvisamente l'uomo che portò istintivamente la mano ai lati del giaciglio, alla ricerca annaspante di Orizzonte. Ma Orizzonte era lontana da lui, dall'altra parte della stanza, assieme al resto delle armi, come notò dopo un'occhiata più approfondita.
La figura era una donna, più o meno della sua età. Era vestita di abiti umili, più che stracci ma sgombri d'ogni lusso. Lo sguardo indugiò sulle bende e successivamente sul colorito della pelle del Guerriero.

« Resta calmo » disse, assicuratasi che non fosse accaduto niente di particolare, e si avvicinò alla bacinella sul mobile per afferrarla. « non sei in pericolo. »

La mano dell'uomo si posò goffamente sul polso, per fermarla e attirare l'attenzione. Gli occhi verdi incontrarono quelli celesti, e lessero a fatica le labbra che scandivano una singola parola.
"Grazie".
Lei annuì, sorridendo tenuemente, e delicatamente scostò la mano facendola posare nuovamente sul giaciglio.

« Non hai detto una singola parola, nemmeno quando deliravi. Devi avere la gola arsa. Porto un po' d'acqua, non muoverti. »

Non era del tutto sicuro di avere ugualmente le forze per scappare in ogni caso, dunque non tentò minimamente di opporsi.
Il capo fece su e giù in un cenno d'assenso, prima di affondare lentamente nel cuscino. In compagnia del silenzio, i ricordi tentarono di allacciarsi l'uno con l'altro, ricostituendo lentamente gli eventi che l'avevano portato lì.

Prima che riuscisse a fare piena mente locale, una caraffa gli venne porta sul grembo. Cercò di afferrarla prima a fatica, poi con crescente vigore grazie alla guida della donna, quindi la accostò alle labbra. Non appena la goccia raggiunse la lingua, in una scarica di piacere dovuta alla freschezza, si accese un velenoso senso di colpa.
" Non dovrei essere qui.
Non dovrei bere la loro acqua...
"
Dopotutto la distruzione causata dalla guerra era stata condotta anche da lui. Deglutì ancora qualche goccia, trattenendosi dal soddisfare l'avida gola, quindi restituì il recipiente all'improvvisata infermiera.

« Non merito tutto ciò, donna.
Non ho moneta con cui ripagarti, e dal tuo popolo ho già esatto un tributo di sangue.
»

L'altra rimase silenziosa per un po', poi respingendo con decisione l'acqua per lasciargliela si rassettò il vestito tentando di darsi un contegno. Sembrava vagamente nervosa.

« Hai versato anche il tuo, di sangue, te lo sei scordato? »

Un piccolo cenno all'addome, bendato più volte, confuse l'uomo. Le dita andarono esitanti a disfare le garze, andando infine a rivelare una ferita come di freccia.

" No " si corresse mentalmente, posando come ipnotizzato l'indice a sfiorare il punto che sembrava avesse cessato di sanguinare da un po' di tempo - probabilmente grazie a lei.
" Fu...una pistola. "
___________________________

Ricordò improvvisamente.
S'era erso dalla sabbia, lo sguardo indurito e il corpo ancora parzialmente barcollante ma sorretto da una furia indomabile. Mosso dalla tempesta nel proprio animo, era arrivato alle porte della città, spalancate durante l'assedio e mai richiuse. Era silenzio: in lontananza aveva sentito qualche rumore sinistro di cocci infranti e qualche vagito di bambino inspiegabilmente sopravvissuto, ma a lenire i suoni desolanti interveniva il fischiare impietoso del vento.
" Dove sei, strega? "
Aveva estratto una delle Stelle del Tramonto dalla cintura, e questa aveva preso improvvisamente vita nelle sue mani. Mulinò nel palmo come l'ago di una bussola, puntando infine in una direzione precisa; aveva dunque volto lo sguardo in alto, scorgendo il palazzo dei Marehjà, e in preda allo spirito della vendetta s'era lanciato fra le scalinate e le vie della città, deciso a farla finita una volta per tutte. Eppure arrestò la corsa prima, molto prima, alla vista di alcuni dei soldati sopravvissuti - a giudicare dagli stemmi sulle divise, appartenenti ai reggimenti di Crystal - che razziavano le case ormai disabitate. O quasi. Una donna era in ginocchio davanti ad una soglia, in un tentativo disperato di sottrarsi alla morsa di un soldato eccitato. Il velo che normalmente portava le era stato strappato dal volto, e giaceva nella terra sotto i piedi dell'aggressore. Le dita vogliose tentavano di strappare anche il resto delle vesti, mentre il compagno poco più avanti portava fuori qualche piccolo orpello trovato nell'abitazione. La donna piangeva: i suoi occhi verdi ricolmi di lacrime sembravano illuminarsi ad ogni lamento disperato e urlo soffocato dall'angoscia. Lei in fondo sapeva - sapeva che nessuno le avrebbe risposto. Non più. Mai più.
" Fermi, soldati! " aveva urlato in preda allo sdegno il Guerriero avvicinandosi allo sciacallo appena uscito dalla casa. Gli altri gli lanciarono un'occhiata carica di disprezzo, prima di tornare alle loro occupazioni. La veste della donna si strappò appena, all'altezza della spalla, rivelando la pelle lievemente scura tipica di quei luoghi. Al gemito terrorizzato della donna si accompagnarono due suoni sibilanti: il primo colpì il ladro sulla nuca, recidendogli di netto la testa, l'altro tagliò senza alcuna fatica il braccio del violentatore all'altezza del gomito, facendogli perdere improvvisamente l'equilibrio e cadere all'indietro in preda agli ululati per il dolore. Il pentadente luccicante di sangue strisciò sulla sabbia, lasciando che essa si imbevesse del liquido scarlatto, mentre il suo portatore tese la mano libera alla donna. Il Guerriero aprì le labbra per rassicurarla, solo per accorgersi con la coda dell'occhio che il bandito aveva estratto una pistola con l'arto rimanente. Una di quelle rudimentali, con un singolo colpo. Era evidente che il codardo non l'aveva impiegata in battaglia. L'esplosione colpì le orecchie dell'albino, e il proiettile l'addome. Arretrò perdendo quasi l'equilibrio, in preda ad un dolore atroce non dissimile a quello provato quando la donna dai capelli blu aveva fatto fuoco nello stesso punto, infine ringhiò e scagliò l'arma come fosse un giavellotto trafiggendo in pieno petto l'aggressore uccidendolo sul colpo. A quel punto era caduto in terra, perdendo nuovamente la conoscenza.
___________________________

Accostò nuovamente la bocca alla caraffa, bevendo un sorso più sostanzioso e gustando nuovamente il fresco liquido che scorreva fra le labbra. Sapeva che lei lo stava guardando, ma non riuscì a corrisponderla. Fissò gli occhi nel pozzo buio e scintillante del recipiente, come se stesse parlando a sé stesso piuttosto che a lei.

« Erano comunque miei soldati.
Ti ho salvata perché hanno disobbedito ai miei ordini.
Tutto qui.
»

Non seppe perché volle dire così, inizialmente. Forse in fondo all'anima sapeva che stava evitando volutamente l'argomento principale: "ho ucciso tutti coloro che conoscevi".

Avere salvato la sua sola vita non era stato che un caso, e non era che una goccia di miele in un oceano di sangue. Le era riconoscente, e se avesse potuto l'avrebbe ripagata degli sforzi. Ma non poteva.
" Devo uccidere Crystal. "

La caraffa emise un rumore tintinnante quando venne posata sul comodino. Fu il silenzio, mentre Jevanni si levava in piedi sotto lo sguardo torvo della donna e si vestiva della divisa che aveva portato sino a quel momento, carbonizzata nei punti in cui le fiamme avevano divorato più ferocemente.

« Non sforzarti, ti dico. Sei ancora ferito, e...
...
»

L'altro non mostrò segni di reazione, se non un'improvvisa esitazione nei confronti dell'armatura. Dopo qualche manciata di attimi in cui le dita andarono a carezzare la cotta di maglia e le piastre, l'uomo indugiò infine per portarsi dietro solamente il guanto d'arme. La donna gli corse dietro, frapponendosi tra lui e l'angolo in cui aveva riposto il resto delle armi, decisa a non farlo andare.

« Non sei in condizioni di fare alcunché.
Non c'è più niente da fare, la città è deserta se non per gli ultimi sciacalli.
Solo il sultano...
»
Jevanni, ancora mentre lei stava parlando, l'aveva scostata delicatamente ma con decisione, e aveva raccolto Orizzonte per legarne il fodero al fianco con la cintura, senza aprir bocca. Semplicemente, non aveva nient'altro da dirle. Nient'altro con cui replicarle, o darle torto. Non prese però il resto degli attrezzi, con il timore che il proprio corpo già ai limiti non avrebbe potuto reggere altro, e fece per sciancare oltre la porta per uscire dalla casa. Lei però fu più lesta e lo trattenne per il braccio.

Non ebbero tempo di dir nulla o far nulla, che una nuova empia voce si librò nell'aria imponendosi sui timpani come se l'interlocutore fosse in carne ed ossa davanti a loro. Nell'udirla, l'albino sentì un impulso di odio scorrere lungo la schiena fino alla spina dorsale, elettrizzando l'intero corpo. Si divincolò dalla stretta della donna ed uscì fuori, portando una mano sulla fronte per schermarsi dal sole ormai ben alto in cielo. E la vide.
« Il sovrano di Vento d'Oriente si è fatto esplodere condannando la sua città a morte certa. »

Dietro di lui, la donna emise un gemito angosciato soppresso dalla mano portata davanti alle labbra. Jevanni non sentì invece alcun dolore né senso di cordoglio nei confronti del vecchio monarca, dati i ricordi del drago sguinzagliato sugli eserciti e di ciò che aveva fatto alla figlia illegittima. Solo un amaro senso di vendetta perché non l'aveva ucciso lui stesso. Ora Akor' era solo legato ad un'ultima persona. L'erede dei Marehjà. Sfiorò con la punta dell'indice la pietra che portava in tasca, come per consolare l'ultimo ricordo del drago. L'ultima prova della sua esistenza.

« La città è caduta, e molti uomini e innocenti sono morti per far avvenire ciò. Ma finalmente la città è libera dal male. Piangete i morti e in memoria di essi cominciate una nuova vita migliore. »

Il male era ancora nella città.
Era ancora vivo.
E la dominava da là sopra, da quel balcone, come un uomo dominava una sgualdrina cavalcandola senza ritegno. La stuprava con quelle parole false, tenendola inchiodata nel fango e nella cenere e nelle ossa, polsi e caviglie ammanettati da catene di impotenza. Chi si sarebbe potuto ribellare a lei, ora che era sola in quel palazzo?

" Io. "
Era per questo che lui era lì, dopotutto.
Per scaraventarla a sua volta da quel balcone,
terminando la sua pazzia per sempre.

Fece per ricominciare la marcia verso il palazzo dei Marehjà, ma la donna - impietosa - continuò il discorso.
« Vento d'Oriente da oggi in poi avrà un nuovo regnante. »
Pensava si sarebbe autoproclamata. Non v'era poi tanto da supporre: semplicemente sarebbe stato ovvio. Non attese la seconda parte della frase.
Né se l'aspettò.
Eppure, con la forza di un martello, Crystal pronunciò la condanna.
« Il nuovo Re sarà Jevanni Glacendrangh. »

L'uomo che portava quel nome smise di barcollare fra le strade della città nel tentativo vano di arrivare al palazzo reale. Paralizzato, preso del tutto alla sprovvista, dovette appoggiarsi alla parete di una casa per non cadere a terra sotto il peso delle gambe molli.
" Non...non ci posso credere.
La puttana...
"
Un altro giro di catene attorno ai polsi, un'altra lama puntata alla gola.
Il colpo di coda.
L'ultimo inganno.

Assassinarla ora e poi sparire avrebbe significato la vendetta di chiunque, sulla convinzione ch'egli lo avesse fatto per ottenere ancor più potere.

Non riuscì a reggersi più, e cadde su un ginocchio scosso da fremiti da collera.
Tremava ma assieme ardeva, come se preso da una febbre. Gli occhi spalancati che fissavano la sabbia, macchiata di rosso per la ferita che s'era riaperta in seguito agli sforzi.

