Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Gute Nacht, Buonanotte: La Partenza

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view post Posted on 5/6/2012, 23:56

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Giunsero a Gefahrdorf al calar della sera, uno sputo divino, lo scarto peggiore del continente, il rifiuto tossico del Nord, Gefahrdorf era questo e molto altro ancora.
Le porte di legno si schiusero dinanzi agli occhi del drago, il commiato di benvenuto fu alquanto sterile e di minor importanza rispetto quello altisonante che gli avevano riservato al villaggio di Schneeweg:
Un prete, un soldato e una bimba.
Un’accozzaglia al quanto inusuale di persone, Adele, quello era il nome della bambina, era l’unica nota allegra di una città spenta, dove i pochi superstiti in giro per il villaggio s’affrettavano a richiudersi dietro le porte di legno delle proprie casette.
Padre Jörg era l'anziano prelato che accudiva quella vivace frugola dai capelli d'oro, sbuffando impaziente dai comportamenti impudenti della giovine, con un soldato che rimbrottava entrambi, riportandoli a un ordine quasi funereo, in linea con la desolazione cittadina.
La combriccola entrò all'interno del villaggio, camminarono per le strade quasi deserte, carpendo voci alquanto misteriose, voci sinistre che relegavano quel villaggio in un'aurea di mistero, dove dietro al coprifuoco si nascondeva una più probabile paura, chi aveva bambini li nascondeva, chi aveva segreti li celava, chi aveva ricchezze le sotterrava, in un'omertà silente ove nessuno sapeva di nessuno.
Una voce su tutte lo destò.

« Padre, mi parli di questo orfanotrofio. »

La sua voce era rotta da un velo di preoccupazione, incrinata da una nota di sincera tristezza, si avvicinò al prete e gli poggiò la mano destra sulla spalla, dove la tonaca era logora dal tempo, dove un prete non si ricopriva dallo sfarzo superfluo di inutili gioielli e di tuniche in camoscio.

« Invero non v'è nulla da dire » il rammarico nella sua voce, la testa china mostrando la pelata, « qui è tutto normale, fin quando quel Lord comanda, Gertrude impone con la forza i suoi insegnamenti. »
Scosse la testa desolato.
« Comunque, se volete andare a fare visita all'orfanotrofio è quello lì. »
Il prete alzò il braccio verso un edificio in alto su di una collinetta.




------------------------------------

W I N T E R R E I S E
Dove i bimbi non mangiano, dove le zie ti pungono.


Bussava incessantemente da un paio di minuti, la mano picchiava sulla porta di legno rimbombando chiassosamente all'interno dell'edificio, dove chi era dall'altra parte faceva finta di non sentire, come una bambino che si tappa le orecchie, salta e urla pur di non sentire.

[...]

Si era diretto all'orfanotrofio dopo essere stato alla locanda, più simile a una bettola maleodorante in realtà, deserta se non per qualche sparuto personaggio che spendeva gli ultimi spiccioli di una giornata di lavoro e cercava di conquistarsi le grazie di una robusta barista. Morpheus aveva afferrato una birra di cattivo gusto, il luppolo rancido gli solleticava il palato disgustandolo. Si trattenne in quella bettola per meno di un'ora, giusto il tempo per curarsi la ferita più profonda infertagli dal Bebelith, quando uscì nessuno sentì la sua presenza, lanciò qualche moneta alla ragazza dietro al bancone e prima di uscire scorse il sorriso flebile della ragazza, no non passavano molti stranieri da quelle parti.

[…]

Quando la porta si aprì, davanti a Morpheus si palesò una vecchietta dalla pelle cadente e dalle occhiaie profonde, osservava quel giovane che era andato a bussare alla porta a quell'ora tarda. Voleva quasi ammonirlo con il suo fare severo e lo sguardo burbero. « Cosa vuole lei? Non è orario di visita! » ma quando il timore crebbe in lei, gli occhi si spensero improvvisamente e la fiammella severa smise di baluginare, lasciando spazio a delle pozze nere di timore.
« Scusi il disturbo, e l'orario inadeguato, ma vorrei poter avere la possibilità di vedere i bambini. »
La voce dolce, melliflua, ormai l'uomo-drago aveva capito come trattare quelle persone, ben sapendo che si prendono più mosche con il miele che con l'aceto.
« Ma lo sa che ore sono?! »
L'agitazione crebbe nella vecchietta, che nonostante i sintomi di una paura crescente era restia ad abbandonare la maschera del suo personaggio, scrutò il volto di Morpheus con gli occhi che guizzavano come quelli di una civetta a caccia.
« La prego, solo qualche minuto, è della massima urgenza. »
Un sorriso si dipinse sul volto del giovane, rappresentato in tutto il suo massimo splendore.
« Solo qualche minuto, chiaro? »
La vecchina si spostò aprendo la porta al Dreams maker, l'interno dell'orfanotrofio era di quanto più spartano ed essenziale si potesse avere, come se il diletto in quell'edificio fosse totalmente bandito. Vide solo una serie di corridoi e di porte chiuse, ogni porta sembrava dovesse nascondere arcigni segreti, erano avvolte in uno stantio polveroso che sapeva di mistero, più volte gli venne in mente di aprirne una, di sfondarla e vedere cosa c'era dentro, ma trattenne i suoi istinti, più volte frenò i suoi impulsi, fin quando la vecchia non aprì una porta, apparentemente simile alle altre.
Al suo interno una decina di bambini intenti nella lettura, che è già strano di per sé, quasi tutti biondi dagli occhi azzurri, silenziosi, come se nei loro corpi non si nascondesse l'animo di un bimbo, ma di un adulto. Non sentì nemmeno cosa blaterò la vecchia – qualcosa come: “fai subito, è tutto ok”- con passo lento si avvicinò ai bambini, desideroso di conquistarsi la fiducia di essi, smanioso di cercare la verità su quei maltrattamenti, ma a un'occhiata superficiale i corpicini non sembravano aver nulla di strano, né lividi né lacerazione, parevano essere tutti in buone condizioni.
Se non fosse stato per quell'insolito silenzio.
Nella sua vita centenaria da drago, di tanto in tanto aveva avuto a che fare con i bambini e, per comportamenti, nessuno di loro sembrava somigliarli. Lui i cuccioli di quella specie li aveva conosciuti come giocosi rompiscatole, eccentrici bambini che, secondo lui, eccedevano troppo con l'uso di zuccheri, i bambini dei suoi ricordi erano come Adele, non come loro.
Tirò fuori dalla tasca un dolcetto, per la precisione un biscotto con le gocce di cioccolato sopra la superficie che si riversano all'interno della pasta croccante, biscotti che nella sua tasca non mancavano mai, erano, difatti, l'unico vizio che il drago si concedeva.
« Qualcuno di voi è così bravo da dirmi se è successo qualcosa di strano qui? »
Sussurrò a bassa voce, forse troppo bassa, visto che nessuno dei bambini parve essersi accorto né di lui né del biscotto, solo un minimo accenno di saluto quasi automatizzato, troppo poco per dei bambini messi dinanzi a un dolcetto.
Solo uno di questi, capelli biondi e arruffati, una maglietta candida come le nuvole, uno scricciolo rispetto agli altri, si fermò a guardare il drago, lo fissò intensamente per qualche secondo, come indugiando su di lui, come un bambino che non sa se accettare le caramelle da uno straniero, infine, mosso da una violenta determinazione, il bimbo afferrò il biscotto e iniziò a divorarselo come una belva affamata. Fu a quel punto che lo notò, un paio di punture proprio dietro al collo, quasi impercettibili e piccole, talmente piccole che per poco non gli sfuggirono.
« Cosa sono quelle punture? Sussurrò, chi te le ha fatte? »
« Mi hanno curato La malattia, sono stato in infermeria per due notti di fila » con un altro morso addentò nuovamente il dolcetto,« è stata zia Gertrude. »
Continuò a parlare con la bocca piena e le briciole che gli cascavano da essa. A quel punto Morpheus si girò nuovamente verso la vecchietta. Aveva avuto ciò che voleva, il bambino gli aveva confermato che qualcosa accadeva in quel luogo, glielo aveva confermato con quell'innocenza di cui loro si contraddistinguono, bocche della verità che, al contrario degli adulti, sono totalmente privi della capacità di mentire.
Mentre la vecchia no, lei era come tutti gli altri.
« È a conoscenza della sparizioni avvenute di recente? » Prese fiato, quasi dando alla donna il tempo di fare la scelta giusta,« e se qualche bambino è stato coinvolto? »
La donna si chiuse la porta dietro di sé, come a voler nascondere alle orecchie dei bimbi quello che stava per dire, e per un istante soltanto credette davvero che gli stesse per dire tutta la verità, ma ovviamente si sbagliava, e alla grande. Negò, e anche male, l'omertà che avvolgeva quella città era troppo radicata nelle profondità, nessuno parlava, nessuno sapeva nulla. Glissò quelle domande malamente, come se nascondesse qualcosa che a lui non voleva dire.
A quel punto il drago si presentò dinanzi a lei una figura spaventosa e grossa che avrebbe devastato tutto l'edificio.
Ma era solo un'immagine, una mera illusione, il vero drago era ancora lì in forma umana, davanti a lei.
« Dimmi dove posso trovare Gertrude. »
La voce improvvisamente profonda e severa, come un tuono che romba nel ciel sereno.
« È-è d-di sopra. »
Con una mano indicò la scalinata che portava al piano superiore.
« N-nel s-suo ufficio. »
La donna tremò, troppo spaventata per fare altro scappò in fretta e furia e si perse nell'oscurità.
A quel punto Morpheus salì le scale e si ritrovò davanti all'ufficio di Gertrude, una placca d'oro con caratteri neri brillava perfettamente lucidata.
Bussò, una-due-tre volte, si inventò una scusa patetica per la sua presenza in quella tarda nottata, ma la donna al di là della porta non gli credette minimamente.
« È aperto, entri pure. »
Quando Morpheus aprì la porta, dinanzi si trovò una donna di mezza età, le poche rughe sparse su di un viso secco e smagrito, occhiali a mezza luna che nascondevano delle pozze nere, la testa china su delle carte, intenta a scrivere lo ignorò totalmente, cosa che trovò alquanto irritante.
Quando finì la donna alzò lo sguardo scrutando quello del giovane.
« Avanti, mi dica cosa vuole, non mi sembra un tipo d'affari, né tanto meno uno che vuole fare una donazione. »
Si sentiva come un topo in trappola, con imbarazzo si portò le mani nei capelli, arruffando ancor di più quella chioma ribelle.
« Mi scusi, sono stato mandato qui per sapere delle sparizioni, è alcuni bambini mi hanno parlato di strane malattie e di mostri. »
La donna sorrise, falsa come l'amicizia tra uomo e donna quando uno dei due è innamorato, falsa come i dobloni di un goblin, abbassò gli occhiali a mezzaluna sul naso, come a voler guardare con ancor più severità il giovane.
« Credo che lei si stia sbagliando. » Sorrise,« qui non ci sono mostri, sono solo fantasie infantili, chiamiamoli pure incubi, qui i bambini mangiano, dormono e studiano, » e il suo sorriso se possibile si fece ancora più falso, « qui non sparisce nessuno. »
A quel punto Morpheus non ci vide più dalla rabbia, menzogne su menzogne, aveva visto con i suoi occhi i bambini malfamati e le punture sul collo, con le sue orecchie aveva sentito le dicerie di mezza città, e ora lei negava tutto.
Scattò in piedi trascinando la sedia per terra che s'impattò al suolo con un tonfo.
« Neghi ciò che dice tutto il villaggio? Neghi le punture che io ho visto con i miei occhi? » La voce irritata, il drago stava quasi urlando.« Neghi che la vecchia che mi aperto mentiva spudoratamente alle mie domande? »
Sorrise,« io non me ne andrò da qui finché non avrò risposte. »
-E stai pur certa che le avrò-

Poi l'ultima cosa che vide fu il sorriso sinistro dipinto sul volto di Gertrude, un sorriso carico di soddisfazione.
Poi un lieve pizzico e, infine, il nulla.
Il nero di un oblio.



CITAZIONE

Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem


ReC: 275 - 250 | AeV: 125 - 100 | PeRf: 150 - 300 | PeRm: 250 - 450 | CaeM: 150 - 100


Energia: 83%
Status Fisico:Lacerazione superficiale alla coda [Danno basso]
Status mentale:Confusione iniziale alla mente [Danno basso] Bad trip dovuto al veleno del Bebelith [Danno medio]

Abilità attive:
Creator of Dreams
Spendendo un consumo basso di energie Morpheus può generare nella mente del nemico una singola immagine che può essere un ricordo o un'apparizione momentanea. Un volto noto, una sensazione angosciosa, un'immagine di apocalisse. Oppure il momento migliore della sua vita, capace di distrarlo ed impedirgli di combattere. Le percezioni del nemico saranno quindi modificate ed egli potrà reagire e liberarsi della malia soltanto spendendo una difesa apposita di livello Basso e non provocheranno alcun danno psionico. L'immagine verrà vista all'interno del campo di battaglia, ma sarà visibile solo per colui che è affetto dall'illusione in se. [Attiva I livello dominio illusionista].

Abilità passive:

Il drago blu, come tutti i draghi, possiede una forza fuori dal comune, difatti, sia in forma umanoide che in forma draconica, qualsiasi arma, oggetto, che per altri sarebbe impossibile da smuovere, Morpheus sarà in grado di alzarlo con il minimo sforzo [Passiva personale]. Un drago, altresì, può cambiare la sua forma da draconica a quella umanoide, senza nessun impedimento esterno, non importa se giorno o notte, l'unico fattore davvero rilevante è il volere dello stesso drago, in quanto una creatura così letale raramente decide di dare un vantaggio all'avversario trasformandosi nella sua forma più miserabile [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale]. Il drago, inoltre, grazie alla grande energia presente nel suo corpo potrà utilizzare qualsiasi sua tecnica, indipendentemente dalla natura, risparmiando il 3% sul consumo totale normalmente previsto. Se tale risparmio dovesse abbassare il consumo di una tecnica allo 0% o meno, il consumo totale della tecnica rimarrebbe fisso all'1% [Pergamena risparmio energetico].
Inoltre, il drago grazie alla sua conoscenza fuori dal comune, non ha più vincoli riguardanti le illusioni . Egli è talmente dotato da poterle castare istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere perchè la quasi totalità delle tecniche illusorie si attivi all'istante. [Passiva I livello dominio illusionista]. E grazie alle sue ampie conoscienze Morpheus ha la possibilità di risparmiare energie Per questo ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico [Passiva II livello dominio illusionista]. Arrivati a questo punto le conoscenze di Morpheus lo rendono un illusionista di primo livello, in grado di rendere tutte le sue tecniche illusorie o manipolatorie di un livello superiore. Ad esempio una tecnica Media provocherà danno Alto, una alta danno Critico e le tecniche di costo critico provocheranno un danno Mortale. Non c'è variazione nella potenza delle tecniche, ma solo nel danno risultante. [Passiva III livello dominio illusionista]

– Impact.
Un’arma di queste proporzioni non potrebbe essere impugnata da nessuno che non possegga una forza straordinaria. Il suo peso è considerevole, la lega metallica che lo compone è di una densità tale da non rassomigliare ad alcuna già presente sul continente. Ma chiunque riuscirà a far uso di un’arma simile, saprà certamente come utilizzarla. Ad essa è infatti legata una catena, e sfruttando principi basilari della fisica come forza centrifuga e gravità, ogni attacco fisico passivo portato dall’arma sarà come se fosse eseguito con il doppio della PeRf standard posseduta. {Abilità passiva}

Kajera
È la lama che infrange i legami. Ella si sazia dell'ardimento dei cuori, di qualunque tipo esso sia. Ella brama, invero, di rifrangere ciascuno di quei vincoli intensi, sussurrando direttamente negli animi delle sue vittime di quanto ogni vita donata a qualcun'altro altro non sia che la debolezza di un cuore che rinuncia alla propria dignità. Per farlo, però, deve poter comprendere ove colpire, oltre che chi colpire, naturalmente. Kajera, infatti, permetterà al suo portatore di scrutare nei cuori di coloro che amano, soffrono o vivono un sentimento, un legame di affetto di qualunque tipo e genere. Tale legame apparirà agli occhi del portatore che una scintilla che brilla nell'animo di chiunque, potendo finanche comprendere se due scintille, se ammirate insieme o distintamente, siano o meno legate l'una all'altra. Invero, però, ammirare una scintilla non farà comprendere comunque mai la natura del legame o il nome della persona con cui il legame esiste, avvertendolo unicamente della sua esistenza e, al massimo, della reciprocità del contatto. [Passiva, il portatore potrà vedere nel cuore di ciascuno la presenza o meno di un qualunque legame affettivo, di qualunque tipo questo sia, senza - però - poter conoscere con tale potere la natura o la storia dello stesso. Qualora il portatore veda due o più persone, inoltre, potrà comprendere se il legame che esiste nei loro animi le vincola l'una all'altra o meno. Inoltre, il portatore potrà vedere in ciascun avversario ogni scintilla per ciascun legame, per quanto grande o piccolo esso sia, in quando brilleranno di intensità variabile a seconda della forza dell'affetto.]


– Tail.
Nonostante ciò, Ramhat è tutto meno che poco visibile. Un diametro di tre metri di ineguagliabile metallo, una catena così robusta da poter reggere forze e tensioni impressionanti. Così come uno stocco è agile e maneggevole per merito di forma e peso, così una sfera di tali proporzioni sarà poco pratica nonostante la forza di cui si possa godere. Le traiettorie che percorrerà fino a impattare sull’obiettivo saranno lineari e quasi prevedibili all’occhio di un eventuale avversario, che avrà così il tempo di rizzare una difesa più o meno stentata. Questo malus agisce sulle tecniche e gli attacchi fisici portati con Ramhat, a meno che non vengano occultati a loro volta da particolari tecniche. Forza bruta a determinabilità, uno scambio più che equo. Dopotutto ogni cometa ha la sua coda. {Malus}

Note:
Scusate il ritrdo, pensavo fosse più semplice fare sti post, invece sono molto più lunghi di quanto mi aspettassi, anche se sintetizzatoparecchio.



Edited by Lud† - 6/6/2012, 12:41
 
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view post Posted on 6/6/2012, 00:13
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Ad Agio Nel Disagio
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Era un silenzio innaturale quello calato sulla radura innevata. Il sentiero incavato tra gli alberi si ingrossava leggermente in quel punto, disperdendosi tra le sfumature della neve fresca e gli schizzi verdognoli dell'icore. Un silenzio assordante che invadeva le orecchie adattatesi al clangore delle armi e ai gemiti degli aracnoidi, sorprendendo i mercenari ancora sul chi vive, lasciando la tensione sospesa nell'aria come nebbia mattutina.
La loro guida aveva abbattuto con apparente facilità gli ultimi abomini in assoluto silenzio, quasi non si trovasse li con loro, quasi appartenesse ad un altro piano, ad un altro mondo. L'elfo sembrava nervoso e difatti interrogò l'uomo, chiedendo chiarimenti. Una presentazione tanto vaga quanto ridondante e l'allusione alla ricompensa finale liquidò in fretta lo sciamano elfico.
A Lazarus d'altronde non serviva certo ricordare il significato della parola mercenario. Aveva scelto di intraprendere quella carriera - almeno per un pò - e dunque il suo essere doveva essere votato al premio finale, alla riparazione per ogni male subito nella ricerca.
« Ottime argomentazioni. » commentò, rivolto più a se stesso che ai compagni che lentamente riprendevano la marcia. Gefahrdorf li attendeva nel suo letto di neve.


_______________ Gefahrdorf, Alba_____




Le sopracciglia sottili, retaggio del suo sangue misto, si inarcarono prepotentemente verso l'alto: Gefahrdorf era, in verità, ben diversa da ciò che il mezz'elfo si aspettava di trovare. Le strade deserte che aveva pessimisticamente immaginato erano attraversate da rari popolani arcigni, evasivi. Nessuno pareva intenzionato a colorare la fredda aria mattutina con gli schiamazzi, i profumi, la vitalità di un piccolo mondo montano che si sveglia dal suo letargo notturno, anzi! Rare massaie si affacciavano frettolose alle finestre solo per richiuderle alle loro spalle, porte apparentemente sprangate da tempo attendevano immobili proprietari che non le avrebbero più dischiuse la mattina per spazzar via a colpi di ramazza la polvere. Il silenzio di Schneeweg, svuotata dei suoi abitanti, ora sembrava quasi una piacevole quiete rispetto alla fredda stasi di Gefahrdorf. Bastò davvero poco prima che il gruppetto percepisse la diffidenza nutrita dagli abitanti verso gli stranieri. L'unica a non soffrire di tale xenofobia malcelata sembrava essere una bambina che, accompagnata da un religioso, li accolse - dando vita peraltro ad una curiosa scenetta che li lasciò perplessi.
Incassato con un sorriso cortese l'ammonimento della guardia, Lazarus prese nota degli ordini impartiti da Kreisler per poi dirigersi verso un ostello li vicino. Fortunatamente l'insegna sbiadita era ancora leggibile e ben in vista: dubitava che qualcuno gli avrebbe fornito informazioni; sarebbe stata una ricerca lunga e difficoltosa.

