Continua da Die Krahe
L'Orrore.
Budello infernale, baratro senza fondo modellato non dall'assurda natura dell'Eden, bensì dagli artigli metallici di milioni di aberrazioni, rocce consumate dal sangue versato dalle cavie ignare di quell'essere: il Trono del Sovrano s'aprì per un istante davanti agli occhi di Lazarus, rivelando la sua vera natura. Che l'enorme complesso roccioso fosse la tana del Dottore era per il piccolo gruppo un dato di fatto; i corvi di Doctor li avevano accolti pochi minuti prima, vanificando la loro fragile strategia in un turbinio di piume nere.
Ma l'assurdità dell'abominio contenuto in quell'imbuto di sofferenza, in quell'istante, raggelò il sangue dell'ambizioso giocattolaio. Migliaia di teche di vetro tappezzavano i muri d'arenaria e granito nascondendone la vista per ampi tratti. In essi, sospesi nel liquido amniotico e nella formalina, v'erano gli scarti pulsanti di decenni di sofferenze inferte ai popoli del continente: ibridi, mostruosità, esponenti di ogni razza conosciuta e non, deformità ed aborti, creature biomeccaniche e spoglie preservate dalla corruzione; il Trono era il bestiario della follia, l'enorme teca nella quale la folle chimera esponeva i suoi piccoli capolavori e conservava i fallimenti, a monito.
E come a Gefahrdorf Lazarus trattenne il riflusso acido che gli invase l'esofago, tentando di sopprimere la consapevolezza di quante vite si fossero spente tra gli artigli d'acciaio del Dottore - o peggio, quanti di coloro che vi erano passati ancora vivevano, deformi e folli.
« E' stupendo. » - sussurrò sgomento l'uomo, non trovando altra definizione per l'Orrore.
Le strette passerelle di nuda roccia che s'intersecavano ad ogni altezza sulla voragine cilindrica che era il Trono del Titano parevano fili di ragnatela tesi da qualche enorme aracnide e da lassù poteva vederlo, il grosso del loro esercito, traballante e sconvolto, incespicare nell'antro del Corvo.
Sarebbero morti comunque, si era ripetuto più volte da quand'erano partiti.
Sarebbero morti comunque.
Ma poco più in alto, appena qualche metro sopra di loro, lui attendeva! L'inconfondibile maschera cerusica spuntava greve dalla massa ammantata di nero, goffa e sgraziata, ma Lazarus sapeva cosa essa nascondesse. Conosceva l'aspetto di quel corpo ibrido e deforme e ne voleva carpire i segreti strappandoli dalla carne stessa nella quale erano infissi - l'intera crociata di Kreisler era per lui unicamente un mezzo per predare il cadavere del dottore prima che i suoi stessi corvi ne divorassero le preziose spoglie.
Cos'aveva creato, quell'abominio di ferro e sangue? Quanti esperimenti - nella sterminata selva di cadaveri ed aborti che si era lasciato dietro - quanti esperimenti eran dunque stati coronati dal successo? Quali motivazioni guidavano le azioni di un essere talmente deforme nella mente e nel corpo da esser superiore alla morale comune, alla ragione ed alla natura stessa?
Parlami, avrebbe voluto dirgli.
Ma Doctor non si voltò.
Al fianco dell'essere vi era un ragazzo. Macilento, pallido, i capelli scarmigliati, la pelle deturpata, pareva l'ennesimo scarto dei massacri del dottore. Ma a differenza di coloro che giacevano nel Trono del Sovrano lui era in piedi, libero, vivo.
Era vincitore nella lotteria dei vinti, era il successo. E Lazarus, per un istante, ne fu geloso.
Poi, la volta esplose in una valanga di roccia e luce.
