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Epilogo: Cronaca del sangue, parte I, Le Cronache del Sangue

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Charles Étienne Chevalier
view post Posted on 14/5/2010, 22:04




Mi chiamo Charles-Étienne Chevalier. Mio padre era un rispettabile commerciante in articoli marittimi a Dépourvu de morale, dove io sono nato. Il mio nonno materno faceva l'avvocato e vantava una buona clientela. Era fortunato in tutto e aveva investito con notevole successo nei titoli di quella che un tempo si chiamava la Riche New Bank. Grazie a questo e ad altri mezzi era riuscito a metter da parte una discreta somma di denaro. Credo che fosse affezionato a me più che a chiunque altro al mondo, e alla sua morte speravo di ereditare gran parte dei suoi beni. A sei anni mi spedì alla scuola del vecchio signor Ricketts, un eccentrico gentiluomo che aveva un braccio solo – certamente chiunque sia stato a Dépourvu de morale lo conoscerà bene. Frequentai quella scuola fino all'età di sedici anni e poi mi trasferii all'accademia del signor E. Ronald, sulla collina. Lì divenni intimo amico del figlio del signor Barnard, un capitano che d'abitudine solcava i mari alle dipendenze della Lloyd e Vredenburgh – anche il signor Barnard è conosciuto a Dépourvu de morale e conta, di questo sono sicuro, molti parenti a Riche. Suo figlio, di nome Augustus, aveva quasi due anni più di me. Insieme al padre aveva partecipato a una spedizione sulla baleniera John Donaldson, e mi raccontava sempre delle sue avventure nello Zar meridionale.
Fu certamente in quegli anni che sviluppai il mio amore per l'istruzione. Profondamente a contatto con tutti gli intellettuali dell'epoca, imparai a regolarmi e iniziai ad infilarmi anche nelle discussioni più complesse - persino quelle che fino a qualche anno prima non avrei mai neppure osato tentare di comprendere. Si parlava di re e regine, di regni lontani, di etica e soprattutto di onore e di morale.
In breve, divenni un insegnante.

La mia scuola, la Trône du Roi, che fondai quando ormai la mezz'età pesava su di me come un'inquietante missiva di morte, ebbe particolare successo e numerose donazioni; in particolare da tutti i magnati della Riche New Bank che venivano spinti da mio fratello - succeduto a mio nonno nell'amministrazione dell'azienda - a finanziarmi.
La mia scuola, la Trône du Roi, era famosa per istillare onore e morale impeccabile nei virgulti presi in giovane età, nel tentativo di trasformarli in quelli che sarebbero divenuti i sovrani del futuro.
La mia scuola, la Trône du Roi, era ricchissima e rinomatissima. Ogni genitore del paese desiderava che il proprio figlio la frequentasse e che ne uscisse a pieni voti.

La mia scuola, la Trône du Roi.
Mi chiamo Charles-Étienne Chevalier
e sono
un insegnante.

image

« ...Grrraah. Krr... »

Purtroppo, non mi sono mai sposato. Il mio lavoro mi ha impegnato ben più di quanto avessi mai potuto osare di pensare e mi sono ritrovato soffocato dalle scartoffie e dagli oneri che gestire una scuola impone ben prima di potermi abbandonare ai lazzi che mi sarebbero stati concessi. Il figlio del signor Barnard - mio grande amico - mi presentò numerose donne, molte di buona famiglia, ma nessuna delle quali disposte a concedersi ad un uomo che si impegnava nel curarsi più dei propri alunni che di lei. L'ultima, Dorothea, mi impresse sulla guancia la convinzione che non ero più adatto a relazionarmi col prossimo, in un rubizzo livido a cinque dita.
Quando trovai quell'orfano, quindi, mi accollai la sua sorte con inusitato onere. Aveva i capelli neri, come me. Il viso affilato, come me. Gli occhi grigi, come me. Non fu difficile far credere a tutti che fosse il mio figlio - o quantomeno far capire che mi ero caricato di tale responsabilità. Quel figlio era stato un raggio di luce e di speranza nella mia vita, dunque lo chiamai così: "Ray".

Mio figlio, Ray.
Mi chiamo Charles-Étienne Chevalier
e sono
un padre.

« ...Ghhh. Rrraah. »

Ora sto correndo. Non ho idea di cosa stia succedendo intorno a me: è come se mi fossi improvvisamente risvegliato da un lungo sonno e non riuscissi ancora a focalizzare la mia attenzione sulle cose che mi stanno intorno. Sento il rimbombo di potenti esplosioni, e sono certo di non possedere più un braccio. Tutto è più piccolo di quanto dovrebbe essere, e non riesco ad orientarmi. Vedo un grande pollone scuro; è l'unico punto di riferimento che ho.
So per certo di stare stringendo mio figlio, nelle mie mani. E' debole. Ho paura. Non so se sta morendo, ma è privo di sensi e si agita nella sua incoscienza. E' molto più grande di quanto mi ricordassi: posso sentire persino un piccolo accenno di barbiglio sul suo viso - una peluria che, se avesse potuto, avrebbe ereditato da me. Non riesco a coordinare i miei passi: sono incianpato più di una volta in qualche grosso ostacolo di pietra, sorpreso da alcune esplosioni, ma ho fatto in modo che Ray non si facesse male.
E' tutto sfocato, non comprendo nulla. Il rimbombo dei miei passi è ben più pesante di quanto dovrebbe essere, e il fumo mi rende incapace di capire quanto stia accadendo accanto a me. Ogni tanto incontro piccole persone che mi urlano contro, e mi dirigo in altre direzioni, verso l'imponente colonna nera. Non riesco a parlare. Vorrei piangere, ma non riesco a sentire le lacrime, e neanche i miei occhi. La mia gola è come ostruita da un pesante nodo di catarro e sento il sapore del sangue e del ferro lungo il palato.
Ho paura. Ho paura.
Hopaura
hopaura
hopaura
hopaura

« ...Ah. ...Aiu - krr to! »

Gridare mi costa fatica. Troppa fatica. Non sento la gola, non sento l'aria. Non concepisco come posso anche solo proferire parola in queste condizioni. Sento il nodo alla gola provocato dal pianto, dalla paura, ma non le lacrime.

« ...Ah. ...Aiutatemi! Grrraah... »


CITAZIONE
Allea, Mirkito15, Majo_Anna e Sarnek ~ per qualche ragione solamente voi sentite il richiamo di Chevalier. Quando lo raggiungete - esattamente ai piedi della torre nera, egli ha in mano il Re, privo di sensi, e sembra palesemente spaventato. Sembra voler dire qualcosa, ma fatica a parlare. Non si fida di voi, anche se cercate di avvicinarlo: avete il permesso di compiere minime azioni autoconclusive sulla sua "persona", ma nulla di esagerato. Se avete dubbi, chiedete pure nel bando. Cinque giorni di tempo per postare.



Edited by Ray~ - 23/10/2010, 15:57
 
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view post Posted on 17/5/2010, 17:18
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········

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Il granello di cenere le si posò sulle ciglia, scivolò lungo il volto, fino alle labbra. Gli occhi chiusi non poterono percepirlo, le palpebre serrate escludevano il resto del mondo dall'universo che ardeva dentro di lei.
Oscuro, una gola spalancata che tentava di ingoiare per l'ultima volta la sua anima. Pieno di Voci che sussurravano realtà ormai perdute. Non sentiva niente altro del proprio corpo, se non quella testa sospesa nel vuoto e il pugno, che si apriva e si chiudeva nella delusa speranza di stringere l'oggetto di tanto desiderio.
Quella notte, sempre quella notte ritornava a fare capolino nella sua mente. Anche in quel momento, mentre attorno a lei la battaglia proseguiva, le Voci le suggerivano di ritornare a letto. Dicevano che non avrebbe dovuto alzarsi, semplicemente di richiudere gli occhi. Di non ascoltare i rumori. E la su amano si apriva e si chiudeva.
Perchè?
Irrilevante, doveva solo continuare a dormire, non guardarsi attorno.
Il granello di cenere sostò lungo il solco secco della pelle scarlatta, prima che un refolo di vento morto se lo portasse via, agitando debolmente i capelli della Danzatrice distesa a terra. Un fiore reciso dallo stelo che riposava, arrendendosi alla calura estiva. E solo quel movimento, ritmico, divenuto ormai un'abitudine priva di senso.
E forse così sarebbe finita, così avrebbe potuto proseguire per sempre, se un grido non avesse rotto il silenzio.



« ...Ah. ...Aiu - krr to! »



Quel grido.
Nel buio che la avvolgeva si accese una luce. Una porta su un corridoio semibuio, un lampo dorato che la invitava ad avvicinarsi e guardare. Avrebbe dovuto stare a letto. Avrebbe dovuto tornare a dormire. Ma quel grido, soffocato, metallico. Valeva bene un passo. Valeva bene un'occhiata, una soltanto.
Forse non era proprio la voce che ricordava, ma molteplici affollavano i suoi incubi ogni notte, tanto che era tentata di turarsi le orecchie pur sapendo che nemmeno così avrebbe posto loro fine. Eppure sì, anche se avrebbe dovuto dormire, se ogni volta se lo ripeteva, ecco che come ogni volta l'incubo la portava a guardare oltre il battente, solo un'occhiata. Come se il destino dovesse ripetersi.



ancora.
E poi ancora.
E poi ancora.



Ed ecco, oltre la porta, quello che sa già di dover vedere. Il corpo riverso sul letto sporco di sangue, la mano tesa in avanti in un inutile tentativo di allontanare la brutalità dell'aggressore. E quel volto straziato dal dolore e dalla vergogna, quella bocca in grado di pronunciare solo un'invocazione soffocata.
E lei, la mano al volto, la mano al petto, la mano al pugnale. E lei, che quel grido lo riproduceva con la lingua gonfia e attaccata al palato. Una sola parola.
Madre. Madre mia.
Prima che Tutto il Male entrasse dentro di lei, e con lui le Voci.
Era veramente quella la voce di sua madre?
Socchiuse un occhio, e la luce abbagliante della guerra penetrò tra le ciglia.
Il suono non veniva da dentro. Non questa volta.
Era una voce nuova, che si sovrapponeva all'altra invocando aiuto.
Per chi?
Chi ancora poteva amare a tal punto da non fuggire, da rischiare di attirare l'attenzione?
Doveva andare, raccogliere quel grido gettato nel vuoto.
Perchè? Non sarebbe stato meglio rimanere a dormire, ora che ne aveva l'occasione?
Come in tutti i suoi incubi, quando il vociare strozzato la svegliava, si ripeteva di rimanere sdraiata e attendere. Eppure raccoglieva la propria arma e si avventurava lungo il corridoio buio.
Eppure raccolse la Mietitrice, il palmo contro il filo della lama, e si raddrizzò faticosamente, avviandosi a passi cauti verso il punto da qui quella voce pareva provenire.
E le Voci le avevano sempre detto che sarebbe stato meglio, molto meglio non sapere nulla. Che chi non è curioso evita i guai. Eppure lei seguiva come ipnotizzata la luce preziosa laggiù, al termine del percorso.
Eppure lei svoltò anche l'ultimo angolo, trovandosi faccia a faccia con la realtà.
Ed era come una storia narrata migliaia di volte.
Ma ogni volta diversa.
Sgranò gli occhi.
Conosceva quella creatura. L'aveva già vista altre volte, ne aveva sentito parlare, ma mai così da vicino. Troneggiava imponente, eppure pareva solo una piccola formica rispetto all'enormità della torre alle sue spalle.
Nera come i suoi incubi.
E il grido era suo, di quell'essere imponente, che riluceva come il metallo. Metallo il volto, metallo le labbra e la gola, metallo il cuore. Come poteva provare emozione?
Possibile che veramente potesse domandare aiuto come una madre, chiedendo l'intervento di qualcuno? Possibile un mostro potesse sentirsi debole, addirittura spaventato? E da chi?
I suoi occhi risalirono il corpo imponente, il braccio con il palmo aperto.
Fino a vederlo.
E le voci si fusero, diventando una sola.
Il corpo riverso sul lenzuolo e quello sul metallo, lo stesso gesto, la stessa espressione, le stesse fattezze. No. Quelle no. Perchè il corpo tra le enormi dita, il corpo che sembrava morto, era un volto che ancora una volta le era familiare.
Lo ricordava sopra di sé, nella grande sala da ballo. Quando forse era stata solamente un'impressione più concreta della vita stessa. E poi ancora, durante i combattimenti nell'arena. E nei corridoi o tra le sale illuminate fiocamente, in distanza, il tempo di provare paura per ciò che sarebbe accaduto, il tempo di un inchino.
E quel pomeriggio ricordava di aver pronunciato il suo nome. Lui che possedeva ciò che lei tanto aveva cercato.
Morto?
Risentì quel grido, terribile, che le stritolò il cuore in una morsa. Non poteva morire finchè avesse avuto tra le mani lo scopo della sua intera esistenza.
Non poteva.
Fece un passo avanti, prima di rendersi conto di non sapere cosa fare. Non poteva raggiungerlo, non poteva curarlo, non poteva rivolgersi al mostro senza essere schiacciata al pari di un insetto fastidioso. Doveva contare solo su se stessa. E sul fatto che quella voce, il richiamo angoscioso che l'aveva attirata fin lì, era quella di una madre e di un padre insieme.
Poggiò a terra la lama e tese le mani in avanti, mostrando come non racchiudessero alcun oggetto pericoloso. I suoi occhi erano ancora umidi e nuove lacrime sorgevano al pensiero che l'unica possibilità di sopravvivere, l'unico scopo di quella non vita arrancante, stava per scomparire con l'unico uomo a cui mai avesse portato rispetto.



Ti prego...per favore...dimmi cosa accade.
Non lasciare che muoia...



