Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Inferno, L'abiezione

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view post Posted on 7/6/2010, 17:54
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« L'abiezione è terminata! »

Questo il titolone che annunciava la missiva che sarebbe giunta ai partecipanti e che, a differenza del consueto, sarebbe stata una busta ben più sontuosa e di valore di quella che si sarebbero aspettati - carta nera, scritte oro e arabeschi rossi lungo tutta la filigrana, a disegnare motivi inconcepibili. Il contenuto, a chiare lettere, diceva:

L'abiezione è finalmente terminata! Tu sei tra i tre vincitori che hanno conseguito risultati ritenuti dal Re assolutamente soddisfacenti.
La biglia teletrasportatrice allegata ti porterà al luogo della premiazione.


Naturalmente, la missiva che avrebbe ricevuto l'ospite Goryo appena arrivato sarebbe stata largamente differente da quella dei due Toryu - quantomeno nel contenuto.

Rompi la biglia
e avrai l'occasione che aspettavi per cambiare vita; ottenere il potere.



CITAZIONE
Il vostro personaggio riceve la solita lettera con la solita biglia - a voi decidere le modalità. Terminate il vostro post nel momento in cui spezzate la biglia - risucchiati da un vortice nero.
Turni liberi; cinque giorni di tempo.



Edited by Ray~ - 7/6/2010, 19:18
 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 10/6/2010, 21:22




Is this the real Life?
Doesn't really matter to me...





Riceveva fin troppe lettere, negli ultimi tempi. Lettere in cui gli dicevano che doveva combattere: se per uccidere un orco o per combattere all’Abiezione, per quanto gli riguardava non cambiava nulla.
Rimaneva, infatti, il fatto che non era più sicuro di chi fosse il reale mittente di quelle lettere: una sembrava essere stata scritta da sua sorella, e come poteva essere stata scritta da sua sorella? Lei era morta. Se non fosse stata morta, lui non si sarebbe ritrovato in quella situazione.
Una lettera sembrava essere stata scritta da suo fratello e non era possibile perché, davvero, lui che gli scriveva? No, era impossibile. Non c’era un solo motivo per cui suo fratello avrebbe voluto scrivere proprio a lui.

Quella lettera sembrava essere stata inviata dal Re.
Non aveva modo di capire se fosse stato il Re in persona ad inviarla oppure se fosse stato uno dei suoi sottoposti a scriverla. Non poteva sapere se anche solo una delle parole che danzavano di fronte ai suoi occhi fosse reale oppure se non fosse solo l’ennesimo crudele scherzo di qualcuno che non ricordava di aver mai incontrato.
Sapeva che la lettera diceva che aveva vinto. Sapeva che la lettera diceva che l’Abiezione era finita e che il Re era rimasto colpito da lui.
Sapeva che una piccola e stanca vocina non faceva che strillare che quella era una bugia, una menzogna, che doveva bruciare quella lettera e la stanza e poi tutto il resto.
Non sapeva se quella vocina appartenesse al suo cervello o se fosse solo il risultato della febbre che da qualche giorno divorava le sue ossa, ma il punto rimaneva: e se fosse stata solo una bugia, un altro tentativo di fargli uccidere qualcuno che non conosceva?

Poteva essere: ed intanto il foglio di carta sembrava perdere consistenza e le parole divenivano sfocate ed incomprensibili e più si sforzava di leggere più i suoi occhi sembravano annebbiarsi e la sua mente era un orribile vespaio di voci che strillavano e sussurravano e forse avrebbero dovuto bruciare tutti, era la cosa più sensata da fare.
Era probabile: ed intanto Venner ringhiava nel tentativo di farlo spaventare abbastanza da tornare a concentrarsi su qualcosa, qualsiasi cosa, ma non poteva farlo perché doveva leggere la lettera e non ci riusciva e che cosa diceva, comunque?
Era ridicolo: non poteva essere una bugia, l’Abiezione era un torneo, aveva combattuto e meritava di vincere- ed intanto le parole gli scivolavano di fronte agli occhi e non riusciva ad aggrapparsi a nulla, stava cadendo e tutto ciò che poteva vedere attorno a sé erano le ombre, le sue care piccole ombre, e dei volti e di chi erano quelle voci nella sua mente? Perché imitavano la sua voce? Chi erano? Chi erano?
Non importava: e Venner ringhiava ed era così stanco e non importava, era tutto ridicolo, era solo la folle paranoia di un debole idiota febbricitante che non riusciva a capire che ciò che importava era il potere.

Potere. Ecco qual’era l’ultima parola che era stata scritta in quella lettera.
Potere, e tutto il resto perdeva importanza: potesse finire all’inferno, potesse la sua mente essere dilaniata dalla follia e la carne strappata dal suo corpo, tutto ciò che importava era sentire il continuo, costante flusso del mana scorrere nelle sue vene, sostituire il suo sangue, irrorare il suo cervello. Perché con il potere la realtà non diveniva che della morbida creta da modellare e il vero e il falso nient’altro che graziosi orpelli con cui agghindare le proprie azioni.
Potere. E se per ottenerlo avesse dovuto credere ad una menzogna, allora l’avrebbe fatto.

Ruppe la biglia, scagliandola contro uno di quei muri che si allargavano e restringevano a seconda del suo respiro, e quando il nero lo inghiottì quasi gli parve che i suoi occhi fossero stati risucchiati fuori dalle orbite e no, non importava, perché le vocine avevano smesso di gridare e al loro posto sarebbe arrivato il potere.



SPOILER (click to view)
[ReC : 260] [AeV : 220] [PeRF : 120] [PeRM : 365] [CaeM : 210]

[C:37%][A:17%][M:7%][B:2%]


Mana: 150%
Armi: Pistola - Riposta Pugnale - Riposto
Danni subiti: ///
Tecniche utilizzate: ///
Abilità attive:

-Aww, guarda, gli piaccio!
A b i l i t à P a s s i v a | P a s s i v a R a z z i a l e
Nonostante essere un elfo non sia esattamente questa grande cosa – l'avere dei forti poteri non fa dimenticare una costituzione terribilmente debole, checché ne dicano tutti – si può contare su un potere speciale: quello di poter comandare gli animali. Di solito.
Tipo Venner, il suo caro lupo. Liam è forse l'unico che non viene orribilmente divorato ogni qualvolta tenta di dargli una carezza, ed è l'unico per cui il caro animale lotterebbe con così tanta foga.

-Certo, hm, tu corri, io... arrivo subito.
A b i l i t à P a s s i v a
Liam è un negromante. Un buon negromante, a dire il vero.
Ma per qualsiasi mago, anche per un negromante, a volte non bastano due incantesimi: a volte, un mago, anzi, un negromante, ha bisogno di lanciare tre incantesimi.
Rinunciando a qualsiasi movimento, Liam può disporre di uno slot in più a turno, potendo quindi vantare una somma di tre tecniche per post.

-Non so te, ma credo di poter continuare all'infinito
A b i l i t à P a s s i v a | P e r g a m e n a R i s p a r m i o E n e r g e t i c o
Questa tecnica conta come un'abilità passiva. Una tecnica utilissima per tutti i maghi e stregoni che fanno uso di magie complesse e dispendiose. Grazie a questa pergamena, infatti, i costi di tutte le tecniche e abilità attive saranno ridotti del 3%, e se una tecnica andasse, in questo modo, sotto lo 0% o allo 0% stesso, verrebbe riportata all'1%.
La tecnica non ha consumi energetici, ed è sempre attiva.
Una tecnica estremamente utile per qualsiasi combattente magico.

Azioni: ///

Note: E che il cielo me la mandi buona e mi dia un minimo di ispirazione per fare qualcosa di decente per i prossimi post

Edit: oh, fra parentesi, non è per metagame che Liam crede che potrebbe essere tutta una bugia. Negli ultimi due combattimenti contro mostri gli ho fatto ricevere delle lettere misteriose: con questo in mente, se mi arrivasse una terza lettera in cui mi viene detto che ho vinto, anche io avrei i miei dubbi. E devo smetterla di utilizzare il size 1: tre giorni di lavoro e il mio testo sembra non arrivare nemmeno ai dieci centimetri, per l'amor del cielo :glare:


Edited by :.Sehnsucht.: - 11/6/2010, 14:37
 
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«S t r a y»
view post Posted on 11/6/2010, 21:51




E’ un po’ come quelle offerte per lanciare il tuo cervello nello spazio siderale, per partire con tutto in una galassia fumosa e dolciastra lontana da ogni problema e preoccupazione. Quelle che ti sussurrano i mercanti di spezie all’angolo della strada, come se volessero offrire i biglietti per questo meraviglioso viaggio solo a te - fortunatissimo prescelto. Esattamente come quelle.

La tua coscienza dice “No, non lo fare, è una fregatura!” ma la tua pancia dice “sì, sì, cosa aspetti? E’ un’occasione unica!” e magari si mette anche a brontolare, per sottolineare l’entusiasmo.
E intanto il negoziante, sfregandosi le mani, sorride affabile, con quei denti d’oro lucidi come una biglia di vetro...


♦ ♦ ♦

Una biglia di vetro.
Nè più pesante nè più decorata delle altre che aveva visto in passato, al Shattered Shamble. Anzi, sembrava proprio una di quelle con cui giocavano: lanciata con una fionda in lattice a mezzo metro di distanza poteva bucarti un’occhio, proprio come un proiettile. Lui l’aveva visto. L’unica differenza è che mentre il proiettile ti uccide trapassandoti il cranio come un dito infilato nella crema, la biglia si incastra sotto alla cavità ossea e tu rimani là, cosciente, a bestemmiare piegato in due dal dolore mentre una masnada di bambini urlanti ti passa accanto, stile scoglio in mezzo al torrente, e corre via verso la libertà. E tu non puoi fare altro che stare a guardare fra un singulto e l’altro, con l’unico occhio che ti rimane, tutti quei soldi che fuggono e il tuo sangue che si spande sul pavimento, lordandoti quelle belle vesti bianche che non riuscirai mai più a comprare perchè la tua unica fonte di reddito ti ha appena bucato la testa e adesso sta uscendo dalla porta della fabbrica, libera come prima di essere comprata.

Il ragazzo sorrise, lucidando la sfera coi polpastrelli.
Doveva essere andata proprio così, quel giorno.
E adesso, un’altra biglia, gli stava offrendo la stessa opportunità: cambiare la sua vita.
Avere il potere.

Era una proposta infida, malvagia, pericolosa... ma non gliene importava.
Chiuse gli occhi, appoggiando la nuca alla parete, poi trattenne il respiro e contrasse i muscoli dell’addome, immobile, concedendosi qualche secondo di riposo: lui aveva già deciso - appena letto quelle parole.

"L'Occasione per Ottenere il Potere"

Aprì gli occhi, trovandosi di fronte le pareti stinte e coperte di graffi di quella angusta stanza, illuminata scarsamente dall’unica finestra. Quei giorni erano stati solo un lineare susseguirsi di risse più o meno entusiasmanti, in ogni angolo della nave. Aveva cercato per anni un posto così privo di regole o morali. E ora si divertiva, senza pensieri.
Senza futuro, tutto scorreva in un eterno presente, che avvolgeva ogni cosa con la sua luce polverosa e l’odore di legno marcio delle paratie. Fuori c’era il nulla, silenzioso e percorso dal vento. Dentro c’era il suo Nuovo Mondo, schiumante e pronto ad esplodere alla minima screpatura come una cola agitata ferocemente. Guardò l’enorme spadone infilzato per ¾ nel soffitto - la cabina era troppo bassa - e prese in mano la testa bronzea appoggiata alla parete, che lo ignorò come al solito, facendo luccicare le sue labbra carnose e sempre corrucciate. Meriti di più, disse il suo volto riflesso nello scudo, fissandolo con due occhi terribilmente spenti e affondati così tanto nelle palpebre da non distinguerne quasi più il colore.

I primi tempi poteva davvero vantarsi di aver raggiunto la Felicità.
Ma adesso... gli sembrava di essere come quei bambini che, una volta che i loro genitori gli regalano quell’incredibile, bellissimo e supernuovissimo giocattolo - quello che tutti i loro coetanei invidieranno – dopo averci passato qualche giorno sempre assieme, giocandoci ad ogni ora e dormendo tenendoselo stretto al petto, lo abbandonano senza pietà, dimenticandosene. E il giocattolo, svuotato di tutto il suo significato, dopo che la fatica fatta per averlo e tutta l’attesa viene lasciata alle spalle, si rivela per quello che è veramente: nient’altro che un pezzo di plastica, e nulla di speciale.
Nient’altro che una nave riversa al suolo, senza più possibilità di risollevarsi.

«No!»
image

Un impeto di rabbia e disgusto lo fece alzare all’improvviso.
Ma che stava dicendo?
Cos’erano tutte queste considerazioni filosofiche e poetiche e smoscie e-esageratamente prolisse?
Quella era la Fat Whore! E lui era il mitico Rohan!
Voleva perdere tempo in questo modo, sprecando incredibili secondi di gloria ed epicità?
L’occasione per ottenere il Potere Assoluto stava nelle sue mani, in una minuscola biglia di vetro.
Spezzandola, sarebbe esplosa la magia. E dove c’era magia, c’era divertimento.
Solo qualcuno dotato di un immenso potere poteva offrire quello stesso potere – e solo qualcuno di altrettanto forte poteva pensare di ingannare il ragazzo e passarla liscia.
Qualunque cosa fosse, era dannatamente interessante!

Non tanto l’obbiettivo quanto il percorso fatto per raggiungerlo interessava all’Armigero, che staccò d’impeto la mannaia e si agganciò alla schiena il volto dorato, come una seconda faccia. Lui era pronto, come sempre. E poco importava che fosse tutta una truffa, lui poteva pure diventare una marionetta in balia del fato - anzi, quasi gli sarebbe piaciuto. Facevano sempre cose interessanti le pedine soggiogate: omicidi contro i propri alleati, azioni suicide... non aspettava altro. E come nei trailer di un film, una lunga serie di immagini passò dentro alla sua testa: scene di lotta, acrobazie spericolate, esplosioni assordanti, schizzi di sangue, mostri immensi, aberrazioni uscite dai peggiori incubi, paesaggi infernali dove della spuma bianchissima si scontra contro scogli di pece, nemici colossali e bardati come cavalieri, urla e grida strazianti nella notte, dita protese per afferrare l’ultimo attimo mentre tutto attorno il mondo si spezza.