Per primo cadde il forcone nelle mani dell'uomo al suo fianco. Sopravvissuto allo sterminio della sua gente, al dolore, accorso sin li per combattere colui che gli aveva tolto tutto, il contadino s'accasciò a terra esanime perdendo la minuscola scintilla che fino ad allora gli aveva donato un seppur minimo valore in quella guerra. Ed uno dopo l'altro caddero tutti gli altri, spighe falciate da una lama invisibile che si faceva strada non nelle carni degli uomini ma nelle loro menti. E tra le urla e gli addii silenziosi, mentre la sagoma della viverna di Kreisler scendeva inesorabile inondando di luce l'orrendo laboratorio, il giocattolaio sentì quella lama psichica fendere il suo cervello, e dilaniarne la mente.
Il guerriero ammantato di luce davanti a lui precipitò nel vuoto, ed i mercenari radunati dal cavalcaviverne caddero come tessere del domino consumati dall'assalto di Louis Worldgate, ma lui rimase. Lazarus rimase, anche se per un istante solo. Le ginocchia cedettero, il peso del corpo lo trascinò a terra ed il giocattolaio cadde dalla passerella di roccia franando qualche metro più sotto, sui corpi di coloro che per quell'assalto erano stati i suoi compagni, giacendo infine scompostamente nella nuova ecatombe del Trono del Titano.
E mentre la Viverna e la Chimera si davano battaglia per le ceneri di Lithien, la mente del giocattolaio combatteva per non esser schiacciata come le altre dal peso del suo stesso essere - combatteva in silenzio, all'ombra dei cadaveri.
_____________ Ventre del Titano, da qualche parte_____
Silenzio. Innaturale, invadente, assordante. L'enorme costruzione scavata nella nuda roccia era soverchiata da quella stasi imposta con la forza di centinaia di corpi, unico risultato apparente di quell'olocausto insensato. Del Dottore e del Cavalcaviverna non v'era traccia ed i sottili raggi di luna che invadevano ormai la grotta, scivolando leggeri attraverso la volta crollata, illuminavano tristemente la desolazione del Titano caduto. Ponti di roccia interrotti a mezz'aria, teche in frantumi ormai eviscerate di quel liquido verdognolo che consacrava i trofei di Doctor all'infinito, e corpi.
Innumerevoli, fragili corpi di uomini. L'esercito di Lithien, l'esercito di Kreisler, giaceva scomposto lungo tutta l'altezza del Trono del Titano. Tra le rovine di quel luogo maledetto avevano dunque trovato la pace, infine, ma del loro comandante non v'era più traccia e neppure dell'aberrazione verso la quale avevano votato la propria ira, la propria vita.
Sotto le palpebre stanche le pupille del giocattolaio correvano veloci, quasi la sua mente fosse persa in un sogno; e come i primi raggi del sole rubano al sogno gli uomini, i frammenti di luce lunare bagnarono gli occhi grigi attraverso la fessura delle palpebre serrate tentando di riportare il rosso nel mondo materiale.
Socchiuse dunque gli occhi, stranito. Disteso sulla schiena inarcata, giaceva su di un morbido letto di stoffe multicolori, tiepida collinetta sospesa nel vuoto; ed a testa in giù, i capelli color della ruggine penzoloni oltre la fronte, l'uomo si chiese - per la prima volta con serietà - se quella vita non fosse troppo per lui. Non ricordava cosa l'assalto psionico l'avesse obbligato a vivere, nei meandri più oscuri del suo subconscio, ma era consapevole di esser rimasto svenuto per ore ed ore, forse giorni. Era come essersi svegliati da un doloroso, umiliante, terribile sogno e tentare - invano - di ricordarne i protagonisti, di delinearne i contorni. Pian piano anche le fugaci immagini rimaste nella sua mente svanirono, lasciandolo solo con quella disarmante consapevolezza ed un'opprimente senso di colpa. Cos'era successo, nella sua mente distrutta?
Infine, sentì il dolore. Un'emicrania, decine di coltelli piantati nel cranio, sciami ronzanti che gli divoravano il cervello: non riusciva a quantificare quel dolore lancinante e si contorse, rotolando su di un fianco.
A pochi centimetri dal suo corpo sconvolto dai tremiti le profondità del Trono del Titano si spalancavano oscure, infinite, mortale precipizio oltre il ponticello spezzato sul quale l'avventuriero giaceva, sui corpi dei suoi compagni caduti.
