Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Alla corte di Candido

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view post Posted on 16/5/2009, 18:13
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Like a paper airplane


········

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Suono metallico di posate nell’aria viziata, cibo troppo ricco e troppo abbondante per essere completamente consumato. Luce dorata delle candele che si fa sempre più soffusa ora che la cena langue, che il pasto volge al termine. Occhi brillanti di nobili che erano abituati a desiderare ed essere esauditi, sguardi languidi che carezzano il limite della soddisfazione. Le mani si appoggiarono una dopo l’altra sulla tovaglia candida, le dita ticchettarono contro il legno, qualche parola appena sussurrata rompe la sonnolenta calma della sera. Tutto avrebbe potuto sfumare, ora, tutto quanto. Persino la realtà. Avrebbe potuto confondersi ai margini malcurati di un acquarello astratto. Improbabili dita stendevano impossibili tinte rossastre su quei volti tronfi, segnati dalle cicatrici di glorie appartenenti a un passato troppo distante.
Qualcuno si schiarì la voce, qualcuno di molto importante. E tutti, come governati da un invisibile direttore d’orchestra, tacquero all’istante. Decine di volti si girarono all’unisono verso la creatura seduta a capotavola, il volto ferino coperto da una ragnatela di rughe, gli occhietti porcini di chi non combatterà mai più, il corpo mollemente abbandonato su una sedia troppo stretta per la sua mole.
Attense un istante, ascoltando con piacere il potere, il dominio, l’ebbrezza del troppo vino. Chiuse le palpebre, assaporando sotto la lingua il sapore dell'aspettativa. Le sue feste erano grandiose, ogni volta, e i suoi commensali certo devono sapere che lui ha in serbo per loro ancora una sorpresa, la migliore. Sorrise, fingendo di meditare lungamente su un discorso che ha già preparato da tempo.

Compagni, gentili ospiti… Spero abbiate gradito questo semplice convivio…


Fece una pausa ad effetto, raccogliendo una muta ovazione d’assensi. Tutti, senza esclusione, potevano rievocare il delizioso sapore dei suoi cibi, l’aroma delicato delle spezie, la tenera carne della cacciagione.

Ma il mio dono per voi, questa notte, deve ancora giungere. Un dono prezioso, venuto da lontano”.


Il suo sorriso si dispiegò, enigmatico e bestiale, feroce e promettente, ironico e lascivo. Sollevò le braccia appesantite, battendo due volte le mani adornate da troppo oro, da troppi anelli. Per quanto volesse apparire casuale, teatrale, si trattava chiaramente di un gesto convenuto.
Immediatamente le grandi porte della sala si spalancarono e un suono soffuso di flauti penetrò all’interno. Due soldati, ornati a festa, ornati di piume, ornati della propria strafottente sicurezza, entrarono trascinando una lunga catena d’oro massiccio. Tutti trattennero il fiato, spalancarono gli occhi, qualcuno rise, moti applaudirono. I guardiani si fermarono davanti al loro signore, deposero un’estremità della catena nelle sue mani e si inchinarono profondamente. Egli annuì, congedandoli con un gesto distratto, troppo impegnato a riscuotere il meritato successo per occuparsi di loro. Sapeva di avere vinto ancora, di aver condotto nella propria casa qualcosa che loro non avrebbero mai potuto neppure desiderare.
Strattonò con forza la catena, mentre la sua voce si levava ancora, seria eppure velata dagli accenti ironici della burla crudele.

Signori, gentili ospiti… Io, Candido, vostro signore, vi porto il dono che allieterà la vostra notte”.


