Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rakuen

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view post Posted on 28/10/2012, 15:14
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Eternal Light
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Ghin rimase stordito, dimenticandosi per un attimo dei problemi in cui si trovava quando il cielo venne scosso da un lampo che gli fece per un attimo perdere la chiarezza visiva. Il tuono che seguì veniva da non troppo lontano e fu insolito, come causato da un terremoto più che da una scarica del cielo. Ma non poteva vedere dove era andato a cadere, circondato com’era da muri e da uomini imponenti in una via decisamente troppo stretta e fetida.

FALKENBERG! FALKENBERG! FALKENBERG!
L’urlo proveniente dalle direzione delle due figure a cavallo riuscì per un attimo a sovrastare il crepitio delle fiamme che stavano ancora divorando gli edifici ed a riportare il mezz’elfo alla sua difficile situazione. Essa venne ulteriormente peggiorata da una lancia rivolta verso di lui, insieme agli sguardi degli uomini che stavano attorno al cavaliere che l’aveva indicato. Gli si raggelò il sangue quando intuì di essere stato preso di mira e vide un uomo avvicinarsi con intenzioni tutt’altro che amichevoli verso di lui.
I suoi occhi incontrarono quelli del nemico e, prima che potesse provare a nascondersi in mezzo alla massa degli Scoti o dietro qualcun’altro, si sentì cadere. Iniziò a tossire rumorosamente, mentre Tomo gli scopriva i capelli argentei spingendo indietro il cappuccio per nascondersi dentro. Ghin crollò con la schiena contro il muro a causa dello stordimento improvviso, riuscendo solo ad osservare il colpo dell’avversario che si dirigeva rapidamente verso di lui. Non seppe come, ma questo fu deviato dal ragazzo biondo. La situazione era critica: erano circondati ed i barbari continuavano a combattere. Urla e gemiti di dolore provenivano dalla loro direzione mentre cercavano di affrontare in tre altrettanti avversari.

Devo fare qualcosa per fermare tutto questo.
Forse rivelando la punta che stava sopra la piramide dei predoni avrebbero potuto sconfiggerli più facilmente. Probabilmente avrebbe anche solo potuto trovare il loro punto debole in modo che anche altri più capaci e potenti riuscissero a colpirlo. Con queste idee, impossibilitato dallo stordimento a tirarsi subito in piedi, unì i palmi delle mane e, quando li riaprì, tra di essi brillò una piccola luce dorata.
Vola, cerca il fulcro del loro potere.
Dopo il sussurro la lucciola partì volando nel cielo come una stella cadente innalzatasi dal nido da cui era appena sorta e pronta ad esaudire il desiderio dell’evocatore. Ghin la seguì con lo sguardo finché essa non andò a perdersi nei fumi elevatisi dalla cittadina. Ma non poteva limitarsi ad un’azione così piccola, non poteva pretendere che fossero altri a difenderlo dall’attacco rivolto verso di lui senza fare niente. Provò ad alzarsi reggendosi contro il muro, ma non riuscì a staccarsi da esso. Era una preda troppo facile, un peso morto e come tale sarebbe stato abbandonato se non avesse agito. Chiuse gli occhi per un attimo e, quando li riaprì, apparvero due linci brune vicine a lui. Il ragazzo biondo stava fronteggiando il nemico che aveva provato a colpirlo, decise dunque di dirigere l’assalto delle bestie verso gli animali cavalcati dai due uomini dall’aspetto inquietante. Quando i felini furono in procinto di balzare verso i cavalli, la sua mente venne però investita per un attimo da una visione che lo fece nuovamente crollare a terra sbarrandogli gli occhi.

Vi vedo.
Le due braci ardenti furono tutto quello che riuscì ad imprimere nella propria mente di quell’essere ruogoso che lo stava fissando. Le parole risuonarono nella sua mente profonde, arcane e maligne come la voce di un demone nella sua testa. Abissali.
E’ il vostro turno. E’ la fine del tempo. Il dominatore di Asgradel vi aspetta.
Le frasi rivolte continuarono a risuonare nella sua testa nonostante gli occhi infernali si fossero ritrasformati in lingue di fiamma che si protendevano al cielo. E seppe che la lucciola era stata uccisa, cancellata, ma non senza aver compiuto il suo dovere. Le mani di Ghin presero a tremare a contatto con il sudicio terreno mentre la sua pelle brillò così pallida da non riuscire nemmeno a riflettere il rossore del fuoco. Provava pura e semplice paura che riuscì per un attimo a sovrastare la confusione della sua mente. Qualcosa in quei tratti malvagi, qualche cosa nella voce profonda del demone aveva tradito il possesso di qualcosa di non umano, un entità tanto pericolosa e devastante da poter essere considerata il monito di un dio oscuro. Quel volto rugoso era sembrato un rudere umano consumato ed allo stesso tempo reso forte da un potere così saturo da suscitare timore al solo percepirlo, sorretto da quella che sarebbe potuta essere la chiave di tutta la vicenda.
Quella potenza era lontana, racchiusa tra le nere mura del castello sorto dietro Waulsort, ed allo stesso tempo vicina. Infatti alcuni dei vessilli e delle icone possedute da quell’esercito di predoni la riflettevano in minima parte: dei frammenti piccoli eppure decisivi, quasi come la luce del Sole riflessa dalla Luna. Individuando il più vicino, si rialzò barcollando ed incoccò un colpo con la fionda diretto verso di esso, un proiettile che si trasformò a mezz’aria in una civetta bianca passando sopra alle teste degli altri combattenti.

Distruggetelo.
Un urlo lento e sofferente uscì dalla sua bocca socchiusa mentre il braccio si rizzava ad indicare lo stendardo sorretto da uno dei due cavalieri. Se qualcuno lo avesse ascoltato ed avesse agito di conseguenza, la forza degli avversari lì presenti si sarebbe sicuramente affievolita, se non spenta. Sarebbe stato a quel punto uno scontro alla pari ed avrebbero avuto maggiori probabilità di vittoria. Da solo aveva poche possibilità di riuscire ad abbatterlo, ma doveva comunque provarci.
Con uno fischio fece apparire intorno a sé dieci scoiattoli grigi che balzarono rapidamente, ancor prima di materializzarsi del tutto, tra i piedi delle persone lungo la stretta via fino a raggiungere l’araldo ed attaccarlo insieme alla lince che lo stava tenendo occupato.

Non fece in tempo a vedere nessuno dei suoi animali all’attacco ché senti un rumore di rottura provenire dal terreno sotto di lui e volse istintivamente lo sguardo verso il basso. Che un altro fulmine stesse per abbattersi, proprio su di lui questa volta? Stordito ed impaurito, levò le braccia verso l’alto e provò a spostarsi rapidamente, ma apparvero dei grossi ragni grigi dal terreno che provarono ad arrampicarsi verso l’alto. No, non erano aracnidi: quelle erano mani, ma se ne accorse solo dopo aver intravisto il braccio. Salirono per provare probabilmente a sventrarlo, impalarlo. Ucciderlo. Ghin tentò di evitarli, ma i suoi sensi erano resi lenti dallo stordimento e pertanto riuscì a spostarsi solo di poco e gli arti provocarono una lunga lacerazione lungo il suo fianco sinistro, tra la coscia e l’addome, macchiando le vesti nere di sangue. Il mezz’elfo se ne accorse solo guardando e toccando quel punto: la paura aveva reso decisamente più sopportabile qualsiasi dolore fisico gli venisse inflitto.

Lindsay!
L’urlo proveniva dalla mandria di Scoti che sembravano trionfanti nella loro vittoria. Ed anche Ghin, benché stesse ancora fronteggiando il nemico, riuscì a trovare un po’ di speranza alla caduta dell’araldo e del destriero ad opera degli animali, tra cui i felini ormai scomparsi. L’oscura potenza del castello non era più presente ad illuminare quei predoni demoniaci. C’erano solo le fiamme, ora. Ma il sollievo durò poco. Il silenzio calò mentre gli uomini delle montagne si ricompattavano, per poter fronteggiare il nuovo gruppo di avversari, ancor più numeroso del precedente. Il crepitio delle fiamme venne sovrastato da una risata maligna mentre i nemici si aprivano per far passare una figura che ricordava vagamente una donna, disumana e ributtante.

Ecco qui dei pesci troppo grossi, rimasti ormai soli in una pozza che va progressivamente disseccandosi.
La sua voce risuonò raschiante, consumata, mentre parlava con un tono sufficientemente alto perché anche a distanza fosse possibile udirla nel silenzio seguito al clangore delle armi. Fissò il perfido sguardo su Ghin e su chi l’aveva aiutato in quel duro combattimento, per poi rivolgersi alle truppe attorno.
Uccideteli.
Ed il mezz’elfo percepì il nodo alla pancia stringersi, mozzargli il fiato. Seppe nuovamente di avere buone ragioni per sentire la morsa strozzante della paura.


Capacità Straordinarie: Intelligenza 1
Status Fisico: Piccola scottatura alla gamba destra; ferita al fianco sinistro - 13/16.
Status Psicologico: Stordito e posseduto dalla paura – 10/16.
Energia: 55%
Equipaggiamento: Bastone-Fionda.

Passive Utilizzate:

Figlio degli Elfi - Visione nel buio, nella nebbia e simili.
Figlio dei Boschi - Evocazioni istantanee.

Attive Utilizzate:


Supporto della Lucciola - E' facile perdersi all'interno di foreste sconosciute, ma, per fortuna, i loro abitanti conoscono sempre la via d'uscita. Ghin, in caso di necessità, può chiedere loro aiuto accostando tra loro i palmi delle mani, per poi riaprirli, facendo apparire tra di essi una lucciola dalla lucentezza leggermente più forte del comune, la quale gli indica la posizione e la potenza del bersaglio indicato dall’evocatore, andandogli incontro quando possibile, per poi scomparire nel nulla.
Pergamena Stella
Natura Auspex: potenza Bassa
Durata Un Turno
Consumo Basso

Richiamo della Lince - Ghin è in grado di richiamare sul campo fino a due linci dal manto bruno maculato di nero, lunghe quattro piedi. Eleganti e particolarmente agili nei movimenti quanto pericolose e aggressive negli attacchi, caratterizzati da scatti improvvisi e balzi eccezionali, aiutano il loro evocatore ed ubbidiscono a lui nonostante i felini siano solitamente difficili da sottomettere. Dopo poco tempo, o dopo aver subito danni ingenti, scompaiono abbandonando la scena.
Pergamena Tigre Bianca
Natura Evocazione: 4 CS, resistenza Media
Durata Due Turni
Consumo Alto

Proiettile del Rapace - Non godendo di una mira e di una gittata formidabili con la sua arma, il mezz'elfo preferisce fare affidamento sui suoi compagni animali, quando riesce. Ghin può infatti sparare un proiettile con la sua fionda, il quale, a mezz’aria, si trasforma in un pennuto diverso a seconda della potenza del colpo: può quindi diventare un piccolo gheppio o un elegante falco. L’animale, presa forma, si dirige verso l’avversario del mezz’elfo, colpendolo con gli artigli o con il becco, per poi volare via.
Abilità Personale
Natura Magica
Danno Fisico
Consumo Variabile: utilizzata a Basso

Richiamo dello Scoiattolo - Gli animali a cui il mezz’elfo è da sempre più legato sono gli scoiattoli grigi. Quand’è in difficoltà, è in grado di vincere la loro natura codarda, evocandone fino a una decina perché lo affianchino nei combattimenti, attaccando il bersaglio da lui indicato con i loro piccoli artigli ed i denti da roditore. Sebbene presi singolarmente non costituiscano una seria minaccia, in gruppo possono rivelarsi alquanto pericolosi.
Dominio Evocatore
Natura Evocazione: 2 CS, resistenza Bassa
Durata Due Turni
Consumo Medio


Riassunto:

Leggete in Confronto.

Note:

Lo so, non è un granché, ma ho cercato di riassumere tutto trattando quasi solo il mio personaggio, in modo da non allungare troppo il brodo.

Edit: piccola modifica di una parola segretissima.


Edited by Desdinova - 28/10/2012, 20:52
 
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view post Posted on 29/10/2012, 20:33
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Memento mori.
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Watch your steps...

L' insignificante demone decise di schierarsi dalla parte del più forte: Recidere la testa dell' elfo in cambio di un pasto caldo e qualche puttana da stuprare nei Korps, niente di più semplice e rapido da fare.
L' obiettivo attuale di Illidan non era vendicarsi della pugnalata alle spalle - almeno non ancora - bensì uscire da Waulsort sulle proprie gambe e per far ciò gli sarebbe servito tutto l' aiuto possibile: preti dai gusti estetici discutibili e stupidi montanari ubriaconi compresi.
Dalla terra uscirono quindi creature mostruose, parto della sua fantasia perversa e della sua incessante voglia di stupire, con lame al posto delle comuni braccia e volti orridi come la morte che urlando minacciosamente si sarebbero scagliati nella mischia, dilaniando più reiter possibili.
Le guardò fiero, fiero di come le sue amabili creature riuscivano a instaurare il terrore più profondo nei loro avversari, che sarebbe durato anche oltre la loro dipartita.
L' altro demone non si fece aspettare: Tentò di recidere la testa del piccolo elfo di netto, mentre Illidan era occupato. Fortunatamente per il piccoletto, non che all' Inferi sententia importasse moltissimo, un umano riuscì ad erigere una barriera di energia che rimandò la sua morte ad una data ancora indefinita.

Ti sei schierato dalla parte sbagliata... Sorrise con un ghigno beffardo alla notte che scendeva in terra per prendere e portare con se qualche buon samaritano, sorrise davanti al suo nuovo nemico.
...e ne pagherai le conseguenze.

Bastò uno schiocco di dita dell' Inferi sententia per far sì che altre ripugnanti creature, questa volta simili a palloni dotati di tentacoli, entrassero in battaglia. Essi si avvinghiarono attorno al demone, nel tentativo di intrappolarlo ed offrire quindi al loro padrone la possibilità di ucciderlo e vendicarsi dell' affronto ricevuto.
Rimase un attimo fermo, ad assaporare il momento di puro piacere che precedeva la dipartita di ogni suo nemico, la soddisfazione di far cadere un ostacolo, il sollevamento provato dopo uno scacco matto.
Il tempo di un battito di ciglio che il mezz' elfo era di nuovo a terra, probabilmente in preda a qualche crisi di strana natura. Illidan lo guardò un attimo, per accertarsi che non fosse morto: il ragazzo sembrava stordito, impaurito. Si guardò intorno nel tentativo di capire chi potesse sferrare attacchi così potenti ma non vide altro che un macabro spettacolo di carne ed arti strappati.
L' ex alleato sfruttò questo suo momento di distrazione per evocare un potente demone intriso di oscurità al fine di mozzargli la testa.
Come se fosse facile
Il guscio dell' Inferi sententia esplose in una risata macabra ed intrisa di odio per lasciare spazio alla vera forma di quello che era un suddito della Nera Regina.
Probabilmente il meno leale.
L' abominio si difese dall' attacco della creatura avversaria aprendo i tentacoli in modo da formare una parabola che bloccasse il colpo di spada.
Tutti riuscirono a vedere cosa si celava veramente dentro di lui, di nuovo. Corpi putrefatti e non ancora digeriti mantenuti in vita da qualche strano organo del mostro, persone agonizzanti che imploravano pietà o intimavano coloro che si opponevano all' Inferi sententia di fuggire, prima di diventare come loro.
Era diventato il protagonista dello spettacolo, senz'ombra di dubbio.
Sapeva come farsi notare, del resto.
Richiuse i tentacoli e derise i tentativi del suo avversario mentre altri esseri uscivano dalla terra per poi dirigersi verso il cavaliere con cui stava combattendo il prete rosso.
Il mezz'elfo si rialzò, indicando lo stendardo che portava uno dei cavalieri.

