Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sacramento di Unica Vera Fede

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Xord Gik
view post Posted on 12/4/2012, 12:28




Nel mondo in cui era nato non c'era religione. Dei, magia, l'aldilà, l'esistenza di un qualcosa che perdurasse dopo la morte dell'individuo... erano favole, storie della nonna che crescendo si ricorda con affetto ma non con fede, da raccontare nostalgici ai propri figli per farli addormentare. Il suo mondo era terribilmente concreto, come solo una guerra continua e senza fine poteva rendere un popolo. E adesso lui, stregone dal grande potere mistico, era inginocchiato sul sacrato d'una cattedrale dedicata ad un uomo che nella sua ambizione era riuscito a diventare dio.
A volte il fato si rivela capace di un'ironia sottile, aguzza come uno stiletto.

Era lì per il potere, non certo per la funzione. Sotto quei marmi e quelle vetrate c'era il cuore stesso del nuovo Leviatano, i nomi e i volti che stavano costruendo la storia del Toryu: generali, soldati, politici, governanti, pontefici, eminenze grigie e individui ancor più sottili. Quanti gesti, quante parole, quante espressioni da cui apprendere frammenti del mostro dalle mille teste che era la politica! Un lavoro immane, impossibile per un uomo solo, ma che gli avrebbe dato potere alla corte di Basiledra semplicemente grazie alla mera conoscenza. Così era lì, vestito d'una scura armatura di ferro nero, ad ascoltare ed osservare l'ultimo residuo del Re Che Non Perde Mai riunito sotto un'unico tetto.
Silenziosamente si domandò se Ray fosse mai stato come quei canti lo descrivevano. Non aveva né una sua esperienza personale né la comprensione della natura umana di Naxe ad aiutarlo, ma il dio gloriato dai salmi non sembrava lo stesso Ray che aveva colpito il suo stesso esercito durante la Battaglia del Crepuscolo. Lui aveva il ricordo di un Leviatano come era descritto nei primi miti dell'Asgradel: un mostro insaziabile di ambizione e cupidigia, inarrestabile, invincibile, impossibile da far desistere dai suoi propositi. Un'icona, più che un uomo.
Sbagliavano quelli che credevano che Ray fosse defunto: non lo era, tutt'altro. Lo vedeva nell'operato dei tre grandi generali, nei loro propositi, nelle loro azioni. Il Leviatano non era morto, semmai s'era trasformato in un'Idra dalle mille teste una più vorace dell'altra, ognuna delle quali aveva il volto di uno di loro. Rekla, Shakan, Dalys, Lionet, Illidan, Godrik, Aang, Serhat, Raymond, Marchosias, Motoko, Isaia, mille volti che non conosceva - non ancora. Si dice che per conoscere la Bestia bisogna apprenderne i nomi: a lui bastava riconoscerne le comuni intenzioni.
Espansione. Conquista. Stabilità. Potere.

E Godrik vonTabark sorrideva sornione, una fra mille di milioni di teste d'un mostro in eterno movimento.

Il Re è morto. Evviva il Re.

Sorprendentemente fu la stessa Rekla ad attirare per prima la sua attenzione nella massa di persone. S'irrigidì: un'inezia, un movimento da niente, ma che nella piattezza espressiva del corpo della Nera Signora spiccava tanto quanto una bestemmia sulle labbra del prete. Si alzò in piedi, addirittura. I suoi occhi cremisi seguirono la direzione del suo sguardo - una lama grigia e fredda come lo Stige - fino ad un capanello di dignitari radunati in nome delle chiacchiere politiche, ai due che ne erano l'epicentro.
Era un sibilo quello che era sfuggito dalle labbra del Cerbero?
L'assassino, Varry, ordinò a Lionet di prepararsi ad uno scontro. Le sue sopraciglia schizzarono verso l'alto, colme di una meraviglia tutta propria alla stranissima situazione che stava vivendo. Odio o paura, non c'era null'altro in grado di causare simili reazioni in una donna violenta e vendicativa come Rekla, e due persone in grado di suscitare simili e sì intense emozioni nel Cerbero dovevano essere necessariamente notevoli... forse i tanto chiacchierati gerarchi del nord e dell'est? Rimase fermo e silente, cercando il momento buono per spostarsi nell'altra navata. Non avrebbe mai interagito personalmente con i due figuri che avevano attirato l'attenzione di Rekla... ma nulla sconsigliava di fare "quattro chiacchiere" con i dignitari al seguito.

In fondo, era o non era il Comandante degli Esploratori di Fortescuro?

 
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Aspid
view post Posted on 12/4/2012, 13:36




CITAZIONE
Legenda:
pensato
parlato
pensato Mary
voci esterne

Uno schiaffo alla miseria.
Scosse la testa in segno di diniego, i lunghi capelli argentei svolazzarono disordinatamente ed il naso le si arricciò in una smorfia infantile, mentre osservava l'imponente navata gremita di gente. Si era fermata nei pressi del grande portone, trascinata dall'orda di fedeli che continuavano ad accorrere da ogni parte, fasciati nei loro vestiti buoni, estasiati dalla opulenza mistica di quella imponente costruzione, ipnotizzati dal suono acuto delle campane, inebetiti dalle parole di un uomo che, dal pulpito, si ergeva a guida spirituale di un popolo orfano e confuso.

Ricorda, viandante che vai sulle vie del Sovrano
sii pronto ad accogliere la morte.
ciò che tu sei, io ero
ciò che io sono, tu sarai
che s'io posso esser polvere, tu pure puoi...


La cosa non la riguardava.
Erano molte le dinamiche che non comprendeva. Per alcune, sicuramente, si mostrava ancora acerba. Collaborazione, Diplomazia, Gruppo, Fedeli. Tutte parole vuote, prive di contenuto, ridondanti di echi sempre più lontani. Le altre galleggiavano nel pozzo scuro del suo più totale disinteresse. Lei non aveva nessuno da accudire, niente in cui credere, non era onorata nè onorevole. Temeva la morte, quella si, chi non ne aveva paura?

Come si fa ad essere pronti ad accogliere la morte?

Domanda pertinente, tutto sommato. Ma non aveva voglia di rispondere, si sentiva le membra intorpidite per essere rimasta nella medesima posizione durante tutta la cerimonia. L'espressione attonita vagava fra la moltitudine di teste rivolte verso il pulpito, le venne alla mente uno sterminato campo di girasoli, i petali tesi verso gli ultimi raggi di un sole che significava salvezza, linfa, vita. Poteva comprendere le necessità di quella gente, era di quella speranza che si nutrivano i predicatori, ne aveva visti di esseri ingordi e privi di scrupoli professare una fede in cui essi per primi non credevano. Poteva capire i bisogni di quelle persone, la loro voglia di superare il sentimento di rassegnazione che ne aveva attanagliato il corpo e lo spirito. Poteva ma non condivideva.
Si portò le mani alle orecchie ed abbassò il capo, le labbra pallide tremolarono nell'atto di partorire una cantilena che avrebbe volentieri urlato a tutti quei poveri stolti, nel tentativo di coprire la voce suadente dell'uomo eretto, narrante di morte e polvere.
E poi, fra quella massa informe di carne e desideri di riscatto, fra quella folla abbagliata dalla luce di frasi farneticanti, si stagliarono figure ben vestite, regali, dall'incedere autoritario. Non aveva idea di chi fossero o cosa rappresentassero, di certo non comuni mortali a giudicare dal loro seguito, un trionfo di ancelle dai lineamenti orientaleggianti e scudieri adornati di lucenti armature. Uno spettacolo che attirò la sua attenzione e quella delle sue inquiline. Si spostò verso est, la lunga giacca nivea a due code sferzava l'aria satura di sudore misto a fragranze floreali ormai prive di smalto. Pareva una figura eterea, se avesse indossato una tunica candida l'avrebbero scambiata per uno spettro. I pantaloni, invece, erano scuri e fasciavano gambe esili come quelle di una bambina.
Apparenza. Tutta la sua esistenza poggiava su una falsa, bugiarda, illusoria, ingannevole ed ipocrita apparenza.

... che s'io posso esser polvere, tu pure puoi...

Dopotutto, non era solo una farneticazione.