♦ ♦ ♦

Sì. Doveva decisamente andare a prendere il "Potere", qualunque cosa fosse stato. Una volta trovato, l’avrebbe volentieri rimesso al suo posto, come uno di quei premi assegnati ma non voluti: non aveva senso.

La sottile pasta di vetro della biglia si frantumò chiusa fra l’indice ed il pollice, e tutto attorno a lui venne avvolto dalle tenebre, che gli strisciarono attorno come uno sciame di spettri. Sorrise, estasiato e incuriosito da quei lembi di stoffa che, vorticando, facevano calare l'oscurità: come ogni volta, ignorare il suo buon senso si rivelava la scelta più azzeccata. Prima di venire avvolto dal Nero, con le armi in pugno, pensò solo una cosa: questo era decisamente molto più eccitante di quelle pasticche!


SPOILER (click to view)
Mi sono promesso di non scrivere più decine di righe di commenti post-post (I'm a genius! :8D: what a interesting joke!) e manterrò questo patto.

Spero che comunque vi piaccia, anche se ho potuto scrivere solo nei ritagli di tempo fra un impegno e l'altro.

Per la cronaca: Rohan è fatto così.
Non vuole il potere assoluto (potete già immaginare perchè) ma ciò che desidera è proprio "l'avventura" per prenderlo. E sono sicuro che si divertirà in modo, quindi anch'io mi divertirò, impegnandomi per essere all'altezza dei miei due contendenti - che sul piano fisico mi massacreranno, visto che hanno decine di tecniche in più e mooooolta più esperienza di me. Buona fortuna, comunque - si dice così, no? :8):

PS: Ah, no, ecco cosa mi sono dimenticato!! Lo sapevo che qualcosa dovevo specificarla, mannaggia... ho già scritto troppo, damn! Vabbè, comunque, ormai... lo Shattered Shamble è una parte del passato di Rohan. E - Sì, inserirò spezzoni del suo background, giusto per rimpolpare il testo :wow: per chi sapesse la traduzione, è davvero una cosa intrigante, no? :qwo:
 
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view post Posted on 12/6/2010, 11:38
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Esempio
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Alzati. Respira.
Quel secondo di stordimento che precede il totale recupero dei sensi, quando ancora sei a metà tra ciò che ti aspetta e quello che desideri, arrotolato tra le fredde lenzuola candide. Le coperte avvolgono ancora le tue membra, facendoti provare quella strana sensazione di prigionia, legato, impossibilitato a muoverti, eppure così desideroso di fuggire, di poter alleviare quella sensazione di paura che in un attimo ti fulmina il cervello, dardeggiando tra le ossa come una scarica elettrica.
Respira. Chiudi gli occhi.
Tutto ciò che vedi sembra essere stato verniciato a forte tinte rosse; scure. Ci sono corpi ovunque, distesi nelle posizioni più disparate, gli occhi vuoti e privi del calore della vita. Vedi te stesso dall'alto, ancora in piedi con quel cumulo di cadaveri attorno alla tua Fauce, il respiro affannato e le gambe molli che stanno per cedere da un momento all'altro. Sai che sei stato tu a compiere quel massacro, riportando un gran numero di ferite che sanguinano copiosamente. Hai le vesti strappate in più punti, mentre gocce del tuo sangue navigano sulla pelle fino a separarsene per ricongiungersi con il terreno sabbioso. Polvere alla polvere dopotutto.
Un tonfo.
Le ginocchia ti hanno ceduto, e adesso sei prostrato dinanzi alla fatica aspettando quasi il colpo di grazia.
Le pupille si dilatano, mentre sempre meno luce riesce a filtrare nei tuoi occhi, a causa delle pupille che a poco a poco si chiudono. Sei inerme, e ti aspetteresti quasi di vedere lo scintillio candido di una fredda lama di acciaio che viene a recidere la tua vita. Strano che invece l'unico colore che distingui sia un azzurro tenue, accompagnato da un senso di torpore e benessere che quasi ti fa credere di essere morto.
Piangi.
Senti un lieve tocco sulla fronte, un abbraccio fragile come una foglia d'autunno, seguito dallo schiudersi di rosse labbra sulle tue.
Perdi i sensi.
Sono io, e sono sempre stata con te.


Quando finalmente si destò, Joey capì di aver vissuto gli ultimi secondi quel sogno, danzando tra la dimensione onirica e quella reale. Il particolare che ricordò maggiormente era quel tono di voce che sembrava provenire direttamente dalla sua testa; così dannatamente familiare. Definirla voce sarebbe stato oltremodo riduttivo. Entità, era quella la parola più esatta per definirla. Sostanza che aveva assunto le sembianze di un talentuoso pittore, rievocando con leggere e impietose pennellate gli orrori di cui era stato testimone.
Guerra, sangue e ricordi.
La sua esperienza nell'attacco condotto ai Martell poteva rapidamente riassumersi in queste tre parole. Voltò appena lo sguardo fuori dalla finestra, riconoscendo nell'architettura delle case visibili quel tipico stile rurale che dominava nel Borgo del Re.
Era a casa.
Gli venne quasi da sorridere a quel pensiero.
Un sorriso che gli morì sulle labbra, dopo che lo sguardo si posò su un drappo di velluto blu, sul cui sfondo è raffigurato un animale mitologico dall'aspetto inquietante. Le fauci spalancate, atte a mettere in mostra una fila di denti enormi ed affilati che spuntano un pò ovunque. Scaglie più dure dell'acciaio, da cui fuoriescono escrescenze ossee di protezione, ed infine il ruggito. L'intera immagine è concentrata sul grido che emette quella bestia, resa ancor più sinistra dall'assenza di un occhio. Rabbrividì inconsciamente, notando poi la busta di pergamena bianca, che tanto stonava con quel blu notte in cui si erano tuffati i suoi occhi.
Si sollevò dal letto, temendo quasi il ripetersi di quella grottesca situazione ancora vivida nel suo cervello, rimasta come il rimasuglio di un brutto sogno. Camminò senza problemi fino al punto in cui erano situati i due oggetti di interesse. Prese lo stendardo con la mancina, staccandolo dal muro a cui era stato inchiodato, cercando di ricordare cosa era successo.
Lo aveva visto sventolare ovunque lungo la marcia che precedette la battaglia, e ricordava come lo avesse raccolto da terra in un attimo di lucidità, mentre il suo corpo veniva trasportato su un'improvvisata lettiga. Non c'era stato un motivo che spiegasse il perchè di quel gesto, o forse era semplicemente quel blu ad averlo ipnotzzato, ancora una volta.
Rivolse la sua attenzione alla massiva che teneva nella mano destra, sussultando quando vide l'ormai familiare sigillo di ceralacca, su cui vi era inciso il simbolo del Re.
Abiezione.
Quella lettera significava una nuova chiamata alla armi, l'offerta di fare nuovamente da cavia. Sospirò rassegnato, mentre apriva la sontuosa busta che gli era stata recapitata.

« L'abiezione è terminata! »

Fece un passo indietro, colto alla sprovvista, quasi come se le parole dai caratteri dorati gli venissero gridate contro, mentre gli occhi saettavano da sinistra verso destra per leggere il breve invito speditogli. Ad ogni parola, i suoi occhi si sgranavano sempre di più per la sorpresa, tant'è che dovette rileggere ogni riga almeno cinque volte prima di essere certo.
Vincitore? Lui? Ma come diavolo era possibile?!
Aveva accumulato solo figuracce col passare del tempo, venendo sempre sconfitto dai suoi avversari, umiliato al pari di una Bestia.
Soddisfacente?!
Era una cosa che proprio non riusciva a capire. Si passò una mano tra i lunghi capelli neri, mentre mille pensieri si rincorrevano nella sua testa. Pensò ad una presa in giro, ad un modo architettato per farlo fuori, accarezzando persino il sogno di essere riconosciuto come qualcuno; di poter parlare con Ray rigurdo ciò che era successo sul campo di battaglia.
Analeen.
Lei gli aveva detto che doveva tornare dal re folle quando lo aveva lasciato con un bacio, ed era proprio da lui che dovevano iniziare le sue ricerche.
Svuotò il contenuto della busta sul palmo aperto della mano, saggiando con i polpastrelli la ormai consueta biglia di vetro.
Si vestì rapidamente, riservando una maniacale attenzione per la sua amata Fauce. Quel giorno era più splendida che mai, e le pietre rosse sembravano quasi scintillare di un innaturale vitalità.
Rimase in piedi al centro della stanza, indossando per ultima la maschera della vergogna. Gettò la testa all'indietro, inspirando profondamente, appena prima che stringesse il pugno, e la biglia venisse frantumata.
La ormai nota sensazione di vuoto allo stomaco che lo accolse fu in qualche modo offuscata da quel martellare che faceva fremere gni fibra del suo corpo.
Aveva di nuovo uno scopo, un obiettivo a cui puntare.
Usami!
Avvertì un sussurro mentre l'intero mondo girava su se stesso.
Aveva qualcosa di familiare.
Chiuse gli occhi, di nuovo.



SPOILER (click to view)
Eccoci quì, ancora una volta :8D: faccio gli auguri ai miei due compagni/nemici sperando di poterci salutare ancora tutti interi alla fine di questo turno. La scena avviene presso il Maniero, dopo la battaglia avvenuta al Porto Oscuro. Per l'immagine del vessillo mi sono attenuta a questa postata da Ray, che mi piace un sacco :wow:
*indica la folla* diamo spettacoli ragazzi :winner:
P.S. nessun metagame, sfido voi a sentirvi vincitori dopo tutte quelle mazzate :glare:
 
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Kishin
view post Posted on 12/6/2010, 14:52




CITAZIONE
Azione da QM

Il mio nome e Cheval Cyrill Gaillard; sono nato a Décès negli anni in cui la depravazione vi faceva da sovrana e al nobile casato dei Falconi era appena succeduto l'autoritarismo di Aymeric. Posi la prima paglia fra le mie labbra all'età di soli quattordici anni - quando dovevo ancora nascondere le sigarette ai miei genitori, o mi avrebbero mandato in collegio - e non ho più perso il vizio, benché inizialmente avessi iniziato spinto solamente dalle incitazioni dei miei compagni dell'epoca. Né per il fumo, né per gli orologi: nel corso della mia vita ne ho acquistati di ogni fattura e materia: da polso, cipolloni, o pendole che fossero; dai più antiquati ai più moderni - e ora che non posso più sentire il loro tic tac ho finalmente inteso quanto quel ritmo risonante, che rimbalzava di oriolo in meridiana, di clessidra in solario, riempisse la mia vita.
Mi è rimasto solo un metronomo. Uno stupido metronomo antiquato.
Che a differenza degli orologi non produce un gradevole tic tac ma, invero, un martellante tic tic - un valzer danzato su una nota sola, in grado di far saltare i nervi in metà del tempo di qualsiasi pendola (come se qui, poi, dove sono stato ricacciato, ci sia bisogno di ulteriori tic tic).
Odio questo metronomo, ma è il mio unico compagno; specialmente ora che sto per terminare le sigarette.
Dunque l'ho preso e l'ho poggiato con delicatezza sulla mia scrivania, prima di scavarci uno spazio pulito in mezzo a tutto il lordo putridume che vi era colato col tempo, e gli ho dato una piccola spinta, facendolo partire - non s'è più fermato.

E' passato qualche mese, dunque la mia memoria ha iniziato a falsare ciò che è accaduto, ma ho attribuito a quel singolo gesto la seguente babele di ticchettii che ha pervaso ogni anfratto della spelonca dove ho allestito il mio ufficio. Le pareti hanno iniziato ad espandersi come un polmone che si gonfia attingendo all'aria; dai cunicoli hanno iniziato a provenire profondi ruggiti straziati dal suono di rantoli ben più sommessi; dal soffitto ha iniziato a colare un incessante liquido nero e viscoso: un putridume che si è abbattuto lungo il pavimento in un acquazzone che desideravo tanto quanto un pendolare svegliatosi il lunedì mattina.
Ma soprattutto, una lunga sequela di anime ha iniziato a fuoriuscire dalla porta - quella che permette di entrare nel mio dipartimento. Una dopo l'altra, una più spaurita dell'altra, hanno iniziato a riversarsi nella mia bottega senza capire né come né quando vi sono giunte, allucinate dalla rivelazione che aveva l'unico compito di svelare a ciascuna di loro.
Le anime dei morti.

Uno scricchiolio angusto annunciò la venuta degli ultimi depravati: tre ragazzi (uomini?) due dei quali con il volto coperto e uno con lo sguardo colmo di curiosità e risentimento in pari quantità. Altri tre morti.
Allungò una mano alla tasca e sfilò una paglia dal pacchetto, accendendola e poggiandosela sulle labbra tumide, prima di annunciarsi.