Distruggetelo. Disse, caricando un colpo della sua fionda verso lo stendardo.
Magari le forze nemiche si sarebbero ridotte con la disfatta di quell' oggetto. Avrebbe lasciato ad altri l' arduo compito di disfarsi di quell' alfiere. I suoi occhi erano solamente per quel demone che aveva osato voltargli le spalle. Gli avrebbe strappato le ossa dal corpo e lo avrebbe divorato come tutti gli altri, lo avrebbe messo insieme al suo inestimabile trofeo.
Avrebbe sentito un' altra forte voce elemosinare una morte rapida, senza altre sofferenze.

Non ora, concentrati. Non riesci a sentire questo suono?

Tum Tum Tum Tum...
Una marcia, di sicuro non erano alleati e nemmeno neutrali. Erano altri korps.
Infestarono la stradina come uno sciame rabbioso, circondando in poco tempo i presenti.
Gli scoti avevano vinto, perfetto. Le perdite di certo non erano minime, ma il presunto coraggio di quegli uomini si sarebbe sicuramente reso utile in futuro. Si ricompattarono, mentre dallo sciame di inconsapevoli api dispensatrici di morto uscì la regina, putrida come la morte stessa.
Era una donna, che di donna era rimasto ben poco se non i classici lineamenti che le contraddistinguono dagli esemplari maschili.

Ecco qui dei pesci troppo grossi, rimasti ormai soli in una pozza che va progressivamente disseccandosi Sorrise, squadrandoli tutti come se fossero dei giocattoli esposti in una vetrina.
Lì indico ed aggiunse un' ultima parola prima di tacere.
Uccideteli.

Sorrise, il mostro. Ancora una volta riscontrò che gli umani tendono ad essere troppo sicuri.
Ancora una volta avrebbe fatto una cenetta con i fiocchi.
Ringhiò, per poi sbuffare.

Devi solo...
No.



Inferi Sententia

CS: Astuzia (1)

Basso 6%; Medio 11%; Alto 22%; Critico 44%



Status fisico: Lievi ustioni su buona parte del corpo (Basso)
Status mentale: Esaltato (Basso)
Energie: 61%
Abilità passive:
I'm a systematic error!!! : Passiva di timore verso non demoni ed energie pari o inferiori (razziale)
»Geneticamente superiore: Capacità passiva di discernimento di illusioni e tecniche psioniche (Mente Lucida I)
Abilità utilizzate:

La pace più sicura sarà all' ombra delle nostre spade
Deus Ex Machina apre i suoi due tentacoli da combattimento e quattro tentacoli meno lunghi per formare una barriera di carne più dura dello stesso adamantio tramite l' utilizzo della forza vitale dei cadaveri assorbiti durante la sua evoluzione nel tempo. Lo "scudo" assumerà la forma di una parabola e mostrerà i corpi delle vittime del mostro ancora in vita i quali potranno parlare, seppur in agonia.
Consumo di Energia:Per utilizzare questa tecnica Deus Ex Machina dovrà spendere un consumo pari a Basso e subire un danno psionico Basso.
Il livello di questa tecnica sarà di un livello superiore al consumo speso dall' utilizzatore, in questo caso sarà considerata di livello Medio

Forgotten threat (x2) :
Deus Ex Machina rilascia spore dalla base del suo corpo, che penetrano il terreno infettando parti di corpo dei deceduti, trasformandole biologicamente in esseri simili a piccoli palloncini imbottiti di sostanza verdastra dotati quattro piccoli tentacoli non lunghi più di trenta centimetri. Questi piccoli mostri cercheranno di immobilizzare la vittima nel tentativo di renderla più facile colpirla. Questi esseri possono essere facilmente distrutti, sono un evocazione di potenza bassa e hanno un livello in meno di energia del proprio evocatore.
Gli arti rimarranno in campo per 2 turni ed appariranno vicini all' evocatore. Le evocazioni vanteranno di 2 CS in forza
Consumo di Energia: Medio

Living Dead:
L' Inferi Sententia, sfruttando le sue spore, può rianimare i caduti in battaglia trasformandoli in vassalli totalmente asserviti al suo volere.
La tecnica ha natura di evocazione e richiama sul campo da uno a tre organismi infetti armati di due lame al posto delle braccia poco più lunghe di un femore umano.
La potenza della somma degli abomini richiamati sarà pari a Basso e di un grado energetico inferiore a quello del proprio evocatore. Resteranno sul campo di battaglia per un totale di due turni, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster.
I mostri evocati saranno gestiti dal caster e non andranno trattati autoconclusivamente. Le evocazioni vanteranno 1 CS in forza ed 1 CS in velocità
Consumo di energia: Medio

Note: Credo che sia tutto riassunto in confronto perfettamente.
 
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view post Posted on 29/10/2012, 23:12
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra




Viaggio in Occidente

La luce attinica di un fulmine spazzò via l'illusione di non trovarci nel cuore pulsante di un Inferno scatenato da creature proveniente dai nostri peggiori incubi.
In quel breve attimo in cui la luminosità della folgore aveva preso il sopravvento sulle fiamme che ardevano attorno a noi, lambendo ogni abitazione o creatura vivente su cui le loro lingue di fuoco riuscivano ad arrivare, il mio sguardo si posò su una costruzione che si stagliava sulla sommità della collina. Per un istante sperai di aver avuto un'allucinazione, ma più il tempo trascorreva e più quell'assurda roccaforte sembrava dominare il paesaggio circostante come se fosse stata sempre presente in queste terre.
Ma le urla dei nostri avversari che inneggiavano il loro “Signore” non concessero alcuna tregua, nessun istante aggiuntivo per cercare di trovare una via di uscita da quella follia.
Eravamo circondati e l'unica nostra speranza era quella di combattere...


...Uniti... Mentre la mia mente formulava quel pensiero, mi resi conto che i nostri avversari avevano trovato una soluzione di comodo per sfruttare il loro nuovo alleato.
Non avevo idea se le sue parole fossero veritiere o semplicemente quel tizio avesse scelto in maniera opportunistica da che parte stare, di certo non gli avrei permesso di portare al termine il compito che gli era stato affidato.
Accanto a Ghin mi preparai a supportare il mio improvvisato alleato contro la furia nemica.
Non si trattava di altruismo, o perlomeno era quello che continuavo a ripetermi ormai troppe volte negli ultimi tempi.
Scossi la testa metaforicamente per snebbiarmi la mente da quei pensieri inopportuni e fuorvianti.
Dovevo focalizzare la mente sul combattimento.
Purtroppo, al momento attuale, non potevamo contare sull'aiuto del popolo degli altipiani, impegnati nella loro battaglia con la massa degli invasori; altro che allettarli con l'offerta di un bel boccale di birra.
A noi, involontari testimoni, che avevamo avuto l'ardire di non soccombere alle lingue di fuoco e al metallo, era stato destinato un altro scenario.
Mentre l'eco della sentenza contro Ghin era stata decretata, il duo di cavalieri non perse tempo con noi, occupandosi di qualcuno che ancora si trovava all'interno della locanda in fiamme.
Una forza di smisurata intensità sembrò abbattersi verso l'edificio alle nostre spalle.
Per quanto l'idea di provare a misurarmi con una tale potenza mi avesse solleticato la mente, mi concentrai su un avversario che non potevo ignorare.
Non chiesi il permesso al ragazzo di ergermi a suo difensore. Probabilmente peccai di orgoglio, ma non c'era il tempo per comprendere se Ghin fosse in grado di fronteggiare una tale minaccia. Non lo conoscevo, era stato il nefasto destino a metterci sulla stessa strada in una serie di sfavorevoli circostanze, ma restare a cercare delle risposte in un tale frangente avrebbe portato ad una prematura morte; evento che avrei preferito procrastinare il più a lungo possibile.
Un muro di forza traslucida si parò sul cammino dell'attacco avversario. L'energia magica che avevo modellato in difesa del ragazzo aveva sortito l'effetto desiderato. Ma non mi sarei limitato semplicemente a reagire ai colpi avversari.
La lama non era riuscita a raggiungere il suo bersaglio, ma questo non significava che il nostro opponente non avrebbe trovato altre vie per portare a termine il suo incarico di morte.
Quello che avevo offerto a Ghin era solo un prezioso istante da sfruttare per reagire.
In qualche modo dovevamo riorganizzarci.
Sebbene non fossimo ancora degni di nota da parte della coppia di cavalieri, dubitavo che questo stato di cose non si sarebbe ribaltato con lo scorrere del tempo.
Dal canto mio potevo cercare di fermare gli impulsi omicidi dello sconosciuto, favorito dalla consapevolezza che anche l'altro giovane al nostro fianco si era schierato dalla nostra parte.
Un aiuto che non potevo, che non potevamo sprecare.
Non si poté dire che concertammo gli attacchi, forse fu solo il nostro desiderio di non soccombere a farci agire in maniera coordinata.
Mentre scheletri e linci evocati dai miei compagni si occuparono di supportare i montanari e di infastidire il duo avversario, io e il giovane di cui ignoravo il nome, ci concentrammo sul tizio appiedato.
Richiamai la magia degli elementi per plasmare un cristallo di ghiaccio che si materializzò davanti per librarsi ad un mio gesto verso la nuova recluta di quel gruppo di mercenari, sfruttando la distrazione offerta da creature tentacolari che sembravano volerlo accogliere nel loro mostruoso abbraccio.
Non ebbi il tempo di verificare che l'attacco fosse andato a segno, perché la mia attenzione si era diretta verso Ghin che sembrava essere preda di qualche incubo.
Lo vidi tremare, ma prima che potessi anche solo provare a scuoterlo, dalle sue labbra uscì un grido strozzato.


Distruggetelo.

Distruggere cosa?
Il mio sguardo si levò in cielo dove il sasso si era trasformato in una civetta che volava sul nostro personale campo di battaglia e come per fugare ogni ultimo dubbio, vidi il suo braccio puntare lo stendardo tenuto da uno dei due cavalieri.

Lo stendardo? Era quella la fonte del loro potere?

I dubbi possono essere una pericolosa minaccia alle sorti di una battaglia e non potevo concedermi esitazioni.
Dovevo fidarmi di Ghin, nelle sue capacità. Glielo dovevo...
Scelsi di dirigere i miei attacchi verso il porta stendardo nella speranza di aiutare il prete dalle vesti rosse che, fuoriuscito dalle macerie di quella che un tempo era la locanda del paese, si stava dedicando ai due cavalieri, supportato da una nuova presenza; un nuovo alleato che si era unito alle nostre fila.
Due schegge di ghiaccio sfrecciarono rapide contro l'alfiere nel tentativo di supportare i colpi dei miei compagni, nella speranza di fargli perdere la presa, ma i cristalli si infransero contro le difese avversarie lasciandolo illeso.

Quel maledetto stendardo.

Ma nulla era perduto, perché dove non arrivarono i miei attacchi, i miei compagni riuscirono ad avere la meglio sui due cavalieri.
Il violento scontro era terminato, la polvere e le ceneri del villaggio in fiamme furono la tomba dei due cavalieri, ma purtroppo per noi quello che ci fu concesso fu semplicemente riprendere per un breve attimo il fiato; il tempo necessario affinché i Montanari si unissero al nostro sparuto gruppetto.
Non era finita. In fondo non mi ero realmente illuso che sconfiggere la prima ondata ci avrebbe permesso di aprirci la strada verso la salvezza.
Nuovi avversari sciamarono attorno a noi, come a voler spegnere quell'ultima fiamma che si opponeva alla loro egemonia.
E quando le fila dei nostri avversari si schiusero per lasciare il posto ad una nuova creatura uscita dalle viscere degli abissi, la cui fisionomia ricordava vagamente quella di una donna, sentii il sangue gelarsi nelle vene.


"Ecco qui dei pesci troppo grossi, rimasti ormai soli in una pozza che va progressivamente disseccandosi."

Chissà... In un altro contesto avrei anche apprezzato il suo sottile senso dell'umorismo.

"Uccideteli."

Perfetto!
Mi sforzai di dominare la paura, di recuperare il sangue freddo.
E nel mentre giurai a me stesso che, se fossi riuscito a sopravvivere a tutto questo, avrei ucciso con le mie stesse mani chi aveva descritto Waulsort come un noioso e tranquillo villaggio lontano dai casini del mondo.



~«Parlato (Umano)» ~«Parlato (Avatar)» ~Pensato

~Kirin, l'umano: CS 2 [Velocità 1, Riflessi 1]
~Zeross, l'avatar demoniaco: CS 2 [Sesto Senso 1, Intelligenza 1]

Stato Energetico: 60%
Energie Consumate nel turno: [Medio (20%), Muro di forza; Medio (20%), Scheggia di Ghiaccio; Medio (20%), Scheggia di Ghiaccio; Medio (20%), Scheggia di Ghiaccio]
Stato Fisico: Una ferita di entità pari a un basso distribuita sulle zone scoperte dalle vesti, causata da scottature e abrasioni.
Stato Psichico: Determinato

~Passive

Telecinesi

Presenza Demoniaca

La Via della Magia [Arcanismo I+II]

~Tecniche Utilizzate:

Muro di Forza: Personale Variabile [Energia Verde]
Attraverso la manipolazione della arti arcane sono in grado di elevare a mia protezione una barriera di forza invisibile.
Note Tecniche: L'incantesimo è difensivo.
Tecnica di natura magica.
Consumo di energia: Variabile

Cristallo di Ghiaccio: Pergamena "Scheggia di Ghiaccio"
L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di manipolare l'energia elementale del ghiaccio per dar vita ad un affilato cristallo dell'elemento in questione. Il cristallo fluttuerà attorno all'incantatore, per poi essere diretto a grande velocità contro la vittima.
Note Tecniche: Il Cristallo di Ghiaccio ha potenza Media e provocherà danni Medi al bersaglio.
Tecnica di natura magica, elemento ghiaccio.
Consumo di energia: Medio

~Equipaggiamento

Dragon Cross Rose: Flintlock 3/3

Lama Azzurra: Schiavona

Oggetto di Background, Puppet


~Osservazioni: Vedere in confronto: Link1 e Link2

 
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view post Posted on 30/10/2012, 16:45




« FALKENBERG!!! FALKENBERG!!! FALKENBERG!!! »

Un’unica, grande voce riecheggiò nel paese sventrato dagli emissari di qualcuno che rispondeva al nome di Falkenberg. Ognuno dei predoni rivolse il proprio sguardo verso il cielo nero come pece, e anche il demonio dai capelli scarlatti si ritrovò a imitarli. Rimase a guardare senza pronunciare nessuna parola, attendendo qualcosa di indefinito. Vedeva la luce esplodere nel cielo, udiva rumori assordanti provenienti da chissà dove, sapeva che presto sarebbe giunto il male. Da qualche parte si erse una costruzione gargantuesca e diabolica, simile a una torre di Babele che non mirava a raggiungere la volta celeste ma affondava le proprie radici nel più profondo degli abissi. Per Chevèl quella era un’autentica caverna delle meraviglie, la roccaforte dove dimoravano le tenebre, era attratto e allo stesso tempo spaventato da quella dissacrante creazione. La fine era veramente vicina, anche questa volta l’Arcidemone aveva fatto la scelta migliore. « Portami la sua testa » disse il Reiter al fianco del diavolo. Chevèl sorrise sinceramente, voleva solo questo. Se solo si fosse accorto di quanto fosse triste. Nei suoi occhi scuri c’era soltanto il perverso desiderio di distruzione incontrollata, di uccidere e stuprare. Nient’altro al di fuori del male, di umane aveva solo le sembianze. « Uccidilo. Guadagnerai ali di corvo, una nuova esistenza ed un padrone degno » ascoltò lentamente quelle parole e ne fece tesoro, poi un passo.

