Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il v i z i o ~

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view post Posted on 19/4/2009, 00:45
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Il V i z i o ~

« Il mio nome è Borzol gro-Olug,
consigliere oscuro di Lumbur gro-Marag,
il comandante in capo di noi tutte "Mani nere".
Questi, sono i miei ricordi. O almeno, ciò che ne rimane.
I giorni, le ore e i minuti prima della mia morte
si accavallano nella mia mente senza trovare né capo, né coda.
Qualcuno mi ha estratto il tutto dalla testa e l'ha archiviato,
solo per poterlo consultare a piacimento.
Quasi la mia morte non sia altro
che la manifestazione
di un
vizio. »


00:25 A.M.

« Io ero il nono di undici fratelli
dei quali non mi dilungherò ad elencare i nomi.
All'interno delle "Mani nere" eravamo conosciuti come
"Mele marce"
per i nostri truculenti massacri.
Io ero il più alto di grado
e colui al quale sarebbe stato riservato il destino peggiore
solo perché, nella mia onnipotenza,
avevo ambito a conquistare il trono
che non trema.
»

La cella era troppo piccola per poterlo contenere.
Persino tra i suoi simili, era sempre stato il guerriero più alto e grosso della linea; nonché il più intelligente. Il comandante delle "Mele marce" Borzol gro-Olug.
Si rigirò su di sé per qualche minuto, cercando una posizione in cui il soffitto non gli graffiasse ruvidamente la schiena, scorticandola con pragmatica lentezza.
Ricordava tutto con estrema chiarezza.
Ricordava di come i suoi fratelli l'avevano improvvisamente tradito, il giorno prima, quando aveva esposto loro il piano per conquistare il trono del "Re che non perde mai" e porgerlo in dono al loro comandante generale; Lumbur gro-Marag.
Il loro piano era stato semplice. Per prima cosa, erano riusciti a infiltrarsi nella corte senza destare il minimo sospetto, nascondendo il marchio delle "Mani nere" al di sotto dei loro mantelli. Nessuno avrebbe sospettato di loro se si fossero presentati come un contingente mercenario ambulante; non erano in pochi, in fondo, i deboli che, sicuri di non poter essere sconfitti sotto le ali del Monarca, si facevano assumere come carne da macello da spedire sui campi di battaglia del Re, facendosi pagare cifre esorbitanti.
Loro furono accolti allo stesso modo.
Non ricordava il viso del Re, ma ricordava del terrore che aveva provato in sua presenza. Una paura primordiale, che gli si era insinuata fin dentro le ossa, scuotendole e distruggendole.
Come avevano potuto anche solo pensare di potergli mentire?
Solo quando furono lontani, però, Borzol gro-Olug scoprì il tradimento dei propri fratelli.
Gli si rivoltarono contro, uno ad uno, lanciandosi contro la sua schiena inerme e giurando fedeltà ad un Re che fino a poco prima avevano disconosciuto. Rinnegando tutto ciò in cui avevano sempre creduto.
Benché fosse passato qualche giorno, le immagini erano ancora impresse nella sua retina come se vi fossero incise.
Aveva affondato la propria lama nella gola di ognuno di loro, dal primo all'ultimo, non senza uscirne illeso. Sentiva sulla propria schiena dei tagli troppo grandi e troppo profondi perché potessero essere provocati dalle lame di un assassino. Troppo grossolani perché potessero provenire da un attacco di uno dei raffinati guardiani del clan. L'inequivocabile prova di ciò che gli era successo, per quanto incredibile, pulsava ora dolorosamente dietro di lui con inequivocabile chiarezza, impedendogli di dimenticare il suo fratricidio.
Non erano quelle, però, le ferite più dolorose.
Pallido, Borzol gro-Olug teneva la mano destra avvolta in uno straccio strappato dalle proprie vesti, ormai sordido del sangue che l'inzuppava. Il braccio tremava convulso, cianotico, incapace di sopportare il dolore che l'aveva scosso fino a quell'istante.
Avrebbe voluto gridare, ma non aveva la voce per farlo.
Dopo averlo catturato e schiaffato in quella cella umida, quei bastardi gli avevano sottratto tre dita dalla sua preziosa mano destra, lasciandolo lì a morire dissanguato.
Era troppo grosso per poter morire per così poco e troppo navigato per poter urlare di dolore, anche se tutto ciò non lo tranquillizzava.
Non riusciva a guardarsi la mano.
Per nessuna ragione al mondo avrebbe posato lo sguardo su quella menomazione che, anche nel caso in cui fosse riuscito a liberarsi da quella cella, gli avrebbe impedito di combattere come una volte per il resto della sua vita.
Il secondino lo studiava da dietro le sbarre, seduto su una sedia.
Silenzioso ed immobile, sul suo viso era poggiata la maschera di un Dio scheletrico e ghignante, che impediva all'orco di scorgerne qualsiasi fattezza, nonché di dedurne qualsivoglia espressione.
Tremò convulso, spaventato da quella presenza così ferma ed inquietante.
Quella maschera lo terrorizzava. Da quando i secondini venivano forniti di oggetti di così crude fatture?
Poi, improvvisamente, l'uomo parlò.

