Like a paper airplane ········ - Group:
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| Esordio: non serve oro per morire Legenda: aa = parlato aa = pensieri, messaggi scritti, ricordi, altro Ci sono giorni in cui ci si può perdere nel nulla, in cui le azioni soffocano la coscienza e tutto pare sfumarsi in una pace calma e ovattata. Le sono sempre piaciuti, perché può illudersi di essere un'altra, di non avere problemi, di sopravvivere in eterno al di sopra delle nuvole. Ma non può durare a lungo. Ed ogni volta il ritorno alla consapevolezza è doloroso, come una pugnalata nello stomaco, come una morsa che spappola il cuore. Sono i ricordi a riafferrarla per i capelli e trascinarla sulla terra, e più giù, nel profondo dell'inferno. Non ne potrà mai uscire, anche se non vi si trova fisicamente. È là, sempre a un passo da lei, immensa bocca spalancata in fondo alla quale intravede le proprie colpe. E quasi sempre è lui che la chiama, che le sussurra parole d'amore, promettendole un passato lontano e irrecuperabile. Con il tempo ha imparato a resistere, si è fatta più severa dell'acciaio, più spinosa di una rosa rossa d'estate, più sensuale di una geisha. Ha imparato a ridurre gli uomini in proprio potere, a prendersi gioco dei loro sentimenti, a fare leva sulle loro debolezze. E ha perso ogni pudore, ogni vergogna. Uccidere non è solo il suo triste dovere, è la sua vendetta, il suo personale gioco con la vita. Ci sarà un dio che la manterrà in vita ancora per un giorno? Che conserverà per un altro istante il suo respiro? Ci sarà divinità tanto ardita e sconsiderata da volerla tra i vivi? Provoca e ne ride, e in quei momenti le pare di tornare indietro, in un luogo ancora migliore di quello nebbioso in cui di solito si perde. Il respiro si affretta, il cuore batte in corsa, il suo sorriso non è più una smorfia d'ironico sarcasmo. Corre e affianca le proprie prede. Non è malvagia, è solo cacciatrice, spietata combattente, mercenaria al soldo di se stessa. Affonda la lama e l'animale bramisce disperato, gli zoccoli scalciano il terreno, il sangue zampilla dal collo. È stato un colpo netto, un colpo del non ritorno, che non concederà redenzione. Nemmeno a lei è stata offerta una scelta. Non sente la furia, non la rabbia che nasce dalle viscere. Quella è solo per gli uomini, per le creature dotate di cattiveria e d'intelligenza, di quelle due facoltà che tanto spesso vanno di pari passo. Chiude gli occhi del cervo dal pelo lucente e si bagna le dita nel suo sangue. Rivede Lui, i suoi occhi sbarrati dal terrore di essere stato scoperto, poi da quello di essere stato ucciso. Sorride. Ma già il respiro si è placato, i suoi occhi non scintillano più. Si rialza e il mondo non è più fatto dei vividi colori smeraldini della foresta, ma è tornato opaco e insignificante. Non raccoglie nemmeno la propria preda. Resta immobile a fissarla, cercando di fermare quella piacevole battuta di caccia, ringraziando l'anima di quella creatura che le ha concesso il piacere, anche se per così poco. Aveva ancora gli occhi socchiusi, meditava, quando il cervo si rimise in piedi facendo leva sulle zampe sottili. Fece un passo indietro. Non credeva ai propri occhi. Quell'animale era morto, lei stessa aveva potuto constatare quanto la lama fosse penetrata nella giugulare. Eppure ora era lì di fronte alla sua assassina, la testa ciondoloni con quegli occhi di cui si vedeva solo il bianco. Dal collo scorreva ancora sangue, la lingua penzolava orribilmente di lato. Scosse il capo. Decisamente non era vivo, almeno non come lei era abituata a pensare dovesse essere un animale vivo. Lo vide fare un passo. Era ondeggiante, quasi non controllasse i propri muscoli. Le belle corna tracciavano ampi archi sopra il collo spezzato. Non aveva che una parola per una cosa del genere, una parola che aveva timore di pronunciare.
