Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Circostanze

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- Madhatter -
view post Posted on 14/3/2010, 22:20




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Dal tetto del complesso edilizio che il Re Mascherato aveva concesso all’evento, il paesaggio del continente si stendeva ai suoi piedi come un pregiato arazzo intessuto con i colori brillanti di infinite pietre preziose, vivaci come le emozioni della vita; contemplare quello spettacolo dall’alto gli trasmetteva un senso vago di noia, forse più simile al fastidio, se non addirittura prossimo alla nausea... un sentimento oscuro e contorto che non gli permetteva di voltarsi e andarsene; una sorta di dispiacere, la nostalgia che ti porta a soffrire di qualcosa di sacro che non potrai mai più avere.

Era più o meno l’effetto che gli facevano tutte le cose belle, pure, e incontaminate...
Così perfette da fare repulsione, così amabili da essere detestabili,
così lontane da ciò che egli stesso era diventato da esercitare un fascino irresistibile sul suo spirito corrotto.

Così il Pierrot sostava contro il cielo odiosamente limpido e azzurro, mentre la brezza gli scompigliava i capelli fulvi, con le iridi cerulee rapite e disperse su quei luoghi incantevoli che si sarebbe presto lasciato alle spalle, e con nel cuore l’indolenza accidiosa con cui si potrebbe indugiare davanti ad un’opera d’arte bagnata dalla luce sanguigna del sole morente, domandandosi che gusto avrebbe dare tutto alle fiamme.
Distruggere, rovinare e corrompere quello che si potrebbe cominciare ad
amare.

Il suono raspante della carta che si libra nell’aria -stropicciata dai capricci del vento- anticipò la comparsa oltre il parapetto della terrazza del piccolo rettangolo bidimensionale, e il riverbero della luce del giorno sulla sua superficie lucida e patinata attirarono lo sguardo del Cappellaio.
Sinceramente curioso -e del tutto ignaro di ciò che avrebbe trovato-, tese la mano e afferrò l’oggettino tra le dita esili dalle unghie laccate di nero; quando se lo portò davanti al volto per scrutarlo meglio, un’ombra calò su di lui.




Stamberga

Uno dei vantaggi di essere un tristo pagliaccio degli inferi, che domina sulle ombre consunte, è quello di poterti muovere nello spazio e nel tempo delle diverse dimensioni come stessi passeggiando nel parco: era stato facile risalire al proprietario -o designato tale.
Era bastato vedere nella foto l’unica differenza tra le arene e dirigersi dall’atleta che non si era ancora presentato sul ring.

Et voilà.

Raggiungere il sottoscala non gli richiese che un esercizio di volontà;
per avvicinarsi alla porta, non dovette far altro che sfilare elegantemente per il corridoio,
cadente e pieno di infiltrazioni.

Evitò di lambiccarsi il cervello alla ricerca delle possibili cause che avessero potuto portare a quella situazione: che i suoi servitori -silenziosi e disincarnati- non avessero effettuato la consegna era quantomeno improbabile; che il concorrente, colto da scrupoli o ripensamenti, si fosse disfatto della foto era difficile a immaginarsi: che motivo avrebbe avuto quella iena per farlo?

...
Eppure, quando la mano pallida e sottile fece leva sulla maniglia e spalancò il battente, non ebbe neppure bisogno di scandagliare approfonditamente la stanza deserta per capire, e nella mente del Maestro di Cerimonie fece di nuovo capolino la sensazione irritante -già provata nella scorsa finale- di quando le cose non vanno secondo i piani.

Si batté il palmo sulla fronte, trascinando la visiera del cappello a coprirgli il volto,
e un mormorio sconsolato e afflitto evase dalle labbra nere – uniche in vista.

« Oh... non di nuovo... »



Stanza Ocra

Silente come il fruscio delle ali dell’angelo della morte, il Cappellaio comparve nella stanza; gli occhi cerulei indugiarono sulla figura dell’unico occupante -che in quel momento gli dava le spalle, intento ad ultimare i preparativi per la propria partenza- e si schiarì la voce per attirarne l’attenzione.

