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| Tutte le volte che ho indugiato sull'immaginarmi il corso della vita, me lo sono figurato come un nodoso albero di ciliegio. Come tale, esso pianta le proprie radici in una certa terra, ne trae il proprio nutrimento e decreta il tono della propria crescita dalla qualità con cui viene accudito, sin da germoglio. E dunque, mano a mano che allunga i propri artigli lungo il cielo, si ramifica ad ogni occasione; si biforca sulle esitazioni e si dipana a ventaglio per ogni "se", anche per quelli che vengono solo sussurrati a mezza voce. Proprio come un albero di ciliegio, vive periodi di fioritura e sfioritura, e ogni ramo indica una strada percorribile, come fosse un cartello stradale al ciglio di un pericoloso incrocio. Tuttavia, spesso ha poca importanza quale sentiero si decida di seguire, che esso sia stato dettato dalla volontà, dall'egoismo, dall'altruismo o dal nichilismo. Alla morte del tronco, muore ogni parte della pianta; che il ramo da te scelto sia nodoso, flessuoso o rigido e inflessibile - la tua fine non cambia; non nel perché, quantomeno e non è determinata da ciò che fai o che decidi di fare ma da ciò che sei.
Io l'avevo visto. Avevo visto, calcolato, studiato, cercato - ma nulla avrebbe potuto salvarmi da ciò che ero. Non uno solo dei miei finali si sarebbe rivelato un lieto fine perché la mia era una pianta destinata a recidersi sotto i colpi della lama smussata dell'invidia, dell'accidia, della vendetta o dell'ingenuo idealismo. Un'accetta che sarebbe inesorabilmente caduta su di me per ciò che ero; al di là della forza che l'avrebbe spinta, dell'accadimento che ne avrebbe causato il moto. Sarei morto perché ero - sono - il Re che non perde mai e per nessun'altra ragione eccedente da questa.
E tuttavia, io ho vinto anche questo ostacolo. Ho stracciato la tela sulla quale era stato dipinto il mio destino, tratto la forza per farlo da persone che non appartenevano al mio mondo. Io ho vinto la morte - ma non è questo ciò che colpisce; qualsiasi ligio negromante ne sarebbe in grado. Più importante, io ho vinto il futuro. ho cambiato ciò che sono per cambiare ciò che sarebbe stato di me qualunque strada avessi preso.
E ora, a soli pochi giorni dalla mia impresa, vedo aprirsi nuovi orizzonti innanzi a me e so con certezza che La mia storia continua.
A ripensarci ora, solo fino a qualche tempo fa non avrei mai distrutto la sala del trono per una ragione tanto futile. Deturpare un luogo di tanta imponenza e con una così grande carica comunicativa, fino a trasformarlo in un'urna colma di ceneri, mi sarebbe apparso come un crimine poco meno grave di un omicidio a sangue freddo. E tuttavia, quelli che un giorno erano mezzi di impressione solo figurati, oggi, alla luce della mia evoluzione, mi si palesano come veri e propri strumenti di comunicazione materiale. Non c'è da sorprendersi, dunque, che abbia trasformato il maniero in un deserto. Una struttura di così grande imponenza, di incomparabile potenza psicologica sull'immaginazione di chi l'ha vissuto, visto, cercato o semplicemente pensato almeno una volta nella vita - non può che fungere da perfetta antenna per qualsiasi tipo di comunicazione che bypassi il mezzo comune del verbo un messaggio che tocchi il subconscio di chiunque ne sia attratto, lasciando ignari coloro che non lo sono.
Il maniero del Toryu, ora, come io l'ho trasformato, sfondandone le pareti e riducendo in cenere i soffitti non è che un gigantesco ricettore di idee; un catalizzatore di pensieri di coloro i quali si troveranno a condividere con me i loro desideri. L'antenna di una gigantesca parabola che è il borgo un ammucchio di anime stipate alla rinfusa che non sono che puri ripetitori in risonanza con la grande entità del Leviatano.
Una magia che sfugge il preconcetto delle arti arcane; una tecnologia che trascende il tempo. un semplice suggerimento che, liberandosi fra i denti stretti della ragione, avrebbe raggiunto chiunque ne sarebbe stato allettato e solamente loro una voce, che avrebbe parlato con il viso d'un angelo.
« Io mi impossesserò dell'Asgradel. » liberandosi poi in un rassicurante sorriso di confidenza « e con me, chiunque si schiererà dalla mia parte. »
Questo, senza che nessuno avesse potuto rendersi conto di come, arcuato in avanti, mi sarei eretto sulle macerie di quella che era stata la mia roccaforte stagliato lungo il cielo diurno, con lo sguardo perso a rimirare le grandi forze accumulatesi all'altro polo della terra nella posa di un demone, ingobbito e stringendo già fra le dita quel potere che ancora non comprendevo del tutto ma già desideravo con cupidigia.
« Today is a good day for victory. »
CITAZIONE Ebbene sì, per quanto riguarda le giocate inerenti al valzer il maniero andrà considerato a tutti gli effetti completamente distrutto; desertificato, per la precisione. Come si evince dalle immagini di esso non rimangono che qualche colonna sparuta e poco più - si può dire con certezza, inoltre, che anche la gran parte del borgo abbia fatto la stessa fine.
Questo post vuole introdurre una delle due fazioni che si contenderanno all'interno del Valzer. Per la precisione, quella guidata da Ray. Ci tengo subito a specificare che, se il post non fosse stato abbastanza esplicativo in questo senso, il sovrano non si identifica più come membro del Clan Toryu, dopo la sua trasformazione. In effetti, tutti i suoi sudditi sono divenuti parte di lui, e questo implica che il "clan" in senso stretto non esista più. Non ha esitato un solo istante, difatti, a radere al suolo il suo maniero per farne una gigantesca "antenna" in maniera da raccogliere seguaci per tutto il globo. Dunque è bene dire che, benché la fazione sia di fatto il "Leviatano", essa non ha nulla in comune con il clan Toryu in senso stretto. L'obiettivo di Ray è - come descritto - quello di conquistare l'Asgradel. Qualsiasi personaggio abbia simili ambizioni percepisci distintamente questo suo annuncio, e può decidere di entrare a far parte della sua fazione per questa ragione o per altre, qualunque esse siano. Percepite chiaramente che il sovrano intende catturare e soggiogare l'Asgradel; conquistarlo - non semplicemente "contattarlo" o "utilizzarlo e poi lasciarlo libero". Se i vostri personaggi intendono rispondere alla sua chiamata, non devono fare altro che dirigersi al borgo ormai mezzo desertificato (potete fare scene GdR a riguardo o meno; è una vostra libera scelta).
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