Like a paper airplane ········ - Group:
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| E quale è di pazzia segno più espresso che, per altri voler, perder sé stesso? Tremava appoggiata contro il suo petto, tremava eppure si rifiutava di abbandonarlo. Come ogni volta che entrava in contatto con lui provava paura, paura fredda e inveterata, eppure quella volta aveva deciso che non le importava. Sentì le sue parole, poi il contatto delle sue braccia attorno alla schiena. Ebbe un brivido, a metà tra il disgusto e l'irosa passione. Finalmente la sfiorava, finalmente rispondeva con gentilezza a un suo gesto! Eppure a quanto aveva dovuto abbassarsi, per ottenerlo. Aveva dovuto rischiare la propria vita, sottometterla a lui perdendo ogni valore. Udì le sue parole, ma non ebbe il coraggio di guardare i suoi occhi. Tante volte li aveva visti, nel buio, luminosi e impassibili, quasi un artista bizzarro avesse deciso di mutare espressione giunto a metà della propria opera. Non seguivano le labbra, non seguivano le parole. Erano occhi terribili e li temeva più di qualunque altra cosa. Perché avrebbe potuto leggervi il disinteresse e la condanna, mentre a lei piaceva credere, lei voleva credere ad ogni cosa lui avrebbe detto.
Come una coltellata, un colpo in pieno petto che le mozzò il respiro. E non solo perché era stato lui a parlare. Dai meandri della sua coscienza, dal profondo dello stomaco e dagli arti che si erano raggelati, sentiva provenire una vaga consapevolezza, poco più consistente di un sogno. Non era la prima volta che udiva parole simili, pronunciate allo stesso modo. Parevano appartenere ad un'altra vita, come il fuoco e la voce, come quei sussurri terribili che la turbavano. Forse non erano così calde, non così avvolgenti, ma ugualmente dolorose. Dio quanto, quanto avrebbe voluto potersi affidare completamente, poter essere come Giulietta tra le braccia del suo Romeo. Le dita di lui scivolarono sul suo collo, sotto il mento. Le sollevò il viso e poggiò le labbra su quelle di lei. Di nuovo un brivido, di nuovo il ricordo. E a quel viso, a quel gesto, se ne sovrapponeva un altro. Occhi a mandorla, capelli scuri, un sorriso in grado di eguagliare la luce del sole. E lei era in un incubo e in un sogno insieme, sentiva di amare e di odiare, voleva morire e vivere quell'attimo per sempre. Era la preda più miserevole e più felice, come se i mille cocci del vaso dei suoi sentimenti stessero ricomponendosi per un'ultima, tragica volta. Si lasciò prendere, si lasciò sfiorare da quella delicatezza per lei inusuale. E proprio come se tutto il mondo non esistesse, le parve di congiungersi con l'infinito di cui parlano i santi e i libri delle lontane religioni. Possibile che fosse sempre stato lì, che lei non l'avesse mai notato? Ma ecco che di nuovo la voce tornava a gridare nella sua mente. Le parlava dell'altro uomo, dell'altra immagine. E di questa, e di entrambe e di nulla. Molti ragionamenti senza senso si affollavano nei suoi pensieri, come fili di cui manchi il gomitolo e la terminazione. Tante strade senza partenza né arrivo, che galleggino molli e desolate nel vuoto del non ricordo. Sentiva risate, sentiva grida, pianti e danze al chiaro della luna. E non sapeva più a quale dei due mondi appartenessero, se al reale, a quello che stava vivendo, al Re, o semplicemente alla triste cantilena che era iniziata al suo ingresso nella sala. E lei chi era, e cosa avrebbe dovuto fare ora? Sentiva il suo fiato su di sé, ma il contatto era terminato. Ebbe una visione fuggevole del suo viso, dei suoi tratti freschi e perfetti, perfino della luce azzurra delle sue iridi. Ma non volle interpretare, non volle capire. Lui le voltava le spalle e chinava il capo, muovendo le braccia come solo un ottimo attore sa fare. Seguiva come ammaliata la falda del suo nero manto, afflosciandosi a terra, sulle ginocchia, le mani a contatto con le pietre gelide. Lui l'amava, lui l'amava. Ma. C'è sempre un ma. Perché lei non aveva dimenticato la Regina, quella che lui ora nominava, sostenendo che il suo cuore era diviso tra loro. Sapeva quanto ne fosse attratto, quanto ambivalente potesse essere la sua passione. Forse lei gli assomigliava, forse era più appetibile perché più facile da ottenere. Forse già era riuscito a vincere in lei ogni resistenza. Ma non era abbastanza. Umiliazione, dolore, amore e passione, odio e possesso non erano sufficienti. Lui voleva di più, lui voleva tutto, anche quello che lei non riusciva a comprendere.