Presa una camera, Lazarus si organizzò prima di riposare. Il suo corpo esigeva qualche ora di riposo per recuperare la stanchezza del viaggio e l'intorpidimento delle ferite: avrebbe cominciato a indagare sulle sparizioni la mattina successiva.
Ripensò brevemente alla loro compagnia. Il ragazzo-drago, Kreisler - anch'egli era famoso in tutto il continente, ne era certo - e lo sciamano elfo. Lui e, infine, lo strano golem che si era presentato pochi minuti prima alle porte del villaggio per entrare assieme a loro. Un gruppo ben assortito in cui si sentiva fuori posto, legato ad una mediocrità fin troppo umana. Draghi, viverne, cavalieri ed eroine, creature di ferro e carne...
Sdraiato sullo scomodo letto infine si assopì, ripensando per un istante al viso della piccola che li aveva accolti.
Benvenuti a Gefahrdorf.


_______________ Gefahrdorf, il Mattino successivo_____




Il tardo pomeriggio e la sera erano fruttate al mezz'elfo più di quanto avrebbe potuto sperare. Nel consumare una cena veloce aveva avuto modo di ascoltare diverse conversazioni, facendosi rapidamente un idea sommaria dei piccoli eventi che costellavano il gossip cittadino. Tutti rigorosamente in tinta con la gaudente atmosfera del paese. Il mattino era quindi dedicato ad una raccolta di informazioni più attiva. Facendosi indicare dal proprietario dell'ostello la locanda del paese, Lazarus vi si diresse avendo cura di nascondere la punta delle sue orecchie dietro qualche ciocca di capelli rossi. Non era certo un personaggio difficile da notare, ma quantomeno avrebbe nascosto la sua razza.
La locanda era praticamente vuota. Leggermente deluso l'uomo si ripromise di tornarvici la sera stessa e, arrivato al bancone, iniziò a darsi da fare. In un tavolo d'angolo, un uomo anziano vestito di stracci beveva in silenzio un boccale di birra.
La giovane proprietaria voltò appena la testa, degnandolo di un occhiata triste e vuota per tornar subito a pulire i boccali accatastati. Era una ragazza in carne, lo sguardo spento come quasi tutti i suoi compaesani. Il negromante si trattenne dal sospirare difronte a quella scena deprimente e ordinò una birra. Senza una parola nè uno sguardo il boccale gli fu servito davanti e la ragazza tornò al suo lavoro.
« E' un bel locale » cominciò, con tono gentile « Come mai è così vuoto? »
Finalmente la giovane si degnò di guardare il mercenario, gettando un occhiata sufficiente.
« E' sempre stato così, fin da quando ero piccola. Non viene quasi nessuno, solo viandanti e i pochi clienti abituali. Ora che mia madre è scomparsa, poi, anche loro si fanno vedere sempre meno. » strascicò, tornando a fissar lo sguardo vacuo sui boccali sporchi.
Apparentemente rattristato da quella storia, l'uomo si lanciò andare in uno sbuffo malinconico.
« Arrivo da Schneeweg. Un mio caro amico abitava li, ma qualche tempo fa sembra sia...scomparso, letteralmente. Nessuno sa nulla. E' successo lo stesso a tua madre? »
« Non so, ma sicuramente non è stata la stessa cosa. »
La ragazza fece spallucce, troncando ogni possibile domanda sull'argomento in maniera fin troppo fredda. Che fosse rassegnazione o qualcos'altro, Lazarus non seppe dirlo. Qualche parola di cortesia come condoglianza e rapidamente il rosso si ritirò al suo tavolo, a pochi metri da quello dell'altro avventore. La birra non era delle migliori, ma non ci si poteva lamentare.
Il vecchio non sollevava lo sguardo, assorto nei propri pensieri. Con un sospiro fin troppo rumoroso, Lazarus attirò l'attenzione su di se, sorridendo amaramente.
« A volte la vita è ingiusta. Anche lei ha perso qualcuno di recente? »
Inaspettatamente, l'anziano mendicante rispose senza timore, forse sentendosi più vicino a quell'estraneo che ai sospettosi abitanti del luogo, forse solo desideroso di condividere quella storia con qualcuno.
« Una cara amica di nome Matilda. E' sparita ormai da un mese. Questa » disse, facendo un cenno col capo verso il boccale di birra ormai quasi vuoto « Questa la bevo in suo onore, è tutto ciò che ho guadagnato in due settimane. Quando potevamo venivamo qui a bere qualcosa assieme. »
Lazarus annuì mestamente, poi si alzò spostandosi al tavolo del vecchio. Con un cenno intercettò lo sguardo della giovane, ordinando altre due birre. Quando la ragazza portò i due boccali al tavolo con una flemma snervante, l'uomo ne spinse uno dalla parte del tavolo occupata dal mendicante, proponendo un brindisi.
« A Matilda. A Igor, pace all'anima sua. Che possano riposare in pace, o ritrovare la via di casa ovunque essi siano. » dichiarò. sollevando il bicchiere e bevendo con un gesto solenne, imitato dal suo compagno che sorrise malinconico.
« In ogni caso » riprese « ho intenzione di far luce sulla sua sparizione. Da Schneeweg sono finito qui e spero di trovare qualcosa di utile per la mia ricerca, e forse potrei venire a capo anche della sparizione della sua amica. Anche Matilda è sparita nel nulla, oppure...? »
Il silenzio allusivo fece presto spazio alla risposta del vecchio; una scintilla di speranza si accese nella mente dell'uomo.
« Nessuno lo sa. Lo sceriffo sta indagando, ma non ci sono sviluppi. Comunque sia grazie del pensiero. »
Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre i boccali lentamente si svuotavano. In fondo anche lui aveva perso qualcuno. Da tanto tempo, certo, e la causa non era misteriosa come le sparizioni dell'Erydlyss, ma in qualche modo quella bevuta era realmente dedicata a due donne scomparse, in un modo o nell'altro. Lasciò che la sua mente si illudesse di star commemorando proprio lei, con quella birra tiepida.
« Aveva una bottega, proprio in fondo a questa via. Abitava al piano superiore. Nessuno si cura di mandarla avanti ora, sarebbe un buon posto per iniziare ad indagare. »


La casupola, incassata di qualche metro nel muro della strada, sembrava disabitata da mesi. I muri scrostati e l'insegna illeggibile dovevano essere tradizione del paese, ma le assi che bloccavano le finestre alla meno peggio davano alla costruzione un aura grottesca e decadente.
Si era lasciato alle spalle la via - ancora vuota nonostante l'ora - la taverna, il mendicante e diverse monete prima di arrivare davanti alla bottega. Si guardò intorno, assicurandosi che nessuno potesse vederlo, infine spinse la porta che si aprì facilmente, scricchiolando appena sui cardini arrugginiti. Raggi di luce illuminarono il pulviscolo che fluttuava nell'aria, sollevato dalla lieve brezza mattutina.
L'ambiente pareva aver ospitato un tempo la bottega di un vasaio. In terra, cocci di ogni genere facevano da base per il piccolo pandemonio che dominava oramai la stanza, rendendo quasi impossibile identificare un oggetto integro o qualcosa di vagamente utile. Più che una razzia sembrava una vera e propria opera di distruzione volontaria. Demoralizzato, Lazarus ispezionò sommariamente la bottega, adocchiando finalmente la scala impolverata che portava al piano superiore.
L'abitazione di Matilda versava in condizioni simili alla bottega sottostante. Qui oggetti, vestiti e mobili giacevano in terra, distrutti o integri che fossero, alimentando i dubbi sulla natura di quel caos. Apparentemente, più che voler portar via qualcosa di utile o di prezioso, qualcuno era salito lassù in cerca di qualcosa di più specifico. Il mercenario si augurò che non l'avesse trovato.
Iniziò a rovistare con attenzione, incappando però solo in frammenti di legno e vestiti finchè, spostandosi sul pavimento di legno, non notò lo strano rimbombo di una delle assi. Si chinò, facendo leva fino a sollevarla rivelando un vano e, in esso, un libricino sigillato da un lucchetto.
« Bingo! »
Convinto di aver trovato ciò che il suo fantomatico predecessore in quella ricerca si era fatto sfuggire, Lazarus intascò il volumetto e abbandonò guardingo l'abitazione, diretto verso la stanza affittata il giorno prima. Là avrebbe avuto tutto il tempo di aprirlo e leggere con attenzione.


Il diario di Mitelda era scritto con grafia minuta, scolastica, estremamente semplice. Dopo aver aperto il lucchetto senza troppe difficoltà fù per l'uomo questione di pochi minuti scremare le informazioni. La donna aveva chiesto e ottenuto del denaro in prestito da Lord Gustav, il signorotto locale, ma non era riuscita a restituirli con i modesti guadagni della sua attività. Cosa ben più interessante, ma apparentemente irrilevante per le sue ricerche, era invece l'esistenza di un figlio della vasaia avuto da un vecchio matrimonio e affidato all'orfanotrofio poco prima della sua scomparsa.
Il negromante chiuse il diario. Apparentemente la sparizione di Matilda era la vendetta di Lord Gustav, ma tante erano le case che versavano nelle condizioni della sua bottega e i casi di sparizione in paese potevano essere abbastanza numerosi da render plausibile un collegamento tra gli svaniti di Gefahrdorf e il villaggio fantasma di Schneeweg. Il diario non faceva riferimento a particolari timori della donna nell'ultimo periodo: l'unico che avrebbe potuto far luce sugli eventi relativi a Matilda era il figlioletto.
L'uomo si alzò, riponendo al sicuro il diario ed uscendo dall'ostello. Nell'orfanotrofio forse avrebbe trovato qualche risposta.



Deserto. Nè gli schiamazzi dei bambini, nè suono di alcun tipo. L'orfanotrofio, persino più della locanda quella stessa mattina, appariva spogliato del suo ruolo più elementare. Aprì la porta senza sforzo, attendendo di veder arrivare di corsa una suora, il prete, una nutrice o almeno un bambino: invece lo accolse il silenzio, come a Schneeweg, l'immobile assurdità della privazione. I sensi all'erta, Lazarus si fece avanti per qualche metro attendendo, implorando quasi, che qualcuno si facesse avanti.




png

[Rec: 250] [AeV: 150] [Perf: 75] [Perm: 225] [Caem: 150]



Dati Base:
Pistola Ehre eines Mädchens in vita mano.

Ferite Accumulate:
Ustione da danno Medio all'addome.

Status Psicologico:
Spaesato.

Energia Residua:
67 % + 20 % = 87 %

Abilità Passive:

• Passiva Razziale Mezz'elfo | Scurovisione
• Passiva Personale 1/10 | Difesa Psionica
• Passiva Evocatore Lv1| Evocazioni Tempo 0
• Passiva Ehre eines Mädchens | Pistola sempre carica

Abilità Attive:

Note: nein.


EDIT: mooolto in ritardo noto un pezzo del vecchio post che spunta alla fine e lo cancello D:


Edited by Ødin - 18/6/2012, 01:43
 
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view post Posted on 9/6/2012, 11:46
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Quante dimensioni può assumere una bugia?
Fissava il fuoco spandersi nel buio della sagrestia. Un foglio di pergamena, colorato con tinture accese, gli si accartocciava tra le mani rugose. Lo stringeva con rabbia, bagnandolo di tanto in tanto con le lacrime che gli scendevano giù dal viso. La barba stopposa ne frenava qualcuna, ogni tanto: le altre, invece, ammorbidivano la carta, piegandola in più punti.
Il foglio aveva un disegno stilizzato: uno schizzo infantile che disegnava un uomo vestito di una lunga tunica marrone ed una bambina con un vestitino rosa ed i capelli legati in testa con un fiocco. Teneva la mano all'uomo, ma aveva un viso spaventato: scosso. E di quel viso scosso l'uomo innanzi al fuoco si struggeva, pentendosi per tutto - ma non capendo proprio come avrebbe potuto sottrarre se stesso e lei da tutto quell'orrore.
Nello sfondo, poi, era disegnata una chiesa ed un campanile.

Grosse lettere nere, sopra il campanile, scandivano un suono sordo.
Ed all'uomo parve quasi sentire quelle lettere nere rimbombare nella notte: quattro suoni vuoti che filtrano in ogni vicolo del paese. Si spandono in tutte le vie, assumendo dimensioni diverse in ogni casa, in ogni stanza - in ogni mente. E sono tutte le dimensioni che assumeva quella bugia. Quella sua bugia.

« DON DON DON DON »
Lesse, Padre Jörg, accartocciando poi il foglio e bruciandolo al fuoco.
Li conserverò nel mio cuore, come tutti gli altri.

_________________________________

Prima dimensione: Shervaar

DON DON DON DON

Suoni sordi tuonarono come esplosioni nella sagrestia, rifondendo ogni angolo della stanza - e dell'intera chiesa - del greve peso del ricordo. Ricordo di qualcosa, qualcosa di imponente, che doveva risuonare per tutto il villaggio come un tuono in una notte limpida. I rintocchi furono tanto forti che finanche la piccola Agata parve non udire le sue stesse urla: troppo fioca la sua voce per sovrastare i rimbombi poderosi del campanile proprio sopra di loro.
Ed, in quell'attimo, lucidamente comprese che nessuno avrebbe ascoltato le sue urla sul momento.
Quindi corse in tondo attorno al tavolo, afferrando uno dei colori con cui disegnava candidamente poco prima e si fiondò alla porta, tirandola con forza.

Chiusa.
La porta della sagrestia era chiusa a chiave e la piccola tirò con tutta la forza che il corpicino smunto le avrebbe concesso, prima di capire che non l'avrebbe aperta mai. Quindi si rigirò verso lo straniero, con le lacrime agli occhi: « Anche tu! ANCHE TU VUOI FARMI MALE! » singhiozzò « Io non vi ho fatto nulla! » pianse ancora.
Dall'altro lato della porta, invece, si udivano canti sacri spandersi per tutta la chiesa: i rintocchi avevano scandito la funzione del pomeriggio ed al di là della spessa porta in legno c'era mezzo paese pronto ad ascoltare le parole di Padre Jörg. Il frastuono, però, era finito: un altro urlo della piccola Agata e tutti l'avrebbero sentito. Proprio tutti, questa volta.

_________________________________

Seconda dimensione: Morpheus e Lazarus

Quando riaprì gli occhi, Morpheus vide tutt'altro rispetto a quello che si era immaginato.
Era legato mani e piedi ad uno spesso trono di legno massiccio, rinforzato in ferro ed ottone. Le sue mani erano ancorate ai braccioli da pesanti corde, mentre le sue gambe erano strette da un laccio duro quanto una corazza, rinforzato da un gancio di ferro. Ancora la testa non gli avrebbe concesso di focalizzare a dovere l'ambiente in cui era stato rintanato: sentiva la testa pesante, non potendo ragionare ancora del tutto lucidamente.
Tutto ciò che vide, però, lo stranì ancora di più: sembra un'aula scolastica, a prima vista, con banchi ovunque ed una grossa lavagna scura su di una parete. Il resto, però, era completamente diverso: alambicchi e fiale erano sparsi ovunque, insieme a strumenti scientifici, misuratori, bilance ed intrugli di ogni tipo. Sullo sfondo finanche un lettino e, accanto, un altro lettino - probabilmente - coperto da un telo bianco macchiato di rosso, che nascondeva qualcosa.

Innanzi a se c'era Gertrude, esattamente come l'aveva vista prima: gli occhiali a mezzaluna fissi su di un foglio di pergamena. Aveva un vestito a fiori neri che la copriva fino alle ginocchia ed una ruga sulla fronte ne sottolineava l'aria particolarmente crucciata. Accanto a se c'era l'anziana che aveva aperto la porta al drago: vicino a loro, poi, una donna più giovane delle due, con capelli biondo ramato legati al capo in una coda di cavallo, un vestito viola poco più corto ed una grossa siringa nella mano destra. Si fissavano di tanto in tanto, parlottando, mentre furono interrotte da un suono di campane lontano.

« Ci perderemo la funzione del pomeriggio » disse la più giovane, rivolta alle altre due. Gertrude si aggiustò gli occhiali a mezzaluna e, fissando ancora il foglio che aveva tra le mani, rispose pacata « Lord Gustav capirà: abbiamo un problema più importante ». Poi, si stranì un secondo, girandosi verso l'anziana donna che le fissava entrambe con aria rassegnata « Piuttosto vorrei capire una cosa: perché questo tizio ha curiosato tanto? ». L'anziana sospirò, come aspettandosi quella domanda « Ha vi-visto uno dei bambini: ha visto le punture e... ». Gertrude afferrò d'istinto un pesante coltellaccio da cucina posato su di un mobile e colpì col piatto della lama la guancia destra dell'anziana: questa non riuscì a trattenere un urlo, mentre i bordi del coltello le segnavano il viso « La prossima volta finisci dritta nella cappela, vecchia deficiente ». La donna cadde a terra per il colpo subito e si portò le mani alla bocca per cercare di trattenere il dolore ed il pianto: singhiozzò per qualche minuto. « Meglio non fare troppo rumore. Quindi stai zitta... » sottolineo Gertrude, continuando a fissare la vecchia. « I bambini sono stati curati e messi a letto, non ci sono pericoli: non c'è nessuno » aggiunse invece la più giovane, quasi sperando che Gertrude infierisse sull'anziana donna.

« No basta così » sottolineò Gertrude, invece
« ...si sta svegliando » tagliò corto, indicando Morpheus.

All'ingresso dell'orfanotrofio, invece, Lazarus avrebbe udito soltanto un urlo strozzato provenire da qualche parte verso l'interno. In un casolare sprofondato nella penombra, con giochi e colori lasciati sparsi sul pavimento - come se qualcuno fosse andato via di fretta, lasciando tutto com'era. Come se qualcuno avesse fretta di sparire.
_________________________________

Terza dimensione: Marchiosias

« Signorino Gustav, è lei? »
Una donna molto avanti con l'età si fece largo tra i corridoi lunghi della magione di Lord Gustav. Sulle pareti troneggiavano arazzi di paesaggi e scenari di guerra, mentre ovunque il mobilio ed i tappeti parlavano di un lusso volgare e sfacciato, di chi si è arricchito in fretta e male - alle spese di una comunità che non ha saputo mai sottrarsi a tanto sgarbo. La donna aveva un bastone da passeggio ed un'andatura rapida, nonostante tutto.

Nonostante fosse anziana, appunto. Nonostante le gambe parevano reggerla a malapena.
E nonostante fosse cieca: totalmente cieca. I suoi occhi bianchi fissavano un punto vago nel nulla e la luce soffusa non la tangeva minimamente. Si muoveva a memoria in quei corridoi pieni di orpelli: probabilmente solo l'udito la accompagnava.

« Signorino ha sentito le campane? C'è la funzione del pomeriggio, non ci va? Io vorrei andarci: ma preferisco non uscire, come mi ha consigliato lei. » tossì piano, reggendosi sul bastone con forza. Poi, parlò ancora, girandosi verso una delle sedie appoggiate alla parete « Ho sentito le nostre ospiti lamentarsi stamattina, quindi ho lasciato loro del cibo. Spero di non aver fatto male. » concluse, con una risatina sommessa, mettendosi seduta.



littlecoqmpointwinterre

Eccoci. Ben poco da dire, se non che dovete proseguire la vostra indagine nell'ottica degli sviluppi. L'elemento comune è il rintocco delle campane della chiesa del paese: questo elemento è importante perché influisce molto sulla psicologia dei png. Infatti, le campane sembrano esercitare su di loro una influenza che gli spinge a prendere parte alla funzione del pomeriggio, a meno che non siano impegnati in compiti più importanti o impediti da altri motivi. Comunque, questo tipo di elemento influisce anche su di voi, non nel senso che volete andare alla funzione a tutti i costi, ma che il rintocco è come se spingesse la vostra curiosità e vi suggerisse di andarci. Potrete superare questa influenza anche solo con l'interpretazione, ma vorrei comunque che emergesse dai vostri post. Per il resto, si procede nel solito modo. Vi dico subito che l'indagine si concluderà con questo post, quindi siate acuti nelle vostre scelte perché vi è rimasto poco tempo.

Tempi: in totale una settimana, quindi fino a sabato prossimo.
Turni: liberi

 
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Shervaar
view post Posted on 16/6/2012, 14:20






La piccola Adele urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, eppure nessuno la sentì.

DONG, DONG, DONG!