« ...Com'è stato uccidere tutti i tuoi fratelli? »

La sua voce era subdola e regale al contempo; terrificantemente fredda. Statuario, sentiva lo sguardo del suo interlocutore gravare su di lui come un macigno, come se quel ragazzo lo stesse studiando da cima a fondo.
Un singulto lo scosse, e spostò lo sguardo di lato, incapace di rispondergli.
Il dolore alla mano era troppo forte perché potesse aprire bocca senza urlare, e il ricordo dei suoi fratelli troppo vivo perché potesse ripercorrerli senza scoppiare a piangere.
Inaspettatamente, il suo interlocutore parve capirlo, e lo ignorò.

« Non importa, orco. ...Col tempo non dubito che saprai darmi una risposta. »


00:53 A.M.

« Quel giorno, mi ero agghindato per uccidere
anche se mai avrei creduto che le mie vittime sarebbero state
le persone che più avevo a cuore.
Quando incontrammo il Re
mi dissero che mi era molto simile:
Entrambi leggevamo nel nostro sguardo
quello di chi può assassinare persino proprio fratello
senza remore di alcun tipo.
Mi è bastata la vista della corona e di quel sedicente scranno
perché perdessi completamente la ragione,
pianificando la morte del Monarca.
Noi non potevamo sconfiggerlo.
Nessuno, avrebbe potuto.
»

Quanto tempo era passato dal giorno in cui era stato catturato?
Quanti giorni? ...Quanti mesi?
In quella cella buia, aveva perso la cognizione del tempo, che pareva scorrere rapido dentro di lui come un fiume in piena, e non procedere affatto in quella cella, uguale a come quando vi era entrato la prima volta.
Vide il secondino del quale ormai si era abituato alla presenza allontanarsi con metodica calma da lui, lasciando un vassoio con acqua e pane ai suoi piedi.
Le ferite sulla sua schiena pulsavano ancora come se non si fossero mai chiuse, nonostante fosse passato tanto tempo. Doloravano in tal modo da impedirgli di curvarsi per prendere il cibo.
Ancora non aveva trovato il coraggio di guardare la propria mano destra, irrimediabilmente menomata.
Nel frattempo, gli era stato tagliato anche un l'indice della mancina, che teneva avvolto sanguinante negli stracci, insieme all'altra.
La voce ormai familiare del secondino lo distolse dai propri pensieri.

« Sono passati ventotto giorni, sei ore, quarantadue minuti e dodici secondi dal momento della tua cattura, orco. »

Non seppe per quale ragione, ma sentiva di non poter dubitare di quelle parole.
...Era passato veramente così tanto tempo?

« Ti ripeto quindi la mia domanda: ...Com'è stato uccidere i tuoi fratelli? »

Borzol gro-Olug fu colto da un sussulto improvviso.
Perché quel secondi no era così insistente?
Non voleva ricordare. Non poteva. Se l'avesse fatto, la memoria delle loro gole recise non si sarebbe più allontanata dalla sua mente, costringendolo a torturarsi in quella cella per il resto della sua esistenza.
Li aveva amati, uno per uno. E le stesse mani che li avevano protetti in innumerevoli situazioni, avevano finito con l'ucciderli.
Com'era potuto succedere?
...Perché l'avevano tradito?

