Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Orizzonti

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view post Posted on 16/2/2010, 00:12
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Esempio
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Volevano farla cadere. Hanno tentato di trascinarla a terra e di spegnerla, corde grosse quanto denti di drago. Volevano distruggerla, volevano spegnerla e riconsegnare il mondo all’analfabetismo, all’oscurità. Dietro i loro volti celati dalla cera il mondo proseguiva ignaro, deturpando la natura e obbligando la terra a sostenere il peso di quella che loro chiamavano cultura. Palazzi enormi, templi ed’immense strutture. Tutte edificate nel nome del loro Dio Sole. Artefice della vita, sostentatore di ogni azione che permette al mondo di essere dov’è ora. Ma, l’altra faccia della medaglia, quella più oscura, si definisce con il nome di Luna. Una sorella, un occhio, il cosiddetto “sole della notte”. I tempi ricordano al mondo che tutto ciò esiste sin dalla genesi. La naturale contrapposizione tra ciò che viene ritenuto giusto per una fazione e sbagliato dall’altra parte sostenta gli stomaci affamati di coloro che cercano battaglia. Cavalieri della luna, paladini del sole e quant’altro. Persone che si raggruppavano nel nome di un qualcosa, combattendo armati da futili motivi e dalla stupidità. Ma al di là di tutto quello che è superficiale, visibile allo sguardo di ogni sciocco di paese la questione diviene molto più seria. Volevano farla cadere. Sapevano delle sue potenzialità. Avevano distrutto civiltà del cielo e avevano consegnato quelle terre martoriate dal sangue a pazzi e traditori. La verità era celata nei loro volti, prontamente coperti e nudi di ogni emozione...

Sette Passi dalla luna – Volume IV



Il mondo era andato avanti. Pochi cultori delle nobili arti celesti erano rimasti in vita, numerabili su due mani. Era quella l'ultima frase che gli stava ronzando nel cervello dopo averla letta. Cercava di sforzarsi a comprendere il significato di quelle parole, eppure gli sfuggivano dalle dita; come se avesse cercato di intrappolare dell'acqua tra le mani. Quello era ormai lo stato costante in cui si trovava da diverso tempo, da dopo ciò che era accaduto a Tabula.

Un chiodo fisso gli si era impiantato nel cervello, riempiendolo di terrore e disperazione. Aveva visto troppe cose che non andavano nel mondo per poter continuare a tenere gli occhi serrati, sperando in qualcosa di trascendentale, che potesse avere in pugno le sorti di quel mondo malato. Stronzate; eppure l'attimo dopo averlo pensato la sua pelle si seccava, mentre un brivido freddo gli correva lungo la schiena. Poteva essere blasfemia, ma poteva anche essere verità. Come diavolo faceva a saperlo? Perchè era quello il punto della questione. Conoscere. Si era chiuso in quel buco polveroso di proposito, ignorando le brutte facce del luogo che lo etichettavano come straniero, proprio per scoprire altre informazioni riguardo l'unica cosa che gli avevano insegnato durante la sua permanenza presso i laboratori. Lui era il flagello di un Dio benevolo e caritatevole, e proprio per questa sua natura era al tempo stesso maledetto e benedetto; il figlio che non avrebbe mai voluto avere, ma che gli era necessario. Il degno figlio di Ahasuerus. Aveva cercato quel nome senza trovare alcun riscontro nei testi antichi, leggendo fino a quando gli occhi non avevano sfocato le parole ed iniziato a lacrimare. Non aveva più la forza per credere ciecamente in un qualcosa che non poteva ne toccare ne vedere. I saccentoni su quella carta ammuffita la chiamavano fede, lui preferiva l'appellativo ingiustizia. Perchè chiedere tutto questo sacrificio senza dare niente in cambio? A che prò agire come uno strumento, soffocando ogni altra emozione? Era stanco di zittire quella vocina che sussurrava nel suo petto anelando alla verità. Dopo Tabula non era stato più in grado di controllarla; dopo esser divenuto una bestia questa era esplosa, travolgendo gli argini della sua debole fede per qualche giorno. Non riusciva a liberarsi del suo passato, di tutto ciò che gli avevano insegnato, che in fondo era l'unica sicurezza che aveva. Rifiutarlo sarebbe stato come ammettere di non esistere, perdendo ogni scopo nella vita. La domanda successiva era, voleva davvero saperlo? Si era inoltrato lungo una scalinata difficile da salire, rimanendo sulla soglia del primo enorme gradone. Era ancora in tempo per tornare indietro ed affidargli tutta la sua vita incondizionatamente.
Un tonfo sordo, e chiuse uno degli enormi libri che aveva dinanzi. Negli occhi era visibile la disperata confusione.



SPOILER (click to view)
Scena riservata a DaiquiriJack e me. Spero sia di tuo gradimento amico mio ^^
 
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DaiquiriJack
view post Posted on 16/2/2010, 21:52




Tra i tanti luoghi del mondo, Tryujne è sicuramente uno dei più interessanti.
Questo lo dico ad Alex, per cercare di convincerlo a farci un piccolo viaggio. In realtà, credo che basterebbero le due parole che descrivono quella città. Pazzi. Traditori.

"Ho sentito dire che è un posto interessante."

