| Nephren-ka |
| | Se avesse potuto guardarlo negli occhi, avrebbe visto, in quelle piccole scintille, in fondo alle pupille, tra le iridi, un riflesso della sua stessa follia. Differente, differente, uguale, uguale. Bruciava ed ardeva; non nel cuore, ma nella mente, nel cervello, tra i neuroni. Come lampi e fulmini, come saette sfrigolanti, riempiendo i pensieri di morte e cenere, di fumo e incendi. Era come lui, ma diverso da lui. Perchè non ti lasci abbracciare, pupazzo di carne? Dove scappi? Ora ti strappi la veste, e la agiti davanti a te... ... era buio, un buio terrificante. Di per se, il piromante non provava sensazioni assimilabili al panico, da quando era asceso a quello che era ora. Ma quel luogo aveva la capacità di scivolargli sotto la pelle, di strisciare nelle sue ossa, di roderlo da dentro. Il fuoco non riusciva a scacciare la gelida sensazione di morte che permeava tutta quella stanza. Enorme, completamente oscura. Non ne vedeva neanche il soffitto. E nonostante fosse evidentemente artefatto, lui sapeva che quel luogo era assolutamente alieno. Poteva vederlo: il suolo era coperto da uno spesso strato di polvere. Poteva sentirlo, perchè il crepitio del suo sudario cremisi riecheggiava migliaia di volte in quell'enorme androne, rimbalzando sulle pareti distanti, senza essere disturbato da altri suoni. Ma, sopra a tutto il resto, poteva avvertirlo. Le ombre del terrore strisciavano oltre al suo campo visino, là dove non poteva vedere. Lunghi artigli, viola come il loro carapace, ed un corpo che pareva più un'armatura forgiata che carne umana. Vere ombre, vere ombre. Lui l'aveva ripetuto. Il ... mastro. Gustò la parola. Era anche lui lì, da qualche parte, in quella stanza senza fine. Ed anche gli altri che lo seguivano, i deboli senza scintilla. Gusci vuoti. Insetti, scarafaggi pieni di carne e organi flaccidi. Niente potere, niente di niente; per lui erano vuoti, anzi, non esistevano neppure. Ora come ora, però, era completamente solo. Assolutamente, totalmente solo. Allargò le braccia, e si alzò leggermente dal suolo. Sentiva i rumori, ma ora erano diversi. Non sembravano predatori. Parevano... spaventati. Loro sapevano. L'immortalità è solo una parola, uno stupido termine. Ogni cosa si può uccidere, basta avere l'arma adatta. Le bugie, l'acciaio, l'acido, il fuoco. Quelle erano forse le vite passate del suo maestro, forti del suo sapere, di migliaia d'anni d'insegnamento, ma lui era Ignus, era il piromante, e la loro eterna vita, di fronte al suo implacabile giudizio, non era che un minuscolo, patetico stoppino, fin troppo facile da bruciare interamente. Ora le vide, si. Erano come le aveva immaginate, con le dita che si protendevano verso di lui, verso la sua vita, e quegli occhi che pur brillando nel buio non trasmettevano alcun senso di calore, se non un terribile, orrendo freddo. Ma la cosa più abominevole ed impura, che le elevava da semplici immagini a veri mostri, era il fatto che, nonostante fossero lì, cariche di potere, non avevano nessuna scintilla. Lo vedeva... chiaramente. Non potevano nasconderlo. Non erano che falsi. Come fumo nel vento. Una gridò. Si, sapeva che avrebbero attaccato. Non resistevano. C'era già stato, forse? Era per questo che ricordava? No, no. Avevano fame, troppa fame, fame di vita e ricordi. Di tutte quelle cose a cui avevano dovuto rinunciare. E non potevano combattere l'impulso di attaccare una preda, anche se sapevano - come potevano NON sapere? - che sarebbero state distrutte. Era diretta contro il suo fianco. L'artiglio fu rapido, ma lui di più. Calò improvvisamente contro il suolo, la mano nera chiusa a pugna, diretto contro quelle piastrelle del colore della notte più buia, colpendole con le dita semi carbonizzate, con la carne ribollente e con il potere dell'Arte. Avvertì un dolore, ma non era molto di cui preoccuparsi, mentre le unghie gli laceravano la coscia e parte del fianco. Una ferita leggera; al rallentatore, poteva sentire, insieme, come l'arma dell'ombra lo feriva, mentre il suolo rispondeva al suo attacco. La crosta si spezzò in un frammento di secondo, e lì, da quel terreno sotto al quale non c'era altro che granito blu e nero, da quell'arido suolo sul quale nulla sarebbe mai cresciuto, nacque il suo potere. Si gonfiò, mietendo metri in meri secondi, disintegrando letteralmente l'ombra, dal braccio, in su, fino al midollo delle ossa. Altre si gettarono contro di lui, si, certo, era logico, ma nessuna riuscì a ferirlo; l'altra sua mano colpì il terreno, spaccando un nuovo frammento di quell'ingrato terriccio, e scagliandolo con forza, insieme a schizzi di magma e lava, contro quei loro corpi così fragili. E loro, come se fossero state fatte di vetro o sabbia, si spezzarono, e dissolsero, volando via, gridando in preda ad un'agonia che mai