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| Fucina abbandonata Alcuni minuti dopo A nsia. L’ansia della battaglia montava in me, nel mentre mi ritrovavo impegnato ad affondare gli artigli nella gamba del mezz’orco. L’illusione con la quale avevo accompagnato il mio raggiro, in qualche modo era riuscita a distrarlo, a rubargli quell’attimo di secondo utile per sparire alla sua vista e godere dell’unica facoltà con la quale potevo realmente dire di superarlo: la velocità. L’orco era lento, io veloce. E solo di questo potevo compiacermi: molto meno del resto. Sentii Shelozagh urlare qualcosa: fosse stato un orco normale avrei concluso per un’imprecazione, per certo. Ma ero abbastanza sicuro che quell’essere non avrebbe emesso imprecazioni, piuttosto frasi di stizza, al massimo. Comunque mi compiacevo dell’idea che, in qualche modo, fossi riuscito a innervosirlo o, addirittura, a far vacillare quella fede che pareva così solida nel suo animo. D’altronde, non ne addivenni mai ad una conclusione in merito: nella concitazione del momento, non ero riuscito a prestare attenzione anche alle sue parole. Ero troppo impegnato nella mia azione e a non sentire i dolori della ferita sul fianco. Mi feci bastare il sapere di averlo distratto, l’aver colto la sua rabbia per l’inganno subito. Per il resto, tentai solo di approfittarne.
S helozagh, dunque, rimase distratto, confuso dall’immagine dell’altro essere che svolazzava a mezz’aria imprecando contro di lui. Grazie a questo io mi posi alle sue spalle ed affondai l’artiglio nella sua gamba, così come programmato. Ciò che non avevo programmato, però, è che, nonostante il colpo andato a segno, non sarei riuscito a menomarlo come avrei voluto. Gli artigli affondarono nella carne verdognola, provocando una profonda ferita sanguinante. Premendo con veemenza l’avambraccio contro la carne, chiusi gli occhi per lo sforzo e iniziai a contare i secondi, sperando di vedere il ginocchio cedere sotto il peso del mezz’orco. Lo sentii urlare, gridare ancora qualcosa, come se stesse cercando di sfogare la rabbia e di mantenere il controllo. Speravo che quello fosse l’ultimo urlo di un colosso in frantumi, lo sfogo di un guerriero sopraffatto dalla vergogna, l’ultimo canto di quel cigno surreale. Ma nulla: Shelozagh rimase in piedi, con una gamba sanguinante, ma stoicamente in posizione eretta. Quando riaprii gli occhi mi resi conto che la ferita, nonostante l’impeto e la sorpresa del colpo, non era così profonda da far cedere il pesante guerriero. Il mio attacco era, in verità, fallito e non c’erano altre conclusioni.
T olsi l’artiglio dalla gamba e feci un passo indietro, aspettandomi la sua reazione. Speravo che, nonostante tutto, il mio piano avesse funzionato: speravo che avrebbe capito le mie intenzioni e che avrebbe concentrato le sue prossime attenzioni sull’altro contendente. D’altronde io, col fianco dolorante, già sentivo il peso di quello scontro, troppo diretto per le mie capacità. Quello che vidi dopo, però, mi fece raggelare il sangue. Con la coda dell’occhio, infatti, intravidi qualcosa oltre la grossa figura di Shelozagh, sul fondo del campo di battaglia. Qualcosa che, durante lo scontro, il corpo dell’orco mi aveva impedito di percepire alla vista, qualcosa che la foga della battaglia mi aveva nascosto all’udito. Sul fondo un grosso, immenso umanoide di acciaio aveva schiantato qualcosa, o qualcuno, contro le pareti di ferro: dove un tempo c’era il terzo contendente, ora vi era un vuoto pieno solo delle mie paure. Le mie speranze di vittoria erano appena state spazzate via contro i rottami circostanti. Fissai l’uomo seduto sul trono. Non pareva cambiato, la medesima aria annoiata di inizio scontro. Forse aveva detto qualcosa, forse non lo avevo sentito io: di certo non parve per nulla stupito dell’evento. Dunque, era opera sua?
Co-cos’è per te? E’ solo un. . . gioco? Un gioco fatto di carne?!
R ivolsi un urlo verso l’uomo seduto sul trono, un urlo dettato dall’amarezza per quell’evento, dalla rabbia per il mio piano andato in fumo. In verità non pensavo avrebbe risposto, quasi speravo, anzi , che non vi avrebbe fatto caso. D’altronde avevo già un nemico davanti a me, ed era anche troppo. Ma non potevo davvero nascondere la rabbia, la frustrazione per una situazione che da tenere quasi sotto controllo mi era completamente sfuggita di mano. Che l’uomo avesse soltanto voluto “far pagare” al terzo contendente le parole dette ad inizio battaglia? Eravamo, dunque, sotto il giogo di un infante annoiato in cerca di emozioni di sangue e morte?