Questo lo dice Alex, e probabilmente ne ha sentito le stesse cose che ho sentito io. Non che la cosa mi stupisca, in effetti. Al solito, io e Alex sappiamo le stesse cose. Anche se le pensiamo diversamente.
Insomma, è complicato.

"E comunque, pare che abbia una biblioteca piuttosto fornita."

Sono un po' le parole magiche, insomma.

Tra i tanti luoghi del mondo, Tryujne è sicuramente uno dei più divertenti.
Le vie dell'antica città sono in rovina, eppure gremite di persone. Le case hanno le porte sbarrate, eppure dalle finestre guizzano luci, voci. Le locande sono tutte chiuse, eppure gli schiamazzi degli ubriachi riempiono l'aria.
Patria di pazzi e traditori, è così che la descrivono. Un bel posto dove passare le vacanze. E pare che la biblioteca contenga tutti i libri messi all'indice in tutti gli altri paesi del continente.
Questo lo dico ad Alex, e lui annuisce, sovrappensiero.

"Ho sentito che da queste parti ci sono certi meccanici gnomi dal Garmurath."

Questo lo dice Alex, e poi mi strizza l'occhio. Al primo bivio, le nostre strade si separano.

Tra i tanti luoghi del mondo, Tryujne è sicuramente uno dei più intriganti.
Ecco, è più o meno così che finisco davanti alla biblioteca. Non si può negare che io e Alex siamo due affamati di conoscenza. Che si tratti di libri all'indice, considerati eretici, o meccanica, o medicina, o scienza, o arte.
La verità è che io e Alex siamo schiavi di noi stessi, della nostra sete. Ma sempre con moderazione, come diceva Sid.
Sid, saranno secoli che non lo vedo. Confesso di sentire un po' la sua mancanza. Le sue massime erano perfino migliori di quelle di Alex.



Tra i tanti luoghi del mondo, Tryujne è sicuramente uno dei più...
L'edificio è strutturato su innumerevoli piani. La polvere si sovrappone ai libri che si sovrappongono al legno che si sovrappone alla nuda pietra, che rende il luogo caldo e freddo allo stesso tempo.
Davvero, uno dei più bei posti che abbia mai visto.
La cosa più piacevole è che qui c'è una discreta confusione. Persone parlano, scambiandosi idee balorde. Persone sussurrano, scambiandosi segreti inconfessabili rubati da persone che non li avrebbero mai confessati. Persone urlano, facendo il verso della gallina, completamente privi di senno, legati a travi con robuste corde.
Davvero, qui ci devo portare Alex, una volta o l'altra, sono certo che lui apprezzerebbe.
È passeggiando per i tortuosi corridoi gremiti di polverosa sapienza, che raggiungo infine una piccola sala lettura, che sembra occupata solo da un astante, folle almeno quanto tutti gli altri, almeno a giudicare dalla maschera che indossa, ma quantomeno non legato a una trave, facente versi di animali. Gli sorrido, perché vedo che tra le mani ha un libro interessante, uno di quelli messi all'indice in qualche altro luogo, che parla di religioni antiche.
Dèi dai nomi dimenticati.
Mi presento, dico che mi chiamo Alex. Ormai è diventata una cosa così naturale da fare, che quasi quasi ci credo. E in effetti, forse è proprio così. Dico che mi interessa il libro che tiene tra le mani.
Chiedo, se ha finito di consultarlo, se posso leggerlo.



Anche se non mi metto a citare le varie abilità, Alex è circondato da un'aura di timore reverenziale, dalla quale Joey potrebbe essere colpito. A te la penna!
 
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view post Posted on 18/2/2010, 14:36
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Esempio
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Il freddo del tavolo di lucido mogano contro la testa che sembrava esplodere. Un piacevolissimo sollievo; quasi come se si sentisse febbricitante, e quella fosse una pezzuola fresca appoggiata sulla sua fronte. Il mondo era completamente nero, immerso nella sua pace e nel silenzio. Da fuori si poteva sentire come gli abitanti del luogo si intrattenessero a vicenda per far concludere quelle lunghe, noiose giornate. Era stato un errore macinarsi tutti quei chilometri; una fatica inutile. A prima vista il suo cuore si era riempito di gioia, non appena era entrato in quell'enorme biblioteca perduta. I volumi erano così tanti che sembravano schizzar fuori dagli scaffali, disposti in maniera del tutto strana. Un pilastro centrale di legno intagliato, che faceva da grembo a tutta quella conoscenza perduta, e protetto da una serie di anelli concentrici da cui i lettori potevano attingere per soddisfare la propria curiosità. Era stato un magnifico edificio una volta, ordinato ed efficente, da come si poteva capire dopo una semplice occhiata. L'intero posto sembrava trasmettere quella sensazione. Ora però era diventato molto più fatiscente, come se fosse stato messo allo stesso livello degli edifici ediacenti. Diverse sezioni del pilastro erano crollate a causa del legno marcio causato dall'umidità, così come avevano fatto la stessa fine alcuni anelli inferiori, riparati alla meno peggio da mani inesperte. Aveva dato un'occhiata fugace al posto, dirigendosi immediatamente verso il settore che gli interessava. Aveva preso tutti i volumi che le sue braccia riuscivano a trasportare , e li aveva gettati su un tavolino illuminato da una lampada ad olio proprio sopra la sua testa. Quanto tempo aveva passato a leggere? Non se lo ricordava nemmeno più. Quegli scritti occupavano la sua mente solo una frazione di secondo; il tempo che lui leggesse e recepisse che non era ancora arrivato alla parte interessante. Era stanco, e non sapeva cosa fare, quando improvvisamente sentì dei fruscii verso la sua direzione, accompagnati da alcuni passi leggeri. Istintivamente Joey sollevò il capo, mentre il mondo parve colorarsi di una luce nuova. Il tizio gli sorrise con le labbra, mentre il suo sguardo andava famelico verso il libro che aveva appena chiuso con un colpo secco; erano occhi affamati.
Si avvicinò ancora un pò dicendo di chiamarsi Alex, e con garbo chiese di poter prendere il libro per se, dato che lui sembra aver finito con esso. Il rinnegato rimane abbagliato dalla sua vista, e senza pensarci un momento porge il volume verso il nuovo arrivato bofonchiando qualche parola.
« Prego, io non ci ho trovato niente di utile... »
Abbassò lo sguardo come sconfitto, mentre con un moto di stizza fa per alzarsi dalla sua sedia. Decise di andarsene da quel fottutissimo buco, di spostare la sua ricerca altrove, quando senza volerlo, fissò nuovamente quella faccia rasata e sorridente. Il secondo dopo le sue labbra si schiusero senza nemmeno pensare a quel che diceva. Un'improvvisa idea gli era balenata nella mente.
« ...però forse, lei può dirmi di più riguardo l'argomento. Sempre che non sia un problema ovviamente. »
Fu stupito da come era messo in soggezione da quel damerino. Era più giovane di lui, eppure aveva un qualcosa di magnetico ed inspiegabile. Avrebbe dovuto infuriarsi per quel suo comportamento, ma in quel frangente il suo cuore era notevolmente colmo di speranza. Per qualche altro attimo era stato purgato da ogni altra cosa.
Pendeva dalle sue labbra.



