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« C O N Q U I S T A D O R E S » h e l l o n e a r t h
Cacofonia di suoni e orrori. La carne dilaniata dalle armi rugginose. Il risucchio liquido delle lame estratte dai corpi martoriati. I tendini che si laceravano con strappi secchi e striduli, i muscoli sfilacciati ed esposti alla vista. Le fiamme facevano ribollire il sangue caldo con gorgoglii ributtanti. Le ossa si spezzavano e squarciavano la pelle, creaturine bianche curiose di vedere il mondo che non si ponevano problemi a forare polmoni e trafiggere organi vitali, pur di emergere all'esterno. Nell'aria risuonavano le grida di chi viveva e i lamenti di chi moriva; vincitori e vinti, fusi insieme in un abbraccio di sangue e ferro, che intonavano una splendida sinfonia di morte e disperazione. Caronte avanzava serafico nell'Ora d'aria, e si godeva lo spettacolo. Gli sembrava di essere tornato all'Inferno, ma più probabilmente era l'Inferno che lo aveva seguito in terra. I piedi scheletrici avvolti in fasce luride e sbrindellate sciaguattavano nella pozza di liquami infetti, budella eviscerate e intestina marcescenti che giacevano per terra. Schizzi cremisi zampillavano attorno a lui, misti alle bestemmie dei combattenti, di ammutinati e difensori, misti al baluginare di metallo e alle membra recise, agli ordini impartiti a vuoto e alle frattaglie sanguinolente, e tutte le cose si intrecciavano in magnifici arabeschi cangianti e tessevano i fili di una trama vasta quanto l'umanità, una trama che giungeva alla sua epica e miserevole conclusione proprio lì, proprio allora, nel ventre devastato di una lurida puttana obesa.
E Caronte, in cuor suo, gioiva. Perchè quello, a ben pensarci, non era l'Inferno: era molto meglio. Dai corpi bucati profondevano fiotti accesi come fiamme, non gli sbuffi di cenere morta di anime antiche come il mondo. I guerrieri, la loro carne era solida e morbida sotto le dita che le si avvinghiavano e la strappavano a brani, non come gli schifosi spiriti impalpabili quanto la nebbia al mattino. La paura negli occhi degli uomini era vera, non quel sentimento ormai banale e quasi dovuto che il Traghettatore leggeva all'Oltretomba sui volti sfatti dei dannati. Era per questo che aveva abbandonato il suo regno, era per questo che era salito sulla terra e si era messo al servizio dell'Oberkommandierende per guidare la ribellione: voleva elevarsi da uno scialbo turbinio di polvere grigia, dalle profondità di un abisso temuto dai vivi ma dimenticato nei fatti, voleva portare il dolore e lo strazio a chi ancora doveva sperimentarlo nella sua forma più totalizzante, voleva godere del male arrecato sui chi poteva ancora soffrirne. Non come quelle carogne incancrenite che scontavano il fio dei loro peccati all'Inferno: ormai avevano già raggiunto il fondo. I vivi, invece, no. I vivi avevano tutto da perdere. E l'avrebbero perso, grazie a lui. Ma perchè qualcuno perda, altri devono guadagnare: chi stava dalla sua parte non aveva niente da temere. Almeno per il momento. Forse. Mentre fendeva l'orda in tumulto in una tempesta di arti mozzati e teste decapitate, gli capitò sotto tiro un giovane dai capelli paglierini e i lineamenti imbrattati di macchie cremisi. Gli vide brillare negli occhi un terrore così puro e sublime che non resistette al desiderio di farlo suo. Senza curarsi dello schieramento del combattente - carcerato o secondino - gli ghermì la spalla con una mano, e con l'altra si avvinghiò al suo volto. Le dita ossute strisciarono qualche attimo alla ricerca della preda, mentre al contatto il volto bruciava e fumava e già piaghe crude si aprivano sulla faccia carbonizzata e la carne si squagliava e subito per il calore si saldava alla mano, prima che Caronte con uno strattone brusco tirò indietro il braccio e l'occhio destro venne sradicato dalla sua orbita, lasciando dietro di sé un cratere vuoto e nero. Il demone sollevò sopra la propria testa il bulbo, dal quale pendevano nervi ottici e colavano umori vitrei vischiosi e cristallini, filamenti densi che pendevano fino a lambire come un bacio viscido il suo teschio sbiancato; stette per qualche attimo in estasiata ammirazione di quel capolavoro di espressività, della pupilla dilatata e dei capillari rotti che iniettavano l'iride di venature rosse, mentre il ragazzo accanto a lui mugghiava di dolore, piegato sulle ginocchia. Infine mollò la presa e l'occhio precipitò fra le fauci spalancate. Masticò soddisfatto, residui organici che gli colavano agli angoli del ghigno come bava schifosa.