Morto vivente... Sentì diffondersi l'adrenalina con le parole. Non sapeva perché un tale diversivo fosse concesso proprio a lei, ma iniziava a interessarle. Sfoderò la spada, inclinando il capo a destra e a sinistra e assaporando il tendersi del muscolo e delle ossa. Ma dovette ricredersi nuovamente. L'animale non la attaccò. Anzi, rimase a distanza e le porse qualcosa che teneva tra le mascelle. Non si sarebbe mai e poi mai avvicinata, se solo fosse stata una persona sensata. Un messaggio del genere, un messaggio dagli inferi, non porta mai buone notizie. Ugualmente sapeva che spesso i signori della Bianca Reggia hanno strani costumi e, quasi sorridendo, prendendo in giro il destino e il futuro, tese le dita sottili. Se avesse dovuto morire in quell'istante si sarebbe risparmiata i dolori del seguito, che si doveva presumere non semplice. La lettera scivolò nella sua mano, morbida al tatto, gravida e promettente. La aprì, mentre davanti a lei l'animale ricadeva a terra come se niente fosse accaduto. Era un messaggio, di più, una missione. I suoi occhi brillarono mentre scorreva le parole, prima sommariamente, poi con più attenzione.
Il comandante di questa missione sarà una ragazza con una benda sul occhio i cui ordini non devono in nessun caso essere messi in discussione secondo i più classici regolamenti dei mercenari. All’interno del tempio tutti i monaci andranno considerati come nemici pericolosi ed eliminati senza alcun avviso o attesa. Per raggiungere il luogo in questione è sufficiente strappare la pergamena accettando così la missione, il ritorno viene garantito con lo stesso sistema di trasporto dell’andata al completamento della missione.
Una ragazza. Le piaceva. Annuì e meditò che in effetti non faceva alcuna differenza. Non le interessava la ricompensa, non le importava il capo. Altro aveva suscitato il suo interesse. Monaci, monaci pericolosi. Voleva dire setta religiosa, voleva dire ribelli e separatisti, famiglie morte per la loro causa. Sangue, uccisioni senza motivo, le sue sorelle e i suoi genitori e lei e.... Sbattè gli occhi, sentendosi confusa. Stava correndo troppo. Voleva semplicemente dire che poteva mettere fine a chissà quale pericolo e che poteva farlo con la forza. Senza pensarci due volte strappò la pergamena.
Sentì qualcosa afferrarla per lo stomaco. Era come nei suoi peggiori incubi, come se mani gelide la attirassero altrove. Vide per un attimo un volto familiare, le orbite vuote di un morto che non voleva ricordare. Gridò, sentendosi immobilizzata, mentre una luce abbagliante la accecava. In pochi istanti era tutto finito. Niente luce, niente presa, nulla di nulla. Davanti a lei la calma piatta di una montagna isolata, il vento che fischiava tra le vette, il profumo delle spezie. Non era inferno, quello, ne era certa. E nemmeno l'edificio sopra di lei, imponente e ordinato, poteva smentirla. I ricchi decori in oro, l'aspetto troneggiante, lasciavano intuire che quei monaci erano viziati, orgogliosi, dominatori. Sentì l'odio crescerle dentro. Ma quel sapore d'Oriente che permeava ogni cosa le diede una prima indicazione: andarci con i piedi di piombo. Non si scherza con il nemico. Ne ebbe subito la conferma. Poco avanti a lei due sagome, poi altre quattro. Non tutte in piedi, non tutte in grado di combattere. Uno era mutilato, un altro giaceva a terra. Indossavano una divisa, dovevano essere i monaci. Ma non parevano tali. Come aveva immaginato: dalla sua terra non poteva che provenire il Male, quello insidioso e pronto a colpire alle spalle. Notò che due dei combattenti parevano darsi da fare. Uno era un ragazzo, la spada grondante di sangue, l'altra una donna. Doveva essere il capo, difficile non riconoscere la banda che le copriva un occhio. Ma ciò che più la attrasse fu l'esaltazione nell'iride ancora vedente, quel misto di ansia e istinto animale che anche lei conosceva bene. Dimenticare, obliare, colpire, uccidere. Una