SPOILER (click to view)
Ho cercato di rendere al meglio la tua passiva. Inoltre per il carattere del mio pg, sociopatico direi, questo è uno dei pochi modi per intavolare una discussione ^^
Tutto tuo =D
 
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DaiquiriJack
view post Posted on 18/2/2010, 18:16




« Prego, io non ci ho trovato niente di utile... »

Senza nemmeno attendere che la parole abbiano smesso di risuonare nella mia mente, appoggio con grazia le dita sulla copertina sgualcita del tomo. Cuoio polveroso.
Il mio preferito.
Non mi preoccupo nemmeno della possibilità di essere scortese. O forse sì, me ne sto preoccupando, ma non mi interessa. Questi libri sono il pane della mia anima, ed è da molto tempo che non ne faccio rifornimento. Senza nemmeno pensarci, apro ad una pagina a caso investito dalla morbida fragranza di pagine antiche, di inchiostro seccatosi, inebriato dalla sensazione di tenere in mano questo volume.
Questo, e tutti quelli che verranno.
Ecco, è più o meno mentre sto assaporando questa dolce, dolcissima sensazione, che arrivano le parole.

« ...però forse, lei può dirmi di più riguardo l'argomento. Sempre che non sia un problema ovviamente. »

Questo lo dice il mio interlocutore, di cui nemmeno conosco il nome. Frena l'entusiasmo, e sii educato con lui. A dirmelo è la voce di Alex, nella testa. Alex che mi dice quello che direi io a lui in questo momento, se si stesse comportando come sto facendo io.
Sì, insomma, cose da gemelli.
È per questo che sorrido, di rimando, a questa strana persona, chiudendo con uno scatto il libro. Una piccola nuvola di polvere si solleva, catturando nella sua danza granelli di luce, che entrano trasversalmente da una finestra. Tutto qui è legno, polvere. Carta, pelle. Un luogo dolce. Sa di casa.
Chiedo che cosa cercasse, esattamente, in quel libro.



Un libro, dico, non è necessariamente un luogo in cui cercare la verità. Sollevo quello che tengo in mano, portandolo all'altezza del volto. Senza nemmeno farci caso, vedo l'altra mia mano che segue le mie parole quasi stesse disegnandole in aria.
Orchestrando il mio discorso.
Dico che ciò che si legge in un libro è ciò che una persona, prima, vi ha scritto. La cosa affascinante di questi libri, dico, è che dopo essere stati scritti sono stati proibiti. Significa che contengono ciò che altri uomini hanno giudicato impuro.
Ecco, dico, è proprio questo che sto cercando. Le mie mani si muovono, senza controllo, mentre un sorriso compare sul mio volto.
Non sarà certo un libro, dico, a insegnare la religione. Chiedo se sia questo che mi sta chiedendo.
No, perché, dico, io non credo.
Sorrido.



Credo che ora possa entrare Rock!
 
