| Vràstax Victoriàn |
| | ~
Non lo dava a vedere, ma il suo corpo tremava, e le budella del suo stomaco fremevano, incessantemente. Sussulti impercettibili e invisibili ad occhio umano, tremiti emotivi dettati da un insensato senso del dovere verso quella mostruosa creatura umana che s’accingeva a fissarlo, bramosa di sangue. Nutrendosi di quella sua paura che non gli apparteneva. Una paura diversa da quella dei codardi, da coloro che non avrebbero mai accettato la morte o la sconfitta; il terrore di uccidere un uomo senza alcun perché, questo sarebbe stato un orrore, questo sarebbe stato ciò che più l’avrebbe impaurito; eppure quella bestia gli sorrideva, schernendolo, perseverando – con quella follia stampata in volto – nel prendersi gioco del Giusto. E lui d’altro canto lo scrutava da capo a piedi, ma con occhi assai diversi dai suoi, occhi colmi di pietà e frustrazione per le sofferenze che si celavano e che tormentavano quell’individuo. Agghiaccianti pene nascoste nel più profondo di quell’anima c o r r o t t a, probabilmente. Non sarebbe stato facile farlo cadere, si disse convinto. E non sarebbe stato altrettanto facile, per quel mostro, soggiogare la mente del Vittoriano, ammantarla o plasmarla secondo il suo prevaricatore volere. A un tratto, per un solo attimo, vinse quel senso di paura e di ripugnanza, non appena tutto sembrò fermarsi, quando tutto tornò come prima, come in un sogno, un maledetto sogno. Serrò gli occhi, certo – ma allo stesso tempo illuso – di rimanere lì, per sempre, in quella terra del bene. Ma le fantasie, si sa, non durano un’eternità. E cosi quella meravigliosa magia che lo aveva avvolto in un bozzolo di gioia e pacatezza era scomparsa, lasciandolo solo e confuso in quel luogo caotico, mortale. Capì da allora, di essere l’unica luce a possedere sentimenti del tutto differenti da chi lo avrebbe giudicato, osservato e affrontato. Inspirò profondamente mentre quel guerriero, di cui non conosceva nemmeno il nome, iniziò a muovere il proprio corpo elettrizzato, eccitato; una abnorme catena poi prese vita lungo quel viscido braccio immacolato. E in quei pochi attimi tutto prese una brutta, bruttissima piega. Straniato il Vittoriano affondò per un’ultima volta il proprio sguardo ferreo su quello avversario, tentando di assimilare (in quel minuscolo lasso di tempo) i dettagli che lo caratterizzavano: una maschera inespressiva, degli occhi scarlatti, un sorriso morboso, un ghigno maniacale. Poi un sordo rumore sancì la fine della luce. L’oscurità l’avvolse e per un attimo riuscì a sentire soltanto il suo pesante respiro irregolare. Non demordeva però, non l’avrebbe fatto. Quell’essere era un codardo, un manipolatore e Vràstax l’aveva intuito da ciò che era appena accaduto: l’unica fonte di luce che avrebbe potuto rendere quello scontro sopportabile era stata distrutta. E adesso, entrambi, avrebbero dovuto dilettarsi nelle tenebre. Il buio era un elemento disprezzato dai Vittoriani, li rendeva come incapaci di decidere, di darsi forza; alcuni si sentivano persino dispersi in quei squallidi meandri notturni. L’Angelo della Picca Velata invece no, continuava sempre a rimanere calmo, freddo, qualunque cosa gli capitasse. Eppure la sua parte umana non ne era cosi convinta. Lentamente fece un passo in avanti, tentando di cogliere il più impercettibile rumore provocato da quella bestia che, rapida e testarda, si muoveva nell’oscurità da egli stesso creata. Solo una parola, dal significato sconosciuto, balenò nella mente del paladino. Solo una.
« Blackout... »
Come non vedere | che null'altro la natura ci chiede con grida imperiose, | se non che il corpo sia esente dal dolore, e nell'anima goda | d'un senso gioioso sgombra d'affanni e timori?
~ · ~ · ~
Violenta, mostruosa, insopportabile. Il dolore giunse cosi tanto inaspettatamente da lasciare meravigliato persino il Vittoriano. Sbraitò allora per la sofferenza, per quel male cosi tanto lancinante e pulsante. S’inginocchiò, strinse i denti ma quello strazio non passò, né si affievolì. Il volto scarno e solcato da quel supplizio si indurì, gelato. Non credeva di essere caduto cosi tanto facilmente, lui, Vittoriano quale era. Si sarebbe rialzato, diceva. L’avrebbe fatto. Nemmeno le placche dell’armatura che lo proteggevano però risultarono efficaci, eppure dentro di sé un fuoco l’avvolse, un fuoco che non fece passare quell’insopportabile pena, e che nemmeno la smorzò. Gli occhi vacillarono, per un istante si lasciò andare a pensieri lontani, r i c o r d i indissolubili di gesta eroiche, battaglie sanguinolenti, amori perduti. Datti forza, combatti, non cedere alle carni – urlava dentro di sé.