<< Tu sei speciale come me … e meriti un trattamento speciale. >>
P reso dai pensieri, per un attimo dimenticai che avevo un mezz’orco ferito e arrabbiato a cui badare. Per giunta, dall’inizio del combattimento, fu forse quella la prima volta che ebbi davvero paura del leale Shelozagh. Un mezz’orco, dopotutto: era solo un fottutissimo mezz’orco che avevo appena avuto il dispiacere di fare incazzare. Improvvisamente si girò, brandendo la spada dalla lunga lama in un’ampia spazzata verso di me. D’altronde, era solo un orco: per quanto leale, per quanto furbo, per quanto dignitoso, aveva dimostrato di avere poco autocontrollo, come ogni altra bestia come lui, oltre che una scarsa dote di astuzia. Quel colpo veloce dettato dalla rabbia, non poteva realmente sorprendermi. Lo vidi arrivare, era lento ai miei occhi: vidi muoversi la lama dalla forma curiosa, pulsante di una qualche energia magica. Seppur bello da vedersi, il colpo non era altro che un tentativo di colpire alla cieca, non era altro che la frustrazione di una bestia senza più controllo.
O almeno così, pensai. Naturalmente sbagliando. Nel momento stesso in cui feci un ulteriore passo indietro per togliere il mio corpo dal raggio d’azione della lama, mi resi conto che quella spazzata non era così imprecisa come poteva sembrare. Nel mentre fissavo la lama vibrare nell’aria, carica d’energia, vidi la punta sopraggiungere in direzione del mio collo e, quando ormai non potevo più far nulla, mi resi conto che il colpo di Shelozagh era indirizzato proprio alla mia gola e che, dunque, l’orco aveva precisamente mirato alla carotide. Era troppo tardi quando mi resi conto che non avrei potuto schivare la punta incandescente della lama. Non si scherzava più: adesso Shelozagh colpiva per uccidere.
S trinsi gli occhi, quand’ormai mi preparavo all’impatto. La lama giunse fredda, quasi silenziosa, lacerando le carni come fossero burro. Poi sentii umido sotto il mento, bagnato, come se un fiotto d’acqua gelida mi avesse raggiunto. Infine il dolore terribile, indescrivibile: milioni di spilli parvero conficcarsi nella mia trachea e aprire un’ampia via al gelo dell’aria circostante. Provai ad urlare, ma mi resi conto che non avevo modo di farlo: il fiato mi era stato rubato. Soffocando, strozzai un grido in gola, producendo solo un rumoroso respiro ansante . D’istinto mi portai la mano sinistra, quella con l’artiglio, al volto, provocandomi anche un taglio leggero alla guancia, in quanto l’artiglio era ancora estratto. Per un attimo pensai anche che la testa mi fosse stata tagliata di netto e che presto avrei potuto fissare il mio corpo a distanza, attendendo la calda chiamata degli abissi. Non fu così. Barcollai, mi cedette una gamba e mi piegai dal lato destro. Quando mi resi conto che la testa era ancora miracolosamente attaccata al collo, mi sforzai soltanto di non svenire, ripensando al passato, ripensando alla vendetta, ripensando a quell’orco bastardo che aveva appena provato a farmi a fette. Ripensando, dunque, a qualunque stimolo abbastanza forte da tenermi in vita.
N onostante provassi con tutto me stesso a mantenere lucidità, però, la vista mi si annebbiava e lo sconforto faceva preda di me. Ormai sarei morto, se non quel colpo, il prossimo avrebbe trafitto ogni mia speranza. E, se non l’orco, l’uomo sul trono avrebbe per certo scelto me, lo straccione moribondo, come prossima vittima sacrificale per il suo gioco. Ma ero troppo ostinato per non dover quantomeno vender cara la mia pelle. Shelozagh aveva provato a decapitarmi, chissà che pena gli avrebbe provocato scoprire che non vi era riuscito. Poi, un’idea balenò: e se vi fosse riuscito? E se magari, nonostante il colpo andato a segno, nonostante la testa mozzata, si fosse reso conto che il misterioso straniero non poteva morire sotto i colpi della sua lama. Forse era un’idea assurda, ma, vista la situazione, qualunque cosa mi pareva un’ottima alternativa alla morte.