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RockDanieLee
view post Posted on 21/2/2010, 01:38




CITAZIONE
>
Qualche giorno prima.



image Il tempo trascorreva lentamente. Più lentamente di quanto avessi mai potuto immaginare, nell’Eden, nel Clan Sorya. E passava nell’indifferenza, nella noia. Nell’estraneità che ritrovavo in quei luoghi. Eppure, man mano che le albe si alternavano ai tramonti, quel senso di inadeguatezza, di incompletezza, si attenuava. Così come i ricordi di una vita che sembrava un’altra vita; di qualcuno che non ero io.
Frammenti informi tornavano a galla dal vortice oscuro nel quale stavano sprofondando, forse trascinati dalla zavorra della mia stessa volontà. Immagini di un passato dal sapore amaro e lontano, sbiadito dal dolore di cui era impregnato. Dolore per un padre che avevo tradito, dolore per un amore a cui avevo rinunciato, dolore per una patria infinitamente distante. Ma adesso basta, ero stanco... di lottare, di amare, di rimpiangere. Di pensare.
Sarebbe stato così bello poter rimanere disteso su quel fuuton sfatto da chissà quanto tempo, crogiolarsi nell’assuefazione provocata da un ozio segregante e volontario.
Già, così bello...
Lo diceva una voce sognante nella mia testa. Magari avrei dovuto darle ascolto...
Ma anche così deprimente. Decisamente molto deprimente.
Un’altra voce; più dura, più aggressiva. Più reale.
Lasciami in pace... sono stanco... voglio riposare...
Proseguì la prima. E subito l’antagonista verbale non tardò a proferire il suo verbo discordante.
Hai dimenticato? Tanto molle si è fatto il tuo spirito... il tuo cuore? Non ricordi perché hai viaggiato, hai sofferto... hai ucciso?
No... non ricordo... non voglio ricordare...
Pensa alla promessa che le hai fatto! Ricorda le parole che le hai detto!
Kiriko...
Sollevai le palpebre di scatto, e il campo visivo fu immediatamente sovrastato dai candidi tendaggi che orlavano l’ampia finestra della stanza. Le ante spalancate filtravano un’aria calda e soporifera, i drappeggi sostenuti dal suo lieve sospiro.
La mia volontà non poteva vacillare.
Trova l’Asgradel...



« Sia chiaro... non che mi vada particolarmente a genio il dover raccontare i fatti miei. Soprattutto quei momenti che io stesso avrei volentieri cancellato dagli archivi della memoria; come quello qui sopra, per intenderci. Andiamo, certe cose sono imbarazzanti. Ma per quanto mi costi ammetterlo, anche al sottoscritto capitava di ritrovarsi in certe condizioni pietose. Ma chissà, magari era tutta colpa della pubertà.
Sì, sì... so quanto tutto questo possa interessarvi. Però, se non altro, rivela l’arcana ragione per la quale mi accingevo a varcare la soglia d’ingresso di una vecchia biblioteca fatiscente; una biblioteca ingombra tanto di libri quanto di polvere. E soprattutto di matti.
Come se fossero un rarità, lì a Tryujne. Almeno stando alle voci che circolavano. C’era un detto che recitava: “se a Tryujne incontri qualcuno dotato di sanità mentale, beh, allora dovresti preoccuparti della tua”. L’antica capitale elfica pullulava della peggior feccia dell’Eden, il marciume più marcio messo li a marcire: ladri, assassini e ogni sorta di criminali o vagabondi sull’orlo di una crisi di nervi. A giudicare dalle urla. Oltre alla desolazione visiva, erano quelle che colpivano maggiormente i rari viaggiatori. In effetti quel postaccio non era proprio il luogo ideale per portare il cane a passeggio, e soltanto chi aveva un buon motivo - ma buono davvero - osava varcare quei folli confini. Per andarsene immediatamente dopo, raramente con tutte le rotelle ancora al loro posto.
Eppure io l’avevo fatto, già... m’illudo vi starete chiedendo perché mai. Nell’antica città sorge una biblioteca dimenticata, custode di tomi dimenticati scritti da autori dimenticati. Anche se, in effetti, se ciò fosse del tutto vero nessuno dovrebbe essere a conoscenza della sua esistenza.
E adesso io non mi sarei trovato dinnanzi al suo portone d’ingresso. »


Adesso.