serie di movimenti che sono in grado di zittire qualsiasi altro ricordo, qualsiasi paura. Sfoderò la katana, sentendo il sibilo piacevole al suo fianco. Ora doveva solo decidere di quale occuparsi. Valutò con un'occhiata quello che si stava rialzando dopo che la sua nuova comandante lo aveva gettato a terra. Colpire una ragazza alle spalle....no no, pessima idea. Ridacchiò, balzando in avanti. Lo aveva sottovalutato. E dire che si era ripromessa di non fare mosse azzardate. Per quanto ferito quel nemico non doveva essere ancora pronto a morire. Scartò di lato, rotolando a terra, e cercò di colpirla con un pugnale. Sentì una fitta esploderle lungo il polpaccio scoperto e scivolò su qualcosa di viscido sparso sul terreno. Cadde sulla schiena, sentì l'odore del sangue invaderle le narici, per un attimo nei suoi occhi brillarono luci scarlatte. Poi era di nuovo in piedi, un velo di sudore sulla fronte. L'aveva ingannata una volta, due sarebbe stato chiedere troppo. Veniva verso di lei, agile, forse un po' rallentato dalla precedente caduta. Proprio quello che le serviva. Gli sorrise, i capelli come la setosa ala di un corvo, le labbra bagnate di saliva. Era lei la predatrice. Rinfoderò la spada. Con un ninja è inutile cercare colpi goffi e rallentati. Aspettò che le arrivasse a tiro, poi si lanciò verso il basso, mani in avanti. Sentì tutti i muscoli tendersi e il suo corpo agile obbedire alla spinta. Mentre il nemico la cercava ad occhi sbarrati, volteggio verso il suo viso, la schiena arcuata in una movenza di danza. Gli atterrò alle spalle, si girò e già la sua mano bruciava. Era un guerriero degli inferi? Ebbene, gli avrebbe dato l'inferno. Non serve un tempio ricoperto d'oro per morire, basta una mano intrisa di fiamme. Gliela posò sugli occhi, quegli occhi felini e rabbiosi, e sentì la pelle bruciare e la resistenza affievolirsi sotto le sue dita. Un colpo al posto giusto e il più temibile degli avversari è fuori gioco. Si passò una mano sulla gamba, raccogliendo una goccia di sangue. Non pareva grave. Il ragazzo sembrava messo peggio. Lasciò la presa sul viso del monaco e sentì appena il tonfo del corpo a terra. Sulle sue labbra si dipinse un sorriso. Forse non avrebbe più dovuto temere attacchi per il momento. Congiunse le mani davanti al viso e fece un lieve inchino, indirizzando i propri poteri curativi verso la spalla del suo nuovo compagno di viaggio. Sperava di riuscire a guarirlo, che la ferita non fosse troppo grave. Quando si risollevò guardò la donna dai capelli ricci con i suoi profondi occhi scuri. Le pareva una a posto, una pronta a condurli alla vittoria, una che non aveva nulla da perdere e a cui non stava simpatica quella gentaglia. Proprio come lei.
Piacere di essere qui, signora, e piacere di poter essere dei suoi Le sue parole suonarono lievi, come il vento, solo un sussurro. Era certa che lei l'avrebbe sentita. Era certa che l'avrebbe compresa comunque, anche se non avesse parlato affatto. Ma non potevano essere soltanto loro, tre era un numero insufficiente. Quindi presto sarebbero arrivati altri, e lei non voleva perdersi lo spettacolo. Pronta a mettere mano alla spada per ogni evenienza, si preparò a localizzare il successivo avversario, o amico, o chiunque avesse attraversato il suo campo visivo. I suoi occhi brillarono.CITAZIONE (ReC 250) · (AeV 150) · (PeRf 200) · (PeRm 225) · (CaeM 200) Status: Ferita al polpaccio, lieve contusione per la caduta Consumi: Basso per la magia (- 6%) + Medio per la battaglia (- 11%) + Medio per l'acrobazia (-11%) + Medio per l'incantesimo di cura (-11%) Equipaggiamento: Spinadirosa (utilizzata), Ara-Stherin (solo portati); Shaimal-Norhas (solo portato); Pergamene: Padronanza elementale- Tradimento Note: Ta|k|, ho provato a curarti. Un modo come un altro per far fare conoscenza ai pg. Spero sia stata cosa gradita ^^.
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