" Non è possibile... "
Batté un pugno sulla roccia, con tanta forza da ferirsi le nocche, disfacendo le garze vermiglie. Poi un altro. E un altro ancora.
Quasi non sentì le mani della donna che cercavano di trattenerlo. Continuò per minuti interi.
Quando terminò, sorretto dalla donna che non poteva far altro che aiutarlo, si trascinò fino al palazzo.
Quando arrivò, Crystal non c'era già più.

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Ignorò il silenzio dell'amico, decidendo più semplicemente di tirare un ultimo sospiro e godersi la brezza calda e secca dell'Oriente.
Vento d'Oriente prendeva il nome dalla sua posizione: quasi al confine fra le cosiddette terre orientali e quelle più centrali, essa portava però i tratti più esotici di quei luoghi. Il vento che spirava dall'Est passava da quella città, e chi giurava di poter sentire nelle correnti delle fragranze di oli ed aromi vari molto probabilmente doveva ciò a quella cittadina. V'era un altro motivo per il quale quella città era stata battezzata in tale maniera, e a ricordarlo erano i suoni continui che s'udivano nelle strade assieme al ciarlare degli uomini e delle donne, come una melodia di sottofondo.

« Oggi i mercanti hanno preso d'assalto il sestiere ovest? »
La domanda retorica, posta con un'aria in parte divertita in parte malinconica, prese alla sprovvista il generale che sussultò appena.

L'altro motivo erano le carovane di mercanti, che viaggiavano assieme al vento portando la cultura delle terre Tantissimi dei prodotti che nelle terre occidentali si amava comprare, così come curiosi oggetti per i collezionisti, provenivano da queste compagnie di una trentina di uomini ciascuna che avevano un loro simbolo di riconoscimento: le campane. Ad ogni passo dei cammelli, bardati con tappeti ai cui orli erano agganciate una serie di piccoli campanellini, risuonava una melodia che serviva ad attirare i clienti. Curiosamente, ciascuno dei venditori possedeva un tappeto dalla foggia e dalla forma dei campanellini diversa, creando per ognuno una piccola sinfonia - in questa maniera, i clienti identificavano al volo il proprio mercante preferito o uno che preferivano evitare.

Usanze peculiari, che però non avevano interessato quanto dovuto l'albino sovrano. Ciò che lo aveva sollevato, era il fatto che era stato grazie al ritorno delle carovane nella città - da molto tempo bloccato dai ribelli dell'Oasi Nera che aveva tentato di minare l'autorità del precedente sultano - che Vento d'Oriente era tornata a splendere. Non era bastato dunque sacrificare il lusso del palazzo -molti dei tesori e dei gioielli appartenuti alla fu famiglia reale erano stati distribuiti alla popolazione locale come pagamento per gli sforzi compiuti per ricostruire la città a seguito dei danni riportati alle mura e il mantenimento claudicante dell'economia locale, che aveva forzato molte delle donne a dover lavorare per i mariti che non c'erano più.

La città era sul lastrico, prima che arrivasse Hursimer.

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Poco meno di cinque mesi addietro,
memorie di assassini ed alleanze


Il rumore del clangore delle lame cozzanti risuonò per tutta l'ampia e sguarnita sala del trono.
Jevanni non aveva affatto gradito l'intrusione della ragazza nel palazzo, ma da quel che aveva udito nessuno era riuscito a fermarla. D'altro canto, come avrebbero potuto? Lo stesso Guerriero si stava trovando in netto svantaggio a causa della velocità difficilmente eguagliabile con la quale ella stava vibrando i propri due pugnali ondulati contro i punti vitali dell'uomo - venendo fortuitamente deviati da Orizzonte ad ogni assalto.

Il corpo di guardia di Vento d'Oriente era morto assieme all'esercito e a tantissimi dei suoi abitanti, ed erano rimasti perlopiù invalidi e donne che tentavano di destreggiarsi nel lavoro. Quante persone aveva assegnato alla protezione di sé stesso e del gigantesco palazzo?
Una.
E già era troppa, per lui.

Non aveva scorto né odorato sangue sulla sagoma della donna, dunque immaginò che si fosse limitata a lasciarsi alle spalle il custode. Non era interessata ad uccidere nessuno, se non lui.
Una volta entrata nella sala era corsa verso di lui caricando a testa bassa, tentando di conficcare dei pugnali da lancio dritti nelle sue orbite. Il Guerriero aveva reagito solo d'istinto, buttandosi in avanti dal trono e tentando di afferrare alla caviglia la ragazza - la quale però s'era limitata a saltare ed atterrare su uno dei bracciali in perfetto equilibrio. Lo scontro era cominciato nel momento in cui Jevanni aveva estratto Orizzonte, e solo per miracolo aveva bloccato la prima offensiva.

Non era uno sciacallo alla ricerca di ricchezze, e da come era vestita e da come si muoveva non era parsa nemmeno una persona improvvisata a quel tipo di lavoro.

« TU chi diavolo sei?
Chi ti ha assoldata?
»
Il tono aggressivo dell'uomo era offuscato dal fiatone, e la posa di combattimento era più fiacca e imperfetta. Non aveva mangiato molto dall'assedio, durante quel mese di governo duro e faticoso. Aveva perso la fame. E in quel momento ne stava pagando il prezzo, con un corpo non guarito del tutto e fragile. Già due graffi scarlatti percorrevano l'avambraccio destro, non coperto dall'armatura. Questa, assieme alle armi con l'eccezione di Orizzonte, era stata relegata in un'altra stanza dato che non era in grado di indossarla nelle condizione di sfacelo in cui versava il corpo. Sarebbe stato solo un peso, dato che non sarebbe sceso in battaglia per un bel po' - credeva. Però s'era sbagliato.

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La ragazza non rispose, però, e fece un passo in avanti per sfruttare un'apertura sul fianco. Jevanni si portò indietro appena in tempo per evitare un taglio che gli avrebbe probabilmente lacerato un rene, lasciando però una linea scarlatta colante sul costato. Il dolore bruciò il torace dell'uomo che però non si diede vinto, e calò la lama in un movimento fulmineo che prese alla sprovvista la ragazza. Schivò lateralmente ma perse l'equilibrio, e prima che potesse portarsi al di fuori della portata della lama la mano libera del Guerriero andò ad afferrarla per la gola e inchiodarla a terra. Tentò di pugnalare l'uomo al fianco scoperto, ma Orizzonte intercettò prontamente l'arma corta spezzandone la lama. L'altro coltello le sfuggì dalla mano, che andò debolmente a tentare di spostare la mano dell'albino e divincolarsi dalla morsa alla gola. Ma anziché allentarsi, la presa divenne ferrea e la pelle si ricoprì di ghiaccio cristallino che aumentò il dolore della fanciulla e la soffocò ancora di più.

« Non so chi tu sia, né come possa giovarti la mia morte, straniera.
Ma hai fallito, e se tieni alla tua vita ti conviene dirmi chi ti ha mandata.
»

Il ghiaccio si ritirò, infrangendosi, permettendole di riprendere abbastanza fiato per parlare. Lesse negli occhi scuri della donna una beffarda incredulità. Aveva capito che Jevanni stava bluffando - che non l'avrebbe uccisa.

« Sei TU lo straniero, Clasendrah.
Sei TU a non appartenere a questo luogo, sei TU che dovresti tenere alla tua vita!
Stupido pupazzo dei Mareh--
»
Si interruppe e chiuse gli occhi, nel vedere il braccio dell'albino scattare all'indietro come dovesse menarle un manrovescio, ma non arrivò nulla di ciò. Invece la mano andò a chiudersi sul bavero dell'abito leggero che portava, sollevandola di peso fino a rimetterla a fatica in piedi. Venne fatta arretrare lontano dai pugnali, e poi spintonata malamente per poterle puntare addosso la lama blu per tenerla sotto tiro.

« NON sono un pupazzo dei Marehjà, stolta. »
Si toccò le ferite, e soffocò una bestemmia fra i denti nel notare il sangue copioso nonostante la superficialità delle stesse. Un'occhiata più attenta ai pugnali per terra, e si rese conto del liquido cosparso.
" Avvelenate. Maledizione...
Ho bisogno di aiuto.
"
Avrebbe a malapena avuto le forze per trascinarsi da Shayleen - la donna che l'aveva salvato - se l'emorragia fosse peggiorata. Non aveva tempo per cavare le informazioni necessarie dalla donna, ma non volle ucciderla. Lo sguardo si posò sulla guardia che finalmente era riuscita a raggiungere la sala, trafelata.
« Alla buon'ora, Medìr. Buttala nelle prigioni. »
Lei si limitò a lanciare un'occhiata sprezzante e rigurgitare una specie di risata resa rauca dalla gola livida, che intimorì la guardia.
« Vedo che le vecchie abitudini non si perdono mai. Così i poveri storpi di questa città avranno finalmente un passatempo per l'affarino fra le proprie gambe? Uccidimi direttamente, cane, e facciamola finita. »

L'albino si limitò ad inarcare le sopracciglia con aria stanca e rinfoderare la spada.
« Mai detto ciò.
Non so come faceva le cose il vecchio Abdul Marehjà, e poco mi interessa.
Dei crimini che mi sono macchiato, il maltrattamento dei prigionieri e lo stupro non rientrano fra questi.
»
L'omicidio, invece, si.
Si riservò dal dirlo, tuttavia, mentre Medìr la accompagnava nelle segrete.
Calò nuovamente il silenzio afoso del pomeriggio, spezzato infine dal rumore degli echi dei passi dell'albino che si trascinava nella casa dell'infermiera.

Passarono due giorni, nei quali la ragazza si rifiutò di parlare nella maniera più assoluta.
Al terzo giorno, giunse notizia che un'armata si stava dirigendo verso Vento d'Oriente.

L'alba del quarto giorno, la sala del trono rimase deserta.
___________________________

« Capelli da vecchio e volto da giovane. »
Il condottiero coperto dal turbante indicò dunque l'arma che Jevanni portava al fianco, estratta di un centimetro.
« E una lama del colore del cielo notturno.
Non c'è errore, vero? Sei tu Clasendrah.
»
Scese da cavallo, i sandali che atterrarono agilmente senza alcun suono sul suolo, e si portò davanti a lui ad ampi passi. Lo sguardo, che era l'unica cosa non coperta dal copricapo atto a proteggerlo dalla sabbia, lo squadrò dal capo ai piedi.
« Ti avevo fatto...più alto. »
Posò la mano carezzando il pomolo della sciabola che portava al fianco, senza distogliere minimamente le iridi castane scure dal volto dell'albino.
Il Guerriero non si scompose minimamente né per le parole né per la stazza dell'orientale, che in fin dei conti non era poi tanto massiccio. La realtà era che senza l'armatura, lievemente curvo e instabile sulle gambe, mai prima di allora il fante dell'Inverno era sembrato tanto gracile e miserabile. L'aria stanca del viso e le occhiaie certamente contribuivano al quadro di devastazione.
« Il mio nome è Glacendrangh, condottiero del deserto.
Jevanni Glacendrangh, dell'Astro Rosso.
Non sono sicuro di comprendere il motivo della vostra visita, tuttavia. Se cercate asilo o un posto per riposarvi, possiamo darvi case - ma questo è tutto. Il cibo e l'acqua e il vino bastano a malapena per noi. Immagino abbiate saputo del conflitto...
»
Cessò di parlare, tuttavia, nel notare lo scalpitare dei cavalieri alle spalle del loro capo. Se tutti quanti avessero voluto caricare e conquistare la città, avrebbero potuto senza problemi. L'unica persona in grado di combatterli era al di fuori delle porte, e sarebbe stata la prima a cadere. La persona era lo stesso Jevanni, che in realtà non possedeva nemmeno le forze necessarie per combattere il loro capo da solo. Era evidente che ci sapesse fare con l'arma, sennò non l'avrebbe tenuta in piena mostra. Non era usanza da quelle parti vantarsi, dopotutto.
« Abdul Marehjà è morto, e con lui tutti i suoi discendenti. »
Il capo levò il braccio, indicando la punta del palazzo reale che sporgeva dalle mura.
« Siamo qui per reclamare la città che ci appartiene, marionetta dell'ultima dei Marehjà. »
Migliaia di lance vennero dunque puntate verso l'uomo, mentre archi venivano tesi e alcuni dei cavalli nitrivano. I soldati invece rimasero in religioso silenzio, dando al tutto un'atmosfera quantomai surreale.
Ad un passo dalla morte.
Ad un soffio di sabbia dall'oblio.