image Salii in fretta i gradini di pietra consunta, testimoni scheggiati del susseguirsi delle ere. Una volta al centro della più fiorente civiltà dell’epoca, adesso Tryujne giaceva fiacca ed erosa dal passato; le strade un tempo lastricate di marmo solcate non più dai suoi antichi e altezzosi abitanti, ma da tutti coloro che, per i motivi più disparati, erano fuggiti dalla legge. O dal proprio raziocinio.
Tryujne. Una gabbia di matti da legare decisamente stretti. Bizzarra, la sorte: da grandiosa capitale del regno degli elfi a misero covo di sbandati. Di certo non quello che si poteva definire come “un bel salto di qualità”.
Non che, di qualità, ne fossero rimaste tante altre, in mezzo a quelle rovine: tutto ciò che poteva essere convertito in moneta era stato trafugato, e la città denudata del proprio originario splendore. Solo la biblioteca era stata risparmiata. In fondo - si era detto - quanto volete che valga tutta quella carta straccia?
Bah.
A volte bisognava essere grati alla stupidità umana, davvero. Perché tra quelle mura pericolanti era racchiuso un sapere inestimabile, temuto e rinnegato dagli uomini stessi... la conoscenza più bramata e ricercata dagli studiosi dell’era contemporanea. Magia, negromanzia, occulto, storia, filosofia, letteratura... si diceva che non vi fosse argomento estraneo a quegli scaffali. Il comune denominatore dell’intera raccolta era la presunta blasfemia di ogni singolo libro; perciò erano stati relegati lì, banditi dal mondo e destinati al dimenticatoio. O almeno, era quello che si sperava. Ma decisamente l’esistenza della biblioteca di Tryujne non era un segreto, come non lo era il continuo viavai che costantemente affollava i suoi saloni.
Per quanto mi riguardava, ero arrivato fin lì deciso a trovare qualche informazione utile sull’esistenza dell’Asgradel. Circolavano molte voci su presunti diari di antichi avventurieri che erano riusciti ad impossessarsene, saggi, compendiari, ricette che ne prevedevano l’uso, perfino! Peccato che nessuno potesse davvero autenticarne l’affidabilità dal momento che, in effetti, nessuno era mai riuscito a comprendere l’essenza di quel misterioso potere, qualunque cosa fosse.
Ma dovevo almeno tentare. Era seguendone le tracce che ero giunto fino nell’Eden, dalle terre di Hinomoto. Ed era con esso, col suo potere, che vi avrei fatto ritorno. Per cui, se informazioni attendibili esistevano realmente, con ogni probabilità si trovavano celate oltre quel portone d’ingresso. Lo stesso davanti al quale esitavo.
Oh, al diavolo!
Spalancai i pesanti battenti, ritrovandomi in una sala ampia e affollata; larghe scalinate si dipanavano ai lati del corpo centrale strutturato su svariati livelli assemblati da qualcuno che probabilmente ignorava l’esatto concetto di stabilità. Gli scaffali svettanti parevano essere sostenuti unicamente dalla polvere che ne incrostava le basi, conservando un precario equilibrio che si ostinava a sfidare qualsiasi legge della fisica. Ma l’aspetto più sorprendente era indubbiamente l’enorme quantità di libri, non solo sulle mensole lignee: pagine strappate e rotoli di pergamena rivestivano l’intero pavimento, ingombrando gli angoli e i lunghi tavoli traballanti che si susseguivano ad intervalli regolari. Le ampie finestre gotiche laterali, sprovviste di vetri in diversi punti, proiettavano i raggi solari illuminando la sala nella sua interezza, scintillando sugli involucri preziosi dei rotoli e dei tomi. Persino uno come me, che preferiva di gran lunga il combattimento alla lettura, non poteva far altro che rimanere affascinato da quel grandioso (seppure un tantino disordinato) spettacolo.
Mi feci strada distrattamente, lo sguardo bramoso di poggiarsi su qualsiasi cosa; un paio di volte rischiai addirittura di cadere, urtando un gruppo di monaci e un tizio che aveva tutta l’aria di essere uno stregone. I titoli di migliaia e migliaia di libri solleticavano interesse e curiosità, catturando i sensi ansiosi di soffermarcisi con maggiore attenzione.
Arrestai quell’insensato vagabondare di fronte allo stretto accesso di una piccola sala lettura. Mi guardai intorno, sorridendo soddisfatto: non potevo capitare in un posto migliore.
Ma da che libro cominciare?
Quasi in risposta a quel muto interrogativo, qualcuno parlò nella mia testa. Una voce soave e musicale. Un libro non è necessariamente un luogo in cui cercare la verità. Questo diceva. Ed io non potevo che essere d’accordo. Come si faceva a discutere con una voce così? Fantastica... assolutamente splendida. L’avrei ascoltata per ore, quella voce, senza perdermi nemmeno una sillaba.
Nuove parole ripresero ad aleggiare nella mia mente, ma al contempo anche fuori di essa. Ciò che si legge in un libro è ciò che una persona, prima, vi ha scritto - riferivano. La cosa affascinante di questi libri è che dopo essere stati scritti sono stati proibiti. Significa che contengono ciò che altri uomini hanno giudicato impuro. Questo pensava la voce, e lo diceva. Dentro la mia testa e fuori, le parole che si concretizzavano in un punto preciso alle mie spalle, oltre la porta socchiusa.
Possibile che...
Mi voltai, osservando incuriosito le assi di legno fissate alla bell’e meglio. La fessura lasciava filtrare un dialogo condotto dalla stessa voce che avevo creduto solamente un’eterea produzione mentale... quando invece era reale, viva. Ed era impressionante quanto potesse risultare convincente, quanto potesse perforare la psiche dell’interlocutore. Una voce così bella. Volevo... no, dovevo conoscere a chi appartenesse.
Controllai un’ultima volta che la katana e la nodachi fossero ben assicurate al loro posto, tanto per sicurezza. Un tic che mi portavo dietro da tempi immemorabili. Quindi poggiai il palmo sulla porta, mentre l’aria tesseva nuove parole. Ancora con quel tono meraviglioso.

Non sarà certo un libro a insegnare la religione. No perché io non credo.

Giusto!
I cardini ruotarono silenziosamente, inondando di sole la stanza tenuamente illuminata dalla luce di una lampada ad olio. All’interno due figure: un uomo in attesa sull’uscio, in piedi quasi avesse tentato di abbandonare la saletta; e poi qualcun altro... un ragazzo... non poteva avere più della mia stessa età. Stava dritto in piedi, con un sorriso magnetico che gli solcava le labbra. Lo fissai con attenzione, com’ero sicuro che stesse facendo anche l’uomo, nonostante il volto celato dietro quella maschera raccapricciante. Istanti di silenzio che parvero durare un’eternità.
E dì qualcosa!
L’incantesimo svanì in un attimo, quasi avessi ricevuto una secchiata d’acqua ghiacciata. Sentivo gli sguardi puntati sul mio volto spaesato, immaginando quanto potesse essere ridicola l’improvvisa apparizione di un perfetto sconosciuto nel bel mezzo di una conversazione.
Ma che figura di m...

