Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Test 03/A

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Arlic
view post Posted on 21/10/2010, 14:50




Test 03/A
- Gli errori non si devono ripetere -
Cavie: n.1 (Rain), n.2 (Drakar), n.3 (Zaide), n.4 (Zell)
Dirige Dr. Kasumi
Assiste il Dr. Liam Merihim



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Nell'aria c'era un odore diverso, un profumo che Kasumi prediligeva sopra ogni altro odore: farmaci, sangue, disinfettanti e infezioni. Era l'opporsi della malattia ai metodi di guarigioni che dava vita all'olezzo ospedaliero, permeava nell'aria in maniera materna e arrogante, toglieva le speranze a volte, lasciava indifferenti gli uomini, li rendeva maggiormente sensibili al dolore, alla paura impellente della morte.
Ruotò su se stesso nello stanzone bianco: il soffito era costituito da un'intricata ragnatela di fili traparenti su cui alleggiavano delle fimme blu elettrico, le pareti riflettevano quella luce rendendo l'ambiente chiaro come se si fossero trovati nella via principale di Gerico a mezzogiorno; ma non c'erano finestre in quella saletta, solo quattro letti muniti di lenzuola sterili e di guanciali rigidi per tenere saldo il capo del paziente. Pazienti? Avrebbe preferito chiamarle cavie ma probabilmente qualcuno avrebbe avuto da ridire sul suo linguaggio poco ortodosso, sul suo esperimento poco rispettoso nei confronti della vita umana e sulla moralità del Burattinaio. Andassero al diavolo tutti quanti. Dovevano essergli grato. Stava salvando loro la vita.

« Jack. »

Il pupazzo ai suoi piedi scattò sull'attenti, come uno scattante soldatino. Stringeva un blocco di fogli tra le mani e una penna. Tra le cose più umilianti della sua vita Kasumi aveva aggiunto "Possedere un assistente analfabeta", a cui aveva dovuto insegnare persino le basilari nozioni di calligrafia e ortofragia: era inaccettabile che lavorasse senza qualcuno che gli stesse accanto per riassumere la situazione e tenerlo al corrente di tutto. Questo esperimento era davvero troppo anche per lui. Per la prima volta gli balneò in testa il pensiero che non avesse esagerato.

« Archivia gli appunti nel diario. »
il pupazzo fece per andare quando la voce sibilante del ragazzino continuò
« E svegliali. »



Stava dall'altra parte del vetro, fissava l'interno di quella stanza con orrore e fascino, come un naufrago innazi all'onda che sta per travolgerlo. Kasumi si sentiva come un cuoco alla ricerca di nuovi sapori, aveva migliaia di ingredienti e un ottimo recipiente dove poterli gettare, tuttavia gli mancava il fuoco e gli utensili necessari. Per fortuna al resto ci aveva pensato qualcun'altro. Si voltò: l'altro era rimasto taciturno seduto sulla sedia per tutto il tempo di osservazione, non aveva fatto nulla se non prendere appunti e sbattere di tanto in tanto le ciglia, era teso e probabilmente turbato. Il Burattinaio non era da meno. Si sentiva infervorare sino a dentro le viscere. Era amore quello che li legava; un malato e macabro amore per la scienza. Se solo il Re gli avesse potuti vedere in quel momento - i cosidetti dottori! - avrebbe avuto sicuramente la sua opinione da proferire e avrebbe poi rasato al suolo il prezioso laboratorio, un luogo putrido e blasfemo.

« Sarebbe stato impossibile realizzare tutto questo senza il tuo aiuto. »

Fu un tentativo di ringraziamento poco sentito e quasi obbligato. Il ragazzino strinse i denti e incrociò le braccia. L'altro rimase impassibile. Erano già passate almeno due ore e nessuno dei pazienti si era risvegliato. Non poteva dargli torto, i quattro erano stati letteralmente imbottiti di farmaci e alcuni sottoposti a un'operazione molto delicata da parte dei due dottori. Dottore! Che cosa buffa! Pensare a se stesso come un medico borghesotto o chirurgo di campagna la cui massima preoccupazione era fronteggiare un'influenza o assistere alla nascita di un vitello di tanto in tanto lo fece scoppiare in a grassa risata.

« Ti va del thé? »

Le sue viscide gentilezze spesso non venivano nemmeno ascoltate. Si sedette sulla sedia davanti alla teca di vetro. In parte poteva vedere anche il suo di riflesso: gli occhi spenti, i solchi nel viso, la stanchezza scolpita nel suo corpo tanto giovane, infantile ed innocente, i capelli spettinati che avevano perso lucentezza. Oltrepassò quella visione agghiacciate. Più in là scrutava i quattro con l'attenzione di un rapace. Era in ansia. Si rosicchiava le unghie di tanto in tanto sebbene fosse un'abitudine che odiava. Dovevano svegliarsi! Quanto tempo ci mettevano? Moriva dalla voglia di catalogare le loro emozioni, espressioni, reazioni, le loro trasformazioni. Si chiedeva se sarebbero sopravvisuti, ma soprattutto se non sarebbero finiti per mangiarsi a vicenda l'uno con l'altro.
Comparve Jack nella stanza nera, stringeva un vassoio d'argento con quattro siringhe vuote.

« Sarà una notte molto lunga, amico. »


CITAZIONE

Qm Point


Benvenuti al terzo esperimento del Burattinaio di cui voi sarete ovviamente le cavie. Vi risvegliate in un letto di ambulatorio nella stanza prima descritta; la stanza è rettangolare e i letti si trovano lungo i lati lunghi, non ci sono porte ne finestre se non un'enorme lastra di vetro nera che occupa quasi tutta la parete Sud. Tutti vi risveglierete con molta difficoltà dal sonno e avrete grosse difficoltà nel muovervi, nel parlare e persino nel ricordare cosa vi sia successo.
Indicazioni_
- Rain Sei stato ricoverato per una necrosi quasi completa del braccio sinistro. Non ci sono altri segni visibili sul tuo corpo se non qualche graffio o escoriazioni di poco conto. Il braccio non potrai muoverlo in alcun modo, è pesante e non risponde agli impulsi nervosi, ti trascini dietro un pezzo di carne completamente fasciato, dal colore nerastro di bruciatura, infetto, sporco e che in un certo senso non ti appartiene. Ti sono stati somministrate massicce dosi di antidolorifici. Sei nutrito con una soluzione fisiologica per endovena tramite via parenterale (flebo). Riesci a muoverti ma non ad alzarti da letto.
Alla tua sinistra si trova il letto di Zaide, alla tua destra la parete Sud, davanti il letto di Drakar.
Energia: 14%
- Drakar Sei stato ricoverato per trauma cranico da corpo contundente. Sei stato rasato completamente e operato, e ti ritrovi immobilitato al letto con la testa fasciata. hai alcune lacerazioni sugli arti. L'occhio destro è al suo posto, riesci a sbattere la palpebra ma per qualche strana ragione non riesci a muoverlo, pare come immobilizzato. Il dolore al cranio è sopportabile. Ti sono stati somministrate massicce dosi di antidolorifici. Sei nutrito con una soluzione fisiologica per endovena tramite via parenterale (flebo).
Alla tua destra si trova il letto di Zell, alla tua sinistra la parete Sud, davanti il letto di Rain. Riesci a muoverti ma non ad alzarti dal letto.
Energia: 13%
- Zaide Sei stata ricoverata per insufficenza respiratoria e malnutrizione. Sei attaccata a un respiratore automatico e sei nutrita per endovena tramite via parenterale (flebo); Perciò una gigantesca macchina di metallo collegata alla tua bocca respira per te tramite un tubo trasparente e vieni nutrita da un sacchetto di plastica appeso ad un ferro. Ti sono stati somministrati dei ricostituenti. Riesci a muoverti a malapena.
Alla tua destra si trova il letto di Rain, alla tua sinistra la parete Nord, davanti a te il letto di Zell.
Energia: 11%
- Zell Sei stato ricoverato solo per alcune ferite superficiali e una lacerazione all'altezza dell'addome che oramai è cicatrizzata. Sei in grado, sebbene con difficoltà di alzarti dal letto e metterti seduto. Su un tavolino accanto al tuo letto è stata appoggiata una fetta di torta al cioccolato, e tu hai molta fame.
Energia: 18%
Turnazione_ Libera.
Tempi di risposta_ 7 giorni.

 
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view post Posted on 22/10/2010, 12:31

Esperto
······

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Oltre la Barriera.

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Tra le braccia del Nulla galleggiare senza fine. E’ la dolcezza dell’inconsapevole abbandono della mente all’Ignoto, la discesa della volontà nella serena rassegnazione.

Spirali di fumo che si attorcono le une nelle altre. Nebbia, vapore, nuvole dorate che scivolano pigre intorno all’anima, avvolgendola di un’ovatta incantata. E’ la Pace.