Di nuovo applausi, sentite ovazioni. La mano rozza del capo si levò a carezzare i morbidi capelli scuri, lavati e profumati con raffinate essenze floreali. La giovane donna storse la bocca, disgustata e stanca, le mani incatenate, i polsi che le dolevano, il rossore che le velava il bel viso. Le sue labbra tremavano, ininterrotte, da quando era stata catturata. Una stupida idea quella di recarsi, sola, nel bosco, di cercare meditazione in territorio nemico.
Sorrisi cattivi si rispondevano un po’ ovunque intorno a lei, forse credendo fosse imbarazzato, sull’orlo del pianto. Lei? Il pensiero fece aleggiare una furiosa allegria nei suoi occhi. No, niente vergogna. La sua sottomissione, quel piegarsi al nemico, non era paura. Sul suo corpo perfetto non c’era neppure un livido, nemmeno una percossa. Ma nel profondo delle sue iridi, di quegli occhi falsamente chini, dove il grigio diradava nel verde smeraldo e nel nero, un fuoco mai spento aspettava solo l’esca che lo avrebbe ravvivato. Sopportò appena il suo tocco, marmorea, impassibile.
Lui rise di nuovo. Era un vecchio, un debole, come tutti gli altri. Uno schifoso carico solo di idee maligne e di boria. Eppure lei in quel momento gli apparteneva, trascinata contro ogni buon senso nella sua reggia ai margini del campo nemico, trascinata da uomini che a stento resistevano al desiderio di allungare le mani su di lei. Come una animale da circo doveva essere destinata al più forte, mostrata come piatto prelibato sulla sua mensa. Avrebbe voluto sputare in faccia a lui e a tutti gli altri, ma si trattenne. Sarebbe venuto il momento per quello, per tutto.
La mano scivolò sul collo, stringendola all’altezza della spalla.

E non si tratta di una donna qualsiasi. Chi l’ha trovata ha asserito che sia una danzatrice”.


Risate come sfondo al suo sorriso provocatorio, ai suoi occhi che ora si sollevavano fissandoli uno ad uno, come se volesse e sapesse leggere ciò che stavano pensando. Lo avevano intuito tutti, senza che lui lo dichiarasse. Perché un corpo di quel genere, uno corpo tanto sinuoso, non poteva che appartenere a una qualche musa del ballo.

E dunque canta, balla per noi, bambina”.


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Ora tutti tacevano, trattenendo il fiato, mentre la prigioniera veniva slegata, lasciata libera di muoversi. Si allontanò lentamente, guadagnando qualche metro, poi tornò ad avvicinarsi. Le sue labbra si muovevano in un ritmo vago, pronunciando oscure parole che loro non potevano pienamente comprendere.

Praedia tu solus habes, et solus Candide nummos”.


Tu solo hai i campi di battaglia, Candido, e tu solo le ricchezze.


Non ne capivano le parole, ma chiaramente stava parlando di ricchezza, di elogi. Il suo tono era dolce e melodioso. Ora poggiava la mano sulla spalla di uno, ora sussurrava all’orecchio di un altro. Tutto andava bene, anzi più che bene. Qualcuno tentava di afferrarla e lei si allontanava, cauta, ma senza respingere direttamente i loro goffi tentativi di ubriachi.

Aurea solus habes, murrina solus habes”.


Tu solo hai l’oro, tu solo le pietre più preziose.


Immerse la mano in uno dei tanti forzieri sparsi per la stanza. Le monete scivolarono tintinnanti tra le sue dita, come se fossero nate apposta per accarezzare la sua pelle color dell’ambra. Le candele morenti vibravano di cupi riflessi, seguendo la sua ombra sempre più lunga. Alte spire scure si proiettavano sui muri e sulla volta, riflettendo il sollevarsi delle sue braccia, l’incurvarsi gentile della sua schiena.

Massica solus habes, et Opimo Caecuba solus”.


Tu solo possiedi vini pregiati e con essi troverai l’oblio.


Sollevò un bicchiere di vino e ne bevve in punta di labbra, appena un goccio, appena sufficiente a rendere il suo fiato leggermente fruttato. Era più che una provocazione. Uno di loro, uno importante, tese una mano. Lei, obbediente, si avvicinò con passi gentili.

Et cor solus habes, solus et ingenium”.


E tu solo hai la prudenza e l’ingegno di catturare una fanciulla e non sfuggire alle sue arti.