<<Siamo benedetti gli spiriti.>> pregò Shervaar, conscio che se non fosse stato per quella coincidenza adesso mezzo villaggio gli sarebbe alle calcagna.
La piccola sagrestia era invasa dai sordi rintocchi delle campane, che risuonavano talmente forti nella piccola stanza che la loro fonte doveva essere proprio sopra le loro teste. Erano arrivati inaspettati in un momento di tale tensione che l'elfo sussultò lasciando cadere la porta appena scardinata ai propri piedi, porta il cui rumore si perse nel caos scatenato dalle campane.
Un fracasso terrificante, eppure a suo modo ammaliante. Probabilmente richiamava i fedeli a raccolta in chiesa per la funzione, <<E allora perché non andare a presenziarvi?>> si domandò lo shamano. Quella li davanti a lui con ogni probabilità era la porta vista la mattina stessa da dentro la chiesa e quindi con pochi passi poteva facilmente arrivare nella sala della funzione. Doveva solo scavalcare il marmocchio piagnucolante e...
<<Ma cosa cazzo vai dicendo?>> Guardando la piccola Adele scoppiare in lacrime Shervaar non pote non provare dispiacere e compassione. Quella povera bambina era vittima di un qualcosa che neanche poteva comprendere e ora stava li spaventata e piangente sfogandosi contro uno sconosciuto. <<Anche tu! ANCHE TU VUOI FARMI MALE! Io non vi ho fatto nulla!>>
Non poteva urlare nuovamente, non ora che in chiesa regnava il silenzio mentre padre Jörg esercitava il suo onere. L'elfo portò immediatamente un dito alla bocca aggiungendo a bassa voce, quasi sussurrando. <<Non sono qui per farti alcun male, anzi, sono qui per cercare di capire chi te ne vuole fare e proteggerti.>>
Per un istante la piccola guardò l'elfo, forse intimorita, forse dubbiosa. Ma gli occhi iniziarono comunque a riempirsi di lacrime e la bocca a spalancarsi lentamente, prendendo un abbondante boccata d'aria. Questa volta l'avrebbero sentita tutti, e non poteva sperare una seconda volta in una fortuita coincidenza. Prese l'iniziativa e sussurrando un appena percettibile <<Perdonami>> in un istante le fu alle spalle. Adele non ebbe il tempo di realizzare cosa stava accadendo che un mano scese a coprirli la bocca mentre un braccio la avvolgeva intorno alle spalle, il tutto con la massima grazia e delicatezza possibile. La bambina prese a divincolarsi immediatamente, ma non con la foga che si aspetterebbe da un bambino disperato. Dopo un paio di strattoni e una debole tallonata su uno stinco Adele smise di lamentarsi e inizio semplicemente a mugugnare qualche incomprensibile parola, palesemente spaventata e disorientata. Qualcosa in quella scarsa resistenza non convinse l'elfo che si decise a dargli prematuramente una possibilità per essere lasciata libera. <<Sono qui per cercare di aiutarti, ma mi serve la tua collaborazione. Adesso ti libero la bocca e se fai la brava ti lascio completamente libera, ma mi devi promettere che non urlerai ne farai scherzi, ok?>>. Un debole cenno di assenso fu la risposta della piccola, che trovatasi con la bocca libera si limitò a fare qualche singhiozzo. Un grosso lacrimone gli colò dalla guancia bagnando la mano che ancora gli cingeva le spalle. Un lacrimone che più che sulla mano colpì l'elfo al cuore. Non poteva sopportare oltre quell'innocente pianto. La liberò dalla presa poggiandogli le mani sulle spalle e girandola con dolcezza. Adesso erano faccia a faccia e Adele guardo l'elfo con due occhioni lucidi carichi di lacrime, con un sguardo che sembrava gridare "Ma perché? Io non ho fatto niente".
La fissò per un secondo, maledicendo se stesso per essere stato la causa di tutto ciò, ma si convinse che purtroppo era tutto necessario se voleva cercare di risolvere il mistero delle sparizioni. Si piegò allora sulle ginocchia, scendendo al livello della piccola e sfoderò allora un sincero sorriso. <<Shh, non c'è bisogno di piangere. Che fine ha fatto la vivace e sorridente bambina che ho visto ieri al cancello?>>
Adele guardò per un secondo lo shamano in modo enigmatico, spiazzata o forse sorpresa da quell'atto di “Amicizia”, cosa che mai si sarebbe aspettata da uno sconosciuto, e abbozzò un fugace sorriso.
<<Adesso dimmi>> esordì allora l'elfo, abbastanza sicuro che ormai avrebbe collaborato<<Chi è lo zio che stavi aspettando e perché te ne stai chiusa qui dentro?>>
<<Lo zio è...Jörg...>> rispose timidamente Adele, singhiozzando tra una parola e l'altra e stropicciandosi gli occhi cercando di asciugare le lacrime <<...mi tiene qui...perché vuole proteggermi dalle...dalle brutte signore dell'orfanotrofio. Loro i bambini li fanno dormire per sempre...tutti i bambini che vanno lì dormono per sempre...e...e io non voglio dormire per sempre. Lì i bambini vengono sempre puniti e alcuni sono pure spariti, per questo sto qui con lo zio Jörg da quando papa è andato a lavorare nei campi. Ormai è una settimana che non torna, lo zio dice che papà si è fermato li per lavorare anche se...>> La bambina, che dopo poco aveva guadagnando sicurezza sforzandosi di soffocare i singhiozzi, venne interrotta dall'elfo, che con un lembo del proprio vestito le asciugò delicatamente il suo viso. Lo shamano voleva evitare di approfondire il discorso, abbastanza sicuro della sorte del padre.
<<Cosa diavolo sta succedendo in questo maledetto borgo dimenticato tra le montagne?>> pensò shockato Shervaar. <<Capisco, adesso ascolta Adele, che ho un altro paio di domande per te. Qui al paese nessuno sembra sapere o interessarsi delle misteriosi sparizioni, c'è qualcosa che questa bambina ha invece da dire a quest'elfo? E ancora, questa mattina Jörg ha in ogni modo cercato di allontanarmi da te e cacciarmi dalla chiesa. Credi che lo abbia fatto solo per proteggerti o per caso c'è qualcosa che vuole tenere segreto?>>
Adele si limitò a fissare lo shamano rispondendo silenziosamente alle sue domande solo muovendo la testa. Entrambe le volte sembrava parecchio perplessa, sicuramente perché gli erano state poste domande le cui risposte una bambina non poteva ne tanto meno doveva sapere, ma dopo un secondo gli si illuminarono gli occhi, e esordì con voce sicura. <<Lo zio dice sempre di stare attenta alle campane, perché ogni volta che suonano dopo la funzione qualcuno sparisce sempre.>>
<<Finalmente qualcosa di concreto.>> Pensò lo shamano, tornando poi a rivolgersi ad Adele. <<Tra quanto suoneranno nuovamente le campane?>>
<<Alle fine delle cerimonia.>>
<<Bene. Di solito è lo zio che va farle suonare?>>
<<No,no. Suonane sempre da sole, credo che siano magiche.>>
<<E questo potrebbe spiegare lo strano effetto che mi hanno fatto prima.>> Si disse l'elfo prima di continuare. <<Sai dirmi se c'è un modo per raggiungerle da qui rapidamente?>> Domandò allora deciso a scoprire cosa si nascondeva dietro l'ammaliante suono di quelle campane.
<<C'è una botola nella stanza accanto, porta direttamente al campanile, ma lo zio la tiene chiusa a chiave.>> Rispose Adele annuendo con il capo e indicando alle spalle dell'elfo, che, girandosi, vide la botola chiusa da un grosso lucchetto. <<Mi sembrava troppo facile...>> Pensò irritato snervar. <<Sai mica dove tiene le chiavi Jörg?>> domandò allora poco speranzoso, tanto che la delusione non fu neanche troppa quando si vide rispondere un semplice e secco <<No>>.
<<Ok. Adesso che sei libera vedi non fare scherzi, eh.>> Aggiunse ironicamente Shervaar mentre scioglieva la debole presa esercitata su Adele. Andò verso l'entrata per risistemare al meglio la porta nei cardini, maledicendosi e ringraziando gli spiriti perché nessuno era passato li davanti per caso. Sistemata la porta si avviò verso la botola ma passando davanti la scrivania del prelato si fermò a dare un occhiata alle sue carte. <<Nulla di interessante>> si disse lasciando scivolare un fascicolo e richiudendo un cassetto prima ripartire. Studiò la botola velocemente e dando un occhiata in giro per la stanza concluse che non vi era modo di rompere il lucchetto in alcun modo. <<Poco male...userò le buone maniere.>>
<<Lo zio Jörg avrà pure le sue campane, ma lo zio Shervaar ha le sue mani. Non ti spaventare che adesso la faccio io una magia.>> Adele lo guardò con fare interrogativo per un manciata di secondi, mentre l'elfo attendeva un qualche diversivo per coprire il rumore che stava per fare, diversivo che per sua fortuna arrivò in fretta. Mentre in chiesa risuonava un altisonante canto Shervaar fece a pezzi la botola scaricandovi sopra la furia del fulmine e schegge e pezzi di legno bruciacchiati volarono ovunque per la stanza. <<Torno subito.>> disse alla bambina che ancora lo fissava sbigottito e infilandosi nella botola.
Avanzò cautamente salendo guardingo per una lunga scalinata, non perché si aspettasse di incontrare qualcuno ma perché l'idea delle campane incantante non lo allettava molto. La magia umana non l'aveva mai capita. La sua veniva dalla elementi naturali, era concettualmente semplice, ed essendo legata alla sfera del naturale non aveva nulla di anomalo. Quel tipo di magia invece si arrogava di manipolare energie mistiche ed arcane, energie che l'elfo faticava persino a comprendere.
Alla fine della scalinata trovo una campana, fittamente ricoperta di simboli, indubbiamente responsabili della magia. Si avvicinò per studiarla meglio e notò suo malgrado che i simboli erano incisi nel ferro stesso, che non c'era modo di alterarli e che non sembrava esserci nulla se non le magiche incisioni stesse che potessero indurre la campana a suonare. <<Un modo per liberarsi del problema ci sarebbe...>> Pensò Shervaar poggiando un pugno borchiato sul ferro della campana <<...ma per ora ne se ne parla.>> Spaccare la campana con la forza avrebbe significato un baccano folle, un gesto che avrebbe vanificato ogni su sforzo di mantenere un basso profilo. <<Per ora nessuno vi impedirà di decretare la sparizione di qualche malcapitato, ma sono certo che ci rivedremo presto.>>
Nella speranza che rimanere con le mani in mano ora lo avrebbe aiutato a risolvere tutto in un secondo momento l'elfo volse le spalle alla campana incantata e rimboccò le scale a scendere. <<La funzione finirà a breve e ho un paio di domande da fare a padre Jörg>> si disse amareggiato lo shamano tra se e se.

- - - - - - -

(Poco dopo.)

DONG, DONG, DONG!

Nuovamente un inspiegabile voglia di andare ad assistere a quella maledetta funzione, una voglia questa volta non era ne inaspettata ne ingiustificata. Aveva visto le campane, sapeva come funzionavano. <<Sta volta non mi fottete>> Pensò combattendo con l'impulso di alzarsi e assecondare la volontà di quella stregoneria. Rimase chiuso in se stesso un paio di secondi quando una porta si aprì e poi chiuse cigolando. E ormai solo una porta si poteva aprire sui propri cardini.
<<Ben trovato padre Jörg>>
<<Che il cielo ci protegga e tu cosa ci fai qui?>> Esclamò sussultando il prelato. Il suo sguardo vagava nervosamente tra Shervaar, la porta sfondata, i pezzi di botola sparsi per la stanza e la piccola Adele, che con l'ingresso del prete aveva smesso di disegnare. Nel foglio di carta stropicciato c'era raffigurata un alta e magra dalle orecchie a punta. Era vestita con un lungo mantello marrone e le sue mani erano dipinte di blu, colorate con tratti frenetici e spezzati. A l'elfo scappò un sorriso prima di riportare la propria attenzione su Jörg. <<Cosa diavolo hai combinato?>>
<<Nulla che non avrei volentieri evitato, se solo mi avesse assecondato questa mattina.>> Rispose pacato l'elfo. <<Sarebbe ora così gentile da spiegarmi perché le sue campane sono piene di glifi e suonano da sole? E magari anche dirmi per quale motivo sento un irrefrenabile voglia di venire a vedere una funzione di cui effettivamente non me ne frega nulla? >>
<<Vattene e dimentica tutto ciò che hai visto qui oggi. Vattene! Lasciaci in pace.>> Jörg era palesemente nervoso e il suo vano tentativo non fu di nessun effetto sullo shamano. <<Se pensa di liberarsi di me così spaventato si sbaglia di grosso, ho scoperto troppo per poter girare la testa da un altra parte e far finta di niente. >> Gli rispose Shervaar, che continuò poi incalzandolo con tono intimidatorio. <<Arriverò in fondo a questa storia, anche a costo di sfondare quella maledetta campana a cazzotti. Anzi magari sarebbe cosi cortese da spiegarmi cosa succede ai bambini all'orfanotrofio, o di dirmi a cosa serve quella campana e perché è legata con le misteriose sparizioni. Caro padre, benché questa mattina abbia negato spudoratamente ormai il suo coinvolgimento è innegabile.>>
Il prelato aveva iniziato a sudare ed agitarsi nel pallone e l'elfo si prese un secondo di pausa per dar modo alle sue ultime parole di rimbombare nella testa del prete. Riprese quindi con tono amichevole, sperando di portarsi il padre dalla sua parte. <<Se è vero che tenete qui questa bambina per proteggerla allora anche in voi c'è del buono. Per mettere fine a tutto ciò mi serve il vostro aiuto e sappiate che se agite per timore io e miei 3 compagni siamo pronti a proteggerla in cambio di informazioni e collaborazione. Sta a lei scegliere da che parte stare adesso.>>
<<Io...io in realtà non molto più di quanto non tu già non sappia. La campana è sempre stata qua ma un giorno quei simboli sono comparsi e hanno iniziato a far uno strano effetto sulla gente. Tutto il villaggio viene alle funzioni, tranne i bambini a cui non è permesso e che non spariscono mai troppo piccoli. Come e perché funzioni non lo so, so solo che dopo la funzione generalmente qualcuno viene misteriosamente a mancare.>>
<<Come ha potuto rimanere passivo a tutto ciò quando il problema risiede proprio nella sua chiesa?>> gli chiese sbigottito l'elfo.
<<Ditemi voi cosa poteva fare un povero e imponente prete. E poi c'è la speranza che gli scomparsi siano ancora vivi e ficcanasando non vorrei peggiorare la situazione.>> Il prete era ancora visibilmente scosso e intimorito ma vistosi con le spalle al muro sembra intenzionato a collaborare. <<Qualcosa che va per il verso giusto.>> pensò Shervaar, comunque ancora molto dubbioso.
<<Nell'indecisione non possiamo certo lasciare che le cose seguano il loro corso. Ho motivo di credere che sia il lord che la guardia cittadina siano coinvolti in qualche modo.>>
<<Non so nulla più di quanto non ti abbia già detto. Posso solo dirti che ho il sentore che i tuoi sospetti siano fondati, ma non uno straccio di prova.>>
<<capisco.>> rispose un po deluso l'elfo. <<Un ultima richiesta prima di salutarvi. Può almeno dirmi quando suonerà nuovamente la campana?>>
<<Domani, sempre per la funzione del pomeriggio.>>
<<Perfetto, la ringrazio e la saluto.>> disse l'elfo, girandosi poi verso la Adele per salutarla con un sorriso. <<Ciao anche a te piccola.>> Con pochi passi fu alla porta, che levo con facilità dai cardini. <<Le chiedo solo il silenzio e collaborazione in caso tornassi in futuro. Mi dispiace per i danni, arrivederci.>> Concluse richiudendo l'instabile porta e quel capitolo dietro di se, mentre dall'interno rispondevano due flebili voci.
<<Arrivederci>>
<<Ciao>>
Si fermò un attimo per scutare il cielo. Il sole era ancora lì in alto e mancavano ad occhio e croce un paio d'ore all'appuntamento, forse qualcosa in meno. Aveva già scoperto parecchio ma il tempo per indagare ancora di certo non mancava. Si mise a passi decisi sulle traccie dell'orfanotrofio, l'unica pista sicura che avesse.

- - - - - - -

(Neanche mezz'ora dopo.)

<<Se non ho capito male deve essere questo.>>

Se le indicazioni erano giuste quello li doveva essere l'orfanotrofio e trovare la porta spalancata e una sedia rovesciata non lontano dall'uscio non gli fece presagire nulla di buono. Si inoltrò cautamente nell'edificio e la prima cosa che notò fu il disordine generale che regnava. Sembravano esserci più cose in terra che al posto loro. In una stanza contigua coperte e cuscini erano buttati casualmente al centro della stanza e in quella in cui si trovava un tappeto era accartocciato in un angolo e per terra era pieno di fogli mezzi colorati e colori buttati alla rinfusa. <<C'è nessuno?>> Domandò inutilmente l'elfo. Era evidente che non ci fosse nessuno, come era evidente che chiunque c'era se ne era andato in gran fretta. Esplorò guardingo la casa ma in un altro paio di stanze trovò solo scenari analoghi a quelli già incontrati. Aprì cautamente tutte le porte finché non incappò in qualcosa che gli spezzò il fiato in gola. Immersa in un lago di sangue il cadavere sfigurato di una donna occupava il centro della stanza. <<Oh merda...>>
Bastò una rapida occhiata per capire che probabilmente tutte le ossa del cranio erano fracassate. Fece un passo in dietro disgustato e andò in una delle stanze contigue per prende una coperta e coprire il corpo. <<Chi o cosa dovrebbe far irruzione in un orfanotrofio e massacrare con tale brutalità una donna?>>
Il primo pensiero fu quello di avvertire la guardia locale, ma abbandonò subito l'idea convinto che ci avrebbero messo poco ad incastrarlo come colpevole e a liberarsi del fastidio che stava dando ficcanasando in giro. Scavalco riluttante il corpo della donna e usci dalla stanza arrivando in una stanza in cui non era mai passato. Era spogliamente arredata e l'unica cosa che suscitò il suo interesse fu una porta spalancata, l'unica che ricordasse sul quella versante della casa, versante che guarda caso era esattamente all'opposto dell'ingresso. <<Una uscita secondaria.>>
Fece in tempo a fare qualche passo che, ancora sconvolto e shockato dalle recenti scoperte, non si accorse nemmeno della presenza alle sue spalle. Riusci a malapena a mettere il naso fuori dalla porta prima di cadere svenuto in un mondo tutto nero.





Stats:
Rec 175
AeV 200
PerF 150
PerM 225
Caem 100

Danni fisici subiti: Alto (4/16)

Danni mentali subiti : Nullo (0/16)

Energia rimanente: 75-6-11=58%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:

Thunder Fury: Lo stretto contatto sin da giovane con la gli elementi e le sue manifestazioni permette allo Druido di controllare al meglio i glifi elementali incisi sui suoi Guanti d'Arme. Al momento della loro attivazione guadagna un bonus sulla forza elementale a propria discrezione secondo necessità e volontà.
[Dominio elementale del Fulmine a costo <del>Varibile<del> Medio - Basata su PerM]

Wind Walk: Shervaar sarà momentaneamente capace di trasformarsi in semplice aria e, come trasportato dal vento stesso, di tornare nella sua forma corporea ad un breve distanza. La tecnica non permette di difendersi da tecniche o attacchi ma non ha bisogno di concentrazione o tempi di cast e lo spostamento sarà praticamente istantaneo.
[Dominio elementale del Vento a costo Basso, teletrasporto a corto raggio]

Note: Ho riorganizzato un po domande e risposte per accorciare il possibile un post già sufficientemente corposo.

edit. Coretta l'energia che ho fatto un errore di calcolo nel primo post.

Edited by Shervaar - 18/6/2012, 03:29
 
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view post Posted on 16/6/2012, 15:49

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W I N T E R R E I S E
Il villaggio dalle funzioni Horror

DON DON DON DON
Le campane rimbombavano nella sua testa come fastidiose esplosioni. Le membra ancora annebbiate, i ricordi ancora sfocati. Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco i ricordi nella sua testa, essi danzavano incontrollati in un valzer di sensazioni e memorie.
Asgradel, l’Eden, Gefahrdorf, l’orfanotrofio, Gertrude.
Gli occhi pesavano come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
La testa stanca. E offuscata.
Altre campane, ancora quel suono molesto che tuonava.
Aprì gli occhi faticosamente, come se stesse lottando con la stessa gravità.
Tre donne, tre figure esili, tre fantasmi stanchi che si paravano davanti ai suoi occhi, riconobbe lei, gli occhiali a mezzaluna posati sul suo naso, lo sguardo severo e irrisorio, con il solo respirare si faceva beffe di lui, un drago. Sorrise, sorrisero entrambi, come in una perversa partita a scacchi ove le espressioni facciali erano i pezzi da muovere.
Un impulso, la voglia di andare a una funzione del quale nemmeno ne conosceva l’esistenza.
Vide anche la donna stanca, quella che aveva paura di lui, la donna vecchia dallo sguardo spento.
I legacci che lo ammanettavano a un trono di legno, i piedi stretti in una morsa come un misero maiale.
Un altro sorriso. Ironico, la partita a scacchi continuava in quel tripudio di sguardi.
« Vi consiglio di liberarmi » prese aria, giusto il tempo di dare l’opportunità alle tre di pensare, di permetterle di salvarsi un’ultima volta, « tutto questo potrebbe finire molto male ».
Un sorriso, ancor più falso di quello di prima, le osservava, le invitava con lo sguardo a desistere. Infondo lui non era cattivo, non lo era mai stato, ma non era neanche buono e un drago quando minaccia non mente mai, « spiegatemi cosa succede in questa città, ma soprattutto » il pensiero alla chiesa, il pensiero a Dei umani che non venerava, come sanguisughe crescevano nel suo corpo e nella sua mente, « perché ho voglia di assistere a una merda di funzione ».
La donna sorrise, sul volto severo l’ironia prese piede dipingendo quel viso di un sorriso di scherno.
« Non preoccuparti, tra poco assisterai al tuo funerale - se può consolarti ».
Il cavallo che mangia la torre, i neri che avanzano sui bianchi.
Una mossa e un'unica mossa. Il pesante coltellaccio arrugginito che vibrava e fremeva.
« Non dite che non vi avevo avvisato ».
Il sorriso si dipinse sul volto del drago, poi il silenzio, ciò che era non sarebbe più stato, il bianco che si muove sulla scacchiera, la regina che avanza.
A cavallo di un drago.
Il blu invase la stanza sovrastando il nero, ovunque una gazzarra di scaglie variopinte, l’alito fetido che usciva dalla sua bocca, il puzzo della morte tra le chiostre dei suoi denti.
La palla chiodata attaccata alla sua coda, Ramhat, la cometa del titano, s’abbatte con tutta la forza sopra la donna, il sorriso si lavò via come pittura che si scioglie con una secchiata d’acqua. Il terrore carpì il suo sguardo, negli occhi vi lesse un ultimo sussulto di paura prima di cadere inerme abbattuta dalla forza della palla.
Scacco matto, la regina mangia il re.
Il drago vince.