 
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view post Posted on 12/4/2012, 15:18
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« L'anima mia magnifica il Sovrano
e il mio spirito esulta nel Leviatano, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà del suo servo.
»

Raymond. La sua voce è un sussurro senza pace che sibila oltre le parole di Zeno, soffocato dall'incenso, intonando una preghiera inascoltata. Canti che ha appreso ben prima che esistesse una cattedrale e che il Nome del Sovrano fosse sulla bocca di chi lo sa soltanto disprezzare. Un inno di gloria che ha salvato il suo animo più di quanto non l'abbiano aiutato le intimazioni di suo padre. "La fiamma arde, Raymond", diceva Aedh a suo figlio con tono severo"Le cose che consumi ti aiuteranno a progredire".

Padre, erravi. Può essere che la fiamma consumi, come che sia consumata.
Non conoscevi l'orrore dell'inedia, né il sonno della debolezza.
In quei momenti, solo la fede può bruciare un fuoco in grado di nascondere le ombre stagliate dall'abbandonarsi nella morte. Il rosso, che tu indossi come una corona a simboleggiare la nostra casa, non è il colore dei Draghi. E' il colore di chi come loro possiede un'anima in grado di bruciare; muoversi su quanto consumato dal proprio credo; sopravvivere alla malinconia.

« D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beato.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua severità
si stende su quelli che lo temono.
»

Il pensiero del Lancaster va a sua moglie; ai loro due figli. Li vede lontani, stretti fra gli artigli della sua famiglia, oltre i confini delle linee nemiche, irraggiungibili. Vede Monica sorridergli fra le lenzuola del letto e l'ombra dei suoi occhi nascondersi fra le pieghe del suo perdono. Ethelweard rispondergli con una battuta sarcastica e voltargli le spalle, allontanandosi verso il cortile. Selene stringere a sé i suoi giochi e rivolgergli uno sguardo confuso, mentre una lacrima le scende dagli occhi.

Se possibile il suo sussurro si fa ancora più inudibile, come se parlare a bassa voce potesse nascondergli quelle visioni.
L'unica cosa che ottiene è di rendere la sua preghiera ancora più superflua.

« Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dal suo trono,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
»

"La trama è ampia e inafferrabile", si dice. Athelstan e Alysha non possono aver tradito il sangue fraterno.
La trama l'ha voluto a Basiledra, a condurre una causa in cui non crede. Un pellegrinaggio obbligato per chi come lui crede nel Sovrano più di quanto non facciano persino i Corvi stessi.
La trama lo condurrà a casa, prima o poi.

« Ha soccorso Basiledra, sua suddita,
ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso alle nostre dominazioni,
a Rainier e alla sua corte, per sempre.
»

Le ginocchia gli si piegano dal dolore, poggiate da tempo a quella base di pietra. Il corpo gli grida che non avrebbe dovuto indossare l'armatura per partecipare alla funzione, ma lui non gli da ascolto: il rosario è un atto di fede; va condotto nella maniera più spirituale che si conosce, e non vi è oggetto più vicino al suo credo che il suo cuoio stinto di nero.
Con un movimento impercettibile slaccia una placca del corpetto e attende un secondo, prima di terminare la preghiera. La voce gli si è smorzata in gola; da un colpo di tosse.

« Così il Sovrano ci guida. »

E ricomincia, a voce più bassa.

« L'anima mia magnifica il Sovrano
e il mio spirito esulta nel Leviatano, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà del suo servo.
»

[...]

 
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view post Posted on 13/4/2012, 10:15
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Maestro
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Non ci volle molto per affollare la scena. Parve evidentemente diffondersi la preoccupazione o la premura che la regina d'oriente incrociasse l'ombra del Nord, nelle fattezze del fantasma che tutto pareva, meno che un affabile e rassicurante signorotto dal sangue blu. Shakan, da par suo, non si fece intimorire da ciò che la credenza o gli avventori avrebbero pensato di lui, laddove sapeva bene che il rispetto - sincero o meno, poco importava - che la Rosa gli avrebbe mostrato, sarebbe bastato ad infonder la convinzione che le sue intenzioni erano tutt'altro che malvagie. D'altronde, non era credibile aver timori in tal senso: uno come lui non si sarebbe prodigato nel levar la mano contro la Regina d'Oriente, una delle più pericolose e perverse potenze che stringevano nel proprio pugno le redini del Clan. Invero, già in passato aveva avuto modo di conoscere la Rosa e le sue trame informi, profumate di viole e cadenzate in suadenti richiami lascivi mascherati da perversi controlli della libidine maschile.
Tutt'altro che fascinose, però, dette amenità sulla sua mente racchiusa in un cuore avulso da tanto umani sentimenti, ormai abbandonati alle pendici di un ciglio verde ove aveva visto colei cui si era donato abbandonarlo per un'orizzonte più distante. Inoltre, non era plausibile che lui si avventasse realmente sul reggimento che Dalys si era portata dietro: a prescinder dalla furbizia, o meno, di un simil gesto, soltanto liberarsi dei fastidi che sarebbero derivati dall'avventarsi su ciascuno dei componenti di quel seguito, avrebbe richiesto molto più del tempo di quanto egli stesso aveva intenzione di spendere all'interno della Cattedrale.

Temo di non meritare tanti complimenti, Lord Shakan.
Non quando le leggende dei bardi sulle tue imprese sono giunte fino alle mie orecchie
”.

La Rosa lo ricambiò con tono soave, come lui stesso aveva previsto. Nulla di tutto ciò gli sarebbe stato negato, per lo stesso meschino motivo per cui lui si era prodigato di omaggiarne il nome. Per il sangue e le alleanze insite allo stesso: perché attorno al potere del Trono che non trema occorreva sopravvivere, d'ora in avanti, più che vivere.

Conto di consentire ai Corvi di costruire un tempio nelle mie terre.
Trovo che la loro presenza porterebbe pace e serenità tra la mia gente
”.

Concluse lei, sibilando - come suo solito - una verità stretta tra le rosse labbra, schioccando la bugia tra uno sguardo ammiccante e l'altro, sperando che, in qualche modo, lo spettro vi avrebbe scritto nuove fantasie tra quelle amenità trasformate in dolcezze. Shakan sapeva che la Rosa non avrebbe trascorso un attimo in più nella Cattedrale, se non lo ritenesse necessario: sapeva bene, inoltre, che nel suo fronte marchiato delle tradizioni amene di cui ella stessa era eredità e promessa, non avrebbe concesso tanta gloria ai Corvi, se non l'avesse ritenuto utile. In tal senso, parevano molto più simili di quanto si potesse pensare. In tal senso, Shakan sentiva che l'affinità andava oltre i semplici convenevoli.

« Convengo, mia Signora... » lo spettro le rispose con tono pacato e sereno « ...che abbiate ragione. Il culto del Sovrano merita di infondersi come la malta tra i mattoni del nostro regno: il loro aiuto ci ridarà la speranza che è mancata fino ad oggi. »
Fino a quando ne avremo bisogno, almeno.

Nel parlare, Shakan non mancò di omaggiare il seguito della Rosa, chinando il capo innanzi a ciascuno di loro, mostrando e dimostrando che un abietto quale lui era non poteva certo mancar delle buone maniere, sopratutto nel momento in cui queste convenivano alla sua stessa sopravvivenza.

Quando giunse sul costrutto, inarcò il viso in un sorriso che si dimostrasse il più possibile sincero. « Felice di rivederti Marchosias... » gli avvicinò una mano, azzardando una mano sulla spalla di lui - in un gesto che sarebbe dovuto apparire tanto conviviale da distendere le tensioni definitivamente « Son lieto di vedere come tu abbia trovato un ruolo nel nostro regno e che lo porti avanti con l'onore che è proprio dei giusti... »

Erano minuti che lo sentiva: in quel momento, ne ebbe contezza. Dai banchi più distanti, infatti, vide lei: colei che aveva attentato alla sua vita più volte, alla sua moralità e a tutto ciò che di buono lo spettro credeva d'aver costruito durante quella disgrazia che fu la guerra del Crepuscolo. La nera Signora vigilava da dietro uno scranno, quasi come se l'empietà della bugia che viveva nella Cattedrale meritasse che lei stessa si gongolasse della sua esistenza. D'altronde, lei per prima aveva contribuito a costruirla, quella bugia, lasciando che il Sovrano si levasse contro il Bianco Maniero ed i suoi sudditi, in un tempo che ormai pareva lontano.
Con lei Shakan non aveva mai chiuso: era una ferita infetta, aperta e che talvolta tornava a bruciare. Ma scorgerla li, già sul piede di guerra, mentre lo fissava con apprensione, lo eccitò alquanto. Poteva ancora sentirlo sulla sua pelle il nero potere e, per tutto quello, ancora non l'aveva fatta soffrire. Il fatto che fosse ancora viva per subire la sua ira, lo rinfrancò.