« ...Tu non potresti mai capirlo. Sei solo un secondino ammuffito. »

La sua voce suonò greve e roca, nella risposta. Non gli avrebbe concesso altro.
Quell'uomo non poteva capirlo.
Avrebbe giurato, però, che se non avesse avuto indosso quella maschera scheletrica, l'avrebbe comunque visto sorridergli odiosamente.

« Ancora non vuoi rispondermi, orco? »

Mai Borzol gro-Olug aveva sentito tanta malizia in una stessa frase.

« Non importa. ...Posso aspettare. »


01:03 A.M.

« ...
La comprensione dei miei fratelli non fu nient'altro che un'esca
per attirarmi in una trappola perversa del Re.
Ho dovuto
HO DOVUTO
annientarli tutti,
uno ad uno.
...
»

Sapeva bene quanto fosse inutile.
Tuttavia, non poté reprimere l'impulso che scaturì dalla sua stessa carne.
Doveva farlo: scagliare con violenza il suo corpo contro le sbarre.
Ma non ottenne nulla. Non fece che rimbalzare contro le grosse inferriate di ferro.

« Orco, che stai facendo? »

La voce fredda della guardia riecheggiò nella cella.
Si rese conto solo in quel momento che, come prigioniero, non l'aveva mai chiamato per nome, ma solo con l'epiteto della sua razza.
Non era più Borzol gro-Olug. Era solamente un orco.
Non replicò a parole, ma colpendo le sbarre con una spalla.
Le grandi inferriate non si spostavano mai. Provocavano solo un dolore sordo e profondo nelle ossa e nei muscoli allenati del prigioniero.

« ...Non capisci che è inutile? »

Sedutosi sul pavimento con le gambe distese, ignorò l'ammonimento del secondino.
Non poteva più resistere.
Qualcosa si contorceva nel profondo della sua anima.
Un dolore caldo, intrappolato dentro, che fremeva e ribolliva.
Il secondino si allontanò per qualche secondo dalla cella, lasciandolo solo a raggomitolarsi sul pavimento, stringendosi le ginocchia, con gli occhi serrati.
Solo...
Pensava di essersi abituato a vivere da solo. In battaglia, in strada.
Ma la solitudine della prigione era la più profonda che aveva mai vissuto.
E anche la più spaventosa.

Pareti su tre lati, e oltre le sbarre solo un'altra parte che delimitava lo stretto corridoio.
Questa prigione sotterranea fu progettata in modo da impedire ai carcerati di vedersi e persino di avvertire la presenza reciproca.
La totale mancanza di una visuale diversa paralizzava anche il senso del tempo. Borzol gro-Olug non aveva ormai più idea di quanti giorni avesse trascorso lì dentro. Il tempo continuava a scorrere, questo era certo, ma senza un posto dove andare, continuava a ristagnare dentro di lui.
La vera tortura che la prigione gli infliggeva non era la privazione della libertà o la solitudine forzata, bensì vivere in un luogo in cui nulla si muoveva all'interno del suo campo visivo, e dove il tempo pareva non scorrere mai.
L'acqua di un fiume non imputridisce mai, ma se la si chiude in un barattolo, prima o poi succederà.
Lo stesso stava accadendo in quella cella.
Forse, dentro di lui alcune parti del corpo e della mente avevano già iniziato ad esalare odore di marcio.
Essendone consapevole, Borzol gro-Olug si rialzò da terra e si scagliò contro le sbarre, ancora e ancora.
Non esisteva la minima possibilità che potesse romperne una, né pensava di riuscire a sfuggire in questo modo.
Eppure, continuò a farlo.
Non riusciva a resistere. Doveva farlo, ancora e ancora.
Il secondino giunge con la sua solita calma, il viso sempre ricoperto dalla sua terrificante maschera.
Ora vedeva una figura umana dove prima c'era una parete: tanto bastava a risollevare il suo spirito. Non se ne accorgeva, quella guardia?