Ma questa volta non cadde. Ignaro, s'accorse di esser franato - incosciente - sul passeggiamento sottostante a quello imboccato dal piccolo gruppo, cadendo fortuitamente sui corpi dei due uomini a lui assegnati travolti ben più facilmente del giocattolaio dalla bordata psionica. Il dolore annebbiava i sensi ma s'impose di calmare i fremiti stringendo i denti tanto forte da farli scricchiolare e spalancando gli occhi, il respiro lento e profondo. Rimase li sdraiato per diversi minuti, tentando di sopprimere il dolore e far ordine nella sua mente lacera; assurdi caleidoscopi di luce comparivano di tanto in tanto all'estremo della sua visuale, ma muovendo lo sguardo Lazarus li inseguiva con stupore mentre questi svanivano, ricomparendo all'estremità opposta della scena. Dovette chiuder gli occhi più volte per far si che il nervo ottico si abituasse a quello strano assetto mentale, ed infine anche il dolore scemò lentamente.
Si mosse con circospezione. La spalla sinistra - ancora! - sembrava essersi lussata nella caduta, ma non era una ferita grave. Ben più grave era, invece, la sua posizione.
« Kreisler!. » - si trovò ad imprecare, alzando finalmente la testa da quel cuscino di carni - « maledetto il giorno in cui AH! »
Sussultò nuovamente, scivolando un poco sulla morbida carne che lo sosteneva. Le armi e le leggere armature dei suoi sottoposti gli graffiavano le membra, pericolose nelle mani di quegli esseri ormai ridotti a vegetali forse più che in mano agli uomini che erano stati. Si alzò, facendo attenzione a non ferirsi con quell'accozzaglia di carne e ciarpame, e finalmente tornò in piedi. Sovrastava il piccolo ponticello di roccia, svettando sopra i corpi accasciati, ma sopra di lui v'era il livello dal quale era caduto - irraggiungibile per il giocattolaio, e pericolosa la scalata quanto la discesa. Sotto la passerella di granito, infatti, v'era solo la più cieca oscurità.
« ... »
Sospirò, all'erta. Assieme ai suoi compagni d'arme era stato pronto a combattere una grande battaglia ma ora era solo nel ventre della montagna e non sapeva se Doctor - o chissà quante delle sue aberranti creazioni - fosse ancora in giro per il Trono del Titano. La vista s'era indebolita, forse a causa dell'assalto subito dalla sua mente stanca, e le tenebre che si spalancavano sotto e attorno a lui erano più impenetrabili di quanto si aspettasse. Fiducioso di poter recuperare le sue facoltà una volta uscito da quell'inferno, Lazarus percorse il ponticello fino a ritornare lungo la parete dell'enorme ambiente ricavano nel cuore della montagna, in cerca del cunicolo corrispondente al nuovo livello sul quale era franato.
_____ Ventre del Titano, corridoio laterale_____________Nella battaglia nel profondo della Gwathlàiss, alle porte del villaggio delle fate, l'uomo aveva provato sulla propria pelle - forse per la prima volta da quando aveva intrapreso quel viaggio - la frenesia della guerra. Era stato un piccolo conflitto, certo. I loro alleati erano esseri magici barricati dietro le loro difese di legno vivo, e i nemici corrotti dalla putrefazione correvano in bocca ai loro carnefici senza il minimo istinto di sopravvivenza. Non aveva dovuto serrare le file davanti ad una carica, nessun essere umano era spirato sotto i colpi della sua arma. Aveva combattuto senza porsi dilemmi etici, trucidando bestie ed aberrazioni per rimanere in vita. Ma era stata una battaglia e, in parte, era stata anche la sua.
Aveva acuito l'istinto, Lazarus. Dopo mesi di peregrinazioni nell'Eden aveva sviluppato finalmente la capacità di intuizione, percezione, necessaria a salvarsi in tante piccole situazioni. Il sesto senso dei Frémalis, gli avevano detto le fate dopo la battaglia; semplice adattamento, pensava lui. Nel cunicolo immerso nell'oscurità, però, l'origine di quell'istinto eccezionale non era rilevante.