Dolce tepore costellato di vaghe sensazioni, abbraccio soffice di un’ombra vellutata che sfiora, sussurra, bacia i pensieri addormentati in un sonno piatto e quieto. E’ la sorridente Morte che si insinua tra le pieghe dell’anima cercando un cantuccio caldo ove insediarsi.

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Una fiammella danza tremula davanti ai miei occhi. Appare e svanisce, guizza tra le ciglia e abbaglia della sua incomprensibile luce azzurrina. Il buio è totale, ma la fiammella si prende gioco di me e ammicca allegra ora a destra, ora a sinistra e io non riesco a seguirla, esce dal mio campo visivo e non posso più vederla, è tutto così nero e silenzioso…

Sono cieca.

La fiammella mi sta dicendo che i miei occhi non sanno più vedere luce né ombra, ma solo buio e morte...Ora danza selvaggia davanti a me, forse è un fuoco fatuo e io mi sono persa nelle nebbie dell’Orbrun e allora sono spacciata sul serio, non vedo nulla se non la lingua di fiamma blu che mi trascina nell’abisso e mi annebbia la vista…

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Il Silenzio era così fragoroso da far male all’udito. Zaide sentiva le orecchie piene di un ronzio micidiale e indistinto, che cresceva e cresceva dal nulla come una valanga che si ingrossa fino ad esplodere inesorabilmente a valle.

Dolore.
Sentiva.
Dolore.

Dunque era viva.

Tra le poche certezze che la sua mente stava faticosamente cercando di radunare insieme, c’era l’inconfutabile verità che se un suono provoca dolore, allora il corpo è vivo. Se non altro.
L’altra vaga coscienza che si stava affacciando tra i pensieri intorpiditi, era che il suo cervello sembrava impastoiato in una sostanza collosa e dolciastra, una melassa vaporosa che riempiva gli spazi nella testa come un soffice cuscino troppo imbottito.
Si sforzò di assecondare l’unico senso che pareva essersi destato, ma le orecchie le rimbombavano così tanto di quell’insopportabile frastuono che tutto il suo essere implorava silenzio, la bocca muta urlava un grido di strazio e le mani paralizzate correvano a tappare le orecchie in un gesto inutile di salvezza.

Inutile.

Perché era totalmente, irrimediabilmente immobile. Il solo sforzo di aver pensato una simile reazione la sprofondò nuovamente nelle Tenebre dell’incoscienza.

Picture yourself in a boat on a river
With tangerine trees and marmalade skies
Somebody calls you, you answer quite slowly
A girl with kaleidoscope eyes.


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Di certo c’è qualcuno qui. Percepisco la presenza di altra vita. Ma chi? O cosa? La mia mente fluttua come una zattera su un fiume tortuoso, non posso scendere e non posso decidere la direzione.
E’ ancora buio.
Ma sono i miei occhi che non vedono nulla o sono in un luogo in cui il nulla è l’unica cosa che c’è? Voci.
Voci di gente, o di spiriti ignoti.
Qualcuno mi chiama, la mia voce si snoda nella mia mente come un serpente distorto e amplificato, o forse l’ho solo immaginato…Il ronzio sta cessando. Sento fruscii e sussurri, un raspare rauco che mi copre il volto e la bocca e mi soffoca nella sua morsa, cos’è questa cosa che mi schiaccia il viso?!
Selvaggio abisso, montagne di incoscienza accatastate nella mia burrasca notturna! Ghigno infernale, bestia di fuoco, taci, taci! Mi stai chiamando? Chi sei?

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La muta ribellione di Zaide ebbe l’effetto di una doccia fredda sulla sua mente spossata.
Ora tra le palpebre socchiuse e immobili filtrava di nuovo una vaga luce azzurrina diffusa che non guizzava più ma le feriva gli occhi; tentò di strizzarli ma con suo grande stupore, non riusciva a muovere un solo muscolo del viso.
A poco a poco, i pensieri tornarono ad ordinarsi secondo un criterio logico anche se ad una lentezza oltremodo esasperante.

Avvertiva una fastidiosa pressione sugli zigomi, come se qualcuno le stesse schiacciando rozzamente una mano in faccia, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse; con maggiore lucidità rispetto a un attimo prima, si rese solo conto che qualunque cosa fosse, non sembrava pericolosa; aveva un bordo duro e freddo che le incideva il labbro superiore, e dunque si ritrovò consapevole di possedere una bocca. Le labbra si mossero debolmente, e nel loro contatto Zaide avvertì un sapore di sangue misto a un aroma dolciastro non identificato che le invadeva la bocca e sembrava espandersi in tutto il resto del corpo.

Lentamente come un ramo che attende il disgelo, paziente nel suo bozzolo di ghiaccio sotto ai tiepidi raggi del primo sole, Zaide iniziò ad avvertire un labile sussurro di vita all’interno del proprio corpo congelato, e grata ascoltò il caldo scorrere del sangue nelle vene, come se fosse la prima volta che accadeva.

E con la vita iniziò a scorrere in tutto il suo corpo un dolore sordo e pulsante che le riportò alla memoria i primi vaghi ricordi di un lungo ed estenuante viaggio, di giorni di fame e sete sopportati solo con la stoica certezza di una meta vicina, di un luogo assurdo e terribile raggiunto a prezzo di grandi sacrifici, di un uomo perfido e strano che la guardava con profondi occhi neri. Era tutto così confuso…i pensieri si accavallavano a immagini di sogni, frammenti di luce e suoni che le pareva di udire, o che forse aveva immaginato nell’incoscienza.

Le ombre lunghe dei sacerdoti
costrinsero il sogno in un cerchio di voci.
Con le ali di prima pensai di scappare
ma il braccio era nudo e non seppe volare:
poi vidi l'angelo mutarsi in cometa
e i volti severi divennero pietra,
le loro braccia profili di rami,
nei gesti immobili d'un altra vita,
foglie le mani, spine le dita.










Spine ruvide grattavano la pelle chiara della ragazza semicosciente; le pareva che un serpente le avvolgesse un braccio nelle sue spire mordendole con delicatezza la carne morbida mentre tutt’intorno una fastidiosa sensazione di attrito le percorreva il corpo dalle spalle alle cosce, come addormentato in un cespuglio di erbe urticanti.
Era consapevole del proprio corpo ora. Non era per niente sicura di essere in grado di usarlo, ma cautamente cercò di forzare la chiusura ermetica delle palpebre. Una luce abbagliante e fredda la fece lacrimare all’istante, ma non richiuse gli occhi: chiazze violacee e nere balenavano attorno a lei facendole girare la testa; senza muovere il collo spostò lo sguardo annebbiato sul suo braccio e si accorse che era coperto da una manica di tela biancastra, grezza e ruvida, sotto la quale sbucavano dei fili spessi, che il suo sguardo annebbiato non riuscì a distinguere bene.

Richiuse gli occhi. Il sollievo nello scoprire di poter svolgere quel movimento elementare era immenso: il muro di ovatta che la avvolgeva non si era ancora diradato, ma sapere di essere padroni del proprio corpo quando si è perso ogni contatto con la realtà è il dono più grande che la Natura possa mai fare agli uomini. Sospesa tra la vita e la morte, Zaide sospirò di sfinimento.

Il respiratore che l’aveva salvata continuava a ronzare il suo asmatico alito di vita.





...Appunti...

Rec [ 225 ] AeV [ 200 ] PeRf [ 100 ] PeRm [ 425 ] CaeM [ 200 ]
Stato fisico
Spossata e paralizzata su un letto d'ospedale, sta uscendo da un pesante coma farmacologico indotto. Confusa e intorpidita, movimenti appena accennati.
Energia
11%
Abilità passive
Nessuna
Abilità attive
Nessuna



Edited by Zaide - 15/11/2010, 14:37
 
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~Duel
view post Posted on 23/10/2010, 15:50




L'allegro Ricovero nella clinica dei Folli.
I - Pazzo sogno e risveglio nella stanza bianca.

image

Una dolce follia
Nell'amore della scienza.


Una farfalla. Una piccola dolce farfallina che danzava allegramente nei campi fioriti. E lui, immobile, la osservava, all’ombra di un albero frondoso. Per quale diavolo di ragione si trovava in quel luogo? Non ne aveva la più pallida idea. Provò ad alzarsi ma il suo corpo non rispose, come se immobilizzato da uno spaventoso torpore. Si trattava forse di un sogno? Con fare lento l’insetto svolazzante lo raggiunse, posandosi sulle sue mani fredde. Lo fissava, o almeno l’illusionista pensava di essere fissato dalla creaturina. Gli dava fastidio. Non l’animale: si trattava pur sempre di un essere abbastanza bello, con ali color viola di varie sfumature. Ciò che lo disturbava era il non potersi muovere. Passarono diversi minuti, nella più totale immobilità dei due, dopodiché la farfalla, inaspettatamente, disse:


« Che hai da guardare? »


▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ▬▬▬ ▬▬ ▬▬ ▬▬▬ ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬


Si svegliò, maledicendo l'assurdità dei sogni che faceva ormai da troppo tempo. Era andato dallo psicologo del clan, ma questo si era limitato a ignorarlo per poi iniettargli un sedativo a tradimento. Quel bastardo d’un Sewing...
Aprì gli occhi ma questi si richiusero immediatamente, di scatto. Riprovo più lentamente: una fortissima luce lo circondava, non riusciva nemmeno a vedere l’ambiente in cui si trovava. Sbatté le palpebre diverse volte prima di abituarsi al bianco. Le forme erano ancora confuse ma poteva definirle almeno vagamente. Era sdraiato in un letto, fissando un soffitto sconosciuto. Dove si trovava? Gli ci volle qualche minuto perché la vista si normalizzasse. Ora che poteva vedere meglio la stanza capì che non era la luce a essere troppo forte, ma erano i suoi occhi a non essere abituati. Mosse il braccio destro, che immediatamente inviò una sensazione di dolore al cervello. Il giovane sopportò il dolore e continuò a muovere l’arto. I muscoli rattrappiti iniziarono a riattivarsi e il dolore scemò pian piano. Gli faceva male la testa ma si trattava di un disagio sopportabile. Cos’era successo? Perché si trovava in quell’ambiente che sembrava tanto un ospedale?