Una voce flebile, come quella che da dietro la porta aveva chiamato la madre solo per capire che non avrebbe risposto.
Una voce tremante, che forse non sarebbe giunta all'orecchio di quella creatura terrificante. Ma lei doveva provarci. Per il Clan, per l'uomo che forse si sarebbe potuto salvare e soprattutto per se stessa. Tutto il Male era già accaduto.
Non di nuovo.
Per favore.





Equipaggiamento: Mietitrice Scarlatta (utilizzata); Spinadirosa (portata); Spine insanguinate (indossate); Bloody Maries (indossate)
Consumi: Medio x3 (-27%) Alto x1 (-18%) Immenso x1 (-36%)
Energia Residua 69%
Danni riportati: Ferita alla spalla non grave, ferita al fianco di media entità poi curata.
Azioni: Praticamente raggiungo Chevalier e cerco di parlargli.

Passive in utilizzo



Intimità ~ Dalys è una giovane donna affascinante. Lo sa, è l'unica arma che le è rimasta. Ciò che l'ha rovinata una volta può ora portarla alla vittoria. Quando la incontrano, quando vedono i suoi occhi grigio verdi ombreggiati dalle lunghe ciglia scure, pochi uomini restano indifferenti. E se hanno la fortuna di vedere il suo corpo muoversi, sinuoso e sensuale, a fatica distoglieranno lo sguardo. Poseranno gli occhi nei suoi, impenetrabili come l'acciaio, avvolgenti come la seta.
E lei vedrà: leggerà le loro immediate emozioni, i loro desideri, tutto ciò che in quel momento si affaccia alla loro mente. Come attraverso un libro apertò leggerà di loro attraverso i meandri bui della coscienza.
Condizione necessaria è il contatto visivo con l'uomo che subirà il suo fascino. [Passiva]

Dominio ~ La sacerdotessa fonda il proprio potere sulla danza, al cospetto dei suoi movimenti l'animo degli uomini si piega, la loro resistenza è miseramente sconfitta. Ma per lei non è sufficiente. anche la Terra, l'antica e insensibile Natura, deve chinarsi alla sua eleganza. Nulla dovrà arrestare l'avanzare gentile della Rosa. Così ella ha affinato nel tempo la squisita tecnica del proprio passo, che le consente di camminare e danzare senza alcun ostacolo, senza alcuna incertezza. I suoi piedi aderiranno a pareti perfettamente verticali e soffitti con noncuranza, trasformandoli nel'ideale palco per il suo sensuale spettacolo. Qualcuno grida al miracolo, altri additano il suo potere come maleficio. E ancora una volta la fanciulla è inafferrabile alle loro mani.


Attive Utilizzate



//



Edited by Majo_Anna - 19/5/2010, 18:47
 
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Vràstax Victoriàn
view post Posted on 17/5/2010, 20:00




~
non c’è odio in questa guerra
né speranza né passione
non c’è più amore in questa serra
c’è solo paura e commozione
in questa grigia e rossa terra

-

Tra la terra macchiata di sangue, tra le ceneri dei corpi bruciati dall’esplosioni –che avevano causato il totale annientamento delle forze nemiche -, il Vittoriano non senza pena avanzava. L’acre odore della morte lo provava e, a ogni corpo senza più vita, un brivido rapido e violento gli percorreva l’intera schiena facendolo involontariamente rabbrividire. Silenziosamente gli stivali sprofondavano in quel cimitero di anime perdute e il suo corpo (decisamente ridotto male) continuava a spingersi verso un nuovo orizzonte; ora che l’elmo imprimeva dolorosamente verso il suo volto non riusciva più a distinguere con precisione le tonalità che il cielo aveva acquisito durante quelle poche ore passate a combattere i Martell. Persino l’armatura cominciava a pesare e, poiché ebbe questa strana sensazione, si costrinse ad aggrapparsi con più forza all’asta che lo sorreggeva.
Sospirò, non riusciva ancora a credere che tutto fosse realmente finito.
era stato facile infondo il ‘come’ uccidere i nemici
Un altro passo, una nuova meta.
L’altro braccio penzolante gli pulsava brutalmente e quell’unico formicolio di dolore – che andava dalla spalla fino al polso - gli permetteva quasi di stare sveglio, di ragionare con un pizzico di lucidità in più.
Alcune parti delle corazza erano ridotte male però: piegate, infossate, spezzate a metà; quella polvere intrisa di sudore che era filtrata fin dentro le protezioni e che ora si vedeva appiccicata in quasi tutto il corpo lo infastidiva parecchio inoltre, facendolo oltre a ciò terribilmente inquietare
eppure era abituato a quel fastidio, di certo quella non era la prima battaglia da lui affrontata, sapeva di quelle seccature involontarie. Sapeva di come si stava in guerra.
Lo sapeva fin troppo bene forse,
che quasi se ne vergognava.

Di fronte a lui, di fronte al gigante Bianco del casato Vittoriano, una torre immensa, famelica, nera come la morte si ergeva minacciosa. Sarebbe stato difficile trovare qualcuno, sarebbe stato difficile ritornare a casa al maniero ma non impossibile dopotutto.
Di fronte a lui solo una steppa dorata cui il vermiglio sangue ne faceva quasi da sfondo, qualcuno gemeva ancora e si contorceva, e quel qualcuno possedeva la mera cognizione che sarebbe stato prossimo alla morte. Poiché cosi sarebbe stato.
E lui, Vràstax.
Camminava.
Camminava.
Camminava.

Non aveva meta, ne obiettivi ma un grido, un grido capace di ferire, di spezzare il respiro e il tempo stesso lo fece ricredere.

« ...Ah. ...Aiu - krr to! »

Istintivamente, senza esitare
col cuore che sembrava essere impazzito
cominciò a correre anche se il dolore stesso lo stremava. Per un attimo quel disumano strepito l’aveva raggelato, aveva bloccato la sua avanzata ma lui non si diede per vinto e in alcuni tratti inciampò, in altri semplicemente zoppicò. Ma non importava. Il respiro si faceva sempre più irregolare e discordante. Quel grido gli parve un richiamo, qualcosa che abbatté cosi facilmente la ragione da fargli scordare quasi la sofferenza che pian piano lo stava uccidendo. Ma non importava. Aveva persino dimenticato l’apparizione che poco prima lo fece cadere a terra e anche lo stesso massacro che l’aveva coinvolto, come se non fosse accaduto niente. Ma non importava. Ma la voce - l’urlo, che di nuovo mangiò la sua mente lo fece tremare.

« ...Ah. ...Aiutatemi! Grrraah... »

Si fermò di botto quando li vide.
Il cuore non batté più come prima,
il respiro non fu più impreciso,
le gambe e il corpo non ebbero più bisogno di tremare
poiché tutto –intorno a lui- si bloccò.
Di striscio vide la figura di lei, bellissima come sempre; colei che aveva permesso ai suoi fratelli di varcare la soglia di quel clan, dall’animo ferreo e dal cuore di ghiaccio ora piangeva, chiedeva aiuto, pregava. Pregava affinché il Re non demordesse, non morisse.
Quello che vide fu sconcertante infatti, non sapeva cosa fare ne come comportarsi e la bestia che sorreggeva il Sovrano pareva sconoscere, o quasi, la loro lingua. Egli stessa era confusa, triste, spaventata come del resto lo stesso Vittoriano che si vide costretto a togliere l’elmo per tentare almeno con lo sguardo di ravvivare quell’essere.
Con misericordia li guardò e impulsivamente si avvicinò alla figura della donna. Non aveva mai avuto modo di parlare con lei, né con lo stesso Re che li aveva guidati fin lì dopotutto. Eppure qualcosa, qualcosa di forte stringeva i loro animi facendoli ardere tutti in un unico ed estimabile fuoco. Si limitò a stare a fermo, non proferì parola poiché sapeva che in quel frangente, in quello stesso momento, la parola aveva poco valore. Avrebbe però voluto tentare, ma a cosa sarebbe servito? A chi sarebbe importato della sua parola?
A chi?
A chi?

image

Nella sua testa, e col cuore, avrebbe pregato però.
Poiché Ray era il suo Re.
Poiché Ray, per un attimo, era stato persino il suo Generale.





SPOILER (click to view)
CITAZIONE
CITAZIONE
R e C 175 A e V 75 75 P e R f 350 P e R m 400 C a e M 175

Energia residua - 55% (125%)
Consumi utilizzati -
Stato fisico - frecce conficcate nelle gambe (danno Medio), danno Basso causato per l'uso della Pergamena Martirio, danno Basso al volto causato dall'impatto sulla superficie ghiacciata. Molteplici danni di bassissima entità sul corpo: contusioni e tagli, in particolar modo.
Stato psicologico - ampiamente provato.
Passive influenti -
Tecniche attive -
Note -
Azioni -
 
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Allea
view post Posted on 18/5/2010, 17:41




Non capiva, sapeva solo che doveva andare avanti e trovare il Fratellone Re, c’era una ragione, ne era sicura, ma continuava a sfuggirle e il suo mal di testa aumentava ogni volta che cercava di ricordarlo – era stupido, perché fino a qualche secondo prima lo ricordava, ne era certa, lo ricordava ed era lì e perché non riusciva a ricordare mai nulla?.
Di solito non era un problema, a Noki piaceva non ricordare, evitava fastidi inutili, complicazioni, ma in quel secondo sapeva che si stava perdendo qualcosa, che quel mal di testa incessante, quella sensazione strana nel petto e le lacrime che scendevano erano lì per ricordarle che era successo qualcosa d’importante e poi c’era il nero, il nero caldo, quello buono, quello che non le faceva paura e Noki non voleva dimenticare quel nero, mai mai mai.
Fece qualche altro passo, guardandosi intorno con aria assente «Ne, ne, Berzenev-kun, hai visto il Fratellone Re?» ed era importante, sì e non c’era niente che catturasse la sua attenzione – c’era solo sangue e corpi martoriati e urla e grida e normalmente Noki si sarebbe divertita un mondo a giocare con tutti, ma non era il momento.
Berzenev, il viso poggiato sulla sua testolina, rimase in silenzio, dispiaciuto e Noki-chan sbuffò un poco «Almeno ti ricordi perché Noki-chan lo sta cercando?» e Berzenev ci pensò per un poco, il visetto rosa concentrato.
«Giocare, dici?» beh, era possibile dopotutto, a Noki-chan piacevano i giochi organizzati dal Fratellone Re, anche questa guerra si era rivelata un gioco incredibilmente divertente! Forse lo cercava davvero per giocare e non importava il mal di testa che sembrava urlare che si stava sbagliando, che c’era qualcosa di più importante, qualcosa di molto più disperato in quella sua ricerca.
«Allora è deciso, Berzenev-kun! Troveremo il Fratellone Re e giocheremo ♥» annunciò, alzando il pugnetto felice e Berzenev annuì entusiasta.
Poi quell’urlo squarciò la sua mente l’aria e Noki dovette quasi portarsi una mano alla testa, cercando di fermare il dolore lancinante – il mal di testa era davvero una cosa brutta brutta, non lo voleva, non c’era modo di farlo sparire?
Era un urlo disperato, lo riuscì a cogliere tra le fitte e chiedeva aiuto e, beh, Noki-chan era un’eroina! E le eroine non si fermavano certo solo per un po’ di mal di testa, no? «Berzenev-kun, c’è del lavoro per noi, fueh!»
Un secondo urlo, questa volta più forte e Noki stava già corricchiando verso quella voce: avrebbe aiutato questo Fratellone Urlone e poi tutti le avrebbero fatto i complimenti perché era una Brava Bambina e un’Eroina e le avrebbero fatto una grande grande festa – non era un pensiero bellissimo, fueh?
E poi vide quell’essere enorme e alto e un Fratellone Montagna che si è Perso! Sarebbe voluta andare lì, a parlargli e a chiedergli cosa ci facesse lì, se anche lui stesse partecipando a questo gioco della guerra quando si accorse che non era solo e che sembrava spaventato.
Possibile che fosse stato lui a chiedere aiuto? Perché sembrava così spaventato?
Si avvicinò trotterellando, cercando di capire quale fosse il motivo per cui tutti fossero così tristi - era un gioco! Tutti sarebbero dovuti essere felici e spensierati, era divertente! – prima di rendersi conto che tra le braccia del Fratellone Montagna c’era qualcuno e le bastò avvicinarsi solo un altro poco per capire chi fosse.
«Il Fratellone Re?» cosa ci faceva lì? Beh era una cosa buona, no? perché lei lo stava cercando – anche se non ricordava esattamente perché - e lui era lì! Solo che non sembrava stare bene.
A Noki non piaceva quando le persone si ammalavano, non lo comprendeva benissimo, come quella volta con l’influenza, non sapeva come gestirle. Il Fratellone Re si era forse ammalato?
Avvicinandosi riuscì anche a distinguere le altre due persone che accerchiavano il Fratellone Montagna, non le conosceva, erano un Fratellone ed una Sorellona che non aveva mai visto in tutta la sua vita, ma sembravano entrambi tristi e la Sorellona stava dicendo qualcosa, Noki dovette avvicinarsi ancora di più per poter capire cosa stesse dicendo.
CITAZIONE

“Ti prego...per favore...dimmi cosa accade.
Non lasciare che muoia...”


«Si è… si è fatto la bua?» aveva un tono strano la Sorellona e la Nobile Fu, ogni volta che qualcuno stava male, nel laboratorio, diceva che si era fatto la bua e che a volte si poteva diventare tristi se qualcun altro si faceva la bua – Noki non lo capiva benissimo ma, probabilmente, se Luki si fosse fatta la bua lei si sarebbe dispiaciuta pure!
Comunque bastava trovare un modo per farlo stare meglio, no? E poi, forse, stava cercando il Fratellone Re proprio per questo! Dopotutto Noki era un’Eroina.