YWPFd

« Per centinaia di anni gli esiliati da Vento d'Oriente per colpa del dominio della maledetta dinastia furono costretti a vivere relegati nell'Oasi Nera, fra disagi e stenti. Per centinaia di anni, senza motivi reali. Privati della casa che ci apparteneva di diritto, ai nostri trisavoli e predecessori venne negato per sempre il ritorno - e con loro, i loro eredi.
E oggi che il sangue Marehjà abbandona Vento d'Oriente nelle mani di uno straniero,
oggi che l'ultimo dei loro draghi è svanito nella sabbia,
i Rinnegati dell'Oasi Nera capeggiati da Hursimer Asehrrà reclamano ciò che è loro di diritto.
Che tu lo voglia o meno, Glacendrangh.
Mia figlia ha fallito nel porre fine al tuo dominio, e rimpiangiamo ancora la sua perdita.
Se continui ad interporti fra noi e la nostra meta, nemmeno gli dei ti salveranno.
»

Una folata di vento più forte smosse il passamontagna, facendo calare le fasce e mostrando per qualche attimo il viso di Hursimer. Jevanni riconobbe i lineamenti in quelli della ragazza che l'aveva combattuto, solo venati da un'espressione tipicamente più seria. Più adulta. Più decisa, anche.

In risposta, Jevanni estrasse Orizzonte.

I cavalli scalpitarono percependo l'improvviso furore dei soldati, e lo stesso condottiero dilatò le pupille scoprendo appena le labbra.
Prima in un'espressione di sorpresa, poi in una solenne.
Fece per estrarre la sciabola, ma fu preceduto dal gesto repentino dell'albino.

La lama si conficcò duramente nella sabbia, fra i due uomini, e l'ombra di un'improvvisata meridiana puntò la cupola del palazzo reale.

« Io non scenderò dal trono, uomo rinnegato.
E nemmeno mi attaccherai, perché io invoco il diritto sacro di concilio.
»

Chinò il capo, in attesa di una risposta, mentre i soldati cominciavano a parlare nervosamente nella loro lingua ricca di vocali aperte che l'albino ancora non aveva imparato a parlare.
Hursimer, invece, fissò torvo il Guerriero per numerosi lunghissimi istanti prima di riporre del tutto l'arma nella fodera e lanciare un ordine secco ai caporali. Questi sembrarono contrariati, ma si limitarono ad obbedire ripetendo l'ordine a gran voce; le lance si sollevarono nuovamente, le frecce vennero riposte nelle faretre.

« E sia, straniero sfrontato. Ma l'onore vuole che sia in un posto appartato, sgombro da entrambi gli eserciti e disarmati. Solo a queste condizioni. »

Una volta levato il capo, i capelli candidi del Guerriero scostati dalla brezza calda rivelarono un sorriso tremendamente triste, che sembrò rimpicciolire ancor di più la sagoma dell'uomo.

« Guardati attorno, Hursimer.
L'esercito di Vento d'Oriente ti sta davanti.
»
Il vento sibilò più forte, accompagnando uggioso la frase come per ridere di gusto alla battuta.
___________________________

OZT6R

Jevanni porse il boccale pieno di vino ad Hursimer. La figlia, in piedi dietro allo schienale del padre, la fissò con aria sospettosa. Era evidente quanto poco si fidasse dell'albino, ma d'altro canto questi non poteva farci nulla. Non poteva combattere il concetto nella mente della ragazza, quello che le diceva che ogni straniero o uomo al servizio dei Marehjà fosse indegno di fiducia. Né, in fin dei conti, ne aveva voglia. La sua attenzione era concentrata sul padre, dal quale sarebbe presto dipesa la vita o la morte non solo sua ma di quella città. E non solo...

« Non stuprare i prigionieri è decisamente...gentile da parte di uno straniero. Fin qui conveniamo, e sia io che mia figlia siamo riconoscenti per il trattamento perlomeno decente. »
Bevve un sorso e la passò nuovamente al 'sultano' asciugandosi la manica con la bocca.
« Eppure non capisco dove tu voglia arrivare, Jevanni Glacendrangh. Dovrebbe esserti evidente che la città è praticamente in mano nostra, giusto? Persino se questo vino fosse avvelenato, io morirei - ma l'esercito ti catturerebbe sicuramente. Non importa che trucchetti tu usi. Stai tentando dunque di barattare la via d'uscita, nel dirmi tutto ciò? »
Le dita fragili del Guerriero si strinsero attorno a boccale, odorando e guardando con aria assente la bevanda. Era evidente che doveva calibrare con estrema cura le parole, se voleva rimanere vivo. Per quanto effettivamente gli interessasse rimanere vivo...
« Non scenderò da nessun trono, né fuggirò in nessun buco » ripeté per la seconda volta in quella giornata. Inspirò profondamente, inebriandosi dell'alcol, e ricominciò a parlare. « Liberare tua figlia doveva servire esclusivamente come mezzo per sollevarti di un dolore che non ti sarebbe dovuto appartenere. Non per barattare.
Semplicemente, sto dicendo che la mia presenza ti è più comoda della mia assenza - per due ragioni.
»
Levò quindi l'indice, mentre sorseggiava il boccale. In quei due secondi di silenzio, padre e figlia si scambiarono delle occhiate in tralice. Gli occhi celesti spenti dell'albino si posarono sulla seconda. Sollevò la manica sinistra della camicia e rivelò la croce scarlatta sull'avambraccio.
« Prima di tutto, come dissi a lei, io non sono dalla parte di Crystal. Tu sai cos'è questo, Hursimer? »
L'altro aggrottò le sopracciglia, improvvisamente a disagio, ma alla fine annuì.

« Un giuramento di sangue. Guerriero, non ti facevo tanto brutale nel decidere la vita e la morte. Sai che ciò che è legato al sangue può essere solo disfatto dal sangue, non è forse vero? »

L'altro annuì.
Non era magia, bensì un semplice giuramento che poteva essere infranto in un qualsiasi momento. Come una promessa fra bambini, non aveva vincoli reali che non fossero la sola coscienza di chi forgiava un tale patto con sé stesso. Niente da vincere, e l'unica cosa che poteva perdersi era l'onore, ma prima di tutto sarebbe significato fallire nel raggiungere un determinato scopo - esattamente ciò che all'interno dell'Accademia era sacrosanto dovere per ogni uomo e donna.
Ciò che era legato al sangue, poteva essere solo disfatto dal sangue.
Perché l'anima di un vero Guerriero non avrebbe sopportato il fallimento, e se non avesse versato il sangue del nemico avrebbe preferito versare il proprio.
E quel giuramento, per poter essere spezzato, richiedeva il sangue di Crystal.
« Ha distrutto un'intera città, ucciso uomini su uomini nel nome della sua vendetta e mi ha costretto al suo servizio tramite la pura forza. E ciò che lega tramite forza, può essere solo disfatto dalla forza, come sicuramente avrai capito. »
Il recipiente di vino strisciò lungo la superficie legnosa del tavolo producendo un rumore che sembrò riempire l'intera stanza, sostituendosi al silenzio e creando una nuova atmosfera. O forse, più che quel suono, lo aveva fatto l'ultimo discorso. Più che due nemici, ora i due uomini sembravano compagni, fratelli, credenti in una stessa religione. Quella della via del guerriero.
« Lei deve morire, perché ha voluto fregiarsi di un potere che non le appartiene, ovvero quello di una dea. E non per un fine onorevole, sicuramente. »
Hursimer annuì solennemente, trangugiando un lungo sorso dal boccale, ormai quasi terminato. Gli occhi luccicavano appena per via dell'alcol, ma Jevanni non avrebbe puntato nemmeno una moneta bucata sull'idea che quell'uomo fosse già brillo. Probabilmente era persino più sveglio di prima.

« Il primo motivo lo hai detto, e io lo capisco. Ma la città non ha bisogno di sangue e vendetta, ora che i Marehjà sono spariti da qui. Né di te, straniero. La città appartiene a noi.
Il che ci porta al secondo motivo, non è così?
È quanto io spero.
»

Il sultano annuì e si passò la mano fra i capelli, asciugandosi con il palmo la fronte imperlata di sudore. La tensione scaturita dall'attitudine solo apparentemente pacata, in realtà molto decisa, era palpabile.

« Esatto. La seconda ragione è molto più intuitiva: cosa credi che farebbe Crystal se sapesse che un pugno di ribelli ha conquistato una sua città e ridicolizzato uno dei suoi generali? » congiunse le mani e intrecciò le dita, posando i gomiti davanti a sé. Gli occhi fissi in quelli del condottiero non batterono ciglio.
« Parole da codardo, queste, possiamo concordare. Non mie. Ma devi esaminare questo punto di vista: Crystal gode dell'appoggio di molti uomini, ma il suo esercito - suo - è inconsistente di per sé. Perderebbe credibilità, così facendo, alla vista dei suoi alleati. E questo sarebbe bene...sempre che lei non volesse decidere di ripulire l'onore nella maniera più veloce e semplice. »

Gli occhi di Hursimer divennero due fessure, mentre iniziava a capire dove realmente voleva arrivare l'uomo dall'inizio dell'intero discorso. Squadrò l'uomo vuotare il boccale in un sorso, posarlo sul tavolo e chinare lo sguardo prima sul pavimento e poi proprio su di lui. Triste e miserabile come pochi uomini si potevano mostrare, men che mai sultani.
« Permetti che si dica in giro che Jevanni Glacendrangh sieda su un trono. Non chiedo altro. Vento d'Oriente così non verrà rasa nuovamente al suolo. Per quel che mi interessa, potete tornare a vivere nella terra che è vostra di diritto. Sarei onorato di averti come consigliere, o qualsiasi cosa tu voglia essere. Avrai poteri pari ai miei, perché tu possa usarli meglio di me. »

Dopo attimi di silenzio, il condottiero si levò in piedi issandosi sui braccioli della sedia. L'albino si unì a lui, più a fatica per via di un improvviso giramento di testa.
« Stai proponendo un patto che ti lascia poco e niente, Glacendrangh. Dov'è il trucco? »
L'altro scosse le spalle, sorridendo appena in risposta.
« Non ho bisogno di trucchi. E questo è il mio trucco.
Tu hai bisogno seppur marginalmente di me, e per risollevare la città io ho un bisogno disperato di qualcuno che sappia come fare - ovvero te. E di uomini, tanti uomini. Per uno degli abitanti di Vento d'Oriente, tu hai trenta, forse cento altri uomini. La città sta morendo, non tutti sono nelle condizioni di poter lavorare. Mancano viveri, e i mercanti non giungono più.
»

Accompagnò la sedia al tavolo, con il rumore secco del legno cozzante. La discussione era terminata, e tutte le carte erano state rivelate.
« Non ho altro da dire, Hursimer.
Ora capisci perché non voglio lasciare il trono.
A te la scelta da prendere. Non hai che da cercarmi - io dal palazzo non mi muoverò più.
»
Fece per andarsene, ma finalmente la ragazza parlò. Al posto del padre, che sembrava essersi chiuso in un silenzio meditabondo.
« Qual'è il tuo scopo, Clasendrah?
Cosa speri di ottenere facendo tutto ciò? Non può essere solo per Vento d'Oriente che ti prodighi così.
»

Lo Spirito dell'Inverno si voltò e la guardò dritta negli occhi, con tanta intensità e repentinità da farla sobbalzare. Anche Hursimer sembrò accorgersene, ma resse comunque l'espressione impassibile affondando le dita nel legno del tavolo.
« Non l'ho già detto?
Crystal deve morire.
Devo...aspettare l'occasione buona.
Devo avere pazienza.
La vittoria non è misurata dal numero di teste rotolanti ai tuoi piedi,
ma da ciò che scorgi nello specchio una volta riposta la spada.
Agire adesso porterebbe alla condanna delle poche persone qui presenti, e la distruzione della città.
Non voglio macerie fumanti nel mio specchio - solo il sangue di Crystal.
»

Chiuse la porta alle sue spalle, lasciandoli soli, e si ritirò nelle proprie stanze.
Crollò sul letto, e vi rimase privo di forze per tutto il resto della giornata.