Era a portata delle sue mani. Erano troppo conquistati dal suo movimento per rendersi conto che stringeva tra le dita qualcosa, un nastro rosso, non una cintura, non una veste, un nastro, un filo dall’estremità lucente. E, a pochi metri da lui, balzò all’indietro, lasciandolo fuggire libero. Un morso, rapido, veloce, e due dita sanguinanti caddero a terra, e un grido si levò incontrollato, e la paura si diffuse tra i commensali.
Ora la sua danza non appariva più tanto innocente. Ora i movimenti apparivano studiati, provenienti da una mente addestrata e calcolatrice. E pareva incredibilmente più rapida, pareva eterna e incostante, imprevedibile e sfuggente. Pareva al di fuori di ogni legge. La mascella del capo si contrasse. Quello era un sogno, il suo sogno. Non avrebbe permesso che si trasformasse in un incubo.
Gridò, la voce sonora che si perdeva nel palazzo, nei corridoi. Pochi potevano sentirlo, pochi si attardavano nei pressi del suo salone, nei pressi della sua calma. Ma uno, una sola guardia, sarebbe stata più che sufficiente. La guardò entrare, valutare la situazione, rivolgere un’occhiata di scherno e compassione alla propria nemica. Gli sarebbe certamente spiaciuto farla a pezzi, ma non si poteva lasciarla aggirarsi libera. Era una guardia del corpo, una creatura d’elite dagli occhi vuoti e dalla’espressione feroce, una creatura addestrata alla vittoria o alla morte. Una spada, enorme alla vista, pendeva dalle sue mani possenti.
Si fronteggiarono, lui e quella sgualdrina che ora taceva, e nei loro sguardi si incrociò la sfida, la minaccia, la condanna.
La guardava ma non caricava, consapevole della pericolosità di quel nastro in un incontro ravvicinato. Le volteggiava intorno, intorno al suo corpo in continuo movimento. Provò ad attaccare, un colpo rapido, un colpo in teoria imprevedibile. Ma lui parò, in punta di lama, un solo fendente secco dallo schiocco metallico. Non andava bene, non poteva assolutamente andare. Doveva fare di più, molto di più. Lasciò che l’energia fluisse da lei, e il suo volto pare infiammarsi. L’arma, la sua arma, la morte stessa, erano un unico fluido abile di guidare il suo colpo.
Adesso l’altro si avvicinava, lento, muovendosi in cerchio, ma lei sapeva cosa fare. Lo fissò dritto negli occhi, come una vera guerriera. Lo fissò e mosse il mondo attorno a lui. Non erano più nella stanza, non erano più in un salone dove si era appena consumata una cena. Erano sull’orlo di un burrone, il cielo azzurro attorno a loro, il vuoto che li attendeva. Lui era in bilico, non poteva arretrare ulteriormente, non poteva distanziarla. Lesse il panico nel suo viso contratto. Un altro passo e sarebbe morto, eppure così sarebbe rimasto pericolosamente sotto tiro. Era un guerriero saggio e abile, sapeva che la cosa migliore era tentare il tutto e per tutto.
Caricò a gran velocità, una velocità impensabile guardando quel corpo tanto massiccio. Cercò di evitare il contatto, balzando all’indietro. Lei non era più rapida, semplicemente era fuori dal suo tempo, fuori dalla sua percezione, il tutto e il niente, il continuum del ricordo e dell’inconscio che dettavano il ritmo della sua danza. Nessuno sarebbe mai riuscito a colpirla, mai. Eppure il sangue sgorgò dal contatto lieve con la lama di quel guerriero esperto, perfino troppo. Le bagnò il fianco, le fece tornare alla lingua il sapore ferroso della morte, delle catene, della prigionia, il desiderio del riscatto.
Un ringhio cupo salì alle sue labbra. Erano bestia contro bestia, in un ansito di vita, in un rintocco di morte. Gettò in alto la mano e il suo pungiglione, la sua difesa, si dissolse come in un sogno. Continuava a muoversi, a evadere allo sguardo di lui, eppure nell’aria non c’erano che mille petali di rosa. Alcuni dei commensali, che non avevano compreso lo sgomento del guardiano, ora addirittura ridevano. Credevano lei si fosse sottomessa, al fine.
Anche lui, forse, iniziò a pensarlo. Ma questo non lo distolse dalla propria missione. Si portò accanto alla ragazza, agitando la lama con esperienza, cercando di tagliarle le gambe, di bloccare quel suo sensuale scivolare, quella sua fuga tanto ben orchestrata. Le lo sfiorò, solo un tocco leggero, e la sua risata risuonò alta nella volta. Un gesto del braccio, un acuto che si dissolse nel nulla, e poi venne a piovere.
Come gocce d’acciaio le mille lame dell’antico Derviscio si abbatterono sulla Mano Nera. Per quanto forte, per quanto astuto, non ebbe modo di pararle tutte. Si coprì gli occhi, la bocca, ma tutto il resto del suo corpo fu orribilmente martoriato. Qualunque altro si sarebbe arreso o sarebbe morto, ma lui no, e lei ormai l’aveva capito.
Per questo non attese. In una capriola aveva recuperato il proprio nastro, lo aveva scagliato, lo aveva avvolto attorno al suo collo. Ci sono pochi modi efficaci di uccidere un orco. Uno di questi, certamente, è tagliargli la testa. Sentì lo scivolare della lama tra l’elmo e l’armatura. Sentì la pelle cedere, sentì il cranio rotolare a terra. Rise ancora. E questa volta tutti gli altri tacquero.
Non c’era più un’illusione da sostenere, non più un combattimento. Si fermò e tornò ad essere parte della loro realtà. Ma tutto era cambiato. Lo squallore, quello no, ma tutto il resto. La fissavano con gli occhi spalancati, la fissavano con sguardi di puro terrore. Non c’era più malizia sulle loro labbra. Pregustò la fine di quello scontro. Sì, oh sì, sarebbe stato divertente.
Prese la rincorsa, saltò sul tavolo. Sentì il legno incrinarsi sotto il suo peso ma non si lasciò distrarre. Con una rondata atterrò davanti al posto principale, quello del capo, quello di colui che aveva osato imprigionarla, carezzarla, che aveva tentato di approfittare di lei. Tese le mani in avanti, mentre nel fondo del suo sguardo nasceva qualcosa di terribile, di spaventoso. Gliele appoggiò sulle guance, si avvicinò. Nessuno poteva capire.
Nessuno capì.
Finché non prese fuoco. Finché il suo abbraccio non divenne una torcia incandescente e le grida si persero, irose, spaventate, dolorose. Grida e odore di pelle bruciata, di grasso malvagio che muore, di vecchio guerriero ormai inabile. Gli occhi parvero esplodere, poi si fecero vuoti e la mole ricadde sulla sedia, come dormiente.
Il fumo salì da quel corpo e le fiamme dal suo. Tutto parve surreale. La tovaglia che avvampava era surreale. Il tavolo, le posate bollenti, gli ospiti che allontanavano le sedie e sfoderavano le spade, decisi a un’ultima difesa.
erano una decina, dieci creature che avevano dimenticato come si combatte. Ma era in gioco la loro vita. Con la vita non si scherza. Saltò in avanti. Uno per volta li avrebbe affrontati tutti. Ma loro non erano più impreparati. Come attentatori attorno a un nuovo Cesare la circondarono, cercando di colpirla con le loro deboli armi. Sentì le lame penetrare nella coscia e all’altezza della spalla. Ma non si fermò. Non poteva. Voleva essere libera, voleva vendicarsi. E in mezzo a quelle due mete c’erano loro, piccole formiche. Da spazzare via.
La voce nella sua testa gridava morte, il suo corpo gridava dolore, il fuoco attorno a lei ustionava e bruciava. Non aveva che quello, ormai. Sarebbe stato impossibile affrontarli con la Mietitrice. Ne uccise uno, gli rubò la spada. Guardò gli altri che tentavano di fuggire, rendendosi conto di quello che sarebbe accaduto. Era inevitabile. Rise, ed era un canto, un canto di guerra. Iniziò a rincorrerli. Sarebbe stato molto più facile, adesso.