« ...diversamente da chi l'onore l'ha perduto da tempo. »
Il sorriso dello spettro cambiò. Non era più una linea sincera che omaggiava i signori dell'oriente, ma una smorfia beffarda, volta a schernire chi era sopravvissuto al Sud, ma che altro non avrebbe meritato se non il suo odio più profondo. Fissò nuovamente la Rosa, con quel sorriso beffardo e facendo in modo che anche lei scorgesse la Nera Signora. Se aveva appena siglato un'alleanza con lei, di quell'alleanza già chiedeva conto.

« Non trovi, Regina, che di questi luoghi qualcuno infanghi la sacralità? » sorrise ancor di più, lasciando che il riferimento fosse tanto vago quanto evidente « ...d'altronde talune donne - o presunte tali - farebbero meglio a rimanere entro le grette oscenità dei propri lupanari ». Mentre parlava, Cupiditas batté con la punta contro il marmo del pavimento, quasi scalpitasse all'idea di ciò che la attendeva. Richiamò Gaara e Aang al suo fianco, ponendoli in attesa di ciò che presto sarebbe accaduto: dal fondo della sala, spero che anche Serhat Satu sarebbe giunto al suo seguito. « A ben vedere, questo posto andrebbe ripulito... ».

Si strinse attorno al suo seguito, attendendo la reazione di Rekla.
L'unico suo cruccio fu di cercare Raymond tra la folla: si sarebbe schierato con lui, il guerriero?

 
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~ D a l y s
view post Posted on 13/4/2012, 17:10




« ...diversamente da chi l'onore l'ha perduto da tempo. »



Apparentemente incurante, girò il capo nella stessa direzione di Shakan. I suoi occhi corsero attraverso i banchi gremiti, le teste incappucciate o scoperte, i corpi inginocchiati, prostrati, rivolti estatici verso Zeno. Fino a che non trovò quello che cercava, certamente l’obiettivo di quello sguardo infuocato. La conosceva, ricordava lo scompiglio che aveva creato nel campo prima della battaglia. Ricordava di averla incontrata sulla torre, di come il suo corpo fosse stato abusato.
Ricordava di lei in un sogno distante, della notizia della sua morte. E conosceva il suo corpo nudo, quasi fosse il proprio. Un corpo violato da una mente instabile. Non credeva sarebbe tornata nella capitale, sebbene qualcuno le avesse parlato della sua impresa, del suo potere sempre più grande.
Sogghignò. Un nemico fa sempre comodo, per coalizzare tra loro improbabili alleati. Qualcuno da indicare come privo di onore, qualcuno di cui maledire le gonne. Che non fosse lei. Incredibilmente, il ruolo di Signora d’Oriente aveva rafforzato la sua maschera e le consentiva di recitare, intoccabile dai loro giudizi e impunita dalle loro leggi. Era libera di puntare il dito come un tempo avevano fatto con lei.



« Non trovi, Regina, che di questi luoghi qualcuno infanghi la sacralità? »



Il suo sguardo si fece improvvisamente grave. Il volto truccato all’occidentale, le labbra scarlatte e le lunghe ciglia dipinte di nero, le consentivano di sottolineare in maniera quasi esasperata quelle emozioni. Poteva esprimere il proprio cordoglio in maniera quasi teatrale, annuendo lentamente.
Dentro di sé esultava, sarcastica. Lei, che aveva sporcato con il proprio profumo qualsiasi cosa fosse sacra. Lei, che aveva reso l’amore un incantesimo e aveva percorso antichi corridoi, strisciando la propria pelle su ogni lenzuolo, ogni pietra delle stanze di un palazzo ormai distrutto. Lei che aveva mescolato le proprie labbra e il proprio fiato a quello di molti che ora pregavano come innocenti agnelli e forse ancora portavano nei loro ricordi più bramosi il tepore di lei, il suo respiro incostante.
Lei ora poteva permettersi di ironizzare e insultare, poiché le sue vesti e la sua corona la ponevano al di sopra di tutti loro.



...d'altronde talune donne - o presunte tali - farebbero meglio a rimanere entro le grette oscenità dei propri lupanari .
A ben vedere, questo posto andrebbe ripulito...
»



Si avvicinò a lui, senza staccare gli occhi dalla giovane di cui non ricordava il nome, senza tentare di rendere la propria voce un sussurro. Anzi, con un tono sufficiente perché gli uomini dello Spettro e il proprio seguito potessero udirla.



Ray, il Sovrano, ama tutti i propri sudditi.
Temo che i Corvi non ci lascerebbero mondare questo luogo, poiché talvolta la carità supera il buon senso.
D’altro canto ogni cesto ha la propria mela marcia. Dicono sia la cattiva educazione



Non aveva perso il proprio sorriso, tra le sue labbra pareva stillare acido. Niente di personale, davvero. Ma avere un nemico è sempre un buon punto di partenza per degli alleati. Soprattutto assecondare i pettegolezzi, le chiacchere, le dicerie, è il miglior modo per collezionare informazioni. Lentamente spire di seta rossa si stringevano attorno a loro, a due regni che avrebbero potuto un giorno marciare insieme in battaglia.
E se per raggiungere questo scopo sarebbe stato necessario sacrificare qualche reputazione non le pareva poi così grave. Lei aveva perso la propria molto tempo prima, e la qualità della vita non era affatto diminuita.
Ebbe improvvisamente voglia di ridere.




Edited by Majo_Anna - 13/4/2012, 18:21
 
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view post Posted on 13/4/2012, 20:35
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Scritto.
Pensato.
Parlato Gaara.
Parlato Days.
Parlato Shakan.


Uno sguardo solo, un ordine non espresso.
Vieni con me!
Doveva molto a quell’uomo sottile, malvestito per la posizione che occupava al punto da sembrare un mendicante ma potente tra i tre gerarchi del clan, troppo per potersi permettere di ignorare un comando proveniente dalla sua persona in qualunque forma si presentasse. Come non avrebbe potuto disobbedire al Re a cui aveva giurato fedeltà entrando a far parte del Toryu non avrebbe disobbedito neppure quella volta tanto più che l’ipocrisia di quella funzione era durata anche troppo per i suoi gusti … era decisamente ora di andare “dove il vento soffia e l’acqua emerge” per citare un proverbio molto diffuso al sud.
Andò.
Al suo fianco, concentrato ed imperturbabile come sempre, c’era Aang il monaco ed il cuore del ragazzo del deserto esultò in un ampio sorriso vendendolo ricambiare il suo saluto con la familiarità dei mesi trascorsi combattendo insieme nelle terre settentrionali dove il freddo era intenso e gli uomini duri e silenziosi. Ad un suo cenno seguì lo sguardo del compagno fino alla punta Est della cattedrale, individuando subito un nutrito gruppo di uomini e donne vestiti con costumi strani costumi orientali che attendeva il loro, certamente non imprevisto, arrivo.
« I Canti d'oriente intonano delle tue grazie, Regina... » disse Shakan, con voce tonante avvicinandosi a colei che guidava l’avverso corteo. « ...posso omaggiarti dei miei complimenti? » concluse, inarcando il capo in gesto di rispetto in un gesto che raramente Gaara gli aveva visto concedere a qualsivoglia persona.
« Temo di non meritare tanti complimenti, Lord Shakan.
Non quando le leggende dei bardi sulle tue imprese sono giunte fino alle mie orecchie. »