Nel frattempo, Hursimer e la figlia s'erano diretti nuovamente verso il proprio esercito.
Il giorno dopo i rinnegati dell'Oasi Nera ripresero posto in Vento d'Oriente, assistendo gli abitanti rimasti e servendo sotto il comando di Jevanni Glacendrangh.
Il capo dei ribelli era divenuto generale dell'esercito, e i suoi sottoposti più fidati divennero gli emissari che riallacciarono la città con il resto dell'Oriente.
Nei cinque mesi che seguirono, l'albino e il moro iniziarono a fidarsi l'uno dell'altro con sempre più convinzione, instaurando un'amicizia rafforzata dal rispetto provato per l'altro.
Ma mentre il flusso vitale di Vento d'Oriente acquisiva linfa con la quale crescere,
l'animo del Guerriero si spegneva.
Ad ogni palazzo ricostruito, un frammento della speranza svaniva.
Ad ogni piaga del dopo-guerra debellata, un'altra infestava lo sguardo stanco.

Così procedette, fino a quel giorno.

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Deciso a voler rimandare ancora un po' il momento in cui avrebbe dovuto riferire il messaggio, Hursimer aveva scelto tutto d'un tratto di prendere delicatamente il braccio di Jevanni e portarlo a visitare i mercanti che si avventuravano nei sestieri. Forse si sarebbe impressa nella sua mente l'immagine di Vento d'Oriente, abbastanza da impedirgli di commettere sciocchezze.

" Se si butta su di lei come vuole fare ora, finirà solo con un bagno di sangue inutile. "

Ma il destino non volle ciò - beffardo com'è, non permette a nessuno di ingannare l'ora decisiva, come quella in cui il Guerriero dell'Inverno avrebbe per la prima volta dopo metà anno riaperto gli occhi.
Era accaduto in un attimo. Un attimo di distrazione, che aveva visto protagonista il generale, che svoltato un angolo di una delle vie andò ad urtare malamente contro uno degli aiutanti dei mercanti -era stata vietata ogni forma di schiavitù all'interno della città per ordine del nuovo sultano. Questi stava trasportando un carico pesante, tanto ingombrante da impedirgli di vedere la figura dell'uomo prima che questi fosse caduto disteso a terra, di fronte ai suoi piedi. L'ex condottiero lanciò una colorita imprecazione nel momento in cui batté fortemente la schiena sul suolo, e non si accorse immediatamente della pergamena che s'era sfilata dalle tasche rotolando ai piedi del sultano. L'aiutante, ripresosi dall'urto, cominciò a balbettare qualche scusa coperta dalle ingiurie che Hursimer, rialzatosi, proferiva a gran voce; Jevanni osservava la scena con aria distratta, sorridendo appena nel riconoscere qualcuna delle parole non proprio carine nella lingua del moro. Fece per muoversi in direzione dell'amico per aiutarlo a rialzarsi, quando lo stivale urtò contro il sigillo del messaggio. Si bloccò immediatamente, nel timore di averlo rovinato nel passarci quasi sopra, e lo raccolse dalla sabbia scrollandolo per liberarlo dei granelli. Vagamente incuriosito dalla presenza di una pergamena per strada, la scrutò cercando un qualche indizio per capire a chi potesse appartenere.

Gli si paralizzò ogni centimetro di pelle e i muscoli sotto di essa, perse addirittura qualche battito nel notare il simbolo di Duma in risalto sulla lacca che chiudeva il messaggio.
Non notò Hursimer che s'era voltato un momento dallo sciagurato che aveva urtato, né come si tastò le vesti alla ricerca del messaggio e spalancava gli occhi nel rendersi conto che era proprio quello che aveva in mano l'albino.

Fu difficile sopprimere la foga mentre apriva il messaggio e distendeva il foglio per poterne leggere appieno i caratteri in lingua occidentale deformati da uno scriba evidentemente abituato ad usare diversi simboli.

Non gli sembrò vero ciò che era impresso su quella carta, inizialmente, così dovette rileggere ben più che qualche volta per poter scacciare ogni dubbio.

Recarsi alla corte di Duma.

Era quella la sostanza.
Un'udienza con Crystal.

Assieme a lei ci sarebbero stati tutti gli alleati, come pure Ahinoe e Rohan - aveva saputo solo tramite gli emissari di Hursimer che i due erano sopravvissuti, e come lui erano stati messo a capo di altre città.
Era il momento della verità, dunque.

Senza nemmeno chiudere del tutto il messaggio, lasciando che un'estremità penzolasse nel vento quasi rovente che s'era levato, Jevanni già si stava dirigendo ad ampie falcate verso il palazzo. Il generale a malapena riusciva a farsi strada nella folla, non riuscendo a bloccarlo. A parlargli. A supplicarlo di non fare stupidaggini.

Ma era un invito al compimento del patto di sangue - qualcosa che aveva risvegliato negli occhi del Guerriero una nuova luce. E questa brillava, incendiando tutte le ragnatele che s'erano inserite nelle crepe del cuore e del corpo dell'uomo.
« Sellate un cavallo, figlio del lampo, il più veloce che c'è.
Il sultano parte domani stesso.
»

Passato l'ordine agli inservienti, che prepararono un lauto pasto, Hursimer non vide più Jevanni.
Tutto ciò che gli apparteneva era svanito con la sua partenza al levar dell'alba, con un'ultima lettera in cui chiedeva al generale di occuparsi della città.
Non aveva parlato di alcun ritorno.
Il moro sperò fosse perché se l'era dimenticato.


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Vento d'Oriente gli sarebbe mancata.
L'aveva salutata con un'ultima occhiata, la malinconia che gli raschiava appena la gola e il respiro nello scorgere la croce bianca in campo blu - ultimo memento dell'assedio, simbolo che Jevanni aveva voluto apporre alla città al posto di quello appartenuto sino a quel momento ai Marehjà.

Ma più di un'occhiata non fu: s'era lasciato alle spalle la città dando un colpo di redini al cavallo, e alla prima duna essa scomparve.
___________________________

Una manciata di giorni dopo, il viaggio inframmezzato fra pause nei paesini e nelle locande sulla strada ebbe fine.

Duma, la città nella quale s'era arroccata la strega Crystal, era dinanzi al suo sguardo. La distesa luccicante di sabbia a circondarla giocava strani giochi, complice il vento, facendola somigliare - più che ad un deserto - ad un vero e proprio mare. Forse miraggi dovuti al calore, che sembravano donare alla città un aspetto duplice.
Il Guerriero chiuse gli occhi inspirando a pieni polmoni l'aria; poi la espirò, ripetendo il processo molte volte, sempre con più lentezza, fino a rilassarsi del tutto.
O a provarci.
Voleva realmente ucciderla? La croce sulla manica e sull'avambraccio diceva di si.
Una parte di sé non era sicura di volersi immischiare.
Ma non aveva molta scelta al riguardo: fuggire e dar le spalle alla guerra non era un'opzione per uno come lui.
Il vento gli carezzò le spalle, come a volerlo spingere in avanti. Era caldo. Piacevolmente caldo.
Riaprì le iridi celesti, consumate ma non più spente.

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« Si comincia. »

.

.

.
___________________________

Varcò la soglia della sala del trono con l'andatura più fiera che riuscì ad esibire.
L'armatura che tintinnava, il fodero d'Orizzonte ballante sul fianco ad ogni passo, e Tempo che spuntava da dietro la spalla, retto da una cinghia nuova.

Assieme a lui nella stanza vi erano altre figure, fra le quali riconobbe i suoi precedenti compagni di guerra, che salutò con un cenno.
Un'altra figura anziana particolarmente inquietante dominava la scena, ma Jevanni non riconoscendolo preferì mantenersi alla larga, accostandosi alla signora dei pirati e l'uomo al suo seguito.

E lei era lì, davanti a lui. A qualche metro, come ad attendere che estraesse la lama e la decapitasse.
Si mise su un ginocchio e chinò il capo.
« Jevanni Glacendrangh risponde alla chiamata;
ai vostri ordini,
Amira Marehjà
»
Disse sottolineando con il tono il nome, che gli era stato rivelato da uno dei superstiti che aveva riconosciuto la donna sul balcone prima che sparisse.
Che il passato tornasse a tormentarla, ancora una volta.

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speedpaintbyheader

ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 150 | CaeM 450X

Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Critico 33% | Mortale 69%

PJnzb
ͽH E A R T ~ B E A Tͼ
"of heart, soul and flesh"

energie
100%

stato fisico
0/16
...

stato mentale
0/16
...
PJnzb
ͽA R M A M E N Tͼ
"of steel and poison"

orizzonte
spada bastarda
stelle del tramonto
coltelli da lancio (12/12); pergamena 'stella' incastonata (4/4)
principe musashi
pugnale; poteri non attivi
tempo
pentadente; poteri non attivi; pergamena 'stop' incastonata (4/4)
brina
armatura media
dispense elfiche
abbagliante (1); fumogeno (1); esplosivo (1);
veleno indebolente -perm- (1); veleno psionico (1)


PJnzb
ͽI M M U N I T Yͼ
"of commitment and strength"

orichalcum
attacchi fisici più pericolosi e tagliano ogni materiale;
effetto boomerang applicato alle armi lanciate;
difese da attacchi fisici facilitate;
insensibilità al dolore;
velocità superiore non influenzata da confronto AeV;
risparmio del 3% su tutte le tecniche
sacrificio mu
abilità dell'artefatto attivabili solo tramite sacrificio del proprio sangue
tempo
calma mantenibile in ogni situazione


PJnzb
ͽO B L I T E R A T I O Nͼ
"of blows and earthquakes"

...
.
.
.


PJnzb
ͽS Y N O P S I Sͼ
"of deeds and struggles"

Incapace di gestire una città e angustiato dalla fuga di Crystal dopo l'assedio, Jevanni per un mese tenta di gestire il lavoro di ricostruzione e ristrutturazione barcamenandosi in un mondo che non gli appartiene.

Tutto cambia con l'arrivo di coloro che furono esiliati durante le varie generazioni dei Marehjà, descritti spesso come uomini corrotti nello spirito; sapendo della dipartita di Abdul Marehjà, gli esiliati si uniscono sotto lo stendardo di Hursimer Abserrah che li conduce a Vento d'Oriente con l'intento di prendere con la forza la città dal nuovo sultano - Jevanni. Ma questi, parlando con il condottiero, riesce a convincerlo ad aiutarlo a ricostruire la città anziché cacciarlo. Nei successivi cinque mesi, principalmente ad opera degli emissari e degli sforzi combinati del Guerriero e di Hursimer, Vento d'Oriente viene largamente riportata ai vecchi splendori.

Quando viene convocato, Jevanni risponde quanto prima alla chiamata.
Nella sala del trono arriva per ultimo, e si porta accanto ad Ahinoe inginocchiandosi a Crystal.

Schema post:

1 - Presente, parte I ~ Sultano Jevanni Glacendrangh
2 - Flashback che si allaccia all'ultimo post fatto, parte I [Akor svanisce]
3 - Presente, parte II ~ La malattia e il segreto
4 - Flashback che si allaccia all'ultimo post fatto, parte II [Jevanni diviene sultano]
5 - Presente, parte III ~ Scorcio della città
6 - Flashback [Arrivo e concilio con gli esiliati]
7 - Presente, parte IV ~ La chiamata
8 - Presente, parte V ~ Viaggio e arrivo alla corte di Crystal


 
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Lenny.
view post Posted on 15/3/2012, 19:25




___ _ ___

..il Beccaio snudò il pugnale, fece scorrere lo sguardo lungo il filo della lama istoriata, per poi posarlo sul rubino incavato sull'elsa. Il metallo catturava l'alone sanguigno del suo sguardo con una lucentezza disarmante, ammaliante. Riuscì a rinfoderarlo solo dopo pochi secondi. Nella del trono, un seggio torreggiava su tutto, su tutti. Contrasse la mascella in un sogghigno malevolo, e si rivolse a Rohan, lì al suo fianco. Sempre al suo fianco. « Questa sala. Questa reggia. Questa città. » Viktor spostò il peso del corpo sul bastone d'appoggio, mani a coppa premute sulla testa d'aquila in oro massiccio.