Quando Medoro irruppe nella stanza dovette coprirsi il naso con un panno. Gli avevano detto che la Rosa era stata rapita e subito si era messo sulle sue tracce. Aveva intuito dove potesse essere, aveva guidato l’attacco a quelle infelici mura. Aveva vinto, aveva percorso i corridoi. E adesso che era lì avrebbe desiderato ardentemente tornare indietro. Socchiuse gli occhi. Non voleva esaminare quello scempio.
A terra, nel mezzo della sala, un corpo decapitato, una guardia forte e massiccia. Ovunque attorno ad essa altri corpi più flaccidi, più vecchi, coperti di orribili scottature, deformati da un fuoco che pareva essere divampato solo contro di loro. La tavola era coperta da una tovaglia bruciata in più punti, il cibo rovesciato a terra, le sedie ribaltate. Solo su una un corpo era ancora adagiato, il fumo che saliva dagli occhi e dalla bocca in lente spirali, una mano coperta di pesanti anelli che sfiorava il terreno gelido con le dita.
La cercò. Doveva essere lì. E infatti il suo corpo giaceva a terra in posizione fetale, come se dormisse o volesse rinascere nuovamente. Si stringeva una coscia con la mano e tremava. Doveva aver perso molto sangue e molte energie. Si accoccolò al suo fianco, sollevandole la testa.
La sua pelle, di solito già tiepida, era quasi rovente, nei suoi occhi una sfumatura d’ocra parlava di ciò che aveva fatto. Le toccò la fronte, poi le labbra arrossate. Lei socchiuse gli occhi. Erano velati, ma lo riconobbe. Sorrise.