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«Ci pensa Noki-chan! Noki-chan è un’eroina sapete? Fratellone Montagna, Noki-chan troverà il modo di risolvere tutto!» magari era solo influenza e sarebbe bastato usare le arance, come l’ultima volta, magari sarebbe servito qualcos’altro, ma Noki non si dava certamente per vinta!
Anche se tutti erano tristi, anche se tutti sembravano spaventati, Noki-chan avrebbe salvato la situazione e poi sarebbero stati felici, tutti tutti, e il gioco sarebbe ricominciato.

Noki-chan non vedeva proprio l’ora di giocare!.



SPOILER (click to view)

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Energia: 69%
Consumi: //
Condizione Fisica: Dolore medio diffuso allo stomaco, ferita bassa alla mano, ferita media al braccio sinistro, mal di testa.
Stato: Umano
[ReC: 225; AeV: 195; PeRf: 400; PeRm: 185; CaeM: 245]
Armi: Minesht - riposta | Aki - riposto | Leviathan - Forma: Berzenev; Luogo: Cappuccio | Piccoli e Fastidiosi Dentini - riposti
Abilità:
Passive:
Presenza Demoniaca; Noki, in quanto demone, incute timore a chi gli sta accanto [Energie pari od inferiori; Non funziona sui demoni];
Resistenza; Noki può avvalersi di un'incredibile resistenza fisica che si presenta come: pelle più coriacea del normale, più difficile da scalfire; ossatura pressochè indistruttibile; un sanguinare ridotto per la maggiore difficoltà di creare emorragie;
Energia!; Noki è una bambina molto energetica tanto che, al contrario di molti, Noki comincerà l'incontro con il 150%
Attive:
///
Note & Riassunto:
1. L'ispirazione se n'è andata e non ritorna più e tutti i miei post senza lei sono cose indicibili senza un perchè ♪ (Laura Pausini!Cit. più o meno) Okay, non ho resistito, scusate XD

 
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Mirkito15
view post Posted on 19/5/2010, 12:02




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Appoggiato alla propria spada. Stremato, ferito, sanguinante e debole. Tuttalpiù lo si sarebbe potuto paragonare a carne da macello, tanta era la sua utilità su quel campo di battaglia. Non per questo però avrebbe ignorato quel richiamo. Una voce forte, seppur strozzata e graffiante.
Era rimbombata nella sua testa più volte, indicandogli, come per incanto, anche il luogo dal quale essa provenisse.
Eppure non sapeva chi domandava soccorso, non era un timbro a lui noto.
Non sembrava essere neppure una voce umana.

Solo un volto veniva collegato a quel momento.
Un uomo al quale solo pochi attimi prima era stata fatta una promessa di fedeltà.
Ancora lui al centro della scena.
Il Re che non perde mai.
LUI!
RAY...
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I passi indecisi riecheggiavano cadenzati, mentre tutt'intorno regnava una pace indissolubile. Non un grido, ne esplosioni che si moltiplicassero. Un silenzio pesante e forse un pelo pure inquietante. John le conosceva bene quelle "pause" e sapeva che non portavano a nulla di buono. Solitamente una battaglia si concludeva sempre con grida festose dei vincitori. Il silenzio, spesso, indicava cattivi presagi.
La quiete prima della tempesta finale.

Tutto infine diviene chiaro. Non è necessario analizzare la situazione. Ciò che si palesa ai sensi è già sufficiente a trarre tutte le conclusioni possibili. È Ray lì in alto, strettamente e strenuamente difeso dallo stesso gigante che era stato, un tempo, la sua punta di diamante. Chevalier stesso è in difficoltà, segno che quei Martell, di cui lo stesso Re aveva parlato poche ore prima, erano stati ben sottovalutati. Spaventato il costrutto tentava di comunicare con loro, sì, loro, poiché ora erano divenuti un gruppetto di fedeli. La bambina, la Rosa e il prode paladino. Quattro dei sei gerarchi erano lì presenti; gli altri potevano essere dovunque, possibilmente anche cadaveri in dimenticati anfratti di quella cittadina.
Sopra di loro invece svettava - opprimente nel suo nero - una gigantesca torre. Il centro di tutto, il luogo nel quale, almeno nei film, si sarebbe risolta l'intera situazione. Ebbene sembrava che anche in quel frangente un regista nascosto muovesse le mosse di tutti loro, piccoli attori inconsapevoli, verso quella nera costruzione. Due portentose opere umane erano l'una accanto all'altra. Chevalier da un lato e dietro l'edificio magistrale. Intanto gli altri tentavano di comunicare con quell'ultimo baluardo a difesa del regnante.
La Rosa voleva aiutarlo, rattristita nello scorgere il ballonzolante corpo di Ray.
Vrastax la affiancava.
Noki, come al solito preda dei suoi istinti gioviali, voleva a tutti i costi vincere anche quello di gioco.
John, immobile, non avrebbe fatto altro che tentare di incrociare lo sguardo del gigante di ferro.
A quel punto non avrebbe parlato, ma chinato il capo in segno di rispetto.
Trovatisi in quella situazione, se le parole di Dalys non fossero servite, forse solo un gesto di sottomissione volontaria avrebbe convinto il golem a fidarsi di loro.



CITAZIONE

John Doe
Energie • 27% (4 Bassi ○ 1 Medi ○ 3 Alti ○ 1 Critico).
Stato Mentale • Variabile (descritto all'interno del post).
Stato Fisico • Danno Basso alla gamba destra (primo attacco con Mira Infallibile); Danni Medi al busto (causati dalle carte nel corso del duello); Danno Medio alle spalle (causato dall'illusione del sacerdote); Danno Mortale al braccio destro (causato dal malus della Ruggine dell'Animo). Totale Danni (eccetto braccio): Alto/Critico.
R&C•250 ○ A&V•225 ○ P&Rf•325(375) ○ P&Rm•225 ○ Ca&M•425(525)/850
Passive in uso •

///

Attive in uso •

///


Note • Speremma!


 
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Andre_03
view post Posted on 19/5/2010, 18:38




Le Cronache del Sangue » [OpErA pRiMa DeL gIuLLaRe] «
Cronaca del sangue » ]ePiLoGo[ «

Anello di ferro nero » ScEnA pRiMa «

Assistette a quella scena con religioso e compassato silenzio.
Pensava, Oberrin Martell. Si domandava come potesse essere possibile che un misero essere umano -diverso da lui- avesse in mano un simile concentrato di potere puro, cristallino. Era, in qualità di studioso, affascinato da quanto aveva appena avuto modo di osservare -vivere- in prima persona. Una manifestazione di quel genere no, non se la sarebbe mai aspettata; il Maestro sorrise, perché l'attacco psichico di cui fu vittima gli portò alla mente diversi ricordi.
In ogni istante dell'illusione, infatti, era stato pienamente consapevole di ciò che stava ammirando: il suo Asgradel. Ciò che al mondo desiderava più d'ogni altra cosa, la sua personalissima utopia, il suo campo dei miracoli. Così diverso, scoprì, da come era stato in passato. Così inconsciamente opposto a quello che aveva veduto quell'altra volta...da non sembrare neppure plausibile. Reale non era di certo: di questo era sicuro oltre ogni dire.
Eppure era davvero ciò cui anelava, anche se non si dilettava ad ammetterlo.
Lasciò dunque che l'inganno si dissolvesse, senza opporvi resistenza alcuna. Attorno a lui la città riapparve lentamente, come un dipinto che si arrampica magicamente su una tela vuota, bianca. Case, palazzi, torri ed edifici
-o quel che di Porto Oscuro rimaneva- presero forma uno dopo l'altro.
Ben presto il suo unico occhio poté focalizzare la totalità dell'area circostante, obiettivo compreso:
Ray -il Re che non perde mai.
Giaceva a terra, a breve distanza dal corpo martoriato di un ragazzino e dal cadavere di quello che pareva essere stato un gargantua. Lì nei pressi, Oberrin vide anche un costrutto metallico non dissimile dai golem che egli stesso sapeva creare con le ossa; indugiò sulla creatura per un istante, affascinato anche da quella come lo era dal Sovrano. Le mancava un braccio e lo scontro con il mastodontico rettile demoniaco doveva averla provata alquanto. Sarebbe stato curioso di studiarla a fondo, il Maestro. Ma dalla sua posizione sopraelevata non poteva certo vedere bene, quindi si decise -finalmente- ad avanzare.
Era in procinto di schioccare le dita per riapparire nelle vicinanze di Sua Maestà, quando accadde l'impensabile.

Il costrutto si era animato.

Dapprima rantolando, quindi strisciando ed infine gridando forte.
Uno spettacolo raccapricciante, che tuttavia il Maestro osservò con rinnovato interesse.

image

« Ma tu guarda. » borbottò tra sé e sé
« Le cose si fanno sempre più interessanti. »

Mai si sarebbe aspettato, però, di dover rincorrere la creatura per le vie desolate e distrutte di Porto Oscuro. In un moto di disperazione infatti, la bestia di metallo orfana di un braccio s'era caricata il Re in grembo ed aveva cominciato a correre. Invocava l'aiuto di qualcuno -chiunque, probabilmente, potesse sentirlo- senza sembrare capace di intendere realmente ciò che accadeva intorno a lei. Quando Oberrin si accorse che il sentiero intrapreso dall'essere volgeva a sud-ovest, il suo sguardo si alzò al cielo per incontrare, ancora una volta, l'imponente Torre Nera.
Balzando di tetto in tetto -o quel che ne restava- si domandò nuovamente quale egoistico desiderio avesse condotto un Sovrano tanto potente laggiù, nel desolato meridione al confine con l'Akerat.
Brama di potere? Frivolo capriccio? Pura e semplice sete di sangue?
Quale che fosse stata la risposta, l'avrebbe presto sentita scivolar fuori dalle labbra del Re in persona.

Il costrutto si era fermato.

Prima ancora che il Maestro potesse apparirgli dinnanzi, lo raggiunsero altre figure. Non le riconobbe. Una donna, piangente, chiedeva alla bestia rassicurazioni sulla salute del Monarca; un uomo -no: qualcosa che vi rassomigliava- sopraggiunse e tacque, seguito da un demonio sotto forma di bambina, la quale strillava gioiosa, come se non fosse in grado di capire ciò ch'era successo. In ultimo ecco un altro uomo abbigliato in maniera inconsueta e privo di un braccio. Si sorreggeva ad una spada sottile, di foggia orientale.
Comprese che si trattava di sudditi fedeli, ciascuno preoccupato a suo modo delle condizioni del proprio Re; in alcuno lesse astio o eccitazione, nonostante fosse sicuro che l'illusione saggiata poc'anzi avesse come chiaro fulcro Ray stesso. Ciò acuì ulteriormente la curiosità del Camerata, poiché quel Sovrano era tanto amato quanto odiato.
E lui fremeva dalla voglia di conoscerlo.

« Egli vive. »
disse, dalla sua posizione per scomparire un attimo dopo,
materializzandosi su un cumulo di macerie a breve distanza dal capannello con uno schiocco.

Era lì, di fronte tutti loro: alto poco meno di due metri, esile eppure enorme nella presenza. Abbigliato di una veste bianca sporcata dall'usura, mostrava i segni di un'inarrestabile calvizie ed una benda sull'occhio sinistro. Nel presentarsi alla combriccola prese a giochicchiare con la catena dagli anelli di molteplici metalli che portava al collo:
quello di rame della geografia, accanto a quello d'oro della filosofia e via dicendo.
Per ultimo tastò l'anello che si trovava proprio sotto al mento rasato di fresco:
l'Anello di Ferro Nero.

« Non c'è ragione per disperare. »
Non ancora.


SPOILER (click to view)
CITAZIONE

» ]QM pOiNt[ «



TuRnAzIoNe « Ray - gli altri (in ordine libero).
TeMpI « Ray ha tutto il tempo che desidera a disposizione. Gli altri avranno tutti 5 giorni a partire dal suo post.
AmBiEnTaZiOnE « Città di Porto Oscuro, porte nordorientali della Torre Nera.
iNdIcAzIoNi « Sapete dove trovare la scheda di Oba, quindi non andrò a cercarla per linkarvela. :v:
L'unica cosa che volevo specificare è che il Maestro si trova tra voi e le mura che circondano il castello e la Torre Nera. A voi la parola. 8D

Per dubbi o domande vi rimando al topic in Bacheca, come al solito.
 
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Charles Étienne Chevalier
view post Posted on 20/5/2010, 11:43




« N - no - on non krrr - grrraah. »
Obnubilato come da una pesante coperta, la voce della donna lo raggiunse ovattata. Pareva quasi che ella stessa stesse scaracchiandogli contro gli orecchi, inturgidendo e inumidendo le proprie parole quel tanto bastante perché gli risultassero inconcepibili: una colata di miele sul suo capo. In quanto tale dolce, ma anche denso e pesante; di difficile cognizione. Un'emozione che si adombrava su di lui con opprimente ossessione. E in breve ve ne si aggiunsero altre: uno scudo di scintillante fiducia, dai bordi smussati, infedeli. Un campanellino - nero come la notte, uno strumento che pareva poter compiere suoni ben più grevi di quanto la sua costituzione suggerisse. In ultimo, un vortice di anime confuse, altalenanti fra le due sponde della fedeltà e dell'indifferenza.
Ognuna di queste sensazioni gli giunse accompagnata dalla figura sfocata di un burattino che si muoveva meccanicamente sotto di lui - fumosi, come se li vedesse al di qua di una lente di un occhiale non suo. Chi si disperava, chi era stoico, chi era allegro e chi confuso. Tutti quanti diavoli sottopelle, chi più chi meno. Eppure - questa era l'unica cosa che era riuscito a stabilire con certezza - nessuno di loro costituiva un pericolo per Ray. La vista gli era completamente inutile, come per l'udito.
Non voleva lasciarglielo. Per quanto fosse certo che quelle figure - quei giocattoli meno sterili di quelli che aveva incontrato sul suo cammino - fossero amici, non li conosceva. Non sapeva chi fossero. Dunque alzò il braccio lungo il petto, racchiudendo il sovrano a sé come una chioccia fa col proprio uovo, e nascondendolo alla vista dei suoi sudditi. Mosse quindi qualche passo indietro, allontanandosi. Non doveva concederglielo. Non poteva concederglielo. Sentì il senso di nausea farsi più forte, spingendogli lungo la gola e dandogli la crescente sensazione che fosse otturata da un grosso batuffolo di cotone. Era spaventato. Nessuna lacrima ebbe il coraggio di scendere dai suoi occhi: le sentiva, ma non le percepiva. Mosse un altro passo indietro. Ancora.
Poi, qualcosa successe.

image

Alzando il capo verso l'alto, vide/sentì/percepì seppe della quinta anima, ma non ebbe neppure il tempo di comprendere se fosse un nemico per suo figlio o meno.