avevano provato. E lui intanto colpiva quel punto, non contento, continuando con tale rabbia ed ira che pareva che il suolo stesse sanguinando per la violenza dell'attacco. Alla fine - concluse levandosi in aria, e quindi piantando il piede a terra con altra, inutile rabbia, abbastanza forte da causare un'ultima piccola eruzione - nessuna di loro - NESSUNA - era sopravvissuta. Non erano rimasti neppure i cadaveri. Erano quelle... le vite del maestro? Erano... così... deboli. Inermi. Per così tanto tempo aveva creduto in lui. Così... tanto tempo. Non ricordava neppure quando fosse cominciato il suo apprendistato. Era anche lui così? Una marionetta di stoffa che bruciava così in fretta. Si voltò, fronteggiando il luogo dal quale era emersa la prima ombra, quella che lo aveva ferito. Tornavano. Non erano poi così poche. Forse... lo volevano spezzare col loro numero? No. Ora... si tenevano distanti. Avevano imparato la sua lezione, l'insegnamento del dolore! Che ironia, che dei gusci d'uomo si rivelassero più recettivi allo studio che migliaia di vivi cui aveva tentato di farla capire! Oh, ma naturalmente, erano frammenti del maestro, maestro maestro maestro. Dovevano imparare. Così come lui l'aveva imparata dal maestro stesso. Ignusss...Pronunciò il proprio nome, inspirando l'aria di quel luogo. Fredda fredda fredda... non c'era vita, lì. Solo ombre, tante ombre, striscianti serpenti di un'esistenza spezzata. Aprì le dita, e fissò i palmi delle mani, davanti a se, per quindi rialzare il mento, e guardare diritto, avanti a se. Qualcosa brillava. Splendeva. No, non erano i termini adatti. Era come un piccolo sole. Era... maestro. La scintilla del maestro! Un pezzo del maestro! Il pezzo più importante! Quello che mancava. Riflessi verdi, come le foglie di un albero, spine e rovi, contorto, e insieme, divino, il suo maestro. Gli faceva... paura. Lo riempiva di gioia. Avvicinati, maestro. No, aspetta... qualcosa non và. Non è il maestro. Non c'è maestro. Non ci sono ombre. E' tutta un'allucinazione? Concentrati, uomo che brucia... lui è... quello vero? Quello falso? Balzò in avanti, alla cieca, percorrendo circa un metro e mezzo. E poi, di colpo, le labbra nere e carbonizzate si aprirono, le mascelle che forzavano le guance e fessuravano la pelle distorta dal calore, gli occhi giallastri improvvisamente iniettati di sangue nero, Ignus urlò. Come se i venti del pandemonio lo assistessero, l'aria emerse dalle sue fauci, stridendo, correndo, urtando i nemici d'ombra e d'illusione creati dalla mente, tagliandogli, incrinandoli... Un grido dall'inferno stesso, terrificante, altissimo, ma non abbastanza distorto da impedire di riconoscere le parole di Ignus.Ignus... desssidera... BRUCIAREEEEEEEEEE!Mana: 70% (100% - (20% + 10%)) Fisico: Leggera ferita al fianco, all'altezza della coscia.
Oggetti: Bracciali Innate: Ignus, l'Uomo che Brucia (Aura di fuoco perenne che provoca danni a cui si avvicina) Inarrestabile (Niente danni aggravati per via di danni agli organi, niente sangue / incredibilmente resistente) Levitazione (Levitazione)
Prometheus Plume : Di colpo il folle piromane si scaglia contro il suolo, il suo animo colpito da un irrefrenabile desiderio. I suoi arti scheletrici si levano per un attimo, le dita incenerite si chiudono, si stringono a pugno, per quindi colpire il suolo, con violenza inumana. A quei colpi, la terra si mette a sanguinare, l'elisir della vita che sgorga da lei copioso, in una pioggia di magma ardente. Ad ogni colpo, una nuova esplosione, altri frammenti di roccia che si staccano ed emergono con violenza dal terrneo, prima che Ignus si rimetta in piedi, concludendo il tremendo attacco con un calcio al suolo, che provoca un'onda di lava finale. Il raggio della tecnica è di tre metri e mezzo per i colpi normali e cinque per l'onda finale. [Alta]
Howl of Pandemonium: La rabbia e la violenta psicosi del piromante, concentrata in un singolo urlo di furia, è di un potere spaventoso. Questo grido è talmente forte da letteralmente tagliare gli oggetti, frantumando il vetro, incrinando il metallo più robusto, infrangendo le ossa e mutilando la carne. Naturalmente, oltre a questi effetti più esotici ci sono anche i normali danni causati da un suono troppo alto, che provoca sordità, stordimento, e piccole emorragie. Ignus continua ad urlare per due turni, e questo suono provoca i suoi effetti più gravi in un'area di cinque metri intorno ad Ignus. [Media]
Ignus è convinto dall'illusione di essere in un altro posto. I tuoi movimenti inziali (quelli rumorosi) vengono avvertiti come i sussurri delle ombre. Il cannone come l'ombra che lo ferisce. Tutto il resto è una totale allucinazione. Prometheus Plume viene usato per parare (parzialmente) il tuo cannone.
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