| :.Sehnsucht.: |
| | I'm becoming Insane Just for you!
Aveva creduto, per un attimo, che le sue gambe sarebbero state schiacciate. Erano stati attimi di puro panico, quelli. Il più piccolo movimento faceva scricchiolare le sue ossa l’una contro l’altra in una cupa sinfonia che non prometteva nulla di buono eppure, anche se i suoi muscoli erano sempre più deboli e il sangue cominciava a non circolare più, non poteva smettere di agitarsi, non poteva accettare quella prigionia: bastava che la larva stringesse con appena un briciolo in più di forza e i suoi arti inferiori sarebbero stati sbriciolati, bastava che quel disgustoso orrore abbassasse appena un po’ la testa e Liam si sarebbe ritrovato decapitato. Era in trappola e bastava niente perché il nemico ne approfittasse per ucciderlo- per sconfiggerlo.
Aveva creduto, per un attimo, che le sue gambe sarebbero state schiacciate, ed era per quello che un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra quando il verme lo lasciò andare, anche se le ginocchia erano troppo deboli e doloranti per tenerlo in piedi. Era sollevato, sì, anche se il sangue ancora sgorgava dalla sua gola e un nauseante odore di cadaveri penetrava nelle sue narici, colpendo le sue viscere nel tentativo di rivoltarne il contenuto. Aveva forse ucciso l’insetto? Meglio. Ne era felice. Felicità, doveva essere quella l’emozione che gli scuoteva le spalle e rendeva il suo cervello leggero leggero, riducendo il mondo esterno ad un confuso rumore ovattato - non c’era nulla di importante da sentire, no, nulla era importante a meno che non fossero i lamenti del nemico, la voce del Re che gli confermava la vittoria, le grida di gioia del fratello. Nulla era importante meno che uccidere il nemico ed era ora che se ne convincesse. Era ora che si affidasse esclusivamente a quella vocina che canticchiava l’avvento della distruzione e accettasse a braccia aperte i suoi insegnamenti, ignorando tutto il resto. Ignorare quell’odioso peso al petto. Ignorare quella strana sensazione che c’era qualcosa che non andava, che doveva fermarsi, che non doveva fidarsi. Ignorare tutte quelle vocine traditrici che sembravano implorarlo di fermarsi, di ascoltare, che piangevano e piangevano e lo confondevano in quel momento così cruciale. Ignorare tutto ed alzare lo sguardo, cercando di capire che cosa stesse succedendo. Il verme era sempre lì, a pochi metri di distanza, steso a terra in un cerchio- voleva circondarlo, voleva bloccarlo per rendere più semplice colpirlo, era tutto un trucco, un dannatissimo trucco e Liam avrebbe voluto gridare e sparare, sparare fino a che l’avversario non fosse morto e non avesse pagato per quel vile trucco e la vittoria non fosse finalmente stata sua. L’avversario. Un brivido gli scosse la spina dorsale, un brivido che la vocina nella sua testa fu veloce a descrivere come odio: d’altronde che altro avrebbe mai potuto provare per qualcuno che vomitava insetti su insetti per il solo dannatissimo gusto di diminuire le sue possibilità di successo? Oh, sì, l’odiava, era quella la realtà: doveva morire, così da poterlo aprire e togliere ogni singolo parassita dal suo corpo bruciandolo uno per uno. Doveva morire, tutto lì. Quella era la semplice, pura verità: doveva essere distrutto, lacerato, sconfitto, ucciso.
(Intanto le sue gambe continuavano a tremare, piegate sotto il suo peso, e Liam si ritrovava immobilizzato ad osservare mentre uno sciame di api formava il suo nome e, subito dopo, un teschio: il significato era chiaro, preciso e, soprattutto, ricambiato. Dovevano morire, loro, il verme e il loro padrone- quel padrone che lo stava guardando, patetico, in quel modo così triste.)
Non mi guardare così.
Liam chiuse istintivamente gli occhi e sì, era il sangue quel sapore così amaro che sentiva in gola, sì, era la rabbia quel peso così opprimente sul suo petto, e no, quelle parole così chiare che avevano cominciato a rimbalzare fra le pareti della sua mente e che tanto sembravano essere state dette dal suo avversario non erano mai state pronunciate, in realtà.
Ti prego, non sono io il tuo nemico.
Le spalle tremavano solo perché si sentiva debole. Si stava stringendo la testa fra le mani che ancora tenevano le armi solo per proteggersi dalle api che stavano per colpirlo. Non si sentiva male. Non si sentiva in colpa. Aveva solo paura di perdere.
Annulla questa maledizione e io ti aiuterò a sconfiggerlo!
Quella frase non era mai stata pronunciata, era solo una dannatissima invenzione di quella parte del suo cervello che non voleva vincere, che non voleva aiutarlo, che voleva farlo rimanere miserabile ed inutile per sempre- l’avrebbe sentita se fosse stata pronunciata, no? L’avrebbe sentita.
Dammi retta!
E se anche in realtà il nemico avesse realmente detto quelle cose- allora? Le persone mentivano, soprattutto quando non volevano perdere.
Non sono io il tuo nemico.
Non poteva perdere, non poteva perdere, doveva ripeterlo e ricordarselo per sempre, sempre, sempre. Non poteva perdere e se quello era l’unico modo per non farlo allora doveva continuare, doveva seguire quella voce che sapeva quale fosse la strada migliore, doveva distruggere, lacerare, sconfiggere, uccidere. Doveva ricordare che lo faceva per quel calore, per essere sempre protetto, perché quello era il modo per raggiungere il potere e il potere era come essere sempre lì, a casa, e dannazione perché lo guardava in quel modo!