Si sentiva debole, molto debole, come se privato delle sue energie. Portò la mano alla testa, constatando che gran parte di essa era avvolta da una morbida benda. La mano, al contatto con il tessuto, ebbe diversi effetti su Drakar. In primis un forte dolore investì la sua mente: chiaramente era ferito alla testa. Subito seguì la sensazione di mancanza, prima un sospetto, poi una certezza: non aveva più i capelli. Non gli ci volle molto per collegare i due fatti: probabilmente era stato rasato per essere poi operato in un ospedale a lui sconosciuto. Cosa gli era capitato?

L’illusionista, beh è una persona logica, ferma. Sa valutare ogni situazione, ogni possibile azione e reazione. Deve pensare razionalmente. Eppure, in quell’ambiente a lui estraneo, ferito alla testa e praticamente immobilizzato, ciò di cui si preoccupò inizialmente furono solo i suoi capelli. I suoi bei, lunghi ciuffi non c’erano più, al loro posto nuda pelle. Una profonda tristezza lo pervase, ma dopo qualche secondo la razionalità prese il sopravvento sulla vanità. Era ora di pensare alle cose serie.

Provò a muovere gli occhi ma sentì che solo il sinistro si lasciava comandare, mentre il destro, il suo occhio rosso, rimaneva immobile, come se privato di vita. Eppure ci vedeva: solo non riusciva a muoverlo. Provò a sollevare il braccio sinistro e, oltre alla normale sensazione di dolore, sentì qualcosa che lo tratteneva: una cordicella, anzi, una flebo. Probabilmente un qualche antidolorifico o un sedativo. Spinse le mani sul materasso molle, alzando leggermente il corpo, tirandosi su, ma poco dopo ricadde sul cuscino, esausto. Da quanto tempo era addormentato? Quanti giorni erano passati?

Si guardò attorno. Non era solo nella stanza: altre tre persone lo circondavano, anch’esse sdraiate nei loro letti. Davanti a lui un uomo, apparentemente addormentato, con un braccio completamente fasciato. Sembrava che avesse qualcosa di serio ma come poteva dirlo? In fondo anche lui stesso avrebbe potuto avere chissà cosa dentro la propria testa. Accanto a lui si trovava un ragazzino. Non sembrava avere nulla di serio, al contrario degli altri. Infine, nell’altro capo della stanza si trovava una ragazza, una giovane fanciulla che aveva già visto non molto tempo prima. Si chiamava Zaide, se non ricordava male. Cosa diavolo ci faceva lì? Sembrava quella messa peggio: era attaccata a una macchina che, periodicamente, si muoveva, emettendo ossigeno, linfa vitale per il corpo della recluta.

Addosso non aveva i suoi vestiti ma una semplice veste bianca, tipica degli ambienti medici. Guardò attorno a sé, in cerca dei propri effetti personali, ma non ebbe successo. Era stanco, stanco di non conoscere né il luogo in cui si trovava né gran parte delle persone che gli facevano compagnia in quel triste ambiente. Non era spaventato, non era il tipo da lasciarsi prendere dal panico, ma in quel momento si sentiva debole sia fisicamente che psicologicamente. Un essere vulnerabile. E questo non gli andava a genio. Chi lo aveva ferito? Com’era successo? Dove si trovava? Chi lo aveva curato?

Troppe le domande, poche le idee. Era arrivato il momento di cercare delle risposte.


« Se qualcuno tra voi è vivo e cosciente, per piacere dica “ahia”, grazie. »


E come suo solito si nascose dietro all’umorismo.


SPOILER (click to view)
Non chiedetemi del sogno iniziale. A un certo punto una farfalla mi è passata davanti alla finestra e mi è venuta l'ispirazione. Complice la lettura in questo periodo della serie della Guida Galattica per Autostoppisti XD
Drakar si sveglia e inizia a considerare il mondo esterno. Per quanto ciò possa essere possibile nel suo attuale stato di, beh, escremento. Non ho voluto descrivere eventuali azioni altrui per non essere autoconclusivo. A voi la penna ^^
 
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Il Peccato
view post Posted on 25/10/2010, 08:37




Sul baratro al confine del sogno provo soltanto sgomento.
Il mondo onirico a volte è così reale
da rendere impossibile il distinguo tra mondo reale e finzione.
Gli occhi mi mostrano immagini sfuocate.
Le orecchie mi fanno sentire respiri pesanti e fruscii.
Il tatto... una mano non la sento.
Un intero arto è come scomparso,
al suo posto un peso morto e la puzza di marcio.
No!
Un lupo senza una zampa non può più correre libero
non può più essere capo branco.
Un lupo più giovane prenderà il suo posto.
Il MIO posto.
Non posso permetterlo.
Cerco di scendere dal letto, ma il mio corpo non risponde
non vuole muoversi.
Oddio...abbattetemi!
Stropiccio gli occhi con la destra cercando di rendere più chiaro quell'incubo.
Dove sono? Come ci sono finito?
Solo un terribile mal di testa, mille spilli che penetrano il cranio,
risponde alla mia invocazione d'aiuto.
Un forte senso di nausea mi attanaglia gettandomi ancora di più nello sconforto.
Solo un'anima perduta all'inferno.
In mezzo al mare di fiamme vado alla deriva.
Giro la testa, l'unico movimento che mi era concesso fare senza urlare.
La mia immagine riflessa mi osserva sofferente.
Un morente in un letto d'ospedale.
Resto basito, sull'orlo della follia,
incapace di ricordare il perchè io sia in questo posto maledetto da Dio.
Non sono solo, nello specchio vedo altre persone, in stato altrettanto pietoso.
Un lezzo di disperazione permea l'aere.
Paura cola viscida sul pavimento.
Il richiamo disperato di un uomo,
velato da un bieco umorismo.
« Se qualcuno tra voi è vivo e cosciente, per piacere dica “ahia”, grazie. »
Sorrido beffardo a quella sottointesa invocazione di aiuto.
Ma ho poco da rimproverargli,
anch'io non voglio mostrare paura, quindi perchè non rispondere allo stesso modo?
Con un'espressione che per me è diventata quasi un'emblema.
« Porco il clero....va bene lo stesso? »
Dico ridendo sguaiatamente.



SPOILER (click to view)
Sto scrivendo dall'uni, appena arrivo a casa sistemo il post xD cmq buopna giocata a tutti


Edited by Il Peccato - 25/10/2010, 15:16
 
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Alist3r
view post Posted on 25/10/2010, 22:10





T E S T 03/A



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Notte? Solo buio? O forse dormiva.
Non riusciva a capirlo. Sembrava avere il vuoto in testa.
Provò ad aprire gli occhi. Non ci riuscì. Però un flebile filo di luce trapelò tra le ciglia e una piccola fessura delle palpebre, dandogli un po di fastidio.
Aveva gli occhi chiusi dunque e li fuori, dietro l'oscurità, c'era luce. Ma perché non riusciva ad aprire le palpebre, non lo sapeva.
Sapeva però di sentirsi stanco.
Persino i suoi pensieri sembravano intorpiditi, il loro flusso come bloccato, rallentato da qualcosa. Come se una nebbia fitta gli impedisse di andare a prendere informazioni dal suo cervello, non riusciva a ricordare dove si trovava, come ci era arrivato, cose gli era successo.
Niente.
Vuoto.
Buio.
Provò a muovere prima un braccio, poi l'altro. Il risultato furono solo piccoli spostamenti, niente di più. Il suo corpo sembrava non rispondere; il suo cervello sembrava isolato e i comandi impartiti non arrivavano a destinazione. Non era padrone del suo corpo.
Annusò l'aria. Uno strano odore, di pulizia, ma era anche un odore strano che gli era in qualche modo familiare, ma che in quel momento non riusciva a ricollegare con qualcosa nella sua memoria.
Arrivò alla conclusione che non poteva fare un bel nulla: movimenti limitati e mente limitata.
Doveva attendere nel buio.