« Non esattamente il paradiso che vi sareste attesi, eh? »
sorrise comprensivo, accennando alla spelonca buia e umida che s'apriva tutt'intorno a loro.
Tentava sempre di indorare la pillola con qualche battuta, prima di rivelare la cattiva nuova.
« ...Immagino che siate confusi »
sospirò lentamente, sbuffando una fumana scura come quella di un treno a vapore
« ...purtroppo, mi duole informarvi che siete appena morti. »
spense la cicca in un posacenere
« e questo... » esitò « questo... è il vostro inferno. »


CITAZIONE
Bé, è così: i vostri pg sono morti (Vostra madre non vi ha insegnato che non bisgona spezzare tutte le biglie che vi vengono inviate per posta?); o almeno questo è quello che il buon Cheval Cyrill Gaillard ha il buon cuore di riferirvi.
Vi trovate innanzi a una porta, all'inizio del post, varcatola vi ritrovate nell'ufficio del succitato: l'antro di una caverna umida, dal cui soffitto cola un liquido denso e nero del quale non siete certi di voler conoscere la provenienza. In mezzo alla spelonca vi è una scrivania con sopra un metronomo, qualche documento e una targa con inciso "Cheval Cyrill Gaillard - Magistrato della corte di Aymeric"; lui è in piedi dietro a questa cattedra e vi si rivolge con le parole annunciate nel post. Cheval è un uomo elegante con una strana barba incolta e i capelli corti, biondi - una sigaretta fra le labbra e un colletto bianco.
Nel caso in cui vi interessi: non avete i vostri poteri. Nessuna tecnica, nessuna abilità, nemmeno passiva. Nulla. Avete il vostro equipaggiamento e i vostri vestiti ovviamente, ma non potete castare niente - passivo o attivo che sia. Tutte le vostre caratteristiche fisiche, inoltre (PeRm, PeRf etc. sono ferme a 25 punti).
5 Giorni di tempo come al solito.



Edited by Ray~ - 12/6/2010, 16:29
 
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view post Posted on 16/6/2010, 23:17
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Buio.
L'oscurità lo aveva già accolto in precedenza alla corte del Re, ma mai era stata così soffocante. Aveva i piedi malfermi dopo aver passato così tanto tempo a letto, e di certo essere sparato così in quel luogo non aiutava il suo già precario equilibrio. Istintivamente allungò una mano a tentoni, cercando un punto d'appoggio su cui fare perno. Il palmo della mano incontrò la fredda, rugosa superficie della roccia, registrando distrattamente che c'era qualcosa di strano. Sentì una sostanza viscosa sotto le dita, che iniziava a camminare sopra la sua pelle, solleticandola alla maniera di un insetto. Un brivido gli si diffuse lungo la schiena, appena un attimo prima che, Joey, ritraesse la mano quasi come se fosse stato scottato, disgustato dalla spiacevole sensazione che quel corpo gli provocava.
Era come toccare il sangue, ma mille volte peggio. Era freddo e denso, come doveva essere il sangue dei morti.
Riaprendo gli occhi si accorse di averli tenuti serrati fino a quel momento, e con sgomento constatò che quel liquido aveva anche lo stesso colore della morte; nero come la pece.
Nauseato fece un balzo all'indietro, abbracciando con lo sguardo la caverna in cui si trovava. Ogni singolo anfratto di quel posto sembrava trasudare quella mefetica sostanza, resa ancor più spettrale dal leggero pallore verdastro che illuminava la spelonca.
Sotto la maschera, la sua bocca si curvo in un "oh" di sorpresa quando vide la scrivania a cui era accomodato un uomo, ma soprattutto quando avvertì il morso ghiacciato di quel putridume sulla nuca, che lentamente scendeva nel colletto della camicia. Si fiondò in avanti per la sorpresa, in maniera assai comica probabilmente, fermandosi pochi passi prima di sbattere contro il mobile di legno. Si ripulì i capelli alla meno peggio, strofinando forte, successivamente, la mano sul pantalone. Schifo era la parola più esatta per definire quella roba, così diversa dal calore che era abituato a sentire con la sua Fauce. Sollevò la testa per accertarsi di essere al sicuro, quando improvvisamente un risolino leggero si mescolò ad un ticchettare incessante, provocato da quella strana pioggia, e da un metronomo appoggiato sul tavolo.
Abbassò lo sguardo, incontrando gli occhi stanchi dell'uomo in piedi dinanzi a lui, sul cui volto era dipinta un espressione cordiale e leggermente divertita, probabilmente a causa della goffaggine che il ragazzo aveva mostrato poco prima.
« Non esattamente il paradiso che vi sareste attesi, eh? »
Esordì, accendendosi una strana sigaretta da cui inspirò una profonda boccata di fumo.
La definizione paradiso era quantomeno un eufemismo azzardato, o una grossa stronzata, volendo usare parole di Joey.
Attese che l'uomo continuasse il suo discorso, leggendo distrattamente il suo nome, inciso su una targhetta dorata: "Cheval Cyrill Gaillard - Magistrato della corte di Aymeric". L'attimo dopo riprese a parlare, soffiando fuori una leggera nube di fumo aromatizzato.
« ...Immagino che siate confusi »
Non più del solito, avrebbe voluto rispondergli il ragazzo, ma continuò a pendere da quelle labbra.
« ...purtroppo, mi duole informarvi che siete appena morti. »
Quella rivelazione lo colpì come un pugno nello stomaco, facendogli dilatare gli occhi ed espellere tutta l'aria dai polmoni. Rimase senza fiato, sconcertato da quell'idea, cercando le parole per ribattere.
« e questo è il vostro inferno. »
« Ma che cazzo stai dicendo?! »
Vomitò quell'offesa senza badarci, mentre il battito del suo cuore accellerava esponenzialmente; avrebbero quasi potuto danzare a quel ritmo.
La caverna sembrò quasi dilatarsi sotto l'eco delle sue parole, un particolare causato probabilmente da quella luce spettrale, reso più vivido dalla sua immaginazione.
Morto. Morto. Morto.
Fece un passo indietro, continuando a fissare l'uomo diritto negli occhi.
« Non è possibile. E' stato Ray? Come cazzo posso morire e non accorgermene?! »
L'ultima domanda aveva il sapore di una supplica, mentre a poco a poco l'incredulità cedeva il passo al terrore.
Cadavere. Chissà dove starai marcendo ora. Come me.
Una voce lo incalzava canzonandolo, mentre un altro fiotto di liquido nero gli piovve addosso raggelandolo.
Dove sei? Perchè non sei venuto da me?
Punto zero. Aveva raggiunto già il limite.
« SILENZIO! »
Tuonò spaventato, gli occhi fuori dalle orbite, cercando di mettere a tacere quella voce che si era insinuata nella sua testa. Si voltò alla ricerca della fonte, dato che l'uomo dinanzi a lui non aveva ancora aperto bocca. Si ritrovò a fissare altri due ragazzi, di cui uno mascherato e l'altro dall'aria vagamente familiare; questi lo guardavano di rimando con aria alquanto interrogativa per avergli urlato contro.
Stava sudando freddo per l'agitazione.
Un altra risata leggera.
Non era per niente divertente.
Non lo era.



SPOILER (click to view)
Oh si che lo è invece, ma per voi :wow: . Chiedo innanzitutto scusa ai miei compagni per avergli urlato contro, ed aver agito in maniera, seppur minima, autoconclusiva sui loro pg. Per quanto riguarda lo stato di Joey, beh di certo un'affermazione del genere ti colpisce, inoltre il luogo, la voce della Fauce (che sarebbe il malus dell'artefatto che non sapevo se mettere o meno, ma per interpretazione l'ho fatto), ed il fatto che già una volta Joey si sia creduto morto, beh fanno un bel papocchio emotivo :v:
Speriamo di capirci qualche altra cosuccia.

P.S. vai Sciùsciù, sono tutto tuo :wow:
 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 17/6/2010, 11:46




Don't get lost in Heaven
I'm so cold





Era morto, o almeno così diceva il tizio ben vestito che stava fumando una sigaretta.
Era morto e ciò non lo colpiva particolarmente.
Forse perché era un negromante: non si tentava di trovare la formula per riportare in vita i morti se non si aveva qualche certezza che quella fosse solo una fase passeggera, una specie di malattia che poteva essere debellata.
Più probabilmente perché quella non era una novità: negli ultimi tempi, il suo corpo aveva preso la brutta abitudine di morire senza avvisarlo.

(Abitudine era una parola un po’ troppo forte, a dire il vero: alla fine era morto solo la settimana prima. Ciò, tuttavia, non cancellava il fatto che aveva già visto l’Aldilà e che era da lì tornato senza affrontare reali problemi – o almeno, col senno di poi non gli sembravano più dei reali problemi.)

L’Oltretomba, quella volta, non era una discoteca e non c’era FormOsso ad offrirgli un drink, il che era positivo se si contava che non aveva veramente voglia di attraversare un altro corridoio pieno di mani, negativo se si contava che aveva realmente voglia di bere qualcosa e che, bhé, a parte la parte in cui tentava di ucciderlo, FormOsso non era poi una così cattiva compagnia, ed incredibilmente interessante se si contava la possibilità che, apparentemente, c’era più di un Aldilà.
Oh, c’erano così tante domande che richiedevano risposta: dov’era di preciso, come era strutturato il Regno dei Morti, perché fra tutti i posti possibili il suo Inferno doveva per forza essere una grotta con dei liquidi strani che gocciolavano dal soffitto (mancavano solo degli insetti e avrebbe sentito una seria sensazione di dejà-vù), chi era il tizio dietro la scrivania, quale grado ricopriva nella gerarchia sociale dei, uh, non-più-vivi, dove era l’uscita e, oh, poteva essere così gentile da guardare da un’altra parte mentre lui correva molto velocemente attraverso la suddetta uscita?
Tante domande, così tante, tante domande- e tutte così incredibilmente inutili che quasi sembravano sciogliersi come neve al sole mentre si rendeva conto che conosceva quell’irritante persona che continuava a gridare, che conosceva la sua voce, che conosceva quell’emozione che gli rendeva leggera la testa e sembrava fargli scoppiare il petto.
Mosse le labbra e non importava realmente che non stesse emettendo un suono perché quella parola, quella semplice parola che avrebbe voluto pronunciare ma per cui non sembrava avere abbastanza fiato, stava rimbalzando fra le pareti della sua testa e quasi sembrava che l’avesse gridata, quasi gli sembrava che quella parola fosse una lama e che il suo cervello stesse per esplodere per il dolore e per l’odio.
Mostro. Era quel dannatissimo Mostro.

(Avrebbe potuto strozzarlo, avrebbe potuto sparargli e sparargli fino a che non fosse stato possibile guardare attraverso il suo petto e poi avrebbe dovuto strappargli la carne dalle ossa e saltare sul suo scheletro perché, perché sì, perché era quello che meritava e perché era quello che avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto bruciarlo, bruciarlo fino a che tutta la grotta non avesse preso fuoco e l’Aldilà non fosse divenuto un cumulo di ceneri ed ancora avrebbe dovuto bruciare, bruciare per sempre e sempre e sempre: avrebbe dovuto bruciarlo, ma il suo corpo era debole e il mana non scorreva nelle sue vene e più ci provava più il fuoco non sorgeva.)

Era freddo.
Era incredibilmente freddo e non aveva senso, perché era morto e non avrebbe dovuto sentire nulla: però, intanto, era freddo e il sangue sembrava essersi congelato nelle sue vene e non una sola goccia di mana poteva scaldarlo.
Non aveva i suoi poteri: la realizzazione cadde su di lui come una scure, separando di netto la sua mente da quella che era la realtà ed abbandonandolo in quel curioso mondo in cui nulla aveva senso, in cui i suoi muscoli avvizzivano e tutto era così assurdamente freddo e le vocine gridavano, sussurravano, cantavano, e non contava nulla perché era solo.
Era andata la foresta in cui era cresciuto, andato il caldo focolare della sua infanzia, erano andati i suoi fratelli e i giochi e le poesie di suo padre e il sorriso di sua madre: tutto era andato via, svuotato di ogni luce, un semplice guscio freddo e vuoto che non aspettava altro che essere calpestato, sbriciolato, dimenticato. E a nulla valevano quelle immagini che continuavano a scorrere di fronte ai suoi occhi, a nulla valevano quei frammenti di voci e risate che rimbombavano nelle sue orecchie, perché non erano più sue: senza mana, senza quel calore che lo accompagnava da sempre, il collegamento a quel passato così felice era stato tranciato e a lui non era rimasto più nulla se non la vaga impressione che lì dove c’era il gelo una volta c’era stato qualcos’altro.

Rise. Una risatina nervosa, breve, vuota. Una risatina che non serviva a nulla se non a dare l’impressione di coprire qualcosa.

“Mi chiamo Liam Merihim.”

Liam Merihim. Il nome scivolava sulla sua lingua, anch’esso vuoto e privo di ogni significato, senza alcuna importanza perché, alla fine, cosa poteva importare come si faceva chiamare se non era più nulla?

“È un piacere conoscerla.”

Cortesia, solo vuota cortesia. Era felice di conoscerlo? No. Sì. Non importava.
Era tutto così freddo.

“Non è un piacere essere qui, se posso permettermi, ma c’è poco da fare, vero?”

Rise, di nuovo, mentre con la schiena si appoggiava al muro e tutto girava e le sue gambe tremavano e non riusciva nemmeno a stare in piedi.
Rise, tentando di metterci un minimo di cuore, senza poter fare nulla mentre la risata si spegneva in un piccolo, misero singhiozzo: allora rimase in silenzio, dondolando la testa a destra e sinistra, mentre il tic del metronomo gli perforava la mente e la stanza girava ed era così solo, solo assieme a qualcuno che non conosceva ed al Mostro.
Il Mostro.

Ed il petto gli si gonfiò e l’odio, per qualche istante, prese il posto del vuoto: e tutto ciò che sarebbe bastato fare, alla fine, sarebbe stato scacciare il freddo con il sangue del mostro, farne il suo nuovo potere, ristabilire un nuovo contatto.

“Rivoglio i miei poteri. Che cosa devo fare per riaverli indietro?”

Tremava, ma non importava. Il suo corpo era debole e la testa gli girava, ma non importava.

“Farò tutto il possibile per riavere indietro i miei poteri.”

Il suo tono era controllato, il suo sguardo saettava pericolosamente verso il mostro: ciò che non diceva, ciò che chiunque con un minimo di spirito d’osservazione poteva comprendere, era che l’avrebbe eliminato volentieri, se quello potesse essere d’aiuto.
Ciò che qualcuno con molto spirito d’osservazione avrebbe potuto comprendere era che l’avrebbe eliminato volentieri comunque.

Qualsiasi cosa.”

Qualsiasi cosa: perché poteva anche riuscire a tornare in vita, ma senza i suoi poteri sarebbe stato sempre e comunque morto.