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« Buonasera, Signor Sennar... »
salutò, disegnando sulle labbra nere il suo più affabile sorriso
« ...la disturbo? »
 
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view post Posted on 15/3/2010, 18:58
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Tentò di sollevare lo sguardo, per scrutare il cielo oltre la finestra. Ma, seccato, li trovò carichi d’un peso non loro; appesantite, le iridi cerulee precipitarono sul letto come attratti da uno strano magnetismo. Si sentiva incollato a terra da una zavorra che, ridicolmente, lo ancorava più di quanto una delusione non potesse fare. Eppure lui non avvertiva quanto quella sensazione premesse sul suo cuore.
Sul letto, una spada veniva avvolta in un fodero improvvisato; forse guidato più dall’abitudine che dalla volontà, Sennar fissava assente il metallo dai riflessi quasi argentei che pian piano scompariva, sepolto sotto molteplici strati di strisce bianche di tessuto.
Quando la spada scomparve sotto un soffice manto bianco fatto di bende, calò la mano gelida e ne strinse l’elsa; in un istante, il suo braccio ancora dolorante venne pervaso d'un freddo quasi familiare. Non aveva più stretto quell’elsa da quel giorno. Ma, sul punto d’abbandonarsi a pensieri nostalgici, abbandonò l’arma che piombò nuovamente sul letto, sprofondando nel materasso.
E fu allora che s’udì qualcuno. Qualcuno si stava schiarendo la voce; non era solo.

« Buonasera, Signor Sennar... »

Voltò lo sguardo all'istante; comparsa come si conveniva ad uno spettro, una figura ombrosa si stagliò innanzi al suo sguardo: una figura singolare che cogli spettri sembrava aver poco a che fare. Un sorriso amichevole si dipingeva sul suo viso, illuminandolo agli occhi del cavaliere di una strana luce.

« ...la disturbo? »

Come se delle mani pericolosamente artigliate fossero piombate sulle sue spalle, traendolo verso quella figura enigmatica, osservò stranito l’interlocutore, scrutandolo con sguardo penetrante.
«Non troppo» rispose Sennar laconico. «Stavo giusto per sloggiare.»
«Posso esservi utile?»

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SPOILER (click to view)
°_°

 
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- Madhatter -
view post Posted on 17/3/2010, 01:04




CITAZIONE (Ma¡onese @ 15/3/2010, 18:58)

«Non troppo. Stavo giusto per sloggiare. Posso esservi utile?»


« Che fortuna che vi abbia intercettato, allora! »

Sorrise, mentre i gelidi occhi cerulei osservavano il giovane guerriero che gli sostava davanti:
spalle larghe, fisico snello ma prestante, e disinvolta eleganza...
a cui, a giudicare dal modo in cui aveva soppesato la propria lama, si univa anche la giusta perizia con le armi
-che non fa mai male.

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Ma quella quieta e statica danza di forza, cui aveva fortuitamente avuto modo di assistere, si avvicendò in un rude
casquet con cui il ballerino fece terminare i volteggi della sua compagna -fasciata con cura tra i morbidi bendaggi bianchi come la neve- sul giaciglio, dove la abbandonò.

Un’esibizione aggraziata -oltre che
evocativa-, che senz’altro confermava e convalidava i suoi intenti di nominarlo sostituto ufficiale; l’altro candidato -il suo esimio collega abbigliato di rosso- non aveva fatto altro che opporre un categorico rifiuto strillando che “No, non c’era posto!”.
Le labbra tinte di nero del Cappellaio si schiusero allora in un sorriso -tanto al ricordo dell’immagine quanto per le circostanze attuali che lo richiedevano-, accompagnando alla mimica del volto coperto di cerone bianco un piccolo schiocco della lingua contro il palato.
Decisamente, quello che gli stava davanti sembrava far proprio al caso suo.