« Potrei farle tue, se lo volessi. »

Era passato tanto tempo da allora.
Viktor respirò l'aria gelida della sala del trono nel palazzo reale di Duma. Attendeva la donna di nome Crystal, colei che gli aveva promesso terre, ricchezze, potere. Colei che gli aveva donato tutto questo, senza riuscire a soddisfarlo a sufficienza. Nessun potere che non fosse strappato, conquistato, vinto da lui stesso avrebbe potuto sanare la sua ambizione. E tuttavia, il Beccaio aveva risposto -di nuovo- al suo richiamo, giungendo assieme al suo luogotenente Rohan nella sala del trono. RotteNhaz era stata lasciata dinanzi ai cancelli della cittadina. Nessuna ostilità, da parte sua. Non per il momento.
Aveva delle domande da fare. E delle risposte da strappare. Con qualunque mezzo.

Aveva abbandonato le Iron Mountains, le loro rocciose valli assediate dai rovi, incuneate in formazioni di pietra a mezza costa l'una dall'altra. In mezzo a tutta quella desolazione, dentro una di quelle sentinelle rocciose, sorgeva il villaggio abbandonato dal Beccaio. O meglio: la salma di un villaggio. Dopo il passaggio di RotteNhaz, non era rimasto altro che un dedalo di rovine informi. Picco Innevato non era nient'altro che un nome cancellato, in un archivio sepolto.
Picco Innevato.
C'era stata gente, a Picco Innevato. Artigiani, maniscalchi, allevatori, pastori. C'erano state anche guerre tra clan rivali di nani deformi. Quando Vitor prese il potere, estinse senza problemi ogni accenno di ostilità nella cittadina. All'origine, dicevano gli abitanti, il Beccaio era giunto per sedare la guerre scismatiche, per riportare l'ordine, per dispensare la tanto agognata pace. Ma era solo un vile inganno, una turpe ipocrisia. Una città tanto infima, tanto patetica, suscitò nel signore di RotteNhaz sdegno, in un primo momento, e desiderio di annientamento, in un secondo. Annientamento allo stato puro.

La prima cosa che fece fu sguinzagliare la Legione Nera dei Falkenberg Korps, guidata da Montag de Villers, capitanata da Rohan. La guerra era tornata, e non si trattava più di scaramucce intestine. No, l'armata oscura di Viktor ridusse la città di Picco Innevato a un labirinto di rovine bruciate. Alla base dell'altura cava, grappoli di cadaveri giacevano come patetici simulacri schiacciati dalla cordigliera di neve. Donne, vecchi, bambini, avevano invocato vanamente pietà.
Il Beccaio non conosceva pietà. Il Beccaio non aveva mai conosciuto pietà.
I sopravvissuti, gli uomini che riuscivano ancora a reggersi in piedi e a impugnare un'arma, furono aggregati alla fanteria leggera dei Korps. Divennero la prima linea, la carne da cannone. In seguito, solo i più meritevoli avrebbero ricevuto il marchio a fuoco della sua armata.
E così, tra le mura di RotteNhaz, coloro che in passato erano stati nani e uomini di Picco Innevato divennero mostri famelici sottomessi al suo potere. Le loro fragili menti, distorte dall'aura nera della fortezza dannata, obliarono qualsiasi pensiero rivolto al passato o al futuro, per trascinarlo al presente, al loro unico e solo signore. Il re dei demoni, Viktor von Falkenberg.

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E dopo sei mesi, la dama di nome Crystal richiamò al suo cospetto l'oberkommandierende, il generaleutnant, e il loro nuovo, grande esercito. Arduo smuovere il Beccaio dal suo trono, ancora più arduo allontanarlo dai suoi forzieri dentro RotteNhaz. Ma la promessa di altri tesori, di altro potere era bastata ad attirare la sua attenzione. Dunque si sarebbero riuniti tutti in una città di nome Duma, una fogna colma di topi, una infetta cloaca popolata dalla stirpe più debole e repellente della terra: gli uomini. E a metà tra il riprovevole disgusto scatenato da ciò che lo circondava, e la fervida curiosità suscitata dalla dama che attendeva, il Beccaio snudò il pugnale, fece scorrere lo sguardo lungo il filo della lama istoriata, per poi posarlo sul rubino incastonato sull'elsa.

Non sapevo che altro dire in sei mesi di "vuoto". Questo post arriva dopo la quest di Faustus' Dream, la mano del destino e prima di Arabian Nights, dunque è stato difficile collocare la quest in un punto coerente della cronologia del pg. Ad ogni modo, della città che gli viene "regalata" Viktor non sa che farsene, dunque decide di fare una bella razzia con RotteNhaz e i suoi nuovi mannari, rinforzando le file della fanteria leggera dei F. Korps con i prigionieri. Si presenta nella sala del trono di Crystal con al suo seguito il caro Rohan.


Edited by Lenny™ - 18/3/2012, 01:52
 
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Christine`
view post Posted on 17/3/2012, 21:17





G R E E N W A T E R
« trionfo di pirateria »
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I G I O R N O
La governatrice di Greeen Water

Green Water, cittadina portuale sulla punta estrema dell’oriente. Una città sporca e disastrata, infestata di criminalità e sovrappopolata. L’unico beneficio di questa era la ricchezza delle casse, fuori dal comune per un posto del genere. Nemmeno da chiedersi da dove venissero: la quantità di attività illegali e di bordelli supera di gran lunga qualsiasi porto di criminalità, persino la sua corrotta Singapore. Due parole: uno schifo. Ahinoe era decisa a cambiare, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per ripulirla. Letteralmente.

Il vantaggio del non essere legata a inutili principi morali –o almeno una grossa quantità di questi- era di poter fare, grosso modo, quello che le pareva senza troppi ripensamenti. Criminale? Esecuzione pubblica, così anche gli altri imparano. Ad ogni modo, da come le era stata presentata la città, sembrava difficile trovare il modo di rimetterla a lustro.

Scese da cavallo di gran fretta, non vedeva l’ora di liberarsi di quella bestia nauseante. “Toglimi le mani di dosso” era stato il suo primo pensiero quando l’uomo che l’aveva accompagnata fino a Green Water si avvicinò per darle una mano a smontare. Adesso avrebbe incontrato il precedente governatore, ricevuto istruzioni e il suo nuovo ruolo all’interno della politica cittadina. Una vera rottura.

Camminando per le strade si era chiaramente resa conto della descrizione più che veritiera che le avevano dato, e di lavoro ce ne era da fare, e tanto. Distogliendo lo sguardo dalla gente –era più facile incontrare uomini poco raccomandati che persone ‘comuni’- e dagli schiamazzi che sentiva, arrivò finalmente al palazzo del governatore. Un grosso edificio, una sorta di villa posizionata sul punto più alto della città, e forse anche l’unico in uno stato decente. Richards Olivander non l’aveva lasciata un secondo da quando era stato deciso che sarebbe stato per lei una sorta di consigliere, o quantomeno qualcuno che avrebbe evitato ad Ahinoe di compiere schiocchezze. Alto, non troppo robusto e pelle decisamente pallida. I capelli lunghi e corvini, poi, non lo rendevano affatto attraente, e nemmeno qualcuno di cui potersi fidare. Era altroché sospetto, invece, con quell’aria osservatoria.

Ad aspettare Ahinoe e Olivander un uomo dai tratti somatici vagamente orientali, e da com’era vestito era intuibile chi fosse: James Red, il governatore. Questo, attaccò subito parola, destando non poco fastidio ai due nuovi arrivati. Lo stato della città era quasi un suo specchio.

« L-lady Solis e Sir Olivander, mi sbaglio? Vorrei proprio dire che conoscervi è un piacere, ma potrà ben capire che le mie dimissioni forzate mi rendono alquanto difficile ciò. Nonostante questo, sarei onorato di poter..- »
Il tono viscido dell’uomo fu spezzato da Olivander.

« Chiudi il becco Red, il tuo governo è stato sporco troppo a lungo perché tu possa trovare la dignità di presentarti a noi. »
Ahinoe posò una mano sulla spalla dell’uomo, e quando questo girò il capo per guardarla lei lo gelò con lo sguardo.

« Basta così, Richards. Sir Red, se adesso siamo qua è perché lei non ha saputo svolgere il suo ruolo, o mi sbaglio? In ogni caso terrò ben presente i servigi svolti sin’ora. »
Si era sforzata più che potesse per sembrare calma e rilassata.

« Mi congedo allora. »
Si avvicinò al cancello della villa, per poi girarsi ancora.

« Ah, Lady Solis… se trovasse questo posto.. come dire… inadatto, sono proprietario della maggior parte dei bordelli qua in città.
Si guadagna bene.
»
Più che Ahinoe, abituata dall’infanzia a proposte del genere, era Olivander a sentirsi irritato dalla proposta dell’uomo di fare di Ahinoe una puttana. Nervoso, afferrò in mano un archibugio a ruota e sparò lui un colpo in testa. James Red cadde a terra, nella sua stessa sporcizia che aveva fatto proliferare.

Ahinoe sgranò gli occhi, fissando la figura nera di Olivander.

« Basto io, signorina.
E poi, quello era un insulto.
»
Sorrisero entrambi.

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VIII G I O R N O
Esempio da non imitare


Ahinoe aveva cominciato ad alzarsi di buon’ora, sotto consiglio obbligato di Olivander. Per quanto trovasse oltremodo odioso quell’uomo, era costretta ad ammettere che ci sapeva fare nel suo campo. Annunciare l’arrivo della nuova governatrice non era stato facile, quell’incompetente di Red aveva tenuto tutto il più riservato possibile, sperando di non cedere il suo posto. Tutti adesso credono sia fuggito da qualche parte, non che il suo corpo sia stato gettato in una fossa. Olivander era adatto proprio a tutto, lavori puliti o meno.
Tutto è cominciato dai bordelli, per prima cosa quelli pubblici sono stati smontati del ‘personale’ e chiusi, una volta senza padrone. I prossimi obiettivi saranno sicuramente ridurre la criminalità e attivare un po’ di sana economia. E, oh, istituire un corpo di guardie. Non era possibile che quel Red lavorasse solo on faccende sporche senza badare un minimo allo stato fisico della città, cosa di cui ora Ahinoe è preoccupata.

Non era piacevole girare in città, schiamazzi, urla –vari tipi di queste, a dire il vero. La capitana oserebbe dire che alcuni siano gemiti-e imprecazioni del tutto a caso. E non mancano ovviamente quelle contro Ahy stessa, ovviamente minacciata più di una volta di lasciar perdere, anche se solo dallo sbronzo di turno.
Lasciato a Olivander il compito di creare una vigilanza funzionante, il compito che si era prefissata la ragazza era quello di farla finita con rubagalline e tagliagole. Il contrabbando no, quello serve. La tesoriera non si riempie da sola.

Ahy era in piedi, fissava il cielo limpido, così discordante con quella città e quella piazza. Il centro cittadino, infatti, non era niente di più che un simil-mercato –tre bancarelle di numero- e gruppetti di persone, perlopiù loschi. All’improvviso, senza che fosse successo niente, un braccio si strinse attorno al collo di Ahinoe. Non il tempo di pensare, lo afferrò con un braccio tentando invano di toglierlo dalla sua presa. Un coltello veniva agitato alla sua destra.

« Stai ferma, puttana! Con che diritto credi che Green Water ti appartenga? Stavamo bene prima, facci un piacere: crepa e portati le tue stronzate nella fossa! »

Ahy pestò forte con il tacco il piede del criminale –o sfigato, che a dir si voglia- sciogliendo la morsa del braccio e prendendo il tempo necessario a sfoderare Sangre e disarmare di colpo l’uomo. Un criminale improvvisato, troppo sciocco per capire che la differenza di abilità fra lui e la spadaccina stava alla base: lui non ne aveva affatto.

« Io sono Ahinoe Solis, ex-pirata e masnadiere, ora Governatrice di questa lurida città.
Con che pretese desidero ripulirla? Statemi tutti a sentire.
»
Gridò alla folla, accalcata intorno ai due sfidanti. Ahinoe nel frattempo aveva tirato un buon destro all’attentatore gettandolo a terra.

« Non mi faccio illusioni, ma io voglio aggiustare questa città sul serio.
Per questo sarò costretta a punire chi la danneggia.
»
Prese fiato, quindi gesticolò con la mano sinistra.