SPOILER (click to view)
[ReC : 26025 ] [AeV : 22025] [PeRF : 12025] [PeRM : 36525] [CaeM : 21025]

[C:37%][A:17%][M:7%][B:2%]


Mana: 150%
Armi: Pistola - Riposta Pugnale - Riposto
Danni subiti: ///
Tecniche utilizzate: ///
Abilità attive:

-Aww, guarda, gli piaccio!
A b i l i t à P a s s i v a | P a s s i v a R a z z i a l e
Nonostante essere un elfo non sia esattamente questa grande cosa – l'avere dei forti poteri non fa dimenticare una costituzione terribilmente debole, checché ne dicano tutti – si può contare su un potere speciale: quello di poter comandare gli animali. Di solito.
Tipo Venner, il suo caro lupo. Liam è forse l'unico che non viene orribilmente divorato ogni qualvolta tenta di dargli una carezza, ed è l'unico per cui il caro animale lotterebbe con così tanta foga.


-Certo, hm, tu corri, io... arrivo subito.
A b i l i t à P a s s i v a
Liam è un negromante. Un buon negromante, a dire il vero.
Ma per qualsiasi mago, anche per un negromante, a volte non bastano due incantesimi: a volte, un mago, anzi, un negromante, ha bisogno di lanciare tre incantesimi.
Rinunciando a qualsiasi movimento, Liam può disporre di uno slot in più a turno, potendo quindi vantare una somma di tre tecniche per post.


-Non so te, ma credo di poter continuare all'infinito
A b i l i t à P a s s i v a | P e r g a m e n a R i s p a r m i o E n e r g e t i c o
Questa tecnica conta come un'abilità passiva. Una tecnica utilissima per tutti i maghi e stregoni che fanno uso di magie complesse e dispendiose. Grazie a questa pergamena, infatti, i costi di tutte le tecniche e abilità attive saranno ridotti del 3%, e se una tecnica andasse, in questo modo, sotto lo 0% o allo 0% stesso, verrebbe riportata all'1%.
La tecnica non ha consumi energetici, ed è sempre attiva.
Una tecnica estremamente utile per qualsiasi combattente magico.


Azioni: ///

Note: Seriamente, basta far morire Liam. Ho appena finito una quest in cui era morto! Intendo dire, va bene che è un negromante, but, jeez. E cos'è questa passione per le grotte con schifosi liquidi che cadono dal soffitto?! :argh:
Oh, ed extreme angst of angst. Perché, davvero, uccidetelo quanto vi pare, ma non toglietegli il POTEREH.
 
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«S t r a y»
view post Posted on 17/6/2010, 14:16




La Masnada gli ride dietro.
La sente! E il suo suono si accorpa a tutti i latrati degli spettatori, che rumoreggiano dagli spalti.
Il protagonista è a terra prima ancora di iniziare: che vergogna, che onta terribile! Fioccano i commenti negli angoli della sua testa, senza dargli un’attimo di tregua.

“E’ un cane rognoso quello che sguazza nel fango gattonando, ser lipton? – No, cara Milady, è una canaglia di cui la terra abbonda che sognando grandi avventure è stato punito per la sua avventatezza! – Avrebbero dovuto dargli tante bacchettate sulle dita quando era giovine!”

Risate, risate corali e scontate, lo stesso rombo di una truppa di calabroni. Finte, preregistrate, le ha già sentite tante volte, fastidiose come uno sciame di zanzare, a condire ogni sua figuraccia con la precisione di un orologio svizzero.
Ma adesso non può non ignorarle, non può guardare truce davanti a se e alzarsi con le armi in pugno: sono come fucilate, gli stanno bucando le gambe - che si muovono spasticamente nelle pozze di liquido scuro. E lentamente affoga nella disperazione, facendo scattare in ogni angolo i suoi occhi neri, due pupille da cerbiatto incastonate nel teschio di un drago, mentre una marea di domande e ansie lo spinge sempre più in basso, con le loro manine affilate.

Dov’è la luce? Cos’è successo? Cos’è questo posto? Perchè non mi rialzo?
Perchè non sollevo la mia mannaia? Perchè sono schiacciato dalle mie stesse catene?
StosoffocandosoffocandomisoffocoARIA!
Cosa sta succedendo? Dov’è la mia forza? Cosa mi è successo?
La biglia. Il potere. La biglia.
Perchè? Perchè? PERCHE’?


Il cucciolo latra, faccia a terra, provando ad alzarsi con scatti convulsi e riatterrando ogni volta sui gomiti.
Impreca, bestemmia e urla, si morde la lingua, è disperato, per la prima volta dopo tanto tempo, è arrabbiato.
Arrabbiato con quella biglia mendace, con il buio opprimente, con il pavimento freddo, con Se Stesso.
Non è più lui, sente che la sua essenza è stata lacerata come un foglio di carta bagnato.
Gli hanno strappato via la sua anima, la sua forza: non è che un guscio vuoto, crepato dal peso dei propri giocattoli.

«. . .»

Calore.
Finalmente.
Due calde strisce di lava gli solcano le guance, sgorgando dagli occhi.
Piange.
Sta piangendo davvero.
I suoi condotti si sono aperti come un rubinetto ghiacciato che viene fatto esplodere dalla pressione dell’acqua e rilascia tutto il suo contenuto, libero di fluire come più vuole.
Rohan piange, e le sue lacrime si uniscono alle pozze di pece liquida, creando una mistura salata e amara di spaesamento e disperazione.

Non si ferma.
Disteso prono in quello stanzino buio, prega solo che non entri nessuno.
Che nessuno lo veda in quelle condizioni.

♦ ♦ ♦

Sono passati minuti.
Forse secondi, forse ore.
Le lacrime si sono placate, cristallizzandosi sulle sue gote, e in gola ha un groppo attorcigliato e ruvido come una spugna secca.
E’ ancora lì, nel Nulla, con Niente dentro e con Tutto addosso.

Una falce di luce gli taglia l’iride, creando un sottile rettangolo luminoso sulla sua testa.
Non l’aveva notata prima, disteso a faccia in giù nel fango.
Respira calmo e lentamente, riempiendo a pieno i polmoni.
Non ha più lacrime. Che senso ha disperarsi, ora che ha capito?
Si sta maledicendo, per aver prestato ascolto a quelle parole.
Si sta insultando, per non essere stato più forte.
Vuole il potere: solo questo può portarlo a com’era prima.
Deve avere il potere.
Ed è tremendamente serio, come non lo è mai stato.

Scandisce i pensieri uno alla volta, dentro di lui non ci sono altre voci,
solo limpida verità e fredda rassegnazione:

Non ci sarà più divertimento.
L’hanno ingannato.
Non ci sono nemici.
Non è andata come si aspettava.
Lo show è finito qui.
Non si è divertito per niente.

Titoli di coda, le persone escono, deluse, in un soffuso rumorìo.
Il Protagonista resta solo, mentre le luci si spengono con uno schiocco sordo e nel palco calano le tenebre.
Il Protagonista è solo.
Può fare quello che vuole.


»UWAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!«

Si sgola i polmoni urlando nel buio, mentre le vene sottocutanee si gonfiano e i muscoli, in un improvviso quanto inatteso scatto di vitalità, si inspessiscono quanto basta per farlo alzare, assieme a quella massa di ferro e metallo che lo sta schiacciando, tremante sotto il peso delle sue stesse armi.

image

E non importa, se i tendini si stanno lacerando, sfilacciandosi come elastici troppo tesi.
Non importa, se le sue ossa scricchiolano e gli si mozza il respiro.
Tratterrà il fiato.
Tratterrà il dolore.
Tratterrà anche il sangue, se necessario.
Qualsiasi cosa, per riAvere il potere.
E’ disposto a tutto, perchè l’unica cosa che gli è rimasta è la sua
Folle Determinazione.

Applausi.
Il suo pubblico non l’ha abbandonato.
E’ rimasto lì, nell’ombra, ad aspettare che si rialzasse il suo beniamino.
Standing-ovation.
La platea grida, si incendia, i suoi occhi di tenebra brillano nella notte.
Certi si alzano in piedi, emulando l’eroico gesto del ragazzo.
E finalmente sorride anche lui, a braccia alzate, il destro in fiamme, reggente l’immensa arma.
Quando lo cala nuovamente a terra, l’osso della clavicola scatta in avanti, con un sinistro schiocco.


Dolore.
Strappo muscolare.
Felicità.
La folla lo apprezza, e urla ancora più forte.
E’ tornato.
Ma sul palco non è il solo: altre voci, altri attori sono presenti vicino a lui.
Lo spettacolo sta per cominciare, le bestie entrano in scena.
Sfondate il sipario.

♦ ♦ ♦

E’ un calcio quello che apre la porta, facendola sbattere sulla parete (?) opposta.
Lentamente, fuori dal rettangolo di buio si trascina una carcassa macilenta, con le braccia a penzoloni trainanti uno spadone arrugginito e una grossa palla di cannone.
Il ragazzo ansima, mentre attraversa pozze e avvallature in quella grotta putrefatta, dirigendosi verso I Tre.

Sei il più figo!
Sei il più grande!
Sei il più forte!
Le voci gli frizionano la testa con questi incoraggiamenti, spronandolo.


E quelli attorucoli, con i loro patetici discorsi confusi e rassegnati, non sono che comparse.
La telecamera è puntata su di Lui, sul mostro venuto fuori dalle tenebre.
Può sentire i suoi occhi che gli strisciano contro, accarezzando i contorni della sua figura.
Si guarda attorno: un vecchio fumatore, un ragazzo pallido e un altro mascherato.
Plagio.
E la Sua maschera d’osso è molto più bella.

L’applauso d’approvazione che scoppia nella sua testa copre gran parte delle parole.
Ne sente solo una, che scavalca le file fino a balzargli addosso, come un fan troppo eccitato.
«...putroppo, mi duole informarvi che siete appena morti. »

E il suo cuore smette di battere, mentre gli occhi si congelano fissando quella scrivania così fuori posto in quel contesto ed il fumo della sigaretta che si alza verso il soffitto gocciolante.
E' morto.
Il ticchettio del metronomo prende posto al battito cardiaco, mentre i co-protagonisti iniziano le loro mediocri recitazione, offuscati dalle continue esplosioni di quell’aggeggio che è diventato improvvisamente un pendolo da cinque tonnellate.

Spezzando quella biglia è morto.
Fermo immagine.
E adesso?


Impossibile.
Lui respira, si muove, prova dolore.
Il suo pubblico, le voci e la Masnada di spettri, l’ha seguito anche lì.
Riesce a sentire il freddo scivoloso delle pozze di catrame, riesce a vedere quella caverna marcia e umida.
Lui è ancora in piedi, non è morto. E' tutta una balla.
Si sente leggero e fragile come la pelle secca di un insetto, ma non è morto.
E' solamente più... debole. Ma è vivo.
Vivo e incazzato.

“ Farò tutto il possibile per riavere indietro i miei poteri. ”

Dice il Pallido, spezzando la stasi e riscuotendo il ragazzo, che guarda prima l’uno e poi l’altro.
Bisogna fare anche l’impossibile, bisogna combattere fino a non sentire più le braccia.
Bisogna calciare la faccia di quello stronzetto fino a cadere in ginocchio, e là cominciare a dare testare fino a sanguinare, e poi mordere, mordere e mordere, fino a consumarsi i denti.
Il brusio delle voci cresce, la platea è in trepida attesa.
Non ha senso. Tutto ciò non ha senso.
Ma non puo’ essere un caso che si siano ritrovati tutti lì.
Non è diventato così debole per colpa di una stupida biglia.

Il ragazzo impianta la spada a terra, ignorando i morsi di dolore al braccio, e punta il dito verso la scrivania, verso quel vecchio dai capelli biondi. Bugiardo.
Non sono morto.
E' lui il colpevole! gli urlano dalle tribune. Ti ha mentito!
Ti ha preso il potere! Colpiscilo! Colpiscilo!

»Fammi tornare come prima. O ti ammazzo.«

Sotto la maschera non c’è nessuna risata, solo due labbra serrate in una linea tanto piatta quanto preoccupante.
Il pubblico applaude: è una bomba pronta ad esplodere.
E lo amano proprio per questo.



SPOILER (click to view)
Ok, non posterò MAI più così tardi... sono stato stupido
Dico solo che ho riscritto il post 2 volte :bah:

Difatti, questo ultimo pezzo non mi piace proprio per niente.
Ma mi riprenderò, vedrete! *alza il pollice incoraggiante*

Cos'è successo? Beh, provate voi a maneggiare quelle armi senza il dominio passivo e con 25 di PeRf. Rohan è stato letteralmente schiacciato -Vergognati, l'hai fatto piangere! :glare:- ma alla fine è riuscito ad alzarsi.

Completamente andato -le sue manie di protagonismo si sono estese fino a fargli sentire gli applausi di un pubblico immaginario- e serio come non mai.
Non pensavo che sarei mai arrivato a scrivere di un Rohan serio, ecco perchè non mi è venuto come mi aspettavo...
 
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view post Posted on 17/6/2010, 21:23
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··········

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« ...e questa era la cattiva notizia. »

Mano a mano che le persone iniziano a sentire il peso degli anni aggravarsi sul loro capo a ostacolarle, rallentarle e imbaroccarle, lo zelo dei giovani si fa sempre più babelico e roboante: una sarabanda di richieste arroganti e supponenti alle quali, se non avesse perso il prestigio dei suoi tempi, avrebbe saputo rispondere con quieta e disarmante compostezza; col carisma che si conviene ad un capo. Un fascino che, grazie a Dio, non gli era ancora stato sciupato.
tic
Alzò una mano volgendo loro il palme, come a divieto, perché gli dessero il tempo di soddisfare i loro stessi quesiti.
tic
Assaporò un'ultima boccata di fumo, prima di spegnere la cicca in un portacenere di marmo che - chiunque lì presente avrebbe potuto giurarlo - si era materializzato dal nulla.
tic
Infine, allungò due dita al metronomo e concluse il suo martellante ticchettio, frapponendo il proprio indice al movimento secco dell'asta.
tic.