Improvvisamente, fu come se una marchiana ombra nera fosse calata su di lui. Un'oscurità che l'aveva catapultato in una cognizione dove nulla era comprensibile né conoscibile: non senza la luce di suo figlio a rischiararla.
Saettò con lo sguardo in diverse direzioni, comprensibilmente agitato, cercando di richiamare a sé la fonte di quell'ottenebrante impedimento, fino ad incontrarla lì, poco lontano: le sue parole ovattate e indicibili come quelle di chiunque l'altro avesse fatto menzione prima di lui.
Un pericolo? (mosse un passo indietro) Un avvertimento? (si volse, come a cercare una via d'uscita) Cosa doveva fare? (era avvolto in una coperta di tenebra, incapace di sfuggirvi. Egli era già tutt'intorno a lui).
Ray.
rayrayrayrayrayrayray.

Voltosi verso la donna, poggiò velocemente il corpo del sovrano - con un'innaturale delicatezza - ai suoi piedi. Era privo di sensi, ma non in condizioni gravi: a loro sarebbe spettato il compito di risvegliarlo. Senza la sua luce, loro non sarebbero riusciti a compiere nulla.
Dunque, mosse qualche passo verso la marionetta che l'aveva intrappolato in quella incomunicabilmente ossessionante tenebra, e fece da scudo al corpo di coloro che era certo volessero aiutare il Re.
La nausea si fece improvvisamente più forte, e lui si ritrovò piegato in due.
La sentì grattare contro la propria gola, finché non vi fuoriuscì. La percepì ruvida e sgradevole come la ruggine.
La serpe
che partorita da lui, iniziò a volteggiargli intorno, scrutando il burattino di ferro nero con i suoi occhi cechi.


CITAZIONE
Status Chevalier: Mancanza del braccio destro; altre abrasioni e contusioni per un totale di danno Medio (38%)
Status âme: Illeso (100%)
Status fisico: Illeso; temporaneamente privo di sensi (100%)
Status psicologico: Psiche profondamente danneggiata; temporaneamente privo di sensi (75%)
Energia: 118%
Tecniche e Abilità: L'âme: [ImG] Una gargantuesca creatura aberrante, composta solamente da ferro freddo e ingranaggi rugginosi. Questa, una parte di Chevalier. Lunga solamente un paio di metri, il Golem potrà darle vita ad un consumo Immenso rigurgitandola letteralmente lungo il pavimento, soffocandosi nel gesto. Essa prenderà vita in un insieme di lattiginosa bava e ruggine, proprio come un bimbo appena venuto al mondo. L'âme non è nient'altro che una bestia serpentina, sibilante e stridente, composta da un groviglio inconsulto di metallo - quasi non sia altro che le viscere dello stesso Chevalier che l'ha partorito. Sarà in grado di fluttuare a mezz'aria e potrà, a volontà del sovrano, lanciare un cono di ingranaggi taglienti e rugginosi che andranno a colpire come pioggia i propri avversari. L'âme va considerata un'evocazione di potenza Bassa di un livello energetico inferiore a quello di Ray. Se non richiamata, resterà sul campo di battaglia per un totale di due turni, compreso quello d'evocazione.
Note: ///

CITAZIONE
QM Point

Chevalier vi affida Ray e inizia a farvi da scudo evocando l'âme. A voi il compito di svegliare il monarca che non perde mai: è solamente svenuto, quindi potete svegliarlo come preferite - secchiate d'acqua e schiaffi, ad esempio, sono ammessi; ammesso che abbiate il coraggio di farlo X'D Potete reagire come preferite all'avvento di Oba o con Chevalier, inoltre (potete anche parlare col primo, se lo desiderate): siete completamente liberi di ruolare come preferite, quindi sbizzarritevi. Traete le somme su ciò che i vostri personaggi sanno e non sanno, su ciò che provano e non provano e decidete pure, senza farvi scrupoli, come agire.
5 giorni per postare, come per il precedente post.

 
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Vràstax Victoriàn
view post Posted on 24/5/2010, 18:18




~
Doveva esserci una spiegazione,
o almeno qualcosa che spiegasse al Vittoriano cosa stesse accadendo intorno a lui.
Anche un’infarinatura sarebbe bastata, non pretendeva poi molto.
Dei tanti appartenenti al Clan possibile che solo quattro di loro ebbero graziata la vita?
Possibile che dopo la sua venuta solo due membri del clan seppero raggiungere il gruppo dei superstiti, che sembravano ora avessero assecondato la morte affinché ella non li trascinasse nella sua terribile fauce?
Oltre alla donna e al Vittoriano stesso infatti una bambina e un uomo si fecero avanti. E si meravigliò, quasi subito, di come una tenera creatura potesse prendere parte ad una guerra; una guerra d’opportunità non avrebbe di certo giovato nulla ad una piccola figlia della terra.
La stessa cosa non poteva dirsi però del secondo guerriero che era giunto poco dopo: duro, segnato da evidenti pene, con un braccio martoriato e accompagnato da uno sguardo intenso, fuori dal comune. Il Bianco cercò di penetrare i suoi occhi e le sue emozioni in entrambi, ma non riuscì in quell’intento. Tentò invano di scorgere qualcosa di significativo, ma quello sguardo di fiducia non lasciò altro che dubbi, profondi solchi interrogativi su quell’intera faccenda. Non si fece abbattere però, non era da lui. Rimase fermo allora, speranzoso di sentire la voce di qualcuno, speranzoso nel trovare la soluzione a quell’enigma.
Illuso forse da chi fino ad ora lo stava proteggendo.
E poi, d’un tratto:

puf-puf-PUF,
gelidi suoni di qualcuno che avrebbe voluto spezzare la malinconica armonia di quell’istante.
Un momento di tristezza, un attimo di tensione, un secondo di paura.
Virò lo sguardo verso ovest con timore, dal nulla qualcuno era apparso, trattenne il fiato e lo fissò: era un uomo alto quasi quanto il Vittoriano - Vràstax si mise davanti alla piccola bambina, come un padre -, una presenza nociva e all’apparenza timorosa – impugnò l’elsa della spada riposta nel fodero -, un uomo dalla voce fredda e visibilmente frenetica.

« Egli vive. »

Con convinzione e tenacia si mostrò, esibendo a loro il suo viso, la sua famelica espressione.
E scomparve un’altra volta però, questa volta cosi velocemente da non far capire le sue vere intenzioni. Sospirò comunque, non aveva fiducia in quell’essere che, poco dopo, s’era materializzato su di uno strato di rovine, ma sperò, col cuore, di non trovare nulla di sbagliato e falso in quelle poche parole da lui pronunciate. C’era però qualcosa di inquietante in quella presenza, ogni suo movimento, ogni suo sguardo, ogni sua parola sembrava voler trasmettere angoscia e titubanza alla piccola compagnia preoccupata per la sorte del Re. Eppure tra tutti loro, alle ultime parole di quell’ignoto individuo, il golem soltanto agì: forse per istinto, per paura di non prevenire, per dissacrare quell’angosciosa situazione, si fece avanti. E contemporaneamente fece scivolare sull’arida terra il corpo del Re svenuto, consegnandolo quasi distrattamente al Capitano Dalys. Da quel momento in poi lo sguardo del Vittoriano si posò sul Monarca, non fece caso più a nulla. Se fosse stato ancora vivo sarebbe bastato soltanto risvegliarlo da quel’interminabile sonno. Rapidamente allora si fece avanti, scavalcando la presenza della piccola bambina e dell’uomo ridotto a pezzi. Con celerità e ordine, mentre camminava in direzione della Rosa, prese una pietra dalla geometria piatta, grande come il palmo di un mano, grigia come le nuvole che li attorniavano. Estrasse Giudecca, non fece caso ai dolori che premevano violenti sulle sue costole, sul suo volto, sul suo intero corpo. Bisognava fare in fretta, bisognava sistemare le cose.
Appoggiò delicatamente la punta della lama sulla cinerea superficie della scheggia di pietra, quella divenne di ghiaccio all’istante, si trasformò paradossalmente in un elemento che mai nessuno avrebbe potuto trovare in quelle terre del deserto, si tramutò
in speranza.
Senza esitare dunque la porse a lei, alla bellissima donna che gli aveva aperto le porte per quella bizzarra avventura. Ancora non disse nulla, ancora si limitò a rispettare la sintonia che, lentamente, si stava creando intorno a tutti loro.
La guardò con severità, con fermezza,
la guardò sprofondando in quei splenditi occhi di fuoco.





SPOILER (click to view)
CITAZIONE
CITAZIONE
R e C 175 A e V 75 75 P e R f 350 P e R m 400 C a e M 175

Energia residua - 35% (125%)
Consumi utilizzati -
Stato fisico - frecce conficcate nelle gambe (danno Medio), danno Basso causato per l'uso della Pergamena Martirio, danno Basso al volto causato dall'impatto sulla superficie ghiacciata. Molteplici danni di bassissima entità sul corpo: contusioni e tagli, in particolar modo.
Stato psicologico - ampiamente provato.
Passive influenti -
Tecniche attive -
CITAZIONE
E Marcirai nell'Ultimo Girone Infernale: La Giudecca, l'ultimo girone, quello dei traditori degli amici, di coloro che si sono macchiati in assoluto della colpa più grave. Riposano tra le fauci di Lucifero, che li morde e li dilania, avvolti dal ghiaccio che ricopre ogni superficie. Anche la spada, una volta mandato il traditore al proprio loco maledetto, ha acquisito un analogo potere. Con un consumo pari ad Alto, qualsiasi oggetto la spada stessa tocchi, diverrà immediatamente di ghiaccio, risultando quindi molto più friabile e facile da distruggere a uno o più colpi successivi. Ovviamente l'oggetto non dovrà essere di dimensioni superiori a quelle di un cilindro di mezzo metro di diametro per due di altezza, altrimenti la zona trasformata sarà solo quella corrispondente alle dimensioni sopracitate.

Note - Spero di non aver fatto bestialità! E soprattutto di non dover più utilizzare altri consumi! X°D
Azioni -

 
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view post Posted on 25/5/2010, 01:04
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Va', il tuo figlio vive!
Credette l'uomo alla parola e andava.
[Vangelo]