Caronte assisteva estasiato al massacro che si stava consumando attorno a lui. L'Ora d'aria era serrata in un cerchio fiammeggiante, lingue di fuoco che ondeggiavano verso l'alto come bandiere insanguinate che garriscono al vento; il fumo acre pizzicava gli occhi e strappava lacrime amare ai combattenti, la cenere si depositava sui volti e i corpi dei morti come un sudario farinoso. Ovunque c'erano petti trafitti e ferite grondanti, ovunque gli uomini lottavano fra di loro e si dilaniavano e si ammazzavano, fra i rottami bruciati e le carcasse metalliche di antichi macchinari, fra le fiamme che correvano per tutta l'arena, fra i guizzi di energia e i flash abbacinanti, le scariche magiche e le subdole illusioni. Il calore ammassatosi nella conca dell'Ora d'aria increspava l'aria come fragili onde sul mare spazzato da una brezza leggera; i riflessi delle vampe dipingevano abissi scuri sui volti dei guerrieri, ne distorcevano i tratti e ne deformavano le fattezze, creando dei veri mostri. Il Traghettatore vedeva ghigni spaventosi incrinare le espressioni malevole, vedeva occhi spiritati e grugni deformati, vedeva la pelle cascante ripiegata in rotoli di lardo e le membra sgraziate e disumane, vedeva i lineamenti alterati dall'ira e piegati dalla rabbia, lineamenti bestiali e primitivi, non appartenenti a persone normali. Quelli non erano uomini, non più: erano demoni, perdutamente persi in uno sfrenato baccanale di morte, una danza orgiastica a base di sangue e carogne. E si sentiva un po' più a casa, fra quei dannati che per non soffrire loro, infliggevano sofferenze agli altri. E che nessuno gli venisse a dire che combattevano per degli ideali, che combattevano per degli obiettivi, per la libertà, la giustizia o qualunque altro motivo. No, lui conosceva bene la natura umana: aveva avuto modo di osservarla e studiarla, all'Inferno, nei lenti millenni scivolati via a traghettare anime di peccatori oltre il fiume dell'Acheronte. La verità era che combattevano per il puro gusto di farlo. Perchè niente è più bello di un fiotto caldo sulla pelle, sgorgato dalla ferita di un altro, o della sensazione liquida delle viscere di uno sbudellato che ti scorrono sulla pelle e lasciano dietro di sè tracce umide e verdastre. Era come se l'orrore ributtante strappasse strati di pelle dai finti simulacri che gli uomini chiamavano corpi, strappasse i muscoli e poi le ossa, e mettesse a nudo ciò che stava sotto. Le guerre, le rivolte, gli scontri: per gli uomini erano solo pretesti per poter sfoderare la propria vera natura: bestie assassine e solitarie, che banchettavano coi cadaveri degli altri. Ed era proprio quello che stava succedendo, là sulla carcassa in rovina della Purgatory, nel mezzo di una landa desolata e ardente: gli avvolti si avventavano sulla carogna.
Scoccò un'occhiata alla sua sinistra, verso il fulcro del combattimento, dove i rivoltosi si avventavano in massa contro i Guardiani fedeli a Hyena e il ristretto manipolo accorso insieme a loro. I suoi seguaci sembravano sul punto di avere la meglio, ma gli altri si battevano con coraggio, o più probabilmente pazzia.
«Tu dove credi di andare? »
Un giovane dello schieramento avverso era riuscito a sgusciare fuori dal groviglio di ferro, ossa e carne e si era lanciato lontano dall'epicentro della strage, con la speranza di guadagnare l'uscita dell'arena. Sfortunatamente per lui, stava scappando proprio nella direzione di Caronte: il Traghettatore gli si parò davanti, ostruendogli ogni via di fuga. Il codardo si paralizzò sul posto e lo fissò atterrito. Il demone gli sorrise di rimando, poi sollevò una mano e la tenne in quella posizione per qualche momento. Il braccio scattò, la mancina sfondò la gabbia toracica dell'uomo con lo scricchiolio di ossa rotte piegate verso l'interno e sprofondò all'interno del suo corpo, scavando fra gli organi e le arterie. Ne riemerse con uno schizzo copioso di sangue, divellendo le ossa al passaggio: in mano stringeva il cuore ancora pulsante dello sciagurato. Mentre quello collassava al suolo, Caronte serrò il pugno e dagli spiragli fra le dita macilente colò polpa rossa.