« Io non sono più che un mero portiere »
si rivolse ai suoi interlocutori, tentando di ingraziarseli il tanto bastante perché si immedesimassero nei suoi panni: lui che era fermo lì da anni; destinato a non potersi allontanare dai propri uffici e dai propri oneri. Lui che, a differenza loro, non aveva più alcuna possibilità di riconquistare la propria vecchia vita.
« dunque alle questioni riguardanti la sparizione dei vostri poteri, non posso rispondere. Ma posso assicurarvi con metodica certezza che se siete qui, se avete attraversato quella porta »
e si rivolse al primo che aveva superato la soglia, quello con la maschera non d'osso
« ...allora siete innegabilmente morti - o meglio, dipartirete a breve. »

Carezzò il piano della scrivania allungando due indici lungo tutto il perimetro, prima di dirigersi ad uno dei cunicoli, accendersi una seconda paglia e indicare loro il budello umido con un cenno del pollice. Non erano i primi a passare di lì, ma forse sarebbero stati i primi ad uscirne - da quell'inferno che consumava la mente, il corpo e l'anima di chi aveva la sventura di capitarvici. Altrimenti, sarebbero finiti come tutti gli altri
quel liquido nero
che colava putrido dal soffitto.


« Per metterla giù breve possiamo dire che i vostri corpi ora fanno parte di... » esitò, accennando alla spelonca e ai suoi movimenti ritmici di espansione e contrazione « ...tutto questo. »
Alla grotta. All'inferno.
« Come tutti quelli che sono passati di qui, tuttavia, avete ancora una possibilità di salvarvi prima mescervi integri con l'inferno stesso; e per farlo »
sorrise; augurava sinceramente loro tutto il bene e le fortune possibili. Augurava loro la capacità di salvarsi da lì, anche solo per confermargli l'idea che uscire dalla spelonca non fosse completamente impossibile.
« ...dovete semplicemente uscire di qui. »


CITAZIONE
Cheval non ha molto altro da dirvi, ve lo assicuro. Rispondetegli come desiderate e poi dirigetevi per i cunicoli, tutti insieme. Dopo qualche minuto di cammino, verrete attaccati da una quantità inaudita di ragni di colore verde/azzurro: aracnidi che potrete combattere come meglio desiderate, ben sapendo che - tuttavia - i vostri poteri e le vostre caratteristiche non sono ancora tornati.
Se uno di questi ragni dovesse riuscire a mordervi, il veleno contenuto nei suoi cheliceri vi renderà vittima di una potente illusione di livello Alto che mostrerà al vostro personaggio la cosa più disgustosa/angosciante/rivoltante che egli possa mai immaginare (può essere una situazione, un ricordo o una creatura/oggetto di qualche tipo. Avete massimo libertà).
Cinque giorni di tempo come al solito; per qualsiasi domanda, utilizzate il bando.

Eccovi un'immagine di repertorio delle creature dalle quali sarete attaccati:

image

 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 20/6/2010, 20:57




Psychobabble
What do we do now?




Una speranza c’era, come sempre. Doveva solo uscire da quell’Inferno.
Non aveva la minima idea del perché ogni Aldilà dovesse avere una prova da superare per tornare in vita o un’uscita da cui si potesse passare entro un tempo limite prima di… diventare una zucca, probabilmente. Non lo sapeva e non gli interessava.
Se seguire quella strada fosse bastata a riportargli i suoi poteri, allora l’avrebbe fatto.

“Grazie.”

Avrebbe voluto dire o fare qualcosa di più perché, alla fine, quell’uomo non c’entrava nulla. Avrebbe sicuramente potuto fare qualcosa di più, qualcosa che andasse oltre ad una parola sussurrata a mezza voce ed un debole sorriso.
Ma il potere lo attendeva ed ogni secondo che passava il suo corpo sembrava rattrappirsi ed i suoi muscoli si atrofizzavano e se non si fosse mosso in fretta non sarebbe più neanche riuscito a camminare.
Ed allora quel “grazie” sarebbe dovuto bastare, perché non aveva la forza neanche di aprire la bocca, perché la sua mente galleggiava nel vuoto e tutto ciò che vedeva, di fronte a sé, era il buio dei cunicoli.

Cominciò a correre, senza più curarsi del Mostro e di quel tizio che gridava: corse, sfiorando la parete della galleria con la mano sinistra, ignorando i muscoli delle gambe che sembravano promettere di lacerarsi ad ogni nuovo passo, ignorando il cuore che aveva cominciato a battere così forte che forse sarebbe esploso. Non importava. Era morto. Non importava.
Correva, ignorando le proteste del proprio corpo, ignorando le ginocchia che tremavano sotto il suo stesso peso, ignorando i suoi polmoni a cui non arrivava abbastanza aria e che si gonfiavano e gonfiavano fino a lottare per spezzare quella gabbia opprimente che era la sua cassa toracica.
Correva, e quando non ci riusciva camminava, e quando le sue gambe sembravano non essere più così pesanti ricominciava a correre, senza dare ascolto al caos di voci e parole che era divenuta la sua mente, ignorando quella vocina nel retro della sua testa che strillava e strillava perché tornasse indietro, in un posto che non fosse una stretta galleria pronta a franargli sulla testa: continuava, sfiorando sempre la parete di quella grotta che sembrava dilatarsi e sgonfiarsi al ritmo di quel maledetto metronomo che si era lasciato alle spalle e che doveva essere lontano e perché lo sentiva ancora?
Non importava. Era morto. Non importava.

(Ed intanto la terra sembrava tremare e le immagini si sdoppiavano di fronte ai suoi occhi e non sapeva davvero cosa fare, sentiva solo il suo respiro divenire affannoso e la sua testa galleggiare e doveva andare avanti, camminare, correre, doveva andare avanti, anche strisciando, se costretto. Doveva andare avanti, anche se la grotta crollava sulla sua testa, anche se di fronte a lui comparivano una miriade di schifosi esseri vagamente simili a ragni.)

Insetti. Una grotta da cui colavano liquidi dal soffitto e piena di insetti: avrebbe potuto fermarsi e chiedersi se non fosse tornato indietro nel tempo, se non fosse stato nel panico per via della claustrofobia.
Avrebbe voluto gridare: era in uno stretto cunicolo, probabilmente sotto terra, evidentemente – o almeno così la sua mente continuava a ripetere – senza più molta aria, e l’unico motivo per cui non aveva cominciato a strillare era che era terrorizzato dall’idea che le onde sonore potessero, in un qualche modo, far crollare la caverna. Non sapeva come tale cosa potesse essere possibile, ma contando la sua situazione era davvero un miracolo che fosse ancora capace di un qualsiasi pensiero razionale.

Insetti. Ragni, se non si sbagliava: non che sapesse molto su quei particolari animali – combattere contro un tizio che sudava scarafaggi non era esattamente la spinta di cui aveva sempre avuto bisogno per convincersi a studiare l’entomologia – ma era piuttosto convinto che potessero essere considerati ragni.
O, comunque, quello che erano: l’importante era superarli senza essere attaccato, non dar loro un nome.

Anche se seratopodo era carino, esordì una vocina della sua mente che probabilmente era semplice frutto di quella particolare reazione che faceva concentrare gli esseri viventi sulla parte più stupida di una questione che dava loro il panico.

(Sfilò la pistola con la mano destra, sforzandosi per fare un ultimo scatto in avanti: doveva solo essere veloce, se fosse stato veloce sarebbe riuscito ad evitare quegli schifosi insetti ed avrebbe raggiunto il suo obiettivo ed era quello ciò che importava, solo quello e nient’altro.)

Correva, anche se le ginocchia cedevano sotto il suo stesso peso, anche se rischiava più volte di inciampare su uno di quegli schifosi seratopodi e la sua testa era leggera e forse stava solo galleggiando nello spazio, forse se si fosse lasciato cadere non avrebbe mai raggiunto il pavimento, forse non doveva davvero sforzarsi così tanto.
Forse: ed intanto sparava ad uno di quei quasi-ragni che si era avvicinato troppo alla sua gamba, ed intanto calciava via uno dei seratopodi che gli sbarrava la strada, ed intanto doveva correre perché nulla importava se non ottenere il potere ed il potere era in fondo a quel cunicolo e se cadeva non ci sarebbe mai arrivato.

Doveva continuare a correre fino a che non avesse raggiunto l’obiettivo che era al di là di quei ragni e non importava riprendere il fiato, non importava che fosse inciampato: doveva rialzarsi, sparare a quel coso che voleva mordergli il braccio, dare un altro calcio all’insetto che si era avvicinato troppo alla sua gamba e rialzarsi.
Doveva ignorare il morso al braccio sinistro, ignorare la testa che girava e girava e girava, costringendolo a ricadere sulle proprie gambe.

Il respiro era affannoso ed i ragni si stavano avvicinando e doveva alzarsi, doveva tornare a correre, eppure non riusciva a fare nulla, nulla se non stringere la pistola con la mano destra ed osservare mentre il mondo diveniva una macchia sfocata ed indistinta.

(Chiuse gli occhi, perché quella era l’unica cosa sensata da fare, poi agitò il braccio sinistro, allontanando l’insetto che l’aveva morso: doveva correre, quella era l’unica cosa che importava, doveva riuscire ad alzarsi, anche se i suoi muscoli sembravano essersi atrofizzati e le ginocchia tremavano.)

Mosse qualche passo incerto, rischiando di cadere ad ogni singolo movimento: attorno a lui, oltre al battito impazzito del suo cuore ed al suono confuso delle voci nella sua testa, poteva sentire il rumore dei passi di quei disgustosi ragni avvicinarsi per morderlo e fermarlo.
Cominciò a camminare, stringendo spasmodicamente la pistola, tentando di sforzare le sue gambe ad andare più veloce, ancora più veloce.
Era morto. Cosa importava che si sentisse stanco, che tutto facesse così male, che la sua milza stesse per scoppiare? Era morto. Era morto.

(Ed intanto l’aria si era fatta più pesante e lo sapeva, se lo sentiva che il cunicolo era crollato sulla sua testa e quello era solo un incubo mentre moriva lentamente soffocato: allora aprì gli occhi, senza sapere realmente perché, sapendo solo che doveva prendere una qualche prova che era solo una sua paranoia oppure sarebbe impazzito.)

Era il suo laboratorio.
Non ricordava di aver lasciato il suo laboratorio così in disordine, ma sapeva che quello era il suo laboratorio.
Ricordava quell’ambiente opprimente, quell’aria viziata che sembrava rallentare il tempo fin quasi a fermarlo. Ricordava quella disperazione che sembrava essersi impressa in ogni singolo centimetro di quella stanza, appesantendo chiunque fosse riuscito ad entrare.
Ricordava ogni singolo arto che giaceva a terra in quella confusione che non era sua: ricordava la dolce ragazza a cui aveva strappato quel braccio, ricordava la mano a cui apparteneva quell’indice nell’angolo, ricordava l’irritazione che aveva dimostrato la maga quando le aveva infine tagliato la testa che ora giaceva ai suoi piedi.
Ma soprattutto ricordava quegli occhi: quelle mille diverse sfumature di occhi che l’avevano affascinato e che aveva tolto con cura per poi ricucire nelle orbite dell’ennesimo fallimento che sarebbe poi puntualmente andato distrutto.
Le vocine nella sua testa gridavano, imitando le vittime che in tutti quegli anni aveva preso- e per cosa?
Era stato tutto inutile. Così incredibilmente, odiosamente inutile.

Quella testa, quella che stava raccogliendo con tanta cura e che teneva con la mano sinistra- quanto aveva odiato tagliarla! Quanto aveva odiato togliere la vita ad ogni singola persona i cui resti erano rimasti in quel luogo. Ogni volta era stata una violenza che aveva fatto su se stesso: ogni volta aveva calato il pugnale tremando, chiedendosi se non ci fosse un altro modo, pregando perché quella volta andasse bene, perché quella volta fosse la volta buona.
Ed ogni volta era un fallimento.

Era tutto un tale fallimento ed era tutta colpa sua.

Eppure, tentò di ragionare Liam, sovrastando per qualche attimo le grida che stavano in quel momento dilaniando la sua mente, eppure non aveva mai voluto arrivare a quel punto. Non sarebbe mai arrivato a quel punto se solo lui avesse capito- e lui non l’aveva fatto, non l’aveva mai fatto perché, alla fine-

“Come avrebbe potuto?”

Tutto ciò che aveva voluto fare era renderlo felice. Sarebbe bastato così poco- che lui accettasse la realtà, che la smettesse di incolparlo, che tornasse semplicemente ad essere felice.
Sarebbe stato così dannatamente semplice.

“Perché deve andare sempre tutto storto?”

La testa lo morse.

Fu un movimento rapido, un qualcosa che Liam non sarebbe mai riuscito a prevedere: semplicemente, tutto d’un tratto, la testa di suo fratello aveva deciso di morderlo- suo fratello?

(Strillò, scagliando la testa contro un muro e poi, quando finalmente la voce cominciò a tremare e le vene cominciarono a pulsare contro le sue tempie e la stupida testa era atterrata sul pavimento come se nulla fosse stato, le sparò contro, sorridendo mentre piccoli pezzi di ossa e cervello schizzavano contro la parete.)

“Al diavolo,” mormorò Liam, mentre la mano che stringeva la pistola cominciava a tremare e la testa girava e cominciava a sentirsi così debole, così tanto debole che quasi temeva di svenire, “al diavolo!”

Si voltò facendo perno sulla gamba sinistra che, per pochi istanti, sembrò accennare a cedere, quindi sparò ancora, mirando ad un braccio a poca distanza.
Non ricordava di chi era quel braccio. Non importava. Non importava niente.

Io ho lavorato per arrivare fino a questo risultato!” gridò l’elfo, arretrando mentre con la pistola mirava a destra e a sinistra, schizzando con lo sguardo da tutte le parti, “Io ho lavorato ed ho fatto del mio meglio ed ho ottenuto molto di più di quanto si potesse chiedere!”