« ...Hai una risposta alla mia domanda, ora...? »

No. Solo altre domande.
Per quanto tempo l'avrebbero tenuto rinchiuso lì, ancora?
Quando avrebbe potuto uscirne?
Sarebbe stato troppo tardi, allora?
Quando tutto si sarebbe decomposto, lui sarebbe stato ancora una persona o sarebbe diventato una cosa, come succedeva ai cadaveri dei suoi nemici?

L'unica risposta che concede al suo secondino è un altro violento schianto contro le sbarre.

01:11 A.M.

« Eravamo undici piccoli compagni di cucciolata.
...Annichilati, uno ad uno.
Ho dovuto nascondermi.
Ho dovuto...
...Loro... non mi amavano...
»

Plic. Plic. Plic.
Borzol gro-Olug riusciva malapena a respirare.
Era come se l'aria gli venisse sottratta con forza dal petto, causandogli un dolore atroce che lo riportava dal mondo dei sogni alla realtà.
Era già stato in una prigione, in precedenza?
Le domande gli si accavallano nella mente, una dopo l'altra.
Nella sua ultima visita, il secondino gli aveva tagliato l'orecchio sinistro e il dolore aveva iniziato ad annebbiargli il cervello, inesorabilmente.
Come suo solito, aveva avvolto la ferita, per quanto possibile, nei suoi stracci luridi; lividi del sangue con cui erano impegnati.
Quanto tempo era passato?
...Quanti mesi erano passati, dalla sua incarcerazione?
...I suoi fratelli...

01:47 A.M.

« Che mi odino. CHE MI ODINO!
Io li ho uccisi! Uccisi!!!
Il loro amore non farebbe altro che dannarli per l'eternità!
Non riuscirebbero a riposare in pace...!
Che trovino il sollievo...
...odiandomi.
Io ho distrutto tutti i loro sogni, uccidendoli.
»

...Quanti anni erano passati?
La guardia lo guardava immobile. Identica a come l'aveva vista la prima volta.
Come lei, il dolore non cambiava, né spariva mai.
Aveva freddo...
Voleva... morire...


01:56 A.M.

« ...Tutto ciò che desidero, ora
è che mi sia dato il riposo, prematuro...
»


Plic. Plic. Plic.
...
Plic. Plic. Plic.

02:03 A.M.

« Non risparmiatemi! NON OSATE!
Ho ucciso! Ho tramato! E non me ne pento!
Non venitemi a dire che non avete intenzione di eliminarmi, ora!

...Io non posso più vivere... »

Plic. Plic. Plic.
...
« Neanche oggi vuoi rispondermi, orco? E' passato tanto tempo, ormai... »

...
Plic. Plic. Plic.

02:13 A.M.


Plic. Plic. Plic.
Non seppe quanto tempo era passato.
Erano cadute esattamente ventotto milioni, seicentoquarantudemila e centoventi gocce dalla volta della cella.
Con un cigolio, sentì le sbarre aprirsi, seguite dalla voce roca del secondino che ormai aveva imparato a conoscere.

« Seguimi, orco. »

Non fu un viaggio lungo.
La guardia (Notevolmente più bassa di lui, notava solo in quel momento, che poteva ergersi in tutta la sua altezza per la prima volta) lo condusse verso una porta che dava all'esterno e lo fece uscire in quello che sembrava il borgo del castello dei Toryu.
Perché farlo uscire in quel momento, dopo tanto tempo?
Nulla era cambiato, della cittadella, per quanto poco l'avesse vista.
Il suo sguardo, però, si congelò su un elemento in particolare.
A terra, ai suoi piedi, vi erano i corpi dei suoi dieci fratelli. Esanimi, ma ancora sanguinanti.
...
...Come...?
...Com'era possibile che i cadaveri dei suoi fratelli si fossero conservati, dopo tutti quegli anni?
...No. Non solo... i loro corpi erano nelle stesse identiche posizioni di quando erano stati uccisi; come se fossero stati congelati nel tempo dopo il suo truculento fratricidio.
Vide il secondino indicargli il cielo, e alzò lo sguardo.
Luna nuova.