Uxorem sed habes, Candide con populo”.


Ma la fanciulla, Candido, quella la possiederai con il tuo popolo da morto.


Non rimase ad ascoltarla, a cercar di capire. Si dicono tante cose durante il delirio, troppe per stare a rammentarle. La sollevò tra le braccia, cercando di curare le sue ferite, appoggiandole la testa sulla propria spalla. Ora era tutto finito, tutto. Stai tranquilla, è tutto finito.
Sentì la mano di lei poggiarsi al suo petto, come se lo implorasse di non lasciarla. Era leggera, stranamente leggera. Sospirò.




} Per fare il punto {

RazzaClasseBonus InizialeEnergia ODominioAbilità  OggettiTotali
Riflessi e Concentrazione (ReC)175+ 25//+50+ 50+50375
Agilità e Velocità (AeV)125////+50////175
Potenza e resistenza fisica (PeRf)100- 25+ 100+50- 25//225
Potenza e resistenza magica(PeRm)150+ 25//+50+ 50//300
Controllo delle armi e Mira (CaeM)175////+50////225




Equipaggiamento: Mietitrice Scarlatta
Consumi: -20% per le fiamme (utilizzato livello Alto) -30% per i consumi medi riguardanti le varie abilità
Stato psichico: Finalmente vendicata, spossata.
Danni riportati: Ferita al fianco e varie ferite sul corpo a causa degli attacchi successivi.
Note: La parte in latino è tratta da un reale epigramma di Marziale (Candido e le sue proprietà) da cui deriva il nome del nemico. La parte in corsivo è la sua quasi letterale traduzione, riadattata per l'occasione é_é