Gettò la testa al cielo e scoppiò in una risata sguaiata e immonda.
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Prima venne la luce. Vivida, potente, inghiottì l'intero campo di combattimento in un manto di luminosità accecante. Big Lucy, Dave e i loro scagnozzi strizzarono gli occhi, tentarono di ripararsi portando le mani davanti al capo, ma i dardi incandescenti li crocifissero senza possibilità di appello, privandoli della vista. I rivoltosi, condotti all'Ora d'aria dagli ordini del Beccaio, parevano non aspettare altro: come se il subitaneo flash fosse il segnale concordato da tutti per attaccare, come se quella luce improvvisa avesse squarciato le tenebre residue della paura e della prudenza che attanagliavano i loro cuori e li avesse catapultati direttamente verso l'atto cruciale della loro lotta. In un istante, il tempo si fermò: le fiamme che danzavano nella colossale arena simili a invasati nel pieno del delirio si cristallizzarono in lingue di pietra tortuose e cangianti, trasparenti come giada fossilizzata, venate di sottili ragnatele carminio; le volute di fumo spiralizzanti arrestarono il loro dispiegarsi e si solidificarono in blocchi frastagliati di ossidiana; le armi levate al cielo scintillarono, immobili all'apice della loro parabola, vessilli della strage che già si era compiuta e che ancora doveva compiersi; i volti dei combattenti erano irrigiditi in linee fisse scolpite nel granito, che disegnavano sui visi espressioni di rabbia, di terrore o determinazione. Pareva che il Tempo stesso, incuriosito dalla monumentale battaglia, avesse pensato di rallentare tutto, per goderne ogni singolo istante e particolare. Solo un uomo si muoveva ancora nella stasi generale, serpeggiava fra i fuochi simili a sculture di ghiaccio e si incuneava trai grumi informi di uomini in lotta fra loro, con la spada seppellita nello stomaco e gli schizzi di sangue induriti a mezz'aria: si trattava di Morpheus, il ragazzo drago. Solo quando giunse alle spalle dei Guardiani l'esistenza riprese il normale corso, e a quel punto per loro non c'era più via di scampo. Anche perchè l'offensiva era tutt'altro che conclusa: avevano appena riacquistato la vista, quando nella mente dei difensori calò un velo cremisi, e dalla pozza vermiglia emerse una figura terrificante, nella sua apparente innocenza. Una bambola, la pelle di porcellana liscia e levigata, boccoli biondi che le ricadevano sul viso da bambina in mezzo al quale erano incastonati due occhi brillanti come rubini; il volto delicato era lordato da chiazze di sangue e umori ributtanti, si muoveva con gesti disarticolati e scatti innaturali.
Che vuoi? La scrofa di tua madre non ti ha dato la poppata? Beh, non sperare di scroccare qualcosa da me: la cucina è chiusa!
Bofonchiò Big Lucy contro la bambola assassina: le sue parole affogarono fra gli sputi e i respiri strozzati, tanto era reale la sensazione di soffocamento che la investì mentre parlava. In preda al panico, mulinò il grande mestolo d'acciaio davanti a sè, a mo' di sciabola: fu per puro caso che intercettò e deviò il fendente di Ezekiel: la lama scivolò di lato e le raschiò via parte della spalla. Poi però non potè niente contro i successivi attacchi: le sfere di fuoco scagliate da Stein la fagocitarono per intero, bruciandone la carne flaccida e molle e carbonizzando gli strati di lardo cascante. E subito dopo giunsero anche i bisturi, stilettate di dolore inferte al fianco e al braccio sinistro, che ne fiaccarono ancora più la resistenza: Big Lucy crollò a terra, quasi incosciente, mentre un'altra illusione terribile le si palesava davanti agli occhi, un demone abissale e perverso che la flagellava con pesanti catene di ferro, dilaniandone il corpo. Giacque, scossa da spasmi violenti, piaghe fumanti aperte nella carne floscia verde come bile, il respiro mozzo e il brutto grugno scrofoloso contratto in quella che sarebbe potuta essere l'ultima smorfia della sua vita.