Un pensiero apprezzabile.

Dissi, rivolgendomi al ragazzo con un sorriso.

Del resto dubito che una dottrina possa davvero proclamarsi universale finché pretende di esserlo... soprattutto se attraverso un libro!

Aggiunsi ridacchiando.

Oh, e scusate per il disturbo... insomma ero lì e la porta non era chiusa e quindi...

Basta blaterare, insomma! Presentai almeno, e smettila di farneticare!
Una buona idea.

Ah... per la cronaca, il mio nome è Yusuke Takeshi. はじめまして!

Chinai la testa in un piccolo inchino rispettoso, tendendo le mani ad entrambi. Sorrisi ancora.
Davvero, ribadii mentalmente. Non potevo capitare in un posto migliore.




はじめまして = Hajimemashite: "lieto di fare la vostra conoscenza", oppure "piacere di conoscervi", o come vi pare! xD


SPOILER (click to view)
Io odio la sQuola. :riot:
Bleah. :nahnah:
Scusate per il ritardo. :bah:


Edited by RockDanieLee - 22/2/2010, 23:49
 
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view post Posted on 22/2/2010, 17:48
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Il ragazzo avvicinò le lunghe dita bianche al libro, aprendolo per un solo istante. Qualcosa dentro il suo stomaco parve captare un qualcosa di strano, dato che l'eccitazione gli stava facendo quasi tremare le gambe. Rimase a fissare quello strano individuo mentre traeva una boccata dall'aria vecchia e inebriante di quel volume. Rimase per un istante perso nel suo mondo, o così credeva Joey, mentre un'altra sensazione gli risaliva fin dentro al cervello. Cosa si era aspettato? Di vedere la luce fuoriuscire da quelle dita affusolate, o meglio ancora che quel coso ammuffito iniziasse a brillare e cambiare ciò che descriveva? Era così cotto da aspettarsi un miracolo? Si diede dello stupido, mentre i suoi occhi si spensero, perdendo il calore delle braci infernali che li contraddistinguevano. Sembrava quasi che qualcuno le avesse malamente estinte in fretta e furia. Rimase tuttavia immobile, riprendendo un poco di colore, quando quel tizio riprese a parlare. La sua voce era velata, come se trattenesse a stento l'emozione che provava nel cuore, tanto che le mani si muovevano per conto proprio gesticolando nell'aria; come se fosse un pittore, e la sua tela l'aria stessa. Ciò che sentì però era solo una conferma di ciò che credeva.

Gli chiese cosa cercasse di preciso in quel vecchio tomo, ma prima ancora di sentire la risposta continuò con il suo discorso, bloccando le parole che Joey aveva sulla punta delle labbra. Gli spiegò che quello non era necessariamente il modo più giusto di cercare la verità, dato che ciò che stava leggendo non era stato scritto col pugno di Dio, bensì da uomini come loro. Lui trovava semplicemente degno di nota il fatto che le affermazioni che questi avevano fatto fossero state ritenute pericolose per la società attuale, al punto tale da soffocarle e renderle proibite. Il ragazzo continuò su quella scia, dicendo che un libro non potrà mai insegnare qualcosa di tanto complicato come la religione. Le sue mani quasi rigettano quella semplice affermazione. Gli chiese se era quello il motivo della sua ricerca; perchè dopotutto lui non credeva in quelle cose. Bingo amico, era proprio quello il problema. Da troppo tempo ormai Joey aveva la stessa sensazione, ma il suo animo era troppo diviso per poter prendere una decisione con leggerezza. Stava per parlare, quando ancora una volta su interrotto sul nascere del suo pensiero, da uno straniero. Aprì la porta socchiusa inserendosi nel discorso improvvisamente, tant'è che la prima cosa che sovvenne nella mente del maledetto fu l'idea di essere stato attaccato. Si calmò emettendo un sospiro quando il nuovo arrivato si presentò, ribadendo ciò che aveva detto quel fanatico poco prima. Avevano accennato all'universalità, concetto che poteva essere facilmente travisato, o almeno così gli era stato detto.
« L'universalità non è Dio a deciderla signor Takeshi, ma l'uomo stesso. »
Non era affatto disturbato da quell'intrusione improvvisa. Poteva rivelarsi utile per ampliare i suoi o r i z z o n t i.
« Ciò che vorrei sapere è come fa lei ad essere così certo del suo essere ateo. Cosa la fa essere assolutamente sicuro, signor ... ?! »
Non parve notare come fosse improvvisamente diventato molto più forbito il suo vocabolario. Stava finalmente per trovare un tassello che componeva il mosaico nella sua testa e attorno al suo corpo. Lasciò cadere di proposito il tono della frase, cercando di mostrarsi sempre educato ed umile per via di chissà cosa. Era magari la sete di conoscenza? L'unica certezza che aveva al momento era che le risposte erano a tiro della Fauce. O almeno una parte di esse.