Continuava ad arretrare e voleva gridare, voleva strillare fino a che la sua voce non fosse giunta fino alle orecchie di suo fratello, voleva sparare anche se non c’era nessuno a cui mirare.
Voleva gridare e dire tante altre cose ma il buio si era fatto così opprimente ed ogni boccone d’aria era un gelido mattone che passava a malapena attraverso la sua gola e non importava, non importava nulla, doveva solo girarsi e fuggire.

Doveva girarsi e

(VEDevA sé STESso. Non POtEva sbagLIARSI. NOn poteva noN ricoNOSceRe sé steSSo.)

Gli occhi erano due buchi neri che sembravano fissarlo e non erano veri erano solo la sua immaginazione ma lui non aveva occhi, poteva vederlo, niente occhi, erano stati mangiati dai vermi, i vermi li avrebbero mangiati i suoi occhi avrebbero fatto quella fine e non poteva sopportarlo non poteva sopportarlo non poteva.
Non poteva rallentare, non poteva tornare indietro, era tutta la sua immaginazione, solo immaginazione, doveva continuare a camminare anche se faceva male, faceva male, tutta colpa dei suoi muscoli e dei suoi nervi, se solo il suo corpo non fosse stato un disgustoso sacco di carne e cosa gli stava succedendo? Perché non riusciva a pensare?
Doveva pensare in modo corretto, doveva recuperare la ragione, ciò che vedeva di fronte a sé non era lui, era solo un’illusione, non stava andando incontro a sé stesso, non stava sanguinando, perché stava sanguinando? Dalle due cavità in cui dovevano esserci gli occhi usciva del sangue ed il sangue colava dappertutto, anche dalle tempie, anche dalla bocca, anche dalle orecchie, tutto scorreva lungo le sue guance, le sue guance erano due piccoli cuscinetti di carne macilenta ripieni di pus e non era lui, non era lui, era solo un illusione.
Doveva andare avanti, se si fosse avvicinato quell’illusione sarebbe scomparsa, era solo un’illusione, era solo una visione di ciò che sarebbe divenuto se non si fosse strappato di dosso la carne e gli occhi e non li avesse sostituiti con qualcosa, con il potere, il mana era caldo e si sentiva così freddo, faceva freddo ed il suo corpo stava morendo e il dolore che sentiva era il risultato del cibarsi di vermi e larve del suo corpo.
Doveva andare avanti, non sarebbe successo niente, doveva pensare in modo corretto, doveva recuperare la ragione, lui era lì, a così poca distanza, ed appena due passi e l’avrebbe toccato e sarebbero tornati insieme, sarebbero divenuti una persona completa e no, no, no, no!
Doveva andare avanti ma non poteva guardare, doveva nascondere la testa fra le braccia e sperare che fosse solo un brutto sogno e per favore, per favore, voleva solo svegliarsi, voleva svegliarsi e dimenticare tutto e fondere il ferro sopra la sua carne affinché il metallo potesse mangiarsi quell’impurità e renderlo forte.

(Abbassò le braccia e di fronte a lui non c’era più nulla. Solo un’illusione, come aveva immaginato.)

Abbassò lo sguardo e pezzi di carne macilenta cadevano dalle sue braccia lasciando intravedere i vermi che si nutrivano dei suoi muscoli atrofizzati e del pus che continuava a scorrere ed allora STRILLò, strillò, StriLLò, e tUTto Si FEce BUIO e SEnTIvA i VERMI divorAre i sUOi occhi e SULle sue GUancE COLava caldO SANGUE e STRIllò FINO a che Le COrde vOCAli NOn si LACEraroNo e La Sua TeSTa NoN EsploSE Ed il CUORE NOn
MARCÌ.




SPOILER (click to view)
[ReC : 26025 ] [AeV : 22025] [PeRF : 12025] [PeRM : 36525] [CaeM : 21025]

[C:37%][A:17%][M:7%][B:2%]


Mana: 150%
Armi: Pistola - Riposta Pugnale - Riposto
Danni subiti: Morso di ragno al braccio sinistro e alla mano sinistra, dolori vari dovuti alla fatica, terrorizzato
Tecniche utilizzate: ///
Abilità attive:

-Certo, hm, tu corri, io... arrivo subito.
A b i l i t à P a s s i v a
Liam è un negromante. Un buon negromante, a dire il vero.
Ma per qualsiasi mago, anche per un negromante, a volte non bastano due incantesimi: a volte, un mago, anzi, un negromante, ha bisogno di lanciare tre incantesimi.
Rinunciando a qualsiasi movimento, Liam può disporre di uno slot in più a turno, potendo quindi vantare una somma di tre tecniche per post.


-Non so te, ma credo di poter continuare all'infinito
A b i l i t à P a s s i v a | P e r g a m e n a R i s p a r m i o E n e r g e t i c o
Questa tecnica conta come un'abilità passiva. Una tecnica utilissima per tutti i maghi e stregoni che fanno uso di magie complesse e dispendiose. Grazie a questa pergamena, infatti, i costi di tutte le tecniche e abilità attive saranno ridotti del 3%, e se una tecnica andasse, in questo modo, sotto lo 0% o allo 0% stesso, verrebbe riportata all'1%.
La tecnica non ha consumi energetici, ed è sempre attiva.
Una tecnica estremamente utile per qualsiasi combattente magico.


Azioni: Spara ed elimina uno dei ragni, dà qualche calcio per allontanarne un paio (i ragni ne escono incolumi, questa volta), inciampa, viene morso, subisce una prima illusione di livello Alto, prende in mano uno dei ragni scambiandolo per una testa, si fa mordere una seconda volta, gli spara, spara ad un altro ragno che scambia per un "braccio" e subisce un'epic freak out of epicness.

Note: Oooora, la prima illusione è di livello alto, quindi Liam sta relativamente bene... freak out a parte. Il secondo morso, comunque, va ad aggiugnersi al primo, cosa che gli fa avere un'allucinazione di livello critico. Come farò a fargli recuperare il senno? Farfalla.

Liam Merihim, signori: l'unico il cui problema che ha per il proprio corpo può far dire ad una psicologa "ma perché non potevi essere anoressico?"


Edited by :.Sehnsucht.: - 20/6/2010, 22:20
 
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view post Posted on 23/6/2010, 15:10
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Esempio
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Aspettò una risposta che non tardò ad arrivare. Un raggio di luce in quell'antro putrido e marcrescente. Un balsamo versato su una pustola infetta. Una panacea denominata speranza. Il colletto bianco riservò un cucchiaio di quella medicina - o magari un ingannevole placebo - alle tre anime che sostavano alla sua presenza. I suoi occhi si spostavano stancamente da un corpo all'altro, ma fu solo quando quelle orbite si incrociarono con quelle di Joey che egli capì che non si trattava di uno scherzo.
La loro presenza lì poteva essere temporanea, oppure perpetua, andando a costituire l'ennesimo rimpolpo a quel succo mefitico che veniva secreto dalle pareti della spelonca. Quella prospettiva lo terrorizzò più di ogni altra cosa.
Non voleva stare in quel buco un secondo di più, e mai prima d'ora aveva desiderato con tanta visceralità il caldo bacio del sole sulla pelle.
« ...dovete semplicemente uscire di qui. »
Accompagnò quelle parole con un gesto della mano, indicandogli un tunnel attraverso cui proseguire.
« Ci puoi giurare, cazzo. »
Si sfilò dal taschino della giacca un pacchetto di sigarette consunto, lanciandolo distrattamente verso quello che aveva identificato come un accanito fumatore. la custodia conteneva una decina di cicche arrotolate a mano; era il suo modo per ringraziarlo, più efficace di una pacca sulla spalla, o di stupide parole di circostanza per un uomo che avrebbe passato il resto dell'eternità ad accogliere i morti.
Gli diede immediatamente le spalle, intravedendo la schiena di quel moccioso per un attimo, prima che l'oscurità lo inghiottisse completamente. Quell'immagine fece vacillare per un istante le sue intenzioni, che tuttavia ritornarono salde nel momento in cui la pianta del piede destro si staccò da terra per completare il primo passo.
Corse nel buio, rischiando di cadere dopo nemmeno cinque metri. Il suo fisico sembrava come prosciugato di ogni energia, lasciandolo con le forze a malapena sufficienti per tenersi in piedi. Non aveva badato a questo particolare, dato che si era tuffato nel terrore senza nemmeno avvolgere una cima di soccorso.
Ansimava, dopo aver fatto nemmeno dieci metri.
I muscoli già irrigiditi, il cuore che pulsava forte nelle orecchie, e quel senso di gelo alla gola, facendo assomigliare ogni boccata d'aria ad una gelida lama che gli si conficcava nella carne arroventata.
Nella sua testa, sempre più in carenza di ossigeno, si formò l'immagine del suo corpo, nudo, che a poco a poco veniva assorbito da quel luogo. La carne si ritirava, lasciando spazio alle ossa lucide che si frantumavano un istante dopo. Tutto diventava nero, liquido, immergendosi in quel fiume in piena di cui poteva sentire il rumore in avvicinamento.
Sussultò forte, acquistando un pizzico di lucidità nella sua follia. Avanzare, era questo il nodo cruciale della questione, e lui lo avrebbe fatto anche strisciando.
Camminava in avanti, respirando rumorosamente dalla bocca, mentre una leggera patina di sudore gli teneva i capelli incollati alla pelle, e la catena strisciava rumorosamente a terra, producendo un eco metallico che rimbalzava sulle pareti in lontanaza, facendolo assomigliare più ad uno spettro che a un uomo.
Passò così qualche minuto, anelando ad ogni passo una lama di luce in lontananza, un segno che potesse moltiplicare le sue energie invece di prosciugarle completamente.
Scorse il primo occhio come un luccichio, scuotendo forte la testa pensando ad un'allucinazione e continuando ad avanzare, sperando che questi sparissero. Pregando che sparissero.
Pozzi gialli senza espressioni parvero fiorire dall'oscurità, facendo ticchettare le loro zampette in un modo che ricordava quel dannato metronomo. Ragni, una quantità enorme di aracnidi che avanzavano verso di lui pronti ad attaccare da un momento all'altro. Joey strinse il pugno destro, richiamando la Fauce dalla sua dimora di pelle; supplicando le sue grazie.
« Aiutami... »
Il senso di vuoto che seguì quel silenzio fu ancor più angosciante della sua dipartita. Lei si limitò a tintinnare, rimanendo immobile dinanzi a quello stuolo di creature. Era morto anche per lei, la sua Dama, rimasta immobile davanti ad una richiesta di protezione, lasciandolo solo in balia degli eventi.
Solo.
Era sempre stato così, fin da quando si era risvegliato alle Bianche Mura. Un reietto, compagno solo di se stesso e della propria pazzia che lo portava a pensare di poter trovare in un pezzo di ferro tracce della sua vita passata.
Solo.
Anche quando aveva aperto gli occhi in quella vasca verdognola, mentre il suo corpo galleggiava in uno strano liquido, e nessuna madre guardava il frutto del proprio grembo.
Solo.
Privato dell'unica compagna che sembrava capire veramente le sue sensazoni, provando paura e amore in egual misura ogni qual volta che pensava a lei.
Analeen.
Menò una frustata con la catena, allo scopo di aprisi un passaggio sicuro da attraversare, notando come quel colpo che aveva piagato uomini e mostri non riusciva nemmeno a schiacciare quei maledetti insetti. Avanzò mulinando la sua arma, conquistando ogni metro con i muscoli della braccia ed il sudore della fronte, cercando di mettere a tacere quell'orrore che aveva in testa.
Follia.
Era ancora fermo, con la Fauce che, immobile, pendava dal suo stanco braccio. Gli occhi fissi nel vuoto sembravano privi di vita, opachi, come se stesse guardando attraverso una spessa lastra di vetro. Il motivo di quel comportamento era sul suo collo; un marchio, un foro non più ampio di qualche millimetro da cui fluiva una leggera scia di sangue.
Un cadavere era deposto poco più in là, in una pozza di sangue appiccicoso. Insetti di vario genere ne traevano alimento, rifocillandosi in quella lordura come ad un banchetto regale.
Le vesti cerulee, la pelle bianca come l'avorio; quella era la sua compagna, e la sua testa era stata recisa di netto.
Rimase immobile per qualche secondo, rifiutandosi di credere a ciò che aveva dinanzi, poi gridò con tutta la forza che aveva in gola, facendo esplodere puntini evanescenti davanti ai suoi occhi. Corse disperatamente verso il corpo tremendamente mutilato della donna, sollevandola tra le sue braccia con uno sforzo immane.
Piangeva, e non gli importava più nulla. La vita la morte, tutto ora appariva inutile, e lui era solo un sacco di carne senza alcuno scopo. Non importava la stanchezza, ne il dolore che proveniva da un secondo morso alla mano.
Tutto appariva come svuotato, privo di logica e significato.
Il mondo si era fatto rosso, tutto d'un tratto.
La sola cosa che riusciva a sentire non era la tristezza, ma un senso di fame che sembrava allargare il suo stomaco come senso di colpa. Aveva la bava, e le iridi più rosse che mai. Aveva le fauci scoperte, ed aveva mandato al diavolo quell'insulso pezzo di ferro.
Fame.
L'unica cosa commestibile era a portata di mano.
Lacerò con un morso la pancia piatta della donna, masticando ed ingoiando insetti assieme a pezzi di carne. Sentiva il loro sapore mescolarsi nel palato, e scendere giu nella gola come succulento miele.
Ancora, ancora.
Scavò nelle sue interiora, straziando le budella a mani nude alla ricerca di qualcosa di più succulento. La sua mano strappò via un rene, e ammirato per qualche secondo con golosità, lo addentò come se fosse una mela, spappolandolo tra i denti, facendo colare tutto il succo giù per il mento.
Rideva isterico.
Quella era Analeen, ed adesso sarebbero stati nuovamente insieme, per sempre.
Sorrideva, mentre in realtà avrebbe voluto uccidersi, infilare le dita negli occhi e trapassarli come burro per poi strapparsi il cervello dalle orbite.
Odiava sentirsi così soddisfatto, ed odiava quel senso di sazietà che lo stava portando a fare a pezzi il corpo per trascinarselo dietro lungo il tunnel.
Si odiava mentre immaginava un altro delizioso spuntino con quella succulenta pietanza.
Ma era così felice.