Fu la soave risposta, voce dolce come l’acqua cristallina del suo deserto di origine e seducente armonia di un sorriso tanto bello da rapire il cuore ad un uomo se questi non avesse già troppo duramente sperimentato il dolore di amare ed essere amato.
Conto di consentire ai Corvi di costruire un tempio nelle mie terre.
Trovo che la loro presenza porterebbe pace e serenità tra la mia gente
”.
Chi era quella donna il cui fascino sembrava annebbiargli la mente e confondergli i pensieri? Era sicuro di averla già vista in qualche tempo non troppo lontano. Ricordò infine, dopo alcuni istanti confusi nei quali arrossì in preda a fantasie vaghe e un crescente senso di allarme … mai si era sentito così vulnerabile quanto sotto lo sguardo della Rosa, la favoleggiata Regina d’Oriente, nonché la seconda più potente gerarca del clan.
Un leggero brivido gli corse giù per le spalle, oltre al suo fascino aveva sentito altre e ben più terribili storie al riguardo dei suoi favoleggiati poteri. Strinse la mano sulla piccola sacca di sabbia che portava alla cintura, un gesto istintivo come a volerne trarre protezione e fiducia distogliendo lo sguardo, fermamente deciso a non incontrare di nuovo quegli occhi che sembravano scrutargli l’anima in cerca di debolezze e paure con cui giocare perversamente .
« Convengo, mia Signora... » lo spettro le rispose con tono pacato e sereno, come se il tono non avesse rivelato nulla di più che il mero significato delle parole, superficie piatta di un ribollente lago sotterraneo « ...che abbiate ragione. Il culto del Sovrano merita di infondersi come la malta tra i mattoni del nostro regno: il loro aiuto ci ridarà la speranza che è mancata fino ad oggi. »
Gaara guardò Shakan, esprimendo con uno sguardo i dubbi che gli attraversavano la mente e valutando se fosse o meno il caso di esprimersi, correggendo il suo superiore. Shakan che apprezzava il culto del sovrano? Ma da quando?
No, stà fingendo. Comprese.
Lui e lei, Lord Shakan e la Regina d’Oriente stavano giocando; un gioco terribile certo e senza pietà ma pur sempre un gioco che come premio aveva il potere. Ed in questo gioco si giocava come su una scacchiera vivente: re e regine erano pezzi principali e dettavano le regole della partita tuttavia esistevano anche torri come Serhat e alfieri e cavalieri come Aang e lui stesso, tutti manovrati dalle mani esperte e incomprensibili dei giocatori. E lui? che pezzo era lui? Come si inseriva in quella scacchiera di intrighi e alleanze segrete?
Dovunque sia Shakan sarò anche io.
Decise.
Poteva essere soltanto un cavaliere per ora, una pedina più o meno sacrificabile ai fini della strategia complessiva ma, e lo ricordò con un sorriso, anche un pedone poteva mettere in scacco il più potente dei Re o la più astuta delle Regine. O comunque poteva cominciare a ripagare il debito che sentiva di aver contratto con lo Spettro ed il principe di Biggs dato che gli avevano fornito un nuovo scopo, una nuova forza nella vita capace di far rialzare il Toryu dal baratro in cui sembrava essere destinato a cadere … non sarebbe stato vano un suo sforzo, in nessun caso.
Il sorriso dello spettro cambiò mentre lo osservava perduto in quei pensieri, imprimendosi nella mente quei tratti e quel volto. Non era più una linea sincera che omaggiava i signori dell'oriente, ma una smorfia beffarda, volta a schernire quando si rivolse nuovamente alla dama che lo osservava.
« Non trovi, Regina, che di questi luoghi qualcuno infanghi la sacralità? » sorrise ancor di più, lasciando che il riferimento lanciato verso il fondo opposto della navata fosse tanto vago quanto evidente ai suoi sottoposti e a chiunque avesse un minimo di mente per comprendere a chi si riferiva « ...d'altronde talune donne - o presunte tali - farebbero meglio a rimanere entro le grette oscenità dei propri lupanari ».
Mentre parlava, la spada sorretta dal fianco sottile batté con la punta contro il marmo del pavimento richiamando Gaara e Aang al suo fianco e rivolgendo i loro sguardi a sud, verso la persona, la bestia, menzionata da quelle sibilline parole.
« A ben vedere, questo posto andrebbe ripulito... ».
“Ray, il Sovrano, ama tutti i propri sudditi.
Temo che i Corvi non ci lascerebbero mondare questo luogo, poiché talvolta la carità supera il buon senso. D’altro canto ogni cesto ha la propria mela marcia. Dicono sia la cattiva educazione
”.

Ray il sovrano li ha abbandonati.
La frase gli sfuggì dalle labbra, troppo rapida perché potesse fermarla, troppo azzardata forse per il luogo in cui si trovava. Non osò alzare gli occhi, preferendo continuare a fissare la distante figura di Rekla piuttosto che dare l’impressione di aver parlato a sproposito. Non apprezzava i Corvi e ciò che predicavano ma si rendeva conto che quei continui intrighi lo infastidivano, che bisogno c’era di nascondere una cosa del genere occultando la semplice verità di quella conversazione dietro un manto di vezzose cortesie e giri di parole?
 
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view post Posted on 13/4/2012, 21:52

~ A Red Soul
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Poiché i guerrieri mal sopportano la tensione e gli aristocratici non accettano l'impudenza dei subalterni, a maggior ragione quando uno degli uomini al seguito del Lord delle terre del nord esclamò parole inopportune lo stuolo di bushi di sangue nobile al seguito della Protettrice d'Oriente reagirono come un sol uomo, in un unico moto di sdegno. All'unisono sollevarono i menti, gli occhi altezzosi che si chiudevano come fessure, martoriando il fin troppo ardito vassallo dello Spettro con sguardi sprezzanti, le mani adagiate sulle else decorate delle spade ricurve come se veramente fossero pronti a sguainarle perfino lì, nel luogo più sacro della capitale, sotto lo sguardo di Dei ed uomini.

Senzanome-23

« Tu: sei al cospetto della Protettrice d'Oriente. »
L'ammonizione giunse istantanea, grondante ostilità come la stilettata di un pugnale diretto alla gola.
« Torna nei tuoi ranghi. Questo luogo non ammette simili parole di sfida. »
Si era fatta avanti, rimanendo a rispettosa distanza di Lady Dalys e del colosso al suo fianco ma tenendo lo sguardo di fronte a se, fiero e aggressivo. A differenza delle parole del giovane, che non erano premeditate, Motoko Aoyama era perfettamente conscia delle implicazioni di una simile ammonizione. Sapeva che costringeva gli uomini del nord a fare una scelta: se arretrare di un passo oppure tenere la posizione e fronteggiarli petto a petto, sostenendo quelle parole profane a costo di recare offesa. Sapeva anche quanto ciò fosse improbabile, e non ultimo era conscia della loro posizione che li poneva su tutt'altro piano rispetto ai componenti del seguito di Shakan, che non erano di nobili natali ma sbucati fuori dal nulla, poco più che mercenari di dubbia lealtà e dubbi ideali. Se anche le parole di quel ragazzino fossero vere non importava; erano arroganti e fuori luogo, tanto bastava per giustificare una simile reazione. E che metta mano alla spada se vuole sostenere il contrario, lei era pronta a fare altrettanto, così come lo era ogni singolo samurai dell'Est.

 
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EyesOfDevil
view post Posted on 13/4/2012, 22:34





All'inizio faceva uno strano effetto trovarsi a Basiledra, capitale dell'attuale impero Toryu, proprio dove sorgeva l'antico bianco maniero. Al suo primo ingresso nella nuova città, così cambiata rispetto al passato, rimase esterrefatto dall'enorme trasformazione che essa aveva subito. Era un posto sconosciuto quello che gli si apriva di fronte, con nuovi abitanti, nuove leggi e nuovi sovrani.
Niente era più come prima.
Adesso, invece, la strega riusciva a camminare tranquillamente per le strade di Basiledra, senza voltarsi ogni istante o perdersi per le sue labirintiche strade secondarie - pareva quasi che ci fosse nato lì. Ormai si era già abituato al clima che vi aleggiava intorno, alle sue feste giornaliere, diurne o notturne che siano, allo schiamazzo dei suoi abitanti e a tutto quello che la città poteva offrire. In realtà, pensava che fosse così per chiunque vi mettesse piede. Dopo un po', si veniva completamente assorbiti dallo spirito che Basiledra stessa pareva emanare, divenendo nient'altro che mere ombre in mezzo ad altre ombre - come se si diventasse una parte stessa della città.
Persino il simbolo del vecchio reame, il Bianco Maniero, era stato sostituito da un altro maestoso emblema. Sulle ceneri del vecchio maniero ora si erigeva un'imponente cattedrale, dove ogni giorno i corvi celebravano le loro funzioni nel nome del Sovrano - nel nome del fù Re del Toryu.
Ad ogni passo verso la costruzione, Evan non poteva fare a meno di pensare alla macabra ironia di quella religione. Ray scagliò contro i suoi sudditi famelici mostri, distrusse in una notte l'intera sede del clan, portò ogni angolo del continente in guerra e divenne egli stesso l'abominio che sognava di creare. Eppure, le persone ora odono i canti delle sue gesta, diffondono il suo verbo e seguono i suoi insegnamenti, sostenendo che la sfiorata apocalisse non fosse altro se non un passo obbligatorio per la rinascita del clan - sostenendo che lo fece solo per il bene comune.
Gli venne da ridere.