DON DON DON DON

Ancora il rintonare a produrre in lui uno strano istinto mistico, una strana voglia arcana. E suonava come nei giorni di festa. "La messa deve essere sacra" pensò.

Le due donne rimaste cercarono di scappare, di fuggire da quella stanza degli orrori, si frappose tra di loro ed evitò a loro di fuggire.
« Avete visto che fine ha fatto lei? Parlate se non volete avere egual sorte, voglio sapere tutto su questo villaggio e dei segreti che cela ».
Il sorriso svanito dal suo viso, l’uomo non più drago osservava le donne con aria severa, con l’aria di chi sapeva avere la vittoria in mano, una superiorità schiacciante, sarebbero cadute spezzate come un fuscello.
« Sapete dirmi qualcosa sul perché tutti dobbiamo andare alla funzione del pomeriggio? Che succede se non ci andiamo?. »
Sorrise, come a voler tornare per un attimo buono, come a voler dare a loro un ulteriore possibilità.
Tramortite si sedettero in un angolo, parlarono, raccontarono ogni cosa.
Come la funzione attirava la gente e che poi scomparivano, come Gertrude avesse un patto con Lord Gustav sui bambini dell’orfanotrofio, come essi venivano drogati per non provare più emozioni, venivano drogati per togliergli l’innocenza e la vivacità che ogni bambino ha.
« Che succede se porto un bambino alla funzione? »
Non lo sapevano, non era mai successo prima d’ora.
Quando finirono di raccontargli tutto, tra un singhiozzo e un altro, le lasciò libere.
« Non fate parola a nessuno di quello che avete visto, altrimenti lo saprò. Andate verso sud, nei territori orientali del mondo umano, prendete pochi beni, giusto per sopravvivere, fra due settimane ci incontreremo nella capitale dell'est, non parlate con nessuno, nascondetevi, saró io a trovarvi, se avrete fatto ciò che vi ho detto vi darò tanto oro da rifarvi una vita nuova, pago il vostro silenzio, e pago per salvarvi la vita ».
Le osservo spaurite, per il loro bene sperò sinceramente che lo ascoltassero, le avrebbe salvate da lui, ma le avrebbe salvate da quella città, le avrebbe donato un nuovo mondo, una nuova vita.
Morpheus andò nella stanza dei bambini, osservò quei cuccioli inconsapevoli del loro destino e delle atrocità che gli si muovevano addosso.
Si ripromise di bloccare tutto quello, di salvare quelle creature.
Il bambino dai capelli biondi, quello che aveva assunto evidentemente meno droga gli saltò addosso, il drago gli porse un altro dolcetto e in silenzio lo osservò mentre lo divorava.
« Vuoi venire con me? »
Sul volto del bimbo si aprì un sorriso di gioia, entusiasta di abbandonare quel luogo.
Il ragazzo aprì la porta e davanti a lui trovò un suo compagno, stupito di vederlo lì proprio all’orfanotrofio.
Si parlarono pochi minuti, giusto il tempo di aggiornarsi sulle scoperte fatte.
Non disse di Gertrude, non disse dell’orrida fine che lei aveva fatto, non voleva turbarlo, non voleva spaventarlo, si limitò a dire l’essenziale.

[…]

Entrò nella chiesa, scarna ed essenziale, tutto il paese si accalcava l’uno sopra l’altro, chi in piedi chi seduto, invisibile agli occhi di tutti, una piccola ragnatela elettrica ricopriva l’intera stanza, se ci fosse stato qualcuno di troppo lo avrebbe saputo, se qualcuno sarebbe sparito lo avrebbe saputo, tutti i suoi sensi erano all’erta a carpire anche le più piccole vibrazioni.
« Fai si che non gli succeda nulla. »
Lasciò il bambino nelle mani del compagno, al piccolo gli carezzò un attimo i capelli biondi, poi andò alla ricerca di risposte.
Chiese se sapessero qualcosa, qualsiasi cosa, ma nessuno lo ascoltava, come i bambini drogati lo ignoravano, troppo presi dalla funzione. Tutto era strano, tutto era sinistro, come in un film dell’orrore dove le vittime non sanno di essere vittime, dove la morte è in agguato.
Surreali erano i volti, surreale era la situazione, tutto ammantato di un’opacità traslucida, come imbottiti di droga.
Poi i canti si alzarono rimbombando nel legno.
Canti che non conosceva, canti ipnotici che lo attraevano. Dalla sua bocca inconsapevolmente le parole cominciarono a fluire come un dilagante fiume in piena.
Si ritrovò a cantare, canti liturgici.
Tornò vicino al bambino e lì, cantando, aspettò la fine della funzione.
Consapevole che di lì a poco qualcosa sarebbe successo.
Alzò lo sguardo.
- Che gli Dei draconici ce la mandino buona -
Un ultimo pensiero.
Poi s'aprì il sipario, la funzione era finita.



CITAZIONE

Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem


ReC: 275 - 250 | AeV: 125 - 100 | PeRf: 150 - 300 | PeRm: 250 - 450 | CaeM: 150 - 100


Energia: 76%
Status Fisico:Lacerazione superficiale alla coda [Danno basso]
Status mentale:Confusione iniziale alla mente [Danno basso] Bad trip dovuto al veleno del Bebelith [Danno medio] Voglia di andare alla funzione [danno medio] Voglia di cantare [danno medio]

Abilità attive:
Ma il potere del soffio del drago non si ferma qui, sempre spendendo un consumo pari a basso, il drago può generare una fitta ragnatela costituita da scariche elettriche, all'interno del campo, il drago avrà l'esatta percezione di ciò che accade intorno a lui, potendo percepire, grazie a un'estenzione del senso tattile, la presenza di eventuali nemici invisibili o di attacchi alle spalle, il campo rimane nella stessa posizione. La tecnica ha la durata di due turni compreso quella d'attivazione, e può essere disattivata prima a desiderio del caster [Pergamena Campo elettromagnetico].
Non necessariamente un'arma potrà essere utile in una delle due forme, anzi molte volte queste stesse armi, che calzerebbero a pennello in forma draconica o in forma umana, nell'altra forma risulterebbero essere un impedimento, tuttavia Morpheus può decidere di materializzare le sue armi, e farle scomparire in qualsiasi momento previo consumo di slot, l'abilità è di potenza nulla, difatti essa non arrecherà danni di nessun tipo all'avversario, ma non è detto che non possa essere utilizzata per avvantaggiarsi in qualsiasi modo.
[Nulla personale].
[SPOILER]
Abilità passive:
Il drago blu, come tutti i draghi, possiede una forza fuori dal comune, difatti, sia in forma umanoide che in forma draconica, qualsiasi arma, oggetto, che per altri sarebbe impossibile da smuovere, Morpheus sarà in grado di alzarlo con il minimo sforzo [Passiva personale]. Un drago, altresì, può cambiare la sua forma da draconica a quella umanoide, senza nessun impedimento esterno, non importa se giorno o notte, l'unico fattore davvero rilevante è il volere dello stesso drago, in quanto una creatura così letale raramente decide di dare un vantaggio all'avversario trasformandosi nella sua forma più miserabile [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale]. Il drago, inoltre, grazie alla grande energia presente nel suo corpo potrà utilizzare qualsiasi sua tecnica, indipendentemente dalla natura, risparmiando il 3% sul consumo totale normalmente previsto. Se tale risparmio dovesse abbassare il consumo di una tecnica allo 0% o meno, il consumo totale della tecnica rimarrebbe fisso all'1% [Pergamena risparmio energetico].
Inoltre, il drago grazie alla sua conoscenza fuori dal comune, non ha più vincoli riguardanti le illusioni . Egli è talmente dotato da poterle castare istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere perchè la quasi totalità delle tecniche illusorie si attivi all'istante. [Passiva I livello dominio illusionista]. E grazie alle sue ampie conoscienze Morpheus ha la possibilità di risparmiare energie Per questo ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico [Passiva II livello dominio illusionista]. Arrivati a questo punto le conoscenze di Morpheus lo rendono un illusionista di primo livello, in grado di rendere tutte le sue tecniche illusorie o manipolatorie di un livello superiore. Ad esempio una tecnica Media provocherà danno Alto, una alta danno Critico e le tecniche di costo critico provocheranno un danno Mortale. Non c'è variazione nella potenza delle tecniche, ma solo nel danno risultante. [Passiva III livello dominio illusionista]

– Impact.
Un’arma di queste proporzioni non potrebbe essere impugnata da nessuno che non possegga una forza straordinaria. Il suo peso è considerevole, la lega metallica che lo compone è di una densità tale da non rassomigliare ad alcuna già presente sul continente. Ma chiunque riuscirà a far uso di un’arma simile, saprà certamente come utilizzarla. Ad essa è infatti legata una catena, e sfruttando principi basilari della fisica come forza centrifuga e gravità, ogni attacco fisico passivo portato dall’arma sarà come se fosse eseguito con il doppio della PeRf standard posseduta. {Abilità passiva}

Kajera
È la lama che infrange i legami. Ella si sazia dell'ardimento dei cuori, di qualunque tipo esso sia. Ella brama, invero, di rifrangere ciascuno di quei vincoli intensi, sussurrando direttamente negli animi delle sue vittime di quanto ogni vita donata a qualcun'altro altro non sia che la debolezza di un cuore che rinuncia alla propria dignità. Per farlo, però, deve poter comprendere ove colpire, oltre che chi colpire, naturalmente. Kajera, infatti, permetterà al suo portatore di scrutare nei cuori di coloro che amano, soffrono o vivono un sentimento, un legame di affetto di qualunque tipo e genere. Tale legame apparirà agli occhi del portatore che una scintilla che brilla nell'animo di chiunque, potendo finanche comprendere se due scintille, se ammirate insieme o distintamente, siano o meno legate l'una all'altra. Invero, però, ammirare una scintilla non farà comprendere comunque mai la natura del legame o il nome della persona con cui il legame esiste, avvertendolo unicamente della sua esistenza e, al massimo, della reciprocità del contatto. [Passiva, il portatore potrà vedere nel cuore di ciascuno la presenza o meno di un qualunque legame affettivo, di qualunque tipo questo sia, senza - però - poter conoscere con tale potere la natura o la storia dello stesso. Qualora il portatore veda due o più persone, inoltre, potrà comprendere se il legame che esiste nei loro animi le vincola l'una all'altra o meno. Inoltre, il portatore potrà vedere in ciascun avversario ogni scintilla per ciascun legame, per quanto grande o piccolo esso sia, in quando brilleranno di intensità variabile a seconda della forza dell'affetto.]


– Tail.
Nonostante ciò, Ramhat è tutto meno che poco visibile. Un diametro di tre metri di ineguagliabile metallo, una catena così robusta da poter reggere forze e tensioni impressionanti. Così come uno stocco è agile e maneggevole per merito di forma e peso, così una sfera di tali proporzioni sarà poco pratica nonostante la forza di cui si possa godere. Le traiettorie che percorrerà fino a impattare sull’obiettivo saranno lineari e quasi prevedibili all’occhio di un eventuale avversario, che avrà così il tempo di rizzare una difesa più o meno stentata. Questo malus agisce sulle tecniche e gli attacchi fisici portati con Ramhat, a meno che non vengano occultati a loro volta da particolari tecniche. Forza bruta a determinabilità, uno scambio più che equo. Dopotutto ogni cometa ha la sua coda. {Malus}

Note:
Scusate ho dovuto postare di fretta tralsciando le note, che ora aggiusto, comunque niente, mi limito a fare quello che ho detto in confronto.



Edited by Lud† - 16/6/2012, 20:59
 
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view post Posted on 18/6/2012, 02:19
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Ad Agio Nel Disagio
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_______________ Orfanotrofio, Prima Funzione_____



Giocattoli. Eran parte della sua vita da tanto, troppo tempo. Prima di partire per quel viaggio che non avrebbe potuto sopportare nè nel corpo nè nella mente vi trafficava ogni giorno; forgiava, intagliava, studiava piccoli capolavori e minuscole gioie a molla, ma anche bambolotti e trenini a vapore, orsetti di pezza. Dove viveva di bambini cen'eran tanti e ognuno si fermava nella sua bottega per far riattaccare una ruota smarrita, ricucire un bottone, riparare una scheggiatura o sperando in qualche piccolo regalo. E lui non li deludeva, sapendo che quei balocchi avrebbero portato sorrisi sui loro volti per quegli anni fragili come il vetro ma ammantati dal velo della spensieratezza.
Lo ferirono con un brivido freddo, ancora capace di penetrare nel suo scudo d'indifferenza. I pastelli gettati a terra, i giocattoli abbandonati da bambini fuggiti - o portati via - in fretta e furia. I piccoli dimenticano presto, certo, ma lui non poteva rimaner indifferente davanti a quello strano panorama. Per un istante dimenticò l'urlo soffocato che aveva sentito, e sovrappensiero era già li, davanti alla porta di legno, la mano sulla maniglia.
Cosa stava succedendo li dentro? Dove finivano gli adulti poteva immaginarlo, vittime e risorse allo stesso tempo di chissà quale traffico. Ma i bambini? La vita? Ciò che rendeva spaventose le sparizioni era il silenzio che si lasciavano dietro, non vuoti nei cuori dei cari ma il semplice nulla, l'anonima morte dell'indifferenza.
Pochi ricordavano gli sventurati svaniti a Gefahrdorf già allora, mentre il fenomeno era contenuto; cosa ne sarebbe stato della memoria quando anche i burberi abitanti di quel luogo avessero fatto la fine dei villici di Schneeweg? Forse l'Erydlyss era popolato da gruppi di uomini xenofobi come quelli che avevano incontrato, ma se quel qualcosa si fosse fatto strada in altre zone dell'Eden ogni vittima svanita, dimenticata dai viventi, non avrebbe neppur potuto consolarsi con la permanenza del ricordo. Le campane suonavano in lontananza.
Le campane! Come aveva fatto a non accorgersene? Doveva andare alla messa, ne era certo. Aggrottò le sopracciglia. Mai nel suo cervello si era risvegliato un bisogno simile, i residui della sua razza potevano spingerlo verso il rispetto per la natura, per la vita forse, ma mai la sua mente aveva cercato un conforto divino. Semmai, nei meandri degli inferi in cui era stato catapultato, il conforto dalla morte gli era stato donato in quel suo mefistofelico patto. Bestemmiò a bassa voce, giusto per ricordarsi le care vecchie abitudini.
Un altro urlo, questa volta più chiaro - o forse le sue orecchie lo tradivano, ancora scosso dal richiamo delle campane? Si riscosse, la mano sulla maniglia, ma questa si abbassava a vuoto.
Chiusa a chiave. Inutile tentare di forzarla ulteriormente.
rapidamente convintosi, Lazarus pensò all'unico modo che aveva per farsi strada: sfondare la porta. La sua costituzione non era certo adatta a tirar spallate contro la robusta lastra di legno che lo separava dall'ambiente successivo, e la pistola - che già difettava di munizioni, dopo l'attacco degli aracnidi - avrebbe fatto troppo rumore con l'esplosione della polvere.
Si allontanò di mezzo passo, stringendo i pugni. Se le munizioni canoniche avrebbero fatto rumore, lui avrebbe armato la pistola con qualcosa di silenzioso. Con determinazione estrasse l'arma, puntandola contro il primo cardine; una flebile luce si accese in fondo alla canna accrescendosi sempre di più, finchè con un sibilo non eruttò diretta verso la porta infrangendo il primo e - con un altro colpo in successione - il secondo ostacolo che bloccava la porta.
Ripose l'arma mentre la porta si inclinava verso di lui placidamente. Afferrò il legno e con un ultimo strattone fece uscire il blocco dalla fessura nel muro, appoggiandola contro la parete in uno sforzo ben superiore a quelli a cui era abituato. Non era certo un guerriero, lui!

Alzò le sopracciglia, trattenendo un sorriso sbilenco e malizioso che già minacciava di farsi strada sul suo volto. Sul breve corridoio che aveva scoperchiaro si affacciava, da una seconda porta, uno dei suoi compagni. Il ragazzo drago lo guardò con la stessa inespressiva efficienza; lo seguiva, apparentemente volontariamente, un bambino biondo. Assurda la coincidenza, assurdo quel posto, assurdo il bambino sorridente, assurdo il mondo! Represse definitivamente pensieri e sorrisetto, chiedendo come se nulla fosse un breve aggiornamento sulle indagini. E sul perchè fosse li dentro.
Si scambiarono le informazioni in fretta, lo stretto indispensabile. Il bambino attendeva in silenzio, sembrava fidarsi del giovane, e lentamente si tranquillizzava capendo che Lazarus non gli avrebbe fatto del male. Si trovarono di nuovo al punto di partenza, a metà strada nell'orfanotrofio quasi deserto e ormai privo di interesse per le indagini. I bambini avrebbero atteso. Si guardarono un secondo appena; entrambi sapevano dove dirigersi: alla funzione.


_______________ Nella Chiesa, Prima Funzione_____



Lo sciamare dei fedeli li aveva protetti - il rosso il ragazzo-drago e il bambino - mentre entravano nella chiesa. Avevano trovato strade deserte ad accoglierli, tranne qualche ritardatario che si dirigeva alla chiesa del paese senza degnarli di uno sguardo. Nessuno aveva notato il bambino, nessuno aveva fatto caso agli stranieri, nessuno li aveva fermati o indicati. La chiesa era il centro del mondo, un faro di luce per insetti notturni.
Rimasero in piedi tra la folla, nella navata scevra e disadorna traboccante di uomini e donne. Come suo solito, Lazarus si sporse leggermente per sussurrare qualcosa di estremamente stupido al suo compagno di sventure.
« I sermoni di padre Jorg devono essere davvero fenomenali per attirare tutta questa gente. Tu non...? » lo apostrofò, congiungendo le mani e alzando gli occhi al cielo in maniera allusiva. Il silenzio che calò quando il religioso salì sul pulpito gli impedì di interpretare la risposta di Morpheus.
La funzione iniziò, con grande disinteresse di Lazarus. Dapprima si dedicò allo scrutare i volti dei presenti - apparentemente l'intero paese era presente alla celebrazione - ma poi, stanco, passò alla struttura della chiesa.
Stava per lasciar perdere anche questo passatempo quando, prima del sermone centrale - durante i canti che tanto cercava di evitare - iniziò ad avvertire un flebile stordimento. Tutti i fedeli avevano iniziato a cantare, ma le parole si confondevano, le voci si mescolavano in un unico suono, nenia insopportabile. Si accigliò, non riuscendo ad imputare quella strana sensazione alle semplici ripetitive strofe del salmo: in quella storia parole e suoni avevano un ruolo che ancora gli sfuggiva.
« Fai si che non gli succeda nulla. »
La voce di Morpheus lo risvegliò. Annuì, prendendo in custodia il bambino mentre l'altro si avventurava circospetto tra la folla estasiata. Il piccolo, d'altro canto, non sembrava minimamente disturbato dal frastuono e sembrava annoiarsi.
« A te questa...roba non ha mai dato fastidio? » chiese, cercando di distrarsi dal velo che gli avvolgeva il cervello.
Capì poco, fra lo stordimento e i canti che rimbombavano sulle mura disadorne. Il bambino non era mai stato li, e non pareva desiderare di tornarci. I suoi genitori vi si recavano abitualmente, ma entrambi erano spariti come gli altri abitanti. Lazarus annuì, cercando di capire di cosa parlasse il salmo che gli penetrava nel cervello.
Non promesse di felicità o salvezza, bensì promesse di guarigione. Lasciò scivolare anche questo tassello nel fitto mosaico che prendeva forma nella sua mente, chiedendosi perchè quegli uomini venissero danneggiati, adescati con promesse e fatti sparire. Quale flagello poteva ammorbare gli abitanti del villaggio?
Passò poco tempo prima che tra la folla spuntasse un viso conosciuto. Il giovane si dirigeva verso di loro, muovendo le labbra come se intonasse la stupida canzonetta che i fedeli ripetevano fino alla nausea. A cosa serviva far finta di cantare? Nessuno si curava di loro, tutti sembravano ipnotizzati.
Poi se ne accorse. Le sue labbra si muovevano scandendo le sillabe, parole che non conosceva uscivano dalla sua bocca mosse da una malia sconosciuta. Si ritrovò a cantare al fianco di centinaia di persone, adorando un dio di cui nulla sapeva, invocando la cura da un male che non lo affliggeva.
Attese. Attese come il bambino la fine, annoiato dalla sua stessa voce, ormai rassegnato. Il piccolo era tornato dal suo salvatore e sembrava non volersene più staccare. Meglio così: la felicità di un bambino non era data dai giocattoli riversi sul terreno dell'orfanotrofio.
Finalmente finì. Il religioso sparì, tornando all'altezza degli altri uomini, e la massa brulicante di fedeli scivolò come acqua corrente verso l'uscita. I tre rimasero indecisi, congelati in quell'istante, ma Morpheus guardava la volta della chiesetta. Attendevano.




png

[Rec: 250] [AeV: 150] [Perf: 75] [Perm: 225] [Caem: 150]



Dati Base:
Pistola Ehre eines Mädchens in vita mano.