SPOILER (click to view)
Chiedo scusa per il ritardo e per lo schifo perchè questo post solo così può essere riassunto. SCHIFO. Sia dal punto di vista dei contenuti, sia per la forma. Chiedo perdono ma è stato più difficile di quanto mi aspettassi. Per quanto riguarda gli eventi, vorrei fare due note.
1) Non sò se ho sbagliato ad interagire così con Cheval, ma non sò perchè mi andava come idea :wow:
2) La sequenza con cui si svolgono le allucinazioni è volutamente contorta. Joey immagina cose strane prima che i ragni lo mordano, per poi continuare in una spirale di morte.
Amen.

P.S. lo specchietto mi pare superfluo, per ora, ma se serve posso inserirlo ^^
 
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Kishin
view post Posted on 23/6/2010, 21:22




Soppesò il pacchetto di sigarette appena donatogli con malcelata simpatia, mentre allungava lo sguardo sui tre curiosi personaggi che - diversamente da molti altri che li avevano preceduti - s'erano immediatamente diretti nei cunicoli, per nulla intimoriti, senza fare alcuna domanda.
Aprì il pacchetto, e fu sorpreso nello scoprirlo pieno di paglie tutte da godere.
« Tsk. »
Barbugliò gettando lontano il proprio, vuoto.
« Appena in tempo. »

---

La tela del ragno.
Basta un gesto, un sussurro, un alito di vento perché essa vibri e si scuoti a forza incredibile, richiamando i predatori che la abitano - aracnidi che sono tra gli esseri più crudeli di tutto il regno animale.
Esseri che avevano già catturato uno dei tre avventurieri, mentre gli altri due combattevano i propri incubi.
E ora quattro di loro attendevano pazienti che le proprie prede si scoprissero, per gettarsi loro indosso - e divorarle.

CITAZIONE
La prima cosa che notate terminata la visione è che Stray è scomparso nel nulla (@Stray: il malus con il quale uscirai dalla quest te lo comunicherò fra qualche post, ma non preoccuparti, non sei morto).
La seconda cosa che notate, invece, è che intorno a voi ci sono quattro dei ragni che vi hanno attaccato prima - solo che questa volta sono grandi. Molto più grandi. Per la precisione hanno la dimensione, più o meno, di cavalli da tiro.
La terza cosa che notate è che siete intrappolati in una ragnatela.

Dunque - ecco le regole del prossimo post: innanzitutto, recuperate parte dei vostri poteri. Per la precisione potete rialzare al valore originale due (e solamente due) delle vostre caratteristiche fisiche. In seguito, potete recuperare un massimo di tre tecniche: passive, attive... non ha importanza; massimo tre in totale.
Il prossimo post gestitelo come un normale round di combattimento: la ragnatela ha una resistenza Media (basta un danno medio per liberarsene) e appena aprite gli occhi - tempo qualche secondo - ognuno di voi viene attaccato da due Bebilith - i ragni. Ognuno di questi aracnidi conta come un'evocazione di potenza media di energia rossa, dunque regolatevi per bene. Vi attaccano tentando di lacerarvi con le loro zanne, in differita di qualche secondo l'uno dall'altro.

Per qualsiasi domanda, come sempre, utilizzate il bando.

 
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view post Posted on 24/6/2010, 14:31
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Esempio
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Lentamente quella follia sfumava dal suo cervello, lasciandolo raffreddare dopo l'eccessivo stress a cui era stato sottoposto. Si sentiva via via più leggero, come se il suo corpo si andasse scomponendo in fili di fumo nero. Si sentiva confuso, spaurito, mentre un senso di tristezza si diffondeva nel suo stomaco, ora nuovamente vuoto.
Lei era solo un mito in cui credere, un parto della sua mente malata, febbricitante. Non sentiva il sapore del sangue in gola, ne tantomeno l'odore o la sua consistenza sulla pelle.
Si sentiva sporco, lercio, e provava una vergogna così grande per ciò che aveva pensato da non riuscire nemmeno a muoversi. Era regredito ad embrione, e l'unica cosa che riusciva a fare era starsene al caldo, nel suo guscio, lontano dagli occhi altrui, aspettando.
(Sveglia)
Si rigirò in quella placenta pigramente, quasi come se fossero delle calde coperte attraverso cui ripudiare il giorno. Voleva starsene lì, aspettare che il tremore delle ossa e del cuore finalmente cessasse. Era solo un cucciolo dopotutto, perchè chiedergli così tanto?!
(Apri gli occhi)
Conosceva quella voce, era la stessa che lo aveva accompagnato in quella folle discesa negli abissi, e come prima sembrava provenire dalla sua testa. Si afferrò le tempie con le mani, cercando di scacciare via quell'insistenza che lo stava destando. Perchè doveva ascoltarla? L'aveva forse aiutato quando glielo aveva chiesto? Non era rimasta forse in disparte a guardarlo mangiare Analeen? A farla diventare parte di lui?
(Joey)
Era rimasta inerte, gustandosi la scena che lo aveva spinto fin sul baratro della pazzia. Era rimasta a guardare dalla finestra, mentre quello che chiamava amato supplicava il suo aiuto. Puttana, traditrice, come osava ora chiamarlo per nome? Voleva essere lasciato in pace, affondare in quel buio sempre più profondamente.
(SVEGLIA STRONZO!!)
Con un grido di protesta, i suoi occhi si accesero nuovamente, mettendo a fuoco l'ambiente circostante. L'interno della maschera era completamente sporco della sua bava, così come il suo corpo completamente atrofizzato dalla sforzo fisico. Poco distante dalla sua posizione, si trovava quel maledetto moccioso che lo aveva preceduto nel tunnel; aveva gli occhi chiusi, ed emanava terrore da ogni fibra del suo corpo, come una puzza malsana. Del terzo, quello con la maschera d'osso, non c'era più nessuna traccia. Pochi metri più in là c'era la risposta ai suoi interrogativi. Ragni, ancora, stavolta fottutamente enormi, al punto da strappargli un gemito di paura.
Li osservò un istante, prima che questi si tuffassero con le fauci spalancate verso di lui, una coppia affamata che faceva roteare gli innumerevoli occhi per la frenesia. Provò a muovere le braccia, per cercare di fare da scudo a quelle zanne che lo avrebbero troncato certamente in due, ma era tutto inutile. Non poteva muovere nemmeno un muscolo, ed abbassando lo sguardo capì il perchè. Una fitta ragnatela bloccava completamente il suo corpo; nient'altro che una grossa mosca.
« Vieni da me... »
Un sussurro, di quelli che usano gli amanti per parlarsi nell'oscurità della loro stanza. Leggero, seducente, del tipo che avrebbe fatto impazzire la sua donna. Non una richiesta d'aiuto stavolta, ma un semplice invito a ricongiungersi.
Un bacio.
L'unica cosa che avrebbe mosso la sua sposa di metallo a muoversi era quel tipo di richiesta. Si sollevò mentre i ragni si gettavano verso di lui, avvolgendosi attorno al suo corpo come una serpe, stringendo gli anelli fino a far male, come a fargli sentire le sue unghie sulla carne, come per fargli sentire la passione che la muoveva.
(Perdonami)
L'aria sfrigolò attorno al suo corpo, sprigionando una vera e propria onda d'urto, liberandolo da quella prigione viscosa e proteggendolo dall'assalto di quelle creature che cozzarono contro una sorta di muro invisibile, grugnendo per la sorpresa ed il fastidio. Il Patto si consumava, ancora una volta. Lo strazio che quel legame comportava ad ogni minima fibra muscolare rasentava l'utopia, producendo nell'aria l'ennesimo canto di gioia fatto di sangue e fredda energia. Difendere in cambio di vita, drenandola dell'altro semplicemente sfiorandone le labbra.
Una sensazione assai simile all'orgasmo.
La mano che impugnava la Fauce era libera di orchestare i suoi soliti movimenti, attaccando il ritmo di quello che sarebbe stato un valzer di morte.
Lasciò che il primo tempo di quella danza distruggesse la costrizione a cui il suo corpo era legato, recidendo i fili della ragnatela già ampiamete indeboliti. Il secondo passo fu quello di guadagnare una posizione più vantaggiosa, al fine di tenere sott'occhio ogni essere vivente della sala. Il terzo, ed ultimo, tempo fu dedicato a mettere fine a quell'esibizione, spingendo sinuosamente la sua sposa, a Fauci spalancate, verso uno dei due ragni giganti. La catena avrebbe dovuto avvolgersi attorno alle sue rachitiche zampe, immobilizzandole dapprima, per poi cercare di strapparle via con uno strattone.
Il finale.
L' attimo di goduria che rende più dolce ogni amaro sforzo, l'istante in cui le vesti smettono di essere soggette a movimenti schematici e si fermano, gli occhi si incontrano, i respiri si scambiano, i sorrisi si stampano. Ed era quello che sul suo volto rieccheggiava tra rughe di espressione amplificate dallo sforzo; il sorriso. Aspettava il suo finale, l'attimo in cui il suo attacco avrebbe dato vita ad un quadro fatto di sangue, l'attimo in cui avrebbe smesso di desiderare quella bocca.


SPOILER (click to view)

{ ReC 25 } . { AeV 25 } . { PeRf 25 } . { PeRm 200 } . { CaeM 425 }


Energia : 85%
Danni : Stanchezza Media al corpo, danno Critico alla psiche in via di miglioramento
Equip : La Fauce (In Scena) La maschera (indossata) Il Medaglione (indossato)
Passive :
Dalla Calma...la Capacità : Questo non è altro che il primo dei privilegi concessi a Joey dall'esperimento a cui egli è stato sottoposto. Essendo un rinnegato, un anima peccatrice, un vagabondo, egli ha dovuto temprare il suo spirito oltre che al suo corpo. Un pesante alone di indifferenza e calma è piombato sulla sua coscienza, risvegliando poteri sopiti nel tempo. Difatti rimanendo in questo stato Joey è in grado di maneggiare le sue armi con una perizia incredibile, muovendole come burattini nelle sue mani, e riuscendo a farle compiere le azioni più strabilianti. Questa sua capacità però riesce a manifestarsi solamente nelle occasioni in cui riesce a mantenere il sangue freddo; se colto da una forte emozione invece la sua bravura scivolerà via dal suo corpo, precisamente dalle sue dita, in maniera così repentina e improvvisa, da disarmare persino colui che noterà tale cambiamento. Inoltre colui che fa della velocità la sua arma vincente la velocità e la calma, non può minimamente pensare di fare suo un attributo come la forza. Sarebbe come cercare di conciliare il bianco ed il nero, il giorno e la notte. Joey, che vive quotidianamente questa sorta di dualismo, conosce perfettamente i suoi limiti, e anche se talvolta cerca di superarli, mai si sognerebbe di impugnare armi titaniche, o avere la presunzione di sfruttare la sua forza fisica per fare seri danni; tutt'altro. Alla brutalità preferisce la grazia, sebbene non disdegni qualche particolare raccapricciante durante le sue schermaglie, ma in generale lui può essere definito un artista della pugna, un maestro dell'offesa. Queste sue doti peculiari sono state esponenzialmente aumentate nell'incontro con la divinità, facendo del profano un essere davvero fuori dal comune. Ogni suo colpo infatti sarà superiore rispetto a quello di un normale essere umano, sebbene la forza fisica immessa sarà addirittura inferiore alla media. Com'è possibile una cosa del genere vi starete chiedendo. Ebbene, la sua umana divina trascendenza gli ha donato la capacità di saper colpire con precisione chirurgica il bersaglio. Un potere di tutto rispetto, dato che alla lunga spesso fa la differenza poichè, laddove gli altri lasciano ferite superficiali, lui apre squarci nella carne, immergendosi nel dolore altrui e innalzandolo a sacrificio per il Divino. Eppure, anche se tanto abbiamo disquisito sulle sue capacità offensive, è necessario soffermarci anche su quelle difensive. Lui non indossa protezioni di alcun genere, scudi o armature che dir si voglia. La sua carne è sempre esposta alla lama avversaria, ma non per questo risulta essere una facile preda. Joey infatti, possiede dei riflessivi al limite della preveggenza che gli consentono di fronteggiare con rapidità e accortezza qualsiasi tipo di attacco. Che siano visibili o meno non fa differenza. Il dannato conoscerà sempre la loro posizione, riuscendo a fronteggiare le loro offensive e a spiazzarli, prima che questi abbiano portato a segno il loro colpo. Per compiere tali operazioni, però, è necessaria una resistenza ed una caparbietà fuori dal comune, armi che sono state fornite al reietto per combattere la sua personalissima crociata.
[Passiva III livello WS]