Uccidere? Non avrebbe esitato a farlo. Libertà? Davvero gliel’avrebbero data?
Nuova esistenza? Migliore della precedente? O peggiore? Padrone degno? Lui serviva solo se stesso.
Fece un altro passo verso l’elfo. Un altro passo contro ciò per cui aveva combattuto. Un altro passo contro ciò che era stato. Un altro passo verso la dannazione. E i loro sguardi si incrociarono, quello del diavolo era glaciale: non avrebbe mai provato rimorso. Le iridi del colore della notte sembravano illuminate da una luce sinistra, l’Arcidemone ghignava mentre il suo sortilegio ghermiva la mente del giovane elfo. L’oscurità che proveniva dalla sua anima corrotta iniziò a materializzarsi nelle immediate vicinanze di Chevèl, una promessa di morte, un giuramento che avrebbe firmato con il sangue. Al contatto con la sua mano, le tenebre si piegarono su se stesse fino ad assumere la forma di una spada. Strinse l’elsa e fece un altro passo. L’ultimo passo. Sollevò l’arma d’ombra e in quel momento sentì l’adrenalina riempire il suo corpo, già immaginava la testa dell’albino rotolare nella terra. Calò la spada, si sentiva maledettamente vivo. Ma la gioia durò poco, e in poco tempo l’esaltazione e il delirio cedettero il passo alla rabbia. La spada impattò contro qualcosa di invisibile, disintegrandosi insieme all’effimera sensazione del demonio di avere la propria vittima in pugno. L’elfo e Illidan senza pensarci due volte utilizzarono le loro conoscenze arcane per dare vita a bestie e non-morti, Chevèl li maledì silenziosamente. Osservò gli Scoti farsi coraggio, ma prima che potesse fare qualcosa, il diavolo venne afferrato da decine di esseri ripugnanti. Provò a liberarsi invano dalle creazioni di Illidan, imprecò nel vedere un ragazzo, probabilmente uno stregone, scagliargli contro un cristallo di ghiaccio. L’Arcidemone vide lingue cremisi scivolare sul ghiaccio. Il suo sangue, il suo dolore. Quel cristallo non aveva leso organi vitali, ma fa provocava comunque dolori indicibili. La sua umiliazione, la sua sconfitta. Rimaneva lì, nel suo ventre grondante sangue e tenebre. Non la loro. Gli abomini generati dallo scagnozzo di Rekla lo trattenevano, ma non aveva paura. Aveva affrontato la morte tante volte ed era sempre fuggito dalla sua falce, e anche adesso avrebbe trovato il modo per uscirne vivo. Improvvisamente una forza sconosciuta lo travolse, scariche di adrenalina tornarono a impossessarsi del corpo del diavolo. Aveva sete di sangue e vittoria, bramava la morte ed essa sarebbe giunta implacabile come una sentenza di morte. E lui ne sarebbe stato giudice e boia allo stesso tempo. Prese una pietra nera nascosta nelle sue tasche e la protese verso l’alto, come per mostrare alla notte una cosa più oscura di lei. Presto, molto presto, tutti loro avrebbero conosciuto la vera paura. La pietra si sollevò dalla mano del demonio, iniziò a ingigantirsi una volta superati i venti piedi di altezza, una sfera sinistra che pendeva sui presenti come una spada di Damocle. Si potevano vedere mani spingere verso l’esterno, a un comando dell’Arcidemone il ventre di tenebra partorì il proprio figlio maledetto. Il guerriero d’ombra scrutava dall’alto Illidan con i suoi occhi neri, rispondeva a un solo comando.
« Uccidi »

La grottesca creazione di Chevèl volò in picchiata impugnando la propria spada, il diavolo credeva che se Illidan si fosse concentrato su qualcos’altro avrebbe perso il controllo su quei mostri. Com’era prevedibile l’offensiva del guerriero d’ombra venne resa vana dal demone dei tentacoli, ma nonostante questo le aberrazioni di quest’ultimo erano ancora in grado di fermare il rosso. A mali estremi, estremi rimedi. Chevèl strinse i denti e iniziò a muovere disordinatamente i propri arti, alcuni mostriciattoli volarono via, quelli più forti invece vennero schiacciati lì dove si trovavano. Infine afferrò il cristallo ancora infilzato nel proprio corpo e lo staccò per poi scagliarlo lontano, barcollò per qualche tempo e poi cadde in ginocchio. La morsa del dolore tornò a ghermirlo, ma lui non si era dimenticato del suo vero bersaglio. Fissò Ghin, l’elfo, il prezzo da pagare per l’evoluzione. Dalle viscere della terra fuoriuscirono arti inumani, braccia fameliche di sofferenza, mani create per distruggere e non per costruire. Si mossero all’unisono, un solo scopo: distruggere l’albino. Tagliarono, squarciarono ma non uccisero, i riflessi dell’elfo l’avevano salvato da una morte certa. Per lo meno era ferito. Ma lo era anche l’Arcidemone. Udì la voce di uno degli Scoti, alzò lo sguardo e vide il guerriero sbarazzarsi di uno pochi reiter rimasti. Per un momento Chevèl credette di essersi schierato dalla parte sbagliata, ma quando decine e decine di figure emersero dalle tenebre, il demonio gioì. Si alzò a fatica tossendo sangue, il suo dolore non aveva più importanza: aveva vinto.
« Ecco qui dei pesci troppo grossi, rimasti ormai soli in una pozza che va progressivamente disseccandosi »
Disse una voce vagamente femminile, l’unica voce che non fosse un gemito di dolore.
« Uccideteli »

Avevano vinto.

CHEVÈL
archdemon of lust

FORMA UMANA

c o n s u m i
[5] [10] [20] [40]

c s f o r m a u m a n a
4 [Agilità]

c s f o r m a d e m o n i a c a
4 [Astuzia]


Energia 40% ; Stato Fisico lievi ustioni sparse (basso) squarcio sul ventre (medio) ; Stato Mentale perfetto

Passive

- trascendere la forma -
Carne resistente come l'acciaio, armatura naturale. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere i sensi -
Visione nel buio, a meno che questo non sia di natura magica o illusoria. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere l'esistenza -
Immortalità, l'unico punto debole è la lingua. Passiva del dominio vampirismo.

- i am your deepest fear -
Tutti - esclusi i demoni e coloro che hanno un'energia superiore a quella di Chevèl - provano timore nei confronti dell'Arcidemone. Razziale degli avatar demoniaci.

Attive

- the hands -
Al contrario, se conscio della sua superiorità si butterà in campo aperto, Chevèl potrà sfrutta l’oscurità per combattere, liberandola e donandole la forma che desidera; rimarrà comunque una materia densissima del colore della pece, di elemento magico. (Variabile)

- i am your worse nightmare -
I suoi occhi potevano renderti schiavo della sua volontà perversa, trasportarti in un limbo di incubi e desolazione. Poche persone si erano salvate ed erano riuscite a raccontare gli orrori vissuti. Credevano di morire, volevano morire o erano precipitati negli inferi? Non lo sapevano, in quei pochi attimi sentivano un forte mal di testa e non riuscivano a rimanere lucidi, prigionieri di un mostro dalle sembianze umane. I pochi che non erano impazziti dicevano che i suoi occhi emanavano un’energia sinistra, in grado di irretire la loro mente, di debilitarli come potrebbe fare una malattia. (Medio)

- embrace the darkness -
Ma come fare a risvegliare la terribile creatura che si cela sotto le false spoglie della pietra nera? L'oscurità reagisce alla forza di volontà delle creature che la abbracciano, plasmando se stessa e modificandosi per soddisfare al meglio coloro che si affidano al suo potere. Immettendo un consumo Alto di energie nella pietra, questa inizierà lentamente a mutare: abbandonerà la consistenza solida per accrescere in grandezza e assumere la forma della creatura che era prima di cadere nel torpore millenario. Un mostro d'ombra dalla forma umanoide, dotato di ali per volare e una rozza lama oscura. Questa creatura possiederà 2 CS in Forza e 2 CS in Velocità, e rimarrà sul campo di battaglia per ben due turni attivi. Naturalmente un mostro simile, riuscito a raggiungere la sua forma completa, non sarà indifeso: esso sarà connesso al cuore del suo padrone, potendo quindi utilizzare liberamente ogni sua tecnica purché faccia uso della sua riserva energetica. Potrà subire un danno pari a Medio prima di dissolversi, ma sarà quasi immune alle tecniche di elemento oscuro poichè potrà considerare il loro danno di un livello inferiore. Al contrario però, le tecniche di elemento sacro se andranno a segno avranno effetti devastanti e causeranno danni di un livello superiore.

- i am the one who bring the sin -
Durante i combattimenti non si faceva scrupoli a evocare i corpi dei defunti come scudo, facendo leva non solo sulla protezione da loro offerta, ma anche sulla morale dei suoi nemici che non volevano di certo colpire i loro conoscenti. Un altro tecnica che era solito utilizzare consisteva nel richiamare dalla terra le braccia dei cadaveri, sia per difendersi che per strangolare gli incauti. (Medio)



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Nulla da segnalare.

 
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view post Posted on 31/10/2012, 14:15
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Esperto
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Uno, due, tre colpi. Le lame avevano tagliato legamenti, erano penetrati nella carne facendo sgorgare via la vita dal corpo di quel mostro. Eppure qualcosa non andava: il pericolo rimaneva tangibile, e quella sgradevole sensazione non accennava ad andarsene. Non credevo certo di trovarmi in un posto sicuro, ma la Bestia mi avverte quando la preda viene uccisa, e questa volta non lo aveva fatto. Di nuovo, la polvere da sparo.
Mi voltai verso un mucchio di barili ad una decina di metri di distanza. La canna scintillante del fucile era puntata nella mia direzione, ma un colpo simile era mille volte più prevedibile del precedente. E non mi sarei certo fatto colpire due volte allo stesso modo. Uno scatto in avanti, la schivata repentina del proiettile. Un sorriso beffardo comparve sul mio volto dopo aver scrutato il suo stupore. Mi ritrovai alle sue spalle.

Sei già morto.

Un cadavere ancora vivo, nulla di più. Come prima un calcio al fucile. La Bestia urlò, e la paura di Einstürzen salì alle stelle. Era piacevole sentire una sensazione simile. Un tempo il Sanguinario avrebbe giocato con lui. Lo avrebbe fatto soffrire, gli avrebbe fatto implorare la pietà di una morte veloce che non sarebbe arrivata. Ma il Sussurro non poteva perdersi in giochi simili. Un colpo secco per recidere la testa dal corpo, nulla di più. Ma l'ultimo trucco di Einstürzen era ancora in atto. Un sibilo chiaro e ininterrotto, un proiettile che non si era mai fermato e che aveva semplicemente cambiato direzione. Utile certo, se ci fosse stato qualcos'altro a distrarmi. Un altro scatto. Fine dei giochi.

La traccia era ancora presente, e i clan delle montagne sembravano quasi divertirsi in mezzo a quell'inferno. Sentivo le urla della battaglia vicine, e se il compito del mercenario era quello di rallentarmi fino alla loro morte, aveva fallito. Ero pronto per continuare la mia corsa: superata l'ultima linea di abitazioni sarei arrivato dai miei alleati, quando un tuono cupo e prolungato annunciò l'avvento della fortezza.
Preso com'ero dal duello non aveva ancora attirato la mia attenzione nonostante fosse enorme. Più alta di qualunque fortezza, riusciva ad apparire minacciosa soltanto grazie alla sua sagoma. Rottenhaz, la gargantulesca fortezza del beccaio.
Non l'avevo mai vista personalmente: durante il mio incontro con Viktor ancora non era stata costruita, e inizialmente misi a tacere tutte le voci riguardanti una fortezza semovente e viva. Pensavo fossero fandonie fino a quando le prove non divennero sempre più concrete e gli avvistamenti più frequenti. I Sussurri fuggivano impauriti alla sua vista, senza riuscire a scoprire se quel luogo fosse animato da tecnologia, magia o altro.
Qualcuno diceva anche che vederla trasformava in creature mostruose e fedeli al beccaio. Speravo fosse solo una voce popolare come tante altre.
Se Lei era lì, allora Viktor era più vicino di quanto temessi.
Dovevo recuperare i miei alleati e uscire in fretta da quell'inferno.

Di nuovo il rampino. Di nuovo sui tetti.
Era il modo più veloce per arrivare a destinazione: in meno di un minuto osservai il vicolo e tirai un sospiro di sollievo. Non era un massacro, ma una battaglia.
C'erano diversi gruppi che combattevano a vicenda, ma fra questi era impossibile ignorare la carica furiosa dei selvaggi. Erano loro senza alcun dubbio. Non sembravano cavarsela male, e la superiorità numerica di certo li aiutava non poco, eppure c'era qualcosa di strano. Il loro spirito, l'anima dei Korps non era normale: gli uomini a cavallo sembravano avvolti da una strana aura che li unificava in modo simile a come faceva Eun Ryu per schiacciare i ribelli ai suoi piedi. E lontano da questi, un'aura simile proveniva da un semplice stendardo sorretto da un araldo a cavallo. Era lui che dovevo colpire per aiutarli.

Potevo sfruttare la mia posizione in tanti modi, magari sperando di passare inosservato data la forsennata battaglia. Frugai all'interno del mio impermeabile fino a trovare ciò di cui avevo esattamente bisogno. Una piccola biglia bianca. Con violenza la gettai ai piedi del cavallo che montava l'araldo, e in seguito al grande bagliore luminoso questo si imbizzarrì disarcionandolo. Fortunatamente non ero stato il solo a capire la causa della forza dei cavalieri: un ragazzo lo aveva provato a colpire con una scheggia di ghiaccio, mentre un grosso felino si gettò senza esitazione sul cavallo.
Dall'alto della mia posizione utilizzai nuovamente il rampino: un colpo veloce e ben mirato bloccò l'uomo dei Korps, che fu costretto a lasciar cadere lo stendardo. Grazie al meccanismo venne trascinato rovinosamente verso il muro della casa su cui mi trovavo. Mi lasciasi semplicemente cadere su di lui.
L'impatto gli fracassò la gabbia toracica.
Le mani gli ruppero istantaneamente l'osso del collo.

Urla dai selvaggi. Forse avevano vinto quella battaglia. Forse c'era speranza di uscire vivi da quell'inferno e riorganizzarci per bene. Ma una figura si rivelò a capo di un plotone di korps. Eravamo circondati. Eravamo gli unici superstiti all'assedio. E la netta inferiorità numerica unita all'ultimo ordine della donna non voleva dire nulla di buono...