Dave non se la cavava molto meglio. Un po' sì, ma non molto. Subito dopo il bagliore sfolgorante e l'illusione, Morpheus aveva tentato di trafiggergli la schiena da parte a parte con la sua spada, invano: ancora mezzo intontito dalla visione spettrale si era voltato di scatto, avvertendo la disarmonia di una nota stonata risuonare cacofonica alle sue spalle, ed era riuscito quanto meno a sollevare il braccio destro per proteggersi dalla lama: l'arto venne infilzato, ma il Guardiano scongiurò danni peggiori. L'amico del ragazzo ibrido attaccò uno dei due uomini al suo fianco, lo perforò in pieno petto e gli sradicò il cuore dal corpo, prima di essere a sua volta decapitato dal secondo scagnozzo: non si era avveduto della sua presenza, e pagò a caro prezzo quella disattenzione. Anche Dave fu investito dai globi infuocati: strinse i denti e sfoderò la frusta, che sibilò verso lo sfrontato che aveva osato ferirlo:
Bastardo, non mi scappi!
Il flagello raggiunse Morpheus al volto, ma riuscì soltanto ad aprirgli un sottile taglio rosso sulla guancia prima che il giovane si fu allontanato con la rapidità di una freccia scoccata da un arco di frassino. Il Guardiano rimase sorpreso e contrariato dalla velocissima ritirata: solo allora si accorse del cerchio intessuto di rune arcane apparso ai suoi piedi e nell'area circostante, da cui si dipartivano appendici tentacolari e viscide che si avvinghiavano alle sue membra e a quelle degli altri combattenti, rallentandone i movimenti: inizialmente le aveva confuse per filamenti di fumo, ma ora dovette ricredersi. Chiunque entrava nell'area del cerchio alchemico subiva l'influsso di quella diavoleria, chi ne usciva tornava alle normali condizioni di movimento: ecco spiegata la repentina sparizione di Morpheus. Intanto un altro nemico gli si era avvicinato, puntandogli la nera canna di una pistola dritta verso la testa. Dave lo squadrò con sguardo di fuoco, rassegnato all'inevitabile colpo, ma all'ultimo istante altre due figure in lotta comparvero a intralciare la traiettoria: si trattava del suo secondo uomo, quello che aveva decapitato l'avventato assalitore, intento a lottare contro un avversario: adesso sfoggiava segni di ustioni evidenti, e sfregi grondanti sangue sparsi su tutto il corpo: la pallottola partì e lo colse in piena testa, folgorandolo all'istante.
Dave si guardò intorno, scosso e allucinato: Big Lucy giaceva a terra, moribonda. I suoi due uomini erano morti entrambi, mentre quelli della cuoca se la stavano vedendo con un nano dall'aria bellicosa e altri combattenti accorsi al suo fianco: ci fu uno scambio di colpi, e uno dei rivoltosi cadde a terra, seguito poi dagli altri combattenti. Alla fine solo il nano barbuto e tarchiato si ergeva ancora in piedi. Le cose, decise, si stavano mettendo davvero male: doveva fare qualcosa. Si piazzò davanti alla compagna in agonia e lo scoccò un'occhiata significativa. Big Lucy annuì, poi sollevò una mano tremante e sfregiata da vesciche ricoperte di bollicine verso gli invasori. Non ci furono effetti visibili, ma di certo aveva usato le sue ultime energie per aiutare la causa come meglio poteva. Dave socchiuse gli occhi per un istante, e subito dalla sua figura si propagò una deflagrazione invisibile e silenziosa che distorse l'aria al passaggio e incrinò il vuoto: l'esplosione supersonica si allargò in ogni direzione, urtando uomini e macchine al passaggio, incrinando le ossa e spezzando il metallo. Ghignò come uno squalo famelico: quei traditori avrebbero avuto ciò che si meritavano. Dietro la bordata sonora si mossero altre tre figure, superstiti della battaglia fra gli evasi e l'avanguardia avversaria: si trattava di un colosso dai muscoli guizzanti e il cranio rasato alto sette piedi, che impugnava una lunga mazza di metallo ricoperta di liquido rosso; un omuncolo dall'aria infida che sembrava avanzare strisciando come un serpente, armato di pugnali dal filo seghettato; individuò il suo bersaglio in un umano dalla carnagione chiara e i capelli castani vestito con una lunga cappa turchese e gli scagliò contro due coltelli, dritti al petto. Infine, il terzo era uno spadaccino dinoccolato e longilineo che roteava con perizia una spada sottile e affusolata. Ma prima di loro, sarebbe arrivato l'attacco di Dave.
L'ondata compatta di suono si abbattè sull'Ora d'aria, devastandola.