Combatti, Angelo della Picca Velata, combatti.
Con quanta più forza aveva si rimise in piedi, barcollando, con i muscoli delle gambe che vacillavano. Portando la mano destra dietro la schiena estrasse la spada e dopo averla posta in avanti, congiunse l’elsa alla mano sinistra, accompagnando quei movimenti ad un singolo e breve sospiro sereno. Il suo animo sembrava essersi appagato, la sua mente no tuttavia, forse per il dolore, per quella sofferenza arrivata cosi tanto squallidamente. Come avrebbe reagito, ora? Ora che tutto non aveva senso, ora che rischiava di morire per qualcosa di assurdo, di irreale. Si fece forza cosi come si era ripromesso di fare. Torse il collo, a destra, a sinistra: non vedeva nulla, solo il nero pece prodotto dall’oscurità, solo il suo affanno e un respiro animalesco, dannatamente animalesco. La luce sarebbe stata la soluzione, un barlume di speranza che non sarebbe derivato da qualcosa di tangibile, ma dalla sua anima, dal cuore, una luce assai più forte di quella esistente, un riverbero di fede e di amore e cosi fu. Un lampo attraversò l’intera sala, illuminando gli angoli più remoti di quel tetro luogo. Non sarebbe stato facile però scorgere la figura di quell’essere, tanto era forte quell’espressione di purificazione. Ma sarebbe bastato poco: anche un’ombra, anche il minimo contrasto creatosi fra quegl’occhi scarlatti e la dorata luce proveniente dal corpo del paladino. Fortuitamente vide qualcosa di sfuggita, cosi per caso; del tutto insicuro tentò la sorte. La spada – puntata in quella direzione, vibrò vigorosa, come se fosse viva. Un attimo bastò perché portentosa esplodesse; un raggio di luce che subito si espanse, come un triangolo, una piramide, pronto ad occupare gran parte di quello spazio angusto e orripilante. Sorrise, m a l i n c o n i c a m e n t e.
« Non voglio farti del male. »
Disse, in un sussurro quasi impercettibile.
CITAZIONE [Rec - 175] [Aev - 75] [PeRf - 350] [PeRm - 400] [CaeM - 175] Energie residue - 100% (125%) Condizioni fisiche - danno alto (contusione) nei reni. Condizioni psichiche - malinconico, paranoico, apparentemente provato. Equipaggiamento - spada impugnata con entrambi le mani, scudo posto sull’avambraccio sinistro, lancia posta dietro la schiena (posizione obliqua). Passive - La presenza del Bene nell’animo dei Vittoriani; Le durevoli Alterazioni del Bene; Il delitto della formazione: guerra, addestramento e le loro conseguenze; Non sopporterò le ingiustizie. Tecniche - Non oscurerò il mio nome; Gl’antichi Servigi del Bene. Note - Riconosco il fatto che la tecnica usata, derivata dalla pergamena " Flash abbagliante" a poco a che fare con il rilevamento di qualcosa, ma seguendo la logica dovrebbe avere un minimo di versatilità in questi luoghi e/o situazioni. In ogni caso la seconda abilità usata va a - o dovrebbe - coprire ciò che è stato fatto antecedentemente giacché il raggio di energia va ad ingrossarsi, fino a raggiungere la forma di una piramide che ha la punta rivolta verso il paladino. CITAZIONE La presenza del Bene nell’animo dei Vittoriani: I Vittoriani, come si è già detto, sono esseri particolari, che fanno del bene una vera e propria magia, che la rendono potente al cospetto dei deboli, sacra al cospetto dei nemici, vitale per gli uomini di tutte le terre che desiderano nient’altro che pace e prosperità nella loro misera vita. Vi sono sortilegi che nemmeno i più saggi e veterani uomini dei Vittoriani riconoscono, saperi sconosciuti, cosi potenti da rendere il genero Vittoriano impotente di fronte a tutta questa misericordia. Poteri di cui si sconosce l’entità e il perché si manifesti solo in determinati uomini di questa specie, alcune virtù, inoltre, vengono innescate nello stesso essere, altre invece negli oggetti a cui sono più legati. Nel caso di Vràstax queste strane fatture si sono manifestate all’interno della lancia e dello spadone. Questi, infatti, sin dal momento in cui sono cadute nelle mani del Victoriàn hanno stretto un legame indissolubile e, congiungendosi con l’anima del paladino, hanno acquisito dei soprannaturali caratteri. Alcuni permanenti, altri richiamati dal Vittoriano stesso. Inoltre entrambe le armi si sono caratterizzate con una continua presenza di luce, che molto semplicemente indica l’elemento che le appartiene, che per l’appunto è quello che tutti chiamano “non-elementale”, ovvero quello della luce. Questa celestiale presenza inoltre favorisce un aumento della propria energia vitale, giacché