Riassunto Post
Capacità Straordinarie: 6 - Rapidità: 3 Forza: 2 Percezioni: 1
Energia: 52%
Status Fisico: Danno medio + basso da proiettile al ventre.
Passive Utilizzate: visione notturna e attraverso nebbie e simili; auspex sensoriale; pelle coriacea; immortalità tranne se soffocato; capacità di osservare l'anima delle persone; capacità di percepire le bugie; capacità di compiere acrobazie e movimenti fuori dall'ordinario; conoscenza degli eventi all'interno del Clan Toryu; risparmio energetico del 3%; non sviene sotto il 10%. di energie

Attive Utilizzate:
Sfugge ai Pericoli [Variabile di scatti difensivi] x2 ad Alto.
Non è raro osservare i felini accucciarsi per puntare una preda. Fermi, stoici. poi, veloci e improvvisi, lo scatto inaspettato. Il Sanguinario possiede il potere della Bestia, che ha potenziato il suo corpo allo stesso modo degli animali da cui trae l'essenza. Kuro sarà in grado di compiere scatti incredibili e improvvisi con qualunque parte del suo corpo. Spendendo un consumo variabile di energie infatti sarà in grado di compiere un movimento poderoso, capace di evitare le insidie più pericolose e tecniche di livello pari o inferiore.

Minaccia col Ruggito [Pergamena Urlo di Guerra]
Sarebbe da sciocchi pensare che un uomo col potere del Felino non sia in grado di replicare alla perfezione la più alta espressione della loro minaccia: il ruggito. Kuro è in grado di utilizzare questa tecnica, rendendola molto più eclatante date le dimensioni del suo corpo: spendendo un consumo basso di energie sarà in grado di sferrare un vero e proprio attacco psionico tramite questo verso, che trasmetterà in chiunque lo venisse a sentire un lieve giramento di testa e una sensazione di stordimento, che daranno al predatore quei pochi attimi necessari per attaccare senza preoccuparsi di una difesa improvvisa.

I'm five steps ahead of you ["Grab" del rampino]
Con un consumo Medio essa potrebbe essere lanciata verso il nemico. Con forza i suoi artigli tenterebbero di avvinghiarsi ad esso, alla sua armatura, ai suoi vestiti, al suo corpo e di trascinarlo in avanti, con un’attrazione forza Media. Quale che sia il peso o la mole del nemico, egli verrebbe trascinato e, se non si opponesse in alcun modo alla tecnica, rischierebbe di rovinare a terra a pochi passi dal lanciatore. L'attacco causa danno fisico pari al consumo.

 
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Yomi
view post Posted on 28/11/2012, 20:33




Territori Occidentali
— Waulsort, città in fiamme —
Kami e Samurai

Le luci aranciate dei roghi bagnavano le vie con un’atmosfera onirica, e là dove il tocco del fuoco disegnava ferite scarlatte nel legno e nere cicatrici sulla pietra, l’unico suono che rendeva reale l’incubo sotto quel cielo denso di fumo era il crepitante ruggito delle fiamme, a cui facevano da contrappunto solo alcune rade esplosioni e i crolli degli edifici, già consumati fino alle loro ossa di malta e legno.

Nemmeno il suo stesso respiro affannoso le giungeva con chiarezza, e mentre lottava per risollevarsi e continuare a dare battaglia, Motoko Aoyama si domandò se a prendere la sua vita sarebbero stati gli uomini di Falkenberg o -ammettendo di riuscire a soverchiarli- piuttosto le ferite o il fuoco, in balia del quale sarebbe rimasta una volta esaurite le forze... tuttavia, ricadde in ginocchio prima ancora che l’intenzione sembrasse un tentativo, poiché ad ogni movimento il profondo taglio che le era stato inflitto alla spalla pulsava dolorosamente.

Lo sguardo le cadde su due compagni difensori, svenuti proprio al suo fianco, e mentre un suono di strappi umidi si dispiegava ai margini della sua coscienza, la ragazza sollevò lo sguardo con determinazione -non ancora disposta ad arrendersi- perché i nemici non la trovassero sconfitta.

fafdsfdsaas
« T... tu? »
in un moto di genuina sorpresa, Motoko si portò una mano sul petto

Davanti a lei, in piedi in mezzo ai cadaveri dei Falkenberg, stava una ragazza... e quel suo aspetto umano -fittizio, lo sapeva- che avrebbe in altre circostanze trovato rassicurante e familiare le parve quasi demoniaco, trasfigurato com’era dal sangue che la imbrattava da capo a piedi e dai chiaroscuri ondeggianti e spettrali che le innumerevoli pire proiettavano sul suo volto.

« Io. »
replicò Hazuki, caricando quella sillaba di sarcasmo

« Come hai...? »
principiò interdetta guerriera, per poi trasecolare allarmata
« Dovevi... dovevi essere con Lady Konoka!!! »

« ...Giuro che la prossima volta ti lascio crepare. »
sibilò il Kami, fissandola con la solita insofferenza negli occhi verdi

« Che cosa??? »

« Niente. Dormi, vah. »

Accantonando la questione con un tono a metà tra l’ironico e lo stizzito, la creatura dai capelli verdi si piegò sull’amica e, dopo averla malamente afferrata per un braccio -sobbarcandosi anche del peso degli altri due uomini privi di sensi-, diresse i suoi passi lontano da quel campo di battaglia trascinandoseli dietro con poca cura o nessuna.

« Hazuki!! Cosa stai facendo??? »
protestò Motoko, divincolandosi e tentando di rimettersi in piedi sulle proprie gambe
« Noi dobbiamo... »

« Noi niente. »
l’interruppe bruscamente il drago, rivolgendole da sopra la spalla un sorriso ferale
« Io con questo casino ho ben poco a che vedere.
Tu invece devi combattere la tua fottuta guerra, quindi chiudi il becco.
»
i canini ben pronunciati mostravano una crudeltà più animalesca del solito
« Ti porto dagli altri. »

« Gli altri...? »
chiese confusa la ragazza
« Gli altri eredi dei grandi casati? »

Una grassa risata fu la prima risposta che ottenne.

« Gli altri idioti che vanno ad assediare il fottuto Castello Nero, stupida Aoyama. »


Territori Occidentali
— Waulsort, città in fiamme —

Per quanti ne facciate fuori, non c’è niente da fare: i Falkenberg sono troppi, e ben presto vi ritrovate accerchiati da quell’orda brulicante; certo, ciò non basta a persuadervi a deporre le armi, ma prima che possiate prepararvi ad affrontare una nuova ondata, qualcosa catalizza la vostra attenzione al di là di quel muro di uomini.

A sovrastare il crepitio delle fiamme -che ormai divorano tutta la città- è il suono sempre più vicino delle ruote di un cocchio lanciato a grande velocità, e non passa molto prima i vostri occhi siano in grado di scorgere la portantina in stile tipicamente orientale che emerge dai banchi di fumo denso ed acre, generatisi dagli incendi; si tratta di un risciò trainato da quattro servitori appiedati, e la loro corsa si arresta oltre l’anello d’accerchiamento.

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Come una sola entità, i quattro lasciano all’unisono i loro posti al traino per disporsi in ginocchio ai fianchi dello scalo, ed è da lì vedete scendere un uomo abbigliato come un samurai -col volto nascosto dalla larga falda di paglia del sugegasa- insieme ad una fanciulla di cui distinguete a malapena la silouhette al di là dei paramenti sacerdotali che scendono a velarle il viso.


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« Nobile Mikado, posso rimuovere la benda adesso...? »
chiede la ragazzina, con voce delicata come quella di un uccellino

« Siate paziente, Lady Konoe. Non ci vorrà molto. »
garantisce rispettosamente Souzaemon, prima rivolgersi a voialtri
« Vi chiediamo scusa per l'imperdonabile ritardo, nobili guerrieri,
e vi ringraziamo per essere accorsi in difesa di queste terre.
»

Quelle parole aleggiano ancora nell’aria quando altri uomini d’oriente fanno la loro comparsa, aprendosi a ventaglio attorno alla coppia, e mentre dai Korps si levano risate di scherno frammiste a fantasiosi insulti variamente assortiti, la donna dal volto sfregiato in testa alla masnada di mercenari si fa avanti tutt’altro che intimidita.

« Altra carne per il macellaio, pare. »
grida Hilsa Makoved, per aizzare i suoi
« ...e che rarità: sangue nobile, come non se ne trova per molte leghe. »

Per tutta risposta, il samurai albino le rivolge un breve inchino.

« Con permesso... »
esordisce, sollevando la destra a mostrare una corposa risma di o-fuda
« ...io e questi uomini prendiamo commiato. »

« Non fai più ridere, scimmia dell'est. »
le risate sguaiate della donna si interrompono all’istante, lasciando spazio alla collera
« Sarò io stessa a piazzare la tua testa su di una picca. »

Non degnando del minimo peso la minaccia che gli è appena stata rivolta,
Souzaemon si rivolge a Konoka.


« Lady Konoe, adesso potete rimuovere il sigillo. »

Con una compostezza che tradisce un certo sollievo, la ragazzina porta le mani al viso, e non appena le dita bianche e affusolate sciolgono l’intreccio della benda, gli o-fuda vengono rapiti e sparpagliati ovunque da un vento fantasma: aleggiano leggeri come fiocchi di neve, e come pigri uccelli si librano nell’aria senza seguire apparentemente alcuno schema, eppure... eppure, quando infine si adagiano al suolo, la loro moltitudine ha composto la figura di un pentacolo.

Nessuno ha tempo di realizzare cosa sta succedendo prima che lo spettacolo cominci, e sotto molte paia di occhi attoniti la pavimentazione della città trasfigura in un unico ed intricato arabesco di glifi arcani e circoli di potere; quando tutto quel potere esplode, lo fa in un biancore accecante.


« La fortezza...! »

Così gracchia Hilsa Makoved, contemplando con occhi sgranati il piazzale deserto dove un attimo prima erano ammassate le sue prede, prima di voltarsi snudando la spada e puntandola in direzione delle montagne... dove si erge la tetra sagoma della roccaforte di Viktor Von Falkemberg.

« A ROTTENHAZ!!! »
ordina con un tono che non ammette repliche o incertezze
« MUOVETEVI, CANI, AI CAVALLI!!! »

Ma questo voi non potete sentirlo, perché il mondo è già svanito ai vostri occhi
in un lampo di luce.

 
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Lenny.
view post Posted on 28/11/2012, 21:29




Rakuen ~


La luce svanisce nel nulla di in un fugace istante, così come è apparsa.
Lentamente, cautamente, a voi nobili guerrieri non resta che aprire gli occhi.
Niente più villaggi in fiamme. Niente più uomini –mostri- di ferro assetati di sangue. Vi si erge innanzi un torrione simile al braccio nero di un gigante proteso ad artigliare il cielo notturno. Un cielo che riflette bagliori sanguigni, riflessi di incendi non troppo distanti. Oltre il torrione, due temerari anelli di mura di cinta ricurve racchiudono altre due torri -più basse rispetto al torrione principale. Finestre a sesto acuto, pilastri di granito, tetti così alti che si perdono tra le ombre.
Il cortile interno della fortezza in cui vi ritrovate tutti assieme è stranamente silenzioso. Il vento sussurra fra le sue strutture deformi; voi siete solo degli intrusi, persi in una terra brulla color cenere, circondati da catapulte, balliste, porcospini, pezzi d'artiglieria da dodici, e da ventiquattro libbre. Roba per mantenere un intero plotone, per invadere le terre degli uomini. Eppure dei soldati, dei mostri che devono abitare in quella decadente solitudine nessuna traccia, come se apposta non facciano alcun rumore. Gli occhi, le orecchie e le spade della fortezza devono essere impegnate altrove al momento –e voi dovreste immaginare bene dove.
Ma in questi lunghi istanti è come se la sola fortezza, svuotata dai suoi abitanti, con i suoi mille occhi e orecchi, sentisse la presenza degli intrusi.
E tutto quel che vi resta è una scelta.
Risalire i dieci gradini di basalto erosi dal tempo sino al nero portone principale. Violarlo. Sfidare la fortezza -e qualsiasi cosa si nasconda all'interno.
O voltare le spalle a questa follia. Cercare -quantomeno cercare- una qualche via di fuga.
Per scoprire che i cancelli sono chiusi, e voi siete topi in trappola.

Scusate il post scritto con una fretta inaudita, prometto non accadrà più. Finalmente dopo un sacco di complicazioni burocratiche siamo riusciti a mandare avanti la quest che -dal prossimo turno- riprenderà il suo corso naturale. Ma veniamo a noi.

l'apparizione di Konoe e Mikado nel campo di battaglia non è casuale. A seguito di un istantaneo lampo di luce bianca i vostri personaggi vengono letteralmente teletrasportati nel cortile interno di -indovinate un po'?- il fulcro del potere dei Korps scoperto dal famiglio di Ghin, ovvero RotteNhaz. Il potere della sacerdotessa non si limita a questo: quando vi risveglierete, infatti, vi ritroverete con le energie completamente risanate (tutti al 100%) e le ferite riportate in quest dimezzate. In questo turno di passaggio relativamente semplice, quindi, vi limiterete a interagire tra voi (potrete fare anche più di un post a testa se volete), esplorare il cortile interno -vuoto, nulla di speciale oltre ciò che è stato descritto nel post- . Cercare una via di fuga alternativa è fuori discussione: i cancelli sono chiusi.

Non vi resta quindi che terminare il turno varcando la soglia principale. A tal proposito specificate in quale ordine procedete e la posizione del vostro personaggio rispetto agli altri. Turno semplice e banale per riprendere in mano la quest -che si trova a metà- e vedere chi è ancora presente tra i partecipanti, quindi tempi di risposta veloci. Entro Venerdì 7 Dicembre voglio tutti i vostri post pronti, sperando che siate ancora tutti presenti. Altrimenti i vostri pg usciranno dalla quest senza alcuna ritorsione.
 
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Andre_03
view post Posted on 1/12/2012, 15:02




"Signore, concedimi la forza" implorò Sallahro, tra le fiamme.
Era circondato da bravacci ghignanti come belve rognose, maldestri nei movimenti almeno quanto erano rugginose le loro armature e spade, ed asce. Qualcuno di quei soldati brandiva picche o balestre. Altri pesanti martelli da guerra. Ne aveva abbattuti diversi, ciascuno dei quali era carne da macello per indebolirlo in vista di avversari più forti, come la donna che li comandava berciando ordini in disparte. Nella confusione gli era parso di udire un nome, che illuminò ogni pensiero proiettando ombre tetre sul muro della sua mente: Falkenberg. Conosceva il Beccaio, infame come pochi al mondo. Usurpatore fallito al Clan Goryo, danzatore nel Valzer del Crepuscolo e minaccia per le genti di ogni luogo, in Asgradel. Si diceva possedesse una fortezza errante; un castello in grado di torreggiare oggi sull'Erydlyss, domani tra le profonde paludi dello Xuaraya. Voci, leggende, miti circondati da un alone di terrore.
Ecco perché lord Shivian l'aveva mandato così a nord: Sallahro doveva trovare Falkenberg e ostacolarlo.
Una missione che era destinata a fallire: la sua danza proseguiva fluida e letale, ma il peso della stanchezza cominciava a incombere, gravoso, su di lui. Non avrebbe resistito ancora a lungo.