Ferite Accumulate:
Ustione da danno Medio all'addome.

Status Psicologico:
Danno Medio da religione : D

Energia Residua:
87 % - 6 % = 81 %

Abilità Passive:

• Passiva Razziale Mezz'elfo | Scurovisione
• Passiva Personale 1/10 | Difesa Psionica
• Passiva Evocatore Lv1| Evocazioni Tempo 0
• Passiva Ehre eines Mädchens | Pistola sempre carica

Abilità Attive:

• Attiva Ehre eines Mädchens | Consumo Basso, proiettile danno Basso elemento Luce _ verso i cardini della porta

Note: tempus fugit ._.
 
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Ikit89
view post Posted on 18/6/2012, 20:02




CITAZIONE
Legenda:

Narrato
« Parlato (Marchosias) »
« Parlato (Voce Anziana) »
Pensato (Marchosias)

« ...possibile che mi sia sbagliata? »

La voce anziana parla a se stessa. Davanti a Marchosias c'è una donna molto attempata, piegata sul proprio bastone. Avrebbe dovuto vedere la cosa sconosciuta che le è appena entrata in casa, avrebbe dovuto allarmarsi e urlare, mandando all'aria tutti i propositi dell'Artefice di non dare nell'occhio. Ma tutto questo non accade. Marchosias si chiede il motivo prima di notarlo egli stesso. La poca luce che filtra attraverso le i tendaggi basta per mostrare gli occhi della donna. Non è la sua immaginazione ad ingannarlo: si tratta di due fessure dove pupilla e iride si sono perse, confuse nello stesso bianco lattiginoso della sclera. Totalmente cieca.
Lui si fa da parte con facilità, lasciandola avanzare verso l'ingresso. Il bastone di lei si muove di continuo, la punta che rimbalza tra gli angoli e le distanze familiari come un cane addestrato. La sorpresa (nonchè un vago sollievo) fortunatamente non è bastata a far scordare a Marchosias il buonsenso. Spostandosi si è premurato di staccarsi dal suolo quel tanto che gli basta a non dover effettivamente calcare dei passi sul pavimento. Non è difficile immaginare come anche il suono più attutito possa essere udito con chiarezza da chi è abituato a fare a meno del senso della vista.

Vediamo un pò, cos'abbiamo qui...

La donna ha accennato a degli "ospiti" mentre si dirigeva all'entrata, convinta di rivolgersi al Lord. Avanzando Marchosias ricorda a se stesso di prestare attenzione: c'è qualcun altro in nell'edificio. Avanza e nota come la sala d'ingresso si apra rispettivamente su un salotto e una sala da pranzo. Il mobilio è ricco, forse anche troppo. Eccessivo nella quantità e nei decori, i pezzi stonano uno con l'altro e sembrano essere stati affiancati senza troppa attenzione per l'equilibrio della composizione. Una scala dal corrimano barocco sale verso l'alto e conclude l'ambiente dell'ingresso. Accanto ad essa invece c'è una porta bassa, incassata oltre un dislivello del pavimento. Sicuramente è l'entrata per la cantina, immancabile in un edificio come questo. Ignorando l'innocua donna alle proprie spalle Marchosias arriva fino alla porta. Non ha scordato le parole di quell''uomo autoriatario con il bastone che adesso è sicuro sia Lord Gustav. "Corri a prendere i fucili!" aveva detto alla guardia mandata a rotta di collo verso la magione. Armi pericolose, stipate da qualche parte. Armi che sono destinate ad essere rivolte esclusivamente contro Marchosias e i suoi compagni d'avventura. Prima di indagare ulterioremente avrebbe fatto bene a trovarle e sabotarle in qualche modo. Dove sono i suoi compagni e in che guai si siano andati a cacciare? Anche loro sono braccati da uomini meschini che vogliono zittirli e ostacolarli con la violenza? Non lo sa, ma spera con questa sua scelta di aumentare le loro possibilità di loro tutti di uscire vivi da Gefahrdorf.

Chiusa.

Non ci sono dubbi. Ha provato la maniglia con tutta la delicatezza del caso, ma l'entrata per la cantina è chiusa a più mandate. Forse la chiave è in casa, appesa da qualche parte; deve cercarla a tutti i costi. Si volta quindi, con l'intento di ripercorrere ogni palmo del pianterreno alla ricerca di un mazzo di chiavi qualunque. Nel farlo nota l'anziana signora che ormai - rassegnata di essere caduta in un tranello del proprio stesso udito - si sta dirigendo lentamente verso il salotto. Un riflesso attira la vista di Marchosias, lo invita a ad avvicinarsi. Qualcosa appeso alla cintola dell'anziana ha occhieggiato di un bagliore passeggero e debole. Incredulo di essere destinatario di tanta fortuna, Marchosias si avvicina svelto e silenzioso come un fantasma. Un mazzo di chiavi. Basta poco per sfilarle delicatamente, alleggerirle del loro naturale peso, farle galleggiare su forze invisibili, attirarle a sè come un pesce alla lenza. In pochi attimi nelle sue mani.

[...]

Clack.

La serratura si apre senza protestare ad alta voce. Già i primi passi, mossi nell'oscurità più totale che avvolge i gradini in discesa, costringono Marchosias a dare sfoggio di un'altra delle sue capacità. Vettori luminosi si contorcono in angoli netti mentre nascono dal palmo alzato del costrutto. Danzano scomposti, illuminano le pareti della cantina come il soffitto di una vasca illuminata. Stavolta portano solo luce e non distruzione, una luce fioca ma sufficiente a rivelare uno scenario terribile quanto inaspettato. Quella che forse un tempo era una cantina nella quale alloggiavano botti di vino e masserizie adesso è una prigione. Sbarre di metallo percorrono parallelamente l'intera lunghezza dell'ambiente, dividendolo in celle sfortunatamente non vuote. Infatti è impossibile non sentire lo scalpiccio di piedi impauriti e i gemiti - soffocati dai bavagli - dei prigionieri. Delle prigioniere. Marchosias osserva basito il gruppo di donne di ogni età ma tutte nelle stesse condizioni indegne. Loro lo osservano con occhi gonfi di terrore, schiacciate contro gli angoli più lontani dal costrutto.

...e sarei io dunque il mostro?

"Non c'è nulla da temere, non sono qui per farvi del male. Gli stessi mostri che vi hanno fatto questo stanno braccando me adesso. Vi aiuterò."

[...]

Clack.

La porta si chiude di nuovo sommessamente. Dietro di essa le prigioniere resteranno tali, almeno per il momento. Alla fine una di loro si è fatta coraggio e ha deciso di collaborare con Marchosias. Il suo corpo tremava quando le mani artefatte hanno sfilato il bavaglio che le impediva di parlare, ma poi ad ogni parola sussurrata al costrutto aveva riacquistato un pò più di autocontrollo: determinata gli aveva detto tutto. Di come erano state rapite per uno scopo ignoto e di come Gustav aveva abusato di loro tutte nel frattempo. Mentre le parole si susseguivano una delle ragazze più giovani era scattata in un pianto sommesso e muto. I lividi e gli altri segni sarebbero guariti, ma le memorie delle sudicie sevizie subite non potevano essere cancellate con una passata di straccio. Alla aveva consegnato a Marchosias una piccola chiave, a detta sua sottratta al Lord nel momento di debolezza dell'ennesimo abuso e nascosta "dove nessuno avrebbe cercato". Senza alcun dubbio è stata scaltra e sicuramente coraggiosa. Andandosene Marchosias aveva promesso loro che le avrebbe liberate, ma farlo adesso sarebbe stato rischioso e controproducente. Poteva renderle libere dalle gabbie ma non poteva proteggerle tutte. Sarebbe tornato successivamente, con gli altri avventurieri. Adesso però ha una stanza da visitare.

Adesso tocca a te Marchosias, non vanificare i suoi sforzi.

Le scale l'hanno condotto al primo piano, e dopo aver controllato ogni porta si è accorto che una sola è stata chiusa a chiave. Proprio quando sta per azionare la serratura ecco di nuovo dei passi strascicati, seguiti dal ticchettare già sentito di una punta di bastone che sonda il percorso. Ancora la vecchia cieca. Marchosias la vede salire le scale e svoltare direttamente verso la sua direzione. Non certo un pericolo, ma una grossa scocciatura. Da parte sua l'Artefice torna a staccarsi dal pavimento: una spanna, due, ancora di più. Finisce con l'aderire al tetto proprio quando la signora si ferma nel punto esatto in cui lui si trovava prima. Ma anche questo non basta a fermare la testarda: deve aver sentito qualcosa. Infatti inizia a tastare il soffitto con il bastone.

Forza, fà qualcosa!

Non può permettere di essere scoperto quando probabilmente l'intera guarnigione del villaggio lo sta già cercando. Un gesto rapido, un piccolo oggetto cubico si infrange sul pavimento silenziosamente. La vecchietta inala suo malgrado la sottile nebbia che ne esce. In un attimo tentenna come ubriaca, barcolla e si appoggia al bastone che torna come di consueto a poggiare sul pavimento. E' questa l'occasione per defilarsi e tornare nuovamente al pianterreno. Marchosias non ha motivo alcuno per fare del marle del male, quindi opta per un'altro diversivo.

toc-toc!

« Huh? Questa volta ti ho sentito sai! »

[...]


clack.

L'ennesima porta chiusa alle sue spalle, spera tanto sia l'ultima. L'espediente di bussare all'ingresso ha funzionato e l'Artefice pare essersi sbarazzato dell'insistente vecchietta. Adesso può concentrarsi sull'indagine. Quasi teme di raccogliere un altro tassello e aggiungerlo al quadro che sta componendo: le sue forme diventano sempre più inquietanti man mano che si delineano con chiarezza. Non vorrebbe vedere dell'altro ma non ha altra scelta, perchè non c'è nessun altro che può prendere il suo posto adesso. E perchè in parte - la parte curiosa e vorace - vuole sapere. Il suoi prossimi tasselli si rivelano essere le carte abbandonate sulla scrivania dello studio. Si tratta di una lettera e di alcuni disegni. Schemi tecnici, progetti. Inevitabilemente quei fogli lo catapultano un attimo indietro, quando egli stesso - con mani in carne e ossa - ne stava tracciando di simili : più ricchi e dettagliati, terribilmente più complessi. D'altronde stava ideando il corpo che malauguratamente si è poi ritrovato ad indossare. In ogni caso ha tra le mani i progetti di una... campana. Si ripromette di studiarli in un secondo momento, mentre invece dà un'occhiata veloce alla missiva. Ha appena il tempo di afferrare qualcosa riguardo una chiesetta al limitare di Gefahrdorf quando altri passi tornano a disturbarlo. Affrettati - calcati con forza: passi di chi sa dove dirigersi. Deve uscire subito dalla magione. Pesanti tende coprono le finestre dello studio; lo sguardo di Marchosias vi si posa sopra in un attimo.

[...]

Il tetto spiovente dell'edificio non è stato difficile da scalare, complici soprattutto i suoi poteri, capaci di agire su ogni grave compreso il costrutto stesso. Le sue mani poggiano oltre la linea di colmo delle tegole e Marchosias sbircia oltre, posando lo sguardo verso l'ingresso della magione. Sono tanti - troppi - gli uomini che si accalcano all'entrata in maniera spedita: è peggio di quanto immaginasse. Impossibile tornare indietro alla ricerca dei propri compagni. Ha poco tempo per prendere una decisione prima di trovarsi assediato. Il suo sguardo si alza oltre l'ingresso, verso i campi e la vegetazione che riprende possesso delle periferie. Un campanile. Non l'ha notato durante il cammino per arrivare fin qui. I suoi pensieri vanno alle carte che ha trafugato e che porta con sè. Decidere la prossima meta, lasciarsi cadere giù oltre il tetto precipitando verso il suolo: questione di un attimo. L'impeto e la velocità della caduta attenuate da forze complici e sorelle della gravità stessa. Deve fare in fretta.

CITAZIONE

Colonna sonora: "Wasteland Nostalgia" - Ergo Proxy (OST)

braccioi
 ReC
300
 AeV
125
 PerF
175
PerM
375
CaeM
225
 Basso
5%
 Medio
10%
 Alto
20%
Immenso
40%
Marchosias [mente]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    Leggero turbamento causatogli dalla malia dell'elementale (Medio)
Costrutto [corpo]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    Lesioni interne non troppo gravi (Medio).
Equipaggiamento:
    Fulmine Globulare, riposto (3 usi disponibili).
    Ali di Ossidiana, riposte.
    Pandora's dices (Stordente □ Oscurante ■ Fumogeno ■ )
Energia: 60% -5%(Basso) -5%(Basso)= 50%
Tecniche e Azioni:
    - G-Radianza [4] : Passiva Dominio (Esper, Liv III)
      Levitazione passiva utilizzata praticamente in tutto il post.
    - G-Radianza [1] : Attiva Dominio (Esper, Liv I, Basso)
      Telecinesi usata per sfilare le chiavi alla donna anziana.
    - G-Radianza [6] : Abilità Personale (Dominio Offensivo, Variabile Nullo)
      Manifestazione descrittiva usata per illuminare la cantina.
    - Pandora's Dices [2] : Erboristeria (Stordente)
      Usato per disorientare l'anziana.
    - G-Radianza [3] : Attiva Dominio (Esper, Liv II, Medio)
      Barriera repulsiva unidirezionale, usata per attutire la caduta insieme al volo passivo.
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 24/6/2012, 12:50






Soffici i passi nel bianco gelido d'una nevicata recente.
I piedi che affondano di qualche centimetro dando continuamente la sensazione di cadere, di stare su di una superficie precaria, di irrealtà dell'intero mondo attorno.
Kreisler non era in città, non più ormai: aveva tutte le informazioni di cui aveva bisogno. Nella penombra cupa della mattina senza sole di Gefahrdorf, mentre gli abitanti e i loro segreti ancora sonnecchiavano nel tiepido dei loro letti, lo Straniero era scivolato attraverso le vie più buie al riparo dai fasci di luce delle rare lanterne fino al palazzo del Lord. L'aria del posto era viziata da reticenze troppo palesi perché fossero opera di qualcuno dei piani bassi.
Il cavaliere della viverna non aveva avuto bisogno di bussare per avere accesso alla magione del signorotto: quando hai il Nulla nel cuore, quando ciò che è oltre l'Essere ti mostra come la realtà fisica non sia nient'altro che un orpello inutile davanti alla vera essenza delle cose, ogni cosa diventa una porta. Dal Vuoto al Pieno, dall'Essere al Non Essere, vite fatte di passaggi e transizioni.
Indugiando abbondantemente sulle infinite, fosche mezzetinte tra questi due valori assoluti.
E dunque con un semplice atto di volontà si era introdotto nella stanza del Lord, invisibile tra le ombre che la cenere assopita del focolare non poteva più rischiarare.
La sorpresa, la rabbia, le assurde minacce dell'omiciattolo grassoccio dalle pesanti occhiaie - comandando la sola milizia di Gefahrdorf sperava forse di incutere paura a chi poteva comandare le legioni del Clan Sorya? - non bastarono a dissuadere lo Straniero dalle domande sempre più pressanti che gli rivolgeva sempre con la stessa terrificante calma.
E così emergono storie intrise di cattiveria e pochezza, fili che si intrecciano in un arazzo che forse era meglio non fosse mai stato intessuto: storie di povera gente tenuta per il collo grazie a debiti che non poteva saldare, di ragazze inermi sottomesse e seviziate da un ricco pervertito in una condizione pari a quella di meri oggetti, di bambini che venivano costantemente drogati per la sola colpa di essere immuni ai malefici di una campana stregata. E tra queste storie, riferimenti sgangherati a un'unica persona di cui Gustav temeva ritorsioni, a un Campanaro di ignota identità il cui nome era fonte di brividi e squittii ansiosi, nascosto "nella chiesetta fuori città".
L'orrore approfondiva le rughe sul volto di Kreisler mano a mano che le torbide vicende segrete del villaggio sgorgavano di bocca a un Lord ormai ridotto alle lacrime dalla paura. E ciò che il viscido nobile non diceva, il guerriero lo intuiva associando volti, parole, gesti alle allusioni oblique insinuate nel discorso.
Infine s'era voltato indietro ed era sparito attraversando il muro senza dire nemmeno una parola. Alexandra avrebbe saputo, i Leoni avrebbero saputo: e una volta appurato il mistero della sparizioni, l'Eden avrebbe reclamato la sovranità su Gefahrdorf giustiziando la feccia che attualmente vi era a capo e insediandovi un nuovo Lord.

I passi dello Straniero non facevano rumore né lasciavano orme, ma così non si poteva dire di quelli dell'elfo.
Poco prima di uscire dal villaggio, Kreisler aveva salvato il soldato Shervaar dalle grinfie di un brigante di strada che prima di svenire aveva farfugliato qualcosa su di una vendetta e dei soldi. Ora lo Sciamano era stato messo a parte di quanto il suo caposquadra aveva scoperto, e anche se mancava qualche ora all'appuntamento convenuto aveva deciso di seguire il suo superiore nell'esplorazione della chiesa in rovina.
E ora erano lì, accanto all'entrata frontale i cui pannelli di legno erano stati scrostati e levigati dal tempo e dalla grandine. Kreisler levò una mano raccogliendo il suo potere per attraversare nuovamente la realtà, ma un rumore alle sue spalle lo bloccò.
Si voltò lentamente, accostando l'indice alle labbra per intimare il silenzio all'Artefice che l'aveva raggiunto: dopo già una volta che il destino l'aveva portato a comparire alle sue spalle, aveva imparato a distinguere il basso ronzio dei misteriosi meccanismi nel corpo di Marchosias quando levitava a poche spanne dal suolo.
Tacque per un istante, cercando di pensare a un modo per contrastare eventuali minacce dall'interno. Poi fece cenno ai due che lo seguivano di sfondare la porta mentre lui sarebbe entrato attraverso un muro dal lato coprendo l'avanzata dei compagni.
__ ___ ____ _______ ____ ___ __

Il Drago e il Giocattolaio riaprirono gli occhi nella penombra e nell'odore di formalina. Le immagini di una sala dalle pareti e dal soffitto d'acciaio si misero gradualmente a fuoco nei loro campi visivi: storditi, coperti solo di un lenzuolo sottile, si tirarono a sedere su due letti operatori affiancati al centro della stanza la cui unica fonte di luce era costituita da un globo luminoso azzurrino che rotolava lentamente contro il soffitto come una bolla d'aria intrappolata per sempre nella chiglia di un relitto sul fondo oceanico. E sì, sarebbe stato meglio che i due si concentrassero su quell'unico dettaglio: perché se avessero abbassato lo sguardo sulle pareti avrebbero scorto innumerevoli scaffali ingombri di contenitori in vetro. E in ogni contenitore, organi umani in formalina. Interiora, arti amputati e feti, tutti con orrende protesi metalliche o semplicemente pelo e piume, cheliceri e ommatidi dove ci sarebbero dovuti essere solo rosea cute, denti, occhi.
E tra ogni macabro recipiente, un corvo squadrava i pazienti con fare minaccioso, con una cattiveria negli occhi di cui mai la natura avrebbe potuto dotare una sua creatura.
Erano dovunque, soprattutto nei pressi dell'unica porta che apparentemente conduceva fuori.
Forse erano affamati di carogne e aspettavano che gli ospiti morissero sotto i loro occhi per pascersi dei loro corpi.



littleqmpointwinterreisLe indagini si sono concluse, nel bene o nel male. Insieme con Janz ho deciso che per non influenzare il vostro comportamento nella parte finale quest ancora in corso, i giudizi su come avete condotto le vostre ricerche a Gefahrdorf saranno resi noti solo alla fine. Mi scuso per alcune piccole autoconclusioni che mi sono permesso, ma ognuna di esse è stata finalizzata alla maggiore scorrevolezza dell'azione.

Facendo il punto della situazione, Shervaar è stato salvato da Kreisler dalle grinfie dello stesso sgherro che egli aveva minacciato nel suo post precedente (il criminale aveva pedinato l'elfo deciso a vendicarsi); lo Sciamano si è dunque diretto con lo Straniero alla chiesetta senza nome fuori città dove entrambi incontrano Marchosias, giunto lì tramite un'indagine alternativa. Insieme essi organizzano un piano di attacco coordinato da Kreisler stesso. L'entrata dà su un ambiente abbastanza buio, ma si capisce subito che di tutto può trattarsi meno che di una chiesetta: pareti alte e lisce di puro acciaio delimitano un grande spazio circolare in cui sono esposti numerosi animali e uomini impagliati; di questi, quattro si scuotono e saltano per terra, dove marciano incontro a Shervaar e Marchosias. Il torso è quello di uomini nudi, ma ognuno di loro ha, rispettivamente: ali e becco di rapace, corna e zoccoli di toro, ghiandole elettriche di torpedine su braccia e gambe, flessibilità e veleno di serpente. Ognuno è considerabile come un'evocazione di potenza Media, e vi si scaglia contro lanciando un attacco tipico dell'animale che rappresenta; ognuno di questi attacchi conta come una tecnica Media fisica o magica a seconda della natura dell'attacco. Attenzione, non è un combat autoconclusivo che vi chiedo! Scegliete chi affrontare e fatevi sotto :8):

Lazarus e Morpheus, invece, si risvegliano nella situazione che ho descritto. Essi ricordano di aver creduto tanto nel dio che hanno invocato alla funzione da sentire l'impellente necessità di dirigersi alla chiesetta fuori dalle mura, e così hanno fatto. Ma la loro memoria si interrompe nel momento in cui le porte della chiesa si schiudono. In compenso ora si trovano in questa sala alquanto macabra con una notizia buona e una cattiva: la buona è che anche se sul tavolo operatorio siete coperti solo da un lenzuolo leggero di lino il vostro equipaggiamento è in un angolo, la cattiva è che se cercate di uscire sarete attaccati da quaranta corvi che contano come un'unica creatura di energia Rossa in una carica che vale come una tecnica fisica di potenza Alta ad area. Ah, la stanza potrebbe contenere Morpheus in forma draconica, ma molto molto a stento. Anche per voi voglio un post di combat con due slot tecnica, buon divertimento! :wow:

Tempi: Sette giorni da oggi.
Turni: Liberi.
 
