| Hatta. |
| | ─Flashback importante; perchè finora non si è mai detto nulla del passato dell'Agenzia, e bisogna rimediare!─ Poche favole cominciano i loro racconti con cupi scenari di morte, e se così fosse, di certo offrirebbero immediatamente ai piccoli lettori un pur tenue lume di speranza. L'eroe giungerà in tempo, risolvendo ogni male, bandendo l'oscurità. Forse, persino questa novella vedrà la parola "fine" vergata a seguito di un lungo e travagliato tormento. Un sentiero che s'inerpica sulla montagna della sopravvivenza, anelando unicamente lo scopo per cui i suoi protagonisti sono nati: ricordatevi delle Fiabe, mormorano. Non lasciate che l'Oblio ci dissolva.
─Wonderland, Capitale del Mondo Delle Fiabe. Tanto, tanto tempo fa... ─
Un pesante tonfo, e gli immensi portoni del Palazzo delle Carte sussultarono. Polvere e calcinacci sbriciolati piovvero da un soffitto tanto alto da esser quasi invisibile ad uno sguardo distratto; brutto segno. Ma i tanti occhi che fissavano risoluti quei rimbombi infernali non erano altrettanto distratti. Loro no, perchè, se lo fossero stati, allora di loro non sarebbe rimasto nulla. Neppure il ricordo. Soprattutto, ed inesorabilmente. Un nuovo boato. Presto si sarebbero aperti una breccia, e la feroce battaglia per la Memoria non avrebbe ammesso esclusione di colpi. Non v'era spazio per gli scherzi, ora: le Fiabe avevano ormai gettato via dai propri sorrisi la baldanza che portavano ai bambini. Sarebbero svaniti così?, si chiedevano molti soldati in quell'istante. Un Fante di Picche tremò visibilmente udendo l'ululare di un ignoto mostro, là fuori. Un altro si mise a piangere silenziosamente, stringendo convulsamente la lunga lancia.
Non abbiate timore, Fiabe, orgoglio della Fantasia! Non tentennate! Non esitate!
Un'esile figura marciava decisa di fronte alle strette postazioni difensive erette dalle favole per chiudere gli assalitori in un insopportabile imbuto dove il loro numero non li avrebbe schiacciati. Avanti ed indietro, energico, non si bloccò neppure quando l'ennesimo rintocco del gigantesco ariete nemico quasi fece cedere i gloriosi, bianchi battenti. Le iridi scarlatte scagliavano pericolosi bagliori ad ogni sottoposto, ricordando la missione che li vedeva coinvolti, ricordando la loro genìa e l'importanza delle loro stesse esistenze. Eccoli lì, pensò, tutti riuniti, creando l'ultimo, strenuo baluardo prima delle innumerevoli Stanze, il Grande Salone del Thè e la sacra sala del Trono. La Fiaba, intrepida in prima linea, salì agilmente su una barricata, mostrandosi a tutto l'esercito; i suoi bianchi vestiti e la sua chioma candida ne esaltarono la figura come l'unica luce in un mare di tenebre. Vide i famosi predoni di Alì Baba, la ciurma di Uncino, i coriacei Sette Nani, e più in là, cento e cento altre favole. Assieme, fianco a fianco, per l'ultima battaglia.
Ricordate, Fiabe, fratelli miei! Non è troppo tardi per ricordare, e non permettete che le Armate dell'Oblio vi privino dei vostri scopi! Non è tardi!
Nella sua mano destra comparve un delicato cipollotto dorato. E il Bianconiglio lo aprì, guardando l'ora forse per l'ultima volta. No, davvero: non era tardi. L'ultimo, pesantissimo colpo aprì violentemente le porte. Una cappa d'opprimente silenzio scese come un manto sui difensori; di fronte a loro si stagliarono le immense truppe dell'Oblio, quel potere oscuro che lentamente stava consumando ogni ricordo delle favole. I bambini non leggevano più le fiabe, le avevano dimenticate. Questo era il prezzo da pagare. Il Bianconiglio sorrise mestamente, lui, primo tra tutti, avanguardia.
PER LA REGINA DI CUORI!