{ SpecialQm Point }Allora. Vi siete comportati abbastanza bene con la combinazione di attacchi, anche se avreste potuto fare ancora meglio. Ad esempio usare qualche tecnica in più per infliggere danno diretto, invece di sprecare la maggior parte degli slot per sole abilità di supporto; comunque non male. Orf, Trappola è attiva ad area, quindi anche i tuoi alleati che si ritrovano nella zona ne subiscono gli effetti: per questo non l'ho tenuta in grande considerazione nel descrivere lo svolgersi degli attacchi fisici. Come accennato nel post, se tutti si muovono con la stessa lentezza, è come se si stessero muovendo a velocità normale. Lud: gli avversari in tutto sono 6, non 4 come ripeti più volte: Dave, Big Lucy e due png per ciascuno. Ti ho "punito" con la morte del png (ma del resto anche gli altri sono caduti o dispersi nel combattimento, eccezion fatta per il nano di Leonhart, ferito ma ancora vivo) e un danno fisico quantificabile come Basso (autoconclusivo). Comunque siete riusciti a provocare seri danni ai vostri nemici: Big Lucy è in agonia, i png avversari sono morti e anche Dave non se la passa proprio bene. La cuoca con le ultime energie rimaste casta la tecnica "Menù fisso": per il prossimo turno non potrete usare abilità personali o di artefatto, ma solo pergamene e dominio. Dave invece usa la sua Variabile a potenza Alta, che riporto dalla scheda (PeRm 275). CITAZIONE Menù fisso: Combattere è un po' come lavorare in cucina. Ci sono giorni di scarsa affluenza, in cui i commensali sono pochi e Big Lucy può anche permettere che ognuno ordini quello che gli pare, tanto col poco lavoro che c'è non è un problema cucinare piatti diversi - si parla naturalmente dei pasti per i membri della Gerarchia Goryo: per gli altri, un tozzo di pane e una fetta di formaggio è già troppo. Altre volte invece, quando l'affluenza è maggiore, bisogna per forza di cose stabilire un Menù fisso: ci si prepara i piatti in anticipo e quello che c'è c'è. Niente stravaganze culinarie o cibi esotici e raffinati. Così in un combattimento: a volte si possono usare le abilità che si preferiscono e far sfoggio di tutte le proprie capacità personali, altre è meglio virare su un repertorio più standard di tecniche, soprattutto quando il numero dei lottatori cresce. Ecco che, sollevando una mano verso i propri bersagli, Big Lucy imprime nell'aria un'energia invisibile che li colpisce inevitabilmente e inibisce l'uso di ogni abilità particolare e fuori dal comune. In termini tecnici, per un turno sarà impossibile attivare abilità personali - anche le passive verranno disattivate - e derivanti da artefatti; si potranno usare solo le pergamene e le tecniche di Dominio. E per chi si lamenta, a pranzo zuppa di piscio. CITAZIONE Sound shake: Sentire i suoni, una capacità probabilmente unica al mondo ma che Dave è riuscito a controllare alla perfezione; la sussistenza vitale del suo nuovo corpo dipende infatti esclusivamente dall'assorbimento delle vibrazioni sonore. McKean è infatti in grado di assorbire le oscillazioni longitudinali che si espandono nell'aria: non importa che provengano dal vento, dal mare o da un essere vivente. Dopo pochi istanti di assorbimento di ogni vibrazione nelle vicinanze all'interno del suo corpo, egli è in grado di trasformare il suono per sfruttarlo a proprio vantaggio in combattimento, come arma e come scudo. In fase offensiva è in grado di proiettare dalla sua figura una esplosione di forza concussiva visibile ad occhio umano come una distorsione dell'aere, un riverbero di forma variabile che, lanciato contro la vittima, può provocare seri danni da botta.
In fase difensiva avviene pressappoco similmente la proiezione di intense onde sonore semi-solide dal suo corpo, che lo circondano come una barriera globale incolore. Così che il guardiano possa efficacemente difendersi da ogni tipo di attacco nemico. Questa abilità si fonda unicamente sulla caratteristica PeRm. Il timing dei vostri attacchi nel post non è sempre preciso e rigoroso, ma non è facile gestirne così tanti. Spero di non aver dimenticato nessuno Per questo turno difendetevi dall'offensiva di Dave e dai tre png (per te, Grim, ci sono anche i due coltelli: troppo facile rimanere nelle retrovie) e contrattaccate contro questi ultimi - senza più png ad aiutarvi. Non siate autoconclusivi. Avete tempo fino alle 23.59 di giorno 12.
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