« Chiunque anche solo volesse aiutarmi, redimersi o voler essere solo stipendiato, non esiti a proporsi. Non voglio mettere a lustro Green Water, desidero migliorare la qualità di questo posto. È una città ricca, e ha molto da dare, non sprecate questa fortuna che avete vivendo nel sudiciume. »
Sangre, nel frattempo, lacerò la gola dello sfortunato, come a sancire il discorso di Ahy. Si ritirò quindi, lasciano agli uomini presenti un primo esempio della riforma che avrebbe pulito quella città.

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XXVII G I O R N O
Presa di potere


Nessuno aveva detto ad Ahinoe che essere governatrice voleva dire avere anche decine di scartoffie da leggere e firmare. Ridurre la criminalità non era un affare da poco conto, quasi due esecuzioni il giorno da quando aveva dato l’ordine di processare nell’immediato. Il corpo di guardia aveva riscosso un bel successo, e, con il crescere del consenso civile, sempre più uomini –e anche ex-pirati, attirati dal passato della loro governatrice- si muovevano per aiutare la loro città. Non mancavano certo le piccole ribellioni, ma ancora nessuno dava loro troppo peso.

« È stata avvistata una nave pirata ancorata a poche miglia dalla città, Lady Solis! »

Olivander, ben preoccupato l’equilibrio instabile di Green Water non esistata ad allarmarsi per ogni piccola sciocchezza. Il personale assoldato era abbastanza efficiente e la struttura delle guardie era funzionale, niente di cui doversi preoccupare. Eppure, Olivander non aveva ancora capito che Ahinoe non era una volpe in affari politici. Sarebbe stato molto più cortese avvertirlo. Da quando era stata assoldata da Crystal non aveva badato più a niente, e perdere quasi un anno dietro le futili idee della ninfomane non era proprio il massimo. Ora che era “quasi” libera poteva ben riorganizzarsi.

« Il colore delle vele? »
Rispose Ahinoe, con aria tediata dalla scomoda seduta dello scrittoio del governatore. Era palese di quale nave si trattasse, ma meglio far si che Olivander se ne rendesse conto.

« Rosse…. Ma cosa importa? Sono pirati! »
Sudato, i riflessi della luce sulle gocce sbiancavano ancor di più la pelle già pallida.

« Richards, è l’Exodus. La MIA nave. Ho fatto in modo che sapessero di me, sono mesi che non vedo il mio vascello. Altri pirati, vero, ma loro si aspettano una città decadente, come Green Water è stata presentata fino a poco fa. Dimmi, Richards, non avrai forse paura di una trentina di uomini? Rivoglio la mia nave, e non c’è altro modo che sfruttare questa città. E poi, potrebbero essere braccia in più per lavorare. »

L’Exodus era il brigantino posseduto da Ahinoe per buona parte della sua vita, sottrattole dalla sua ciurma stessa con un ammutinamento. Periodo che coincide con l’abbandono della pirateria da parte della capitana.

« Solo un favore: Capitan Ahinoe. Non sono una lady. »

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Accerchiata la nave, le cinquanta nuove leve della guardia occuparono posizioni limitrofe all’Exodus. Si può essere tanto idioti da capitare in trappola del genere?
Senza capitano ovviamente si. Curioso vedere come l’Exodus fosse stato lasciato a se stesso, come se Felipe conoscesse i piani di Ahinoe e avesse deciso di giocare con lei. Le regalava la nave, in cambio avrebbe voluto la carta. Presto sarebbe tornato.

Ad ogni modo, non ci volle molto a ottenere la resa dell’equipaggio dell’Exodus, in parte adesso a far compagnia ai pesci. L’Exodus, brigantino dalle rosse vele, di nuovo in possesso di Ahinoe. Come ci si poteva aspettare, nessun tesoro era stati lasciato nella stiva, e nemmeno da bere.

Ahinoe era in piedi, appoggiata al timone di cui non sentiva da anni la ruvida sensazione del legno, quando un figuro le arrivò di soppiatto da dietro: Olivander era peggio di un ombra.
Il cuore di Ahinoe sussultò in seguito all’entrata dell’uomo, non ancora abituata alla sua presenza. Olivander tentò di poggiare una mano sulla spalla di Ahinoe, ma venne veemente respinto.

« Lady Solis, è solo un vecchio vascello. Perché abbiamo dovuto perderci tempo dietro? Non capisco. »
Un tono dubbioso e saccente, un tono cinico, legato al nulla.

« Richards, lascia perdere. Sai a malapena chi sono, volgi altrove le tue critiche.
Green Water non è fatta per me.
»
Sospirò, e poi tacquero entrambi.

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LXIV G I O R N O
Volpi(?) di mare...


Green Water era cresciuta, pian piano diventava una meta comune per le navi mercantili che prima la evitavano per paura di incorrere in pirati o simili fuorilegge. Sarebbe un passo avanti dire che la giustizia cittadina funziona, ma poco a poco l’obiettivo si faceva sempre più vicino.
Purtroppo. Il cominciare a far girare voci della città giunge anche alle orecchie sbagliate, e a quanto pare il governo di una donna non sembra mai efficace.

Questa volta Olivander aveva visto giusto, timori fondati.
L’uomo in nero bisbigliava muovendosi freneticamente intorno ad una delle guardie, visibilmente spaventata, sia dall’uomo che qualcos’altro. Era evidentemente importante, per non accorgersi di essere a discutere nella sala principale della villa. Cosa ben poco pratica.
Ahinoe si avvicinò subito a loro, infastidita dal loro parlare sottovoce. Cosa volevano fare?

« Qualcuno mi spiega cosa diavolo sta succedendo? Siete strani oggi. »
Non erano i soli, nel gir di pochi minuti un fremito comune si era diffuso fra tutte le guardie della villa, e adesso tocca a lei. Finalmente.

« P-pirati. Di nuovo. Sono state avvistate una cinquantina di navi che si dirigono di gran fretta verso Green Water. Temo che vogliano attaccarci, ormai si è sparsa voce che la città stia rinascendo sotto una… donna. »
Olivander tremava come suo solito nel parlare di cose del genere. Che si sbagliasse era difficile, ma far sembrare ogni situazione disperata è proprio il suo forte. Ahino dapprima tentò di ascoltarlo, ma la confusione dell’uomo era abbastanza da rendere incomprensibile il senso di quello che biascicava.

« Calmatevi, tutti e due. Una flotta di pirati? Una flotta?
Sarò sincera, non piace nemmeno a me, ma non per questo lo tratterei per un problema così grande. Ho visto di peggio, anzi, ci sono dentro.
»
Le parole di Ahinoe suonavano come follia nelle orecchie dei due, ormai persi nel discorso.
L’unica cosa da fare, per loro, era usare il piccolo esercito radunato con tanta fatica in due mesi di lavoro per cercare un minimo di resistenza mentre il grosso della popolazione fugge. Questa è follia, invece.

« Sotto chi viaggiano? »
Seria. Non badano mai alle cose più importanti. Pirati? Ci uccideranno tutti. Senza nemmeno pensare ad eventuali risvolti in seguito al tentare un approccio diverso dalla solita difesa.

« Carl Androes, si è fatto nome da poco. Pare sia estremamente convincente come capitano, e che invece di limitarsi alle razzie riesca addirittura a far entrare nella sua ciurma ogni genere di uomo. Compra le anime paggio di un diavolo. »
Se sono sciocchi, ci sono poche soluzioni. Ahinoe non aveva mai sentito parlare di quest’uomo –evidentemente poi così famoso o importante non era- ma sembrava qualcuno con cui poter parlare.

« Fate preparare l’Exodus, io e Richards andiamo incontro a loro. »

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Exodus puntava dritto verso la flotta, e Ahinoe era conscia di come sarebbe finita se non fosse riuscita a far desistere quelle navi dal continuare. Mille uomini armati, quando Green Water ne ha solo circa un terzo come forza militare. Sarebbe stata una disfatta se avessero mosso il loro attacco. E tutto questo senza minimamente considerare la portata del fuoco di tutte e cinquanta le navi di Andores, considerando le difese esterne praticamente nulle.

Carl Andores acconsentì a parlare con Ahinoe, come del resto la capitana si aspettava e, perlopiù, sperava facesse. Ahinoe attraversò una tavola per giungere sull’ammiraglia della flotta nemica, e scortata da due nerboruti nella cabina del capitano, aveva inizio la sua maratona.

Non si aspettava di trovare il classico stereotipo di pirata, visto come le era statio presentato, ma nemmeno figure del tutto fuori luogo rispetto al loro ambiente. Carl Androes, invero, era uomo –probabilmente sulla quarantina- particolarmente ben trattato. Lineamenti duri e un sorriso spavaldo stonanti con la chioma bionda adornata da un copricapo cremisi. Seduto, con il mento appoggiato sul pugno chiuso, scrutava il corpo di Ahinoe.

« Ad essere sincero, pensavo di ucciderti non appena fossi entrata.
Ma, a vederti, non sembri la bambola che hanno messo a capo di Green Water
»
Era già il secondo che le affibbiava quel soprannome, qualcosa di detestabile e potenzialmente suicida, in effetti.

Ahinoe, invitata a mettersi a sedere, non rifiutò il gesto.

« Che gesto… garbato. Io sono Ahinoe S- »
Fu interrotta.

« So chi sei, Ahinoe. Qualcuno che è dove non deve essere, qualcuno… che interferisce non i miei affari. Non voglio portare, rancore, quel vecchio di Red era inutile, ma almeno lasciava a fare ai miei uomini ciò che volessero. E ciò che voglio io. Invece ora scopro che non posso più contrabbandare senza rischiare di lasciare i miei uomini in balia della nuova governatrice.

Non ho bisogno di Green Water, ma queste sono le piccole cose che urtano il mio buon senso. Ahinoe, ahinoe, ahinoe…
»
Olivander, stato fino ad allora al fianco non aveva osato “spicciare” una sola parola. Eppure, era lui che si irritava quando offendevano la giovane capitana. Questo era il minore dei mali, Carl Androes era un pessimo negoziatore. In pratica, voleva solo vedere com’era fatta la piratessa che infastidiva i suoi commerci.

Qual è la goccia che fa versare il vaso? Questa.
« Al diavolo. Voglio Green Water libera. Sono disposta a concederti quanto vuoi, più di quanto possa darti se possibile. Questo perché non possiamo fronteggiare un’intera flotta. »
Ringhiò, accentuando una vena di duro rimorso nella gola.

« Mi deludi, mia cara. Lo hai detto tu stessa. Perché dovrei accontentarmi quanto otterrei la stessa cosa in entrambi i casi? Suvvia, e se ti dicessi di si perderei anche tutto il divertimento.
Non ti sembra un po’ illogico come ragionamento?
»
Tasto dolente, era partito convinto di non dare chance ad Ahinoe, e fin dal momento in cui l’aveva fatta salire a bordo pensava solo a ridere dietro le sue parole.
La goccia, la goccia.

Ahinoe, rossa nel viso e nelle intenzioni, afferrò la giacca del pirata tirandolo con un forza esagerata a s, e incutendo lui timore. Ahinoe era figlia di Edward Teach, meglio conosciuto come il diavolo barbanera, famoso per uscire vittorioso dai combattimenti in una nube di fumo, fiamme esangue che lo avvolgeva. Con chi diavolo credeva di parlare lo sbruffone?

« Ahinoe Solis. Sono Ahinoe Solis. Piacccciere. »
Lo frecciò con uno sguardo in fiamme, quindi lasciò la presa. Carl era più sorpreso che indignato.
Ripartirono.

« Sai che potrei farti uccidere, qui, adesso dai miei uomini, vero?
Piccola sbruffoncella. Non è diventando rossa che otterrai ciò che vuoi. Non rinuncerò a posare i miei piedi sul suo suolo assieme ai miei compagni, sappilo bene.
»

Olivander era ovviamente scioccato, tremante e sicuro che sarebbe morto. No, per niente una bella sensazione.

La discussione si rese interessante fra i due, e Ahinoe finì per raccontare lui tutto quello che era successo da quando erano entrati in contatto con Crystal, perché quella donna e i suoi progetti dovevano venire soffocati.

• • • •


« Mettiamo che io sia rimasto affascinato dalla storia, a che pro questa città? Se volessi essere compassionevole, dovrei solo lasciare in vita te. Te sola, quel becchino che ti sta a fianco mi da i brividi. »

Olivander ebbe uno sgomento, per poi mettersi dietro ad Ahinoe. Ricordare che era LUI ad aver teoricamente protetto Ahinoe fino ad allora.