Fu un attimo, e la mente di Borzol gro-Olug fu invasa da un'ondata di informazioni, che lo costrinsero in ginocchio.
...Non erano mai passati tanti anni. Ora rivedeva distintamente tutti i momenti in cui il secondino, per menomarlo e torturarlo, toccandolo, manipolava i suoi ricordi per fargli credere che fosse passato un tempo immemore. Che avesse pensato e rimuginato. Che avesse ricordato ogni cosa. ...Che avesse desiderato la morte.
...Non era stato lui ad eliminare i suoi fratelli. Ricordava distintamente la battaglia che aveva avuto nel borgo, ma non era mai stata tra lui e i suoi sottoposti. Quest'ultimi erano stati falciati da un unico attacco del Cavaliere del Re che non Perde mai: Charles-Etienne Chevalier. Aveva ingaggiato una battaglia terribile col Golem e l'aveva distrutto poco dopo, perdendo i sensi a causa delle ferite che quest'ultimo gli aveva causato alla schiena, e delle dita che gli aveva letteralmente strappato via con un unico morso. I suoi rottami giacevano ancora in un angolo del borgo, poco distante.
Ma soprattutto...
Quell'uomo... Non era un secondino.
Non ebbe la forza per guardare negli occhi il Re che non Perde mai. Neppure quando sentì distintamente, grazie all'unico orecchio sano, che quest'ultimo aveva alzato il fucile e gliel'aveva poggiato contro la nuca.

« Giacché non mi dai le risposte che desidero, orco, non posso fare altro che prendermele con la forza. »

Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Borzol gro-Olug, che mai aveva pianto in vita sua.
...Come... come poteva...?
Con voce rotta dai singulti, cercò di formulare una qualsiasi domanda per spezzare quella realtà che così crudelmente gli si abbatteva contro, ora, ma non ne trovò la forza.
Il Re lo studiò sorridendo, malato.

« Vorrai perdonarmi, Borzol gro-Olug. ...Io sono uno studioso: Per me era necessario farti ripercorrere una vita in poco meno di due ore. »

Pigiò la canna del fucile contro la sua nuca, con più forza.

« ...In fondo, non cerco altro che soddisfare i miei vizi. »

Lo sparo.