Entrò nella cattedrale poco prima che la funzione incominciasse, e occupò uno dei posti a sedere in fondo alla sala colma di persone. Sopraelevato rispetto agli altri, Zeno, uno fra i corvi più importanti, si apprestava ad iniziare dal pulpito posto esattamente al centro della stanza. Non era mai stato un tipo da chiesa, lui, ma quel giorno era diverso; quel giorno molti fra i più importanti ufficiali sarebbero stati presenti fra le mura dell'enorme chiesa, ed Evan non voleva mancare.
Fra un sermone e l'altro, la strega imitò gli altri attorno a lui, alzandosi e inginocchiandosi quando necessario, chinando il capo e mimando con le labbra parole che non sarebbero mai uscite dalla sua bocca. Non portava fede verso il Sovrano, né mai l'avrebbe portata, eppure pazientemente aspettò la fine della funzione, limitandosi a fingere di pregare. Schiavi, null'altro erano i seguaci di questa fede, pecore che inseguivano in vano la direzione dettata dal capobranco senza protestare, come prive di volontà propria.
La cerimonia parve interminabile per Evan, che in più di un'occasione fù tentato di lasciare l'edificio seduta stante, senza nemmeno voltarsi. Le parole colme d'ipocrisia e falsità del corvo lo innervosirono, ma all'apparenza cercò di mantenere la calma - riuscendoci a stento -, tentando di farsi scivolare di dosso la rabbia e la frustrazione accumulata. Dovette sopportare tutto finché Zeno non li congedò, ponendo fine a quella straziante cerimonia.

Lentamente, lasciando prima che alcune persone passassero davanti a lui, si alzò, marciando anche lui come altri verso l'uscita. Prima che potesse varcare la soglia, però, la sua attenzione venne attirata da un insolito gruppo di persone, situate nell'ala est della cattedrale - quasi tutte vestite con tipiche vesti orientali, così stranamente esotiche per un luogo come quello. In mezzo a loro, un costrutto fiancheggiava una delle donne orientali. Evan rimase particolarmente incuriosito da quella figura umanoide, e rimase qualche secondo a fissarlo, preso dalla curiosità.
Facendosi largo fra i fedeli, avanzò verso di loro, ponendosi accanto ad un ragazzo dai vestiti semplici, troppo larghi per la sua corporatura. Tendendo bene l'orecchio riuscì a sentire il dialogo fra uno degli uomini e una delle donne, entrambi circondati dal proprio seguito di persone.
«Un discorso piuttosto insolito, non trovi?»
Sussurrò al ragazzino accanto a lui, accennando con il capo ai due individui che entrambi stavano osservando e attendendo una sua risposta. Osservandolo bene, notò i suoi occhi bicromatici e i tratti delicati del volto, i quali sembravano stonare con la semplicità - povertà quasi - dei suoi abiti.
«Ray il sovrano li ha abbandonati.»
Quella frase, però, distolse la sua attenzione, attirandolo nuovamente verso il gruppo di fronte a lui. A parlare era stato un ragazzo dai capelli rossi, che impudentemente era andato, forse senza nemmeno rendersene conto, contro il credo della maggior parte delle persone partecipanti alla cerimonia.

Nel sentire quella pura e semplice verità gli venne da ridere.
Nel frattempo, una delle donne - non la stessa che stava parlando prima - avanzò verso l'imprudente ragazzo, dicendogli chiaramente, forse in maniera fin troppo zelante, di arretrare dalla sua posizione. E a quel punto, anche Evan fece qualcosa di palesemente stupido e imprudente.
«Ha ragione.»
Mentre pronunciò quelle parole di sfida, il sorriso ironico ancora stampato sul volto, affiancò il ragazzo loquace e gli pose una mano sulla spalla. Spostò lo sguardo prima sulla persona accanto a lui, poi cercò quello dell'oppositrice, pronto a sostenere la sua dilagante aggressività.
«Il Sovrano ci ha abbandonati tutti...»
Il sorriso si allargò, assumendo una forma quasi grottesca.
«Non che ci abbia mai amato, a dire il vero.»

Ed anch'io ho postato in questa scena free. Beh, che dire Enjoy.
Ah, Lust, avendo tu descritto l'arrivo di Shakan e gli altri ho immaginato che il tuo pg si trovasse ancora lì durante tutto l'evolversi della scena, spero quindi non ti dispiaccia della domanda che Evan gli ha posto.

 
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Lul~
view post Posted on 14/4/2012, 09:49





La scena era dolorosa e macabra, resa ancor più grottesca dal teatro di quell'Inferno.
Sembrava che la Morte avesse partorito i propri aborti tutti d'un fiato, sputandoli sulle vetrate della perla di Basiledra senza il benché minimo rispetto. Morti invocavano il nome della Nera e - più che numerosi - si rigettavano sulle tribune, spezzavano vetri, dissacravano altari.
La Guardia cambiava obbiettivo ad ogni minimo accenno del Cousland. La Sciabola si muoveva a destra e a manca indicando nuove vittime, gridando frasi sempre più sinistre, finché il terrore e lo sgomento non si fossero impossessati di quella Cattedrale.

Era come se la Città Infame avesse vomitato i suoi figli su Basiledra.

Asad continuava a prendersi una vita dopo l'altra, mentre le centinaia di non morti, che si destavano anche dalle cripte interne al Tempio, massacravano i funzionari del Nord, schiavizzavano i pellegrini dell'Ovest, stupravano le geishe dell'Est.
Sarebbe stato un orgasmo. Sarebbe stata l'ascesa del potere di Fortescuro.

~ ~ ~

Il sogno era stato fin troppo reale, un'immagine ad occhi aperti sovrapposta alla follia di ciò che davvero gli stava succedendo intorno.
Troppi sguardi ipocriti, oltre al suo, fingevano di ascoltare il Corvo.
Troppi sguardi malinconici, oltre al suo, pregavano in silenzio il Re che avevano servito.
Troppi cuori impavidi, oltre al suo, sapevano che non avrebbero mai accettato il nuovo Sovrano.
Quando tornò alla realtà, distolto dai propri sogni dall'improvviso brusio accesosi nella Cattedrale, il Cousland s'accorse che la Regina era scattata in piedi, inquieta, tesa, infuriata. Aveva imparato a leggerne le espressioni, Lionet, e il suo sguardo, quello non era difficile da seguire.
Il capannello multietnico che s'era formato nella navata opposta era un insulto per gli occhi.
Donne ben vestite, luridi mendicanti, samurai in alta uniforme, monaci senza capelli, costrutti.
Non li odiava no, 'ché l'odio comprende in sé anche una punta di invidia, e lui quella gente non la invidiava affatto, immersa com era nel formalismo imperante dei propri Reggenti. Poteva intuirlo dalle loro posture, Lionet, che quei due non si piacevano affatto, ma continuava a fissarli confabulare, accennando a turno con lo sguardo alla Nera, probabilmente sempre più indispettita da quel ridicolo spettacolo.
Non poteva sopportare oltre, il Cousland.

« Per clemenza, Nicholas, dammi l'ordine... »

E s'alzò in piedi, pronto a spalleggiare la sua Regina,
pronto a uccidere per lei,
pronto a morire per lei,
pronto ad andare all'Inferno,
per lei.