...


Secondi che parevano minuti. Minuti che parevano ore. Ore che parevano giorni.
In compagnia del buio e dei suoi soli pensieri il passare del tempo si era distorto con molta facilità. Il fatto di non potersi muovere, ma sopratutto di non poter vedere nulla se non l'interno delle sue palpebre lo agitava, lo irritava. Si chiese come facevano i non vedenti a non impazzire in quelle condizioni.
Pian piano però la nebbia nella sua testa parve diradarsi e i muscoli sciogliersi e le articolazioni rispondere meglio ai suoi comandi. Ora poteva aprire gli occhi a fatica e con fatica li manteneva aperti. Cautamente girò la testa da una parte e dall'altra: una stanza, nessuna porta, altri letti e altre persone. ... dove diavolo sono finito??? ...
Cercò di alzare la schiena per mettersi seduto. Con sforzo inumano riuscì nell'impresa: si osservò. Indossava una veste bianca che lo copriva sino ai piedi; improvvisamente si ricordò dove aveva sentito già quel particolare odore: l'ambulatorio del Toryu.
Poi osservò meglio cosa lo circondava. Altri tre letti con sopra altrettante persone. Una era una donna che non aveva per niente l'aria di stare bene: sembrava essere tenuta in vita da uno strano macchinario. Poi c'erano due uomini: uno con la testa fasciata e l'altro, invecem con il braccio fasciato.
Allarmato dall'alto numero di fasciature nella stanza si guardò meglio; a parte qualche escoriazione superficiale sulle braccia e sulle gambe non gli sembrava di avere alcuna fasciatura. Almeno quello era già un passo avanti.

« Se qualcuno tra voi è vivo e cosciente, per piacere dica “ahia”, grazie. » squillò una voce. Era stato l'uomo con la testa fasciata a parlare.
« Porco il clero....va bene lo stesso? » rispose l'altro.

Una richiesta insensata, seguita da una risposta anch'essa senza senso.
Ma d'altra parte in quel momento poche cose avevano senso. Si girò di lato, lentamente, sedendosi sul bordo del letto. Durante il movimento sentì qualcosa tirare all'addome. Passò una mano sotto la veste e sentì proprio all'altezza dei muscoli addominali una cicatrice di 15-20 centimetri. Ecco dunque cosa ci faceva insieme agli altri.
Ma come se l'era procurata non lo sapeva... non ricordava nulla... niente di niente. Quindi mon erano solo la domanda e la risposta a non avere un senso, li dentro nulla aveva un senso. E allora tanto valeva rispondere.

« Ahia... » disse con un filo di voce. Poi dopo qualche momento di silenzio « Q-Qualcuno sa come siamo f-finiti qui dentro!? »




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Edited by Alist3r - 30/10/2010, 20:32
 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 29/10/2010, 19:26




For Science!
Tea?




« Sarebbe stato impossibile realizzare tutto questo senza il tuo aiuto. »


Poteva quasi vedere quelle parole venire spinte a forza fuori dalla bocca del piccolo principe, riusciva ad avvertire lo sforzo di Kasumi nel pronunciare quella frase fatta.
E, contando chi era colui che si stava abbassando a ringraziarlo, Liam non poteva fare altro che sentirsi leggermente orgoglioso.

« Ti va del thé? »


Lo aveva chiesto dopo essere scoppiato a ridere. Perché era scoppiato a ridere?
Forse il thé era avvelenato- no, niente forse, quel thé era sicuramente avvelenato. Era pur sempre di Kasumi che si stava parlando: non faceva qualcosa di gentile senza un motivo.
O forse era un modo per ripagarlo dell'aiuto? Era pur sempre possibile.
O forse, si disse Liam, forse era così stanco che qualsiasi gesto di cortesia gli appariva come un tentativo di assassinarlo.
Possibile, ma a sua discolpa la sua vita al Toryu non aveva fatto granché per lenire al sua paranoia.

« Sarà una notte molto lunga, amico. »


Ed era stanco, ed era paranoico e non riusciva a distogliere gli occhi dai pazienti che, finalmente, si stavano risvegliando, e c'erano così tante altre cose che avrebbe potuto fare, quella notte, così tante cose che aveva ignorato per correre in aiuto a Kasumi- ed alla fine non importava.
Non importava perché un debole sorriso era nato sul suo volto, non importava perché le ultime ore avevano acceso una fiamma nel suo petto che ardeva ed ardeva e, anche se era stanco, lo ravvivava e gli dava nuova forza.

(Sorrideva perché Kasumi lo aveva chiamato amico, diceva una parte della sua mente, ma quello era troppo patetico per poter essere vero.)

“Nella mia esperienza, Kasumi, non c'è mai stata una notte che non fosse troppo lunga.”

Sorrise, osservando i suoi pazienti parlare, immaginando il dolore e la confusione e la paura che dovevano provare in quel momento, immaginando la loro espressione quando, dopo, avrebbero visto i due dottori che li avevano medicati.
Adorabili: quello era ciò che pensava mentre li guardava aprire gli occhi e guardarsi attorno con quell'aria così frastornata. Semplicemente adorabili.

“Ma per quanto le ore si dilunghino di fronte ai nostri occhi, purtroppo non sembra più esserci il tempo per quel thè.”

Sospirò, mentre il fuoco nel suo petto ardeva con più forza ed il suo corpo era attraversato da calde scintille che scacciavano la stanchezza.

“Un vero peccato,” mormorò Liam mentre il sorriso sul suo volto si ingrandiva sempre più, “ma sarebbe imperdonabile lasciarli in questo stato.”




SPOILER (click to view)
Errrm, scusa il ritardo. Non accadrà mai più ç_ç
 
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Arlic
view post Posted on 4/11/2010, 18:49




« E' meglio cominciare con la cura. »

Raccolse Jack con le mani e lo portò fio all'altezza degli occhi. La zucca gli pose un sorriso gentile a cui il padrone rispose con uno ghigno malizioso, il pupazzo tremò. Gli occhi del ragazzo si posarono sul suo nuovo assistente. Fingere anche con lui sarebbe stata la vera impresa, non provava verso di lui particolare simaptia ne antipatia, ma era un concorrente e agli occhi della corte il loro lavoro e operato poteva sembrare simile. Buffoni coloro che pensavano ciò, e ignoranti. Il lavoro di Kasumi non era paragonabile a quello di nessun altro: nessuno aveva lo stomaco per fare quello che avrebbe fatto lui.
La tazza di thé che Liam impugnava cadde a terra infrangendosi. Aveva lasciato la presa.

« Scusa se non ti ho avvertito. »

Posò una mano sul vetro da cui potevano osservare i pazienti. La manno venne completamente inghiottita, come se stesse scivolando in un liquido viscoso.

« Ci vediamo fuori, Liam. »



« Siete tutti svegli quindi. Questo mi rasserena moltissimo. »

Comparve quasi da nulla. La cosa poteva sembrare sospetta eppure quel ragazzino emerso dalla parete Nord non tralasciava alcuna falsità o dubbio sul proprio stato d'animo, sereno e pacifico. Fece qualche passo avanti facendo dondolare i lembi del camice bianco cucito su misura apposta per lui, dato che nel fisico pareva non possedere più di una dodicina d'anni. Sorrideva in modo amabile, forse quasi rassicurante. Era come se all'improvviso ogni paura o timore dei presenti in sala si fosse acquietata, c'era una certezza di fondo: quell'individuo non era lì per fare loro del male, non ne aveva intenzione ne tanto meno lo desiderava.

« Sono il dott. Kasumi. Vi prego non badate al mio aspetto, so quello che faccio. Vi trovate a Gerico, il crocevia. »

Nel mentre si era avvicinato al letto della paziente n. 3, aveva controllato il funzionamento regolare della macchina, uno sguardo veloce alla flebo, e si era congedato da lei rimboccandole le corperte. Era una ragazzo di poche parole a primo impatto. Molto sintetico e premuroso. Fece retromarcia mentre si avvicinava al letto del paziente di fronte, il numero quattro. Guardò in un primo momento la fetta di torta appoggiata al tavolino, poi con sguardo serio e deciso di rimprovero osservò il paziente chiedendosi perché non l'avesse ancora divorata. Gli prese il viso tra le mani e con una serie di "perfavore" e "per cortesia" gli fece un rapido controllo. Fu soddisfatto alla fine scoprendo che era rimasto praticamente intero. Si sarebbe ripreso prima degli alti.

« La cosa che più conta adesso è che voi riprendiate le forze. Non dovete per nessuna ragione affaticarvi o agitarvi, sono stato sufficientemente chiaro? »

Lasciò il letto del quarto paziente, dopo che con un cenno della mano lo aveva invitato ad assaggiare almeno la fetta di torta, per dirigersi successivamente agli altri due. A metà della stanza il suo viso si fece più cupo e rattristato. Con cautela mosse qualche passo in avanti verso il primo paziente.