Si era fermato. Poco più avanti il percorso variava leggermente, curvando a gomito verso sinistra. Di tanto in tanto le torce di Doctor rischiaravano il cunicolo lasciando ampi tratti bui - quasi il dottore di prendesse gioco di lui, dopo tutto ciò che gli aveva fatto penare - ma in quel punto il chiarore della fiamma trapelava appena, lasciando la nuda roccia immersa in un inquieto e tremolante chiarore.
Era dunque fermo da alcuni minuti, ormai, e non v'era una ragione. Nessun rumore, nessun sussulto, neppure un movimento davanti a lui se non il tenue baluginare della luce lontana. Eppure qualcosa lo tratteneva dall'avanzare, qualcosa che l'aveva salvato diverse volte nella battaglia contro le Ombre.
Il suono di qualcosa che si strappa.
Infine lo sentì. Non si era sbagliato, e ne fu felice, poiché non avrebbe potuto reagire ad un incontro inaspettato in quel budello infernale. Avanzò lentamente, facendo attenzione a non tradire la propria presenza in alcun modo, portandosi rasomuro fino al punto dove il cunicolo curvava e si sporse con lentezza indicibile, rimanendo nascosto nella penombra, in cerca della fonte di quel rumore.
Trattenne il respiro. Pochi metri più avanti, curvo su quello che pareva esser stato uno dei mostruosi ibridi di Doctor, v'era un essere glabro, pallido. Massa di grasso purulenta, gli dava la schiena rimestando curiosamente nel ventre del cadavere - che doveva esser stato ibridato con chissà quale canide, a giudicare dal muso allungato e spelacchiato, privo di un occhio. L'essere smise di cibarsi alzando la testa di scatto, di tre quarti, rivelando un volto deforme e piccoli, aguzzi denti maligni.
Lazarus si ritrasse di scatto, il cuore che pompava impetuosamente sangue in tutto il corpo. Tornare indietro era fuori discussione: quella era l'unica strada che poteva sperare di percorrere. Le capacità di quel piccolo mostriciattolo gli erano sconosciute ma forse poteva sorprenderlo, o aggirarlo, sempre se non l'aveva visto.
Da dietro l'angolo un altro pezzo di carne decomposta si staccò dal cadavere del canide, rassicurandolo: il lauto banchetto stava continuando.
Si fece forza, scostando il mantello da viaggio dall'impugnatura della fidata pistola per poterla estrarre in casi estremi, e nuovamente si affacciò: l'essere rimase voltato, sviscerando imperterrito la sua preda con fare divertito.
« Piccolo bastardo » - pensò Lazarus, strisciando lentamente contro il muro portandosi allo scoperto; passo dopo passo si allontanò dal suo sicuro nascondiglio, i muscoli tesi all'inverosimile, tenendo lo sguardo fisso sul disgustoso spettacolo che gli si parava davanti. Quell'affare non pareva un grande combattente: tozzo, estremamente basso, ricoperto di piaghe e bubboni perlacei, sembrava non aver mai visto la luce del sole. Era privo di orecchie ma un foro consunto dal lato della testa che poteva scorgere gli suggeriva fosse dotato dell'udito. Non emetteva alcun verso e sembrava divertirsi a punzecchiare il suo pasto con mani artigliate con le quali Lazarus non voleva certo avere a che fare. Concentrato sul suo orrido ospite l'uomo strisciò silenzioso, muovendo i piedi con calma e circospezione, avanzando lentamente.
TONF
Il sangue gli si gelò nelle vene. Un teschio scheggiato, unto, cozzò contro il suo piede rimbalzando poco più avanti, sornione. Gli occhi sbarrati fissi sul maledetto osso, Lazarus si voltò con terrore verso il mostriciattolo pronto a sfruttare l'effetto sorpresa.
« Non voltarti non voltarti non voltarti, cazzo! »
E quello non si voltò, continuando imperterrito a mangiare.