Quando l'uomo in bianco comparve, non seppe subito cosa pensare.
Era troppo assorta nel proprio tentativo di convincere il golem a mollare l'infelice preda per rendersi conto di quanto grande fosse la presenza non solo fisica dell'altra creatura. Ma le sue parole, in qualche modo, la percorsero come una scossa elettrica.
Speranza, ma non solo. Speranza e inquietudine.
E paura.
Come poteva lui sapere ciò che loro ancora non conoscevano? Aveva in qualche modo partecipato a tutta quella vicenda?
Studiò i suoi abiti. Il bianco avrebbe dovuto ispirarle fiducia, eppure qualcosa nel suo tono, nei suoi gesti, nel fatto che lui fosse lì e non a rifugiarsi altrove, le faceva pensare che non ci si poteva arrestare all'apparenza. Socchiuse gli occhi, cercando a un tempo di scacciare l'ansia per la sorte del Sovrano e decifrare quella misteriosa figura.
Ma non ebbe quasi il tempo di giungere a una conclusione.
Fu Chevalier ad anticiparla, inaspettatamente. Con un gesto che non credeva potesse più compiere si diresse verso lo sconosciuto, non prima di aver deposto il proprio fardello. Davanti a lei.
In un secondo tutto l'interesse per l'altro, perfino per il mostro ferruginoso che pareva emanare rauchi singulti, si cancellò senza possibilità di ritorno. I suoi occhi, tutto il suo essere, fu rapito dalla figura distesa a terra, completamente inerme.
Era lui.
Era il suo presente. Era il suo passato.
Era la donna distesa sulle lenzuola di seta, le gambe aperte e il corpo violato dalla spada e da una passione che non si poteva chiamare amore.
Era il fanciullo riverso sul terreno, sorpreso nel sonno e stroncato in un inutile quanto angoscioso tentativo di fuga. Il fanciullo a cui avevano concesso un passo solo per lasciargli la falsa speranza di essere un superstite.
Era il sovrano, arrogante nel proprio potere, che per la prima volta le aveva stretto la mano. Che le aveva instillato un terrore tale da farla tremare, da spegnere in un attimo la fiamma animata dentro di lei.
Era l'uomo che l'aveva spaventata e illusa, le aveva dato la falsa convinzione di essere stata rinchiusa e vittima una, due, mille volte di quella che era stata la sua salvezza e la sua condanna. Che le aveva sollevato il mento con una mano chiedendole cosa provasse, affondando la lama dell'umiliazione sfilandola illeso.
Che l'aveva convinta di poter amare ancora una volta. L'illusione straziante, dolorosa di qualche minuto in una notte senza luna.
Il possessore dell'oggetto per lei più prezioso, o forse soltanto del sogno per lei più caro.
L'unico che avesse potuto stimare.
Era lì, davanti a lei, senza che potesse fare nulla per lui.
Gli poggiò le mani sulle spalle, delicatamente, percependo appena la paura filtrare attraverso la pelle, come l'eco distante di ciò che avrebbe potuto essere. Un gelo strano la invadeva, lacrime le premevano contro gli occhi, mentre si rendeva conto di essere sempre al solito punto. Al punto di non ritorno. Al punto del raccontami una favola e promettimi che non morirò. Che non morirai. Che tutto finirà bene.
Scosse il capo, mentre una mano saliva alla tempia pulsante, cercando di riportare ordine. Chiuse gli occhi.
Ora li avrebbe aperti e tutto si sarebbe rivelato solo un sogno, un brutto sogno. Sapeva di dover rimanere a letto, ma continuava a volersi alzare.
Li riaprì. E tutto era come prima.
Anzi no.
Davanti a lei c'era un'ombra, un'ombra imponente, trionfale, che si chinava a porgerle qualcosa. Distinse appena la figura del Vittoriano, la sua mente nemmeno ricollegò alla corretta identità quel profilo sbiadito in armatura.
Vide però chiaramente cosa le veniva porto. Una pietra, una scheggia ghiacciata. Qualcosa che agli occhi di chiunque altro sarebbe parso solamente un oggetto inutile e di cattivo gusto. Ma non per lei, non per la sua anima ardente di solitudine e di colpa.
Le parole dell'altro uomo risuonarono nella sua mente.
Egli vive.
C'è ancora speranza.
Qualcosa parve risvegliarsi nella punta delle sue dita, una sensibilità nuova, che parve moltiplicare il contatto con la superficie gelida che ora sfiorava. Sorrise dolcemente, timorosa dell'idea che aveva avuto, mentre le sue iridi d'acciaio si fondevano al calore scarlatto delle braci. Un velo di fiamme la avvolse, rendendo la sua figura inginocchiata simile a una torcia solitaria in quella città già sconvolta. Una fiamma di distruzione che voleva diventare fiamma di vita, che aveva la presunzione di ribaltare quanto già scritto.
In nome di una speranza, sempre la solita, assurda, infantile speranza.
Raccontami una favola e dimmi che vivrò.
, ce la farai.
E la mano coperta da un velo fiammeggiante si stende sul ghiaccio, sciogliendolo lentamente. Acqua fresca, che cade in piccole gocce verso il volto dell'uomo, del Re, dell'idea distesa a terra. Attorno a loro si consuma la guerra, attorno a loro una creatura mostruosa è sorta dal corpo dell'antico difensore.
Ma lì, in quell'istante, per lei esistevano solo le cinque dita bollenti e le gocce d'acqua che parevano muoversi con una lentezza esasperante.
Strinse le labbra, in una preghiera che sapeva di non aver alcuni diritto di pronunciare. E sperò, sì, per l'ennesima volta, che la storia finisse diversamente. Di non dover fuggire ancora, di non vedere il triste epilogo di quella vicenda.
Quando le fiamme si fossero spente si sarebbe chinata ancora, a sollevare quel corpo tra le braccia e sperare che la frescura lo risvegliasse. Che bastasse così poco.
Egli vive.
Le ricordava una citazione biblica, panni candidi senza un corpo da contenere, abbandonati in un luogo troppo triste per essere ricordato. Un involucro senza più l'anima. Mentre loro quell'anima dovevano trattenerla, trascinarla al proprio posto. Avrebbe stretto la presa. Pronunciato quel nome temibile a fior di labbra. Sperando che, ovunque si trovasse, potesse ancora sentirla.





Equipaggiamento: Mietitrice Scarlatta (utilizzata); Spinadirosa (portata); Spine insanguinate (indossate); Bloody Maries (indossate)
Consumi: Basso x1 (-5%) Medio x3 (-27%) Alto x1 (-18%) Immenso x1 (-36%)
Energia Residua 64%
Danni riportati: Ferita alla spalla non grave, ferita al fianco di media entità poi curata.
Azioni: Dalys collabora con Vrastax, sciogliendo il ghiaccio da questi creato sul volto di Ray tramite la tecnica. Se Ray lo concede poi solleva il corpo e il busto di questi verso l'altro.

Passive in utilizzo



Intimità ~ Dalys è una giovane donna affascinante. Lo sa, è l'unica arma che le è rimasta. Ciò che l'ha rovinata una volta può ora portarla alla vittoria. Quando la incontrano, quando vedono i suoi occhi grigio verdi ombreggiati dalle lunghe ciglia scure, pochi uomini restano indifferenti. E se hanno la fortuna di vedere il suo corpo muoversi, sinuoso e sensuale, a fatica distoglieranno lo sguardo. Poseranno gli occhi nei suoi, impenetrabili come l'acciaio, avvolgenti come la seta.
E lei vedrà: leggerà le loro immediate emozioni, i loro desideri, tutto ciò che in quel momento si affaccia alla loro mente. Come attraverso un libro apertò leggerà di loro attraverso i meandri bui della coscienza.
Condizione necessaria è il contatto visivo con l'uomo che subirà il suo fascino. [Passiva]

Dominio ~ La sacerdotessa fonda il proprio potere sulla danza, al cospetto dei suoi movimenti l'animo degli uomini si piega, la loro resistenza è miseramente sconfitta. Ma per lei non è sufficiente. anche la Terra, l'antica e insensibile Natura, deve chinarsi alla sua eleganza. Nulla dovrà arrestare l'avanzare gentile della Rosa. Così ella ha affinato nel tempo la squisita tecnica del proprio passo, che le consente di camminare e danzare senza alcun ostacolo, senza alcuna incertezza. I suoi piedi aderiranno a pareti perfettamente verticali e soffitti con noncuranza, trasformandoli nel'ideale palco per il suo sensuale spettacolo. Qualcuno grida al miracolo, altri additano il suo potere come maleficio. E ancora una volta la fanciulla è inafferrabile alle loro mani.


Attive Utilizzate



Passione ~ Si parla spesso degli effetti della passione. I poeti l'hanno paragonata a molte cose, ma una la rappresenta più di tutto: il fuoco. Ardere, bruciare di passione, lasciare che invada il corpo e l'anima come un'unica forza, un unico sentimento.
Dalys, ancella della morte e dell'amore, conosce bene di cosa si tratti. Sa quanto possa essere avvolgente, quanto possa diventare pericolosa. L'ha sentita dentro di sè danzando, nel deserto riarso, danzando negli incubi e nei miraggi, uccidendo il nemico che diceva di amarla. E' così che è nato il potere, che la donna e la maga sono diventate un'unica cosa. Sarà nella lotta, nella danza, letale gioco di sensuale battaglia, sarà sotto gli occhi del nemico che si manifesterà la sua forza. Sacerdotessa dell'eleganza e dell'inganno, evocherà la passione e diverrà fiamma, torcia ardente che saetta lucente e rapida nella notte. Un soffio non vi basterà per spegnerla, un gesto le basterà per farvi suoi.
Praticamente, con una minima concentrazione il corpo di Dalys si coprirà di fiamme che non potranno in alcun modo scottarla e i suoi capelli arderanno come il fuoco, i suoi occhi diventeranno del colore rossastro delle braci. La ragazza potrà controllare le fiamme modificando la loro estensione attorno al proprio corpo e in tal misura il loro calore, in modo da infliggere danni bassi, medi, alti o critici al contatto in base all'energia spesa per evocare le fiamme stesse (l'estensione delle fiamme varia da un livello di pochi centimetri superficiale alla pelle ad uno spessore di due metri attorno al corpo).
Questa tecnica può essere usata solo in attacco.
In conseguenza di questo potere, la temperatura corporea della giovane sarà lievemente più alta del normale. Questo non avrà alcun risvolto pratico se non il fatto che la sua pelle risulterà sempre tiepida al contatto. [Variabile- Usato Basso]


 
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Allea
view post Posted on 25/5/2010, 07:30




Noki si muoveva sempre freneticamente, andando da una parte all’altra senza un attimo di tregua, come se fosse incapace di fermarsi. Noki girava sempre ed inesorabilmente come una trottola che non sa come smettere di muoversi.
Eppure Noki non era brava a comprendere quello che le succedeva intorno, non quando avveniva tutto così velocemente nonostante fosse sempre in movimento il susseguirsi delle azioni una dopo l’altra in maniera così repentina le lasciavano la piccola testolina vuota e confusa e gli occhi spalancati in completa confusione.
Era più o meno quello che stava accadendo in quel minuto: tutti si muovevano e parlavano e Noki non ci stava capendo più nulla – considerando, anche, che non aveva capito poi molto fin da principio.
Il Fratellone Montagna strinse il Fratellone Re più forte, come se avesse paura che uno di loro lo rubasse – e Noki non capiva, perché Noki voleva solo aiutare, Noki era un’eroina! – e poi qualcuno aveva parlato e Noki si era voltata verso il nuovo Fratellone con interesse – e quel Fratellone era sparito e riapparso ed era così incredibilissimissimo! Noki-chan lo trovava così divertente – e stava dicendo una bella cosa, no? Stava dicendo che il Fratellone Re stava bene, che non dovevano preoccuparsi e la coniglietta stava quasi per saltellare dalla gioia quando il Fratellone Montagna parve agitarsi.
Poggiò il Fratellone Re ai piedi della Sorellona Triste e si mise davanti a loro e Noki riusciva quasi a sentire la sua paura e la sua confusione – e non la capiva.
Il Fratellone Scomparitore aveva detto solo belle cose, che il Fratellone Re sarebbe stato bene; quindi perché erano ancora tutti tristi?
Il mal di testa della piccola pulsava dolorosamente sulle sue tempie, come un martello e tutti quei Fratelloni facevano cose che non avevano il minimo senso ai suoi occhi e no no no! Voleva che tutto tornasse bene, voleva che tutto tornasse divertente e non così complicato e difficile.
Berzenev, arrampicato sulla sua testolina, sembrava quasi farle le carezze e Noki si sentì incredibilmente confortata da quel gesto, quasi come se finalmente tutto stesse smettendo di girare così velocemente e la piccola potè pensare - non che fosse un’attività che le riuscisse così bene.
Potè pensare e cercare di mettere in ordine tutte queste immagini confuse che aveva in testa.
Il Fratellone che poco prima, all’arrivo del Fratellone Sparitore, si era posizionato davanti a lei avanzava, ora, verso il Re e posò la sua spada su una pietra e Noki ammirò mentre essa, a poco a poco, diventava ghiaccio.
La bambina sbattè gli occhi, una volta e poi due, la bocca aperta in un moto di stupore e poteva quasi sentire Berzenev che, come lei, rimaneva incredulo di fronte a quella magia. Lei, di magia, non ne capiva proprio nulla! Era Luki quella tutta magica, Noki era quella forte… e quel Fratellone… quel Fratellone aveva fatto del ghiaccio, così dal nulla! Il Fratellone Ghiacciolo
Poi il Fratellone aveva passato la pietra ghiacciolo alla Sorellona Triste e Noki li guardò con stupore, cosa stavano facendo? Che cosa potevano fare con un ghiacciolino? E poi la Sorellona si infiammò come il più bello dei falò e divenne calda come quella stufetta che lei e Luki utilizzavano nei giorni più freddi e Noki la guardò ammirata e un po’ stupita. La Sorellona Stufetta
Noki la guardò mentre piano scioglieva la pietra-ghiacciolo del Fratellone e sì, ora era chiaro! E Noki si ricordò, improvvisamente, del fatto che fossero lì per svegliare il Fratellone Re, che se si fosse svegliato tutti sarebbero stati contenti il Fratellone Montagna sarebbe stato meno spaventato e avrebbe capito, avrebbe visto, che quello che diceva il Fratellone Sparitore era vero e che, dunque, non poteva essere una cattiva persona.
Però c’era un piccolo piccolissimissimissimo problema, una cosa assurdamente minuscola, ed era il fatto che, apparentemente, tutti si stavano dimenticando che era lei l’eroina, che era lei che avrebbe dovuto salvarli tutti! E Noki non poteva accettare di non avere una parte nell’Incredibile Epica Avventura del Salvataggio del Fratellone Re.
Quindi corricchiò verso i due, le guanciotte gonfie per l’indignazione – ma si fermò a metà strada, perché beh, non era esattamente educato quello che stava facendo, il Fratellone Sparitore era andato lì per dare loro una bella notizia e lo stavano ignorando tutti, non era esattamente molto gentile e le Brave Bambine erano sempre gentili!
Fece un piccolo giro sul piede, dunque, in maniera tale da guardare il Fratellone e gli sorrise, alzando una manina e sventolandola, come se stesse salutando «Grazie grazie, Fratellone ♥» e poi riprese la sua piccola corsetta, tutta contenta perché, beh, era stata la più educata tra tutti loro, sì!
Anche se chissà chi era quel Fratellone Sparitore…
Si avvicinò dunque al Fratellone Re, sdraiato a terra e prese Berzenev in mano – le piaceva svegliarsi con Berzenev la mattina, era caldo e morbido e sicuro – e magari al Fratellone Re sarebbe piaciuto svegliarsi con Berzenev, magari si sarebbe svegliato più velocemente! Era un’idea geniale, ne?
La Sorellona Stufetta stava versando le goccioline d’acqua sul Fratellone Re e Noki sorrise, avvicinando il coniglietto all'altro.

«Fratellone si sveeegli! Berzenev-kun le augura buongiorno ♥ E’ sveglio, Fratellone? … E ora?»