Gridò, mentre il cipollotto si trasformava istantaneamente in un'enorme stella del mattino; i primi bruti tra i nemici avanzarono con mostruose urla, a cui risposero i cori compatti di tutte le Fiabe presenti. Il gigantesco orologio ruotò con un sordo fischio sopra la testa del Bianconiglio, per poi abbattersi mortalmente su un nero colosso pronto a spazzar via la misera resistenza formata dalle muraglie. E la battaglia esplose, furibonda. Le grida si mischiarono al cozzare delle armi, i fischi al sibilo dei dardi, i canti alle urla dei feriti. Senza quartiere, senza pietà. I campioni scelti dall'Oblio per divorare qualsiasi ricordo delle favole avevano tantissime formi, l'una la più terrificante dell'altra; prive d'umanità, prive d'emozioni, come guerrieri ombrosi combattevano metodicamente senza conoscere tregua o ritirata. Dopo minuti che parvero ore, il Bianconiglio si trovò circondato. Conosceva la sua sorte, sapeva che, come lui, moltissime altre Fiabe stavano duellando singolarmente con mille avversari. Non esisteva più tattica, formazioni, strategie. Lì tutto si sarebbe deciso in base alla ferma volontà di sopravvivere... ... Chi non vi fosse riuscito, si sarebbe dissolto nel nulla. Venne ferito. Ancora, di nuovo, ma non si fermò. Fece strage dei suoi nemici, instancabile, roteando abilmente la temibile arma. Poi, l'ondata s'arrestò, ed anzi, i nemici parvero diradarsi. Allora, stremato, l'assistente personale della Regina cercò con lo sguardo quanto restava delle invincibili armate nemiche. Non si voltò, perchè aveva davvero paura di vedere quanti pochi di loro erano sopravvissuti solamente al primo assalto: il primo di tanti, fino a quando non sarebbe rimasto nessuno di loro. L'occhio corse avanti, fuori dal Palazzo, e con stupore ammirò un miracolo che mai avrebbe potuto aspettarsi. Laggiù, solitario, oltre l'imponente scalinata che portava alle divelte porte del Palazzo, vide una macchia rossa danzare tra i nemici, rallentando con la sua sola, volitiva forza la marea avversaria. Il sempre serio Bianconiglio pianse quel folle eroe. Sapeva, sì, aveva sempre saputo quale sarebbe stata la fine del Cappellaio Matto. Folle era nato, folle se ne sarebbe andato. E lui, che doveva sempre saper tutto per assistere al meglio Sua Altezza, non fu mai così rattristato di aver avuto ragione. Un inaspettato sorriso si frappose a quella triste visione: una ragazza che non aveva mai visto, celeste vestita e dalla lunga chioma corvina lo stava raggiungendo all'altissimo ingresso. Aveva il fiatone, e dovette impiegare qualche secondo per rivelarsi.
Dice... Dice di andare. Vuole che io doni il mio Cuore alla Regina. Forse, forse ci salverà...
Il Bianconiglio sgranò gli occhi cremisi, incredulo di fronte a quella possibilità. Se lei... Avesse donato il proprio Cuore Fiabesco alla Sovrana, forse Ella avrebbe ottenuto un potere inimmaginabile con cui scacciare l'Oblio! Ma la speranza si colmò di tristezza, osservando il Cappellaio Matto combattere strenuamente contro innumerevoli nemici.
Se sopravvivrà, non sarà più lo stesso. Qualcosa di lui, certamente, verrà cancellato. Vieni. Andiamo dalla Regina, Alice.
Laggiù, nella piazza più nera, colui che diverrà Hatta impazzì.
─Epitaffio Dei Fiori Di Ciliegio Ma quanto è figo chiamare una location così?─
La mano guantata raccolse un delicato petalo di ciliegio, mentre una fredda lacrima scivolava lenta sulla guancia sinistra del nostro eroe. Accovacciato a terra, osservava rapito il gioco della luce riflettersi sugli alberi secolari. S'accorse solo qualche istante dopo di quella goccia solitaria, e la raccolse con l'indice. La fissò stranito, come un bambino che osservi uno strano insetto per la prima volta. Perchè piangeva?, si domandò; non gli sovvenne alcun ricordo triste, eppure, eccola lì! Doveva essere accaduto qualcosa altrove, certo, certo. Quella era la ragione! La sua squadra del cuore era stata sconfitta, sì, oppure il suo spazzolino preferito era andato perduto nei gorghi di un water malevolo. Scosse il capo, indignato. Era grato al karma (?) per averlo avvisato di una così triste circostanza, e si ripromise di farla pagare allo sciacquone fellone. Ma non era quello il momento!! Si guardò attorno, cercando traccia del suo avversario. Nemmeno l'ombra. Bè, probabilmente sarebbe sopraggiunto dall'altro ingresso, giacchè il suo s'era già bello che sigillato. A terra stava la pacchiana fotografia di quel luogo, stracciata, in un'espediente simile a quello che gli Insignissimi Organizzatori avevano utilizzato per il precedente duello.
Bè, quest'arena è un tantino meglio. Dillà non c'era neppure una bibita per farci un cocktail... Con tutto quel ghiaccio a disposizione, poi!
S'era alzato, intanto, inveendo contro il mondo, i fotografi, i drink senza cubetti e le multinazionali. Eterno brontolone, non ripensò più - ok, per lui era difficile soffermarsi per più di una decina di secondi su un particolare... - alla lacrimuccia solitaria che gli aveva rigato il bel viso pallido. Forse, Hatta, avresti dovuto rifletterci su ancora un poco. Non capita tutti i giorni che tu pianga per ciò che eri stato una volta, ciò che non sarai mai più. Ma che importa, ormai? Hai una cravatta stupenda. Stendili tutti, Cappellaio Matto. Alla Regina di Cuori, anche se stai per ingannarla, servono altri Cuori Fiabeschi.
CITAZIONE ~ Status: Blabla, tutto ok. ~ Armi in uso: Mr. Rippner: bastone da passeggio, equivalente ad una mazza. ~ Innate Passive in Uso (nel turno)(equip compreso). __Splendida Cravatta Del Potere! |- Questa rossa cravatta, sulla punta della quale sta ricamato il simbolo di picche, è la leggendaria cravatta del leggendario dio delle leggende. Di fatto, è un comunissimo vestito. Nè più nè meno. Emana un'aura spaventosa che provoca in chi osserva il portatore un'inspiegabile sensazione di sudditanza e terrore (nei confronti del vestito), ma non serve assolutamente a nulla. Non è Hatta ad apparire più forte, ma proprio la cravatta, che effettivamente lo è. Peccato non possa palesare la sua immensa immensitudine. ~ Tecniche in Uso (equip compreso): Nada! ~ Note: Chiedo perdono per la lunghezza del post ç__ç Auguroni di rito *O*/
| | |
| |
|