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view post Posted on 30/6/2012, 10:51

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W I N T E R R E I S E
Ciò che doveva essere, è stato. Ciò che deve essere, sarà.

Quando Morpheus riaprì gli occhi, per la seconda volta in 24 ore, si ritrovò in un luogo che non si aspettava di vedere. Scrutando nei meandri della sua mente notò come la solita fitta rete di bruma oscurava i suoi ricordi. Tutta quella situazione cominciava a diventare irritante, mai in cinquecento anni qualcuno si era spinto così oltre e ora, in un giorno, due persone avevano osato tanto. Sentiva la rabbia crescere dentro, incontrollabile, libera come Mustang che scorrazzano per le praterie. Raramente Morpheus si era alterato come in quella situazione, un sommesso formicolare cresceva dalla punta dei suoi piedi, l'ira divampava in tutto il suo corpo. Ricordava vagamente perché era giunto in quella sala operatoria, si ricordava di aver invocato un Dio nel quale non credeva, sentì crescere in lui quel sentimento sacro come un parassita che si nutre del suo corpo, ricordò, molto vagamente, di essere uscito dalla chiesa principale per dirigersi in quella secondaria, quella più piccola all'esterno. L'ultimo ricordo erano le porte che si aprivano, il cigolare del legno, poi il buio, la bruma addensata, il nulla.

Sorrise, quando la rabbia scemò, non poté far altro che sorridere.

Si trovava dove doveva essere, dove lui voleva essere fin dal principio. Come un puzzle che man mano si compone, le sue azioni lo avevano portato nel cuore dei rapimenti, nel luogo in cui la gente spariva. E poco importava se non ricordava affatto come era arrivato lì, di secondaria importanza era ormai la sua rabbia, una lucida serenità stava invadendo il suo corpo, una nuova linfa vitale del quale nutrirsi, d'altronde la rabbia offusca solo le idee.
Alzò la schiena per mettersi seduto, l'odore forte della formalina gli stuzzicava l'olfatto, un globo luminoso azzurrognolo danzava sulla sua testa, fluttuando di pura energia. Sulle pareti, sorretti da enormi scaffali di legno, contenitori di vetro che contenevano probabilmente la formalina di cui l'odore era pregna la stanza.
Ma ciò che più sbalordì il drago fu il loro contenuto:
Feti, arti amputati, interiora conservate, e tutto ammantato di qualcosa che non riusciva a decifrare e che non riusciva a cogliere, forse piume nere, forse metallo, qualcosa che esulava dalle sue competenze, tuttavia il drago non guardava i recipienti con il mesto terrore del quale un umano si cibava, bensì era rapito da una cauta curiosità, voleva capire, voleva sapere.

Quale persona era tanto decerebrata?
Chi c'era dietro tutto quello?
Il lord di quel villaggio? Il pacato prete col panciotto?


Eppure in tutta quella follia ci doveva essere una lucida razionalità, un qualche motivo che gli sfuggiva, tutto quello non era solo semplice pazzia, troppo grandi erano le trame che si agitavano sotto la superficie.
Sotto c'era qualcosa, e voleva sapere cosa.
Infine li vide, occhietti affamati che li scrutavano, un baluginare famelico, protetti dalle ombre decine di becchi aguzzi che già assaporavano le carni su cui avrebbero banchettato.
Corvi, molteplici rapaci appollaiati che aspettavano solo un segnale per scatenare la fame.
Accanto a lui, ancora leggermente intontito, vi era il suo compagno, nella medesima posa sua.
E, come sempre, le mani legate in una morsa di fili intrecciati.
Ancora non capivano, perpetuavano nella loro stupidità, lo legavano, lo immobilizzavano, ma non si può fermare un drago. Tirò con forza le braccia, i legacci opposero una resistenza non indifferente, fu tentato di trasformarsi, ma così avrebbe distrutto tutto quanto, avrebbe distrutto prove evidenti, e avrebbe anche messo in pericolo il suo compagno.
Continuò a tirare, sentendo i legacci che man mano si sfilacciavano sotto lo sforzo applicato.
Poi se ne accorse, come un lampo nell'oscurità, come una lampadina che si accende e illumina tutto, il bambino non c'era, la chioma bionda e ribelle non c'era, non era con lui in quella stanza, il bambino che aveva preso sotto la sua ala protettrice.
« Dov'è il bambino? » Urlo più a se stesso che al compagno, « DOV'È? »
Sarebbe voluto andarsene in sordina, senza destare caos inutile, avrebbe accecato e resi sordi i corvi per uscire indisturbato da quella camera.
Ma l'ira prese piede nel suo corpo.
Crebbe furente e inaspettata, crebbe in un climax di sensazioni, il suo corpo si ricoprì di piccole scariche elettriche incontrollabili che crescevano, che danzavano accarezzando la sua pelle come energia statica, poi esplose, un tuono, un fulmine, un enorme scarica elettrica che si generò da lui.
Un ruggito nell'aria che avrebbe fatto tremare le pareti.
Avrebbe investito il primo corvo che avrebbe trovato sulla sua strada, in un esplosione di luce.
E quando la luce si sarebbe diramata, il drago si sarebbe eretto in piedi statuario, senza i legacci intorno ai suoi polsi, libero come sempre.

« Andiamo via da qui. »
A fare il culo a chiunque ci sia dietro tutto questo.

Poi un'immagine proiettata nella mente dei corvi. una stanza vuota, speculare in tutto e per tutto a quella in cui erano, con un unico particolare, loro non c'erano, non c'erano mai stati.
Nessuno li avrebbe attaccati mentre avrebbero guadagnato l'uscita.
Mentre avrebbe ripreso il suo equipaggiamento.
Mentre la porta si sarebbe schiusa davanti ai loro occhi.
E per quella merda di villaggio sperò vivamente che al cucciolo non fosse stato torto nemmeno un capello, altrimenti la furia di un drago sarebbe divampata, radendo al suolo l'intero villaggio.
In uno scenario di macerie e di morte.



CITAZIONE

Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem


ReC: 275 - 250 | AeV: 125 - 100 | PeRf: 150 - 300 | PeRm: 250 - 450 | CaeM: 150 - 100


Energia: 54%
Status Fisico:Lacerazione superficiale alla coda [Danno basso]
Status mentale:Confusione iniziale alla mente [Danno basso] Bad trip dovuto al veleno del Bebelith [Danno medio] Voglia di andare alla funzione [danno medio] Voglia di cantare [danno medio]

Abilità attive:
Il secondo livello del soffio ha nell'idea quella di ustionare e shockare l'avversario, il drago lancia una grossa scarica elettrica sul nemico, l'attacco, se andato a segno, avrà ripercussioni sia sul fisico sia sulla psiche di chi lo subisce. Infatti, spendendo un consumo pari ad alto, la folgore ha potenza Alta, va affrontata come un normale attacco magico ma, in caso di successo, provoca danni Medi sia al corpo del nemico, come ustione, sia alla sua mente, come shock. [Pergamena Scarica elettrica]


I sogni sono il teatro della notte. Dove il cervello crea delle sceneggiature che esulano dal controllo del sognatore. Ritrovarsi in ambientazioni orride, calvalcare scenari del terrore, e il tutto senza poter far niente. L'unica possibilità è rimaere a guardare. Morfeo non è come l'antica divinità greca, lui non compare nella notte per allietare il sonno degli umani. Morpheus è il creatore dei sogni, belli o brutti. Felici o tristi. Talmente reali da non far distinguere la differenza tra realtà e finzione. In termini gdr Morpheus può riprodurre delle immagini nella testa del suo avvesario che prendono la sembianza di veri e propri sogni, essi possono essere sia sogni belli che veri e propri incubi, ma in ogni caso alla fine del sogno il sognatore avrà un danno alla pscihe pari al consumo speso. [Variabile personale].
Consumo medio ad area
[SPOILER]
Abilità passive:
Il drago blu, come tutti i draghi, possiede una forza fuori dal comune, difatti, sia in forma umanoide che in forma draconica, qualsiasi arma, oggetto, che per altri sarebbe impossibile da smuovere, Morpheus sarà in grado di alzarlo con il minimo sforzo [Passiva personale]. Un drago, altresì, può cambiare la sua forma da draconica a quella umanoide, senza nessun impedimento esterno, non importa se giorno o notte, l'unico fattore davvero rilevante è il volere dello stesso drago, in quanto una creatura così letale raramente decide di dare un vantaggio all'avversario trasformandosi nella sua forma più miserabile [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale]. Il drago, inoltre, grazie alla grande energia presente nel suo corpo potrà utilizzare qualsiasi sua tecnica, indipendentemente dalla natura, risparmiando il 3% sul consumo totale normalmente previsto. Se tale risparmio dovesse abbassare il consumo di una tecnica allo 0% o meno, il consumo totale della tecnica rimarrebbe fisso all'1% [Pergamena risparmio energetico].
Inoltre, il drago grazie alla sua conoscenza fuori dal comune, non ha più vincoli riguardanti le illusioni . Egli è talmente dotato da poterle castare istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere perchè la quasi totalità delle tecniche illusorie si attivi all'istante. [Passiva I livello dominio illusionista]. E grazie alle sue ampie conoscienze Morpheus ha la possibilità di risparmiare energie Per questo ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico [Passiva II livello dominio illusionista]. Arrivati a questo punto le conoscenze di Morpheus lo rendono un illusionista di primo livello, in grado di rendere tutte le sue tecniche illusorie o manipolatorie di un livello superiore. Ad esempio una tecnica Media provocherà danno Alto, una alta danno Critico e le tecniche di costo critico provocheranno un danno Mortale. Non c'è variazione nella potenza delle tecniche, ma solo nel danno risultante. [Passiva III livello dominio illusionista]

– Impact.
Un’arma di queste proporzioni non potrebbe essere impugnata da nessuno che non possegga una forza straordinaria. Il suo peso è considerevole, la lega metallica che lo compone è di una densità tale da non rassomigliare ad alcuna già presente sul continente. Ma chiunque riuscirà a far uso di un’arma simile, saprà certamente come utilizzarla. Ad essa è infatti legata una catena, e sfruttando principi basilari della fisica come forza centrifuga e gravità, ogni attacco fisico passivo portato dall’arma sarà come se fosse eseguito con il doppio della PeRf standard posseduta. {Abilità passiva}

Kajera
È la lama che infrange i legami. Ella si sazia dell'ardimento dei cuori, di qualunque tipo esso sia. Ella brama, invero, di rifrangere ciascuno di quei vincoli intensi, sussurrando direttamente negli animi delle sue vittime di quanto ogni vita donata a qualcun'altro altro non sia che la debolezza di un cuore che rinuncia alla propria dignità. Per farlo, però, deve poter comprendere ove colpire, oltre che chi colpire, naturalmente. Kajera, infatti, permetterà al suo portatore di scrutare nei cuori di coloro che amano, soffrono o vivono un sentimento, un legame di affetto di qualunque tipo e genere. Tale legame apparirà agli occhi del portatore che una scintilla che brilla nell'animo di chiunque, potendo finanche comprendere se due scintille, se ammirate insieme o distintamente, siano o meno legate l'una all'altra. Invero, però, ammirare una scintilla non farà comprendere comunque mai la natura del legame o il nome della persona con cui il legame esiste, avvertendolo unicamente della sua esistenza e, al massimo, della reciprocità del contatto. [Passiva, il portatore potrà vedere nel cuore di ciascuno la presenza o meno di un qualunque legame affettivo, di qualunque tipo questo sia, senza - però - poter conoscere con tale potere la natura o la storia dello stesso. Qualora il portatore veda due o più persone, inoltre, potrà comprendere se il legame che esiste nei loro animi le vincola l'una all'altra o meno. Inoltre, il portatore potrà vedere in ciascun avversario ogni scintilla per ciascun legame, per quanto grande o piccolo esso sia, in quando brilleranno di intensità variabile a seconda della forza dell'affetto.]


– Tail.
Nonostante ciò, Ramhat è tutto meno che poco visibile. Un diametro di tre metri di ineguagliabile metallo, una catena così robusta da poter reggere forze e tensioni impressionanti. Così come uno stocco è agile e maneggevole per merito di forma e peso, così una sfera di tali proporzioni sarà poco pratica nonostante la forza di cui si possa godere. Le traiettorie che percorrerà fino a impattare sull’obiettivo saranno lineari e quasi prevedibili all’occhio di un eventuale avversario, che avrà così il tempo di rizzare una difesa più o meno stentata. Questo malus agisce sulle tecniche e gli attacchi fisici portati con Ramhat, a meno che non vengano occultati a loro volta da particolari tecniche. Forza bruta a determinabilità, uno scambio più che equo. Dopotutto ogni cometa ha la sua coda. {Malus}

Note:
La psiche di Morpheus, visti i danni che tta riportando inizia a essere labile, e per questo ha scatti di ira maggiori rispetto a quelli che normalmente, ovvero quasi mai.
Si libera dai legacci ma mentre si libera si accorge dell'assenza del bambino, esplode di ira e colpisce il primo corvo che trova, dopo di che per uscire "rende ciechi" tutti quanti i corvi con una tecnica ad area, fondamentalmente lui non sa che sono un'unica entità per questo li attacca tutti, gli proietta l'immagine medesima della stanza ma senza di loro, come se non ci sono mai stati, poi ne approfitta per aprire la porta uscire, ovviamente tutto ipoteticamente, e tutto se va come deve andare. Scusate il post non eccelso. E giuro che m'ammazzo se devo scrivere un'altra volta lo stesso inizio per Morpheus. :sigh:
edit:corretti alcuni errori



Edited by Lud† - 2/7/2012, 08:44
 
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view post Posted on 2/7/2012, 02:02
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Ad Agio Nel Disagio
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_______________ Dintorni di Gefahrdorf, Sala Operatoria_____



Un odore penetrante che risale per le narici secche. L'uomo storce il naso, la luce che filtra attraverso le palpebre socchiuse lo disturba. Un fremito lungo l'avambraccio, i nervi intirizziti reagiscono in un sussulto quando i polpastrelli sfiorano il metallo freddo del bordo tavolo. Muove il capo verso destra provando a ripararsi dalla luce asettica che entra ed esce dal suo campo visivo: le radici dei capelli fanno resistenza, forse le spalle li bloccano. Prova a muovere il torso, ma una lieve scossa elettrica gli risale per la spina dorsale, i muscoli si lamentano in coro.
E' sdraiato, questo riesce ad avvertirlo. La luce, surreale, si muove in maniera irregolare appena oltre le palpebre socchiuse. Tenta di aprirle ma paiono sigillate, formicolano intensamente ed è piacevole abbandonare l'idea, ricadendo nel buio.

Il globo è ancora là, ipnotico, vaga sul soffitto mosso da chissà quale forza arcana. E' molto bello. Illumina l'ambiente con un chiarore fatato, quasi fossero sott'acqua. Chiude mollemente il pugno, tende i muscoli per sollevare il braccio e cercare di acchiapparlo, smuoverlo, sfiorarlo. Le labbra compongono in silenzio un nome di cui non ricorda il significato.
I legacci di cuoio lo costringono al tavolo, riportandolo alla realtà.

Lazarus si riscosse. La stringa che gli impediva di alzare il braccio era fin troppo concreta per potersi permettere di rimanere in quel limbo incolore. Uno strattone un pò più forte: nessun risultato. Meglio fare mente locale.
Il negromante strizzò gli occhi un paio di volte, inspirando più a fondo. L'ossigeno passò pian piano nei polmoni, alimentando il corpo, schiarendo le idee. Aveva freddo. Era quasi nudo, su quel tavolo operatorio, un sottile sudario a coprirlo. Tentò di muovere le gambe, poi l'altro braccio, flesse gli addominali per portar su il busto, ma robusti lacci di cuoio lo riportarono al punto di partenza. Potè solo mettersi seduto in quella strana posizione.
« Merda » sibilò. Al suo fianco, su di un lettino uguale al suo, Morpheus sembrava perfettamente sveglio e osservava qualcosa davanti a loro.
Oltre Morpheus, appollaiato su di uno scaffale ricolmo di contenitori di vetro, un corvo li fissava.
Si voltò, osservando meglio la stanza in cui si trovavano. Le quattro pareti erano occupate da scaffali e mensole, tutti straripanti di contenitori verdognoli. Ovunque - negli interstizi, appollaiati sui bordi, accovacciati sui tubi vitrei - una miriade di corvi pareva fissarli con interesse. Un aura fin troppo tangibile avvertiva i due mercenari della strana natura di quei volatili.
Finalmente ricordò il termine della funzione. Entrambi avevano iniziato ad invocare il dio adorato dai fedeli e, non contenti di pregare e cantar lodi, si erano spinti fino alla chiesetta che sorgeva nei dintorni del villaggio. Il suo ultimo ricordo era il lento, silenzioso chiudersi delle porte di rovere dell'edificio; poi, il vuoto.
Bestemmiò con gusto la divinità nel nome della quale erano stati attirati fin li, cominciando a tirare con più forza i lacci. Non era un grande combattente, ma di certo non sarebbero bastati quegli affari a tenerlo segregato la sotto. Già sentiva il cuoio ammorbidirsi, smosso dal continuo tirare. Un paio di strattoni e il braccio sinistro si liberò, lasciandogli solo un alone rosso attorno al polso. Si guardò la mano soddisfatto, come se solo in quel momento fosse tornata parte del suo corpo.
« Dov'è il bambino? DOV'È? »
Il Drago aveva capito la situazione. Effettivamente neppure Lazarus aveva notato l'assenza del fanciullo, ma non diede molta importanza alla cosa: dei tanti orfani che eran scomparsi in quella cittadina maledetta, almeno lui aveva potuto sorridere fuori dall'orfanotrofio un giorno ancora.
« Amico, capisco come ti senti ma la vita è crudele e vorrei farti notar...hei, che cazzo sta...? » imprecò, cercando di spostarsi verso il bordo del lettino.
La prima cosa che passò per la mente del giocattolaio era l'immenso drago che aveva visto atterrare nel punto dal quale, pochi secondi dopo, era arrivato il suo compagno. Che fosse stata un evocazione o una mutazione del corpo, non era certo intenzionato a rincontrarlo in un ambiente simile.
Il corpo di Morpheus iniziò a brillare di luce propria, solcato da scariche elettriche. Determinato a spostarsi da li il prima possibile Lazarus tirò in fretta e furia gli ultimi legacci mentre un esplosione di elettricità eruttava dal corpo dell'uomo per colpire uno dei gruppi di corvi più vicini. Si gettò giù dal tavolo rotolando solo per urtare contro una pila di indumenti: i suoi vestiti erano li, assieme a tutta l'attrezzatura. Sorrise malevolo.
« Ah! E' aperta la caccia al corvo! » urlò, afferrando le braghe e sollevando la pistola puntando la canna contro uno dei corvi più vicini. Solo in quel momento notò lo sguardo vacuo dell'aborto che galleggiava nel liquido amniotico, chiuso nel suo utero di vetro, a pochi centimetri dal suo viso.
Ne presa nota mentalmente: nulla in contrario, aveva visto di peggio.
Tirò il cane, premendo il grilletto.
Morpheus si era ormai liberato e pareva non curarsi dei corvi...ma la pistola non liberò il colpo, con sommo rammarico del negromante. Era la prima volta che non la trovava carica, ormai dava per scontato di aver sempre pronto un colpo in canna.
« ... »
Spostò lo sguardo sui contenitori alle pareti, serio. Il suo compagno si stava avviando verso la porta a passo sicuro e strani cadaveri - mutazioni, esperimenti, ibridi di chissà quale animale o creatura demoniaca - risaltavano ora nei vari loculi di cristallo, illuminati pian piano dalla sfera di luce che imperterrita si muoveva sul soffitto. Si morse il labbro inferiore, in mutande, le braghe di tela strette in pugno, la pistola apparentemente scarica nell'altra. Era un bel momento. Se ne sarebbe ricordato quando l'artefice di quel giochetto sarebbe stato davanti a loro.
« Propongo di levarci da qui. » sentenziò, riponendo la pistola come se nulla fosse successo e indossando i pantaloni alla meno peggio. Come Morpheus si diresse verso la porta ma con cautela, la camicia provvisoriamente appoggiata sulle spalle. Prima che il compagno fosse vicino all'uscita schioccò le dita, due colpi secchi, accogliendo con piacere il ronzio familiare dei marchingegni fluttuanti. Attorno all'uomo vagavano ora una dozzina di strani mascheroni di ceramica irti di lame e ingranaggi sporgenti, arrugginiti e consunti. Ai suoi piedi, poi, si era materializzato un piccolo esercito di grotteschi soldatini che in fretta e furia scalavano goffamente gli scaffali e cavalcavano lungo il pavimento della sala, attaccando a spron battuto i malevoli uccellacci.
« Suvvia, cerchiamo chi tira le fila di questa storia » consigliò con estrema serietà, guardando il suo piccolo esercito in azione « Non so te, ma l'unica che può permettersi di farmi svegliare legato e seminudo è una bella donna. »



png

[Rec: 250] [AeV: 150] [Perf: 75] [Perm: 225] [Caem: 150]



Dati Base:
Pistola Ehre eines Mädchens in vita.