« Dopo l'incidente ho fatto tutto il possibile, mi creda. Non tenti di muovere o usare il braccio: sarebbe inutile. »
Guardò per un momento verso il basso, cercava in sè la forza per poter parlare.
« Combatteremo l'infezione in ogni modo di cui la scienza umana disponga, ma voglio che lei sappia che se si verficassero dei problemi, sarei costretto, per il suo bene, ad amputarle l'arto. »

Pronunciò quell'ultima parola quasi con orrore. Avrebbe preferito salvarlo anche a costo di imbottirlo di farmaci sino alla nausea, ma non c'era un altro modo. La verità era che aveva già fatto tutto il possibile, la verità era che il paziente n. 1 a causa dell'infezione poteva resistere al massimo due giorni, dopo di che l'infezione avrebbe cominciato ad espandersi e a crescere prendendo prima gli altri arti, poi il cervello e infine bloccando tutto l'apparato circolatorio. Se non fosse intervenuto al più presto sradicando la parte malata, di n.1 non sarebbe rimasto altro che un cumulo di carne in putrefazione. Il solo pensiero lo inorridiva.

« Voglio che lei pensi a quello che ho detto. Se non è d'accordo non potrò intervenire. Ora la prego di riposarsi. »

Scivolò via senza nemmeno dargli il tempo di una risposta. Purtroppo aveva ancora molto da fare, il primo paziente non era l'unico ad avere dei problemi. Con due rapidi passi si apprestò al secondo e ultimo malato. Era sbagliato definirlo malato, dopotutto non aveva nemmeno contratto virus o malattie prima e dopo l'intervento alla testa.
« Lei si sente bene? Mal di testa? »


Cominciò a levargli le bende dalla testa con molta delicatezza, la pelle delle mani era delicata sapeva di fresco, lui stesso aveva un buon odore, l'odore del pulito e del sapone. Aprì il cassetto del comò vicino al giaciglio, ne estrasse fuori altre bende, dell'ovatta e del disinfettante di un'insolito color marrone.

« Purtroppo siamo in pochi qui, perciò mi devo un po' occupare di tutto. »

Si lasciò scappare una risata, come se la cosa avesse un che di divertente, poi spostò lo sguardo verso gli occhi del paziente e lì si incupì per la seconda volta, stavolta però il suo volto si tradiva: era sorpreso. Finì la fasciatura in fretta e in silenzio, poi con tatto avvicinò la mano all'occhio destro del paziente.
« Tenga l'occhio destro chiuso per cortesia e segua il mio dito. »
Fece scorrere il dito a destra e a sinistra davanti al volto del paziente, in alto e in basso, poi si fermò.
« Ora usi il destro e chiuda il sinitro per cortesia. »
Ripetè gli stessi movimenti, identici ma per qualche ragione l'esito non fu di suo gradimento. Respirò profondamente, era la seconda brutta notizia che dava nel giro di pochi minuti.
« Il vostro occhio destro... » respirò profondamente « Mi dispiace »

L'enorme macchinario attaccato al corpo di Zeide prese a suonare con energia, un bip insistente e maledetto che ricordava a tutti i presenti che anche i suoni potevano divenire fastidiosi. Il dottore lasciò immediatamente il paziente e si laciò sul letto di Zaide: i suoi occhi erano aperti e respirava. Sfortuna vuole che anche la macchina respirava al posto suo. Sarebbe soffocata.

« Infermiera! »

Lei comparve dal nulla come il dottore: abiti bianchi succinti con tanto di minigonna, manine affusolate protette da guanti di licra, capelli rosati che le scendevano lungo il volto come una cascata, due occhi celesti da togliere il fiato e due enormi "qualità" che facevano esplodere il suo camice e saltare in aria i bottoncini, che a malapena riuscivano a contenerle. Era il corpo perfetto per il lavoro che Liam avrebbe dovuto svoglere. Avrebbe fatto bagnare qualsiasi uomo col solo tocco.

CITAZIONE

Qm Point


Indicazioni_
Credo che fino a qui sia tutto chiaro. Rispondete come desiderate al dottore, dopo aver salvato Zaide sarà disponibile a qualsiasi vostra domanda o osservazione. E' in atto una tecnica dell'artefatto "Jack The ripper" che mi permette di rendermi irriconoscibile agli occhi di tutti pur non cambiando aspetto.
Turnazione_ Sehnsucht - Zaide - Tutti
Tempi di risposta_ 7 giorni.

 
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:.Sehnsucht.:
view post Posted on 11/11/2010, 23:41




For... Science!
I feel fantastic.



"Infermiera!"

Dalle sue labbra sfugge una risatina divertita.
Non dovrebbe. Dovrebbe odiare il ragazzino con tutto il suo cuore, dovrebbe maledirlo e bruciare il suo corpo per poi lasciare i resti a Venner.
Dovrebbe dannarsi per aver dato retta alla sua coscienza e per essere giunto a quel punto.

Ma non lo odia- non è nemmeno infastidito. Semplicemente sorride, le labbra carnose coperte da una manina affusolata, gli occhi – occhi azzurri, dello stesso colore, tutti e due azzurri – socchiusi e il petto che si gonfia e si sgonfia ad ogni respiro e che potrebbe far esplodere la camicetta.
Sorride perché è felice, ed è felice perché- non lo sa nemmeno lui il perché.
Non aveva mai compreso prima di quel momento quanto aveva desiderato provare l'ebrezza di essere una donna.

“Sì,” trilla lui, la sua voce femminile così strana eppure così familiare alle sue orecchie, “dottore?”

E sorride, anche se vorrebbe lasciare lì i suoi pazienti e correre di fronte ad uno specchio ed ammirare il suo nuovo corpo- il suo nuovo, perfettissimo corpo.

Ma non può. Ha un lavoro da svolgere, e la scienza viene prima del piacere personale.
Quindi sorride - un sorriso sicuramente malato, perché certe cose non cambiano mai – e si china verso colui che tanto preoccupa il dottore.

“Oh, che bruttissimo modo di svegliarsi!”

In realtà ci sono modi molto peggiori di svegliarsi: avrebbe potuto svegliarsi legato ad un tavolo operatorio e con Liam in versione maschile al suo fianco.
Avrebbe potuto sentirlo mentre chiedeva scusa prima di procedere ad incidere nelle sue carni.

(Ed invece, guarda un po', questa volta è una donna. Che deliziosa sorpresa.)

“Ma non deve preoccuparsi,” e mentre parla sente la camicetta stringere il suo seno ed è una sensazione così strana, così curiosa, così “ascolti la mia voce e si rilassi.”

Ammicca, perché quello è il corpo perfetto e sa che adesso basta solamente pensare per ottenere ciò che vuole e questo è inebriante quasi quanto il mana nelle sue vene.

“Io ed il dottore sappiamo cosa facciamo.”

E non era vero, non era assolutamente vero, ma Liam sorrideva e, per una volta, quello bastava perché tutto il resto si mettesse a posto da sé.
 
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view post Posted on 15/11/2010, 14:36

Esperto
······

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Oltre la Barriera.

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L’impenetrabile coltre di incoscienza che mi avvolgeva iniziò a diventare insostenibile: il buio premeva sugli occhi, sulla bocca e sul naso, strangolandomi lentamente senza che io potessi ribellarmi. Immobile, impotente, assistevo all’inesorabile precipizio che si preparava a divorarmi. Sapevo, sentivo di essere viva, ma mi sentivo mutilata e cieca, un inutile fantoccio animato.

Volontà.

Cercai di scavare in me stessa imponendomi di continuare a vivere. Dovevo riemergere dall’abisso, prima che fosse troppo tardi.
La debole fiammella azzurra che mi era parso di vedere poco prima (quanto tempo era passato?) riprese ad agitarsi davanti ai miei occhi, ingrandendosi man mano che diventava sempre più luminosa, facendomi lacrimare. Sbattei le palpebre e per la prima volta riuscii a mettere a fuoco qualcosa. Un soffitto. Una ragnatela sporca di tubi luminosi che irradiavano quella fredda luce blu.
In qualche remoto angolo delle mie percezioni si registrarono alcune parole sconnesse, tra cui emerse un nome familiare:

Gerico, il crocevia.
Gerico, il crocevia.
Vi trovate a Gerico, il crocevia.



Non era possibile.

Chi era che aveva parlato? Dunque non ero sola…Ma dove mi trovavo?
Troppe pressanti domande cominciarono a vorticare nella mia confusa e debole mente: mi sforzai di spalancare gli occhi e finalmente, in un accavallarsi di immagini e suoni sfocati e incerti, riuscii a distinguere i contorni di una stanza squallida piena del ronzio dei tubi al neon che mi sovrastavano, e con la coda dell’occhio, mi parve di scorgere altre persone attorno a me.
Ero stesa su un letto duro e piccolo, sentivo la punta dei piedi nudi toccare la superficie fredda e arrugginita delle maglie metalliche che sporgevano dalla rete; le lenzuola ruvide mi davano una sgradevole sensazione di carta vetrata a contatto con la pelle mentre cercavo, con scarso successo, di voltarmi su un fianco per vedere la scena.