SPOILER (click to view)
Molto ma molto bene. Vi ringrazio entrambi per questa opportunità ^^
A te la parola Daiqui, non mi sono presentato perchè non sapevo se potesse interessare ad uno dei due :asd:


Edited by Mad MiKe 90 - 22/2/2010, 18:34
 
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DaiquiriJack
view post Posted on 23/2/2010, 11:57




Aléxandros, dico. Sì, è questo il mio nome. O quello di mio fratello. Questo non lo dico, ma non ha importanza.
Perché sono solo pochi istanti che si è riunita questa combriccola mal assortita. Un pirata. Un uomo con una maschera sul volto. Un ragazzo vestito con un kimono. E la miglior persona che potrei essere, ora, è mio fratello.
Mio fratello Alex, che come al solito, quando ho bisogno di lui, non c'è.

Ah... per la cronaca, il mio nome è Yusuke Takeshi. はじめまして!

Osservo le ultime sillabe pronunciate mentre escono dalla sua bocca, leggendole tra le sue labbra, del tutto vane poiché non ho la più pallida idea di cosa significhino. Del resto, tende la mano, quindi immagino sia una specie di saluto. È per questo, immagino, che sorrido, e gliela stringo appena. Faccio finta di trovarmi a mio agio. In realtà, dopo che inizi a conoscere persone come me e Alex, tendi a perdere l'abitudine di stringere una mano agli sconosciuti.
Ecco, è mentre sto per dire il mio nome, che quello che cercava le sue risposte nei libri parla.

« L'universalità non è Dio a deciderla signor Takeshi, ma l'uomo stesso. »

Dice. E dentro di me penso che abbia ragione. Probabilmente, lui stesso ha centrato il nocciolo del suo problema.

« Ciò che vorrei sapere è come fa lei ad essere così certo del suo essere ateo. Cosa la fa essere assolutamente sicuro, signor ... ?! »

Dice l'uomo mascherato. E io sorrido. Ecco, è in quel momento che dico il mio nome. O il nome di mio fratello, insomma. Quello che è.
Aléxandros, dico.
È questo il mio nome, dico, mentre non ho mai detto di essere ateo. Le dita, da sole, abbandonano il mio controllo, tornando a tracciale in aria parole. A tracciare in aria concetti.

Faccio un passo indietro, mentre le parole escono spontanee dalla mia bocca, per non dover dare le spalle ad alcuno dei miei anfitrioni. Il tono di voce deciso, quasi concitato, quasi fa ondeggiare il tricorno ben calato sulla mia testa, che ho dimenticato di togliere.
Dico che non credere in Dio non significa non credere a nulla. Chi è Dio, domando. Non attendo nemmeno le risposte, senza preoccuparmi di ciò che potrebbero pensare ora, somiglio più ad Alex che a me stesso, forse, in questo momento.
Chi è Dio, domando. Gli Dei non sono che un'invenzione degli uomini, necessaria per spiegarsi ciò che non sono in grado di comprendere. Come la morte. Per dar loro qualcosa in cui credere. I concetti di giusto, sbagliato.
Buono. Malvagio.
Del resto, perché un Dio dovrebbe interessarsi alle sorti degli uomini? Se le divinità esistono, ed è certo che esistano, poiché le loro reliquie riempiono il mondo, allora sono davvero divinità?
Chiedo come dovrebbe apparire un uomo visto da una formica. Un'entità capricciosa, capace di decidere la vita e la morte, con il solo proprio volere. Forse coloro che crediamo divinità non sono altro ciò che noi siamo per le formiche. Questo, dico.
E una divinità senza seguaci è come un re senza sudditi. Per questo non credo in nessun Dio, più di quanto non accetti il dominio di nessun re.
Io sono un uomo libero, aggiungo.



Prendo solo un respiro di un istante. Il fiato è pesante, dopo il lungo discorso. Strano, non è da me lasciarmi andare così. Le dita sono ancora sospese nell'aria, e presto tornano ad accarezzare i tratti delicati della mia voce, che si fa di nuovo tranquilla.
Pacata.
Per questo, dico, ho detto di non credere. Ma ho anche detto di non essere Ateo. Se esiste qualcosa in cui abbia senso credere, dico, è nel tutto, nell'intero universo. Forse l'esistenza stessa è Dio. Ma ancor più, se c'è una cosa in cui credo, è in me stesso.
Dico che, in effetti, l'unico Dio che decido di seguire, sono io stesso.
E poi, la mia voce si spegne nel silenzio vibrante di una biblioteca polverosa.
Di una città di pazzi.
 
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RockDanieLee
view post Posted on 2/3/2010, 18:31