Tecniche utilizzate



Seduzione ~ L'illusione e la sofferenza si sono fuse nella bella giovane proveniente dall'Oriente. Nemmeno la terra, la terra che le ha inferto tanto dolore, può sfuggire al suo comando. Si piegherà al volere delle sue arti, al volere della Sacerdotessa che ha nutrito il terreno con le proprie grida e il sangue di coloro che amava. Come le sabbie del deserto un soffio di vento ella sarà in grado di modificare la realtà circostante con un consumo pari a Medio. Non sarà una vera mutazione, ma una sorta di illusione ambientale. Solo la fanciulla sarà in grado di percepire le vere realtà dell'ambiente mutato, mentre l'avversario dovrà necessariamente possedere una sufficiente tecnica per poter sciogliere questo incanto. L'area di effetto sarà di 30 metri di raggio, avrà effetto fino alla durata del combattimento, e potrà essere usata una sola volta. L'illusione potrà variare in ogni ambito, ma dovrà essere necessariamente fissa e non potrà impedire la vista all'avversario con tenebre o fitte nebbie. Potrà nascondere un dirupo, oppure mostrare falsi ripari.
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L'illusione colpisce tutte le persone presenti sul campo di battaglia, in quanto agisce su di esso e non sulle loro menti.
Danza di Salomè ~ Nobile, affascinante, nei suoi occhi risplende una maliziosa e cupa attrattiva. La musica, la danza paiono aderire alla sua pelle, rendere i suoi movimenti ancora più sinuosi. La danza scorre nel suo sangue, soffia sulla brace latente nel suo cuore, come vento scuote i suoi capelli, lucide ali corvine di morte. E' il sangue che la invita a fargli da dama, ma l'amore a condurla, prendendola dolcemente per mano.
Sacerdotessa di un'arte selvaggia e bellissima, si insinua nei pensieri dell'uomo al ritmo sussurrante del proprio passo, del proprio tiepido tocco. ogni battaglia vede lo spettacolo del suo muto danzare e gli dei, o gli inferi, ammirati dalle sue letali movenze, le hanno donato il proprio favore.
Basterà un consumo pari a Medio perchè possa sottrarsi a qualsiasi legge fisica riguardante la velocità. Non conta più la sua rapidità, perchè ogni suo movimento è perduto in un frammento di tempo, singolo eppure eterno. Questo potere, questo dono, diventa però un'arma a doppio taglio. Tutte le altre tecniche legate alla danza potranno attivarsi solo se questa è già stata uttilizzata, poichè i divini spettatori vogliono poter legare a sè il segreto della sua grazia.
La tecnica non ha limiti di tempo purchè Dalys continui a muoversi danzando. Se si dovesse fermare per qualsiasi motivo la tecnica dovrà essere attivata di nuovo.
Passione ~ Si parla spesso degli effetti della passione. I poeti l'hanno paragonata a molte cose, ma una la rappresenta più di tutto: il fuoco. Ardere, bruciare di passione, lasciare che invada il corpo e l'anima come un'unica forza, un unico sentimento.
Dalys, ancella della morte e dell'amore, conosce bene di cosa si tratti. Sa quanto possa essere avvolgente, quanto possa diventare pericolosa. L'ha sentita dentro di sè danzando, nel deserto riarso, danzando negli incubi e nei miraggi, uccidendo il nemico che diceva di amarla. E' così che è nato il potere, che la donna e la maga sono diventate un'unica cosa. Sarà nella lotta, nella danza, letale gioco di sensuale battaglia, sarà sotto gli occhi del nemico che si manifesterà la sua forza. Sacerdotessa dell'eleganza e dell'inganno, evocherà la passione e diverrà fiamma, torcia ardente che saetta lucente e rapida nella notte. Un soffio non vi basterà per spegnerla, un gesto le basterà per farvi suoi.
Praticamente, con una minima concentrazione il corpo di Dalys si coprirà di fiamme che non potranno in alcun modo scottarla e i suoi capelli arderanno come il fuoco, i suoi occhi diventeranno del colore rossastro delle braci. La ragazza potrà controllare le fiamme modificando la loro estensione attorno al proprio corpo e in tal misura il loro calore, in modo da infliggere danni bassi, medi, alti o critici al contatto in base all'energia spesa per evocare le fiamme stesse (l'estensione delle fiamme varia da un livello di pochi centimetri superficiale alla pelle ad uno spessore di due metri attorno al corpo).
Questa tecnica può essere usata solo in attacco.
In conseguenza di questo potere, la temperatura corporea della giovane sarà lievemente più alta del normale. Questo non avrà alcun risvolto pratico se non il fatto che la sua pelle risulterà sempre tiepida al contatto. [Variabile - Necessita della Danza di Salomè per essere utilizzata]