Cosa diavolo mi era successo? E perché quella voce, quella strana voce dolce aveva parlato di Gerico? Io non sarei mai tornata in quell’inferno per niente al mondo.

Ricordi a brandelli.
Incubi ricorrenti.
Volti dimenticati.


Di lui ricordavo solo la bocca. La labbra grandi e screpolate che incorniciavano i suoi orribili denti sudici e scheggiati. Al buio mi pareva brillare quella dannata bocca. E le sue parole, sgradevoli quanto la voce roca che le pronunciava, sarebbero riecheggiate nel mio cuore per molti anni a venire.
“Benvenute a Gerico, dolci signore”.
Gerico.
Il Crocevia.
Il mercato degli schiavi.
Dolci signore.
Non avevo che sei anni e i miei occhi di bambina erano sgranati per terrore e per la vaga intuizione di quello che doveva accadere. La piccola mano sudata, avvinta a quella di una madre senza volto per molto tempo, strappata a forza dal calore protettivo per finire stritolata in una presa ruvida e odiosa, carica di presagi di oscure violenze.
Gerico. La fine della mia vita.


Non mi resi nemmeno conto di quello che stava accadendo. Urlavo e piangevo e mi contorcevo nel letto, ma probabilmente tutto accedeva solo nella mia mente perché il mio corpo stranamente intorpidito non rispondeva al mio grido di dolore. Nessuno rispondeva. E io stavo soffocando.
L’angoscia, i ricordi, l’incomprensibile situazione in cui mi trovavo mi avrebbero uccisa senza scampo. La macchina a cui ero attaccata sibilava e ululava come una bestia selvaggia, e finalmente, con un ultimo disperato tentativo, la mia mano irrigidita dalla paralisi forzata si strinse convulsamente intorno al respiratore diventato strumento di tortura e lo strappò dal mio viso.
Rantolai, inalando finalmente un fiotto d’aria che mi riempì i polmoni come un soffio vitale, poi ricaddi sul cuscino. Nell’affanno non avevo notato le due figure che si erano avvicinate al mio capezzale. I due individui più improbabili che si possa immaginare di incontrare in una stanza di ospedale. Perché ormai mi era abbastanza chiaro dove mi trovassi. Ma se quelli erano i miei infermieri, non ero sicura di essere in buone mani. Osservai il ragazzino, puntellandomi faticosamente sul gomito. Non sapevo se mi desse più il voltastomaco il suo sguardo innocente e preoccupato o la procacità quasi oscena della donna camuffata da infermiera che lo affiancava. Cosa ci faceva lì quel bambino?
Provai a parlare, anche se la mia voce era poco più che un bisbiglio arrochito.
- Non…siamo…non…a Gerico…
Il senso di quelle parole sfuggiva perfino a me.
Ci riprovai.
- Perché…come…sono qui?

Brandelli di ricordi.
Brandelli di un’anima.




...Appunti...

Rec [ 225 ] AeV [ 200 ] PeRf [ 100 ] PeRm [ 425 ] CaeM [ 200 ]
Stato fisico
A poco a poco Zaide riacquista conoscenza; la parola "Gerico" risveglia in lei ricordi angosciosi. In grande agitazione, torna in sé e si strappa di dosso il respiratore, rivolgendosi poi al dottore.
Energia
11%
Abilità passive
Nessuna
Abilità attive
Nessuna

 
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~Duel
view post Posted on 15/11/2010, 16:19




L'allegro Ricovero nella clinica dei Folli.
II - Occhio, Memoria, Sei.

image

Una dolce follia
Nell'amore della scienza.


« ... »


Impossibile. Non poteva essere. Cosa diavolo gli stava succedendo? Cos’aveva che non andava? Il dottore, se così poteva essere definito quel ragazzino con il camice, sembrava essere abbastanza sicuro. Ma non poteva accettarlo. Probabilmente si sbagliava. Anzi, certamente si sbagliava. Il suo era un occhio perfetto, unico al mondo. Eppure, nonostante gli sforzi, nonostante cercasse con tutto sé stesso di muoverlo, rimaneva immobile. Ci vedeva, ma non poteva controllarlo. Strano, molto strano. Assurdo. Nel Registro non aveva letto di nessun problema insorto nei cinque precedenti. Certo, qualcun di loro era stato accecato in battaglia, ma i nervi e il bulbo ottico si erano sempre rigenerati spontaneamente. Proprio per queste ragioni non si era mai preoccupato per l’incolumità della fonte dei suoi poteri. Ma ora qualcosa sembrava essere andato storto. Folle. Sciocco. Era stato uno stupido a non prevederlo. Avrebbe dovuto considerare quest’eventualità. Ma non l’aveva fatto. E ora ne pagava le conseguenze. Per colpa di chi? Cos’era successo? Ancora adesso ignorava le vicende che l’avevano condotto in quel luogo e non si ricordava nessun dettaglio. Com’era possibile? Cosa stava accadendo realmente? Doveva verificare le condizioni delle cose. Avrebbe voluto provare a usar uno dei suoi poteri, per controllare la loro effettiva presenza, ma non poteva. Era troppo stanco, esausto, riusciva a malapena a muoversi. Forse l’ideale sarebbe stato riposarsi. Ma non poteva. Non sarebbe riuscito ad addormentarsi con quelle preoccupazioni. Non sapeva cosa fare. Forse per la prima volta da quando aveva distrutto gli Ennòn provava paura. Doveva calmarsi, ma solo l’idea di farlo pareva così assurda, così irreale… Un sogno? Forse si trattava solo di un sogno? No, impossibile. Era tutto troppo… realistico, per essere una finzione. Un’illusione? Nemmeno quella sembrava una scelta logica. Una tecnica? Chi mai avrebbe tratto giovamento da imprigionarlo in quella condizione? L’unica opzione possibile sembrava una: complicazioni mediche, dovute all’operazione rischiosa effettuata sul suo cervello. Beh, in quel caso poteva anche rilassarsi: su Asgradel c’erano tanti metodi per risolvere ogni tipo di malattia e problema. Nel corso della sua vita aveva visto molte volte i prodigi della magia curativa: arti perduti riattaccati al corpo del proprietario, occhi sostituiti da protesi meccaniche, ferite curate con il solo tocco delle mani… Avrebbe trovato una soluzione, poco ma sicuro. Possedeva le risorse adatte a farlo. Ciò che contava in quel momento era guarire il più in fretta possibile per potersi cercare un medico migliore, qualcuno più competente di quel ragazzino. Inoltre chi non gli assicurava che quel problema si sarebbe risolto da solo, con il tempo? Dopotutto nemmeno lui conosceva le piene potenzialità dell’occhio. Tutto ciò che sapeva sul suo dono era ciò che aveva letto nel Registro, e non l’aveva nemmeno letto tutto. Alcune parti, infatti, gli erano incomprensibili. Doveva calmarsi. Doveva pensare ad altro e tranquillizzarsi. Ogni problema ha una soluzione.


▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ▬▬▬ ▬▬ ▬▬ ▬▬▬ ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬


I suoi pensieri l’avevano catturato in uno strano vortice, che lo tenne intrappolato per quelli che potevano essere secondi come minuti. Nella sala aveva fatto la sua comparsa una strana ragazza, un’infermiera, che aveva tuttavia corpo e comportamento più adatti a un altro genere di lavoro. Era di una bellezza mozzafiato, quel genere di bellezza che ti rivolta dentro. Ma in quel momento l’illusionista era troppo occupato a pensare, troppo concentrato su di sé e sul dottore per accorgersi di altro. Persino quando la ragazza attaccata al respiratore, la stessa che aveva visto poco tempo prima alla torre del suo clan, si era risvegliata lui non s’era accorto di nulla. Aveva altro per la testa.