La mente dell'uomo sussultò appena, scossa da un'energia che mai aveva provato prima. In un lampo di luce vide se stesso per un istante, inginocchiato, la biblioteca della sua vecchia casa devastata, sangue per terra, luci di fiamme. Una scena che ricordava fin troppo bene...ma che non aveva vissuto da quella prospettiva. Il mostriciattolo non si mosse dunque, sordo, e l'uomo capì che qualcosa era avvenuto nella sua mente devastata, mentre la psiche di Louis Worldgate bombardava il suo subconscio. Ghignò incredulo, si fece più temerario: passò rapidamente la lingua sulle labbra secche, inumidendole.
« ...sei sordo? »
Apostrofò il mostro, sempre più incredulo. Già i muscoli si stavano rilassando, riprendendosi dallo spavento di poco prima. Lentamente avanzò, la bocca ancora semiaperta in un sorrisetto di malizioso stupore: cos'era successo? Davvero era stato lui a inibire le capacità dell'abominio? Si morse il labbro inferiore, reprimendo la foga: poteva esser solo suggestione. Non poteva rischiare. Si guardò attorno, individuò ciò che cercava: il resto dello scheletro urtato prima; prelevò un femore, ne saggiò la resistenza, tornò verso il mostriciattolo.
Un singolo colpo alla base del cranio, gli occhietti infossati non avrebbero neppure colto il movimento: avrebbe abbattuto l'essere con un colpo secco e sarebbe corso via, avanzando nel tunnel senza il timore di esser sorpreso in seguito. Alzò le braccia, brandendo il lungo osso, esaltato.
La creatura mosse la testa verso il capo del cadavere, adocchiando apparentemente il bulbo oculare sopravvissuto allo spuntino, e con un guizzo giallognolo la pupilla saettò verso Lazarus stringendosi a fessura.
L'aveva visto. Ma era troppo tardi.
L'osso calò verso la testa pallida mentre l'omuncolo spalancava le fauci, esibendosi in quello che pareva un urlo muto e nervoso, alzando gli avambracci sproporzionati per il resto del corpo. Il giocattolaio strinse i denti colpendo con tutta la forza rimastagli ma questi parò con il braccio con inaspettata prontezza, mulinando gli arti follemente nel tentativo di dilaniare il suo assalitore. Lazarus indietreggiò con un balzo ma i lunghi artigli sferzarono la carne, aprendo un lungo taglio orizzontale sulla coscia sinistra.
L'uomo si concentrò questa volta sugli occhi dell'essere, tentando come prima di invalidarlo. Con un urlo di dolore si tolse dalla portata degli incoerenti attacchi della creatura brandendo l'osso a mo' di spada, respirando rumorosamente tentando di ignorare il bruciore alla gamba.
« Avanti! »
Il mostriciattolo s'era ormai voltato del tutto per affrontare il suo assalitore, ma anche così non incuteva certo timore - piuttosto, disgusto. Gli occhietti gialli iniettati di sangue parevano non percepire nulla dell'ambiente circostante, roteando insensatamente come biglie impazzite mentre questi mulinava gli arti alla cieca, privato dell'udito ed ora - ne era certo - della vista.
L'uomo sorrise.
Non per l'assurdo contorcersi dell'aberrazione, non perché considerava già sua la vittoria, ma perché quel viaggio nel ventre della montagna, nel nido del corvo, nella tana della chimera, quel viaggio suicida l'aveva visto uscirne vivo e - come il ragazzo che aveva invidiato ergersi al fianco del Dottore - vincitore! Non sapeva se Doctor era morto. Non sapeva quali arcani segreti nascondesse Lithien. Ma nelle sue mani - anzi, nella sua mente, v'era ora un'assaggio del premio che aveva adocchiato mesi prima nella devastata Gefahrdorf. Potere! Possibilità, flessibilità, e l'inizio di una strada da percorrere verso qualcosa di più grande, qualcosa che avrebbe potuto soddisfare la sua monomania, la sua ossessiva ricerca.