C ol braccio destro afferrai il mantello e lo avvolsi intorno al mio collo, come meglio potessi fare, di modo da frenare il sangue in uscita. Di modo da aumentare di qualche decina di minuti la mia lucidità. Almeno per un poco! Rialzandomi su due gambe, mi scagliai nuovamente contro di lui. Il braccio sinistro era ancora aderente al mio collo e, da lì, sarebbe partita la mia sinistra illusione. Sarebbe stato curioso capire quanto Shelozagh avesse paura dei fantasmi... |
S fruttando i miei poteri, mi sforzai di partorire un’immagine illusoria che, aderendo al mio corpo, avrebbe dato ad esso un nuovo e tetro aspetto. Shelozagh avrebbe dovuto vedere uno Shakan esattamente uguale a quello che gli si scagliava contro, ma traslucido, quasi trasparente, carico di una pulsante energia oscura, malefica, come fosse un fantasma, come fosse lo spirito di un defunto non ancora pronto a viaggiare verso l’oltretomba. Avrebbe, inoltre, visto il braccio sinistro, afferrare la mia testa e staccarla dal corpo: avrebbe visto il fantasma di un guerriero senza testa, avventarsi contro di lui, con la testa stretta nel pugno della propria mano sinistra, mentre la teneva per i capelli. Per l’occasione, il mio volto si sarebbe dipinto di una smorfia altrettanto raccapricciante: gli occhi bianchi senza vita, una smorfia di dolore impressa sul volto, la lingua in fuori ed una bava giallognola colante per i lati della bocca. La smorfia di chi è stato appena condannato alla dannazione eterna e vuole, quantomeno, prendersi un’ultima rivincita.
D unque, avrei disteso in avanti il braccio sinistro, quello con la testa facendo in modo che Shelozagh fosse raggiunto prima dalla tetra visione di questa e, solo dopo, da quella del mio intero corpo. Tenendo la testa per i capelli, col braccio sinistro teso, avrei anche tentato di nascondere le lame dell’artiglio ancora estratte. In questo modo sarei avanzato verso di lui, di fronte. Poi, d’improvviso, avrei virato verso destra cercando di raggiungerlo al fianco. Qui, dunque, sarebbe partita la seconda parte del mio piano. Avrei, infatti, generato una seconda illusione, tale e quale alla prima: con la mia abilità avrei generato una seconda immagine di uno Shakan fantasma senza testa, col braccio sinistro teso e la smorfia raccapricciante del viso rivolta verso l’orco. Questa sarebbe nata nel momento stesso in della mia virata a destra, virando, invece, a sinistra. In questo modo Shelozagh avrebbe visto il fantasma di Shakan, innanzi a lui, separarsi in due fantasmi distinti che lo avrebbero attaccato da due fianchi opposti: l’immagine alla sua destra, però, sarebbe stata totalmente illusoria, vuota al suo interno, e generata al solo scopo di confondere l’orco; l’immagine alla sinistra, invece, per quanto falsamente terrificante, sarebbe stata lo scudo di paura dietro il quale mi sarei celato io e il mio attacco disperato.
R aggiunto Shelozagh, avrei tentato di colpirlo con l’artiglio diritto in volto, con un leggero attacco in salto: egli avrebbe visto prima il mio volto decapitato, in una smorfia di raccapricciante dolore, dirigersi diritto verso i suoi occhi e, solo all’ultimo, l’artiglio di ferro raggiungerlo, nel tentativo di accecarlo. L’immagine finta, dall’altro lato, avrebbe fatto lo stesso, tentando di colpirlo sempre in viso, nello stesso modo. Nel caso in cui, infatti, Shelozagh avesse provato di parare questa seconda immagine, il vero colpo lo avrebbe raggiunto dietro la nuca.
D istrutto nel corpo e nello spirito, dunque, mi sarei lanciato in quell’ultima disperata carica, probabilmente dettata soltanto dal rimorso, dalla rabbia e dal delirio per il dolore lancinante che ormai avvertivo nel collo e nel fianco, mentre le forze pian piano iniziavano a venir meno. Il mio destino meschino, infine, non volle concedermi nemmeno la soddisfazione di urlare all’orco la mia rabbia durante l’attacco, privo di voce com’ero divenuto: sarei apparso forse anche più convincente, ai suoi occhi, sotto forma di uno zombie muto, privo di voce e di spirito? Solo il tempo lo avrebbe detto, il tempo che mi rimaneva ancora da vivere. |