« Crepa, cane! »

Gracchiò un armigero alla sua sinistra, riportandolo bruscamente al mondo reale.
Scivolò sinuoso per evitare l'ascia del soldato, e mosse il braccio della spada in un arco ascendente. Rapido come un colpo di frusta ben assestato, mozzò di netto un arto al nemico tra urla e maledizioni. Quindi sferzò l'aria una seconda volta, ad infilzare la gola del malcapitato lordandosi ancora di sangue e accompagnando i gorgoglii convulsi del moribondo con un calcio, per liberare l'arma dal cadavere.
Quando stava per voltarsi a fronteggiare l'ennesimo nemico nel marasma generale - uomini del settentrione e ragazzi della taverna duellavano lì intorno tra le fiamme, e il fumo dell'incendio - un rumore lo distrasse. Rombo costante di carriaggi in movimento, sempre più forte. Soverchiò ad un tratto il clamore della battaglia e la mise a tacere: un cocchio trainato da uomini si fermò nel piazzale rosso dai fuochi e dal sangue.
Un cavaliere si fece avanti e discusse con la strega orba, in toni piuttosto pacati per le circostanze.
Sallahro non riuscì a udire le parole della conversazione, ma vide una donna emergere dalla portantina; pareva bella, e fragile, nel suo lungo abito cerimoniale. Mormorò poche parole, poi accadde l'impensabile.
Una luce immensa, stupenda risplendette nella notte,
assorbendo Salla nel suo divino chiarore.

[...]

Strabuzzò gli occhi per il riverbero e si portò una mano alla fronte, istintivamente.
Quando le pupille si abituarono nuovamente all'oscurità notturna, Sallahro non riconobbe il piazzale in cui si trovava. Attorno a lui scorse arieti, baliste ed altri macchinari da assedio. Non vi era traccia dei soldati di Viktor von Falkenberg, né dell'incendio che divampava tra le case di Waulsort. Le sole persone che vide furono alcuni astanti della taverna, e l'uomo accorso in loro aiuto. Alzando lo sguardo al cielo notò il rossore del rogo, trafitto da torrioni neri come la pece e comprese di non trovarsi più nella cittadina - ma nemmeno di esservisi allontanato troppo.
Abbassando le lame notò inoltre che il corpo pareva rinvigorito - senza più alcun dubbio - dal sortilegio operato dalla fanciulla. Le costole gli dolevano assai meno ed il torpore pareva quasi svanito.
Rinfoderò l'acciaio e si scosse la cenere di dosso, ringraziando il Signore per quel miracolo.
Nemmeno ebbe il tempo di formulare un'adeguata invocazione, che il suo sguardo ocra e porpora cadde su uno stemma dipinto malamente sopra un carriaggio: era lo stesso simbolo che i briganti ostentavano a Waulsort, prima di darla alle fiamme. Comprese, serrando lo sguardo e la mandibola in una smorfia di ansia e preoccupazione.

« Rottenhaz » mormorò a mezza voce, con amarezza.
"Il ventre della bestia assetata di sangue umano."

Nel suo intimo allora pregò il Dio rosso, perché quella notte sarebbe stata tra le più oscure e gravide di orrore
su cui Sallahro m'qahor avesse mai potuto vegliare.


corollario


condizioni fisiche tumefazioni Medie diffuse su tutto il corpo; ulteriore contusione Bassa al torace;
condizioni psicologiche ottimali;
energie residue 100%;

equipaggiamento 6x spade (2x infoderate - 4x nascoste nella veste); veste rossa (indossata);

capacità speciali maestria nelle armi (4CS); velocità (1CS); agilità (1CS); intelligenza (1CS);
abilità passive qualsiasi oggetto diventa un'arma se impugnato come tale, il personaggio può tagliare le armi nemiche, le sue ferite causano sanguinamento passivo (Danza dell'acciaio); il personaggio non sviene al 10% di energie, resiste alle alte e basse temperature, non ha normale bisogno di mangiare o dormire e resiste alla fatica, i suoi consumi energetici sono ridotti (Benedizione della luce e del fuoco); la veste può nascondere fino a quattro armi al suo interno, e non produce suoni (La veste rossa);
abilità attive -

-------------------------------------

note ho dimezzato, come da indicazioni, i danni riportati da Sallahro. Riguardo le varie ferite non tecnica, ho considerato praticamente annullato il loro impatto sulla condizione fisica. Ciononostante non mancherò di menzionarle in gioco, per coerenza interpretativa. Non è il migliore dei miei post, ma da qualcosa si deve pur ricominciare.

resoconto azioni molto semplicemente, Salla riesce a formulare delle ipotesi sulla situazione basandosi sulla sua esperienza e sul suo intelletto (CS in intelligenza). Sentito il nome di Falkenberg (le cui gesta sono celeberrime a Taanach, e non solo) e visto il sortilegio, sospetta che il luogo in cui si trova potrebbe essere la fortezza di Rottenhaz.
 
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Ephemeral
view post Posted on 4/12/2012, 15:19




Grida. Luce. Tenebre. Silenzio.
Dove cazzo sono finito?” si chiese, ovviamente non ottenne nessuna risposta. C’era stata una battaglia, prima, nel caos doveva essere successo qualcosa, ma cosa? I ricordi erano vacui e lontani come il mondo che, coperto dal bianco, si sbiadiva fino a cessare di esistere. Brancolò nel buio per qualche tempo, riconobbe alcune macchine d’assedio, tuttavia non c’era l’ombra di assediati o assedianti. Una guerra non ancora combattuta, forse, eppure gli era ignota la motivazione che aveva spinto qualcuno o qualcosa a portarlo in quella desolazione. Per un attimo credette di trovarsi in chissà quale angolo del mondo oscuro, richiamato dalla madre dei demoni in persona che ora reclamava la sua testa, ipotesi nemmeno tanto remota. Eppure, quando gli occhi di Chevèl videro l’emblema su uno scudo solitario, egli finalmente comprese. Uno dei cavalieri che aveva tentato di circuire portava un vessillo che recava lo stesso stemma, quello dell’esercito di Falkenberg. “Il posto perfetto per un traditore” constatò il demonio, che a tratti andava quasi fiero del suo essere infame e voltagabbana. C’era molto di umano in lui, a cominciare dalla sua tendenza allo stupro e all’omicidio per arrivare a quella di allearsi con il più forte. Che poi non si dicesse che i demoni sono diversi dagli uomini.
Il cielo aveva il colore del sangue e del fuoco, più in là, era certo l’Arcidemone, uomini neri combattevano e sterminavano un’intera popolazione. Difensori improvvisati contro truppe che, a giudicare da come si presentava la fortezza, si addestravano per conquistare nuove terre a ogni ciclo lunare. Laggiù, sotto le picche e le spade, degli uomini morivano con il sangue fra i denti e la terra sotto la schiena, mentre lui era distante dalla morte, molto più di loro. Tutto ciò non suscitò in lui nemmeno una lacrima, bensì un sorriso pieno di crudeltà. Perché l’unica legge vigente, in ogni mondo e in ogni epoca, era quella del più adatto a sopravvivere, e si dava il caso che lui sapeva bene come scampare alla mietitrice. Fece qualche passo, scoprendosi molto meno stanco rispetto a quando aveva combattuto al fianco dei cavalieri neri, forse c’entrava qualcosa quello strano lampo, simile a quello che aveva preannunciato la comparsa del castello. Le ustioni non gli dolevano più come una volta, anzi erano quasi un fastidio se paragonate al ventre che continuava a dolergli, ma anche lo squarcio non perdeva più sangue ed era molto meno doloroso rispetto a prima. Convenne che solo una bella baldracca tra le mani lo avrebbe fatto stare meglio, desiderio che difficilmente si sarebbe realizzato in un posto simile. Tutto sommato, però, la situazione rimaneva delle migliore: era guarito e aveva trovato asilo presso un lord –o quel cazzo che era- molto potente. Doveva fare ancora un ultimo passo, di fronte a lui torreggiava un grosso portone, e quando l’avrebbe aperto, si sarebbe lasciato alle spalle ciò che era stato. Ma lui avanzò senza nemmeno pensarci, perché la sua scelta l’aveva fatta quando aveva puntato la sua spada contro l’elfo con l’intento di ucciderlo.

CHEVÈL
archdemon of lust

FORMA UMANA

c o n s u m i
[5] [10] [20] [40]

c s f o r m a u m a n a
4 [Agilità]

c s f o r m a d e m o n i a c a
4 [Astuzia]


Energia 100% ; Stato Fisico lievi ustioni sparse (1/2 basso) squarcio sul ventre (basso) ; Stato Mentale perfetto

Passive

- trascendere la forma -
Carne resistente come l'acciaio, armatura naturale. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere i sensi -
Visione nel buio, a meno che questo non sia di natura magica o illusoria. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere l'esistenza -
Immortalità, l'unico punto debole è la lingua. Passiva del dominio vampirismo.

- i am your deepest fear -
Tutti - esclusi i demoni e coloro che hanno un'energia superiore a quella di Chevèl - provano timore nei confronti dell'Arcidemone. Razziale degli avatar demoniaci.

Attive

//

--------------------------------------------------------
Chevèl deduce di trovarsi all'interno di Rottenhaz, e senza esistare varca il portone principale. Nell'ordine di entrata, il mio pg è il primo
EDIT corretti alcuni errori



Edited by Ephemeral - 5/12/2012, 19:52
 
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view post Posted on 5/12/2012, 17:40
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Eternal Light
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Una figura velata di bianco circondata da altre indistinte. L’arancione delle fiamme, il rosso del sangue, il nero della notte, tutto unito in una lenta spirale di colori attorno alla donna. Lo stupore divenne palpabile, mentre la paura di quello che era stato e che doveva ancora avvenire continuava a paralizzare la mente di Ghin. La sua vista cominciò a vorticare veloce, rapida, sempre più frenetica fino a quando non scomparve ogni traccia di buio per lasciar spazio ad un candore accecante, vorticante, risucchiante ed allo stesso tempo rassicurante. Poi rimasero solo la calma e l'oscurità priva di fuochi.

Quando il mezz’elfo riaprì gli occhi, riuscì a rialzarsi senza troppa fatica. Il dolore al fianco era quasi scomparso, sostituito da un livido che si rivelò doloroso solo quando provò a sfiorarlo. Anche la sua mente era più lucida, come se la presenza al suo interno fosse finalmente scomparsa, lasciando soltanto una scia del proprio passaggio. Ma il sollievo non durò a lungo. Non appena si guardò intorno non poté fare a meno di riconoscere il luogo in cui si trovava. C’era stato poco prima. L’aveva sorvolato, ma visto con i propri occhi sembrava più reale: si sentiva come se fosse stato risucchiato all’interno di un quadro maledetto osservato tempo addietro.
Era giunto al castello del capo dei briganti o, per lo meno, a quello in cui si trovava; alla fonte del potere di quei demoni che li avevano attaccati, che li avevano circondati e li avrebbero ridotti quasi in fin di vita. Ghin sbiancò. Avrebbe voluto portare avanti quella missione, ma aveva paura di essere distrutto, nuovamente. Quell’Essere possedeva sufficiente potere per schiacciare come misere lucciole anche lui e forse tutti quelli che l’avevano accompagnato in quello strano viaggio. L’aveva visto, l’aveva sentito. L’aveva provato sulla propria pelle.
Come era finito lì? Che stesse ancora sognando? Forse era morto. Per questo si sentiva più leggero rispetto ad un attimo prima, probabilmente. Erano tutti morti, forse? Non aveva importanza, dopotutto. Sapeva che, vivi o deceduti, si trovavano alle porte dell’Inferno, ma avrebbero dovuto varcarlo per sconfiggerne il Signore e poter porre fine a quella storia.

Tomo… tu rimani fuori. Non è posto per te.
Lo scoiattolino sbucò lentamente fuori dal cappuccio alzato e, dopo aver poggiato per qualche secondo il muso contro la guancia del padroncino, si allontanò saltellando fino a scomparire verso le mura. In qualunque modo sarebbe finita quella faccenda, almeno lui sarebbe stato salvo. Non avrebbe avuto senso metterlo in pericolo. Sarebbe stato meglio se fosse stato da solo al sicuro, anziché in compagnia dove dimorava il male.

All’interno c’è la fonte del potere dei nostri nemici.
Parlò ad alta voce verso le persone che poteva vedere attorno, molte ancora scombussolate dall’improvviso cambio di scenario. Erano tanti, ma Ghin temeva che non fossero nemmeno lontanamente sufficienti per abbattere il potere del castello. Benché fossero, almeno apparentemente, tutti più forti di lui, nessuno era nemmeno lontanamente paragonabile a quell’Essere. Il mezz’elfo lo sapeva, lo percepiva fin troppo chiaramente.
Dobbiamo entrare per distruggerla, per distruggerli. Il castello è quasi sguarnito, ma vi alberga un mostro dal potere sconfinato. Forse è meglio entrare tutti insieme... Non c’è altra via.
Poteva solo sperare che lo ascoltassero e che decidessero di credergli. L’avevano fatto, dopotutto, quando si era trattato di distruggere lo stendardo. Perché non anche ora?

Vedendo qualcuno iniziare a dirigersi verso le porte, Ghin deglutì. Non poteva tirarsi indietro; aveva visto lui stesso, sotto forma di lucciola, gli imponenti portoni del cortile chiusi. Fuggendo, anche ci fossero riusciti, si sarebbero fatti circondare nuovamente dall’esercito comandato dalla donna consunta. Doveva procedere anche solo per dar credito alle proprie parole e perché gli altri decidessero di riporre un po’ di fiducia in esse. Mosse i primi passi appoggiandosi al lungo bastone di frassino e calando nuovamente il cappuccio sui capelli. Se avesse nascosto i loro riflessi argentei, forse sarebbe apparso meno evidente agli occhi di qualunque cosa li attendesse all’interno.
E lo vide. Gli si mozzò il fiato quando riconobbe colui che l’aveva attaccato, uno degli ospiti nella taverna. L’uomo sembrò non notarlo, ma il mezz’elfo aspettò comunque qualche attimo prima di entrare guardingo all’interno del castello, dopo di lui. Non poteva certo sprecare energie contro un nemico, seppur potente, troppo inferiore, un misero insetto se confrontato a ciò che lo aspettava nel cuore del palazzo.

Capacità Straordinarie: Intelligenza 1
Status Fisico: Piccola scottatura alla gamba destra; livido al fianco sinistro - 14/16.
Status Psicologico: Poco stordito ed un po' impaurito – 13/16.
Energia: 100%
Equipaggiamento: Bastone-Fionda.

Passive Utilizzate:

Figlio degli Elfi - Visione nel buio, nella nebbia e simili.
Figlio dei Boschi - Evocazioni istantanee.

Attive Utilizzate:
Nessuna


Riassunto:

Dopo essersi teletrasportato, allontana lo scoiattolo che in quel momento è con lui (è stato trasportato anche l'animaletto) e si rivolge alla folla, per poi entrare dietro Chevél nel castello.

Note:

Non è il massimo dei post, ma in settimana ho solo Mercoledì pomeriggio libero, dopo comunque una giornata stancante. Spero sia decente.
 