SPOILER (click to view)

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Energia: 69%
Consumi: //
Condizione Fisica: Dolore medio diffuso allo stomaco, ferita bassa alla mano, ferita media al braccio sinistro, mal di testa.
Stato: Umano
[ReC: 225; AeV: 195; PeRf: 400; PeRm: 185; CaeM: 245]
Armi: Minesht - riposta | Aki - riposto | Leviathan - Forma: Berzenev; Luogo: Cappuccio | Piccoli e Fastidiosi Dentini - riposti
Abilità:
Passive:
Presenza Demoniaca; Noki, in quanto demone, incute timore a chi gli sta accanto [Energie pari od inferiori; Non funziona sui demoni];
Resistenza; Noki può avvalersi di un'incredibile resistenza fisica che si presenta come: pelle più coriacea del normale, più difficile da scalfire; ossatura pressochè indistruttibile; un sanguinare ridotto per la maggiore difficoltà di creare emorragie;
Energia!; Noki è una bambina molto energetica tanto che, al contrario di molti, Noki comincerà l'incontro con il 150%
Attive:
///
Note & Riassunto:
1. Vorrei ricordare che uccidere qualcuno perchè non ha capito assolutamente nulla di quello che le sta succedendo intorno non è bello. Specialmente qualcuno così coccoloso.
2. In sostanza non faccio nulla di rilevante: ringrazio il Fratellone Sparitore e rompo le palle avvicino Berzenev al Re aspettando che si svegli.

 
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Mirkito15
view post Posted on 25/5/2010, 11:56




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CITAZIONE

FIDÚCIA
Latino. Da fídere, aver fede ~ Credenza e speranza in persona, o anche nel buon successo di checchessia, fondate su segni o argomenti certi o molto probabili.


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Spesso la linea di confine tra coraggio e pazzia è sottile. Accade, in talune situazioni, che non vi è nemmeno presente questo confine, rendendo lo sconclusionato gesto di un pazzo un atto assolutamente eroico e l'audace gesto di un eroe un fenomeno di squilibrata pazzia. Eppure quel giorno le azioni di John avrebbero avuto un senso di ambivalenza. I più - quei suoi compagni di clan e forse l'estraneo stesso - avrebbero ritenuto quell'uomo ferito un folle. Lui - John Doe, egli stesso - avrebbe reagito e combattuto per un uomo al quale aveva votato la propria causa quel giorno stesso.
Non che fosse necessario un attacco, ma si parlava di fiducia. Quel sentimento di sicurezza che il golem aveva riversato in quei quattro sconosciuti. Lo stesso gigante che ora, inspiegabilmente per i gerarchi, si era gettato all'assalto. A quel punto andava fatta una scelta ponderata: seguire le gesta del costrutto, ponendo a sua volta fiducia in lui, oppure abbandonarlo al proprio destino, lasciando che soccombesse sotto i colpi di un estraneo cavaliere oscuro.

Scegli... scegli John... prendi la tua decisione!

Un turbinio indistinto di pensieri. L'incessante battito del cuore. Respiri corti che si alternano a profonde boccate d'aria. I muscoli tremano intanto, segnalando inconsapevolmente l'entrata in scena dell'adrenalina. John sa di non avere molto tempo. È stremato e gravemente ferito. Certo! Ha un ultimo asso nella manica del suo arsenale, l'unico appiglio in quel momento. Un semplice liquido che lo poteva rendere combattivo per almeno un ulteriore assalto.

Hai scelto... hai scelto John... agisci!

Doveva essere veloce. Doveva rispettare la sua decisione prima che l'ombra malefica del dubbio incrinasse le sue certezze. Attaccare, avrebbe attaccato, ora, subito, adesso!

Rapida la mano sinistra va in cerca di una fialetta. È tenuta nel taschino. Essa contiene un liquido limpido, di un giallo paglierino; un aroma di fresco limone giunge immediato alle narici, rinfrescando prima di tutto l'animo del guerriero. John lo sa, avrà al massimo qualche minuto prima di perdere completamente il controllo; giusto il tempo di un singolo attacco elaborato. Ingurgita l'intero contenuto della fiaschetta, lasciandola cadere po terra. Immediatamente il sollievo si fa sentire. Gli effetti corporei determinati dall'acido lattico e dai crampi diffusi scompaiono. Si smaterializzano anche diverse piccole ferite. L'intero corpo di John subisce una guarigione innaturale, seppure il morente arto non ne beneficia affatto. Poi la lama viene estratta nuovamente, per quello che sarebbe stato il secondo (e forse ultimo) scontro di quella giornata per JD. Impugna saldo con la mancina questa volta; il braccio destro corre lungo il fianco, tanto nero quanto morto.
«Mi piacerebbe fosse scritto sulla mia tomba che in vita sono stato un bel bastardo.»
Lo dice ai compagni, ironico. Quello è il suo encomio finale, conscio che nelle sue condizioni potrebbe non farcela.
Infine corre, verso il proprio destino, contro quei tentennamenti che spesso ghermiscono l'animo prima di un gesto avventato. Non un "se", tanto meno un "ma".

Corre incessantemente verso l'obiettivo, mentre la corruzione della spada rincomincia il proprio incessante intercedere verso il nuovo arto da consumare. Mentre agisce i pensieri sono confusi. Il tempo sembra fermarsi un istante.

Vede Autumn: non spacciata del tutto grazie al potere del Re.
Vede i propri compagni dietro di lui: esempi estremi di rispetto e onore.
Vede i volti degli amici e dei nemici: sempre più lontani nei ricordi.
Vede Ray: la speranza di John. Il possessore del potere dei sogni. L'artefice dell'Asgradel!

Intanto il mondo scompare. Nemmeno lo sferragliare di Chevalier può penetrare la mente di John. Niente e nessuno ormai può scalfire la sua sicurezza.
Sferza l'aria leggera con una fendente, sbracciandosi come se dovesse abbracciare l'altro. Invisibile un flutto di energia si dirige verso l'estraneo. John continua a correre nel frattempo. Corre consapevole che quella potrebbe essere l'ultima corsa. La cosa strana è che sul suo volto non c'è traccia di esitazione, non una smorfia né una lacrima di ripensamento. È pienamente sicuro di ciò che sta accadendo.
Così si stampa un sorriso sul volto, perché il vero John si è sempre immaginato morto col sorriso. Divertito dalla vita fino alla fine, ilare anche difronte a se stesso: la Morte.
«Ora vediamo di cosa sei capace stronzetto!»



CITAZIONE

John Doe
Energie • 7% (4 Bassi ○ 1 Medi ○ 4 Alti ○ 1 Critico)+30%= 37%.
Stato Mentale • Variabile (descritto all'interno del post).
Stato Fisico • Danno Basso alla gamba destra (primo attacco con Mira Infallibile); Danni Medi al busto (causati dalle carte nel corso del duello); Danno Medio alle spalle (causato dall'illusione del sacerdote); Danno Mortale al braccio destro (causato dal malus della Ruggine dell'Animo). Totale Danni (eccetto braccio): Alto/Critico. Guarito i seguito un danno Medio al corpo, facendo si che i danni al busto e alle spalle divengano di livello Basso. Totale Danni (eccetto il braccio e dopo aver utilizzato la limonata): Medio/Alto.
R&C•250 ○ A&V•225 ○ P&Rf•325 ○ P&Rm•225 ○ Ca&M•425/850
Passive in uso •

L a V i a D e l G u e r r i e r o ○ Citata in precedenza.
V e r a N a t u r a D e l l a M o r t e ○ Citata in precedenza.
La rabbia dell'uomo ○ Citata in precedenza.
[+ Ruggine del metallo » ] ○ Citata in precedenza.
[+ Ruggine della mente » ] ○ Citata in precedenza.
[+ Ruggine dell'animo » ] ○ Citata in precedenza.
~M a i S a z i D i L i m o n a t a_

SPOILER (click to view)
Prima e interessante peculiarità di questo buffo quanto bizzarro artefatto è il suo essere e rimanere sempre pieno. Una bottiglia, di dimensioni assai ridotte, sempre piena di limonata. Non importa se la si rovescia, o se essa rimane capovolta. Da essa continuerà a scorrere il liquido color del Sole. Forse vi sembrerà una cosa da nulla, ma in questo modo la bottiglia, già di per sé pesante, acquisirà anche il peso del suo contenuto. Complessivamente un paio di chilogrammi, nulla per il signor Doe. Pur bagnando il pavimento e i suoi vestiti, nel caso dovesse rovesciarsi, tale bevanda non sarà utile a nulla che non sia dar fastidio, a meno che non venga bevuta. Non potrà essere raccolta e conservata, ad esempio, perché svanirà molto presto.

~S a l v e , S o n o L a M o r t e_
SPOILER (click to view)
Se John beve la limonata, entro l'inizio del turno successivo sarà costretto ad assumere la forma demoniaca, quella di Morte. In questa forma, eccezionalmente, sarà completamente coperto di sangue. Questo fatto non farà che aumentare la sensazione di terrore che la sua semplice presenza provoca, rendendolo assolutamente più agghiacciante, e capace perfino di paralizzare. In termini pratici, chiunque lo veda o ne percepisca l'aura subirà la sua influenza passiva di terrore come se fosse aumentata di un livello, e quindi pari a Bassa, dalla quale dunque non ci si possa difendere con normali difese psioniche. Essa avrà poi effetto su tutti, anche sugli altri demoni e su personaggi di energia superiore.

~E f f e t t i C o l l a t e r a l i_
SPOILER (click to view)
Al più alla fine del secondo turno in cui John si trova in forma di Morte, essa abbandonerà il suo corpo, rendendolo di nuovo un vero umano. Per il resto del duello o della quest, John non potrà più andare in forma demoniaca, e non potrà più bere la limonata. Se lo facesse tutte le ferite sul suo corpo verrebbero aumentate di un livello, aprendosi e iniziando a sanguinare copiosamente. Non solo. Lo spettro della povera vecchina alla quale Morte ha tagliato la mano inizierebbe a perseguitarlo. Quasi si trattasse di un'illusione (che influenzi i sensi di vista, udito e olfatto) che influenza lui solo, la vecchia inizierebbe a camminargli incontro, completamente coperta di sangue, chiedendogli perché l'ha uccisa, dopo era stata così gentil da dargli la limonata...

Attive in uso •

Ruggito ○

SPOILER (click to view)
Un attacco utilissimo per la sua velocità d'azione e efficacia. Il guerriero, estraendo un'arma e allungandola nella direzione desiderata, o allungando una mano nella stessa, genererà una sorta di onda d'urto potentissima, denominata appunto "Ruggito." Questa procederà in linea retta dal punto del guerriero, come una forza invisibile, scavando nel terreno una conca non indifferente, tanta sarà la potenza. La forza dell'onda d'urto è tale da poter sgretolare una roccia in mille pezzi e continuare ad avanzare.
L'attacco è molto veloce in quanto non richiede di particolari tempi di concentrazione, e estremamente potente. un uomo investito in pieno dall'onda d'urto, infatti, che ha un diametro di due metri, verrà scagliato lontano con gravissime fratture.
Essendo invisibile, è anche difficilmente identificabile, se non per il grosso solco che disegna durante il suo passaggio. [Consumo Alto]

~L a L i m o n a t a È U n R i s t o r o_
SPOILER (click to view)
La cosa più naturale che si conosce, sulla Limonata, è che è un grande ristoro. Bere anche un solo sorso di questa limonata porta a un immediato recupero del 30% delle energie, e alla cura di un totale di ferite complessivamente pari a Medio. Senza contare, poi, che ha davvero un buon sapore, ed è un toccasana, soprattutto nelle giornate calde. [Consumo Nullo]


Note • John attacca Oba. L'attacco in sé dovrebbe essere abbastanza semplice, ma passo comunque a descriverlo in sintesi qui. John beve la limonata, poi corre verso Oba attivando in aria Ruggito.
Ovviamente John attacca appoggiandosi all'idea che Chevalier ne sappia di più sui nemici del Re di quanto ne sappiano i gerarchi. Non so perché ma mi sento di dire: Addio John!


 
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Andre_03
view post Posted on 25/5/2010, 18:55




Dialogo in scala di grigi » ScEnA sEcOnDa «

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Sotto un cielo pallido, la Torre Nera svettava solitaria.
Il tetro castello dei Martell oramai si ergeva come ultimo baluardo di una città in fiamme, distrutta e abbandonata. Pinnacoli di fumo si univano a formare una nube che, grigia, oscurava il sole stesso. Era impossibile stabilire se fosse ancora mattina, pomeriggio o si avvicinasse la sera: guardando in alto riusciva a distinguere solamente una cortina triste, oltre la quale riluceva timidamente un astro bianco e spento.
In quell'atmosfera così cupa, rotta dalle grida delle vittime di un massacro senza senso e -di tanto in tanto- dal confusionario rombo di un edificio che crollava, la cima della Torre era un raro angolo di pace. C'era più silenzio, lassù. E uno spettacolo mozzafiato appena oltre i merli neri di pietra simile ad ossidiana.
Una quiete che però era destinata a durare poco, ancora.
Ben presto il tintinnio di diversi campanellini emerse dalla scalinata che conduceva ai piani bassi, facendosi sempre più forte finché la porta non venne divelta e Shagwell "il Giullare" sbucò fuori, all'aria aperta. Sembrava trafelato e affannato, ma -strano a dirsi- non rideva, né pareva intenzionato a farlo. In mano stringeva forte la sua Puttana, e con lo sguardo fissava dritto davanti a sé.
L'altro uomo, accovacciato sul parapetto opposto, non si volse a guardarlo e continuò a contemplare il panorama desolante.

« Hai fatto tutto questo » allungò una mano con sufficienza in direzione della cittadina « solo per me? »
Lui sorrise, il Rosso no.
« Mi lusinghi. Ma non saresti dovuto venire. »

« Pensavi di potermi sfuggire per sempre? »

Si fece avanti di qualche passo, con calma.
Oramai si erano ritrovati -e non c'era alcuna via di fuga. Shagwell già pregustava la vendetta, mentre l'altro non sembrava preoccuparsi troppo. Era molto sicuro di sé, anzi. Rivolse al Guitto uno sguardo divertito e saltò giù dal suo scranno improvvisato, sollevando una spada pesante e nera, coperta di venature pulsanti, che giaceva adagiata lì accanto. Più che un'arma pareva un grosso pezzo di metallo lungo e spigoloso.
Molto simile, in quanto a stile, al suo portatore.