Ferite Accumulate:
Ustione da danno Medio all'addome.

Status Psicologico:
Danno Medio da religione : D

Energia Residua:
81 % - 11% - 6% = 64%

Abilità Passive:

• Passiva Razziale Mezz'elfo | Scurovisione
• Passiva Personale 1/10 | Difesa Psionica
• Passiva Evocatore Lv1| Evocazioni Tempo 0
• Passiva Ehre eines Mädchens | Pistola sempre carica

Abilità Attive:

• Attiva Evocatore Lv1 | Evocazioni Consumo Medio per due turni.
• Pergamena Iniziale Negromante | Servitori Infernali

Note: e svegliarsi la mattina...e turu turu tuttu...col pg tutto legato...con un drago esagitato...c'è un cadavere mutilato....D:
Ok post abbastanza assurdo a dire il vero, suppongo sia complice l'ora ma dico così ogni volta quindi inizio a sospettare che sia io a non poter ruolare questo pg in maniera completamente seria. Il cambio di tempo verbale all'inizio è voluto, mi sembrava più "full immersion" il presente iniziale. I cinque colpi di pistola a giocata li ho finiti, ma Lazarus non lo sapeva. E neanche io a dire il vero finchè non ho fatto il conto. Evocazione Bassa per due turni, a costo Medio, e offensiva bassa sui corvi (ho dovuto forzare l'ardua scalata dei miei omini agli scaffali, visto che di corvi per terra non credo ce ne siano molti negli antri oscuri dei cattivoni). Per il resto spero che i corvi sognino. E sognino a lungo.


Edited by Ødin - 2/7/2012, 03:28
 
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Shervaar
view post Posted on 3/7/2012, 23:46






Il monde prese lentamente a riprendere colore e davanti agli occhi dell'elfo si parò il volto enigmatico di Kreisler. Shervaar si tirò su massaggiandosi la nuca, invasa da un folle dolore.

<<Ma cosa...>>

L'elfo non fece in tempo a terminare la domanda che vide accasciato contro una parete il corpo del brigante minacciato nella mattinata e non ci mise molto a tirare le somme.

<<Non ci sono parole per ringraziarti>>

<<Non ringraziarmi, piuttosto apri gli occhi: la prossima potresti non essere così fortunato.>> Rispose Kreisler che, nonostante la fermezza nelle parole, lasciava trapelare una venatura di condiscendenza. I due si scambiarono poche e rapide parole su quanto avevano singolarmente scoperto e, prima di rimettersi in marcia secondo le volontà del caposquadra, l'umano commentò. <<Nella città da cui provengo si dice che il pesce puzza dalla testa: questo delle sparizioni mi sembrava un fenomeno troppo bene organizzato per essere opera di qualcosa o qualcuno che non avesse niente a che fare con i potenti del luogo.>>
Erano usciti dalla città diretti ad una misteriosa chiesetta fuori le mura e nel tragitto l'elfo ebbe il tempo di riflettere. Al villaggio precedente tutti sembravano spariti contemporaneamente nel nulla, lasciando tutto come congelato al momento della sparizione, qui invece da quanto aveva scoperto le sparizioni erano singole e regolari. Qualcosa in tutta quella storia non convinse l'elfo e sebbene avessero già scoperto molto non si sentiva ancora vicino alla soluzione delle indagini.

Arrivarono nei pressi di un anonima chiesa di montagna in rovina poco dopo, ma prima che potessero decidere sul da farsi quello che aveva scoperto chiamarsi Marchosias apparve alle loro spalle. Kreisler coordinò l'entrata con sbrigative parole e con innaturale disinvoltura attraversò come se niente fosse le malmesse pareti della struttura. <<Esiste forse persona migliore per indagare di chi cammina senza lasciare traccie e attraversa indisturbato muri?>>
Con un consueto fischio Shervaar richiamò il suo compagno e quando il suo falco si posò sui suoi bracciali sussurrò rapide parole prima di concentrarsi sul piano d'attacco.
<<Dentro non è sicuro, anche sta volta rimani fuori.>>

Sfondata la malmessa porta l'elfo si trovò davanti qualcosa che lo lasciò sconcertato. L'ambiante era scarsamente illuminato ma la poca luce bastò per affermare con sicurezza che quella tutto era fuorché una chiesetta. Alte e lisce pareti metalliche delimitavano un ambiente circolare occupato da un gran numero di uomini e animali morti e impagliati, o almeno cosi credeva lo shamano.
Come riscossi dal sonno quattro creature antropomorfe si pararono davanti al trio. Un toro, un serpente, un corvo e una torpedine, ognuna di quelle creature, forse un tempo esseri semplici umani, sembrava esser stato orribilmente fuso con un animale.
<<Qui sui va ben oltre delle semplici sparizioni...che aborti sono mai questi?>> si chiese Shervaar mentre quella di loro che presentava ghiandole elettriche su braccia e gambe gli si avventò immediatamente contro, investendo lo shockato e impreparato shamano con il suo elettrico assalto. Le ghiandole animali sul palmo della creatura si attivarono a contatto con lo shamano e l'elfo trovò quasi immobilizzato in preda agli spasmi.
<<Ma che caz... >>
Prima ancora che riuscisse ad elaborare qualsiasi controffensiva o riprendere pieno controllo dei movimenti l'umanoide taurino colpì lo shamano in pieno petto con una furiosa cornata scagliandolo contro una delle pareti della stanza, tramortito e ancora con i muscoli indolenziti.
Lo shamano si rimise immediatamente dritto e deciso a reagire diede un occhiata all'evolversi dei fatti. Le altre due creature si erano avventate sul suo compagno ignorando totalmente l'elfo e Shervaar decise quindi a ristabilire una parità numerica prima di iniziare una controffensiva. Evocò da un mondo ultraterreno un evanescente lupo e si lanciò alla carica. Il momentaneo compagno si scagliò sul nemico cornuto cercando di azzannarlo al collo mentre Shervaar, di poco più avanti di lui gli tirò un destro, per poi scivolargli immediatamente accanto per concentrarsi sul suo secondo nemico.
<<Quella di prima era una scossa? Assaggerai la furia del fulmine e poi ne riparleremo.>>
Imbrigliando nel suo guanto d'arme il potere della tempesta lo shamano scaricò sull'uomo-torpedine uno dei suoi micidiali destri.





Stats:
Rec 175
AeV 200
PerF 150
PerM 225
Caem 100

Danni fisici subiti: Alto+Medio+Medio (8/16)

Danni mentali subiti : Nullo (0/16)

Energia rimanente: 58-11-11=36%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:
Thunder Fury: Lo stretto contatto sin da giovane con la gli elementi e le sue manifestazioni permette allo Druido di controllare al meglio i glifi elementali incisi sui suoi Guanti d'Arme. Al momento della loro attivazione guadagna un bonus sulla forza elementale a propria discrezione secondo necessità e volontà.
[Dominio elementale del Fulmine a costo Varibile - Basata su PerM]

Ghost Wolf: Il druido, dopo una particolare formula e dei gesti delle mani, evoca attorno a sé gli spiriti alcuni lupi grigi. All'apparenza incorporei questi animali, agili e veloci, avranno valenza di evocazioni e rimarranno sul campo di battaglia per due turni o fino a che non saranno sconfitti. Potranno essere evocati fino a tre animali con un solo slot tecnica e la potenza totale dei lupi evocati sarà complessivamente Bassa, mentre la loro forza equivarrà a un livello energetico in meno rispetto a quello del caster.
[Pergamena di evocazione Bassa, a costo Medio - Lupo selvaggio]



Note: Subisco i due attacchi e evoco un lupo. Attacco il toro con un fisico e l'evocazione e poi mi concentro sulla torpedine con un variabile medio.
Spero di non aver esagerato, o anche il contrario per carità, con le offensive ma è la prima volta che affronto un evocazione....ù.ù
Sry per la cagata di post ma il tempo per scrivere effettivamente è stato quello che è stato.

edit. Inserite delle cose in spoiler dimenticate per la fretta di postare.
 
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Ikit89
view post Posted on 4/7/2012, 01:23




CITAZIONE
Legenda:

Narrato
"Parlato telepatico (Marchosias)"
Pensato (Marchosias)

Marchosias guarda ancora dietro di sè e tira un sospiro di sollievo (solamente immaginario, come sempre). Sembra che nessuno lo stia seguendo, ma questo non significa che l'intera guarnigione del villaggio sia sulle sue tracce, e lo stesso vale per vari sgherri dall'aspetto molto poco raccomandabile. In una situazione come questa lui ha deciso che la cosa migliore è andare avanti, addentrarsi ancora di più nel mistero di Gefahrdorf senza fermarsi un attimo, pena la morte sicura.
Adesso è in vista della chiesetta in periferia, quella che sembra avere tutte le ragioni di essere il prossimo luogo d'indagine. Si ferma un attimo. I suoi piedi non hanno ancora toccato terra, sostenuto com'è da venti di pura magia. Ha notato due uomini davanti il portone dell'edificio. Loro si voltano e lo vedono nello stesso istante, vanificando l'idea di un'eventuale fuga furtiva. Ma ogni tensione si rilassa in un istante, perchè conosce quelle persone: si tratta proprio dei suoi compagni. Marchosias riconosce lo strano uomo dal viso segnato a capo del gruppo - Kreisler è il suo nome - e accanto a lui l'elfo. Perchè qui, perchè adesso? Si avvicina a loro con la testa carica di domande, ma non priva di qualche certezza.

Hanno trovato un'altra pista da seguire; li ha portati a un'uguale destinazione.

[...]

Tonf!

Il legno cede dopo pochi sforzi e la porta si spalanca sulla penombra. Nessun altare, nessuna panca o inginocchiatoio. Icone sacre, ornamenti, incensi: manca tutto. Qualunque cosa sia l'ambiente in cui si trovano, non è una chiesa, almeno non più. Poche sono le sagome che spiccano mentre la vista si sta ancora abituando alla mancanza di luce. Pochi profili ma abbastanza per inquietare Marchosias. Per un attimo l'Artefice è minacciato da un enorme orso che incombe alla sua destra. La sua mente annaspa per qualche confuso attimo prima di rendersi conto che si tratta di un esemplare impagliato. Le zanne sono scoperte ma immobili, lo sguardo fisso contro la parete di fronte. Inspiegabilmente le mura sono costruite in metallo e cingono la sala dandole una forma circolare.

"Stai attento..."

In questo posto niente è quello che sembra, e Marchosias avvisa l'elfo che lo spalleggia di essere prudente. Pochi passi sul pavimento freddo e omogeneo bastano a portarli abbastanza vicini ad altri "trofei" man mano più inquietanti. Oltre gli animali ecco delle figure umane. Uomini e donne fermi a guardarsi l'un l'altro con occhi che non possono più vdere alcunchè, ognuno di loro sul proprio stretto piedistallo. All'Artefice tornano in mente le lezioni di anatomia a cui ha assitito secoli prima, durante il tempo di un'altra vita adesso distrutta. Qualcuno di esperto ha lavorato sui corpi sapendo esattamente ciò che faceva. Marchosias perde un attimo la cognizione dell'ambiente circostante e anche l'attenzione riguardo quello che Shervaar sta facendo. Kreisler non ha fatto irruzione con loro, piuttosto ha insistito per fiancheggiare l'edificio e "raggiungerli in un altra maniera", ma Marchosias non ha notato finestre nè altre aperture adatte. In ogni caso quell'uomo gli è sembrato molto sicuro di sè, e tanto gli basta.

Chi, e soprattutto perchè?

Corpi di uomini e donne ridotti ad oggetti e macabre suppellettili. Quale uomo sano darebbe il proprio consenso ad un trattamento simile? Gli è difficile confermare la propria supposizione, che siano cioè stati uccisi e manipolati contro la propria volontà, eppure sembra l'unica risposta possibile. L'intero posto trasmette una sensazione forte e alienante, insensatamente piazzato com'è all'interno della chiesetta dimenticata di un piccolo villaggio ai margini estremi del Nord. Sotto tutti quegli sguardi vuoti e straniato da ciò che lo circonda, Marchosias si ferma ipnotizzato ad osservare quella che gli è sembrata un'enorme aquila impagliata. No, non è affatto un'aquila, non lo è assolutamente. Le enormi ali piumate, sproporzionate per qualunque volatile di cui lui abbia mai avuto notizia si innestano in maniera innaturale in un torso umano, proprio dove dovrebbero fuoriuscire le braccia. Sconcertato l'Artefice passa in rassegna l'anatomia dell'ibrido notando come le piume cedono il posto alla pelle rosea. Il cranio poi è qualcosa scaturito direttamente dalle fantasie più perverse e deliranti: osservarlo sprofonda l'Artefice in un vago senso di vertigine. Il volto è sproporzionato e deforme; un grosso becco a uncino prende il posto che dovrebbero occupare bocca e naso. Gli occhi della cosa sono due cerchietti neri e lucidi, e per un momento un gioco di luci fa sembrare che si siano mossi un minimo.

Calmati, non farti suggestionare: è solo la tua immaginazio...

..sssh...

Il sibilo è vicino, minaccioso e totalmente reale. Marchosias non ha neanche il tempo di voltarsi che una scudisciata lo colpisce alla schiena. Il colpo lo spinge via e lo getta a terra. Stupito si rialza senza ignorare le fitte di dolore distorte e mal tradotte da quel suo corpo costruito con l'arte e la magia. Con una certa fatica inquadra l'autore di questo attacco improvviso. Se la vista dell'uomo-aquila aveva fatto tentennare la sua mente, quello che ha davanti adesso semplicemente rifiuta di associarsi ad un'idea ben precisa di persona o rettile o mostro mitologico. Balza subito all'occhio il fatto che sia uomo, oppure una cosa assemblata a partire da un uomo. Il risultato di una ricetta blasfema che ferisce l'occhio e disturba la mente molto peggio del costrutto di Marchosias. Infatti, per quanto sia alieno ad ogni altra cosa o creatura, nel corpo artefatto nessuno può distinguere alcunchè di conosciuto. Nessuna parte stride in disaccordo con le altre, nessun inquietante particolare suggerisce la sensazione di un essere "fuori posto", quanto piuttosto qualcosa di profondamente "diverso". La forma del mostro ondeggia fluida: si contorce e si contrae, apparentemente priva di costole o articolazioni normali. La pelle è rosea ma chiazzata in ogni parte da un motivo puntiforme. Dalla distanza in cui si trova è difficile stabilire se sia un pigmento o si tratti davvero di una trama di scaglie piccolissime e omogenee. Una volta tanto per Marchosias vale la pena restare nell'ignoranza, e decide invece di ricambiare le attenzioni ricevute.

...cosa sei? Un ibrido artificiale quanto me, nato dai venti della magia?
Anche dentro di te alberga un uomo? Puoi tu pensare, gioire, rattristarti? Che tu abbia coscienza o meno, di sicuro sei capace di odiare. Ma ogni bestia rabbiosa e assassina sa farlo.

In un attimo Marchosias recupera l'arma della sua vendetta. Il globo dei fulmini, la tempesta dentro una sfera fatta di niente. Obbediente ai poteri dell'Artefice questa ondeggia a mezz'aria e inizia a ronzare. Vibra e turbina e lascia scaturire due saette luminose e rapide dirette contro l'uomo-serpente. Lui ha mirato al volto dagli occhi neri piccolissimi e dal naso schiacciato, ma non può accertarsi che i colpi siano andati a segno o meno, perchè viene assalito da qualcos'altro. Un peso gli si scarica addosso e un fruscio frenetico lo confonde. Poi una tempesta di colpi pungenti - rabbiosi - si abbatte sulle braccia, sulle spalle, sul cranio del costrutto. Qualcosa lo sta... beccando!? Punture dolorose forano la superfice levigata del suo corpo e portano dritto alla sua mente nuovi e fastidiosi dolori. In uno sbatter d'ali e piume cascanti si allontana lo strano ibrido metà uomo e metà volatile. Fino a pochi istanti prima era del tutto immobile, congelato; la statua di uno scultore pazzo. Adesso eccolo svolazzare in cerchio sopra l'Artefice, il volto inespressivo quanto quello di un animale, eppure nel complesso sembra deridere beffardo il suo avversario che nel frattempo è rimasto coi piedi per terra.

Ancora per poco. Perchè anche io ho delle ali, fatte non per volare ma per tagliare come rasoi.

Intanto suoni confusi riecheggiano alle sue spalle contro le pareti fredde e lisce della sala. Non è il solo ad essere stato attaccato da questi abomini, ma non può prestare attenzione a Shervaar adesso. La migliore maniera che ha per aiutarlo è liberarsi dei propri avversari alla svelta. L'uomo-serpente è ancora là, raggomitolato su se stesso in un'orrida posa. Prima che possa sferrare un altro attacco il globo di fulmini agisce ancora. Marchosias lo scaglia in avanti contro il mostro con fare svogliato: lo proietta su binari invisibili eretti con le forze della magia, lo accellera con la sola sua volontà. Saette o meno resta comunque una sfera capace di urtare con la forza di un maglio. L'Artefice non perde tempo a preoccuparsi del risultato del proprio attacco e invece ingaggia il volatile. Il costrutto spicca un salto agile con una propria innata eleganza della quale Marchosias-uomo non è mai stato dotato in vita sua. Il suo padrone lo guida in una traiettoria tesa a intercettare l'avversario svolazzante. Ali impossibili si formano durante il breve tragitto aereo. E' una sinfonia di incastri: una nube di frammenti e parti precise turbinano animate di vita propria, oscillano tra pura meccanica e pura magia. Le piume sono lastre affilate come nessuna lama lo è mai stata, nera e liscia come l'ossidiana più pura è la materia ignota che le ha forgiate. Protese in avanti e pronte a trafiggere, non sono l'unica carta che Marchosias sta giocando nel suo assalto. Le mani del costrutto sono vicine una all'altra, cullano lo spazio vuoto tra i due palmi. In risposta a un impulso sconosciuto l'aria si accende e brucia se stessa in un fuoco indaco e vorticante. Le mani circoscrivono e costringono l'energia turbolenta trattenendola a stento. Marchosias adesso è in alto, vicinissimo all'avversario, un istante all'impatto. Abbastanza vicino da scorgere di nuovo il nero dei suoi occhi e la paura che spera scorgere in essi.

CITAZIONE

Riepilogo: Marchosias è sorpreso di trovare i due compagni davanti alla chiesta e si aggrega obbedendo a Kreisler senza obiettare. Una volta dentro la chiesetta viene colto di sorpresa dall'uomo-serpente mentre osserva assopito e inquietato i corpi esposti nella sala. Incassa anche l'attacco dell'uomo-aquila e poi contrattacca rispondendo con una combinazione di tecniche e attacchi in mischia e a distanza.
Colonna sonora: "Marketplace fight theme" - Deus Ex: Human Revolution (OST)

braccioi
 ReC
300
 AeV
125
 PerF
175
PerM
375
CaeM
225
 Basso
5%
 Medio
10%
 Alto
20%
Immenso
40%
Marchosias [mente]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    Leggero turbamento causatogli dalla malia dell'elementale (Medio)
Costrutto [corpo]: ■■■■ ■■■■ ■■□□ □□□□
    Lesioni interne non troppo gravi (Medio).
    Contusioni alla schiena a causa del colpo dell'uomo-serpente (Medio)
    Numerose perforazioni su spalle e braccia a causa delle beccate dell'uomo-aquila (Medio)
Equipaggiamento:
    Fulmine Globulare, riposto (1 uso disponibile).
    Ali di Ossidiana, riposte.
    Pandora's dices
      (Stordente □ Oscurante ■ Fumogeno ■ Accecante ■ Sonica ■ )
Energia: 50% -5% (Basso) -5% (Basso) = 40%
Tecniche e Azioni:
    - Fulmine Globulare [1] : Arma da fuoco (piccola, 3 1 munizione)
      Marchosias spara due saette mirate al volto dell'uomo-serpente.
    - G-Radianza [1] : Attiva Dominio (Esper, Liv I, Basso)
      Telecinesi qui usata per scagliare con forza il Fulmine Globulare - ormai quasi scarico - contro il torace dell'uomo-serpente (fisicamente è una sfera rigida abbastanza ampia da riempire un palmo).
    - G-Radianza [4] : Passiva Dominio (Esper, Liv III)
      Usata per spiccare il volo in seguito al balzo e per dirigersi contro l'uomo-aquila.
    - Ali di Ossidiana [1] : Arma da mischia
      Sfoderate in volo e protese con le piume rivolte in avanti per tentare di infilzare l'avversario.
    - Flare [1] : Pergamena "Padronanza elementale (Fuoco)" ( Mago, Basso)
      Piccola palla di fuoco che Marchosias ha intenzione di scagliare durante l'impatto, verso le ali dell'uomo-aquila.
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 7/7/2012, 12:56




Si stava lisciando le penne.
Migliaia di fibre di tessuto sintetico replicavano perfettamente la struttura microscopica delle barbe avvinghiate l'una all'altra in piume impermeabili e leggerissime, ben adatte per il volo; e il duro polimero che rinforzava il rostro produceva un fruscio quasi sotto la soglia della percettibilità mentre vi passava sopra delicatamente.
La scarica fu improvvisa: il corvo potè percepire ogni piuma rizzarsi e strinarsi in punta mentre le sue interiora si liquefacevano. Odore di zolfo e di materie plastiche carbonizzate si sparsero nella sala operatoria insieme a poche volute di fumo bluastro.
Ogni altro volatile nella stanza si girò a guardare il proprio compagno di stormo che moriva. Decine erano le paia d'occhi, e in nessuna di esse poteva essere distinto un briciolo di pietà.
Perché si sa: pietà, misericordia, compassione sono tutti sentimenti umani.
Sentimenti, dunque, di creature inferiori.
Un loro simile che moriva significava più cibo per loro altri, ma allo stesso tempo voleva dire che i prigionieri stavano cercando di scappare. E lo stormo, come era stato ordinato dal Padrone, doveva impedirlo a tutti i costi.
Tornarono a guardare i letti su cui i prigionieri si erano appena svegliati, solo per scoprirli vuoti.
E in quello stesso istante la loro mente impazzì di dolore. Un dolore lacerante che fece vibrare i contorni stessi di ciò che vedevano, che li costrinse a levarsi gracchiando in volo, a colpire con becchi e artigli tutto ciò che trovassero sulla loro strada per provare ad avere un minimo di sollievo.
L'aria frullò di centinaia d'ali mentre le nere sentinelle volavano come impazzite, graffiando e ferendo coloro che non riuscivano a vedere.
La porta si riaprì, si richiuse.

corvou

La stretta scala a chiocciola subito al di là della porta condusse i due prigionieri in un ambiente più grande, rischiarato a tratti dall'azzurro inumano dei fulmini di uno Sciamano e di un Artefice che i fuggiaschi avevano imparato bene a conoscere. Su di loro incombevano creature che ormai ben poco avevano di umano ormai, creature che replicavano nel loro aspetto l'ibridismo degli arti mozzati nei recipienti sugli scaffali della sala operatoria.
Ma non ci fu bisogno di dar loro man forte: dall'ombra videro plasmarsi cento spade nere che saettarono a trafiggere da ogni parte le aberrazioni, già sfiancate di per sé dagli assalti di Marchosias e Shervaar.
Ancora nascosto nell'ombra degli inquietanti animali impagliati, lo Straniero aveva atteso in silenzio il momento opportuno per liberarsi dei guardiani della torre, l'occasione per mietere quattro vittime con un solo colpo.