« Prenditi la città, non è fra i miei obiettivi tenerla. Dimmi Androes, perché distruggerla e metterla a ferro e fuoco quando puoi possederla? Ora che è stata anche ripulita. Con il tuo peso in questi termini, basterebbe poco per fare dell’economia il tuo forziere personale. E senza rinunciare alla sana pirateria. Basterebbe insediare uno dei tuoi uomini.
E, come ti ho detto, Crystal non è solo folle per volere tutto questo. Non sei interessato a scoprire cosa vuole fare? E, magari, di impossessarti di qualcosa veramente prezioso?
»
Carl scrutò ancora Ahinoe, facendo cadere lo sguardo sui tatuaggi e le cicatrici che rovinavano l’armonia di un corpo così giovanile.

« E sia, ma lo faccio per te. Mi piacciono le ragazzine ingenue. »
Ahinoe e Olivander tirarono giù un sospiro di sollievo. In un modo o nell’altro era andata.

« Bene, Lady Solis direi di dare la notizia. »
L’uomo nero attaccò, dopo oltre un’ora, parola. E per dire qualcosa di ovvio.
Se Carlo lo avesse ucciso sul serio, avrebbe avuto tutti i motivi per farlo.

« No, no, no. Ahinoe, che ne dici di rimanere con me questa notte? Suvvia, il becchino può fare al posto tuo. »
Ahinoe fissò l’uomo, e fece finta di non aver compreso i fini della proposta. Ingenue.. no?

« …perché no. Richards, forse è meglio che faccia tu in effetti.
Da domani cambieranno un sacco di cose.
»

Alleanza con un pirata?
A quanto pare. L’unica cosa che rimane da fare, è sperare.

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T O D A Y
Raduno a Duma


Arrivò a Duma non appena aveva ricevuto la chiamata. Un sospiro di sollievo nel lasciare quella città e tutta la gente che ci si era insediata. Sembrava una nuova Tortuga, Green Water, e tutti i sacrifici fatti si sono rivelati inutili di fronte alla minaccia.
E non era solo quello.

Duma, otto mesi dall’ultima volta che aveva calpestato la sabbia. E non l’avrebbe fatto per altri otto, se avesse potuto. Si fece strada fino al castello, e una volta li varcò la soglia che aveva lasciato tempo fa per tornare al Sorya. Crystal, seduta sul trono, l’aspettava.
Ahinoe voleva rivedere il volto di Jevanni, invece.

« Ho risposto alla mia chiamata,
come avete chiesto.
»
Perché non la smetti di tormentarci?
Lo specchietto lo rimetto dal prossimo, dubito serva a questa giro. Sono stato il più chiaro e lineare possibile, non ho niente da dire per fortuna. Oddio, questo giro è una quest a parte.



Edited by Christine` - 17/3/2012, 22:25
 
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Stray
view post Posted on 18/3/2012, 01:13




LA MANO DI VEGA
s t o r m b r i n g e r
{VII}


Gem d’Oeste è una città divisa in due.
C’è la Gem d’Oeste dei palazzi in marmo, delle ampie vetrate, dei tetti spioventi e dei camini accesi, la parte bianca, la zona dei mercati, della luce che indora ogni pietra d’angolo, dell’oro che suggella il bacio del ferro nelle fontane accese, splendente al sole dell’alba, dove gli alberi frondosi scuotono le loro chiome alla brezza dell’est, dove il popolo ride, paga, mangia e continua a vivere, famiglia dopo famiglia, dimenticando il passato.
E c’è la Gem d’Oeste del grande muro, dell’ombra nei vicoli, del lamento soffocato, della pozza di sangue su cui si riflette il volto sporco del mendicante, dell’ammalato, del morbo misterioso e abietto che vive nelle piaghe e nel silenzio della gente oppressa, la città del dolore, della sofferenza, della reclusione forzata, del carico di cibo che precipita nel fango gettato dalle catapulte, delle case diroccate, della peste nera.

Prima, la città chiamata Gem do Oeste, Gem d’Oeste o Gemma dell’Est era una sola cosa.
Nessun muro, nessun ghetto, nessuna divisione, nessuna reclusione forzata.
Nessun mucchio di cadaveri per le strade. Nessuno straccio sbrindellato appeso alla porta di casa. Nessun marchio di vernice sui muri della gente malata. Nessun carro seguito da sciami di mosche. Nessun tetro scampanellio dal collo degli untori.
Prima che arrivasse la pestilenza.

~†~

« Dov’è il re? » « Dov’è il re? »
« Non riusciamo a trovarlo. » « Cercate! Non è possibile che sia scomparso ancora! »
« Primo ministro… non è ancora arrivato neppure il primo ministro? » « Codardo. » « Ma il re? L’avete visto uscire dalle mura? » « Quante volte nell’ultimo mese se n’è andato? » « Sarebbe meglio contare i giorni che ha passato qui da noi. » « La guerra, nelle frontiere del nord… il Beccaio… » « Il consigliere di stato è morto, sua figlia ha contratto il morbo. Come tutti. » « Ma dov’è il re? »
« Dov’è re Rohan? »

« Io non sono il vostro re. »

Un nugolo di brandelli di stoffa rossa entrò vorticando dalla finestra, sempre più fitto e compatto, come uno sciame di farfalle impazzite. Rotolò a mezz’aria raggiungendo il trono, con il fruscio delle foglie mosse dal vento, e lì prese fattezze umane come un giovane dallo sguardo di ghiaccio. I capelli neri gli cadevano mossi quasi oltre le spalle, senza alcuna cura né ornamento, e i vestiti non erano affatto regali, come le sue maniere: incrociate le gambe, si era disteso portando le cosce oltre la sedia e incrociando le mani sullo sterno. Il metallo brunito e lucido degli schinieri sembrava intaccato da macchie scure.

« Ma ho la soluzione che state cercando, per salvare la città…
…che, bene o male, mi è stata affidata.
»


Il consiglio vociferò, guardandosi l’un l’altro, spezzando per pochi attimi con voce di risacca il silenzio che era sceso nella sala del trono. Fuori, il cielo del tardo pomeriggio era un affresco di nuvole grigie infuocate dal sole, che migravano pigre in un innaturale cielo blu oceano, preparandosi alla tempesta. Dai grandi balconi del palazzo reale, nel mare di guglie e casupole si distinguevano chiaramente le due parti della città, divisa da una linea irregolare talmente alta da proiettare per buona parte la sua ombra nella parte reclusa, umida e ingrigita.
Un trio di anziani prese la parola, facendosi avanti dal mucchio in toga nera.

« Ne abbiamo convocati… ma i maghi non sono di alcun aiuto, non riescono a risanare i malati. La città… non vedo mai gli stessi volti di ieri, la popolazione diminuisce di giorno in giorno, di ogni genere spariscono dietro il ghetto… siamo costretti, come ha ordinato, a portare intere famiglie oltre il muro. » « Ha fatto il bene, sire, ha agito nel giusto: è l’unico modo. Ma contenere il morbo non può debellarlo. » « Cosa possiamo fare, ora? Non c’è alcun rimedio, né pozione o unguento che abbia dato risultati. » « Abbiamo già perso alcuni dei nostri collaboratori… il primo ministro ieri è morto… una casa su tre è abbandonata. » « Cosa è andato a fare nei territori del settentrione? »

Un sorriso affilato si allargò sul volto del re, mentre squadrava con occhi socchiusi i consiglieri.

« Sono andato a prendere un amico …molto dotato in questo genere d’affari.
Adesso, ordinerete altri tre giri di controllo sanitario. Chiunque manifesti anche solo un vago accenno di infezione, fatelo rinchiudere assieme a tutta la famiglia. Ovviamente, fate lo stesso anche con gli uomini che effettueranno queste mansioni.

E questa notte, non uscite di casa per nessun motivo.
»


Gem d’Oeste è una città divisa in due.
Ed entrambe le parti appartengono al Re. Ogni uomo, donna o qualsiasi essere è sottoposto al suo dominio. Il suo giusto e necessario dominio. Così come Crystal ha detto, così come Rohan ha accettato di malavoglia. Quando ora il ragazzo, improvvisamente serio, si siede composto sullo scranno porporino, ogni ministro trema. Sono parole dure, spietate, ed è ancora più terribile la calma con cui vengono dette, ma non solo: sono gli ordini, ordini del Re.

« I miei ordini non si discutono. »

Perché tutto, in fondo, è per il bene del popolo.

~†~

Gli immensi portoni del Muro si aprirono, graffiando sui cardini, spalancati da un sol uomo.
Dietro di lui, la luce della luna argentava la via deserta e le case dalle finestre sbarrate. Mosse un passo avanti, dentro la zona nera, e da un’ombra al suo fianco affiorò la sagoma del Beccaio. Le porte del lazzaretto sbatterono con violenza, e da lì in poi ci fu solo buio.

Nelle mani di Rohan divampò una fiaccola, illuminando tremula il luogo.
Attorno a loro, decine di corpi sfregiati dalla malattia strisciavano a terra, alzando verso la luce volti pallidi e scarnificati. Sul volto del Generalleutnant si stirò un largo sorriso a denti stretti, a metà fra l’orrore e il divertimento. Una mano gli afferrò la caviglia. Guardò Viktor, Viktor guardò Rohan, e il ragazzo lasciò cadere a terra la torcia.

Qualche minuto dopo le fiamme divoravano il lazzaretto, battezzando col fuoco le nuove reclute, alla luce della luna nascosta fra le nuvole si innalzavano colonne di fumo pestilenziale.

~†~

La mattina dopo, Gem d’Oeste era una città diversa.
Quando i nuovi sorveglianti aprirono le porte del Muro, non trovarono anima viva. Tutto era permeato di un silenzio vischioso e opprimente. Si fecero avanti con timore, passo a passo, guardandosi attorno con circospezione. Un deserto di pietra e cenere, nient’altro.

Voci dicevano che un potente mago avesse fatto sparire tutto.
Circolavano voci di deportazioni dei malati o completa soppressione di questi per mano di forze ignote.
I maligni suggerivano che lo stesso mago avesse fatto sparire anche il re, di nuovo.
Alcuni, invece, sapevano del patto fra i due, fra la città dell’ovest e la città del nord, come dell’immenso patrimonio minerario messo a disposizione: anche quella città lontana, in una sola notte, si era svuotata.
Qualunque cosa fosse, non importava. Gli anziani continuarono a governare come ben prima che il giovane sovrano facesse le sue sporadiche apparizioni sul teatrino di Gemma d’Occidente, approfittando di vecchi e nuovi agganci commerciali. Col tempo avrebbero recuperato anche le perdite, avrebbero recuperato ogni cosa. Ma tutti sapevano la stessa cosa: che il Re non sarebbe tornato, ora che le cose avevano ritrovato il loro ordine. Perché, in fondo, il Re non era un vero Re.
E il suo posto non era quello.