L'omuncolo continuò a divincolarsi follemente, artigliando l'aria in un muto grido nonostente il braccio invalidato, poi si fermò ansimante. Annusò l'aria con le narici scavate nel volto piatto, contrasse la bocca priva di labbra un paio di volte e si chinò ancora, soffiando sommessamente. Pieno d'orrore Lazarus osservò il mostro torcersi innaturalmente, premendo l'enorme ventre più volte con l'arto ancora sano, mentre lunghi chelicheri pelosi si facevano strada dalla bocca sbavante: uno dopo l'altro, in secondi che parvero interminabili, una dozzina di grossi aracnidi emersero da quel cavo immondo vagando per il corridoio, sul cadavere del canide mezzo sventrato, sul corpo stesso del loro evocatore. Questi, gli occhi ormai rovesciati per lo sforzo, si rialzò con un lungo risucchio, riprendendo fiato e rimettendo in asse la mascella slogatasi per vomitare l'orrida nidiata. Sfregò i denti inarcando la schiena in quello che pareva esser una minaccia verso colui che l'aveva ridotto in quello stato, goffamente si voltò senza smettere di artigliare l'aria e corse via, sbattendo contro il muro irato per poi svanire nella direzione da cui Lazarus era arrivato.
« ...è finita... »
Incredulo, il giocattolaio indietreggiò appena, seguendo con lo sguardo la fuga del suo improbabile nemico. Ma a quanto pareva, i pargoli rigurgitati pochi istanti prima non erano del suo stesso parere: apparentemente galvanizzati dallo strano ringhio ferino del padre, i deformi artropodi sciamavano lenti ma costanti verso il giocattolaio. L'uomo aveva già affrontato esseri simili, sulle nevi dell'Erydlyss, ma era riposato, incolume ed in compagnia di un costrutto, uno sciamano, Kreisler e persino di un drago: una compagnia che ben rimpiangeva ora, ferito e malandato nelle profondità del Trono del Sovrano.
Le gambe gli tremavano, ormai ansimava, esausto. Il sonno tormentato dal quale si era risvegliato nelle ore precedenti non l'aveva minimamente ristorato e le ferite del corpo e della mente non gli avrebbero certo permesso di sconfiggere quegli avversari. Con l'ultimo barlume di forza strinse le palpebre, concretizzando a mezz'aria davanti a sé i fidati richiami di legno e porcellana, grossi cumuli ronzanti di ingranaggi lame e scarti d'ogni sorta coronati da un volto scheggiato, inespressivo. Indietreggiò, spossato enormemente da quest'ultimo sforzo, e lanciò i suoi compagni di metallo all'attacco. Alcuni ragni saltarono, sopraffacendo i costrutti con forza disarmante, ma Lazarus non potè vederli. Il giocattolaio già fuggiva per il cunicolo così faticosamente conquistato trascinandosi per inerzia, rallentato dalle ferite e dalle energie ormai agli sgoccioli. Trasognato, sanguinante, l'uomo percorse il corridoio in discesa in un coma vigile, assalito da ricordi che aveva rimosso da tempo. Corse, cadde, si rialzò decine di volte, si ferì sulle rocce aguzze e quasi non si accorse della luce lunare che lentamente filtrò dall'imboccatura del tunnel quando, finalmente, l'uscita si fece prossima.
Non si fermò neppure quando le stelle si stagliarono sopra di lui. E non si fermò quando il Trono del Titano rimpicciolì pian piano, monito di un fallimento macchiato dal sangue di decine di uomini.
Fu un tronco secco, dimenticato, che invero lo fermò.
Il piede in fallo, la mente ormai spenta per lo sforzo estremo, Lazarus incespicò goffamente cadendo in ginocchio. La vista offuscata, prima di crollare esanime scorse le catapecchie scricchiolanti che s'era lasciato alle spalle tempo prima, l'insegna logora de Ai Piedi del Trono.
Ed un grosso corvo, nero come l'anima più oscura, appollaiato su di essa, che l'osservava.