« Come vanno le vostre ferrite? Vi siete ristabilito...? »
 
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view post Posted on 17/3/2010, 19:00
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Abbandonata la spada sul solco che s’era scavata sul giaciglio, Sennar spostò tutte le attenzioni sul figuro. Gli volle dedicare un ampio sguardo, quasi volesse rendere quella sua considerazione una sorta di regalo; un regalo d’addio. D’altronde, non avrebbe più respirato l’aria pregna di profumo -forse illusione che s’era autoimposto- di sangue e metallo, di guerra, che aleggiava in quel luogo. E solo una minima parte di lui, di cui Sennar stesso non riusciva a delineare i contorni, non voleva abbandonarlo.
In una pelle inverosimilmente diafana, solo un disegno nero delineava i contorni delle labbra di quell'uomo, schiusesi in un amichevole sorriso. Sorriso che, man mano che restava così dipinto, lo solleticava con una piuma insinuandogli non poche domande.
« Che fortuna che vi abbia intercettato, allora! »
esclamò la figura esile, le labbra dilatate in quell’espressione che gli parve sfociare nella leziosaggine. Tuttavia, non pareva ostile o falsamente amichevole. Non rispose; eppure, più scrutava quegli occhi cerulei parzialmente coperti dalla folta capigliatura di quell’esile figura, più questa destava la sua curiosità, come se conoscesse ogni singolo vocabolo in grado di catturare e imprigionare la sua attenzione.
« Come vanno le vostre ferite? Vi siete ristabilito...? »
La curiosità, a quelle parole, s’elevò a nuove sfumature.

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«Temo di sì. Pare che ritarderò ancora al mio appuntamento con l’inferno.»
E tacque.

~

SPOILER (click to view)
Spero di non aver esagerato nella descrizione del Cappellaio. °w°



Edited by Ma¡onese - 17/3/2010, 19:18
 
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- Madhatter -
view post Posted on 17/3/2010, 20:57




SPOILER (click to view)
Vai tranquillo, puccino image



CITAZIONE (Ma¡onese @ 17/3/2010, 19:00)

«Temo di sì. Pare che ritarderò ancora al mio appuntamento con l’inferno.»


Al suono di quelle parole, la piega enigmatica e ambigua delle labbra ben disegnate, colorate nei tetri toni del carbone, si fece più ampia e sinuosa, mentre il pagliaccio gioiva intimamente per la sua fortuna: non era forse una punta di desiderio quella che coglieva assaporando i non-detti letti tra le righe che quell’uomo descriveva con ogni sua movenza?
Ottimo...! Ora doveva solo far fruttare i suoi talenti da affabulatore.

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« Non che ci voglia poi molto per quello... »

Con un gesto elegante inclinò la visiera del cappello per coprirsi uno degli occhi cerulei,
mentre il suo esordio sentenzioso e sornione veniva sapientemente condito
con spezie più dolci, quali affabilità, amichevolezza e cordialità spassionata,
ma senza esagerare nelle dosi, perché diversamente sarebbe sospetto:
giusto quel tanto che basta a non farti sembrare né offensivo né servile.

Il sorriso del pierrot era un arco nero sul suo volto esile, dipinto di cerone bianco,
fascinoso, raffinato, e malevolo come un fiore velenoso...
nero come la maschera di trucco che gli contornava gli occhi azzurri,
nero come i recessi abissali della sua anima zuppa di vizio.


« ...per sfuggire all’Inferno basta sopravvivergli. »
riprese, continuando ad osservarlo mentre con passi misurati gli girava intorno
« Quel che mi domando io, invece,
è se le vostre ferite si sono ristabilite al punto da permettervi di tentare ancora la scalata all’Olimpo.
-per ergervi sugli sconfitti, per gli onori e per la gloria- »


Fece una pausa, arrestando anche il passo,
e girando sui tacchi con un movimento fluido per fronteggiarlo da una distanza ridotta;
la mano destra era calata all’interno della giacca,
e ora che ne era emersa porgeva al giovane guerriero una fotografia,
serrata tra le dita bianche e sottili dalle unghie laccate di nero.