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view post Posted on 6/12/2012, 16:35
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Memento mori.
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Vi divorerò, vi dividerò, vi distruggerò.
Ringhiava come un drago verso i Korps, verso coloro che avevano osato infrangere la sua tranquillità. Sapeva di essere in trappola, ma arrendendosi non avrebbe che azzerato le sue possibilità di sopravvivere. Doveva trovare un metodo per salvarsi in fretta e furia.
Ogni partito venne ponderato a dovere, ma nessuno riusciva a soddisfare l' unico obiettivo che si era prefissato. L' unica alternativa era temporeggiare, quindi resistere fino a che non si sarebbe aperto uno spiraglio di luce dentro quella nefasta grotta che era diventato l' accerchiamento dei soldati del Beccaio.
Il ballo proseguiva costantemente, senza lasciare un secondo di tregua agli assediati. I soldati attaccavano in massa l' Inferi sententia, cercando di arrampicarsi e mozzarle la testa. Quest' ultima li strangolava uno ad uno con i suoi tentacoli, in modo da incutere timore ai suoi prossimi bersagli.
Eppure neanche l' avanzato prodotto della scienza riusciva a contrastare l' inevitabile fatica provocata dal togliersi tutti quei moscerini di dosso e strangolarli.
Nel mezzo della battaglia vide una ragazza vestita come un orientale parlare con quella che pareva essere il capo di quel plotone di Korps. Da dove era uscita?
Non ebbe il tempo di rispondersi che una moltitudine di strani sigilli apparsero sotto il campo di battaglia, abbagliando tutti i combattenti.
Luce, grida, buio, silenzio.




Eppure erano così vicini...
Lieto di sapere che sei venuto anche tu.

Si ritrovarono in quello che sembrava il cortile di una fortezza la quale era probabilmente la base dei Korps. Stranamente non era più stanco ed il dolore provocato dal fuoco della taverna sembrava essersi assopito.
Si guardò attorno, riuscì a scorgere un buon numero di armi d'assedio portanti delle effigi a lui familiari. Le aveva viste in uno dei libri della biblioteca di Basiledra in cui incontrò l' infame demone che aveva osato tradirlo.

Questo Falkenberg deve essere messo bene. si disse, sorridendo.

Anche gli altri, chi prima e chi dopo, capirono dove si trovavano e che non ci fosse più nessuna via di fuga. Sarebbero dovuti entrare tutti nella tana del coccodrillo. Il piccolo elfo alzò la voce, cercando di farsi sentire da tutti i membri del gruppo.

All’interno c’è la fonte del potere dei nostri nemici, dobbiamo entrare per distruggerla, per distruggerli. Il castello è quasi sguarnito, ma vi alberga un mostro dal potere sconfinato. Forse è meglio entrare tutti insieme... Non c’è altra via.

Gli doleva ammetterlo ma il piccolo elfo aveva ragione: Se la fortezza rispecchiava veramente l' entità che l' abitava l' Inferi sententia non avrebbe potuto combatterla da sola.
Cominciò quindi a strisciare verso il portone, essendo consapevole che una volta entrato la possibilità che quella fortezza diventasse la sua tomba non era tanto remota.
Vide il piccolo elfo immobile, davanti al portone aperto. Abbassò le grandi fauci e si portò a qualche centimetro dalle sue spalle.

Hai paura? Gli chiese, ricordando che Falkenberg non era l' unico pericolo per lo sfortunato gruppo.


Mi scuso per la qualità del post, ma gli impegni si fanno sempre più pesanti. Ho omesso lo specchietto per ovvi motivi.
Buona giocata a tutti, o almeno a chi è rimasto ^^.
 
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Lenny.
view post Posted on 7/12/2012, 16:44




Rakuen ~




Quella tenebra, là dentro, oltre il portale.
Quel labirinto composto da diverse gradazioni del nero, pervaso da una bruma virata al plumbeo, dall'odore acido di chiuso. La corrente improvvisa dal portone aperto non lo disperde minimamente, perché quel miasma soffocante resta attorno a voi, resta dentro voi. Oltre il portale, il vostro sguardo falcia una navata vuota, un lungo corridoio che procede diritto, perdendosi nell'ombra. Statue di eroi dimenticati e armature rugginose sono le uniche sentinelle che vegliano il vostro passo, ma restano in silente attesa, ancorate alle pareti. Sembrano dei simulacri, appena messi in luce dalle sfumature urinarie provenienti dalle torce. Il corridoio prende una stretta piega sulla destra, poi a spirale verso l'alto, infine curva a sinistra. Avete la netta sensazione che non sia più possibile tornare indietro.
Siete soli.
Senza un perché o una ragione plausibile, la vostra via si smarrisce in un attimo, prigionieri di labirinti e vicoli ciechi della vostra mente, oscuramente suggeriti dalla voce sibillina della Fortezza che tutto brama e nulla concede.

Avanzate sino a ritrovarvi improvvisamente in una sala circolare, diametro trentasei piedi, soffitto a volta, dodici piedi di altezza dalla cuspide Un anello di finestre simili a ferite nel granito, dodici finestre strette a sesto acuto, alte tre piedi e sei pollici, tre per ognuna delle direzioni dell'orizzonte. Dodici: modulo strutturale. Dodici come gli apostoli. Dodici come i venti che soffiano dai limiti estremi del mondo. Dodici come i mesi sulla terra.
Chissà come, vi ritrovate in cima a una delle torri di RotteNhaz.
Lungo la parete concava, tra una finestra e l'altra, si allineano ordini di scaffali di legno scuro. Su di essi, centinaia di oggetti noti e ignoti, sacri e blasfemi, remoti e letali, inoffensivi e maledetti. Armi istoriate, elmi alati, scimitarre prese da chissà quali nemici, rotoli di pergamene vergate di rosso sangue, scrigni in ottone, teste umane mummificate, piccoli oggetti neri, demoniaci, mementi impossibili da riconoscere e da elencare tutti persi come sono in quelle finestrelle di legno.

CRAAACK!
Una corrente improvvisa arriva dalle finestre del versante nord. Assieme ad essa, il gracchiare di un corvo. Piume di un nero ossidiana, becco a uncino, artigli come rostri. Il corvo svolazza a spirale sopra le vostre teste, per poi atterrare dolcemente al centro della sala. E poi movimento. Una questione di attimi. Il frammento di un battito di ciglia. Pochi istanti, e il manto piumato di quel corvo si dilata nello spazio, in un rumore simile allo strisciare di un rettile, accresce sino a diventare un lungo mantello di seta scura, avvolto attorno a un uomo. Non più un corvo. Un uomo completamente vestito di nero, con una tuba a cilindro come cappello. Il volto scavato dagli anni e ancora più scavato dalla fatica. La sua faccia pare quella di un teschio coperto di pelle livida. Naso quasi inesistente, sopracciglia inarcate, fronte alta, barba e capelli radi simile a un unico rovo di spine grigie e bianche. Occhi azzurri come il ghiaccio -o forse grigi come il metallo- si posano su di voi.

yureka-3435

« Gli ultimi quattro chiodi nel coperchio della bara. »

Voce calma, pacata, ai limiti del tedio. O forse solo bassa e debole. I lineamenti del vecchio si distorcono in un sorriso sottile e tirato come la sutura di un teschio. Sembra come afflitto da chissà quale dolore.

« Dovreste essere consapevoli di ciò che siete. »

Una affermazione, non una domanda.
Alla quale segue l'accenno di un educato inchino. Mentre la mano guantata del canuto sconosciuto scivola verso l'elsa di una spada attraccata a una cinghia. Solo adesso notate che all'altezza della spalla destra il mantello è come infradiciato da una pozza più scura. Sangue, probabilmente. Corigliano è ferito, eppure continua a parlarvi facendo finta di nulla.

« Corigliano. Francisco Alfredo Corigliano, castellano di RotteNhaz. »

La scimitarra viene snudata con la mancina in unico fluire di luce.
Dorata quanto l'alba del deserto.
Dorata quanto la promessa più dolce.
Dorata quanto il tradimento stesso.
Gli occhi di Corigliano scintillano di meraviglia.

« Lieto di conoscervi. »





Entriamo subito nel vivo dell'azione. Il PNG che dovrete affrontare è Corigliano, per l'occasione opportunamente buffato dal vostro caro QM. Prima di mostrarsi ai vostri occhi Corigliano si è autoinflitto un danno X alla spalla sinstra, attivando poteri passivi e attivi della spada Hybris Naylah (opportunamente datagli in prestito dal buon Viktor). Vi ho scritto sotto spoiler le passive della spada e l'attiva a consumo nullo con cui Corigliano si è autoinflitto il danno X. Per maggiori chiarimenti,in ogni caso, una visione totale dell'artefatto Hybrys Naylah è presente all'interno della mia scheda.


Vi ricordo che secondo la passiva Sussurri della Sgualdrina i vostri personaggi sono a conoscenza di tutti i poteri della spada -tra cui come entrarvi in possesso. Potete entrarne in possesso, ma non autoconclusivamente. Ho detto che Corigliano si è autoinflitto un danno X proprio perché i vostri personaggi, qualora vogliano autoinfliggersi un certo danno per conquistare la spada, dovranno azzeccare il consumo superiore a quello messo in atto dal PNG, e se falliranno si terranno i danni senza ottenere la spada . ATTENZIONE: il vostro scopo finale non è conquistare la spada, ma sconfiggere Corigliano e andare avanti nella quest. Autoinfliggendovi danni a caso non mi assumo nessuna responsabilità sulla sorte del vostro PG in quest. La spada è un artefatto mio NON ottenibile al termine di questa avventura. Potrete sottrarla a Corigliano in questo combattimento, ma non fate affidamento sul fatto di poterla conservare al termine della quest.

E comunque durante questo turno dovrete difendervi dalle due abilità attive castate dal PNG. Mentre sfodera la spada e dopo averla sfoderata, infatti, Corigliano attiva le abilità che dovrete più di tutte considerare in questo turno. Si tratta di Labbra della sgualdrina e Spasimante della sgualdrina. Due abilità psioniche cui i vostri personaggi saranno soggetti e che li costringeranno ad anelare la spada più più qualsiasi altra cosa al mondo, in modo più che morboso. Tanto da guardare ai vostri compagni con un furore di gelosia omicida..una psionica di entità Alta per ciascuno di voi, ulteriormente potenziata dalla passiva Labbra della sgualdrina. Ignorare queste abilità e scagliarsi contro Corigliano sarà considerato ALTAMENTE antisportivo: l'odio geloso verso i vostri compagni ha infatti l'assoluta priorità grazie a questa abilità psionica.

I turni sono: Ephemeral, desdinova, Chomp, Andre03
5 Giorni di tempo per postare dall'ultimo post, ma se fate prima non mi offendo. Da adesso in poi ritardi non giustificati non saranno tollerati =D
Per qualsiasi domanda bando o mp.


~ Inganno della Sgualdrina__ _La più passionale delle tre sorelle, Hýbris Naylah chiede al suo spasimante un tributo tangibile alla sua bellezza, non dolore dell'anima né legami tramite la magia dei nomi, bensì crudeli incisioni nelle carni che decantano la passione che scorre come sangue fra la spada ed il suo amante. Ma poiché si tratta di una compagna infedele, chiunque sia disposto a pagare due volte il suo prezzo, può possedere la Puttana delle Origini e farla sua, forse per sempre... forse per pochi, brevi, meravigliosi istanti prima che un nuovo pretendente si faccia avanti. In qualsiasi momento, un avversario può pagare uno slot tecnica, ed autoinfliggersi una ferita di entità due volte maggiore rispetto a quella autoinflitta dal possessore di Hýbris Naylah, guadagnandone così il possesso. Tale azione non è autoconclusiva, e la ferita deve essere permanente e simile a quella del possessore della spada, solo di entità doppia. Se tale condizione è soddisfatta, l'arma si scioglie come oro fuso nelle mani del suo antico spasimante, scompare e riappare nella sua forma rilasciata nelle mani del suo nuovo amore, che da quel momento ne è l'effettivo proprietario. Può succedere, ed è capitato più volte nella sua sanguinosa storia, che l'arma cambi più volte proprietario e addirittura i suoi amanti arrivino a ricorrere al suicidio pur di mantenerne il possesso, poiché Hýbris Naylah è un'arma maledetta e non può portare nient'altro che sventura al suo padrone.
{Passiva}

~ Sussurri della Sgualdrina__ _ Odiare non è l'opposto di amare. Anzi, al contrario i due sentimenti si assomigliano al punto da essere gemelli; entrambi presenti nell'animo nero dell'Etummu, entrambi rivolti in egual misura al suo spasimante, allo stesso tempo amante e carceriere, padrone e guardiano del simulacro d'oro che porta con se e che ne plasma il destino. Allo stesso tempo, Hýbris Naylah concede i suoi favori al portatore e trama per la sua distruzione, sussurrando nell'animo di chi lo circonda, promettendo la sua anima ed il suo potere a chiunque le sia vicino, seducendolo al punto da spingerlo ad uccidere pur di averla. Una volta sfoderata, la spada attiva una malia psionica passiva che sussurra i suoi segreti alla mente degli avversari del suo possessore, i quali dunque saranno automaticamente a conoscenza di tutte le capacità e le caratteristiche dell'arma, sia attive che passive, compreso naturalmente il modo per entrarne in possesso. Personaggi in possesso di abilità passive di resistenza alle influenze psicologiche sono immuni a questa abilità. Abilità Passiva disponibile al momento del rilascio.
{Passiva}


~ Nome della Sgualdrina__ _ Talvolta, pronunciare un nome può essere doloroso quanto toccare l'oro fuso. Sciogliere parzialmente i sigilli che vincolano il djinn all'interno di Hýbris Naylah, costringerla a liberare il suo potere senza però scioglierne le catene: questo significa pronunciare il Nome della Sgualdrina, ma per farlo è necessario pagare il tributo di sangue richiesto dalla spada, una ferita di entità variabile -purché sanguinante- che il suo amante si autoinfligge. Il danno autoinflitto è da quantificarsi in livelli, come se fosse il risultato di una tecnica di potenza variabile. Maggiore è il sangue versato, più forte diventa il legame fra lo spasimante e la sua puttana, ma il risultato rimane lo stesso sia che si parli di un piccolo taglio di livello Basso che di una mutilazione di livello Critico: l'arma, che in forma sigillata ha un colore brunito, assume il caratteristico colore dell'oro più scintillante, un aspetto tanto limpido da sedurre chiunque la guardi, spingendolo immediatamente a desiderare il possesso di una tale meraviglia. Già questa è una malia psionica inflitta dalla spada in chiunque la osservi, che il suo guardiano può manipolare per instillare in chi osserva la Naylah un'emozione a sua scelta, valente anch'essa come aura di livello passivo. In questa forma, tutte le abilità passive e attive disponibili solo dopo il rilascio diventano disponibili.
{Consumo Nullo}


ATTIVATE IN UESTO TURNO

~ Labbra della Sgualdrina__ _ Le labbra di una donna sono per gli innamorati fonte di desiderio, oggetto di poesie e canti d'amore che sciolgono i cuori. Le labbra di una puttana sono un tempio violato, il cui ingresso è aperto a chiunque abbia conio a sufficienza, sono un volgare strumento di piacere e niente di più. Ma se anche appartengono ad una puttana, le labbra di Hýbris Naylah sono il sogno di ogni suo spasimante, un'icona sacra quanto l'altare di un tempio. Quando esse si schiudono, le difese più solide si sbriciolano come le mura di un castello soggette allo sferzare della marea, e perfino l'essere più valoroso o la creatura più fredda conosce improvvisamente il calore di un desiderio. Questa malia psionica si attiva mostrando la lama dorata della scimitarra all'avversario, il quale per un tempo limitato di quattro turni diverrà improvvisamente vulnerabile alle abilità passive di influenza psicologica, anche se possiede abilità passive che lo rendono immune ad esse. Perfino creature di natura artificiale o bestiale, normalmente del tutto incapaci di provare emozioni, si sciolgono davanti alla lama dorata di Hýbris Naylah. Consumo Medio, disponibile al momento del rilascio.
{Medio}

