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| D O W N - i n - t h e - U N D E R G R O U N D
Si sentiva a suo agio. Finalmente aveva una camera decente. Lasciata la squallida topaia dove l'avevano alloggiato per sbaglio, l'angelo si trovava ora in un alloggio decisamente degno della sua persona. Sedeva comodamente sul divano in pelle nera, con le gambe rilassate sul tavolino di fronte, e con in mano un bicchiere di gin preso dal frigo bar accanto alla grande finestra ad arco che dava sul balcone. E aveva anchhe familiarizzato con una strana invenzione. La guardava incuriosito, scrutandone le immagini che rapide gli passavano attraverso. L'avrebbe paragonata a una sorta di sfera di cristallo similie -però più simile a un quadro-, ma il fatto che potesse cambiare intrattenimento con un piccolo aggeggio rettangolare gli fece pensare che non fossero proprio immagini di vita reale quelle che scorrevano nella strana scatola appiattita al muro. Stretto dalla lieve pressione dei polpastrelli, il bicchiere s'alzava e s'abbassava ritmicamente a intervalli regolari, bagnando le labbra del sapore amaro del liquore e riscaldando prima la gola e poi lo stomaco. Adorava quel sapore ma in quel momento non riusciva a pensare a nient'altro che non fosse il marchignegno che un addetto alle pulizie gli aveva detto chiamarsi televisione, e alla pulsantiera che la comandava, il fantomatico telecomando. Che fantasia. Tipico degli umani. Accantonando l'idea di provare a utilizzare Myhnegon al posto del "telecomando" -per paura di qualche terribile disastro causato dallo scontro di due magie come la sua e quella del "televisore"-, si ricompose, stirando le spalle del giaccone con la mano, e lasciò il bicchiere vuoto sul tavolino. Era quasi tempo di andare. ... ... «CENERE!!!» Oh Dei vi prego, no. La porta sbattè contro il muro, spalancata, e l'angelo sobbalzò sul divano.Sulla soglia, un ragazzino con una zazzera scura e ribelle osservava con i suoi grandi occhi la persona di cui aveva appena interrotto la quiete. Dall'aspetto si capiva come fosse appena adolescente, con lineamenti poco marcati e dall'aria ancora ingenua. Il dubbio che lo colse nel momento in cui sentì la voce proveniente da oltre l'uscio risultò essere fondato. Jeral era risucito a trovarlo nonostante l'infinita distanza spaziale che separava la sede dell'Ordine al Wd. Il rompiballe dll'aria stupita ansimava oltre la soglia a causa della corsa lungo tre piani appena terminata. Era il solito stupido. L'albrego aveva un ascensore. Imprecò in silenzio volgendo lo sguardo al soffitto color panna, colto dal rimpianto di essersi fatto trovare dal giovane Oracolo. Gli occhi grigi, l'espressione simile a quella di un moccioso che ha mangiato troppo zucchero. Si sentì incredibilmente stanco e sfortunato. Jeral significava una cosa sola: r u m o r e. Fastidioso e incessante baccano provocato dalla voce e dai movimenti maldestri di quel piccolo demone infernale al solo scopo di destabilizzare la sanità mentale dell'Oracolo di Cenere. Tutto in lui riconduceva a un bambino incapace di stare fermo e zitto. Non aveva davvero voglia di vederlo. «Jeral...» esordì con un filo di voce, cercando di essere educato malgrado l'istinto gli suggerisse di usare Bahamut per tagliargli la lingua. «a cosa devo l'onore?» Fece gli onori di casa con malcelata controvoglia. «Dai Cenere!!» Sbottò imbronciando il viso «Mi devi chiamare Metallo! M-e-t-a-l-l-o! Lo capisci? Sono un Oracolo adesso, il tuo compagno!» Già. Che culo. Sembrava capitassero tutte a lui. Quel vecchiaccio del Gran Maestro seduto sul suo scanno di pietra si stava probabilmente godendo la scena, ridendo di gusto. Era stato lui a scegliere di affiancargli il discendente della famiglia Thor; e, se all'inizio Keros non aveva posto resistenza vista la rispettabile famiglia e la tradizionale abilità nel forgiare armi del casato dei Thor. Ma una volta conosciuto il ragazzo aveva cambiato idea. Come biasimarlo dopotutto? Jeral Thor era un ragazzino idiota nel corpo di un giovane adolescente. Ogni volta che ripensava alla decisione presa nel vicino passato, capiva come e quanto l'Anziano si divertisse