I rintocchi delle campane della cattedrale si espandevano nell’aria vibrante del canto di centinaia e centinaia di voci, del suono di innumerevoli passi in marcia verso la medesima meta. Quasi fossero riflessi intermittenti di un faro di pietra, guidavano il popolo di Basiledra verso il cuore stesso della città, incanalando quel flusso venoso all’interno dell’organo più sacro e vitale della capitale; e lì gli uomini sarebbero stati mondati da ogni peccato, benedetti dalla nuova fede che le braccia dei Corvi avevano solennemente innalzato. Un culto potente, capace di irretire anche la volontà più ferrea con parole e promesse dolci come miele, professando la misericordia divina di un ricordo divenuto immortale. E che ci credessero davvero o che fingessero una devota sottomissione a nulla più che al nulla stesso, tutti i più importanti e influenti esponenti della gerarchia e della nobiltà del Clan si erano riuniti quel giorno tra le navate in penombra, consapevoli del valore simbolico racchiuso nella cerimonia che si apprestava a cominciare. Per il regno, quel giorno era storia. In quel momento, spalancate dalla forza del coro crescente, si aprivano le porte di una nuova era. Ma c’era qualcuno che tutto questo lo ignorava. Yusuke Takeshi non aveva mai visto una cattedrale, ne così tanta gente desiderosa di entravi. Era stato a Basiledra una volta soltanto e neanche per troppo tempo, dunque non ricordava minimamente (complice anche la pessima memoria) la morfologia di un labirinto urbano per lui, di fatto, del tutto nuovo. E soprattutto non conosceva il motivo per cui, incolonnato insieme a centinaia di uomini e donne di ogni razza e classe sociale, si stava dirigendo verso la candida struttura svettante, epicentro di un qualcosa che solo lui pareva ignorare. L’unica cosa che sapeva era che qualche giorno prima Dalys in persona gli aveva affidato un incarico: condurre la sua scorta militare in occasione di un certo viaggio diplomatico nella capitale d’occidente. Probabilmente lo aveva informato anche dei dettagli, ma figuriamoci se Yusuke non stava pensando a qualcos’altro, in quel momento. Aguzzando le meningi riusciva a ricordare qualche timido sprazzo della conversazione, qualcosa al riguardo di una certa cerimonia in onore di in certo qualcuno... insomma, una cosa del genere; ma tanto di sicuro non era roba importante. Sta di fatto che, appena tre giorni dopo, erano partiti. E nelle prime ore di quel pomeriggio affollato erano arrivati, anche. Tutti cioè, tranne uno... indovinate un po’ chi? Il problema di Yusuke è che è completamente sprovvisto del benché minimo senso dell’orientamento: se gli indicaste una strada ringrazierebbe e imboccherebbe la direzione opposta. Non è quindi difficile immaginare cosa possa essere successo dopo che il ragazzo, una volta che la carovana ebbe oltrepassato la cinta muraria, si fu offerto di precedere in avanscoperta il grosso del corteo diretto verso la cattedrale. D’altronde – questo aveva pensato – era suo compito, in quanto capitano delle guardie della famiglia Cavendish, assicurarsi che la regina non corresse alcun pericolo. Intenzioni più che nobili, dovete concederglielo; ma senza scendere troppo nei particolari vi dico soltanto che, un paio d’ore dopo, il ragazzo si era ritrovato nuovamente davanti alle porte della città. Adesso Yusuke arrancava tra la ressa, cercando di farsi largo come meglio poteva nonostante il fisico minuto. Colmo di vergogna per l’imbranataggine che aveva dimostrato (a se stesso più che altro, e per l’ennesima volta), continuava ad allungare il collo oltre la folla, impaziente di scorgere la sagoma della cattedrale emergere dal fitto intrico di case e botteghe. Se non altro pareva che ora tutta la città fosse diretta verso quello stesso punto, per cui al samurai bastò unirsi alle spire del serpente colorato e vociante che percorreva le strade acciottolate per raggiungere la meta. La cattedrale apparve all’orizzonte improvvisamente, quasi dal nulla, in tutta la sua esotica magnificenza, splendente dei raggi del sole che ne accarezzava le guglie elaborate. Il ragazzo ne rimase impressionato, restando a bocca aperta per qualche secondo nella muta contemplazione delle vetrate scintillanti e dei monumentali pilastri. Ma si riscosse immediatamente: di certo non era quello il momento di ammirarne l’architettura. Doveva entrare, e alla svelta... impresa tutt'altro che facile considerata la mostruosa lentezza con cui la fila avanzava. Esasperato spiccò allora un salto, atterrando sulla zucca pelata dell’uomo nerboruto in coda proprio davanti a lui; dopodiché, prima ancora che il bestione potesse reagire o anche solo rendersi conto di quanto era appena successo, cominciò a saltellare sulla folla sbigottita reggendosi con le mani l’hakama troppo grande, oltrepassando facilmente quell’immobile caos al prezzo di divenir bersaglio degli appellativi non proprio rispettosi che si levavano progressivamente da quanti venivano “calpestati”. Neanche un minuto dopo, comunque, Yusuke fu finalmente davanti al portone d’ingresso, dal quale filtrava una litania lenta e assuefacente. Aveva come l’impressione che una cattedrale non fosse un luogo adibito al divertimento, e a giudicare dagli sguardi fin troppo seri di tutti coloro che lentamente salivano la scalinata antistante dubitava che vi avrebbe mai messo piede di sua spontanea volontà; ma a quel punto non aveva scelta. Oltrepassò i battenti ed accedette incuriosito all’ambiente fiocamente illuminato. La sala era stracolma: nobili illustri e feccia della peggior specie, mercenari e paladini, ladri e mendicanti si alternavano tra le imponenti colonne, assorti nella venerazione di chissà quale, misterioso, idolo. Il ragazzo fece poco caso alla figura incappucciata sull’altare, i cui gesti e le parole catalizzavano completamente l’attenzione dei presenti. La sua priorità era trovare Dalys e il resto della spedizione... ma come fare nel bel mezzo di tutto quel trambusto? In quella un vociare acceso, stonato rispetto alla monotonia ritmica del canto intonato dai fedeli, lo costrinse a voltarsi: un drappello di individui semicoperto dalla folla confabulava alla sua destra, apparentemente incurante della celebrazione in corso. A quella distanza era difficile ascoltare cosa stessero dicendo, ma una frase riuscì ugualmente a fendere lo spazio e a giungere alle orecchie del ragazzo... « ... che dite, se lo famo 'no sfilatino cà mortazza? Ho visto un banchetto giusto giusto qua fuori che li fa. » Yusuke drizzò la schiena come un cane che ha fiutato una preda. Sfilatino? Mortazza? Rammentava di aver provato, in una lontana occasione, quell’occidentale prelibatezza e da allora il suo struggente ricordo aveva tormentato tutte le sue notti; come se non bastasse, le disavventure di quella giornata gli aveva messo un certo appetito. Decise quindi di avvicinarsi e rimandare la ricerca dei suoi compagni a data da destinarsi, ossia a quando sarebbe stato con la pancia sufficientemente piena. Un gruppo di cavalieri si scostò lateralmente, lasciando lo sguardo del ragazzo libero di posarsi sul variegato gruppo che aveva catturato la sua curiosità... e fu proprio in quel momento, mentre già la saliva gli annacquava la bocca, che si rese finalmente conto di chi fossero i misteriosi interlocutori dell’uomo... « Dalys-hime!!! Hakkun!!! » Strillò il samurai, profondendosi in un profondo sospiro di sollievo. Ridusse di corsa la distanza che lo separava dalla delegazione d’Oriente, spintonando da una parte il tizio dai capelli rossi che gli stava davanti insieme con l’altro intento a sussurrargli qualcosa all’orecchio; si arrestò quindi pressappoco di fronte al suo bizzarro amico metallico con un enorme sorriso stampato sulla faccia. Un sorriso che non poté far altro che ingrandirsi ulteriormente quando le sue iridi dorate si soffermarono su di una terza figura poco distante... « Motoko-chan!!! Ci sei anche tu! Wow, ci siamo ritrovati proprio tutti, eh? » Commentò ridacchiando. Quindi si ricordò che in effetti aveva interrotto una conversazione in corso. Si voltò verso gli altri presenti e sventolando una mano in segno di scuse rivolse loro un saluto spensierato. « Salve gente! Il mio nome è Yusuke Takeshi! Piacere di fare la vostra conoscenza! » Esordì, non avendo la più pallida idea di chi avesse di fronte. Non che le sue reazioni sarebbero cambiate più di tanto anche se ne fosse stato consapevole, c’è da dirlo. E poi si chiedeva il perché fosse sempre, costantemente, nei casini...
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