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| Quando si riceve un ospite importante, ci sono alcune fondamentali accortezze da osservare. Prima fra tutte, fare in modo che l'illustrissimo sia servito e riverito, proprio come un Re. In secondo luogo, che stia comodo e a proprio agio al punto da sentirsi a casa propria. In ultimo - e questo è forse il punto di più grande importanza - bisogna sfoggiare i propri possedimenti quali non esistessero altre abitazioni al mondo: bisogna svilire implicitamente l'altro, fargli credere di essere inadeguato, sottometterlo col lusso e schiacciarlo nella sua impotenza, fintanto che si trova in territorio nemico; è una pratica psicologica di non indifferente efficacia: provate a invitare il vostro vicino e mostrargli un oggetto unico al mondo - o particolarmente ricercato - e otterrete immediatamente il suo rispetto. Fu principalmente quella la ragione per la quale il Sovrano, prima di occupare un elegante salotto ottocentesco e farlo accomodare su un pomposo scranno di velluto rosso, aveva trascinato il proprio ospite (estraneo; forestiero; visitatore) per tutti i corridoi del maniero. In quell'istante, poi, si trovavano in una delle camere più alte, dalla quale - oltre la vetrata - si poteva scorgere l'intera struttura del borgo, poco più in là delle mura. E ancora oltre, le terre del regno. Il suo regno. Poggiò la propria tazza di thé sul tavolino di cristallo che lo divideva dal proprio interlocutore, prima di rivolgerglisi.
« Spero che questa convocazione improvvisa non abbia scombussolato troppo i tuoi ritmi » asserì con modesta gentilezza, recuperando l'incipit dal suo repertorio di captatio benevolentiae. « ...Ma come ho saputo del tuo arrivo, non potevo certo rischiare che i nostri comuni nemici ci impedissero di incontrarci prima del tempo. » Perché nasconderlo? Perché non instaurare fin da subito una nota di cameratismo spiccio? Tutti coloro che avevano viaggiato sul piano dimensionale di Endlos l'avrebbero riconosciuto. E molti gli sarebbero stati nemici, in fondo. Aveva decisamente bisogno di protezione.
« Sorya... Goryo... » versò un poco di thé nella tazza dell'altro, facendo in modo di canalizzare l'attenzione di lui nella naturalezza con la quale si stava pronunciando. « ...Benché non siano che un branco di cani sciolti, è rinomato che anche un segugio senza regole è in grado di azzannare. » gli arrise rapidamente, altalenando lo sguardo tra lui e la porcellana « e forse di rendersi persino più pericoloso di una bestia addestrata. »
Si allontanò e tornò a sedersi sul proprio scranno, volgendo uno sguardo alla vetrata e al borgo oltre d'essa, nella realizzazione del proprio divagare. Riprese, quindi, alzando la propria tazza e facendola dondolare in modo che il thé al suo interno vi danzasse con lenta condiscendenza.
« Io posso proteggerti. » schioccò le labbra con determinazione: aveva alzato la voce il tanto bastante perché quella affermazione risultasse ben più prepotente del resto del discorso. « Ma in cambio, ti chiedo solamente di permettermi di controllare il tuo compagno per un breve periodo di tempo. » sorrise, nuovamente, tagliandosi il viso con un lungo squarcio nero. « Lo riavrai quando avrà terminato il compito che ho intenzione di assegnargli. »
Tese un palmo verso quello del proprio interlocutore, aspettandosi che l'altro lo stringesse. Perché non avrebbe dovuto, in fondo?
« Mi sembra uno scambio equo, no? »
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