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~ReC:225~ ~AeV:225~ ~PeRf:125~ ~PeRm:200~ ~CaeM:175~ Stafo fisico - Lungo taglio che parte dal centro dello stomaco fino a tutto il fianco destro. Leggero taglio alla guancia destra. Profonda lacerazione al collo. Affaticato e debilitato per l'emorragia. Stafo psichico - Molto confuso e spaventato per lo scontro e le profonde ferite, quasi disperato. Energia - 88% -22% -6%= 60% Abilità Attive/Pergamene usate - CITAZIONE Illusione spettrale - Con un consumo di energia variabile, Shakan è in grado di creare una potente illusione che, fondendosi col proprio corpo, modifica la propria immagine percepita dagli occhi di chi la osserva. Shakan apparirà come un fantasma: il suo corpo sarà pallido, taslucido, quasi trasparente, gli occhi lucenti e tutti i tratti e gli aspetti del proprio essere si modificheranno di conseguenza, in modo da apparire, in tutto e per tutto, una presenza "spettrale". Inoltre, variando il consumo di energia, Shakan potrà rendere tale illusione più o meno complessa (passando, per esempio, da semplice fantasma pallido e sfocato, a potente spirito di una divintà ancestrale): in questo senso, Shakan potrà scegliere la forma, la caratterizzazione e la natura "spettrale" che più gli sembrerà adatta alla situazione, parlando, muovendosi, combattendo e, in generale, relazionandosi, allo stesso modo in cui farebbe un vero fantasma della stessa tipologia. A cambiare, però, sarà in concreto soltanto il grado di "terrore" generabile dalla stessa illusione (usando come parametro in tal senso la percezione di un umano medio), con tutte le conseguenze eventuali legate alla sua percezione. L'effetto dura un post. Consumo di energia: Variabile (ALTO) CITAZIONE Il mio braccio come illusione - Spendendo un consumo pari a Basso, Shakan sarà in grado di ricreare nella mente nemica, una sola immagine, che potrà essere un ricordo oppure un apparizione momentanea. Potrà modificare quindi le sue percezioni grazie ad una semplice illusione che sarà facilmente bypassata con un minimo di concentrazione. L'immagine verrà vista all'interno del campo di battaglia, ma sarà visibile solo per colui che è affetto dall'illusione in se. Consumo di energia: BASSO Abilità passive -CITAZIONE Il mio pensiero come illusione - L'abbraccio del demone ha consentito a Shakan di acquisire una notevole attitudine alle illusioni, decisamente superiore a quella di un essere normale. La sua perfetta comprensione delle stesse e la naturale predisposizione farà si che le tecniche illusorie vengano castate istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere per attivare all'istante qualsiasi delle sue tecniche illusorie. Naturalmente è necessario un contatto con l'avversario, se non fisico, almeno poterlo seguire con lo sguardo. Qualsiasi tempo di concentrazione necessario però ad attivare un'illusione sarà totalmente azzerato. Armi - Washi, guanto artigliato - indossato, artigli estratti. Frusta - Legata alla cintura
Riassunto -
CITAZIONE Faccio un passo indietro quando mi rendo conto di non aver "menomato" Shelozagh. Mi distraggo un pò quando vedo l'enorme golem che ha già schiantato Elle (lo deduco dal fatto che non vedo più Elle sul campo di battaglia) e, nel frattempo, Shelozagh prepara l'attacco. Tento di schivarlo, ma la punta della lama mi provoca una profonda ferita al collo. Barcollo, mi reggo a fatica, quasi cado. Dopo qualche secondo di panico giustificato provo a rialzarmi e uso Illusione spettrale a livello ALTO per traformarmi in un fantasma di me stesso (al solito, traslucido, pulsante, come fossi un vero fantasma), ma senza testa, ovvero reggendo la testa col braccio sinistro, tenendola per i capelli in modo che questi "coprano" l'artiglio che, seppur nascosto dall'illusione, Shelozagh vedrà una volta che questo gli sarà arrivato ad una distanza ridottissima. In questa "veste" mi lancio verso di lui e, una volta di fronte, creo un'immagine illusoria di me dello stesso tipo, cercando di farla somigliare il più possibile alla prima. Io mi dirigo sul fianco destro di Shelozagh, l'immagine sul fianco sinitro (dunque, per inverso, Shelozagh si vedrà arrivare me da sinistra e l'immagine da destra). Una volta raggiunto il fianco sinistro io attacco in salto con il braccio sinitro mirando agli occhi di Shelozagh (di modo che lui veda arrivarsi la mia "testa") e l'immagine fa la stessa cosa. Note - CITAZIONE Mi rendo conto che potrebbe sollevarsi la questione circa la differenza tra le due illusioni, ovvero l'illusione spettrale e quella semplice, che hanno anche due consumi diversi. Il consumo diverso è giustificato dal fatto che mentre la prima aderisce al mio corpo, replicando ogni mio movimento e facendomi sembrare "realisticamente" un fantasma, avendo la presunzione anche di incutere un qualche tipo di "terrore" (dato che, alla fine, l'aspetto è soltanto illusiorio, ma dietro ad esso c'è un corpo tangibile, ovvero il mio), la seconda è pur sempre un'illusione più semplice, ovvero una mera "copia", una "riproduzione" dell'immagine della prima agli occhi dell'orco, vuota e superabile con un minimo di concentrazione come descrive la stessa abilità. Dunque, avendo un grado di realismo decisamente inferiore, incuterà anche meno terrore. Spero sia chiaro. |
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