CITAZIONE « Eppure io non sarei in grado di eliminare nessuna di voi due... » Iniziò con l'immaginarlo intento all'opera di ucciderla, di ucciderle, ma nella sua mente ci fu come uno scatto. I suoi occhi si velarono, mentre una nuova visione occupava il posto della precedente. Una mano, candida e infantile, tesa attraverso le tenebre. Un piccolo viso dagli occhi dilatati di paura, i capelli sparpagliati sulle guance e umidi di sangue. E una ferita, enorme, come un grosso fiore dai rossi petali grottescamente sbocciato sul petto. Quella mano, ne era certa, la chiamava, e le porgeva un nastro rosso. E lei, che avrebbe dovuto essere al fianco di quella creatura, era distante. La sua mano si protendeva, ma non riusciva a raggiungerla. E sopra di lei una voce, seducente e piena di affetto. Una voce che diceva amore mio, che le chiedeva perché si era svegliata. Da dove veniva tutto quell'orrore, quell'improvviso sgomento che sentiva di provare. Le tremavano le ginocchia e nuove lacrime spuntavano ai lati dei suoi occhi. Ed ecco che di nuovo pensava a lui, alla sua vita trattenuta dalla ragnatela di cui lei e la Regina, come due contrappesi, due mosche imbrigliate, cercavano di rompere i legami. Se una ci fosse riuscita tutto sarebbe precipitato. Nei suoi occhi si accese una luce scaltra, malvagia, mentre ascoltava la voce. Parlava di sangue e di morte, di omicidio. Avrebbe potuto fare lei il lavoro, uccidere l'altra e liberare il campo. Avrebbe immerso le mani nel suo sangue, ne avrebbe bevuto come nei sacrifici, e sarebbe finalmente stata pura. Finalmente il sacrificio si sarebbe compiuto e il suo peccato sarebbe stato per sempre cancellato. Una sorta di folle esaltazione si dipinse sul suo viso assente, una contrazione nervosa delle labbra verso l'alto, la perdita di controllo quasi completa. Voleva chiedergli di dirle dove si trovasse la nemica, voleva che le ordinasse di eseguire la condanna. Ma si fermò, giusto un aggrottar di fronte per capire che lui non l'avrebbe mai perdonata. Forse avrebbe apprezzato il gesto, ma l'avrebbe cacciata lontano, nel deserto. Dove mai aveva già sentito il deserto, il suo caldo assurdo e sfiancante, il suo bacio mortale? E se invece fosse morto Romeo? Dopo tutto lui aveva detto uno di loro tre. Poggiò una mano a terra, facendosi forza, rimettendosi in piedi. Non se ne era neppure accorta, ma ecco che il fuoco divampava di nuovo, avvolgendola tutta, diventando ancora più intenso di prima. Anche i capelli ora parevano scarlatti come forti fiamme e quasi un metro di incandescente materia infernale la separava dal resto del mondo, dalle grida intimorite dei cortigiani che non capivano. Uccidere l'amante e poi uccidere se stessa, ritrovarlo nel girone del vento impetuoso, vagare insieme a lui, mano nella mano, per sempre. Ma di nuovo qualcosa non quadrava. Le bastava ripensare a lui, alla sua voce suadente per quanto non sincera, ai suoi occhi, alla sua pelle, e subito sentiva che le mancava la forza. Sarebbe potuta arrivare a un passo da lui, ma poi si sarebbe fermata. Perché lei non era un'assassina, giusto? Lei non avrebbe recitato quella parte nell'orrida tragedia della vita. E perché no, cantava la voce, ora rimbalzando in una cavità piena di echi. Ti sei forse fermata la prima volta? Eppure lei non ricordava, non provava altro che disgusto per quelle parole. Non bisognerebbe mai uccidere chi si ama, seppure l'amore in realtà non esista, anche se tutto non è che illusione. Lei come, come avrebbe potuto troncare il suo carnefice e il suo amante, colui che più le assomigliava e da cui più avrebbe voluto essere diversa? Gettò indietro la testa, come folle, guardando quel soffitto pieno di luci attraverso lo schermo delle fiamme. Si sentiva forte, sì, ma non abbastanza. Inspirò e l'aria attorno a lei era rovente. Questa era la vera tragedia, la tragedia di tutti i personaggi pusillanimi e infelici di fronte al destino. Si passò le mani sul viso, sentì che esisteva, che non era scomparsa, i suoi tremendi pensieri ancora non l'avevano ingoiata. Vedeva la Regina come un'ombra e lui, il re, come il suo nero mantello che sventolava al vento. Poteva quasi udire il canto, la sinfonia triste che li separava, atto dopo atto, sempre più lontani. E più si avvicinava la consapevolezza, l'ultima certezza, più il suono saliva e diventava rintocco di timpani nelle sue orecchie. Inspirò. Espirò. Riprese fiato, tornò a ricadere a terra, mentre anche le fiamme si ritraevano lente sotto l'onda del dolore. Ogni desiderio di uccidere era scomparso. Anche la voce si era acquietata, anche gli incubi.