 
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J!mmy
view post Posted on 14/4/2012, 10:45




Annusò l’aria come un felino in allerta. Si strinse nelle spalle al sopraggiungere di un brivido gelido che le percosse la schiena, apparendo tesa come la corda di un arco. Intorno a lei voci rauche tracimavano canti sacri e blasfemi al contempo, cantilenati nell’alternante inframmezzarsi di strofe e versi d’invocazione, genuflessioni e bisbigli di preghiera. Il popolo si riuniva laddove credeva che la propria anima potesse trovare ricetto e scaldarsi al tepore di una spessa coltre spirituale. Invero, ciò di cui essi si facevano scudo non era che una vana illusione.
Perché dovunque fossero andati, ovunque le loro insipide esistenze li avessero condotti, nessun dio e nessun credo sarebbe stato loro di giovamento.
Sarebbero stati soli, soli di fronte al male.
E allora avrebbero dannato se stessi per essere stati tanto stolti e deboli,
per aver creduto in un’utopia che - più dei loro cuori - era la loro mente a mantenere in vita.
Fu per tale ragione che la Nera non accennò a muoversi, né ad intonare la ben che minima nota di lode.
Rekla era una pagina vuota impossibile da riempire, un paesaggio senza colori, una notte senza stelle.
Rekla non credeva in nulla.
Rekla non aveva nulla.
L’unico dio di cui avrebbe mai ammesso l’esistenza, dacché di quella vista avrebbe saziato per anni la sua memoria, era stato Ray, anch’egli svanito tuttavia come cenere al vento. La verità era dunque dura e arida come il volto ruvido di una roccia del deserto: nel mondo vero, quello dove il confine tra desiderio e realtà era assai netto, non vi era spazio per eroi, né per divinità o per sciocchi che anelavano ad esserlo.
La morte li ghermiva tutti indistintamente, come un falco che agguantava la preda.
E lui – Shakan – era la sua, di preda.

«Non - muovetevi» ruggì in risposta al Duevite, lasciando che un’occhiata severa centrasse in pieno anche il volto di Lionet, nell’ordine di arrestarsi.
Quindi si concentrò su Xord Gik, poco distante «Di’ ai tuoi uomini di perlustrare il retro della Cattedrale.»
E si mosse.
Ai più che l’avessero osservata, tetra in quel suo nero mantello di satin, l’armatura di piastre scricchiolante al ritmo dei passi sul marmo, Rekla Estgardel sarebbe parsa nulla di dissimile da un fantasma, uno spirito inquieto vagante tra le anime dei vivi, un aborro partorito dall’inferno per osservare, indagare, mietere e riscuotere. E come un fantasma si addentrò quindi per la navata di destra, un intaglio a volta nel calcare che conduceva all’estremità più a oriente della struttura. Serpeggiò tra gli imponenti pilastri con l’aria di chi non intendeva essere rallentato, lo sguardo fisso su colui che solo poteva – e doveva – interessarle.
Quando giunse alla punta dell’est, il cuore le batteva furente come dopo un’estenuante corsa, martellando nel petto con una violenza tale da farle temere che erompesse dallo sterno e scoppiasse in fronte ai presenti.
«Ci incontriamo di nuovo, principessa.»
Annuì, simulando una falsa reverenza.
«Mh…» aggiunse guardando l'uomo al suo fianco, fingendo di vederlo solo allora «… pare che il Sovrano di cui parlano quest’oggi accolga in seno anche serpi e traditori. Non certo il Sovrano che io conosco, però; non credi, lord Shakan?»
Avrebbe preferito rivolgerglisi con l'epiteto che più gli si appropriava, ma farlo dinanzi alla donna destinata al trono avrebbe fatto di lei la bassa mercenaria che in verità era ed era sempre stata. Si contenne, dunque, reagendo con disgusto all'impeto di sguainare la spada. Sentì gli occhi dei propri soldati trafiggerle la nuca, impazienti, creature la cui unica brama era spargere sangue al servizio di chi li sormontava in sadismo. Ma Rekla sapeva di non potersi abbandonare a simili svaghi, giacché non sarebbe stata lei l'essere che avrebbe profanato quel luogo, non ancora, non al suo esordio.
Doveva mostrare a chi la guardava quanto la ferocia sapesse essere ancor più letale e subdola se serbata per lungo, lunghissimo tempo, con un rancore tale di gramolare le viscere.
«Un giorno» bisbigliò all'orecchio dello Spettro solo quando fu abbastanza vicina perché i canti dei Corvi la sovrastassero e Dalys non potesse udirla «sarai solo, senza nessuno che ti pari il culo.» Sorrise. «E per allora, mio caro spettro, farai bene a guardarti le spalle.»
Fiatò pesantemente sul collo di lui, come una fiera dall'alito infuocato;
come un Cerbero rabbioso e famelico.
«Perché io sarò lì, pronta a scavarti il petto con le mie stesse mani.»
Era eccitata alla sola idea. Il ghigno della Nera era adesso un coacervo di risa convulse, ricoperto per intero dal fruscio della folla che invocava clemenza. Indietreggiò di un paio di passi, il bastante perché il fiume di anime che gremiva la Cattedrale la ingoiasse, e, prima ancora che l'interlocutore potesse rispondere, si dissolse in una nuvola color inchiostro.
E con Rekla, infine, ognuna delle Tenebre sarebbe svanita in un soffio.

~
Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,
anche quelli che lo trafissero,
e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto.
Sì, Amen!


Solo tre annotazioni:
• per svanire, alla fine, Rekla usa il peccato "Accidia";
• gli eventi cui si riferisce la Nera sono tutti inerenti al Valzer, sia per quanto riguarda Dalys che per Shakan;
• con l'ultima frase a Shakan, Rekla si riferisce a tutte le volte in cui i due si sono incontrati.
 
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Lul~
view post Posted on 14/4/2012, 11:26




« Non - muovetevi » sentenziò la Nera, rivolgendosi al Duevite ma - di rimessa - anche al Capitano della sua Guardia. Poi il suo sguardo lapidario cambiò direzione, abbattendosi sul Capo degli Esploratori. « Di’ ai tuoi uomini di perlustrare il retro della Cattedrale »
Più chiaro di così.
Aspettò che la Nera si mosse, che si fermasse davanti alle rappresentanze di Est e Nord, che vi interloquisse, che suggerisse qualcosa alle orecchie del Fantasma. Poi la vide scomprarire proprio come all'Alba di quella che sarebbe stata la propria impresa, quando giunse da Rockwhite con l'ordine di massacrare Asad e i suoi uomini.
Fu allora che prese la decisione. L'avrebbe seguita, ancora una volta. Le Tenebre cominciarono ad evaporare ad una ad una, mentre le fila del Sud si riducevano drasticamente. Gli Esploratori - di loro - erano già in perlustrazione.
Cominciò a camminare verso la Porta, deciso ad uscire anch'egli dal Tempio e - per farlo - sarebbe dovuto passare accanto, se non in mezzo, a quel nuvolo di persone apparentemente, e non solo, ostili.
Fu allora che l'ultima Tenebra, quella più vicina a lui, osò proferir parola.

« Signore.. passare in quella folla.. » non trovava il coraggio di dire apertamente ciò che pensava.
Prese fiato per finire la frase, sputandola fuori tutta insieme « ..e se dovessero uccidervi? »

« Se quei due mi uccidono allora tutta Fortescuro scenderà in guerra. Prega che siano così stupidi » disse rivolgendosi alla Tenebra. Ristette un secondo, aggiungendo prima che quella svanisse nel nulla « Prega, che siamo così fortunati. »

Camminò ostentando sicurezza, nonostante, in sè, sapeva di non poter sopravvivere ad un attacco combinato di quei due. Non si diventa persone tanto in vista per caso, su Asgradel.
Quando fu il momento di passare accanto a tutti quei tizi che ampiamente disprezzava, si fermò, ancora tranquillo, per poi riprendere il cammino.
Giusto il tempo d'ignorare i Reggenti.
Giusto il tempo di fissare con disprezzo la ragazza con cui la Rosa d'Oriente s'accompagnava.

Ché se la Regina ha scelto la propria preda,
non si dica che il suo Cane non abbia fatto lo stesso.


 
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view post Posted on 14/4/2012, 15:03
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Competitore
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Scritto.
Pensato.
Parlato Gaara.
Parlato Days.
Parlato Shakan.