Primo combattimento autoconclusivo su Asgra D: Non sapevo come comportarmi e devo dire che ho usato la scusa della "scena free che frutta soldi" per...guadagnare qualcosina da una scena che avevo intenzione di fare. Oltre ovviamente per provare questa "modalità" di giocata e testare la nuova classe del Pg (Mentalismo, acquistata appunto on gdr come conseguenza dell'assalto di Louis), con personali e stile di combattimento annessi. Mi sono divertito molto, spero di non aver sbagliato a bilanciare autoconservazione e correttezza GDRristica e mi auguro che il correttore trovi il testo di suo gradimento.
Piccola nota: il titolo in tedesco lo prendo in prestito dalle Winterreise di Bastard come sorta di ammena, e ringraziamento, per le due quest alle quali Lazarus ha potuto partecipare. Direi che glie lo devo
L a z a r u s
{ Critico -44% | Alto -22% | Medio -11% | Basso -6% }
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Energie: 78%
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Abilità Passive• Vigilanza Frémalis:
Personale 4/4 di mentoraggio, Auspex Passivo attraverso l'istinto.• Un Vuoto nel Petto:
Pergamena Gialla Mentalista Mente Impenetrabile, difesa Psionica Passiva• Sulla Carne:
Passiva Razziale Umani, non sviene sotto il 10% di Energie• Il Giocattolo Prediletto:
- Personale 1/4, Passiva evocazioni utilizzabili come tramite per abilità.- Passiva di Talento Evocatore I, Evocazioni immediate senza concentrazione• Riverbero del Titano:
Malus in-game da quest, danno psichico come ossessione dal passato ad ogni inizio giocata• Immer bereit zum streik :
Passiva arma sempre carica• Todesfurcht: Malus,
aura dell'arma sempre percepibileEquipaggiamento• Pistola
Ehre eines Mädchens in tasca [5/5 colpi].
FeriteEmicrania lancinante, spalla sinistra lussata.
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Raccattacarogne
[Dretch]
[Pericolosità: F][Classe: Negromante][1CS]
Energie: 100%
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Abilità Passive• Insensibilità al dolore
• Non sviene sotto il 10% di Energie
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ResocontoCITAZIONE
Lazarus si risveglia dopo l'attacco di Louis: è caduto sul camminamento immediatamente sottostante a quello dove si trovava, sui corpi dei suoi compagni. Entrato nel cunicolo alle sue spalle per uscire dal Trono cammina per decine di minuti fino a trovarsi ad una curva: il suo sesto senso lo fa fermare e, dopo poco, sente il rumore di qualcosa che si strappa. Si sporge e vede un essere che divora una carogna. Lentamente prova a superarlo furtivamente ma urta un teschio provocando rumore: l'essere non si volta, reso sordo da un potere psionico attivato involontariamente dall'uomo. Questi si fa forza, raccoglie un osso e tenta di colpire il mostriciattolo ma per pura sfortuna viene individuato e mentre mena il colpo è ferito alla gamba da un'artigliata. Con più concentrazione Lazarus priva della vista il nemico e questi vomita degli Scarti [I Molti, ragni] e dopo averli istigati alla lotta fugge. Con le ultime energie Lazarus evoca anch'egli i suoi giocattoli per trattenere i ragni e si trascina via, scappando fuori dalla montagna per svenire alle porte del villaggio dal quale era partito.
Lazarus: [
Privazione Sensoriale] Sordo - perdita udito, consumo basso, danno psionico basso
Lazarus: [
Conoscenze Anatomiche] Opportunista - invalida arto, danno critico, consumo critico
Dretch: Artigliata - consumo Alto, danno fisico Alto
Lazarus: [
Privazione Sensoriale] Allucinogeno - perdita vista, consumo medio, danno psionico basso
Dretch: Evocazione - consumo Medio, evocazione Media [2CS, 2Turni]
Dretch: Sabba - consumo Critico, 2CS di power up per alleati ed evocazioni
Lazarus
b>Energie: 78% - 6% - 44% - 11% = 17%
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Dretch
Energie: 100% - 22% - 11 - 44% = 23%
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Lazarus: [
I Ronzanti] Attiva Evocatore I- consumo Medio, evocazione Media [2CS, 2Turni]
Lazarus
Energie: 16% - 11% = 5%
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