a farsi beffe di lui. Al vecchio non era mai piaciuto il comportamento indifferente e altezzoso dei comandatni angelici dei quali Keros faceva parte. E, conscio di non poterlo cambiare, il Maestro si divertiva a punzecchiarlo con tiri mancini che denotavano ben poca etica professionale da parte di quel Vecchio Malefico. Diede uno sguardo ai lucidi pantaloni cobalto e agli stivali color perla. Il giaccone era leggermente sgualcito ma non aveva molta importanza. Teneva molto all'apparenza e alla compostezza. Compassati, i tacchi delle calzature scandirono il lento ritmo elegante dei passi dell'angelo che, ali ritratte dietro la schiena, raccolse Bahamut sdraiata sul lungo tavolo ligneo al centro della stanza, e la legò alla cinta. Ora, con una mano sul pomolo e l'altra in tasca, si diresse dall'ospite ancora sulla soglia. Giuntogli innanzi lo guardò sottecchi, con lo sguardo socchiuso in gelide lame azzurrine. Se si fosse anche solo azzardato a dire qualcosa di sbagliato o che avrebbe potuto contrariarlo, l'avrebbe spedito direttamente negli Abissi del Chaos, senza farlo passare dal via. «Senti, bamboccio. Io ti chiamo come mi pare.» Per quanto un atteggiamento del genere avrebbe spaventato praticamente chiunque lo conoscesse davvero, quel bambino non gli dava la soddisfazione portata dalla vista del terrore che permeava le iridi altrui. Sembrava essere immune anche al più piccolo scorcio di paura; e questo lo infastidva ancora di più. «Comunque, cosa diamine ci fai qui?» Le braccia conserte in segno di chiusura nei suoi confornti e il tono di rimprovero che poteva somigliare a quello di un genitore, anzi meglio, di un fratello maggiore. «Sono in missione e sono impegnato, torna quando avrò finito. » Insieme alla voce piatta mosse un plamo che invitò Jeral ad allontanarsi subito dalla sua figura e lasciare immediatamente l'albergo. La quiete data dalla splendida e ariosa stanza, era stata spazzata via da un uragano irrotto senza alcun preavviso. Era sicuro che le sua parole fossero state eloquenti e di facile comprensione anche per un minorato mentale come Jeral. Sbagliato. Se ne accorse quando la pacatissima risposta del cucciolo di umano uscì dalla bocca spalancata in un sorriso radioso. «Io sono venuto per vederti combattere, Cenere...» una piccola pausa scorgendo l'aria confusa di Keros «Dai posso vero? Posso-posso-posso-posso?» Prese a saltellare, eccitato dalla possibilità di vedere un vero Oracolo all'opera. Con la testa che pulsava in preda a uno sconsolato nervosismo Keros si massaggiò la tempia pronta a esplodere, cercando di calmarsi; un istante dopo -trovata la soluzione al problema-, face scivolare la mano nella tasca della veste estraendo la piccola foto consegnatagli dall'organizzazione del torneo. Presto sarebbe finito tutto si consolò. La strinse tra i pollici e gli indici delle mani mettendola davanti agli occhi del ragazzino che la guardava pronto ad assaporare la sopresa che Cenere voleva mostrargli. Ovviamente, la sorpresa ci sarebbe stata ma non gli sarebbe piaciuta affatto. «...» L'ultimo sguardo ai preziosi dipinti sui muri candidi, agli eleganti soprammobili sopra gli intarsiati tavolini di legno, ai drappi delle tende che ornavano le luminose finestre. Un angolo della bocca s'alzò compiaciuto. Strappò il foglio. «No.» Secca e semplice. La voce dell'angelo si sovrappose allo strappo del foglietto e davanti al ragazzino sbigottito la sua figura si dissolse in un istante, sempre più lieve ed eterea, fino a scomparire come fosse un fantasma. Lasciò il ragazzino sulla porta, libero di scorazzare per la suite ma senza disturbare nessuno. Un'uscita di scena perfetta, teatrale. Dimenticando Jeral dietro una tenue smorfia sardonica, atterrò nell'arena chiedendosi come l'avrebbe presa il collega. Ovviamente, vi pensava per divertimento e affatto per reale preoccupazione di averne ferito i sentimenti. I passi eccheggaivano soli nello strano stanzone nel quale era capitato. L'arena era completamente diversa rispetto alla precedente, e rispecchiava in pieno l'immagine della foto. Guardandosi intorno, incuriosito, scorse le due banchine che componevano da sole