« Quel che chiedo a voi, Signor Sennar, è:
oserete una volta di più, per ascendere alla vittoria? »
 
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view post Posted on 18/3/2010, 18:34
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« Non che ci voglia poi molto per quello... »

La mano del signore s’elevò elegante, lasciando che il cappello scivolasse appena sopra una delle due perle blu, macchiando il suo viso d’un ombra nera dove i confini delle labbra gli parvero sfumare via. Eppure queste si dischiusero ancora, lasciando crudelmente che Sennar naufragasse nella loro ambiguità. I suoi occhi si contornarono d’un crescente scetticismo come se, dinanzi a lui, un’arpia giocasse con lui sotto false sembianze; gli zigomi s’innalzarono sino agli occhi e s’incresparono come quelli d’un mare turbato, mentre sulle iridi cerulee si calava un sipario oscuro che li privava di quella luce di curiosità.

« ...per sfuggire all’Inferno basta sopravvivergli. »

Annuì, mentre immobile seguiva con lo sguardo i piedi del figuro che si muovevano intorno a lui.

« Quel che mi domando io, invece,
è se le vostre ferite si sono ristabilite al punto da permettervi di tentare ancora la scalata all’Olimpo.
-per ergervi sugli sconfitti, per gli onori e per la gloria- »


« Quel che chiedo a voi, Signor Sennar, è:
oserete una volta di più, per ascendere alla vittoria? »


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Ebbe l’impressione di vacillare.
Eppure era lì, immobile. Il suo sguardo vacillò per un istante, trascinato a terra da una forza invisibile; si rifece presente quella sensazione di peso al cuore, come se le unghie artigliate di quell’uomo si fossero ancorate al suo cuore e volessero trascinarlo all’inferno.
Ma quelle unghie, tinte anch’esse di nero, emersero in quel medesimo istante dalla sua giacca; il cappellaio s’era spostato dinanzi a lui con movimenti fluidi, quasi teatrali. Fu in quell’istante che venne tratto via con veemenza dal limbo dove era stato spinto e s’era fermato a sognare.

La vide; tra due dita, una fotografia rifletteva la luce spenta che animava la stanza, come se volesse catturarla e attirare le perle blu di Sennar.
Benché, ora che s'era arrivati al sodo, il tutto si era chiarito, nel cuore di Sennar le domande moltiplicarono il loro peso sulla sua anima, animando la sua curiosità sulle intenzioni e la vera indole
di quella persona.
Ma non esitò; per quanto ebbe l’impressione di stringere un patto con il diavolo, non esitò. Mai si era concesso di esitare, e non l’avrebbe fatto neanche se la vita gli avesse mai concesso un istante a quello scopo. Il fato lo chiamava; probabilmente desiderava che la sua carne corrotta di Sennar venisse cancellata per sempre da Asgradel, cosicché il sicario volle rispondere alla sfida.
Come un improvviso baleno, la sua mano guizzò. E le sue dita strinsero la fotografia, increspandone la carta e creando uno sgradevole riflesso, mentre i suoi occhi cerulei si posarono su quelli dell’altro, dandogli l’impressione di scrutare in uno specchio.
Già non stava più nella pelle.

«…grazie.» lo disse con rammarico, convintosi che la riconoscenza non sarebbe bastata a esimersi dal debito.
«Salderò il mio debito, un giorno.»
Calò lo sguardo, scrutando un istante il disegno a colori, ma si costrinse a risollevarlo. S’avvicinò al giaciglio e, con fare affrettato, afferrò la spada per l’ultimo lembo della benda; dunque la sollevò e la pose alle sue spalle, legandosela in vita.
«Addio.»
Strinse la foto per l'ultima volta e,
in un violento strappo

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scomparve.
~~~

 
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