« Mi stavo annoiando, Regina.
Hai un gioco per noi?
»





«« ReC: 275 AeV: 225 PeRf: 325 PeRm: 225 Caem: 250 »»
Basso: 02% Medio 06% Alto: 15% Immenso 33%

Stato Fisico » Illeso ~ {0/16}
Status Anormali » ~ {0/0}
Stato Psicologico » ~ {0/16}
Energia » 100%
Equipaggiamento »
«Right Arm of th'demon» Innestata. «Lascito dell'Alba» ~ «Stendardo di Gruumsh» ~ «Kharon» ~ «SfregiaDiavoli» Equipaggiate a entrambe le gambe. «Nightcleavers» Assicurati attorno al torso {x15}


Abilità Passive & Derivate da Artefatti •
«Appetize for Opposition / Havoc Hormones» Difesa psionica passiva. / Possibilità di impugnare armi enormi con facilità, forza fisica eccezionale. «Overwhelming Will» Immunità al dolore / Non sviene raggiunto il 10% di energie. «Scattering Steel» Telecinesi sulle armi possedute. «Oko Boga nie zna barier» Auspex passivo, visione delle auree. {Stendardo di Gruumsh} «Era il loro campione e giusto il suo discernimento / La sua spada parrà incontrastabile, splendente e soverchiante.» Qualunque azione verrà commessa, gli altri la considereranno sempre giusta e necessaria. / Paura e timore di morire per chi fronteggia i colpi della spada. {Lascito dell'Alba} «Fremito» Impossibile percepire la direzione del colpo, l’arma appare incredibilmente sfocata. {Kharon} «Percuoticieli / Frangianimi » Creazione istantanea di appoggi immateriali orizzontali o in pendenza. / Ogni colpo o tecnica inferto da Rohan infligge il doppio delle sofferenze che potrebbe sortire, pur rimanendo invariato il danno in sé. / Rohan avverte dolore equivalente al danno inferto per mezzo degli schinieri. {SfregiaDiavoli}


Riassunto Azioni & Note •
Gem d’Oeste è stata divisa in due: metà della città è diventata un vero e proprio Lazzaretto, divisa da un gigantesco muro, mentre nell’altra metà la vita continua normale. Questa soluzione (tanto drastica quanto efficace, visto che confinare in un luogo sicuro ogni segno di infezione contribuisce ad abbassarne drasticamente la trasmissione) è stata ordinata da Rohan, che non ha mai preso con impegno l’incarico affidatogli, visto che a continuato a bighellonare e a spostarsi fra la sede del Sorya, Rottenhaz e la città di Viktor, dove a sedato nel sangue le rivolte guidando i Falkenberg Korps. Ora come ora, non ha la minima intenzione di mettersi a governare una città, figurarsi se in quella situazione ~ ma, in ogni caso, si tratta di vite umane, e anche se il ragazzo non si sente per niente parte di quel posto o di quella gente, ha trovato la soluzione definitiva: la magia del Beccaio, in una notte, trasforma tutta la popolazione reclusa in nuovi uomini/mostri dei Korps. In questo modo, per fare un esempio, l’albero corroso dalle termiti, anziché eliminare le termiti, è stato tagliato subito dopo il punto critico.

Visto che la città di Gem d’Oeste è salva, lascia l’amministrazione al consiglio di funzionari (organo preesistente) con annessi eventuali beghe di ripopolazione o ricostruzione economica, e va con Viktor da Crystal. Non ho descritto l’entrata perché sostanzialmente seguo Lenny… lo farò nel prossimo post, come una maggiore descrizione psicologica.


 
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view post Posted on 25/3/2012, 14:03
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Erano passati i mesi, ma per lei che non aveva tempo era come se tutto fosse rimasto fermo. Nella sua città da ricostruire, ove formiche si affaccendavano per innalzare nuovamente mura ed edifici. Dove il tempio risorgeva dalle proprie materie e i crateri della guerra venivano colmati di terra. Dove le tombe avevano vomitato i cadaveri, e quelli in eccesso si erano dovuti bruciare. Una cerimonia toccante, alla quale aveva assistito in disparte, per nascondere la propria completa indifferenza. Non le importava nulla di loro, dei loro sentimenti, del peccato che li pervadeva.
Aveva avuto la propria vendetta, ma solamente in parte. E ancora la sua sete non si era placata, ancora sotto la lingua pregustava il sapore del sangue e del rinnovamento.
La notte, quelle lunghe notti in cui non poteva dormire poiché non conosceva il sonno, guardava il cielo stellato d’Oriente, sognando di porvi nuovi astri e nuove costellazioni, di poterlo guardare un giorno dall’alto decretando la propria superiorità su quel mondo di inetti.
Nessuno era giunto a disturbarla o mettere in discussione il suo potere. Forse l’Oriente era ancora troppo turbato dagli sconvolgimenti che avevano scosso l’intero mondo. O forse la nuova Signora aveva chiuso un occhio, ignorandola. Ne aveva sentito vagamente parlare durante quei giorni, come di una donna di bellezza straordinaria e dalla personalità ambigua, capace di sedere sul trono e mozzare le teste di coloro che l’avessero sfidata.
Non le aveva parlato né si era presentata alla sua corte, perché presto non ci sarebbe più stata una corte. E perché lei stessa un giorno non lontano sarebbe divenuta regina. Le avevano detto che la Signora d’Oriente era stata una danzatrice, una puttana, un’amante infedele. E anche lei sarebbe stata schiacciata come tutti tra le dita del destino. Il suo sangue si sarebbe mescolato a quello degli altri. E non sarebbe più stata né bella né viva.
Aveva meditato questo e altro in quei mesi. Ogni giorno si era guardata allo specchio e si era trovata uguale al precedente. Aveva espresso decisioni, pareri, aveva condannato e assolto. Ma nella sua mente ogni parola era solo un precedente a quando avrebbe pronunciato il giudizio finale.
E finalmente era venuto il tempo, era maturato il giorno in cui riconvocare i propri generali. Le acque erano sufficientemente calme per consentire di sferrare l’attacco finale.
Erano tutti schierati davanti a lei, nella sala del trono, a guardare la sua figura vestita di lilla, inespressiva. Qualcuno la arringava, pensando forse di provocarla. Altri attendevano in silenzio.

Bentornati, compagni.
Non è un caso che oggi siate qui. Sì, avete ragione, ho un nuovo gioco per voi, per spezzare la vostra noia
”.

Non era mai stata un’oratrice troppo abile. Le avevano detto che la Rosa d’Oriente avesse saputo farsi eleggere regina arringando la folla in un solo giorno, con un solo discorso. Ma era certa della giustezza delle proprie idee. Non avrebbero potuto fare a meno di seguirla per quella giusta causa. Gli occhi le scintillavano nuovamente d’emozione.

L’ultimo atto della nostra missione ci attende.
Finalmente potremo cambiare il mondo. La nostra meta è il deserto, il suo centro, il suo cuore. Là dove riposano i suoi più intimi segreti.
Le leggende parlano della porta per gli inferi, aperta nel ventre della terra. Forse non hanno del tutto torto, o forse semplicemente qualcosa di ancora più grande si nasconde sotto le sabbie.
Venite con me, compagni, e lo scoprirete
”.

Li abbracciò con un gesto e con lo sguardo. Era nuovamente colma del proprio fervore. Le erano mancati quei momenti, nella quiete dei mesi. Le era mancata la trepidazione che precede l’atto, il senso di imminenza che fa prudere la nuca e rende umidi gli occhi.
Sì. Sarebbero partiti. E finalmente tutto si sarebbe compiuto.

 
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view post Posted on 26/3/2012, 19:16

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La mano di Vega
Atto III: Stormbringer
شنت تقتحم


Il tempo nel deserto era ciò che di più un drago potesse desiderare, se per Akor’ non ci fosse stata la costrizione del suo essere rinchiuso in una piccola sfera di onice, avrebbe goduto del caldo che gli riscaldava le scaglie, del vento afoso che gli sferzava la scorza di cui era ricoperto. Ma volle godersi lo stesso il panorama del mondo che per tanti anni gli avevano negato. Conosceva il deserto del Dàiong come se lo solcasse da sempre, d’altronde quelle dune erano il suo luogo natio, e tornare lì dopo secoli di assenza fu come un piacevole tuffo nel passato, il ciclo della sua storia che finalmente arriva al compimento. Un lieto fine completo di idillio, dove il protagonista di sventure giunge finalmente all’inizio della storia, trovando tutto immutato nel tempo. Le dune, che in tre giorni di viaggio per gli uomini sarebbero stati tutte uguali, per lui invece ognuna aveva una storia, per lui ognuna aveva una sua peculiarità che la differenziava dalle altre. Il vento, con le sue bufere, non era stato in grado di cambiare ciò che per lui era la sua vera casa, né quel loco inospitale era stato forgiato dagli uomini a loro stretta necessità. Era rimasto il luogo selvaggio che lui si ricordava.

Quello era la terra dei draghi: land van jakkalse; terra Dracones.

Ogni popolo, ogni lingua, aveva un suo modo per definirla. Ma tutte le popolazioni limitrofe avevano imparato a conoscere quel luogo e temerlo. Nei tempi della grande guerra, quel luogo non era altro che un grande cimitero dei draghi. Per un quarto della sua estensione, il Dàiong era stato trasformato in un luogo di culto, un luogo dove gli antenati periti in guerra potessero trovare la pace eterna. I draghi custodirono molto gelosamente le relique dei propri avi, scacciando sciacalli e raziatori che volevano impossessarsi delle loro preziose ossa, tenendo a debita distanza qualsiasi essere umano cercasse di oltrepassare il confine. Anche ora, che la grande guerra era un lontanissimo ricordo, quella zona veniva evitata dalle carovane mercantili e dalla maggior parte degli umani. Solo i più arditi si inoltravano in quei territori, solo i più coraggiosi tra gli umani osavano mettere piede in quella zona proibita, avvertivano come se mille occhi si puntassero su di loro, come se ogni passo potesse essere controllato da un’entità superiore.
Una volta lì, i passanti, divenivano prigionieri erranti senza nessun aguzzino che li tenesse a bada, solo quella orrida sensazione che gravava sui loro corpi.
Anche i quattro avrebbero avvertito quella sensazione, ma non Akor’, lui sapeva che erano i suoi fratelli che dall’alto li guardavano, gli antenati che dal paradiso li scrutavano, gli Dei che dal firmamento li giudicavano.
No, gli umani non erano graditi in quei luoghi. E si poteva avvertire sulla pelle.

Quella era la terra dei draghi, una terra inospitale, una terra carica di magia.

Alla fine li videro. Una schiera di scheletri adagiati in un enorme spaccatura del terreno, come se una fossa di cospicue dimensioni fosse stata scavata nella sabbia fin giungendo alla pietra primordiale. Lì, tutta la storia dei draghi era rappresentata, dal più grande drago al cucciolo più piccolo. Ogni singolo drago che avesse incontrato la morte sia dell’anima che del corpo, risiedeva in quel cimitero.
Una struttura perfettamente circolare profonda parecchie centinaia di metri. Scale scavate nella roccia portavano verso il fondo di quel cimitero, dove gli scheletri riposavano in pace velati da una magia senza tempo che li proteggeva da ogni agente esterno. Scheletri che non erano nient’altro che una drammatica e struggente visione di quelli che nel passato erano vere meraviglie del mondo. Erano solo lo schizzo su di una tela che una volta accoglieva un capolavoro. Tutto in quel luogo era triste. Dal silenzio lugubre che li circondava, al rimbombo dei loro passi sulla pietra.
Nel silenzio, camminarono tra le gabbie di ossa, tra teschi grandi quanto una casa, oltrepassarono la fossa di scheletri in mezza giornata, quando il pomeriggio cambiò divenendo sera. Quando uscirono, le stelle ormai erano alte nel firmamento, e la luna baluginava in tutto il suo splendore, rischiarando le tenebre che altresì sarebbero state impenetrabili.

« Siamo arrivati. »

La voce di Akor’ rimbombò nella testa di tutti, anche in quella di Crystal, non voleva che quella donna mettesse le mani sul tesoro contenuto in quel luogo, ma per il momento non poteva fare niente.
Non poteva fare altro che restare ad osservare.
La donna continuava a scrutare la mappa credendo che ci fosse un errore, difatti quelle dune non erano molto diverse da quelle che caratterizzavano il deserto prima del cimitero. Era un posto come un altro.
Solo per una pietra, un masso poco più grande del cranio di una mucca, un masso con una fessura zigzagata al centro. Una piccola dicitura era scolpita nella pietra.

“Un artefatto per ghermirli tutti”

Non v’era solo un artefatto lì sotto, forse qualcosa di ben più pericoloso dormiva nell’attesa di quel giorno.


CITAZIONE
Qm point:
Dopo tre giorni di viaggio raggiungete il cimitero dei draghi, scendete fin sotto alla fossa e l'attraversate, dato che è la strada più breve per raggiungere l'altra parte del deserto. Una volta entrati lì sembrerà come se fosse osservati, come se occhi seguissero ogni vostro movimento, come ad avvertirvi che dovete stare attenti a ciò che fate, e che no, non siete per nulla graditi.
Dopo mezza giornata raggiungete l'altra parte, risalendo le scale dopo centinaia di metri arrivate davanti a quel masso, a voi capire cosa dovete fare.
Avete fino al ritorno di Stray, dato che non è colpa vostra aspettiamo il suo ritorno, comunque da quando torna avete tre giorni di tempo per postare. Per domande al solito Thread in confronto.



Edited by Lud† - 4/4/2012, 23:15
 
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