« Tu: sei al cospetto della Protettrice d'Oriente. »
La replica giunse immediata, perforando l’aria con la crudeltà di un pugnale e scagliata con pari ostilità.
Si voltò, curioso di scoprire chi aveva parlato poiché certamente non si trattava né di Dalys né di Shakan e si scoprì a fissare una giovane donna dai lunghi capelli e dal volto inflessibile appartenente al seguito della Regina.
Non gli fece una particolare impressione al paragone della bellissima e seducente Rosa ma in lei si intuiva una forza d’animo notevole che non guastava affatto col compito di guardia del corpo che si era scelta; comunque non era la sola a guardarlo con occhi semichiusi ed intenti e di sicuro non era la sola ad aver poggiato con eleganza marziale le lunghe dita sull’elsa della corta spada ricurva che i guerrieri dell’Est sembravano portare alla cintura come segno distintivo. Peccato che se ci avessero provato avrebbero scoperto che colpire lui, Aang o perfino Shakan o uno degli altri uomini del nord che erano con loro si sarebbe rivelato più difficile del previsto con una barriera di sabbia in mezzo.
« Torna nei tuoi ranghi. Questo luogo non ammette simili parole di sfida. »
Alzò le spalle con apparente noncuranza deciso a non farsi mettere in inferiorità da una sconosciuta, in quel luogo ed in quel momento la cosa più pericolosa erano le parole più che le armi di coloro che le impugnavano e sospettava che non avrebbero visto di buon occhio estrarre le spade in una Cattedrale per quanto falsa e piena di menzogne. Li fissò in volto, tutti quei nobili al seguito della dama d’oriente ricambiando il suo sguardo con pari intensità e fermandosi per ultimo su colei che per prima gli aveva parlato … ultimo bocconcino prelibato di una lunga serie di persone che erano lì per discendenze e non per meriti e che, ne era sicuro, avrebbero finito per distogliere lo sguardo. Lui era stato scelto da Lord Shakan, sopravvissuto al vento rovente del sud e alle furiose tempeste di neve del nord, lui aveva conosciuto la solitudine più profonda e la disperazione di essere costretto a farsi strada in un mondo che sembrava odiarlo. Aveva scelto la fedeltà al Toryu e da questo traeva forza.
Aye, potrei essere d’accordo con te se avessi l’onore di conoscere il nome di colei che non sa lasciare ad altri la cura di rispondere ciò che pensano. Il mio è Kasumaki Gaara, Scudiero del Comandante della Guardia dei Picchi Innevati,
tu invece chi sei?

La sentiva avvicinarsi, un’ombra nera più nera dell’oscurità notturna. Un predatore implacabile e perverso che muove davanti a se orrore e terrore. Rekla.
Perdonatemi Protettrice D’oriente se vi ho offesa parlando in un momento inopportuno, dico soltanto ciò che penso avendo assistito alla nascita e al trionfo del credo del Sovrano dopo aver viaggiato nella morte e nella miseria che questi ha lasciato dietro di se andandosene da questa terra.
In quello arrivò, soffocando ogni risposta con la sua sola presenza, facendo arretrare il figlio del deserto al solo percepire tanta malvagità fino a toccare quasi il fianco dello Spettro per poi muovere un paio di passi a lato, scosta dosi dal suo percorso. Non vide quasi il giovane pallido e sottile che si avvicinava per dargli manforte, non udì quasi la sua risposta concentrato unicamente sulla donna che era giunta d’improvviso tra loro. Dalys era inganno e menzogna sotto l’aspetto di beltà, Shakan poteva essere inquietante e a volte spietato ma mai senza necessità ma Rekla era il male allo stato puro e premievo come non l’aveva mai visto prima.
Shakan che hai fatto per destare le sue ire? Bisbigliò tra se stringendo nervosamente la sabbia tra le mani, pronto a difendersi se fosse stato aggredito.


Edited by vulcano1 - 15/4/2012, 14:42
 
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dra31
view post Posted on 14/4/2012, 18:55




Sacramento di Unica Vera Fede - II
Basiledra, Capitale Toryu


Guarda!
Cosa?
Laggiù! Quel gruppetto che chiacchiera con quella nobildonna che era davanti a noi.
Quella con il pupazzo?
Sì, quello al suo fianco non è Lord Shakan?
Quello che cercava uomini per il Nord?
Sì sì, è lui. Chissà che cosa si stanno raccontando.
Che vuoi che si stia dicendo, le solite cose da signori.
Ehh, sono così fuori dal mondo, loro.

Beh, tanto fuori dal mondo non gli è sembrato, considerando che il Lord Shakan che ha imparato a conoscere era stato abbastanza vicino a loro. Ora bisogna vedere se era un comportamento per la particolare occasione o no, ma non gli sarebbe importato scoprirlo nemmeno in un lontano futuro. D'altronde sa bene che la gente è volubile come le bandiere al vento, oggi sei un collega e domani sei un concorrente.

Però non si sta radunando un po' troppa gente? E poi tutte quelle guardie...
Lo sai, quelli non si muovono mai senza un piccolo corteo. Secondo te, se volevano non farsi vedere andavano in giro con una marionetta?
Si, ma Sidonius, non capisco il perché ci siano così tanti uomini armati. Siamo nella Cattedrale, non in caserma. Come mai i Corvi non intervengono?
Cosa vuoi ne sappia, Isaura?

Uh?
Il discorso dei due anziani coniugi al suo fianco, mentre sta seguendo la fila di fedeli in uscita da uno dei portali, lo incuriosisce al punto da rivolgere a loro la parola.

Scusate, parlavate di guardie intorno a Lord Shakan?
Sì, giovanotto.
E non sembrano amichevoli?
Non mi sembrano amichevoli, ma è possibile che mi sbagli, alla mia età tutte le guardie sembrano cattive.
Capisco, la ringrazio signora.

Saluta con un cenno del capo e si fa strada nel senso opposto della coda fino a uscire su una delle cappelle laterali, per poi proseguire verso il punto dove un gruppo ben assortito di persone e colori sembra avere una discussione piuttosto animata.
È capitato proprio quando vede una delle donne al seguito della nobile reguardire il rosso suo conoscente con parole dure e inappropriate. Sbaglia a pensarlo o anche lei sta provocando? E cosa ha detto Gaara per farla riscaldare in quel modo? E poi amico, quello non è il modo di rispondere. Perché i giovani non sanno regolarsi? Oddio, non che lui, che ha il doppio della loro età, sappia dominarsi così tanto, almeno sa quando farlo.
Nel frattempo una nuova signora, dai modi rudi e maschili di un guerriero, approccia il gruppo e saluta i suoi pari, prima di dileguarsi in una nuvola di nero fumo. Nobili, sempre pronti ad esibizioni non richieste di potenza e superiorità. Comunque, vediamo di calmare i bollenti spiriti dei presenti o sono guai, Serhat non desidera sorbirsi una predica dei Corvi, in quel momento.

Permettete una parola, signori?
-Considerando il clima, chiedere il permesso di parlare non gli sembra sbagliato-
Ah, bentrovato signor Shakan. Gaara, Aang! Anche voi sentivate la mancanza delle calde strade di Basiledra?

- Un sorriso amichevole, lo stesso che regalerebbe ad un vecchio conoscente visto dopo molto tempo, è quello che offre in cambio di un più caloroso saluto come è abituato a fare. E un inchino del capo rivolto alle signore al seguito della nobile chiude i saluti del costruttore, che si fa avanti con la sua proposta riparatrice.-
Enghe, Roscio, invece de litigà che dite, se lo famo 'no sfilatino cà mortazza? Ho visto un banchetto giusto giusto qua fuori che li fa.

Si, se non si è capito il nostro costruttore di fiducia ha fame e non lo nega. E male che vada, il pane ripieno se lo gusterà in solitaria tranquillità.

png
- Note: A corto di idee valide per infilarmi nel mucchio. Ma il panino cà mortazza prevale su tutto :iena:

Ricordati che devi morire!
Sì, sì... no... mo' me lo segno...
Serhat Satu

 
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~ D a l y s
view post Posted on 15/4/2012, 12:38




Ray il sovrano li ha abbandonati.