« Per sempre? Oh no, proprio no. » ridacchiò
« Sapevo che prima o poi mi avresti cercato. »

Aveva addosso la solita armatura a placche nera e grigia.
Gli mancava solo l'elmo col caratteristico corno centrale; per il resto appariva esattamente come il Rosso lo ricordava. Il drappo bianco -così stonato dal resto, in quella sua cromatura- svolazzava accanto all'avambraccio destro dell'uomo.
Non ne ricordava il nome, poiché quella persona non ne aveva mai avuto uno.
Era un assassino, una spia -eppure un combattente dalle grandi capacità.
Quando Shag si era unito ai Bravi Camerati -come soldato semplice- lui era già un Vicecomandante. Serviva sotto Bronn, che allora era da poco stato promosso tra i Sei Comandanti. A quei tempi non avrebbe mai potuto immaginare quale filo spinato avrebbe legato i loro destini.
Sapeva solo il suo soprannome.

"il dorniano"

« Facciamola finita, allora. »
sollevò la scimitarra di fronte a sé, in orizzontale. Ne carezzò le forme sinuose e infine si concesse un sorriso
« Ama, Iblis Naylah » esitò « Puttana Cremisi. »

L'istante successivo anche l'altro aveva alzato la propria arma,
replicando al Giullare con un'espressione insieme divertita e irata.

« Hai già dimenticato? » scosse la testa « Non puoi vincere contro di me. »

Dalla sua spada presero a pulsare più intensamente le venature, allargandosi a tutta la lama fino a ricoprirla di nero.

« Odia, Thais Naylah » si leccò le labbra
« Meretrice Nera. »


Lo presero in parola con meravigliosa ingenuità.
Tutti -fuorché il costrutto- credettero subito e senza esitazioni alle sue frasi -quelle di uno sconosciuto. Fu a dir poco divertito dalle reazioni dei suoi interlocutori, ma prima ancora ebbe di che stupirsi a causa della stessa bestia metallica che proteggeva il Leviatano: essa, posato il corpo privo di sensi del Re, prese a rigurgitare qualcosa, in un rugginoso conato dai rumori agghiaccianti. Con somma sorpresa di Oberrin quindi, diede luce ad un secondo artefatto -figlio del primo, eppure palesemente pericoloso quanto esso.
Un solco acuto si disegnò sul viso del Maestro, a formare il sorriso da accademico che accompagnava ogni sua riflessione in quei rari casi di sgomento. Ignorò per qualche istante il manipolo di Toryu, focalizzandosi totalmente sulla bestia di ferro -che si era fatta, galleggiando minacciosamente nell'aria, sempre più prossima. Nell'allungare una mano per sfiorarla, sentì un brivido lungo la schiena che gli suggeriva di testarne le potenzialità, mettere alla prova quella creatura
(e tutti gli altri presenti).

Ma non lo fece.

«Grazie grazie, Fratellone»

Una vocina richiamò la sua attenzione:
loquace tra i taciturni compagni, il piccolo demonio gli aveva rivolto un saluto infantile.
Forse non era poi così lontana, nella psiche, dal bambinesco aspetto estetico che dimostrava. A lei concesse un sorriso e un'espressione gentili, rispondendole con un cenno del capo da padre più che da mostro. Il Guitto trovò curioso che proprio il più pericoloso tra quelli fosse il meno preoccupato dalla sua presenza.
Poi però, avvenne qualcosa che non aveva previsto.

«Mi piacerebbe fosse scritto sulla mia tomba che in vita sono stato un bel bastardo.»

Volse lo sguardo in direzione dell'uomo stranamente abbigliato.
Non mutò la propria espressione dolce e caritatevole nemmeno quando quello, follemente, gli si gettò addosso con foga inaudita. Ciò che aveva spinto lui, il Primo dei Bravi, a palesarsi dinnanzi alla Corte del Re Folle non riguardava alcuno di quegli insetti. Li avrebbe potuti schiacciare con la stessa semplicità con cui si sorseggia del thé caldo, o si discorre amabilmente coi compagni. Senza nemmeno che potessero capire cosa fosse accaduto. Eppure non l'aveva fatto, e loro erano stati tanto svegli da accorgersi d'essere stati graziati.
Tutti fuorché uno.

«Ora vediamo di cosa sei capace stronzetto!»

Non mostrò loro neppure un decimo del suo immenso potenziale.
L'attacco lo raggiunse rombando, ma là dove si era irto poco prima, già non restava che aria. Un risucchio, nero come quello che ne aveva anticipato la venuta, riecheggiò nella confusione così nitido e chiaro da poter essere udito distintamente da tutti i presenti.
Oberrin era alle spalle dell'esagitato e: sì, ghignava ancora.

« Per gli déi, Ser! » quasi gli venne da ridere
« Non mi sembrate nelle condizioni di dare battaglia, con tutte quelle ferite in corpo. »

E fu allora che, con uno schiocco delle dita, gli insegnò l'educazione.
Così come aveva già fatto con Shagwell, Bronn e altri scapestrati che nel corso degli anni avevano tentato -invano- di sollevare un'arma contro di lui. Gli bastò desiderare che l'uomo finisse in ginocchio grondante sangue e quello semplicemente accadde.
Le piaghe dell'aggressore si riaprirono come per incanto, in un carnevale cremisi di schizzi sanguigni.
Anello di Ferro Nero stette impassibile ad osservare per un istante i risultati della sua opera di distruzione -sempre così magnificamente perfetta- per sorridere ancora alla volta dell'uomo ormai morente.

« Avreste dovuto avere maggior riguardo di voi stesso. »

Girò la testa, accorgendosi di aver dato le spalle al resto dei presenti.
Fece un gesto vago, come per esprimere l'inevitabilità di quella conclusione tanto cruenta. Gli fu difficile trovare le parole adatte per spiegare loro quanto infimo valore avessero per lui; avrebbe voluto chiarire che se erano ancora vivi,
lo dovevano alla sua clemenza.

Tra loro, l'unico su cui non avrebbe mosso un dito era il Re che non perde mai.
Degli altri avrebbe fatto anche a meno.

« Quanto a voi » chinò la testa di lato, incrociando le braccia
« mi auguro che mostriate meno ostilità: non sono vostro nemico. »

Ma potrei diventarlo
-questo il messaggio, chiaro, insito nelle sue parole.


SPOILER (click to view)
CITAZIONE

» ]QM pOiNt[ «



TuRnAzIoNe « Ray - Io - gli altri (in ordine libero).
TeMpI « Ray ha tutto il tempo che desidera a disposizione, come sempre. Aspettate un altro mio post, prima del prossimo giro.
AmBiEnTaZiOnE « Città di Porto Oscuro, porte nordorientali della Torre Nera.
iNdIcAzIoNi « In quanto QM, sono stato autoconclusivo nei confronti di John -ma solo in parte.
Oba evita l'attacco usando (abusando, cazzo! E' un fottuto PnG! 8DD) della pergamena "Passo Nero" e contrattacca con "Rintocco". Per entrambe suggerisco di prendere visione delle versioni presenti dal Saggio, perché le schede dei Guitti sono TUTTE da aggiornare e correggere (XD). I danni, comunque, dovrebbero ammontare almeno ad un Mortale.
Dopodiché, comunque, resta in attesa del risveglio di Ray.

Per dubbi o domande vi rimando al topic in Bacheca, come al solito.
 
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view post Posted on 28/5/2010, 09:56
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Che idiozia.
L'amor, gli odi, lo zelo e gli amori
che si percuotevano innanzi ai suoi occhi balzando di parte in parte
ancora
e ancora
e ancora.
Tutti illusi, sbugiardati da un corpo morto che non era il suo.
Perché lui era lì
e sentiva, e vedeva.
...vero?

Sedeva su un alto scranno, quale l'arbitro di quello scontro di intenti che stava prendendo piede sotto i suoi occhi - un trono capriccioso come la mattinata che l'aveva accompagnato sino a quell'istante, di cavalieri, guerra, guitti ed esplosioni. Sedeva su un alto scranno, e si lamentava di tutta quella pioggia che gli impediva di cogliere con dovuta perspicacia le relazioni che si stavano intessendo sotto di lui; se ne lamentava come fa un pendolare svegliatosi il lunedì mattina e trovatosi innanzi alla medesima situazione: sbuffando e mormorando maledizioni a mezza voce. Sedeva su un alto scranno, e si tappava le orecchie urlando alle campane e ai campanellini - assordanti - di cessare il proprio sdeng sdeng sdeng tin tin tan, che se loro avessero continuato a scoccare lui non avrebbe distinto l'approcciarsi di Shagwell. Sedeva su un alto scranno e scacciava tutti i mosconi e api che gli stavano intorno agitando le braccia quando non erano impegnate - diabolici insetti che (non bastavano pioggia e campane?) gli impedivano di capire perché Dalys si fosse messa a piangere, o perché Vrastax fosse così preoccupato, o perché Chevalier gli trasmettesse quell'ottenebrante velo d'angoscia.
Ma non lo vedevano da soli?
Lui era seduto su un alto scranno
e stava bene.

Sveglia!

D'altro canto non aveva alcuna voglia di andare lì in mezzo: sembravano tutti troppo agitati, confusi, scossi; palesarsi fra loro e concedergli la sua presenza avrebbe implicato numerosi e fastidiosi coinvolgimenti, quali quello di raddrizzare le truppe. Stava molto meglio lì, sul suo alto scranno, da dove vedeva tutto - anche se gli si aprivano ferite lungo il collo, lo pungevano i mosconi, lo raggiungevano grida in qualità perfetta, pioveva, cadeva verso l'alto, le campane lo assordavano e ora gli mancavano pure parti di tempo intere; parti di tempo! Un attimo prima sedeva sullo scranno, quello dopo era circondato dai Martell festanti che - pazzi loro - pareva quasi credessero di trovarsi ad una festa, tanto ballavano, chiacchieravano e cantavano.

Sveglia! Bastardo d'un Re, svegliati!
Non ho alcuna intenzione di addormentarmi, anche se è chiaro che tu
stia già sognando.


Negli effettivi, la voce aveva ragione. Non poteva dire che quello stato di cose potesse andargli particolarmente a genio, ma non voleva certo andare a stare in mezzo a tutti quei piagnistei che circondavano il suo finto (?) corpo morto. Eppure non la poteva (SVEGLIATI, BASTARDO! LA VERITA' E' LA FUORI! NON CERTO QUI DENTRO!) tacere in alcun modo. Non voleva sapere; non voleva uscire dalla sua stanza, nella quale sedeva su un alto scranno, osservando la pioggia che batteva lungo le finestre.
Una nuova mattinata di pioggia.
Una giornata perfetta.
Troppo stanco per potersi concedere di sognare
in effetti era già tutto fin troppo reale.

image

Poi lo vide, mentre alzava la sua tazza di thé (aspetta; quale thé? quali pezzi di tempo? quale pioggia? quali mosconi? quali campane? quali ferite? quali grida? quale scranno?); John Doe che moriva.
Moriva per davvero.
E mentre gli si dilatavano le pupille per l'orrore, tutto parve sparire, tranne la pioggia. Pioggia che iniziò a battere insistentemente sul suo capo. Goccia dopo goccia. Fastidiosamente.
Mosse una mano per ripararsene, questa volta per davvero, e aprendo gli occhi la prima cosa che vide fu un grande e morbido coniglio di pezza di colore rosa.
Assaporò la sterile aria della realtà ispirando profondamente, la sua mente ora libera dagli agrodolci sogni di quel limbo sospeso in cui era stato imprigionato fino a quell'istante. Sbattè le palpebre una, due, tre volte, prima di intimare a Dalys di spostarsi; innanzi a lui pareva tutto talmente vero e reale da metterlo di malumore.

« Non vi ho dato ordine di svegliarmi, mi pare. »
tossicchiò facendosi forza sulle braccia per alzarsi
« ...stavo bene lì dov'ero. »
Concesse uno sguardo di severo rimprovero ad ognuno di loro: Dalys, Vrastax, Noki, persino Chevalier. Poi la sua smorfia si stinse in uno sfumato sorriso
di ringraziamento.

In piedi, lasciando i suoi sottoposti alle proprie spalle, si riassettò gli abiti e si tastò il torso, a palmo aperto.
Sveglio.
Aveva solamente sognato.
Ma allungando lo sguardo constatò con amara bile che John, lui
lui era morto per davvero.
E il suo assassino pretendeva di non essere nemico del Re: Oberrin - benché ci mise più di qualche istante a riconoscerlo; non avendolo mai incontrato aveva dovuto ricollegare alla sua figura le sole descrizioni sommarie in suo possesso. Un nemico ben più pericoloso della Gargantua che aveva eliminato poco prima.

« Ti smentisci da solo, guitto. »
Asserì il Re muovendo un passo nella direzione del nero, indicando con un cenno al corpo esanime di John Doe.
Per la seconda volta nel corso di quella guerra, Belfagor stridette lungo la vagina che la tratteneva, prima di venire espettorata in direzione del negromante, sotto lo sguardo sconcertato di Chevalier. Quanti erano morti mentre era privo di sensi? Quanti ancora?
« Non ho perdonato la prima bestia che ha osato levare un dito nei confronti dei miei sottoposti »
Stordito. Ancora non riusciva a pensare, men che meno a prendere decisioni. Avrebbe volentieri rimandato il duello e la vendetta al momento in cui si sarebbe ripreso del tutto: lo disse col cipiglio, meno che col verbo.
« ma se tu ora mi consegnerai Shagwell, potrei indugiare sul pensiero di lasciarti andare incolume. »
Alla fine, Shagwell
era tutto ciò a cui riusciva a pensare.
 