(La terza fitta lo colpì al rene destro. Era un dolore straziante eppure, nel retro del suo cervello così confuso, era grato per quella pugnalata invisibile: poteva convincersi che quello era l’unico motivo per cui si era rannicchiato a terra, che quello era il motivo per cui stava tremando in quel modo- ma, soprattutto, grazie a quella fitta la sua mente si era staccata, lasciando sfuggire l’immagine di quegli occhi così tristi e lasciandolo solo con quell’odiosa canzone di distruzione.)
Non avrebbe dovuto dimenticare il perché stava facendo quello che stava facendo. Non avrebbe dovuto dimenticare quel tepore, quella sensazione di potere, quegli attimi in cui sembrava che tutto fosse possibile e che bastasse solo schioccare le dita perché i suoi desideri si realizzassero. Tipo quel momento. Delle api, molte api, si stavano dirigendo verso di lui con tutta l’intenzione di pungerlo, magari per trapassarlo da parte a parte. Che fare? Sacrificare un pipistrello per proteggersi. E se un solo pipistrello non bastava, allora bisognava utilizzare più pipistrelli.
Poteva sentire le loro strilla mentre venivano punti e morivano, patetici animaletti che per un malvagio scherzo del destino non riuscivano mai ad ottenere più di pochi secondi di vita. Le sentiva ed intanto le contava, ragionando sul numero di punture che doveva aver evitato. Aveva ancora in mente quel numero mentre la sua schiena, le sue gambe, le braccia che facevano disperatamente da scudo alla testa venivano colpite e tentava di pensare – in quell’ottimismo che tanto lo contraddistingueva – che almeno era andata bene. Almeno aveva evitato una parte del pericolo. Ci pensava anche mentre il sangue cominciava a sgorgare dalle ferite e il suo cervello sembrava pulsare per tutto il dolore che i nervi registravano e no, non vedeva quel dannatissimo liquido rosso, ma poteva scommettere che era dappertutto perché ne sentiva il calore, ne sentiva il gusto e per un attimo si chiese- quell’odore di cadavere, era il suo? Ma subito si riprendese- che idiota che era stato a pensare cose del genere. Come poteva essere morto? Sentiva il calore, come se la sua carne fosse stata in fiamme, sentiva le sue vene pulsare, sentiva il suo cuore battere a tempo di quella nenia che la voce nella sua mente non aveva mai smesso di cantare, non per un solo secondo. Sentiva le sue braccia sollevare il corpo senza mai minacciare di cedere, sentiva di poter muovere le gambe e, anche se tentare di mettersi in piedi gli aveva fatto tremare le ginocchia in modo terribile e subito era ricaduto a terra, sentiva di poter alzare la testa e fissare il nemico senza nessun problema.
“Ch-” tossì, sputacchiando un grumo di sangue, e quando tornò a parlare il suo tono era basso, instabile, con un sinistro gorgoglio di sottofondo. “Chi… devo colp-hk-ire per vincere?”
Tre ombre si erano formate attorno a lui, semplice condensazione delle tenebre, ed erano piccine, ed erano sempre le solite tre piccole bambine ma, per una volta, non correvano. Non giocavano a rincorrersi, non scherzavano nel loro silenzioso modo. Erano lì, attorno a Liam, e per una volta rimanevano ferme, immobili, l’inesistente sguardo fisso sull’avversario che non era più un amico, un parente, qualcuno da abbracciare- quello era un nemico, una preda, qualcuno che andava eliminato.
Le tre ombre volarono verso l’avversario, due dirette ai lati, all’altezza del bacino, e la terza correndo dritta fra le sue braccia. Non per affetto. Non per gioco. Solo per ucciderlo.
Ed intanto l’elfo rimaneva seduto, la mano destra alzata per sparare al petto del rivale, circondato da ogni genere di insetto, e sì, il dolore rimaneva come e più di prima ed era insopportabile ed opprimente- però il sangue lo ricopriva, lo scaldava, cullandolo al suono di una canzone della sua infanzia le cui parole erano state stravolte ma la cui melodia rimaneva la stessa e no, non aveva freddo.[ReC : 260] [AeV : 220] [PeRF : 120] [PeRM : 365] [CaeM : 210] Energia: 67% Mana: 40% Armi: Pistola - Mano Destra - Due Proiettili Pugnale - Mano SinistraDanni subiti: Emorragia interna allo stomaco (danno basso) , Emorragia interna alla gola (danno basso), danno basso alle gambe per lo stritolamento, Danni per via dei pungiglioni a schiena, gambe e braccia, Emorragia interna all'altezza del rene destro (danno basso) Tecniche utilizzate: Maledizione Superiore - Toglie al nemico il 15% di energie per turno, Liam subisce una ferita interna bassa fino a che non decide di eliminarla. Invincibile Armada - Tre ombre alte un metro che volano contro il nemico, a contatto con qualcosa esplodono. Consumo Medio. Pipistrello - Evoca da uno a venti pipistrelli di energia totale gialla. Consumo Basso. [Evocati venti - Ognuno un ventesimo di energia gialla] Abilità attive: /// Azioni: Non riesce ad alzarsi per i danni alle gambe, si protegge in parte dalle api grazie ai pipistrelli ma, comunque, sono parecchie e viene colpito a schiena, gambe e braccia. La maledizione ha effetto su moi e toi. Io lancio la tecnica Invincibile Armada, solito modo (due ai lati, una dritta) in più ti sparo mirando al petto. Note: Tell me why it's always the same, Explain me the reason why I'm so much in pain! 8DD Forza, quasi finito! Allons-y!
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