CITAZIONE
Stato fisico: Illeso
Stato fisico di Charles-Etienne Chevalier: Completamente distrutto
Energia: 150% - 8% - 16% - 16% -16% -16% -16% -16% - 16% = 30%
tecniche e abilità utilizzate: I n g a n n a r e g l i I n g a n n a t o r i ~ La maschera permette al possessore di riconoscere immediatamente quando qualcuno mente (Udirà una risata sgangherata nella propria testa, che spesso si confonde con la risata altrettanto diabolica del portatore che si avvicina e si confonde con la personalità della maschera. Non necessita di indossarla per usufruire di quest'effetto). Inoltre, Loec era famoso per la sua pratica di ingannare i propri amici ed alleati e perfino se stesso per rendere i propri machiavellici piani assolutamente realistici ed impossibili da scoprire. La maschera può quindi convincere di qualsiasi cosa un amico, un alleato o perfino chi la porta, sostituendone ricordi con altri fittizi oppure fuorviandone il significato. Questo richiede contatto fisico ed un consumo energetico Variabile in base alla quantità della manipolazione stessa. Indipendentemente dall'entità della manipolazione, l'influenza della maschera sugli altri svanisce all'avvento della luna nuova (Novilunio) che corrisponde al momento di massima debolezza della magia ingannatrice di Loec (Da sempre legata all'influsso mistico lunare).
La sola eccezione a ciò riguarda il possessore. Si dice che in passato un grande principe possedesse una persona di Loec. Avendo dovuto giustiziare la propria amata perché eretica, ne fece uso modificando i propri ricordi ed autoconvincendosi che furono gli eretici ad ucciderla. Questo tipo di influenza dura per tutta la vita, a meno che non sia lo stesso possessore a voler spezzare l'incanto di Persona. Si dice però, che un istante prima di morire, se quei ricordi furono cancellati per sopprimere il dolore, Persona mostri al suo possessore quegli stessi ricordi che ha voluto cancellare sghignazzando e deridendolo per la sua sciocca scelta. Questo perché la maschera apprezza veramente che questa pratica sia fatta per l'uso originario del Dio degli inganni, e non per queste sciocche azioni dettate dai sentimenti che sono proprie degli uomini.
Per manipolare la mente dell'avversario è necessario avere la maschera indosso. [Psion]
S i i l a m i a F o r z a ~ Ray è in grado di incutere paura nelle persone a lui accanto. Il livello di paura sarà sempre presente, e non condizionato dalle caratteristiche psicologiche dell'altro, ma in quantità diverse, a seconda di quanto e come si entrerà in contatto con lui. Percepirne solo l'odore, infatti, provocherà semplicemente un leggero brivido lungo la schiena. Ascoltare le sue parole, o i suoi passi, accrescerà questa sensazione, alimentando i brividi e la paura. Entrare in un contatto visivo profondo e analitico, oppure troppo prolungato con Ray causerà un lieve senso di terrore. Percepirne la presenza ma non poterlo vedere aggiungerà a questo anche un lieve senso di ansia. Un contatto prolungato con il suo corpo provocherà vero e proprio terrore, e cercare di entrare nella sua testa per utilizzare un'illusione, o qualsiasi altra tecnica che necessiti di manipolare la sua mente, è un rischio che nemmeno i più coraggiosi potrebbero arrischiarsi a compiere, uscendone sani. Quest'ultimo effetto risulta praticamente inutile in quanto Ray, possessore della abilità "Sii la mia Astuzia", resterebbe immune alle illusioni in ogni caso. Questi effetti sono comunque attuabili solo su utenti di energia pari o inferiore. La paura, in sostanza, equivale a quella di ritrovarsi da soli in una stanza completamente buia, senza sapere da cosa si è circondati.
La paura non è né magica, né illusoria. E' semplicemente una sensazione emanata dal personaggio più assimilabile al concetto che "Ray fa paura" per i suoi comportamenti e il mistero che aleggia intorno alla sua figura. Un'abilità quindi più utile a scopo narrativo che all'interno di un duello.
Tuttavia, questo potere può essere canalizzato tramite la parola.
Come molti dei suoi avversari avranno potuto notare, infatti, Ray è una persona che ama molto ascoltare la sua stessa voce, nonché distruggere e infrangere l'orgoglio avversario tramite di essa, parlando e conversando all'interno del duello come se lui e l'altro fossero tranquillamente seduti a fare salotto. Tutto ciò ha conferito al ragazzo un carisma non indifferente, e un'invidiabile capacità persuasiva, impressionante a dire la verità. Impregnando le parole di terrore e paura, infatti, tutto ciò che Ray dirà alle orecchie dell'avversario passerà per vero, indipendentemente da ciò che lui dica. Le sue capacità di parlatore possono perfino convincere le menti più deboli del contrario di tutto ciò che pensano, distruggere i loro ideali, rigirarli a piacere o, addirittura, variarne i ricordi. In ogni caso, la veridicità delle parole di Ray sarà inoppugnabile in qualsiasi situazione, non importa quanto sia grande la bugia da lui architettata. Anche se questo non comporta all'avversario di comportarsi in un qualche modo. Non è infatti possibile per Ray ordinare a qualcuno di fare qualcosa tramite questo potere, e sperare che lui lo faccia, e non solo che vi creda. [Psion]

CITAZIONE
Note: Sì. Tutto questo è perverso. Ma spero che a qualcuno possa comunque piacere.
Note tecniche:I mostri affrontati nel combattimento sono due: Borzol gro-Olug (Consigliere Oscuro, Energia Rossa) e i suoi dieci fratelli (Dieci reclute). Il combattimento non è tanto fisico, quanto un puro assassinio della mente del primo dei due nemici, come si evince dalla storia.
Riguardo allo scontro tra l'orco e il Golem, tutti i colpi dell'orco avrebbero dovuto essere considerati minimo come tecniche alte, per riuscire ad abbattere il suo avversario (Il Golem, oltre ad essere per regolamento superiore in tutto all'orco, sarebbe stato anche immortale. Non ditemi che non sono stato sportivo! X'D). Ho fornito l'orco anche di altre abilità che mi parevano consone alla sua pericolosità, quali una incredibile resistenza al dolore, sia fisico che psicologico, e, più importante, una sorta di super-rigenerazione che gli ha permesso, nel corso di una mezz'oretta, di rimarginare le ferite causate dalla perdita delle dita, ad esempio.