gran parte del terreno dedicato al combattimento, separate unicamente da un piccolo strapiombo dove scorrevano i binari in metallo e legno di un invenzione umana conosciuta da lui qualche tempo prima nella dimensione-palude di Lukerot. Gli pareva chiamarsi... ferrovia. Un altro dei geniali nomi umani. I tristi muri in cemento grigio e ruvido circondavano le banchine coperte di polvere. Come un velo, lo strato di sporco si era depositato in seguito al crollo avvenuto in prossimità delle scalinate che portavano a quella che prima poteva essere usata come uscita. Chiaramente si trovava sottoterra vista la forte umidità e la necessaria illuminazione artificiale, il cui ronziò unito alla luce algida delle lampade a forma di tubo, gli diedero l'idea di un posto alquanto squallido e desolato. Si fermò a ridosso di una linea gialla al limitare della banchina, guardando quanto il varco fosse profondo. Non molto in effetti. Nel caso vi fosse caduto dentro non avrebbe avuto grossi problemi a saltarne -o volarvi- fuori, e comunque vi avrebbe potuto combattere senza fatica, vista la larghezza. Ritraendosi di qualche passo, si appoggiò a una delle colonne che correvano parallele al tracciato sottostante, appoggiandovi un gomito, percependone la solidità e un leggero freddo. Rimase così in attesa dell'avversario, senza preoccuparsi di chi o cosa gli sarebbe presto apparso innanzi, e di quale fosse la via d'uscita da prendere in caso di vittoria. Sbadigliò, coltò da una noia improvvisa. Erano cosa che gli interessavano davvero poco. Il motivo principe per il quale aveva deciso di partecipare a quel torneo era la premura di trovare un avversario che lo sconfiggesse, che dimostrasse a un Oracolo solo e solitario che la potenza di cui era padrone non era ineguagliabile. Insomma, che, in un certo senso, lo ponesse sopra un gradino inferiore rispetto a quello cui la natura l'aveva destinato. Un potente angelo, superiore per natura agli uomini, che amava sentirsi considerato un essere comune. Un bel paradosso, no?
CITAZIONE Energia 100% Consumi Equip - Bahamut inforderata sul lato sinistro - Guanto di Myhnegon indossato Status Fisico: Illeso Status psicologico: Impaziente Abilità:
CITAZIONE Rapido il Giudizio Divino ~ Sonido Il mestiere d'Oracolo Keros, dal punto di vista dei mortali, un assassino, un giustiziere. Pur non portando la maschera e senza indossare qualcosa per cammuffare il suo aspetto, egli rientra in pieno in questa categoria e con gli anni, seppur pochi, di esperienza, ha imparato a muoversi con maggior velocità rispetto agli esseri più deboli e comuni. In pratica si considera quest'abilità come un potenziamento passivo della velocità del 50%. La velocità non influirà solamente sugli spostamenti ma caratterizzerà qualsiasi movimento dell'angelo, partendo dalla corsa fino ad arrivare ai movimenti delle mani per compiere un incanto. [Abilità Passiva]
CITAZIONE Pronta la mia coscienza magica ~ Zero Talento, genio, capacità. In qualsiasi modo questi fattori vengano chiamati, il risultato naturale prodotto sul soggetto che li possiede è il medesimo: la facilità con cui gestirà il proprio potere. Con l'allenamento e le abilità innate da lui possedute, Keros è stato in grado in breve tempo di padroneggiare al meglio le proprie energie e concentrazione, riuscendo a superare i limiti che imbrigliavano gli incanti di molti maghi. Egli è infatti capace di castare magie anche complicate senza la necessità di concentrarsi e perdere preziosi secondi durante i combattimenti. Nessun incanto sarà per lui troppo complicato o impossibile. Egli riuscirà a castare tecniche di basso livello in tempi infimi, mentre quelle più potenti verranno notevolmente semplificate (anche se necessiteranno di un minimo di concentrazione). Laddove sussista la necessità di movimenti e formule quest'abilità non influenzerà quelle condizioni. [Abilità Passiva - Azzeramento tempi di concentrazione]
CITAZIONE Azioni:
Note: Al solito, buona fortuna al mio avversario, spero ti divertirai xD - Ho corretto gli errori delle abilità, in modo da renderle un pò più comprensibili xD
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