~ Spasimante della Sgualdrina__ _ Un solo uomo può essere lo spasimante della più bella delle donne. Uno solo, poiché nessuno al mondo riuscirebbe a sopportare l'esistenza di un rivale con cui dividere le attenzioni della bellissima scimitarra d'oro. Questa tecnica si attiva in maniera quasi del tutto indipendente dal volere del possessore qualora si manifestino gli effetti passivi di Hýbris Naylah e dunque egli individui uno o più pretendenti al possesso della spada. Il possessore e tutti coloro che sono sotto l'influsso passivo di Hýbris Naylah subiscono una tecnica psionica di potenza Alta che provoca un profondo status berserk a metà fra la gelosia estrema ed il più profondo e volgare impulso sessuale generato dal desiderio carnale incarnato nella Bionda. In questo stato di furore omicida, tutti coloro che sono soggetti a questa tecnica tenteranno di farsi a pezzi a vicenda in maniera frenetica e impulsiva, senza alcuna pietà verso i rivali e senza darsi tregua, fino a dimostrare di essere senza dubbio l'unico spasimante della più passionale delle puttane. Consumo Alto, disponibile al momento del rilascio.
{Alto}





Passive del png
~ Rabe__ _ Francisco Alfredo Corigliano, questo il nome completo dello spirito, un tempo umano, rinchiuso tra le fattezze del rapace. Fredo, primo comandante della cavalleria pesante dei Falkenberg Korps. L'uomo di ferro, vissuto e morto tra gli stessi campi di battaglia che temprarono il Beccaio nella terra tedesca del XVII secolo. L'unico uomo che non sarebbe dovuto morire, non in una sporca trincea di Weissberg, alle porte di Praga. Il Demone l'aveva trascinato via dagl'inferi, per ingabbiarlo subito in una prigione nuova, una prigione viva. Il fedelissimo comandante Corigliano sarebbe rimasto fedele anche oltre la morte, per servire e onorare il glorioso Oberkommandierende Falkenberg. Come? Divenendo i suoi occhi e le sue orecchie, adempiendo ad ogni dettame telepatico e facendo in modo che il suo padrone venisse a conoscenza di qualsiasi informazione fosse degna della sua preziosissima attenzione. Subito dopo il confronto con il Demone, il profondo legame tra Viktor e il corvo divenne saldo come il ferro: una spia perfetta, un messaggero impeccabile, una costante guardia che seguiva ogni suo spostamento, vigilando costantemente sul suo signore. Rimembrando per il resto della sua infame, seconda esistenza, il giuramento pronunciato in un tempo e in un luogo diversi al suo signore ora nuovamente vicino. La parola è libera. L'azione è muta. L' obbedienza è cieca.
{Amuleto servitore dalla forma di Corvo} & {Ab. Personale Passiva VI - Empatia completa tra il pg e l'animale}

~ Umspannung__ _Francisco Alfredo Corigliano, uomo d’onore, primo comandante dei corazzieri al soldo di Viktor Von Falkenberg, defunto alle porte di Praga in una sporca e ben poco nobile trincea. Vittima del conflitto che tutti ricordano come la “Battaglia della Montagna Bianca”, perse la vita assieme a molti valenti soldati del fronte imperiale, colto dal fuoco di copertura delle forze evangeliche di resistenza. Nelle fosse la morte passò con la sua falce dai rivoli di rubino per recidere vite, mietere anime che sarebbero poi state schiavizzate nel buio profondo di un pozzo nero come l’incubo. Ma un diavolo decise che uno alla volta li avrebbe liberati tutti per servire il suo prediletto, assecondando un patto, una cieca condanna senza origini precise che nel continente di Asgradel assume il nome di negromanzia. Il primo di quel plotone di corazzieri fu resuscitato nell’onniveggente occhio corvino che nel cielo, come una croce di carbone su di una marmorea lastra di perla, spiega le proprie ali al vento ostentando libertà apparente. Eppure non fu abbastanza; non ancora, almeno. L’animo di un ligio combattente non conosce la sola fedeltà al proprio superiore, uomo che sul campo di battaglia riveste i panni di iddio stesso se non qualcosa di più influente ancora, padrone di vita e morte nella sua ipotesi più materiale e concreta. L’impugnare un’arma, saziare quella stomachevole insoddisfazione antecedente allo squillare di trombe, lo sfogo nella prima folle carica che già determina l’esito di un’intera battaglia. Ogni individuo, sebbene asservito nella totalità delle sue azioni, mantiene una propria personalità, ed è in virtù di ciò che ‘Fredo Corigliano è ora passivamente in grado di ricomporre la sua costituzione umana al semplice volere. Egli vestirà gli abiti con i quali fu sorpreso dal fuoco nemico, e sugli stessi saranno ancora presenti i fori dei piombini metallici deflagrati. Persino le sue armi saranno le medesime di quell’istante immortale. Il suo corpo sarà segnato da cicatrici profonde nei punti che ne determinarono la morte. Ogni dettaglio in lui sarà la pallida rievocazione di quanto fu sul piano materiale di una realtà conosciuta e condivisa da pochi. E come tale sarà sempre al fianco dell'oberkommandierende, prestando la sua fedele spada Pappanheimer al suo servizio e alla sua costante protezione.
{Abilità passiva} & {Collana elfica}



Edited by Lenny. - 7/12/2012, 17:56
 
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Ephemeral
view post Posted on 10/12/2012, 21:45




L’oscurità lo accolse nella sua dimora.
Una dimora fredda, scura e puzzolente, che fosse davvero questa l'abitazione del tanto decantato lord Falkenberg? Il portone si richiuse alle sue spalle e il tonfo riecheggio nella strada nera che aveva intrapreso, l’unica che potesse realmente percorrere. Tanti occhi di fuoco lo scrutavano, ma lui non faceva caso alla loro presenza: non era un moccioso che si pisciava nelle braghe al sentir nominare questo o quell’altro essere mostruoso. Era lui il mostro che si nascondeva nell’ombra, il drago in forma umana che divorava le vergini, il sussurro che perseguitava fino alla follia gli sventurati. E quelle erano solo fiaccole, non potevano ucciderlo né spaventarlo. Ma nonostante l’ostentato coraggio, il diavolo percepiva che qualcosa non andava in quella fottuta fortezza, come se ad albergarsi al suo interno fosse l’essenza primordiale del male. No, non erano le torce a scrutare nella sua anima putrida, bensì la tenebra che permeava l’intero castello a guardare dentro di lui. Passo dopo passo il demonio era convinto di avvicinarsi sempre di più alla sua meta, eppure essa pareva quasi fuggire da lui, costringendolo a un vagabondare senza fine. Chevèl avvertì un rumore, alle sue spalle, no, da dietro le pareti. Qualcosa stava strisciando nell’oscurità, ma forse era solo uno dei tanti diavoli partoriti dal suo cuore marcescente. Cercò di concentrarsi sulla realtà, ma quel maledetto continuava a battere sempre più forte. Cercò di rimanere lucido, ma la presenza continuava ad assillarlo. Forte, debole, vicina, lontana. Sempre vivida.
Simile al ticchettare di un orologio. Ai passi di un uomo.
Portò la sua mano verso il petto.
Anche a questo.

«...»
Solo il respiro silenzioso della morte
Solo la realtà offuscata dall'incubo
Solo un demonio perso nell'inferno

Era viva. Quell’enorme costruzione non poteva essere un mero artificio, le cose degli uomini erano diverse. Pulsava e parlava in una lingua sconosciuta fatta di rumori indefiniti e sussurri provenienti da chissà dove. Ma lui non si sarebbe fatto sottomettere da quell’aberrazione, sarebbe divenuto parte di essa e dall’alto avrebbe guardato tutto il creato come un dio crudele. Le sue gambe l’avevano portato una grandissima stanza circolare, il capolinea. I demoni –o quel cazzo che erano- erano sempre più in prossimità del luogo che aveva raggiunto. Facevano molto più baccano, ora li sentiva vicinissimi, oltre a loro un corvo venuto da chissà dove aveva preso a gracchiare come se avesse visto il diavolo in persona. I rumori si fecero più forti e definiti, e quando l’arcidemone si girò li vide.
«Voi...»
In breve il volto di Chevèl fu rosso di furore. Com’erano arrivati fino al castello quei luridi bastardi? Si sarebbe aspettato di vedere soldati neri come la pece comparire dal nulla e passare a fil di spada gli invasori. Era forse arrivato troppo tardi? Avevano ucciso anche Falkenberg? Mentre si interrogava, successe qualcosa che gli fece distogliere l’attenzione dagli improvvisati protettori di Waulsort. Il corvo non c’era più, al suo posto vi era un vecchio dall’aspetto fin troppo singolare. Un nemico o un amico? Un uomo da uccidere o un uomo da uccidere in futuro? L'avrebbe scoperto molto presto.
«Gli ultimi quattro chiodi nel coperchio della bara. Dovreste essere consapevoli di ciò che siete»
Pessimo modo di presentarsi. La sua un’identità misteriosa, ma di certo nessuno gli avrebbe fatto domande. O meglio: gliele avrebbero fatto dopo avergli fatto assaporare il sapore metallico del suo sangue. Dal canto suo, il vecchio non pareva per nulla spaventato e la sua mano non ci mise molto a trovare l’elsa della spada.
«Corigliano. Francisco Alfredo Corigliano, castellano di RotteNhaz»
Il castellano. La spada. La vita. La morte. Falkenberg. Il Toryu.
Ogni pensiero si mischiò con ogni azione, e la realtà si perse in quella luce che erano i suoi occhi.

Brilla di luce propria come una stella.
Guarda la donna. Guardala Chevèl.
Il suo corpo ti sta chiamando.
Lei ti sta chiamando.
Non è bellissima?
Guardala.
Solo lei.
Solo
lei
.


«Non guardatela»
Perché solo i miei occhi possono posarsi su di lei.
«Non pensatela»
Perché il suo corpo e la sua mente mi appartengono.
«Non desideratela»
Perchè lei è soltanto mia.

Vermi, era circondato da larve che credevano di poter volare verso il cielo. Anelavano a lei, li sentiva, quei putridi, viscidi schifosi che strisciavano innanzi a lei desiderando ciò che era loro precluso. Lo guardavano, invidiosi come dei plebei verso il loro re, maligni e infidi come dei serpenti che vivevano rintanati sottoterra. Oggi avrebbero imparato a stare al loro posto. Con gli occhi ancora pieni della luce della spada, il diavolo della lussuria si rivolse a uno degli agnelli che si era recato inconsapevolmente nel mattatoio: Illidan.
«Porta a Ray i miei saluti»
Davanti all’arcidemone le tenebre affiorarono sotto forma di una mano alta dodici piedi, terrificante come la morte stessa. Avrebbe dovuto aprirsi e schiantarsi contro quei derelitti umani, schiacciarli e farli sparire. Perché lei era sua, e nessun altro poteva anche solo pensare di poterla guardare e rimanere vivo.

CHEVÈL
archdemon of lust

FORMA UMANA

c o n s u m i
[5] [10] [20] [40]

c s f o r m a u m a n a
4 [Agilità]

c s f o r m a d e m o n i a c a
4 [Astuzia]


Energia 80% ; Stato Fisico lievi ustioni sparse (1/2 basso) squarcio sul ventre (basso) ; Stato Mentale influenza psionica di desiderio verso la spada (alto)

Passive

- trascendere la forma -
Carne resistente come l'acciaio, armatura naturale. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere i sensi -
Visione nel buio, a meno che questo non sia di natura magica o illusoria. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere l'esistenza -
Immortalità, l'unico punto debole è la lingua. Passiva del dominio vampirismo.

- i am your deepest fear -
Tutti - esclusi i demoni e coloro che hanno un'energia superiore a quella di Chevèl - provano timore nei confronti dell'Arcidemone. Razziale degli avatar demoniaci.

Attive

- the hands -
Al contrario, se conscio della sua superiorità si butterà in campo aperto, Chevèl potrà sfrutta l’oscurità per combattere, liberandola e donandole la forma che desidera; rimarrà comunque una materia densissima del colore della pece, di elemento magico. (Alto ad area)

--------------------------------------------------------
Com'era prevedibile, Chevèl attacca i suoi ex compagni rei tramite la sua variabile come tecnica ad area (medio per tutti) sotto la forma di una mano che cerca di schiacciarli. Perdonate il post eccessivamente sottotono (soprattutto nella parte finale), ma ho davvero poco tempo a disposizione per scrivere in questi giorni e non voglio rallentare la giocata. Per il resto ci tengo a sottolineare che Chevèl non è un drogato, ma i rumori che sente durante il post provengono dagli altri tre che sono entrati prima di lui, inoltre il castello da quel che ho capito possiede una sorta di influenza malevola. A voi la penna!

 
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view post Posted on 17/12/2012, 16:38
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Eternal Light
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Arrivato sul ciglio del portone, scrutò al suo interno. Non riusciva a vedere nulla se non la più completa oscurità, come se le tenebre fossero state parte imprescindibile del castello quanto le mura. Deglutì. Un passo e l’inizio della fine sarebbe cominciato. Aggrappandosi al lungo bastone di frassino come ad un’ancora che gli impedisse di naufragare tra i meandri di quegli oscuri abissi, fece un passo in avanti chiudendo quasi involontariamente gli occhi.

Era dentro. Si girò verso l’entrata, ma dall’atrio della fortezza non riuscì a scorgere il cortile esterno, come se fosse stato veramente catapultato in una dimensione differente. Attorno c’erano torce ad illuminare vagamente le spartane decorazioni alle pareti, di carattere più bellico che raffinato.
Non c’era più alcun dubbio. Quello era il luogo che aveva già visitato sottoforma di lucciola, quello entro il quale si era celato l’abominio che si supponeva avesse dato inizio a tutta la faccenda. E Ghin era costretto ad affrontarlo.
Sobbalzò all’improvviso sentendo dei passi che echeggiavano tra le pareti di pietra.
Guardie? Non erano andate tutte a Waulsort?
Il rumore però si allontanava. Doveva essere il suo nemico, colui che l’aveva preceduto nell’esplorazione, a meno che non fosse già stato ucciso da qualche essere posto a sorvegliare il castello. Il mezz’elfo decise comunque di seguirlo, muovendosi di soppiatto per cercare di non essere sentito e mantenendosi a debita distanza dalla fonte del rumore. Dopotutto era anche per lui la prima volta che entrava dall’ingresso principale e non conosceva le strade di quel tetro labirinto. Trattenne esclamazioni di disappunto quando notò che i suoi piedi producevano un rumore fin troppo risonante tra quei silenziosi muri. Poteva solo sperare che a seguirlo fossero i suoi precedenti compagni.