Prese delle bende dal comodino, dallo stesso cassetto in cui poco prima aveva frugato il dottore. Con calma serafica, continuando a ignorare ciò che aveva attorno, chiuse l’occhio destro e iniziò a bendarlo, passando le bianca stoffa attorno al cranio in modo delicato, lentamente. Conclusa l’opera mise a posto la garza avanzata e testò il suo lavoro. Non aveva davvero bisogno di nessuna benda, la sua vista era perfetta, l’unico problema era l’immobilità del suo bulbo oculare. Non sapeva bene per quale ragione, ma aveva provato il forte impulso di farlo. Volse la testa verso il medico accanto a lui e disse, con tono freddo, quasi metallico:


« Dottor Kasumi… Cosa… Cosa mi è successo? »


SPOILER (click to view)
Alcune cose importanti. Il testo contiene alcuni riferimenti al passato del mio pg che non mi sono messo a spiegare. Il Registro, beh, è un importante oggetto del background di Drakar, anche se per ora non l'avevo mai nominato. Normalmente Drakar non fa alcuna distinzione per la semplice età ma qui, a causa dello shock è portato a criticare Kasumi, senza offesa per il suddetto XD
Il primo pezzo è un ragionamento che fa l'illusionista con sé stesso. E' un po' pesantuccio, contando il fatto che non ho mai mandato il testo a capo, ma è per mia precisa volontà che è così XD
Detto questo, quando torna in sé, Drakar si fascia l'occhio con una garza e si rivolge a Kasumi. A voi la penna (o meglio, la tastiera XD)
 
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Il Peccato
view post Posted on 17/11/2010, 21:20




« Combatteremo l'infezione in ogni modo di cui la scienza umana disponga,
ma voglio che lei sappia che se si verficassero dei problemi,
sarei costretto, per il suo bene, ad amputarle l'arto. »

Queste parole rimbalzano per tutta la stanza in un eco senza fine.
Amputare l'arto.
Impallidisco.
Il cuore sembra quasi smettere di battere
e non sarebbe affatto una brutta cosa, meglio morto che menomato.
Senza un braccio.
Come avrei fatto a sopravvivere?
Puoi forse tagliare un'ala ad un'aquila e sperare di vederla volare ancora?
Puoi privare lo squalo di una pinna e pretendere che esso rimanga il più grande predatore dei sette mari?
NO.
Se chiedessi loro cosa sceglierebbero tra una vita di sofferenza e la morte
ho pochi dubbi su cosa ti risponderebbero.
Un lupo è forse diverso?
Senza una zampa può forse correre libero con i suoi fratelli?
NO.
I miei occhi stralunati cercano di insinuarsi in quelli dell'improbabile dottore
per capire se mi sta mentendo.
Ma perchè mentire dopotutto?
Un braccio nero e inutile è inutile a chiunque anche ad un possibile Frankenstein.
Se non riuscissi a guarirei sarei soltanto uno scarto, inutile e monco.
Distolgo lo sguardo da quei profondi abissi
cercando conforto nel bianco muro facendo perdere il mio sguardo in esso
nel suo infinito ripetersi della monotona cromia.
com'è potuto succedere?
Non ricordo nulla.
Le mie secche labbra distrutte dall'arsua
che tanto somigliano a trincee di soldati disperati
si aprono in un sussurro disperato.
«Che mi è successo?»
Poi scuoto la testa
come se quell'evento in realtà sia solo marginale.
Come se fosse solo la punta dell'iceberg,
altro infatti mi preoccupa.
«Nel caso...nel caso....»
Balbetto.
La mia mente ancora non concepisce la possibilità di perdere un braccio.
Stringo le palpebre con forza scuotendo il capo
cercando di scacciare quel blocco.
«...perdessi il braccio...Lei sarebbe in grado di sostituirlo?»
Dico tutto d'un fiato, come in apnea.
Per liberarmi da questo miasma.

 
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Alist3r
view post Posted on 18/11/2010, 18:15





T E S T 03/A



« Parlato »
Pensato
« Altri »






« Siete tutti svegli quindi. Questo mi rasserena moltissimo. »

Non ebbero tempo di rispondere alle domande che si erano posti. I quattro malati osservano sbucare dal nulla una ragazzino vestito da dottore che sorrideva a tutti. Zell, non ancora del tutto ripresosi dall'anestesia non capiva se era un sorriso spontaneo o fosse il classico sorriso stampato su tutte le facce dei medici con l'unico scopo di far sentire a proprio agio i pazienti. Ma quello strano ragazzino aveva davvero l'aria rassicurante, infondeva calma nella stanza e ne era sicuro, Zell, che non volesse far del male a nessuno.

« Sono il dott. Kasumi. Vi prego non badate al mio aspetto, so quello che faccio. Vi trovate a Gerico, il crocevia.
La cosa che più conta adesso è che voi riprendiate le forze. Non dovete per nessuna ragione affaticarvi o agitarvi, sono stato sufficientemente chiaro? »

... Geriko??? Come siamo finiti qui? ... grazie alle sue scarsi doti di orientamento Zell non aveva ben presente dove si trovasse questo crocevia, ma di una cosa era certo: non sapeva come ci era arrivato.

Mentre il dottore parlava si muoveva agilmente nella sala, quasi la conoscesse a memoria. Si fermò prima sulla ragazza, quella attaccata allo strano macchinario; la controllò premurosamente e le rimboccò addirittura le coperte. Fatto ciò si diresse nella sua direzione.
Non parlò.
Si limito a controllarlo, velocemente ma con cura. Fino a prova contraria lui era quello messo meglio dei quattro e non aveva bisogno di particolari cure.
Prima di congedarsi il dottore gli fece cenno verso una bella fetta di torta sul tavolino li accanto che non aspettava altro di essere mangiata.
Grolgl Grolgl
Il suo stomacò brontolo, reclamava cibo, nutrimento.
E quella torta era li, tutta per lui, che lo chiamava, irresistibile come il canto delle sirene.
Nel frattempo il Dr. Kasumi si era spostato verso gli altri pazienti. Zell non riusciva a sentire cosa si dicevano, un po per la distanza, un po perché ormai il suo obiettivo era solo lei: la torta.
Allungò il braccio, non gli andava di mettersi in piedi, fino ad afferrarla, soffice con un cuscino. La portò verso alla bocca, lentamente, pregustandosi ogni istante, quasi assaporandola ancor prima di averla addentata.
Poi il primo morso: il sapore del cioccolato invase tutta la bocca, che doveva essere rimasta a secco di solidi e liquidi per molte ore. L'impatto fu talmente forte da infastidirlo quasi, ma a poco a poco il dolce del cioccolato cullò ogni movimento della bocca.
Mangiò con voracità il resto della fetta di torta e si sentì subito meglio alla fine, anche se non era del tutto sazio. Leccava la cioccolata residua sulle proprie dita mentre fece la domanda al dottore:

« Mi scusi Dottor... » non ricordava il nome « ... Dottore. Credo che ci chiediamo tutti cosa ci sia capitato e come siamo finiti qui. Sarebbe così gentile da spiegarci? »

Ma accadde una cosa improvvisa e inaspettata. Qualcosa irruppe nella quiete della sala.
La macchina che teneva in vita la ragazza suonava, bip consecutivi, insistenti e rumorosi: di qualsiasi cosa si trattasse non era nulla buono.
Il ragazzino osservò tutta la scena in silenzio, con gli occhi spalancati e anche con un po di apprensione; del resto poteva trovarsi lui al posto della ragazza.
Il dottore scattò, lasciando il paziente che stava controllando senza pensarci due volte. Si precipitò sulla ragazza, con lo sguardo visibilmente preoccupato. Zell non capiva cosa accadesse ma sentì Kasumi chiamare un'infermiera che arrivo subito dopo.
La ragazza doveva essere in pericolo di vita.


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Arlic
view post Posted on 24/11/2010, 18:08




« Bene. La situazione è stabile. Non si sforzi troppo. »

La paziente n. 3 era l'unica donna e forse per lei avrebbe riservato un trattamento più rispettoso.
Si sorprese enormemente nello scoprire che nessuno dei quattro aveva ricordo di cosa fosse accaduto. O forse probabilmente in realtà se lo aspettava perché lui stesso lo aveva programmato, era stato necessario cancellare loro la memoria altrimenti l'esperimento non si sarebbe potuto svolgere, i ricordi erano delle influenze pericolose, legati a emozioni e sentimenti altrettanto dannose. Il dottore si infilò le mani nel camice bianco e sospirò.

« Juliette » fece all'infermiera « Si cortese: vai a prendermi un bicchiere d'acqua. »

Si appoggiò con la schiena contro il muro, dall'altra parte della stanza l'enorme finestra di vetro scuro, se ci si avvicinava si aveva l'impressione di affacciarsi sull'infinito, il continuo aggregarsi e disgregarsi della materia, un processo che era stato tassativamente proibito all'uomo di conoscere o anche solo di osservare con curiosità. Immagini così sconvolgenti potevano essere solamente cncesse agli dei, a lui stesso, a Kasumi il Burattinaio. Sollevò lo sguardo: i loro quattro corpi brillavano di una lievissima luce, appena percettibile e solo lui riusciva ad osservarla, flebile e calda, come se il loro corpo emanasse un leggero vapore che li ricopriva e avvolgeva in un manto; uno di quei manti era bianco, color panna, eppure sbiadito e poco chiaro, come se la sua presenza non fosse poi così influente, un altro era di un blu elettrico, acceso e paradossalmente vivo, l'altro ancora era rossiccio, un colore malato a metà tra l'intensa tintura del sangue e i liquidi intestinali, era rabbia e forza, ed era fuori di se, l'ultima tuttavia lo incuriosì. Si avvicinò al paziente suo detentore: la sua pelle era ricoperta da minuscoli filamenti violacei, capelli e peli che si liquefavano e si ricomponevano, trasudava quello sporco violaceo in quantità minime, per l'appunto come dei fili. Scosse la testa. Forse per un momento aveva dato troppo nell'occhio.

« Tornerà come prima. Glielo assicuro. »

Sorrise al n. 2, in fondo non mentiva. Non su quello.