Cosa vuoi che faccia? Domandò alla fine, rivolta verso di lui. O forse lo sussurrò soltanto, piano, in modo inudibile. Lei già sapeva cosa doveva fare. L'unica che lì poteva veramente morire era...doveva essere lei. Aveva giurato notte dopo notte fedeltà a quell'uomo. Fedeltà assoluta, fedeltà senza condizioni. Aveva giurato di esaudire ogni suo desiderio, di rendere la sua vita migliore. Gli altri parlavano di fedeltà, di notti passate nella cappella prima di essere fatti cavalieri. Dicevano che al re bisogna consacrare ogni cosa. Ma, al momento della resa dei conti, tutti pensavano a se stessi. Lei no. Per lui tutto. Il suo corpo, la sua anima, la sua vita. Doveva andarsene uno perché la tela fosse spezzata. Non sapeva a quale malvagio ragno potesse appartenere, ma avrebbe riso precipitando nel vuoto. Sarebbe stato molto tragico, molto appropriato, rifletteva una parte di lei, cinica, lontana e ormai soffocata. Ma non voleva che tutto accadesse così, mentre lui non la guardava. Sarebbe stata l'ultima vergogna. Come si chiamava quella donna, quella che era morta mentre il suo impossibile amore non poteva vederla? Le pareva Ofelia, ma non poteva esserne certa. E quale ricompensa aveva avuto? Il suo corpo, gonfio d'acqua e di vergogna, era scomparso poco dopo sotto la terra nuda, indegna perfino di una sepoltura, accompagnata dalla sua sola passione. Sentiva di delirare, sentiva ciò che si avvicendava nella sua mente senza logica né ordine. Guardò gli uomini attorno a lei, cercando qualcuno che possedesse un'arma. Ma parevano essere venuti tutti senza coltelli, senza spade, senza neppure una pistola. Si portò le mani agli occhi, si lasciò avvolgere dalle tenebre. Solo quando le riabbassò, poggiandole a terra, si accorse che le mattonelle erano state spezzate, cotte dall'impeto della sua fiamma. Sorrise. Forse qualcosa di lei sarebbe rimasto, qualunque fosse stata la conclusione di quella notte. Rivedeva macchie di sangue in distanza, uomini morti in una camera con un grande letto, corpi riversi sotto i suoi occhi. E sapeva di averli uccisi, e ne aveva paura, aveva paura della parte di lei che aveva compiuto tutto ciò. Ma aveva giurato fedeltà, fedeltà fino alla fine. Si avvicinò, quasi strisciò, fino all'uomo dal nero mantello. Ricordò il suo sguardo pieno di risentimento, gli occhi di un uomo deluso e imprigionato. E le parve di vedere i suoi, folli, non quelli di quella sera, ma quelli di un'altra epoca, lontana. Tese una mano tremante, chiedendosi se fosse veramente la sua o se si trattasse semplicemente di uno scherzo. Era affusolata, raffinata, bella, ma non stringeva alcun pugnale, alcuno strumento di morte. Nemmeno su se stessa poteva portare a termine quella tetra condanna. Fallito, totalmente, su ogni fronte. E ora, che avrebbe fatto? L'avrebbe tesa, si sarebbe aggrappata a lui, richiamando misera il suo sguardo sprezzante? No. La appoggiò su un ginocchio e si alzò in piedi, racimolando quella poca fierezza che le restava. Non di se stessa, ma dei propri propositi, dei propri desideri. Ancora nel suo sguardo brillavano confusione e follia, energie come rinate in quell'impeto divorante. Girò davanti a lui in modo da fronteggiarlo, sentì che sopra l'amore, sopra l'odio, era la passione a divampare. Avrebbe gridato, se solo non fosse stato tanto inappropriato e inelegante. Lo fissò, fissò le sue labbra e i suoi occhi. Nella sua indecisione ardeva il suo desiderio. Il desiderio di essere sua fino all'ultimo, fino alla morte. Di non renderlo infelice, nemmeno uccidendo la propria rivale. La pretesa di poter valere per lui qualcosa in più dell'ultimo di quei servitori. Lei, sì, lei, sarebbe stata fedele fino alla morte. Glielo avrebbe dimostrato. Se solo lui avesse avuto un'arma, un'arma soltanto. Gettò lo sguardo intorno. Vide un uomo con uno spadino da parata. Poteva bastare. In uno scatto, feroce e fulmineo, era su di lui, aveva afferrato l'oggetto per l'elsa, se lo era stretto al petto come fosse il suo bene più caro. Ed era tornata indietro. Una tragedia, sì, ma senza lieto fine, senza deus ex machina. Non era ammesso questa volta. Era pazza? Forse, ma l'amore è pazzia in fondo. Proprio come la fedeltà. Si pose davanti a lui. Non c'era più bisogno di fiamme. Non temeva più di guardare i suoi occhi.