Quelle parole la colsero impreparata. Li ha abbandonati. Ci ha abbandonati. Conosceva quella sensazione, il vuoto tra lo stomaco e il cuore. Al tatto, al gusto. Sapeva cosa fosse il buco nero, gravido di tenebre e incubi. Lo aveva vissuto per anni, cercando inutilmente di riempirlo. Si era drogata di sangue e vizio sperando che l’abbandono prima o poi sarebbe finito.
Li ha abbandonati.
Nella sua mente la consapevolezza sussurrò gelida. Non era stato solo quel ragazzino a pensarlo. Anche lei, appena si era svegliata, riportata in vita al termine della battaglia, riversa nel sangue dei nemici, lo aveva creduto. Anche lei si era sentita sola, immensamente sola, bisognosa di tepore. Aveva desiderato un abbraccio, qualcuno che la aspettasse a casa, verso i vetri caldi di luce aranciata, pronunciando il suo nome.
Per un secondo attorno a lei fu solo buio, e il suo cuore saltò un battito. La mano le corse repentina al petto, gli occhi si sbarrarono.
Ci ha abbandonati.
Era il triste epilogo della sua storia.
Mamma, perché mi hai abbandonato?
Di nuovo un battito mancato. Le si mozzò il respiro. Desiderò sprofondare e dormire, dormire e scoprire che tutto era soltanto un sogno. Quella maschera, quella vanità, quel volto dipinto costretto a sorridere. Solo una bambola mossa dal burattinaio sullo sfondo dorato di un regno. E lei a guardarla, gli occhi semichiusi nel dormiveglia che precede il mattino.
Ma parlò Motoko, la sua voce familiare, orgogliosa. Come artigli graffianti la ritrascinò alla consapevolezza della realtà circostante. L’aveva afferrata da dentro, lasciandole un’impronta dolorosa alla gola e alle tempie. Si accorse di avere la fronte umida di sudore. Per un attimo aveva creduto di essere tornata indietro, al periodo della propria debolezza, là, nel deserto dove il giorno pareva infinito.



«Non che ci abbia mai amato, a dire il vero.»




L’intervento dello sconosciuto le consentì di prendere fiato.
Quei momenti necessari a riacquistare consapevolezza, a ritornare sul palco, graziosa attrice ormai avvezza al proprio spettacolo. E già il mondo si riappropriava di lei, già le sue piccole dita invisibili la toccavano ovunque, la contaminavano come tempere annacquate donandole il loro colore. Un colore di mattina scintillante in una chiesa ove si erano vestiti di nero per un falso pudore.
Non aveva quasi ascoltato le scuse del ragazzo, ma ora le parve il miglior modo di tornare ad essere Fleurdalys, la Regina. Di sottolineare come la consapevolezza non potesse sconfiggere la sopravvivenza.
Levò una mano, a frenare la giovane samurai e per ottenere la parola.



Ogni persona ama. Così anche Ray.
Ma egli era Dio. Il suo amore è stato tanto grande da ridonarci la vita quando avrebbe potuto privarcene per sempre
”.



Poggiò una mano sul volto del giovane Gaara, i polpastrelli di lei gli sfiorarono le guance. Benevola, come la serpe prima di mordere. Soffice, come il bocciolo della rosa, i cui primi petali schiusi nascondono lo stelo spinoso.
Falsa. Perché lei aveva conosciuto Ray, lo aveva sfiorato, gli era passata accanto ed era stata stregata dai suoi incantesimi. Preda della sua crudeltà sadica, di quel piacere che cercava a proprio modo, di quella sete insaziabile di potere. Ogni persona ama, così anche Ray. Ma non certo loro. Un amore ritorto su se stesso, così come era ora quello di lei, un amore impossibile. Irraggiungibile. Aveva ridonato loro la vita solo perché, distrattamente, si era ricordato di avere bisogno di un mondo.
E loro avevano bisogno di lui. Anche in quel momento. Di mentirsi al suo riguardo. Di rassicurarsi dimenticandosi chi fosse.
Avrebbe voluto aggiungere dell’altro, ma la Nera si fece loro vicina, le si rivolse. Ora spavalda, come se nascondesse il proprio passato. Lo stavano facendo tutti. Il sipario era calato e si era sollevato. E loro erano morti e rinati. Uguali, fingendo di essere diversi.
Lo sguardo di Dalys si fece tagliente, il suo sorriso ferino.
Guardò lei e Shakan, intuì nuovamente l’acredine che trascorreva nei loro dialoghi. Calcolò quale fosse dei due il più pericoloso. L’aria si era fatta pesante. Palpabile. E come ogni cosa dotata di consistenza, pareva pronta per essere trafitta.
La Rosa si inumidì le labbra con la lingua, lasciandola saettare rapida. E il suo volto fu grave e fu beffardo ad un tempo, mentre chinava il capo simulando rispetto.



Grande è la varietà dei servi del Sovrano.
Riteniamoci fortunati che siano stati distinti per posti a sedere. Altrimenti ci saremmo trovati mescolati ad ogni genere di pessime compagnie
”.



Ambigua, forse. O forse fin troppo chiara. Ammiccò a Shakan e parve essere estremamente divertita.
Tra le dita le si materializzò un ventaglio, con cui pigra si fece aria. Non c’era affatto caldo in quella stanza, non c’erano riflettori puntati. Ma c’era la possibilità di doversi difendere. Il Sovrano forse non li aveva amati tutti. Ma di certo avrebbe trovato estremamente amabile quella scena. Sogghignò tra sé, nascosta dalla stoffa, guizzante in eleganti volute.


 
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view post Posted on 15/4/2012, 16:45
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Memento mori.
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«Non muovetevi»

Buio, il più innocente ed indifeso buio, colpevole solo del fatto di ostacolare la vista umana.

«il Re ci ha abbandonati»

Ancora buio.

«Torna nei tuoi ranghi»

Noia, un gran fastidio pervase la mente di Illidan: gli occhi gli bruciavano, l’ interno della bocca era secco, come se si fosse appena alzato dopo una giornata di duro lavoro, dopo una giornata di caccia,
come se fosse morto e resuscitato cento volte.

All’ improvviso la risata della Nera gli guizzò all’ orecchio come uno schizzo di sangue causato dallo sfracellamento di un corpo che ricade in un qualsiasi contenitore, per poi venir soffocata dal gran vociare della folla, che si espandeva per tutta la cattedrale.
Aprì gli occhi, scosso dallo spostamento della sedia da cui Lionet si era appena levato. Ebbe appena il tempo di stiracchiarsi il collo e stropicciare un po’ gli occhi, per poi seguirlo, ovunque stesse andando.
Sfortunatamente per loro l’ unico metodo per uscire era immischiarsi nella marmaglia di persone che si era formata ai lati del grande tavolo a forma di rosa dei venti.

Li squadrava tutti, uno a uno, come un coccodrillo osserva il montone avvicinarsi al suo territorio prima di strappargli il collo a morsi. Vedeva ipocriti quasi dappertutto, e ciò non faceva che irritarlo.
Verso la fine del tragitto rivide la donna che prima aveva indicato a Lionet, si ricordò ciò che il suo compagno d’arme gli disse, prima che Rekla svanisse.

« Non fidarti mai delle belle donne, Illidan, Apprendista di Colonius»
« Hanno lame nascoste anche sotto le unghie. »


Di certo non aveva tutti i torti, però non aveva idea di cosa aveva l’ Inferi Sententia in serbo per tutti.
Neanche la più pallida idea.
Quindi si fermò in mezzo al gruppo, facendo guadagnare qualche passo al Cousland, che probabilmente non si era nemmeno accorto della presenza del parassita, e, solo allora, Illidan capì di cosa stava parlando quel piccolo agglomerato di persone.

«Il Re non ci ha aiutato a riconquistare le nostre terre, sono stati il nostro dolore, il nostro sudore e le nostre lacrime a farlo. »

Sogghignò, la folla reprimeva qualsiasi suono a bassa frequenza che emetteva, a quel punto guardò il ragazzo che si faceva chiamare “Gaara” con aria insolita, apparentemente pensierosa, del resto uno sguardo non può essere soppresso dal rumore.

«Sei un soggetto magnifico, sai? »

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Era probabilmente la prima persona che trovava ad avere il coraggio di contraddire un nobile con poteri sia politici che fisici maggiori ai suoi.
Le sue parole vennero represse, ancora una volta, dal gran casino che si stava creando nella chiesa.
Fortunatamente, però, le parole arrivarono solo ed esclusivamente al mittente dai capelli rossi.
Distolse subito lo sguardo dal gruppo, per tornare a seguire il Cousland, che era ancora a qualche metro da lui.

 
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