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Andre_03
view post Posted on 28/5/2010, 11:34




Al cospetto del Re » ScEnA tErZa «

Folle.
Semplicemente perfetto sarebbe stato descrivere il Re che non perde mai con quell'appellativo. Era folle, da parte sua, riprendere e ringraziare insieme i sottoposti accorsi al suo capezzale; era folle, da parte sua, sguainare una spada e puntarla contro il Maestro chiamandolo apertamente guitto; era folle, da parte sua, pretendere la restituzione
di qualcosa che non avrebbe mai potuto realmente possedere.

« Shagwell. »

Mormorò a mezza voce, come se quella parola potesse riassumere in così poche lettere l'intera, complessa vicenda che tutti loro erano costretti a vivere. Shagwell. Il fautore del massacro di Porto Oscuro, l'improbabile artefice di una guerra sanguinosa tra Martell e Renothep prima -e tra Martell e Toryu poi. Shagwell.
Era per lui che Oberrin si era scomodato, in fondo, al pari di Ray.
Uno di fronte all'altro per le misteriose trame ardite da un giullare.
Non esitò, l'Anello di Ferro Nero. Non si fece ingannare dai toni, dalla situazione, dai propri sentimenti di repulsione per quella lama che -sfoderata- lo minacciava impunemente: era al cospetto di un Re.
Si prodigò quindi in un inchino perfetto: né troppo servile, né troppo poco.

« Voi mi onorate, Maestà. Invero, non sono degno della vostra clemenza. » fece, risollevando il capo
« Permettetemi tuttavia di contestare al qui presente messere un'aggressività non necessaria;
come dicevo, non sono vostro nemico.
»

Fece un gesto vago al cadavere che giaceva alle sue spalle.

« Benché i fatti possano facilmente ingannare. »

Nella speranza che il Re intendesse quanto poco importassero in quel frangente le vite degli altri presenti, Oberrin gli rivolse un sorriso paterno, ma non di accondiscendenza -ed anzi colmo del rispetto che ad un sovrano è dovuto.

« Vi prego comunque di non usare quel termine. È inesatto. »
Guitti Sanguinari era solo un soprannome del volgo « Bravi Camerati: è questo il nostro nome. »

Esitò con lo sguardo del singolo occhio sulla punta dell'arma.
Una spada di pregevole fattura, senza ombra di dubbio; degna di un Lord, così come il portamento di quel giovane monarca. Regale e autoritario nonostante conoscesse di fama colui cui si stava rivolgendo. Il rispetto che Anello di Ferro Nero gli riconosceva per diritto, stava rapidamente mutando in qualcosa di più personale e "guadagnato". Aveva così tanto atteso di potergli parlare, che quasi si era scordato dei veri motivi che l'avevano condotto al suo cospetto.

« Shagwell. » ripeté sognante, stavolta in modo che tutti potessero sentire
« È per lui che sono -siamo- qui. »

I suoi sospetti erano fondati, dunque: Ray aveva mosso guerra ai Martell solo ed esclusivamente per riprendersi il suo Giullare. Dovette reprimere sul nascere una risata, limitandosi ad accentuare il proprio sorriso.

Poi, improvvisamente, si esibì in un inchino più profondo e sentito del precedente.

« Vi ringrazio, Sire, per esservi preso cura di quel mio fratello. »

Quando si rialzò era visibilmente felice.
Ci teneva a ringraziare chiunque avesse permesso a Shagwell di arrivare fin lì, in un modo o nell'altro. E mai l'avrebbe fatto di fronte al resto dei suoi Camerati, poiché lo avrebbero interpretato come un segno di debolezza -e lui non poteva, né voleva concederglielo. In realtà aveva sempre guardato con preoccupazione al Rosso e alla sua proverbiale follia. Era fermamente sicuro che, senza una qualche guida, quel ragazzo sarebbe finito per ammazzarsi o farsi ammazzare. Un vero peccato, dopo tutta la fatica che Oberrin stesso aveva fatto per lui. Uno spreco, quasi.

« Temo però di non potervi accontentare. Non ancora. »

Scosse la testa come se davvero gli dolesse negare al Re ciò che voleva.
Alle sue spalle la Torre Nera vibrò impercettibilmente e lui seppe, per istinto, che la battaglia sulla sua sommità era iniziata. Volse per un attimo lo sguardo e vide -con un pizzico di apprensione- una cupola rossa prendere forma all'apice del pinnacolo, subito intersecata da un reticolo nero inquietante. Crepitando e schioccando nel silenzio della città morente, le due Puttane avevano oramai cominciato a scontrarsi.
Indicò quello spettacolo con una mano e assunse un'espressione grave.

image

« Egli è impegnato a risolvere una faccenda personale. » disse
« Fintanto che la sua guerra non si sarà conclusa, voi non potrete vederlo. »

Come a dire: tentare di proseguire oltre sarebbe pericoloso.
Ma non aveva bisogno di minacciare un Re così interessante, né mai l'avrebbe fatto.


SPOILER (click to view)
CITAZIONE

» ]QM pOiNt[ «



TuRnAzIoNe « Tutti (in ordine sparso) - Ray.
TeMpI « Cinque giorni.
AmBiEnTaZiOnE « Città di Porto Oscuro, porte nordorientali della Torre Nera.
iNdIcAzIoNi « Non vi si chiede niente di più che un semplice post di ruolo, quindi...ruolate. XD

Per dubbi o domande vi rimando al topic in Bacheca, come al solito.
 
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view post Posted on 30/5/2010, 11:57
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Quando lo vide risvegliarsi, quando lo vide aprire gli occhi.
Quando la prima cosa che fece fu scostarla e rimproverare tutti loro per i gesti sconsiderati che avevano compiuto.
Quando sentì nuovamente il terrore di stargli accanto strangolarla come una tagliola.
I suoi occhi si levarono a quel cielo che mai l’avrebbe perdonata, per ringraziare di quel miracolo. Egli era presente, nonostante sembrasse molto provato, era lì a combattere al loro fianco. Per un attimo il tempo parve dilatarsi attorno a lei, seguendo i gesti lenti del Sovrano, catalizzando i suoi occhi quasi dovessero sostenere quel corpo ancora così fragile.
Ma non appena udì le prime parole di lui, la sua mente parve fare un balzo. Un passo verso il baratro, sprofondando in un abisso gelido, rapido da percorrere come se avesse avuto pareti cosparse d’olio. Quelle parole significavano che, mentre lei tentava di rianimare il Re Invincibile, qualcosa era successo attorno a loro, qualcosa a cui non aveva prestato attenzione.
E non le ci volle molto per individuare il corpo esanime poco distante. E poi per riconoscere in quel corpo John Doe, l’uomo che aveva accolto quasi per gioco – quanto? Pareva un secolo – tempo prima. Quando ancora non c’erano guerre a sconvolgere le loro vite, o almeno quella di lui. Quando su un duello si poteva scommettere una cena, e con una cena si poteva sottintendere ben più di un significato.
Una parte di lei reagì automaticamente. Ricordò i sussurri all’orecchio, la mano di lui scivolare dietro la schiena e strapparle una promessa, un patto che ora non avrebbe più potuto mantenere e che le aleggiava sopra la testa come una foglia appassita in autunno.
Aveva fatto di tutto, questa volta, per non perdere nemmeno una vita. E finiva per lasciar cadere a quel modo un compagno, per concedersi una distrazione tanto madornale. Lei, che già una volta aveva fallito.
Mentre i due titani si fronteggiavano, lei scivolò rapida a fianco del combattente.
Forse, forse si sarebbe potuto tentare ancora qualcosa.
Ma la speranza morì quando la mano fredda della morte le ghermì la lingua, rendendogliela impastata. Quelle ferite, tutto quel sangue, la posizione delle braccia e delle gambe. Tutto rivelava che non ci sarebbe stato ritorno per il guerriero sprezzante del pericolo, per l’istigatore di quella mattina di primavera.
Lo sfiorò delicatamente, quasi potesse da un momento all’altro risvegliarsi e rimproverarla come aveva fatto il Sovrano. Ma no, non doveva illudersi. Quello ormai era un burattino senza fili.
Cadde in ginocchio di nuovo, ma non c’erano più parole, suppliche, preghiere tra le sue labbra. Solo il silenzio, un silenzio immenso, incontenibile perfino per i suoi occhi spalancati e ormai anestetizzati a un dolore che le esplodeva da qualche parte nell’addome.



« ma se tu ora mi consegnerai Shagwell, potrei indugiare sul pensiero di lasciarti andare incolume. »



Porse l’orecchio e per un attimo le sue labbra furono deformate dal disgusto.
Dunque era per quello che si trovavano lì.
Che avevano combattuto, sudato, gridato, sanguinato.
Era per recuperare un uomo, un guerriero come tutti loro.
Per un attimo considerò l’idea di accusarli entrambi per la leggerezza con cui trattavano quella morte.
Poi si rese conto del peso di quelle parole. Del valore di quella vita, del rischio di quella sfida. Pensò alla forza nascosta sotto le palpebre della creatura che aveva potuto uccidere a quel modo un uomo.
Tremò in silenzio, mentre le dita della sua mano destra si aggrappavano silenziose alla camicia di una creatura morta, cercando un conforto che mai avrebbe potuto trovare.
Non doveva più pensare a lui. Non doveva commettere l’errore di lasciare ancora una volta alla Livellatrice la possibilità di impossessarsi delle anime dei propri compagni. Pietosamente lasciò scorrere la mano tiepida sul volto del guerriero, chiudendogli le palpebre su quella piana desolata, lasciandolo ai propri sogni.
E mentre le parole di quel dialogo folle, terribile, le riempivano le orecchie, cercò con gli occhi la bambina di poco prima. Cercò il coniglietto rosa, gli occhi innocenti, si domandò come fosse sopravvissuta. E tendendo il braccio la invitò ad andare verso di lei, a non allontanarsi, a non lasciare che l’oscurità se la mangiasse come l’uomo nero delle fiabe.
Le sue dita, notò, tremavano, quasi brividi di freddo potessero ancora scuoterla. Forse. Ma non dall’esterno.



image

« Fintanto che la sua guerra non si sarà conclusa, voi non potrete vederlo. »



E la nostra?
La nostra guerra quando finirà?
Questo si chiedeva, le ginocchia nel sangue, una mano sul viso del morto e l’altra verso la vita per eccellenza, verso quella bambina di cui non conosceva il nome.
Dilaniata da una non vita che le appariva sempre più preziosa.
Di fronte a due titani che si fronteggiavano ironici e silenti, a un mostro d’acciaio in grado di tossire la morte.
Per ritrovare un uomo che era dei loro, e di cui per un attimo aveva dubitato, che per un attimo aveva pensato di additare come causa di tutte le loro disgrazie.
Si domandò se potesse essere simbolo di un amore, se il Re avesse trovato l’unica facoltà che a lei non sarebbe mai più stata concessa: quella di amare di nuovo.
Un’altra domanda terribile, senza risposta. O forse con una risposta in grado di annientarla più di mille ferite.
La nostra guerra quando finirà?
Sul suo viso si disegnò un sorriso malinconico.
Non finirà mai, non è vero? Mai.






Equipaggiamento: Mietitrice Scarlatta (utilizzata); Spinadirosa (portata); Spine insanguinate (indossate); Bloody Maries (indossate)
Consumi: Basso x1 (-5%) Medio x3 (-27%) Alto x1 (-18%) Immenso x1 (-36%)
Energia Residua 64%
Danni riportati: Ferita alla spalla non grave, ferita al fianco di media entità poi curata.
Azioni: Dalys si affianca a JD morto e mentre ascolta il dialogo tenta di chiamare Noki accanto a sè con l'intento di proteggerla, senza immaginare che sia ben più pericolosa di lei xD.

Passive in utilizzo



Intimità ~ Dalys è una giovane donna affascinante. Lo sa, è l'unica arma che le è rimasta. Ciò che l'ha rovinata una volta può ora portarla alla vittoria. Quando la incontrano, quando vedono i suoi occhi grigio verdi ombreggiati dalle lunghe ciglia scure, pochi uomini restano indifferenti. E se hanno la fortuna di vedere il suo corpo muoversi, sinuoso e sensuale, a fatica distoglieranno lo sguardo. Poseranno gli occhi nei suoi, impenetrabili come l'acciaio, avvolgenti come la seta.
E lei vedrà: leggerà le loro immediate emozioni, i loro desideri, tutto ciò che in quel momento si affaccia alla loro mente. Come attraverso un libro apertò leggerà di loro attraverso i meandri bui della coscienza.
Condizione necessaria è il contatto visivo con l'uomo che subirà il suo fascino. [Passiva]

Dominio ~ La sacerdotessa fonda il proprio potere sulla danza, al cospetto dei suoi movimenti l'animo degli uomini si piega, la loro resistenza è miseramente sconfitta. Ma per lei non è sufficiente. anche la Terra, l'antica e insensibile Natura, deve chinarsi alla sua eleganza. Nulla dovrà arrestare l'avanzare gentile della Rosa. Così ella ha affinato nel tempo la squisita tecnica del proprio passo, che le consente di camminare e danzare senza alcun ostacolo, senza alcuna incertezza. I suoi piedi aderiranno a pareti perfettamente verticali e soffitti con noncuranza, trasformandoli nel'ideale palco per il suo sensuale spettacolo. Qualcuno grida al miracolo, altri additano il suo potere come maleficio. E ancora una volta la fanciulla è inafferrabile alle loro mani.


Attive Utilizzate



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30 replies since 14/5/2010, 22:04   1575 views
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