Forse un giorno diranno che ti sono stata più fedele di tutti gli altri, fino alla morte. Forse diranno che ti ho fatto libero, che ti amavo. Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia. Chissà perché quel vecchio detto stantio le ritornava alla mente, residuo delle favole che ascoltava da bambina. E si faceva strada, grottesco e bizzarro, proprio mentre gli sfiorava la guancia con un bacio per l'ultima volta. Già il suo braccio destro era sollevato. Nel momento in cui si ritrasse, fluida ed elegante come sempre, iniziò la danza. Un sollevarsi di veli, capelli che le volavano negli occhi. Anche questo le era familiare. Rosso e nero, nero e rosso. E lui, azzurro e terribile, al centro di tutto. L'avrebbe vista un'ultima volta, solo qualche secondo, solo il tempo di dire addio a tutto quanto. Poi avrebbe calato il braccio, un colpo solo, un colpo al cuore. E lo avrebbe reso libero, e sarebbe stata sua, fedele, per sempre. Nulla è più incancellabile del sangue, sussurravano le serve maldicenti dopo che il re aveva battuto la danzatrice, la ballerina di cui avrebbe avuto tanto bisogno. Nulla.
Conosco l'arti del fellone ignote, ma ben può nulla chi morir non pote Passione Si parla spesso degli effetti della passione. I poeti l'hanno paragonata a molte cose, ma una la rappresenta più di tutto: il fuoco. Ardere, bruciare di passione, lasciare che invada il corpo e l'anima come un'unica forza, un unico sentimento. Dalys, ancella della morte e dell'amore, conosce bene di cosa si tratti. Sa quanto possa essere avvolgente, quanto possa diventare pericolosa. L'ha sentita dentro di sè danzando, nel deserto riarso, danzando negli incubi e nei miraggi, uccidendo il nemico che diceva di amarla. E' così che è nato il potere, che la donna e la maga sono diventate un'unica cosa. Sarà nella lotta, nella danza, letale gioco di sensuale battaglia, sarà sotto gli occhi del nemico che si manifesterà la sua forza. Sacerdotessa dell'eleganza e dell'inganno, evocherà la passione e diverrà fiamma, torcia ardente che saetta lucente e rapida nella notte. Un soffio non vi basterà per spegnerla, un gesto le basterà per farvi suoi. Praticamente, con una minima concentrazione il corpo di Dalys si coprirà di fiamme che non potranno in alcun modo scottarla e i suoi capelli arderanno come il fuoco, i suoi occhi diventeranno del colore rossastro delle braci. La ragazza potrà controllare le fiamme modificando la loro estensione attorno al proprio corpo e in tal misura il loro calore, in modo da infliggere danni bassi, medi, alti o critici al contatto in base all'energia spesa per evocare le fiamme stesse (l'estensione delle fiamme varia da un livello di pochi centimetri superficiale alla pelle ad uno spessore di due metri attorno al corpo). Questa tecnica può essere usata solo in attacco. In conseguenza di questo potere, la temperatura corporea della giovane sarà lievemente più alta del normale. Questo non avrà alcun risvolto pratico se non il fatto che la sua pelle risulterà sempre tiepida al contatto. [Consumo utilizzato: Alto]
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