And...bla..Bla..BLA ······· - Group:
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| Un debole movimento delle ciglia. Il tiepido corrucciarsi dello sguardo assopito. Quieto, immoto. Mero riflesso di un sogno inavvertibile, appena sussurrato dal respiro regolare, profondo. Il profumo della Genziana fra le dita. Dell'Erica fra i capelli. Della Belladonna sulle labbra, appena screziato della memoria di un sorriso gentile, pacato, ora sbiadito come nera fuliggine fra le ceneri. Non vi è suono nell'aria. Mite sospiro. Né il vento. Né la pioggia Debole tramestio delle palpebre. Né musica. Né voci.
Nell'ombra del tramonto, io e te, andammo a braccetto nei sogni chissà perché. E li, avvinti nel bagliore di ciò che era bello, Finimmo per smarrirci, me e un trovatello. Oh, che sciocchi. Che stupidi bambini fummo, che la notte ci trovò e in un sol attimo un brutto tiro ci giocò. Ci regalò il sole e le stelle le gioie e le cose più belle. Ed in cambio una sola cosa chiese che noi le regalassimo le chiavi del suo paese. Così, nell'ombra del tramonto, io e te, rimanemmo prigionieri dei sogni chissà perchè. E ora di favole è il nostro mondo. Di bellezze e frivolezze ogni giorno. Eppure, avvinti nel bagliore di ciò che un tempo era bello, ancora ci chiediamo perché, fra tutti i sogni, scegliemmo proprio quello.
Ancora un debole tremolio delle lunghe dita, tese ed insieme socchiuse in una posa accartocciata. Avvinta. La medesima appartenente ai dormienti. Ai defunti. Eppure non c'è alcuna tensione in quel palmo abbandonato. Nessun dolore. Nessuna pena nella succube arrendevolezza dei polsi flessi, degli avambracci stretti in una posa ancora religiosa, ancora desolata.
Eppure ora, improvvisamente, Vi è un tremito nuovo in quel corpo. Un che di turbato nel muoversi delle ciglia. Un riflesso poco spontaneo nel loro rabbrividire sull'orlo degli occhi ancora chiusi, immemori di ciò che reclama di essere visto. Un inaspettato scatto nelle spalle ripiegate, nel collo stretto dalla dolce presa di bracciali e catenine brillanti di mille riflessi ambrati. E pare che le vesti d'avorio, quasi solcate dall'improvvisa brezza di un vento nuovo, abbiano disegnato una nuova curva sul corpo ricurvo, ripiegato, la posa fetale dei fanciulli ad addolcire una bellezza senza tempo.
" Svegliati, mia cara " Voce gentile. Tono delicato. Uno sperduto trillio dei sogni. Morbida carezza lungo la schiena, attraverso l'orlo merlato dei veli di seta.
"Svegliati, ti prego" Ed ella rabbrividisce ancora. Il tiepido calore dell'onirico che velocemente l'abbandona, lasciandola nel fiato freddo della notte. Esposta. Appena meno che nuda in quei suoi cenci disadorni. Ma ancora non cede. La curva delle sue membra si stringono, la testa si incava, incapace di accettare che già i sogni hanno ceduto il passo a quella voce carezzevole, amabile, lusinga parsimoniosa nel biasimo del disappunto.
" Su, avanti. Apri gli occhi" E suo malgrado, Sherazad sente le proprie palpebre muoversi. Rispondendo ad un ordine. Stupide puttane al servizio di una volontà altrui. Gemendo, stringe le labbra, quasi tentando di impartire un contrordine che tarda a venire. No...che diamine....No...dannazione....
" Aprili ora. Subito. Non te lo ripeterò una seconda volta" Ed improvvisamente Sherazad cede. Di scatto i suoi occhi compaiono sul suo volto immoto. Due punti di giada in un mare di argilla qual'è la sua carnagione. E mentre è il suo respiro calmo a serrarsi inaspettatamente, le gote calde che gelano di un imprevisto terrore e svilimento, ecco che un altro sguardo finisce per catturare di forza il suo. Altri occhi del medesimo colore. Altro viso senza espressione. Eppure la sola pupilla rettiliforme basta per schiantare la vista della fanciulla, per immobilizzarla nel terrore di quella bestia ignota, senza corpo e senza anima. Attorno a lei, ora, il caos. L'esplodere di mille e più suoni grotteschi, inafferrabili. Niente più che un frenetico gozzovigliare ed ondeggiare al ritmo di una ruzzolante armonia. Tempesta di Suoni. " Buongiorno, mia cara " la beffeggia la voce di poc'anzi. La schiaffeggia mentre la fiera che la sovrasta flette docilmente il collo per meglio accostare il muso al suo volto. Più forte, ora Sherazad avverte il sentore di belladonna nello stomaco. Avverte il vago senso di vomito della vittima risalire in lei assieme alla nausea. Eppure non urla. Non può. Non riesce. Non vuole. La profondità del rumore che la circonda è come un'unica, onnipotente voce che, troppo forte, la mette a tacere. La zittisce con il suono lacerante di piedi battuti sul terreno. Di mascelle lasciate scattate una due, mille volte. E di artigli che, affamati, rosicchiano la pietra sulla quale ella sa di trovarsi. Socchiude gli occhi, il fulgore di fuochi lontani che la acceca. " Non dormire " la ammonisce la belva " Fra poco sarà il tuo momento. Stiamo solo aspettando che arrivi il tuo fortunato cavaliere " Rileggendo il post, mi accorgo di aver dato molto poco spazio alla descrizione del luogo e del "contesto" in sé. Mi scuso perché, così facendo, lascerò un po' in balia di se stesso il mio co-protagonista. Prometto di rifarmi nei prossimi postT___T Oltre a questo, a scanso di equivoci ricordo che la zona in cui la scena si svolge non è per nulla neutrale ma, viceversa, è decisamente affollata delle meglio creature dell'Eden tutte strette attorno al punto in cui l'intera scena verte: una sorta di antico altare sacrificale in parte distrutto. Su di esso, una immonda creatura del tutto simile ad un Dracolich funge da punto focale della festa. Sotto lo stesso, semisvenuta sull'altare e posta fra le sue zampe, una giovane donna completamente rintontita dalle droghe. Ovunque, le bestie si agitano e ballano al ritmo di una musica forsennata. Cibi e bevande di sorta, inesauribili, costellano il pavimento e le enormi costruzioni adiacenti. Pur bevendo e pasteggiando, esse ricompaiono intonse sulle tavole.
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