- Lieto di vedere anche voi qui. -

soggiunse, gelido, rivolto al Drago e al Giocattolaio. Imprecò mentalmente contro se stesso e la sua avventatezza: certe questioni sono troppo importanti perché l'uomo possa lasciare che sia il caso a guidarle, e il fatto che si fossero ritrovati tutti insieme nel momento più pericoloso della missione era stato solo un maledetto colpo di fortuna.

- Ora non c'è tempo per i rapporti. Se al piano di sotto non avete trovato nessuno l'unica soluzone è salire. -

La voce del Cavalcaviverne era l'unico modo di intuirne la presenza, e i mercenari non videro che una vaga ombra nera dirigersi alla scala a chiocciola di pietra che si avvitava verso l'alto, una silhouette delineata dai molli globi azzurrognoli che rischiaravano i gradini.
Non visto tra le tenebre della volta, un grosso corvo prese il volo verso il piano superiore seguendo il gruppo.



littleqmpointwinterreisBravi ragazzi! Vi spiego la situazione: la combo di Morpheus ha insospettito i corvi, che a quanto pare sono più intelligenti delle loro controparti "normali", e che vi attaccano comunque: dato che non hai accennato a difese prendi un danno Medio; Lazarus, invece, prende un danno Basso perché attorniato dalle evocazioni il cui numero si dimezza nella lotta con i volatili. Lud, l'idea di sovrapporre l'illusione alla realtà era buona, ma mostrare una stanza senza prigionieri a un'evocazione che ha il compito di far sì che quei prigionieri non fuggano non è stata una scelta vincente: se avessi mostrato ai corvi la stanza con i pg immobili sul letto sarebbe potuta andare diversamente. Ad ogni modo riuscite a fuggire. Oltre la porta vi è una scala a chiocciola che porta al piano terra dove Kreisler, Shervaar e Marchosias finiscono i loro avversari; infine Kreisler ordina al gruppo di seguirlo lungo la scala a chiocciola che porta al piano superiore, che in pratica è la continuazione di quella percorsa da Morpheus e Lazarus.
Vi chiedo di pazientare ancora qualche giorno per aspettare un altro post, ma garantisco che ne varrà la pena. Buona lettura!
 
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Doctor~
view post Posted on 9/7/2012, 17:38




defin



Respiro più, respiro meno. Era come se tutto, infine, fuggisse.
Energia dissipata. Reazione mal riuscita dove lo scarto, compromesso, fosse ben più della materia risultante.
Un'equazione sbagliata, distorta. Una disequazione perfetta, eppure a sfavore di ciò che avrebbe dovuto essere il suo profitto.
Che c'era qualcosa di inspiegabilmente affascinante nello sperimentare. Nell'empiricizzare i pensieri della mente. Gli incubi. Riuscendo infine a capire come tutto, in fondo, poteva esistere, così nel bene, così nel male. La formula inesatta della bellezza, abbastanza perfetta da sfociare nell'errore più puro, nell'oscenità più strabiliante.

Doctor era contento. E tranquillo.
Di quella placida e sommessa pazienza propria degli sperimentatori avvezzi a dover attendere più di altri (più perfino dei filosofi) per veder verificate le proprie teorie, le proprie tesi più astruse.
Ebbene, proprio come quei pionieri dell'arte meditativa -unopiùunoduepiùdueiltempochescorreemaipuòfermarsi- anche Doctor proprio in quell'attimo stava testando, insieme alle solite cose che i più avrebbero definito raccapriccianti anche la propria disciplina nell'attendere, pazientare, pensare e, in tutto quello, vigilare. Con un gorgheggio metallico il suo collo si flesse verso l'alto, piegando appena quel poco il siliceo stantuffo dell'epiglottide affinchè dalle sue labbra esacerbasse un fischio acuto, altissimo, quasi l'ultrasuono di un sibilo.
Magari un ritocchino...ancora...
Si ritrovò a pensare il dottore muovendosi piano verso destra, i passi pesanti che lo portavano da un lato di quella stanza un poco in penombra, un poco rarefatta nel volteggiare di polvere e residui volatici di impasti sintetici.
Magari qualche aggiustatina li, dove il telaio era costretto a flettersi quelle due o tremila volte all'ora... Sbuffò -aprirsi e chiudersi di valvole compresse-
Da quell'ultima volta -da quell'ultimo incontro con il Sorya- c'erano un paio di cose che non andavano nel suo corpo. Un poco di scricchiolii e tensioni che prima d'allora non avevano avuto certo il potere di tediarlo. Eppure, per quanto egli avesse passato gran parte del suo tempo -prezioso tempo- ad oliare qui, ad aggiustare la e a ritessere tutti quei meticolosi agganci che permettevano al suo corpo d'esistere, non c'era verso di farlo andare a dovere. Quasi che, al posto del suo corpo, quei dannati Soryani (non i gatti-..... -ma quanto sapeva essere spiritoso a volte-) avessero instillato delle piccole crepe nella sua anima. Ed ora ella, suo malgrado, non potesse far altro che digrignare e rosicchiare tutto il suo disappunto per quelle fastidiose rughe.
Sbuffò di nuovo, il fiato sterile che dipanava nugoli di polvere tutt'attorno a lui. Argentea per la luce filtrante dalle finestre, tutta quella gravitazione pareva la medesima fluttuazione contenuta nelle vasche di formalina esposte sulle pareti tutt'attorno. Dentro, le sagome rigonfie delle preziose cavie che fino ad allora, più obbedienti che consenzienti, si erano consegnate a lui per il bene della scienza. E per un bene superiore,ovviamente. Il medesimo che molti scienziati prima di lui si erano tanto affannati a dimostrare a folle di galantuomini ritardati e scimuniti popolani che in seguito, per la maggioranza delle volte affatto convinti, avevano finito allegramente per linciarli. E tanti saluti alla scienza e alle buone intenzioni. I suoi occhi sottili, palpebre abbastanza fragili da lasciar intravedere i capillari velati in essi trattenuti, si soffermarono per un attimo sulla grassoccia figura di una donna, i seni prosperosi ora bianchicci e tondi come due mozzarelle di bufala, la pelle lattea che di istante in istante si rilassava sempre più rivelando le smagliature di un'infanzia passata ad allattare e sfornare decine di bambini ora orfani.
A lui non sarebbe capitato.
Non una seconda volta, almeno.
Nessuna folla avrebbe mai più osato additarlo con quelle sue dita unticce di grasso e sporco rancido decretando in un vociare incoerente -poiché era raro che il Popolo parlasse. Il loro unico modo di esprimersi era Grugnire, imitare cioè il verso di quelle bestie a cui essi erano tanto vicini- la sua fine. E mai più alcun nobile si sarebbe azzardato a sproloquiare -con un vocabolario tanto dotto quanto la sua mancanza di intelletto- riguardo alla sua innocenza o colpa.
Mai.
Con un gracidio ferroso, Doc fece per estrarre dal mantello nero calato sul suo corpo ingobbito una mano uncinata. Tuttavia si bloccò.
Dalle palpebre della donna, un fremito.
Dallo spiraglio della porta socchiusa, un sibilo di vento.
Sottili filamenti di suono a risalire il silenzio fino a lui, ticchettio regolare del suo cuore in propulsione costante.
Il capo del Dottore si mosse di nuovo, un movimento oblungo dei tendini posti proprio fra collo e mandibola così da ruotare di qualche grado -non più di 4- la sua visione orizzontale. Tic-tic-tic.
La donna mosse di nuovo le palpebre, un contrarsi rapido tale da sollevare insieme all'occhio anche l'angolo destro del viso. In un sorriso. Un lieve, sardonico ghigno.
O era solo decomposizione?
Nel nuovo fruscio della porta, Doc si ritrovò a rispondere al gesto di quella morte tanto scientifica quanto grottesca.
Incerto, eppur divertito, su chi fra i due avesse di più che sorridere o marcire lentamente, muscoli e carne a contrarsi onde finire tutt'insieme in putrescente poltiglia.
Lui ed i suoi aggeggi. Lui ed i suoi artifici. Lui e tutto quel suo solenne, vanesio ed al contempo finamai consapevole che
No.
Per lui nulla sarebbe stato un ANCORA.
Per lui solo MAI PIU'. Solo MAI e POI MAI.

Che la vita inganna, se non si hanno i mezzi per controllarla.
Che tutto, e non solo, è covariazione, se non esiste causazione nel complottare ed avvicendarsi del destino.
Nel sussurro che seguì, fu il mantello del dottore a fremere, questa volta, il corpo nodoso che ticchettava ancora a destra, ancora in avanti mentre d'improvviso dalla porta un frullio d'ali nere tempestava fino a lui, tramestio che ebbe fine nel rapido sollevarsi del suo braccio verso l'alto.
Il corvo gracchiò una volta, gli scuri artigli che affondavano nei collegamenti nevralgici delle dita di Doctor tese una dopo l'altra dal suo abbassare l'arto, stringere il gomito, flettere il polso ed infine, con un -crac- graffiante, accostare l'animale al volto.
"Bravo piccolo"
sussurrò a fior di labbra, becco corvino e becco umano a collidere quasi in un contatto complice, predatorio.
"Bravo
a portarli fino a me."

Nodosi, i movimenti di Doctor si spostarono ancora più a destra, onde incontrare e dopo qualche istante tastare con parsimoniosa lentezza i contorni smussati del vecchio stendardo di Lithien, ancora intatto malgrado il tempo. Malgrado il passare, e mai semplicemente scorrere, dei ricordi.
Delle memorie.
Flebile, un suono più acuto degli altri nella scatola cranica dello scienziato.
Dei desideri. E delle passioni. E di tutte quelle cose che l'uomo crede di possedere in ragione di muovere la propria esistenza da un grado all'altro dell'insoddisfazione.
Carburante. Energia.
Ma che, come ogni altra cosa, in realtà possiedono lui medesimo. Lo avvincono. Ed infettano.
Come morbo. Come malattia dai sintomi tanto incurabili quanto graditi al pari di carne nella carne. Di quel dolore che tutti attendono con bramosia chiedendosi, di quando in quanto, quanta pena valga pur di essere felici.
Pur di ritornare al potere, finalmente, di Lithien.

Quanto
in termini pratici?


Scricchiolio.
Il corvo gracchiò ancora, acre spalancarsi di mandibole commutate in becco così da apparire meno mostruose, meno pericolose.

Così Doctor piegò di nuovo la testa di lato, e fra la bestia muta e la donna imputridita e le armi abbandonate di antiche ere -messe li, come antichi cimeli, insieme allo stendardi di Lithien-, scelse di chiedere alla combriccola alle sue spalle, a quegli sparuti invasori/conoscenti della situazione un parere a riguardo.
Che forse, né folla né nobili erano loro.
Ma ancor più, o ancor meno, tutti e due.
Si volse piano, un fluttuare infetto di mantello e gingilli ticchettanti. E calcolatori, che in un attimo contarono, ricontarono, e trovarono il numero preciso di chi doveva esserci e chi non doveva esserci.
Uno.
Inchino.
Due.
Inchino doppio.
Tre.
Terzo inchino
Quattro.
Piccolo gracidio di ferraglia.
Cinque....
Nel vacuo suono di errore, Doctor volse dunque il capo in direzione di quel cinque di troppo, accigliandosi quel tanto che bastasse per far apparire il suo volto improvvisamente stupito ed affatto calmo.
Benv....
Incredibile.
Acuto come ago infilato direttamente nelle meningi. Come bisturi che debba a forza scavare per trovare il tesoro, la memoria di Docotr dovette affondare con dolorosa determinazione nella scura patina delle sue memorie per capire. Per...decifrare.
Ed infine, interminabili istanti, ricordare.
Ancora.....tu.
Avrebbe voluto dire.
Ma per qualche astrusa ragione, dall'elaborazione del suo cervello partì diverso output
"Felice di trovarti qui, Caro, caro..." un fischio per determinare le parole "Kreisler."
si dispiacque di aver usato proprioquelle parole -davvero poco minacciose. E poco da cattivo finale. E nemmeno da scienziato quale egli era. Da quando quella Alexandra ci aveva messo mano nulla funzionava più a dovere
"Ogni visita imprevista è ancora più dolce di quella attesa. Poichè solo nel brivido dello stupore posso finalmente dire, con cuore: mi sei mancato molto"
Meglio -valutò-
Questa volta era andata decisamente meglio. Il corvo sulla sua spalla (dalle dita se ne era volato li poco prima che il gruppetto entrasse) gracchiò d'approvazione.
"Gentile da parte tua portarmi questi doni. Staranno bene nel mio piccolo atelier"
continuò con un vago gesto della mano. La donna nell'angolo ammiccò ancora.
"Ma purtroppo giungi tardi. La mia ricerca su Lithien è conclusa ed io, come non accadeva da molto tempo, posso dirmi molto soddisfatto di ogni cosa." una pausa "Soprattutto dalla tua opera, abbastanza solerte da non rendermi necessario prestare attenzione a te e ai tuoi amichetti qui riuniti"
Ritenne che fosse giusto concludere in bellezza. Così, preso da un estro artistico improvviso, Doctor si concesse un mezzo inchino sbarazzino, quel tanto da lasciar intravedere nelle pieghe del mantello il suo Nuovo corpo rimesso a nuovo -più o meno. Ancora più grottesco. Ancora più orrido a vedersi di quanto umanamente sarebbe stato sopportabile.
"Tornatevene pure a casa voi e i vostri Leoncini. Qui non c'è ormai più nulla da fare ormai"


littlecoqmpointwinterre Ed ecco a voi, Doctor^__^
Precedentemente informato dell'arrivo di tutti (meno che di Kreisler per cui egli riserva, appunto, un'espressione stupita non riuscendo immediatamente a riconoscerlo) da parte del suo fedele corvo, lo scienziato accoglie tutti quanti nella sua umile dimora, confermando alcuni sospetti ed instillandone di nuovi. Le ricerche sono infatti complete, i risultati confermati ed, in sostanza, ciò che manca è solo "la pratica". Nella stanza con lui, le cavie utilizzate per le sue ricerche, tenute nello studio tanto come trofei quanto come "reperti viventi" della sua meticolosa opera. Su tavoli e scaffali tutt'attorno, antichi cimeli e armi di Lithien. Doctor ricorda l'ultimo incontro con Alexandra e i Leoni dell'Eden, motivo per cui si riserva lo sfottò finale ai danni di Kreisler.
Questo è un giro libero di post in cui potete fare tutto ciò che più vi aggrada -così dice il QM. 5 giorni di tempo.^__^

Buona continuazione. E grazie per avermi concesso di "infiltrarmi".
Musica di Thomas Newman. Whisper of a thrill. Da Vi presento Joe Black.
 
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Shervaar
view post Posted on 14/7/2012, 18:37






L'elfo iniziò seriamente a domandarsi se la sua presenza lì avesse una qualche utilità.
Dall'ombra saettarono numerose lame d'ombra e in un batter di ciglia le mostruose aberrazioni finirono mutilate al suolo. Cercò con lo sguardo una risposta ma ciò che vide non glene fornì. A parte l'impagliato e mostruoso mobilio, dall'altra parte della stanza vide spuntare il bambino-drago e il mezz'elfo, risaliti da una scala a chiocciola, ma oltre a non essere quella la direzione da cui provenivano le spade a memoria dell'elfo nessuno dei due padroneggiava una simile magia.
<<Che diav...>>
Prima ancora che Shervaar potesse finire la frase, nascosta nel buio, una voce che ormai riconosceva chiaramente si espresse fredda e distaccata.
<<Lieto di vedere anche voi qui. Ora non c'è tempo per i rapporti. Se al piano di sotto non avete trovato nessuno l'unica soluzione è salire.>>
Si avviò nell'ombra quindi, praticamente invisibile, e imboccò lo scale. Il Kreisler che un ora prima gli aveva parlato con un velo di compassione era nuovamente sparito, lasciando piede libero all'imperscrutabile caposquadra.
Shervaar si avviò e lo seguì su per la scala a chiocciola, salutando con un silenzioso cenno del capo i compagni ritrovati.
Uno, due, tre, quattro, cinque inchini. Così inquietante eppure così formale.
Avvolto nel suo vellutato mantello nero come la pece la misteriosa figura che trovarono al piano superiore li salutò con inchini e studiate e teatrali parole. Nonostante non si aspettasse di trovarlo lì sembrava conoscere perfettamente Kreisler e Shervaar non seppe se gioire e preoccuparsi della cosa.
<<Un vecchio amico o un temuto nemico?>>
Si chiese ingenuamente l'elfo, anche se a giudicare dalla situazione la prima ipotesi suonava effettivamente come una lontana utopia. La nuova stanza in cui si trovavano infatti non era arredata in modo diverso da quella precedente, se non perché questa volta nulla sembrò prendere vita al loro arrivo e ovunque erano sparsi cimeli e armi di un epoca dimenticata.
Nascosta da un maschera metallica la bocca del loro interlocutore tornò proferire rivolta a Kreisler e con poche frasi egli riuscì a levare molte domande dalla testa dello shamano, ma solo per stillarcene delle nuove.
Forse per l'esser stato considerato un dono da aggiungere ad una collezione di cadaveri impagliati o forse la consapevolezza di aver fatto troppo tardi per fermare quella mostruosità, difficile dire per quale motivo ma nonostante le diffidenza di nemmeno ora prima adesso la soluzione delle indagini sembrava a portata di mano ma la cosa, vista la situazione, effettivamente non rallegrò per niente l'elfo.
Rimase allora shockato a fissare uomini e bestie che arredavano la stanza ma non perché vi era la possibilità di diventare uno di loro, o almeno non solo per quello. Nel precedente ambiente, con il sopraggiungere delle mostruosità animali, Shervaar non si era effettivamente reso conto di quali inumani scempi erano accaduti in quello sperduto paesino di montagna ma ora che la verità gli era stata sbattuta in faccia, all'idea di trovarsi davanti a delle cavie umane, frenò a stento un conato di vomito.
L'elfo non si era mai sentito ne un vendicatore ne un giustiziere ma l'attuale situazione e il ricordo delle esperimenti di poco prima gli fecero ribollire il sangue.
Aveva però iniziato ad avere fiducia del caposquadra e non avendo idea di quale essere gli si trovasse difronte preferì evitare ogni mossa avventata, attendendo che il misterioso e enigmatico compagno prendesse la situazione in pugno, a parole o con i fatti.
Chiuse allora gli occhi per un momento, reprimendo silenziosamente dentro la voglia di saltare al collo di quel ammantato animale e si rivolse poi a Kreisler.
<<Qualcosa in particolare che dobbiamo sapere o dobbiamo aspettarci?>>
Probabilmente era l'unico del gruppo ad avere una vaga idea di quanto stava accadendo vista la sicurezza con cui l'altro lo aggiornava dei suoi progressi e Shervaar sperò che presto dubbi e preoccupazioni in lui sarebbero sparite.
Stats:
Rec 175
AeV 200
PerF 150
PerM 225
Caem 100

Danni fisici subiti: Critico (8/16)

Danni mentali subiti : Nullo (0/16)

Energia rimanente: 36%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:

Note:Editati missclick vari


Edited by Shervaar - 15/7/2012, 13:57
 
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