« Quello che vi è successo » prese un secondo di pausa « Ma se devo essere più corretto: quello che avete fatto. »
Rimase ancora qualche secondo in silenzio. Se ora la sua fosse stata verità o menzogna nessuno di loro avrebbe potuto asserirlo con certezza.
« Non lo so con esattezza. Ho preferito chiamarlo incidente ma le autorità ritengono che... »
Riprese ancora il respiro e sollevò lo sguardo, vacuo.
« Siete sospettati del tentato omicidio di Raphael Lexae e dell'omicidio di sua moglie Aurelia e sua figlia Isaura. Se vi trovate qua, è per opera sua e temo per voi che non abbia intenzione di perdonare il vostro gesto. »

Sospirò concludendo, quasi avesse detto la cosa più facile del mondo o meglio si fosse liberato di un peso insopportabile.

« Ricordate? »

Quello che era stato fatto loro andava oltre le normali capacità intellettive: Raphael Lexae gli aveva distrutti uno dopo l'altro, aveva modificato e deturpato il loro corpo con una perfidia pari a quella del Burattinaio, possedeva una potenza e una capacità distruttiva fuori dal comune, qualcosa che era diventato per Kasumi oggetto di studio, come loro quattro poiché loro erano la sua eredità. L'allievo infine aveva superato il maestro. Presto ne avrebbero preso coscienza da soli.

CITAZIONE

Qm Point


Indicazioni_
La descrizione delle luci che emanano i corpi dei quattro personaggi è totalmente soggettiva, non notate tale fenomeno, tuttavia Kasumi a modo di comprendere che, nonostante le cure, nel vostro corpo c'è qualcosa che non va. Reuperete a mano a mano le forse e sarete capaci di compiere piccoli movimenti. Non sarete in alcun modo capaci di distinguere verità da menzogna. Kasumi vi pone in una situazione estranea che non ricordate e che pare non abbiate vissuto. Sta a voi decidere come reagire. Potete continuare a interrogare il "Dottore".
Turnazione_ Tutti.
Tempi di risposta_ 5 giorni.

 
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view post Posted on 26/11/2010, 22:31

Esperto
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Oltre la Barriera.

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Parole senza senso, voci di fantasma che alitavano frasi incomprensibili e sbagliate.
Tutto in quel luogo era sbagliato.

A partire dalla mia presenza lì.

Non potevo essere davvero in quel letto e in quelle condizioni: non avevo fatto nulla che giustificasse tutto ciò. Solo un dettaglio non quadrava: la mia mente, ancora ottenebrata dai farmaci e dalla confusione di quel traumatico risveglio, era un groviglio di flash e sensazioni contrastanti che assomigliavano complessivamente più a un buco nero che a una fonte di ricordi, per quanto incerti. Aggrottai la fronte, ignorando la fatica che mi costava frugare nella memoria, ma i miei sforzi parevano vani.

Nulla.
Il vuoto totale.

Il dottore bambino mi parlava gentilmente, ma io lo fissavo con espressione angosciata e vuota mentre si aggirava tra i letti degli altri tre pazienti, che finalmente distinguevo del tutto.
Visi ignoti accomunati da un solo, identico senso di spaesamento e un interrogativo stampato sui volti stralunati.

La domanda che si ripeteva, si sussurrava, si intuiva, era sempre la stessa: dove siamo? E perché?

Sgomento.
Abbandono.

Sospetto.


La risposta venne dalla voce flautata e in qualche modo inquietante del sedicente “Dottore”. Non riuscivo né potevo credere alle sue parole. Prima ci induceva a credere di trovarci a Gerico. Cosa già di per sé impossibile. Ora farneticava a proposito di un omicidio mai commesso.

Non avevo mai sentito nominare questo Raphael Lexae.
Mi faceva male la testa.

A giudicare dallo sguardo smarrito degli altri occupanti dei letti quel nome non diceva niente nemmeno a loro.
E stando a quello che il dottore aveva appena affermato, io avevo avuto parte nell'assassinio di due donne, la figlia e la moglie di questo ignoto Lexae che si sarebbe vendicato accanendosi su di me, riducendomi in uno stato tale da dover essere ricoverata in fin di vita in quell'inquietante ospedale.

Ero un'assassina. Io come gli altri tre sconosciuti. I miei...complici?
Mi soffermai nuovamente su di loro, cercando dettagli nel loro aspetto al di là del camice da ricovero che potessero risvegliare in me qualche ricordo, ma fu ancora come annaspare nel buio. Non li conoscevo.

Decisi di rompere il ghiaccio che si era creato alle sconcertanti rivelazioni del dottore bambino.

- Dottore...- sussurrai, con un certo sforzo. - Temo che ci sia un equivoco. Io... - non sapevo cosa dire: la situazione era di per sé così surreale che ogni domanda, ogni richiesta pareva fuori luogo. - Dottore...Io non conosco la persona che hai nominato. Non ho ucciso nessuno. Spiegami... -

Un accesso di tosse interruppe la mia frase a metà: ero ancora debole e non dovevo agitarmi, anche se sentivo il sangue che iniziava a montare alla testa. Chi diavolo era quel ragazzino che ci teneva lì come se fosse davvero un medico e noi i suoi pazienti?

- Ma chi sei? Chi siete? - rantolai, irritata di fronte all'espressione serafica dei nostri due “angeli” custodi.

Non riuscii ad aggiugere altro: sorridente come una grottesca bambola, la fantomatica infermiera mi era comparsa davanti con movenze sfarfallanti, porgendomi con enfasi esagerata un bicchiere d'acqua. Distolsi lo sguardo, imbarazzata dalla sua fin troppo procace presenza: il suo sguardo ammiccante non contribuiva proprio a rasserenare il mio animo confuso.





...Appunti...

Rec [ 225 ] AeV [ 200 ] PeRf [ 100 ] PeRm [ 425 ] CaeM [ 200 ]

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11%
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Nessuna

 
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Alist3r
view post Posted on 27/11/2010, 17:42





T E S T 03/A



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Quella torta era stata veramente una delizia per sue papille gustative. Tanto buona che non poté smettere di mangiare nemmeno mentre la povera ragazza lottava tra la vita e la morte, aiutata dal dottore e dalla sexy infermiera. Si vergognava un po per quello, ma in fondo nemmeno la conosceva e per quanto ne sapeva poteva benissimo essere stata lei ad avergli procurato quella terribile cicatrice sull'addome; lei o uno degli altri due. Nessuno sapeva perché era li, nessuno ricordava nulla. Tutto sommato potevano essere i suoi peggior nemici e non saperlo.
Tanti punti interrogativi salterellavano nella sua mente ancora annebbiata, seppur pian piano riprendeva possesso delle sue facoltà, sia quelle mentali che fisiche.

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Tante domande che ancora non avevano ricevuto risposta.
L'infermiera venne mandata a prendere un bicchiere d'acqua e il dottore sembrava essersi deciso a dare qualche spiegazione in più sull'accaduto, mentre si era appoggiato ad una parete:

« Quello che vi è successo. Ma se devo essere più corretto: quello che avete fatto. Non lo so con esattezza. Ho preferito chiamarlo incidente ma le autorità ritengono che... Siete sospettati del tentato omicidio di Raphael Lexae e dell'omicidio di sua moglie Aurelia e sua figlia Isaura. Se vi trovate qua, è per opera sua e temo per voi che non abbia intenzione di perdonare il vostro gesto. »

Parlò ancora con la sua consueta calma, lasciando trapelare poche emozioni. Tutto quel discorso sembrava tremendamente vero e credibile, ma allo stesso tempo poteva essere una menzogna, pura invenzione. Non aveva prove.
Zell corrugò la fronte, poi il dr. Kasumi aggiunge:

« Ricordate? »

No. Assolutamente no. Il giovane non ricordava nulla. Non sapeva chi fossero quei Lexae, ne tanto meno se aveva davvero partecipato ad un omicidio. Lui era un ladro e uccidere non era nel suo stile, tuttavia... non poteva esserne certo.
Lui, un assassino? Possibile?
Scosse la testa.
Si guardò ancora intorno in cerca di un indizio, di un segno, di una certezza; ma quello che trovò furono solo sguardi vuoti, smarriti come il suo. Faccie travolte dalle domande, disperse in un mare di dubbi. E poi quel ragazzino vestito da dottore, che però non si comportava come tutti bambini, anzi dagli atteggiamenti sembrava un adulto navigato, un dottore con esperienza alle spalle.
La prima a rompere il silezio fu ragazza appena salvata.

«Dottore...Io non conosco la persona che hai nominato. Non ho ucciso nessuno. Spiegami... Ma chi sei? Chi siete?

Domande e ancora domande. Le stesse domande che probabilmente ognuno di loro, probabilmente, avrebbe voluto rivolgere, ma soprattutto domande alle quali ognuno di loro avrebbe voluto voler ricevere una risposta. Non disse nulla, si limitò ad ascoltare. D'altronde anche'egli voleva sapere le stesse identiche cose.


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Edited by Alist3r - 27/11/2010, 20:31
 
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