dentro quest'esseri si manifesta come una seconda presenza che li sorregge e li aiuta durante le loro infide battaglie. Il Vittoriano, in termini di gioco, godrà infatti del 25% in più di salute di qualunque altro essere. CITAZIONE Le durevoli Alterazioni del Bene: Sia “Honor et Pietas” che “Presèstax “ godono di differenti poteri che li rendono diversi dalle comuni armi bianche. Queste, infatti, non hanno mai perso le proprie capacità offensive, e mai li perderanno, sono sempre state affilatissime, anche dopo avere distrutto corazze ed elmi della stessa composizione, inoltre risulteranno impossibili da distruggere nonostante gli attacchi che potrebbero venir mossi contro esse. Alcuni le definiscono divine, altri semplici errori del fato. Per i Vittoriani, invece, sono solo meritevoli doni che il loro Dio ha offerto loro, in segno della sua gratitudine. Ultimo effetto di queste forme di Alterazioni, è la capacità di risultare prive di peso nelle mani del possessore, cosa che non avverrebbe se poste nelle mani d’altri, infatti ogni altra persona percepirebbe il peso reale dell'arma. oltre a ciò, non potranno neppure essere sottratte al portatore, e in alcun modo rubate. CITAZIONE Il delitto della formazione; guerra, addestramento e le loro conseguenze: Il Caesar è l'eroe di ogni battaglia. Tanto più grave è la situazione in cui lui e i suoi alleati versano, tanto più grande sarà la sua gloria dopo la vittoria. Pertanto, egli deve trovare la forza dove essa sembra essere svanita del tutto; deve poter vedere la luce anche nei momenti più bui e utilizzarla per illuminare la via che lo condurrà alla salvezza. Si dice che l'armatura di ogni Caesar sia in grado di sorreggerli tanto più la situazione in cui versano appare disperata, e così è. Quando infatti sul corpo di Vrastax si accumulerà una quantità di ferite pari a Basso, egli riceverà un bonus alla PeRm e alla PeRf di 50 punti. Quando le ferite sul suo corpo giungeranno a un totale pari a un Medio, il bonus alle medesime caratteristiche salirà di 75 punti ciascuna. Quando la totalità delle ferite potrà essere equiparata ad un danno grave, il bonus salirà a 100 punti ciascuna. Quando invece pochi passi segneranno la distanza tra il Vittoriano e la sua morte, il bonus a PeRm e PeRf sarà di 150 punti ciascuna. Ogni Caesar dev'essere in grado di ridonare la speranza anche quando tutto sembra perduto. CITAZIONE Non sopporterò le ingiustizie - Gli Angeli della Picca Velata non possono nascondere totalmente la loro presenza, seppur possedendo e indossando continuamente la loro corazza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro per le stesse vie e rimanendo il più delle volte nella loro struttura primaria. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che i Bianchi incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano, in termini di gioco, di energie pari o inferiori all'agente. CITAZIONE Non oscurerò il mio nome – Le doti dei Vittoriani non si fermano di certo a semplici caratteristiche fisiche, anzi il loro potere è immenso, a volte semidivino, cosi grande da essere invidiato da tutti le razze del continente. Vràstax però. non è ancora riuscito a sviluppare del tutto queste singolari capacità, eppure potrà - ad esempio - manifestare il potere della luce attraverso il suo corpo, sotto forma di flash abbagliante che accecherà e stordirà l’avversario per qualche secondo. Tale luce – lanciata da qualsiasi punto del corpo – arrecherà inoltre abbondanti danni ai demoni, che saranno altresì costretti a ritornare in forma umana. Il costo di energie per attuare la tecnica è pari a Basso. CITAZIONE Gl’antichi Servigi del Bene: Non solo le armi di Vràstax posseggono proprietà del tutto fuori dal comune, ma riescono pure a manifestare l’elemento luce sotto forma di attacco, rendendosi del tutto pericolose e alle volte mortali. Le armi infatti, in qualsiasi momento e senza alcuna concentrazione potranno ricoprirsi di un semplice alone elementare, Vràstax dovrà però passare le dita sull’area dell’arma su cui il si è iscritto l’incantamento. A questo punto il Vittoriano, a seconda dell’ammontare di energie che spenderà, potrà far variare, sia di forma che di intensità, la magia potenziale che in qualsiasi attimo si scatenerà dalle armi benedette.In termini di gioco si potrà avere un controllo del non-elemento, limitato alle sole due armi incantate. L'abilità conta come una tecnica a livello Variabile (Alto, da considerare Immenso).
| | |
| |
|