 
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Andre_03
view post Posted on 19/4/2009, 08:40




CITAZIONE

S i i i l m i o G i u d i c e ~ ...va bene :sisi: (cit. Baz)

Come hai specificato tu, più che un combattimento questo era una tortura. Sadica, cinica, bastarda tortura.
Ho apprezzato sia l'idea che la realizzazione, si vedeva innanzitutto che finalmente hai ritrovato l'ispirazione -e attento, che ancora non sei ai livelli (per esempio) del Warrior Day III, ma ci stai tornando- ed era anche evidente lo studio che c'è stato dietro al combattimento. Poca fisicità, molta psicologia: da Ray -il Pg- non ci si dovrebbe aspettare altro. Avrei forse inserito una più approfondita descrizione dello scontro fra il Golem e gli Stronzi Orchi, ma probabilmente il risultato sarebbe stato pesante. Nel complesso, comunque, è stata una gradevolissima lettura mattutina: tutta d'un fiato, come di rado riesco a fare. I miei complimenti.

L'elevata qualità del combattimento ti frutta -no, niente mele e pere- un'artefatto scarsino e bruttino. Visto e considerato anche che il tuo pg, di artefatti ne ha già tanti ed è praticamente completo, ho pensato di fare il giudice originale. Accontentati. :qwe:
Ah, riscrivilo pure: è solo una bozza un po' fatta col culo. :sisi:

Dita di Borzol gro-Olug: Disgustoso, raccapricciante. Non esiste altro modo per definire questo ciondolo, fatto con ciò che resta delle dita di Borzol gro-Olug. Un tempo Consigliere Oscuro delle Mani Nere, fu catturato e torturato dal Re 'che non perde mai', il cui Cavaliere gli strappò parte della mano in combattimento. Una, due, tre dita, ricordi di una notte in cui il vizio ha vinto sulla ragione. L'anima tormentata dell'orco vive ancora in esse, costringendole innanzitutto a non marcire mai: come fossero fatte di gomma, queste terminazioni verdastre hanno perduto il loro 'vincolo organico'. Talvolta si illuminano fievolmente, senza una spiegazione che sia accessibile al Re. In realtà si tratta di una sorta di 'localizzatore' che permette a Lumbur gro-Marag di conoscere sempre e con esattezza la posizione di chi le porta. E' il prezzo da pagare per l'assassinio di un suo sottoposto. In termini di benefici, invece, le dita garantiscono al portatore la forza e la rapidità di un Orco. All'atto pratico, si tratta di un potenziamento passivo alle statistiche (+100 alla PeRf, +50 all'AeV).

Introspezione e ragionamento: 9.0
Elaborata fino all'eccesso: in questo campo sai essere sempre incisivo. Dai spessore psicologico ad un personaggio non giocante, immergendo bene il lettore nell'agonia dell'orco e nello stesso tempo lasciando gradualmente che si capiscano le intenzioni di Ray. Ottimo.
Movenze e descrizioni: 8.5
Il voto finale è la media fra l'elevato punteggio che meriteresti per le descrizioni della cella e della prigionia, e quello un po' più basso che vorrei affibbiarti per punizione. Ho notato infatti troppi errori, fra ripetizioni, virgole e distrazioni varie di battitura: da te questo genere di cose non me le aspetto. Pretendo di più dalla nostra relazione! (cit.)
Abilità e lealtà: 8.5
Beh, che dire....sportività buona. Non eccelsa, come il resto del combattimento -si può fare dippiùùù- e nei limiti di quel che 'potevi fare'. D'altronde il divario fra pg e mostri affrontati era molto ampio, perciò non posso che valutarti in questo modo. L'abilità invece è ottima, sfrutti bene le abilità personali e l'artefatto, prendendo letteralmente il controllo dei nemici.


Valutazione complessiva [Non media matematica]: 8.75
Gold guadagnati: 900

Aggiorna tu, io non ne ho voglia. :qwe:


 
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