Attive :
« Dalla Concentrazione...la Precisione » Un risvolto particolare delle abilità del reietto sono le sue capacità offensive. Essi infatti si baseranno principalmente su velocità e concentrazione, che diveranno la chiave di volta per ogni duello. Ma come combatte realmente Joey? Beh dare una spiegazione a tale quesito non è troppo difficile per chiunque l'abbia visto all'opera almeno una volta. Il mezzo attraverso cui si propagano le sue offese, è la sua amata Fauce, che agisce da Boia e Compagna al tempo stesso, silenziosa e letale. Attingendo ad un quantitativo di energie pari a Basso infatti, il giovane sarà in grado di riversare tutta la sua concentrazione nella sua Dama, donandole un potere distruttivo senza eguali. Un effetto simile può essere ottenuto utilizzando un costo Medio di energie. In questo caso, il guardiano, ricoprirà la sua arma di un pesante alone di distruzione, trasformando ogni colpo fisico in una tecnica pari al consumo utilizzato. In questi frangenti, l'arma acquista una forza ed una velocità spaventose, riuscendo a superare innumerevoli difese, cogliendo di sorpresa l'avversario, che avrà l'impressione di fronteggiare un normale pezzo di ferro, e non una Belva. Molti sono coloro che caddero sotto i suoi colpi, e molti altri lo saranno per via della natura infida del colpo. Bloccare fisicamente un'offesa del genere infatti, risulta quasi impossibile per chiunque, rendendolo un facile bersaglio. <s>Di sicuro si tratta di una delle tecniche maggiormente utilizzate dal peccatore, che però talvolta è costretto a dover utilizzare le maniere forti, dando sfoggio di capacità ancor più temibili. In questi allora, egli brucerà dalle proprie riserve, un ammontare di energie pari ad Alto da riversare direttamente nella sua Fauce, che acquisterà una potenza straordinaria, capace di spezzare ossa come fossero fragili fuscelli, o nel caso in cui impatti con la lama avversaria, di frantumarla in due, rendendo il portatore totalmente inoffensivo e alla sua totale mercè. Ogni colpo basa la sua potenza sulla CaeM dell'agente, e non sulla PerM.
[Attiva del dominio WS, primo livello]

« Dalla Sofferenza...la Protezione » Più e più volte vi ho parlato delle capacità del peccatore e della sua Fauce, tuttavia tutte le parole spese fino a questo momento, non rendono appieno omaggio alle letali potenzialità del duo. Fino a questo momento ci siamo soffermati a descrivere le modalità di attacco di Joey, ma come avrete capito, egli non è un massacratore, un barbaro che si getta con foga nel bel mezzo del combattimento. Tutt'altro! La sua è una mente fredda e razionale, e la sua psicologia si riflette appieno nello stile di combattimento. Oltre all'offesa, infatti, l'arma di Ahasuerus è capace di invidiabili capacità difensive. Lei non è altro che un segno della sua volontà, una parte del suo essere, che funge da Guardiana al suo figlio maledetto. Proprio per questo motivo dunque, egli sarà in grado di richiamare su di se una sorta di protezione, che si manifesterà attorno alla sua persona con un consumo di energie Variabile. Tale invocazione però presenta i suoi pro e contro, in quanto consentirà al giovane di poter fronteggiare qualsiasi offensiva, ma contemporaneamente, comporterà un sacrificio nel corpo, sottoforma di stanchezza e spossatezza. Alle amanti non piace essere disturbate, punendo con indifferenza le loro preghiere. All'atto pratico Joey riceverà un danno Basso al corpo se erigerà una difesa fino a livello Medio; trascendendo tali limiti, il danno subito aumenterà di un livello, rodendo con ferocia maggiore il corpo del maledetto.
[Abilità Personale (3/5) Bolla di protezione con malus. Attiva Variabile. Usato Medio]

Note : Ce l'ho fatta!! *esulta* bando alle ciance, dopo essermi ripreso, ed essermi accorto dell'attacco imminente, carico una bolla di protezione di livello Medio per parare gli attacchi dei due cosi, lasciando che attacchino la loro stessa tela. Dopodichè utilizzo il potere del dominio per liberarmi completamente e cercare di attaccare uno dei due in modo tale da strappargli via le zampe. Volevo liberare Liam, dato che lui potrebbe farli bruciare tutti allegramente, tuttavia il suo odio nei miei confronti mi ha fatto pensare che sarei bruciato coi ragni :look:

P.S. alcune frasi provengono da canzoni degli Slipknot, mentre l'attacco finale è scandito a tempo di valzer, che appunto ha tre tempi.
 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 29/6/2010, 19:33




You'll be a success
That's what she said.





Gli faceva male la testa.
C’erano milioni di altri pensieri che riempivano la sua mente in quel momento, milioni di voci che non facevano che strillare e tentare di dire la loro verità: ma, per quanto lo riguardava, gli faceva semplicemente male la testa.
Sentiva che c’era qualcos’altro. Sapeva che bastava aprire gli occhi per vedere qualcosa di nuovo, qualcosa che lo avrebbe terrorizzato e che non voleva vedere e non doveva aprire gli occhi, non doveva aprire gli occhi.
Come poteva essere? Non aveva più degli occhi.

Gli faceva male la testa e non doveva pensare, se lo avesse fatto gli sarebbe esploso il cervello e non poteva sopportarlo. Non poteva.
Doveva dormire e sperare che il mondo al di là delle sue palpebre scomparisse: e magari, se fosse riuscito a dormire abbastanza, il suo corpo sarebbe divenuto di pietra e non avrebbe più dovuto soffrire.
Gli faceva male la testa ma non importava, doveva tenere gli occhi chiusi, doveva dormire e dimenticarsi di quei vermi che avevano tentato di divorare la sua carne e sperare che per quando si fosse svegliato avesse dimenticato tutto.
Doveva dimenticare tutto, o sperare che il suo cervello marcisse abbastanza da non farlo svegliare più.

(Liam non si era reso conto che gli era impossibile muoversi: ciò avrebbe richiesto, da parte sua, un minimo tentativo di interagire con il mondo esterno e l’elfo era, in quel momento, troppo occupato a rannicchiarsi nel suo bozzolo di paura ed orrore per fare qualsiasi cosa. La sensazione di non sentire la propria carne marcire non era ovviamente abbastanza per scalfire in un qualche modo tale bozzolo: ebbe un po’ più di effetto il lancinante dolore alla coscia destra che tanto riportava alla sua mente l’immagine di uno psicopatico che, con classe e calma, recideva muscolo per muscolo in un lento scavare per raggiungere l’osso.)

Ogni singola fitta raggiungeva il cervello ed era come una coltellata, una nuova coltellata che si aggiungeva alle altre e non riusciva a pensare, non riusciva a sentire nulla, sentiva le voci strillare e dimenarsi quasi stessero spargendo il loro sangue nella sua mente e come osavano? Doveva pensare chiaramente e non poteva farlo quando i suoi neuroni erano tutti pieni di sangue, non poteva.
Doveva pensare chiaramente, doveva respirare, doveva guardarsi attorno e rendersi finalmente conto che sì, aveva davvero gli occhi aperti.
Aveva degli occhi, era vero, aveva gli occhi aperti, era un’altra fondamentale realtà, e sopra di lui c’erano due ragni enormi che lo avrebbero morso e se l’avessero morso la sua carne si sarebbe riempita di pus e i suoi occhi sarebbero stati mangiati e il suo sangue si sarebbe rinsecchito e non voleva essere morso, non doveva essere morso, non poteva, avesse anche dovuto strillare per sempre non poteva farsi mordere di nuovo, non poteva, non poteva, non poteva.

(La zanna del secondo ragno si era abbassata, ma per una qualche ragione non l’aveva colpito. Dapprima non riuscì a capire perché: era sicuro di non essersi mosso. Tutto ciò che aveva fatto era stato strillare mentre calde scintille si diramavano dal suo petto verso il resto del corpo e poteva sentirsi cadere, poteva sentire il calore delle fiamme tutt’attorno a lui e ciò non avrebbe dovuto essere possibile.)

Non ci volle molto prima che la sua schiena finalmente toccasse il pavimento nel modo meno delicato possibile.
Era difficile riuscire a capire che cosa fosse realmente successo: era come se un gigante avesse improvvisamente deciso di dargli una martellata e la parte anteriore del suo scheletro si fosse sbriciolata per l'urto.
Una sensazione sicuramente spiacevole- ma non importava. Poteva essersi rotto ogni singola vertebra, poteva essersi spaccato il cranio, poteva perfino essere morto: non importava.
Ciò che importava era che il calore era lì, e che sarebbe bastato chiudere gli occhi perché quelle vecchie immagini che lo accompagnavano da sempre riprendessero luce e colore.

Il mana scorreva nelle sue vene ed era come ritornare bambino, era come se stesse correndo nel prato vicino al villaggio e il sole stesse splendendo sulla sua pelle.
Le fiamme nascevano dalle sue mani e quel piccolo braciere sembrava essere lo stesso che riscaldava il salotto di casa nelle fredde sere d’inverno.
Chiudeva gli occhi e gli sembrava quasi che ciò che le vocine stavano mormorando, nei più profondi anfratti della sua mente, altro non fosse che una delle poesie di suo padre.

Rideva mentre il fuoco volteggiava attorno a lui, rideva mentre con ampi ed eleganti movimenti delle braccia modellava le forme sinuose delle fiamme, rideva mentre creava un muro di fiamme che sarebbe volato verso quegli schifosi seratopodi che non avrebbero mai più avuto nessun potere su di lui.



SPOILER (click to view)
[ReC : 26025 ] [AeV : 22025] [PeRF : 120] [PeRM : 365] [CaeM : 21025]

[C:37%][A:17%][M:7%][B:2%]


Mana: 150% - 7 - 17 = 126%
Armi: Pistola - Riposta Pugnale - Riposto
Danni subiti: Morso di ragno al braccio sinistro e alla mano sinistra, taglio profondo alla coscia destra, botta alla nuca e dolori vari alla spina dorsale causati dalla caduta
Tecniche utilizzate:

-Oh, le fiamme dei ricordi! Puoi sentirlo, hm, il calore di casa mia? (x2 ; Medio - Alto)
A b i l i t à A t t i v a | C o n s u m o V a r i a b i l e | P e r g a m e n a P a d r o n a n z a d e l F u o c o
Il mago riesce a dominare completamente l'elemento fuoco. Potrà generare fiammate, colonne di fuoco, muri, palle di fuoco, raggi et simili. Nel momento in cui attiverà la tecnica verrà come circondato da una strana aura vermiglia che servirà solo a detenerne l'attivazione. Da questo momento, dal suo corpo, potrà emettere delle fiamme che potrà manipolare grazie a precisi movimenti delle mani e delle dita, una volta emesse.
Le fiamme che fuoriusciranno dal corpo potranno essere ancora gestite, una volta abbandonata la sua figura.
Le fiamme potranno essere emesse anche in un'area di un metro intorno a se.
Per manovrarle, comunque, sono necessari espliciti movimenti delle mani, in modo da dare degli ordini ben precisi al fuoco, come un direttore d'orchestra.
Mantenere attivo questo controllo comporta un grande consumo di energia, e per attivarlo e necessario almeno un secondo di ferma concentrazione.
Il fuoco provocherà ustioni di bassa, media, alta o critica intensità sul corpo dell'avversario, a seconda del costo pagato, e potrà muoversi piuttosto velocemente.

Abilità attive:

-Certo, hm, tu corri, io... arrivo subito.
A b i l i t à P a s s i v a
Liam è un negromante. Un buon negromante, a dire il vero.
Ma per qualsiasi mago, anche per un negromante, a volte non bastano due incantesimi: a volte, un mago, anzi, un negromante, ha bisogno di lanciare tre incantesimi.
Rinunciando a qualsiasi movimento, Liam può disporre di uno slot in più a turno, potendo quindi vantare una somma di tre tecniche per post.


-Non so te, ma credo di poter continuare all'infinito
A b i l i t à P a s s i v a | P e r g a m e n a R i s p a r m i o E n e r g e t i c o
Questa tecnica conta come un'abilità passiva. Una tecnica utilissima per tutti i maghi e stregoni che fanno uso di magie complesse e dispendiose. Grazie a questa pergamena, infatti, i costi di tutte le tecniche e abilità attive saranno ridotti del 3%, e se una tecnica andasse, in questo modo, sotto lo 0% o allo 0% stesso, verrebbe riportata all'1%.
La tecnica non ha consumi energetici, ed è sempre attiva.
Una tecnica estremamente utile per qualsiasi combattente magico.

Azioni: Subisce una ferita, vede il secondo ragno, brucia la ragnatela attorno a sé (lo so, questa parte è molto glissata...) e cade a terra, si rende conto che, ehi, può utilizzare di nuovo il fuoco e crea un muro di fiamme di livello alto che si dirige contro i due ragni.

Note: Uff... mi dispiace ç_ç

Your temperament's wrong for priesthood and teaching will suit you the least! So be a deeeentist... :8D:
 
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Kishin
view post Posted on 30/6/2010, 23:35




I due predatori mulinarono in aria i cheliceri, nell'improvvisa consapevolezza del fatto che non sarebbero riusciti a catturare le due prede innanzi a loro.
Le loro zampe vennero strappate, i loro corpi bruciati. Poi, quando persino nelle loro menti iniziò a farsi strada l'idea che non sarebbero riusciti a sfuggire ai loro premi, le pareti del cunicolo iniziarono a tremare. Prima lentamente e leggermente, come una finestra su cui batte una leggera pioggierellina estiva - poi più forte, come se fossero sbattute dal vento, poi completamente immerse nella tempesta.
Tutto iniziò a cadere e franare, come se si trovassero nell'epicentro di un fottuto terremoto.
I Bebilith fuggirono per le caverne, nascondendosi nelle tenebre della spelonca e sparendo alla vista delle loro prede in breve tempo - qualche attimo dopo, giunse l'onda.
Un oceano di liquami nauseabondi e dal colore scuro, che iniziarono a farsi strada per i cunicoli con la forza di uno tsunami. Un vero e proprio cavallone di lubrici acidi che si sarebbe abbattuto sui due avventurieri sciagurati
sempre che questi non avessero in mente altrimenti.

CITAZIONE
Esatto. I ragni scappano perché sento il rumore dell'acqua - o meglio, del liquido - che inizia ad abbattersi per i budelli con la forza di un fiume che ha appena sfondato gli argini. Questa è una colata di acido della potenza pari a due mortali.
Potete reagire nel prossimo post come preferite, ma:

1. Non recuperate ulteriori tecniche/caratteristiche oltre a quelle ottenute in questo precedente post.
2. Gestite il post come un normale post di combattimento (due slot, dunque, etc. etc.)
3. Che riusciate a difendervi dall'acido o meno, venite comunque colpiti dall'onda e trascinati via da lei al termine del post.


Potete organizzarvi tra voi due come meglio credete, se preferite. Cinque giorni per postare, come al solito. Per le domande usate pure il bando.

 
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17 replies since 7/6/2010, 17:54   922 views
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