Ad ogni svolta il suo respiro si faceva più affannato, come se l’aria diventasse sempre più corrotta. Quante volte aveva girato? Quanto aveva camminato? Non se lo ricordava. Era troppo impaurito per riuscire a pensare a particolari, seppure utili, fin troppo secondari. Si sentiva catapultato nel regno della morte e riusciva a muoversi a stento tra un brivido e l’altro. Ogni singola armatura sulla parete provocava una breve sosta per assicurarsi che non fosse abitata, ma, anche senza aver scorto segni di vita in esse, le superava poi silenziosamente lasciandosele alle spalle con un sospiro di sollievo.
Non era posto per lui, Ghin non apparteneva a quel mondo. Sarebbe dovuto tornare indietro, finché poteva, e rimanere in un qualche boschetto tranquillo a giocare cercando qualche sassolino tra i rami caduti da lanciare con la fionda. Ma ormai era tardi. Aveva perso la traccia dei suoi passi e non c’era via d’uscita. Poteva solo procedere in avanti, verso quello che sarebbe stato sicuramente un nemico, conosciuto o meno. Tremiti pervadevano il suo intero corpo mentre il nodo dell’ansia stringeva lo stomaco sempre più strettamente. Se qualcosa l’avesse colto di sorpresa, sarebbe probabilmente stramazzato al suolo in preda ad un infarto.

Giunse in una stanza circolare lievemente illuminata dalla pallida luce lunare che giungeva dalle finestre tutt’attorno. Era un ambiente elegante, eppure sinistro nei suoi arredamenti demoniaci. Le alte finestre a sesto acuto su ogni lato ampliavano lo spazio già esteso, ma il vuoto all’interno non era sgombro: era occupato da Lui, colui che l’aveva preceduto al varco della fortezza e l’aveva attaccato tempo addietro. Questa volta, però, non c’era più un ragazzino biondo pronto a proteggerlo. Avrebbe dovuto cavarsela con le sue forze. Probabilmente i suoi piedi l’avevano condotto in cima ad una torre solo per avvicinarlo al luogo di destinazione della sua anima, quando fosse morto.
Ma c’era anche un altro uomo, se così si poteva chiamare quel rudere ferito ammantato di nero, come il mezz’elfo. E come quest’ultimo aveva capelli argentati, ma se le vesti erano molto più raffinate, la chioma era altrettanto rada. La differenza principale tra i due stava negli occhi: quelli di Corigliano erano freddi e pallidi, quelli di Ghin erano rossi… e divennero ardenti non appena il nemico snudò la sua arma bionda. Lo stesso gesto poteva lasciare ben pochi dubbi riguardo le intenzioni dell’uomo, ma difficilmente avrebbero trovato accoglienza in quel castello. Lo sguardo del mezz’elfo non era però posato sugli occhi glaciali, ma sulla sua lama dorata.
L’ho finalmente trovata.

Si sentiva come se l’avesse sempre desiderata, come se fosse giunto fin lì solo per lei. Doveva averla, a qualunque costo. Non aveva senso vivere senza, non dopo averla osservata. Avrebbe ferito chiunque l’avesse reclamata al suo posto.
Ghin venne sbattuto all’improvviso contro la parete da un’entità oscura. Nel contraccolpo, chiuse gli occhi e crollò a terra, ma non perse i sensi. Aveva la spalla sinistra sanguinante e, non appena fece per rialzarsi, emise un lamento acuto, per poi riuscire nell’impresa di reggersi in piedi tenendosi ben saldo al bastone di frassino.
Il combattimento si riproponeva, ma questa volta sarebbe stato sicuramente quello finale. Fissò con occhi ardenti ridotti a fessura l’uomo che si parava tra lui e Corigliano. Avrebbe spezzato quel muro pur di arrivare all’agognato tesoro. Ogni traccia di timore e di pietà era scomparsa al lampo dorato dell’arma, la personalità del mezz’elfo aveva compiuto una metamorfosi ancora più radicale di quella del castellano di RotteNhaz, venendo risucchiata dalle tenebre portate dalla luce improvvisa della scimitarra snudata. Poteva quasi dirsi brandito da essa quanto il suo bastone di frassino era impugnato da lui stesso.
In un battito di ciglia, comparvero sei scoiattoli grigi attorno al mezz’elfo. Come in sintonia con lo stato d’animo del loro evocatore, si volsero tutti verso il bersaglio snudando i lunghi denti appuntiti. Partirono all’attacco quando Ghin incoccò, ma arrivò prima il colpo di quest’ultimo sotto forma di un rapace nero. Il corvo avrebbe magari distratto il nemico, provando ad accecarlo, mentre gli scoiattoli avrebbero tentato di arrecare ferite su tutto il corpo della loro preda.
E lei sarà poi mia.

Capacità Straordinarie: Intelligenza 1
Status Fisico: Piccola scottatura alla gamba destra; livido al fianco sinistro; ferita alla spalla sinistra. - 10/16.
Status Psicologico: Incontrollato desiderio verso la spada. – 9/16.
Energia: 78%
Equipaggiamento: Bastone-Fionda.

Passive Utilizzate:

Figlio degli Elfi - Visione nel buio, nella nebbia e simili.
Figlio dei Boschi - Evocazioni istantanee.

Attive Utilizzate:


Proiettile del Rapace - Non godendo di una mira e di una gittata formidabili con la sua arma, il mezz'elfo preferisce fare affidamento sui suoi compagni animali, quando riesce. Ghin può infatti sparare un proiettile con la sua fionda, il quale, a mezz’aria, si trasforma in un pennuto diverso a seconda della potenza del colpo: può quindi diventare un piccolo gheppio o un elegante falco. L’animale, presa forma, si dirige verso l’avversario del mezz’elfo, colpendolo con gli artigli o con il becco, per poi volare via.
Abilità Personale
Natura Magica
Danno Fisico
Consumo Variabile usata a Medio

Richiamo dello Scoiattolo - Gli animali a cui il mezz’elfo è da sempre più legato sono gli scoiattoli grigi. Quand’è in difficoltà, è in grado di vincere la loro natura codarda, evocandone fino a una decina perché lo affianchino nei combattimenti, attaccando il bersaglio da lui indicato con i loro piccoli artigli ed i denti da roditore. Sebbene presi singolarmente non costituiscano una seria minaccia, in gruppo possono rivelarsi alquanto pericolosi.
Dominio Evocatore
Natura Evocazione: 2 CS, resistenza Bassa
Durata Due Turni
Consumo Medio

Riassunto:

Giunge alla torre, subisce gli attacchi e risponde attaccando con un colpo che si trasforma in corvo diretto agli occhi di Chevèl e mandando sei scoiattoli all'attacco..

Note:

Perdonatemi, ma speravo di finire 'sta quest magari prima che iniziasse la fase studio/corsi a non finire. Ho veramente poco tempo - e testa- per scrivere bene e rispettare a dovere i termini in questo periodo. Dopodomani ho un esame, spero valga come mezza giustificazione. u.u
Per non parlare le coincidenze di impegni che si sono unite in questi giorni.
Dopo Natale, o col nuovo anno, le cose dovrebbero essere diverse.
Tra l'altro, ho deciso (chissà perché) che con la promozione appena ottenuta prenderò una difensiva.
 
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view post Posted on 22/12/2012, 00:02
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Memento mori.
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Cieli e costellazioni di pensieri inondarono la sua mente quando quell' oscuro portone rivelò i meandri maledetti che erano celati all' interno del castello, sudici meandri che non sarebbero mai dovuti porsi davanti alla strada di una creatura tanto nobile e potente.
Un mausoleo delle tenebre dimenticato dal Demonio stesso accoglieva gli infausti viaggiatori nei suoi più disparati dedali di amarezza e disperazione. Il silenzio tombale di quel luogo si intrecciava con il senso di oppressione e la paura che ci fosse qualcuno o qualcosa dietro ogni angolo.
Monumenti a personaggi di riguardo provenienti da tempi ormai remoti, probabilmente sconosciuti alle semplici genti meccaniche, erano le uniche guardie del corrotto maniero che vegliavano sui passi della più grande vittoria della scienza.
Lentamente e senza che lui se ne fosse accorto, tutti furono inghiottiti dalle tenebre del castello. Rimase da solo a vagare per gli oscuri meandri del castello accompagnato dal tonfo rumore della carne che di tanto in tanto si abbatteva sul pavimento, lasciando qualche piccola scia verdognola che segnasse il suo passaggio.

In effetti si sentiva a suo agio nel caldo abbraccio delle tenebre.
Esse gli consentivano di pensare e riflettere insieme all' unica persona che considerava suo pari: Se stesso.
Come sarebbe uscito da quel castello? Cosa avrebbe riservato per l' arcidemone arrogante?
Come avrebbe contribuito all' annientamento della specie umana?
Tante domande quanti i granelli di sabbia in una spiaggia dorata.
Tante risposte quante le pepite d'oro trovabili nel deretano di un suino.

I misteri della sua ormai corrotta mente si volatilizzarono nel nulla di quella strana stanza piena di scaffali contenenti chissà quali antiche cianfrusaglie e secolari tomi.
La sua vista rimise a fuoco ciò che prima non riuscì a vedere: Il mondo reale.
Dodici finestre, un soffitto a volta, più scaffali contenenti oggetti di dubbia entità: niente di che, classico arredo da megalomane.
Ciò che gli interessava non erano i discutibili gusti artistici del padrone di quel castello, bensì coloro che arrivarono in quella stanza insieme a lui.
Erano tutti così vicini, eppure non li aveva notati: Il prete rosso, il piccolo elfo e lui.

Quando lo vide cominciò a ringhiare. La bava usciva dalle fauci andando a creare una piccola, sudicia pozza nel pavimento sul quale strisciava. Non desiderava altro che banchettare con il cadavere di quel lercio essere sbucato dagli inferi.
Una rabbia fin troppo sproporzionata per essere contenuta, una brama di vendetta in grado di annientare interi pianeti. Doveva approfittare del fatto che fosse da solo per poterlo privare delle ossa.

Poco prima che un tentacolo potesse essere mosso verso il demone un corvo nero come la notte si posò al centro della stanza, trasmutandosi nel vero avversario che il gruppo avrebbe dovuto combattere.

« Gli ultimi quattro chiodi nel coperchio della bara. »

Un uomo con ormai un piede nella fossa si rivolse a loro con una voce calma come la notte stessa, le sue labbra si deformarono in un sorriso addolorato come se fosse uscito da un combattimento di poco impegno, ma riportando qualche ferita gestibile.

« Dovreste essere consapevoli di ciò che siete. » Fece il castellano.

« Qualcosa a cui tu, vecchio, non hai neanche il diritto di anelare » Rispose l' Inferi sententia con un tono di sfida, a bassa voce.
L' ennesimo ostacolo: cominciava a stufarsi.

Il custode accennò un inchino, facendo notare involontariamente una macchia di sangue sul suo mantello nero pece.
« Corigliano. Francisco Alfredo Corigliano »

La vide: la risposta a tutte le sue fatiche, il motivo per cui era arrivato lì: quella scimitarra.
Doveva ottenerla, doveva ottenerla a qualsiasi costo. Persino a quello di annientare tutti gli abitanti del castello.

Tutti coloro che gli stavano vicino erano a rischio di morte sicura. I suoi occhi si posarono sui due nemici principali: Il castellano ed il demone arrogante.
Due piccoli pedoni da ingoiare, niente di più e niente di meno.
Il demone osò rivolgergli delle parole, con ancora la lucentezza di quella scimitarra negli occhi.

« Porta i miei saluti a Ray » Fece, mentre litri di tenebre affluirono sotto i suoi piedi, per poi sollevarsi davanti a lui formando ciò che pareva essere una mano demoniaca.

« Sapete benissimo contro cosa vi siete schierati... »

L' artiglio destinato a schiantarsi sulla creatura si infranse sullo scudo creato dall' apertura dei suoi tentacoli.
L' interno delle diramazioni dell' Inferi sententia era tanto spettacolare quanto raccapricciante: corpi putrefatti ricoprivano ogni centimetro cubo della sua carne, sormontati da arterie grandi quanto un ordinario collo umano.
L' inferno si richiuse in un attimo, insieme a grida e preghiere delle vittime di Illidan.

« ...Quindi cosa vi spinge a combattere? »

Una modesta quantità di spore, partendo dalla sua bocca, crearono una piccola nuvola verdognola che andò a posarsi sul pavimento.
Passò un istante.
Dal pavimento uscirono tre esseri che non appartenevano né al mondo dei vivi né a quello dei morti. Vie di mezzo, li considerava. Creature umanoidi dotate di lame al posto degli arti: oggetti senz'anima al servizio del loro padrone.
Scrutavano il campo di battaglia gorgogliando qualche parola incomprensibile in una strana lingua in attesa di un ordine.

« Avete già perso. »

uno dei tre umanoidi si gettarono sul vecchio: Tentò di penetrargli il cuore in un unico, letale affondo. Gli altri due, invece, si slanciarono verso il piccolo arcidemone, tentando di recidere le sue gambe e, quindi, di lasciarlo alla mercé del tentacolo che si stava per abbattere sulla sua testa.

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« Quella spada... nostra. »
« No, mia »






Inferi Sententia

CS: Astuzia (1)

Basso 6%; Medio 11%; Alto 22%; Critico 44%



Status fisico: Lievissime ustioni su una piccola porzione del corpo (Mezzo Basso)
Status mentale: Berserk (Alto + Basso + Mezzo Basso)
Energie: 78%
Abilità passive:
I'm a systematic error!!! : Passiva di timore verso non demoni ed energie pari o inferiori (razziale)
»Geneticamente superiore: Capacità passiva di discernimento di illusioni e tecniche psioniche (Mente Lucida I)
Abilità utilizzate:

La pace più sicura sarà all' ombra delle nostre spade
Deus Ex Machina apre i suoi due tentacoli da combattimento e quattro tentacoli meno lunghi per formare una barriera di carne più dura dello stesso adamantio tramite l' utilizzo della forza vitale dei cadaveri assorbiti durante la sua evoluzione nel tempo. Lo "scudo" assumerà la forma di una parabola e mostrerà i corpi delle vittime del mostro ancora in vita i quali potranno parlare, seppur in agonia.
Consumo di Energia:Per utilizzare questa tecnica Deus Ex Machina dovrà spendere un consumo pari a Basso e subire un danno psionico Basso.
Il livello di questa tecnica sarà di un livello superiore al consumo speso dall' utilizzatore, in questo caso sarà considerata di livello Medio

Living Dead:
L' Inferi Sententia, sfruttando le sue spore, può rianimare i caduti in battaglia trasformandoli in vassalli totalmente asserviti al suo volere.
La tecnica ha natura di evocazione e richiama sul campo da uno a tre organismi infetti armati di due lame al posto delle braccia poco più lunghe di un femore umano.
La potenza della somma degli abomini richiamati sarà pari a Basso e di un grado energetico inferiore a quello del proprio evocatore. Resteranno sul campo di battaglia per un totale di due turni, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster.
I mostri evocati saranno gestiti dal caster e non andranno trattati autoconclusivamente. Le evocazioni vanteranno 1 CS in forza ed 1 CS in velocità
Consumo di energia: Medio

Note: L' inferi sententia si incazza quando scopre che anche Chevel è nel castello e vuole vendicarsi del torto che ha subito a modo suo. Arrivato corigliano si becca tutte e due le tecniche. Una volta in stato di furia cieca richiama tre creature dotate di lame al posto delle braccia: Una cerca di trafiggere il cuore di Corigliano mentre le altre due si slanciano sulle gambe di Chevel in modo da esporlo alla martellata che Illidan sta preparando dell' alto.
Ci becchiamo al prossimo giro.

Edit: Corretti alcuni errori grammaticali nelle note.


Edited by Chomp - 22/12/2012, 10:08
 
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