CITAZIONE



imageAscoltavo i due strani personaggi all’interno di quella stanza polverosa e semibuia, le meningi che fremevano di impaziente eccitazione: negli ultimi tempi, sempre più raramente avevo avuto modo di adoperare certe specifiche regioni cerebrali... più precisamente, quelle che non erano così determinanti per la sopravvivenza in combattimento. Molte cioè. Troppe. Un pensiero deprimente: un’esistenza esclusa dalla contemplazione non poteva essere davvero definita tale. E per questo motivo, ritto in piedi tra i due avventori, il mio interesse cresceva, e con esso la soddisfazione di poter finalmente riaffrontare una discussione intellettualmente stimolante; cosa non così usuale in quel mondo corrotto e decadente, dominato dal profitto e dalla guerra.
Strano, però, che per dissetare un’aridità mentale che mi portavo dietro da molto tempo, fossi dovuto arrivare fin in una città di pazzi. Quasi paradossale. Eppure il confine tra genio e follia era così sottile, a volte... chi poteva dire che gli stessi dementi gentiluomini un po’ svitati che pullulavano le strade di Tryujne, non fossero in verità i detentori del vero sapere? Decisamente improbabile, ma non impossibile. Anche se, nel qual caso, dubitavo della loro disponibilità a trasmettere tale conoscenza; oltre che, soprattutto, della loro capacità di farlo.
Il pensiero mi fece sorridere.
Il tipo vestito da pirata continuava a parlare, in tono vellutato, suadente. Con cordiale cortesia rispondeva all’altro uomo, quello mascherato, e nel contempo fendeva l’aria con i movimenti fluidi e armoniosi delle mani. Quasi stesse tracciando quelle stesse parole. Alexandros... così aveva detto di chiamarsi. Sempre con quella voce calda e ipnotica; con la quale ora si sforzava di esplicare concetti.
Lo fissavo intensamente, catturando ed analizzando ogni parola, ogni sillaba di quanto stava spiegando; contraddicendo la credenza dell’uomo che l’aveva definito ateo, ed approfondendo i motivi del suo agnosticismo. Sostanzialmente mi trovai d’accordo con le sue tesi ottimamente ragionate: Dio è creazione dell’uomo, è il fulcro necessario per il discernimento del bene e del male. La risposta a domande a cui è impossibile dare una risposta. Il coronamento dell’irrealizzabile tentativo umano di contenere all’interno delle sue limitate capacità l’essenza intera della realtà. Anzi, è proprio la presenza di Dio a rendere evidente tale presunzione; la giustificazione del fallimento dell’uomo.
Questo pensai, ma non lo dissi; del resto, il ragazzo pareva sapere il fatto suo e io mi limitai ad acconsentire tacendo. Una coscienza impressionante celata dietro quell’espressione stramba: chi l’avrebbe mai detto?

Io sono un uomo libero.
Per questo ho detto di non credere. Ma ho anche detto di non essere Ateo. Se esiste qualcosa in cui abbia senso credere è nel tutto, nell'intero universo. Forse l'esistenza stessa è Dio. Ma ancor più, se c'è una cosa in cui credo, è in me stesso. In effetti, l'unico Dio che decido di seguire, sono io stesso.


Sospesi il mio pensiero nel silenzio che seguì l’affermazione del ragazzo. Una presa di posizione potente e insubordinata alla regola. Una concezione ribelle. E giusta. Ma che non poteva essere compresa da chiunque.
Involontariamente, trattenei il fiato...

Ciò che dici è vero; Dio è la proiezione delle migliori qualità possedute in potenza dall’essere umano... tutti noi potremmo esserlo. O quanto meno, decidere di diventarlo per noi stessi. Ma soltanto pochi si pongono in un’ottica così attiva nei confronti della propria coscienza... la maggior parte sceglie di affidarsi a qualcosa che è più grande di loro. Sceglie di non accettare le proprie capacità e responsabilità.

Rimasi quasi stupito dalle parole che varcarono prepotentemente le mie labbra, spezzando l’immobilità che aveva avvolto la stanza. E soprattutto dal fatto che non volevo fermarmi.

Perciò non critico la religione. L’importanza sociale che svolge è indubbia. Tuttavia...

Afferrai il tomo sulla sommità della pila adagiata sul tavolo tarlato soppesandolo, e con esso anche le mie parole. Mi voltai verso l’uomo mascherato.

Ciò che critico della religione è proprio quanto lei stesso ha affermato. “L'universalità non è Dio a deciderla, ma l'uomo stesso”. La pretesa dell’essere umano di poter formulare un qualsiasi precetto universale è inconcepibile. Ogni uomo è diverso, così come è diverso ciò a cui inconsciamente crede. Che si tratti di un essere che trascende la realtà o della propria persona.

Proseguii, voltandomi appena verso Alexandros.

Nulla è universale a questo mondo, e men che meno qualcosa può diventarlo. L’idea di una dottrina che vuole essere universale, che condanna e definisce “eresia” ciò che non è compreso all’interno dei suoi confini, pur se si tratti di principi giusti e moralmente validi, che annulla e uniforma la coscienza di ogni fedele... è inaccettabile.

Arrestai per un istante la mia declamazione infervorata. Respirai per dissetare l’organismo dell’ossigeno vitale, gonfiando furiosamente la cassa toracica. Socchiusi appena gli occhi, emettendo ancora un sibilo appena percettibile.

Per questo motivo critico questi libri, che vogliono essere lo specchio di una realtà che è individuale. Non possiamo cercare le risposte alle nostre domande affidandoci a quanto altri hanno detto, o fatto. Ciò che vale per qualcuno, non è detto che debba valere per tutti... anche se alcuni ne sono profondamente convinti.

Placai il respiro, rilassando le membra e sciogliendo le spalle. Non avrei mai immaginato una simile reazione, da parte mia. Forse era troppo tempo che non parlavo con qualcuno di certe cose.
Già... troppo tempo.

Io credo in Dio.

Dissi infine.

Ma il mio Dio non è uguale al vostro. Non è uguale a quello di nessun altro.

Spalancai infine gli occhi, fissando l’uomo oltre la maschera che gli ricopriva il volto.

E lei in cosa crede... davvero?




SPOILER (click to view)
Mike, a me interesserebbe se ti presentassi... :arross:
xD


Edited by RockDanieLee - 8/3/2010, 16:10
 
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