~ Derviscio ~

Selvaggi, esotici e pericolosi con le loro lame turbinanti, i Dervisci riassumono velocità, rapidità e abbandono. I loro movimenti sembrano essere casuali tanto quanto aggraziati, ma i passi della loro danza sono eseguiti secondo un ritmo ben preciso. In parole povere, essi sono i guerrieri che combattono danzando, spesso nomadi, zingari e legati alle tradizioni e ai movimenti del loro popolo. Spesso utilizzano armi esotiche e mai viste che li contraddistinguono tra tutti i guerrieri, armoniosi e letali come nessuno.
La loro principale caratteristica è quella dell'imprevidibilità. Fintanto che Dalys utilizzerà la mietitrice scarlatta come propria arma, infatti, danzando, i suoi movimenti diverranno totalmente imprevedibili e colpirla sarà per i propri avversari praticamente impossibile. In termini tecnici, fintanto che utilizzerà la mietitrice scarlatta e starà danzando, Dalys non potrà assolutamente essere colpita da qualsiasi attacco che non sia una tecnica. Siano essi fendenti di spada, frecce, pallottole o colpi di corpo a corpo.
Tale abilità può funzionare unicamente se Dalys non indossa armature o scudi di alcun tipo. [Incrementa il potere della Danza di Salomè se attivata]


~ Mille tagli ~

Spendendo un consumo pari a Medio e cessando improvvisamente la propria danza, il possessore della Mietitrice Scarlatta sarà in grado di disperderla nell'aria, lasciando che essa si frammenti in una moltitudine incredibile di piccoli petali di rosa. Essi si disperderanno per tutto il campo di battaglia, ricoprendo e fluttuando per tutta l'arena, in attesa di un gesto o di un ordine del proprio possessore, che potrà concedersi anche nei turni successivi e non necessariamente in quello in cui disperde l'arma (Che ovviamente non potrà quindi essere utilizzata, nel frattempo).
Ad un suo segnale, i petali di rosa inizieranno ad abbattersi sull'avversario da tutte le direzioni, taglienti come lame, per infliggergli un danno totale pari a Medio, che si manifesterà con una moltitudine incredibile di piccole ferite lungo tutto il corpo.
Dopo aver attaccato, i petali riformeranno istantaneamente la Mietitrice Scarlatta.




 
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DaiquiriJack
view post Posted on 23/5/2009, 10:21




CITAZIONE
Introspezione e ragionamento: 7.75
Il voto è più basso rispetto al precedente combattimento, e il motivo è semplice. La psiche di Dalys è precisa e definita, e questo lo sai, ed effettivamente si nota leggendo. Tuttavia essa non traspare quasi per nulla. Anche la figura del Guardiano è pressoché assente, mentre i veri protagonisti della narrazione sembrano essere Candido e Compagnia.
Movenze e descrizioni: 7.5
Anche qui il voto è più basso che in precedenza, e il motivo sono alcuni cali di stile, tanto da far risultare lo scritto molto altalenante. La parte introduttiva è molto curata, in maniera quasi maniacale dei dettagli. Al contrario, nel combattimento che dovrebbe essere la parte centrale di un elaborato si ha l'impressione che molto sia lasciato al caso. Di per sé non è una grossa penalizzazione, tuttavia uno scritto dovrebbe mantenere dall'inizio alla fine lo stesso registro. Ti segnalo anche qualche imprecisione verso l'inizio, sull'uso dei tempi verbali che dal passato va al presente nella stessa frase. Cose di poco conto in realtà.
Abilità e lealtà: 7.25
D'accordo che l'avversario è esattamente al tuo stesso livello, ma l'impressione è che tu te la sia cavata troppo a buon mercato in questo combattimento, usando un 50% della tua energia per sconfiggere un orco neanche troppo coriaceo, che si è limitato in tutto lo scontro ad attaccarti un paio di volte con degli attacchi diretti. Come del resto le tue strategie sono state semplici, per quanto efficaci. Quasi banali. In ogni caso il combattimento è "leale" e si attiene al regolamento fino in fondo.

Commento finale: Le critiche ovviamente servono a farti migliorare, quindi non avercela a male ^^ Tu sai essere una scrittrice davvero di alto livello quando ti impegni. L'impressione è stata che questo combattimento in generale fosse al di sotto delle tue reali potenzialità, forse per mancanza di ispirazione, chissà. ^^
Voto Finale (Non media aritmetica): 7.5
Guadagni: 375G

Note: Attendi l'aggiornamento da parte di un amministratore del conto ^^

 
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1 replies since 16/5/2009, 18:13   259 views
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