Torbidi, tacete, o moribondi pensieri.
Sordi, dolenti, cessate, o molesti rumori.
Nel sonno non desidero che mi si desti.
Nella notte, non bramo che mi si svegli.
Nell'attesa, nulla vale. Nulla conta.
Solo attimi. Solo istanti. Solo, miseri, innocui frammenti di niente.
Solo lei. Lei e la sua voce, il suo volto,
le sue labbra che ancora, invano, eccole.
Mi tentanto.
Pur dalla roccia, pur dalla pietra, io, solo,
misero essere senza peso, ancora aspiro, ancora desidero quel profumo, quel dolce
calore che da lei sola spirava. Mite brezza
primaverile.
E avverto i brividi della passione, il vibrante
fremito del mio animo, che assetato, vile, ancora ricorda la sete, l'arsura, il piacere.
Dolci parole sussurrate nella notte. Rubate,
colte nell'intreccio del sogno di molti, nel
pesante fiato di altri. E lei, sempre lei, lei mia rovina, mio peccato. Il mio sapore
avvinto dal suo, il mio morire in lei, fra le
sue braccia bianche, esanimi. O amore mio.
O mia condanna! Che l'amore non è amore se vi è la felicità in esso. Che ignari ci colse
e ancora ci avvince. Pur nelle tenebre. Pur
nel dolore dell'eternità. O amore, mio solo
ed unico diletto!
Nel sonno non desidero che mi si desti.
Nella notte, non bramo che mi si svegli.
Ma già sento la tua voce. Il suono delle
tue dolci parole. Sono deboli, flebili, e
meste note di una melodia che anche qui, anche laddove non esiste luce, si,
cantano per me.
Stai piangendo, amore mio? Perché
soffri? Perché, ancora, ti disperi?
Nero come petrolio. Scuro come fuliggine, il Bacino corrotto riposa. Rimane, vitrea lastra di ossidiana, quieto nelle profondità della terra, stagnante pozza immota. Sogna, melanconico paradiso per coloro che non possono perire, di una vita ancora, di un'esistenza nuova. Un mondo diverso, tutto luce e colori, tutte luci e stelle. Un sempre Eden destinato a Neirusiens e Neurosiens sola.
Attende, il Bacino corrotto. Nei suoi occhi la visione di un'alba ora imperscrutabile. Ora inaccessibile , poiché il cielo, quello vero, pare essersi oscurato da molto tempo, ormai. Non vi è più il sole. Non vi è più la notte. Solo il freddo permane, grave tensione dell'aria.
Eppure Il Bacino non teme il gelo. Le acque morte non temono nulla, in realtà. Il trapasso è ancora più rigido, a confronto. E ormai non vi sono più vite da rubare a Neirusiens, più anime da corrompere e guidare, infine, nelle acque Corrotte.
Solo il silenzio, persistente, si ostina a sfiorare con dita appannate il vitreo sguardo di coloro che ormai non potranno mai più abbandonare le loro case senza facciate e senza balconi, denti rotti nel paesaggio della rovina.
Plic
Quando le acque vibrano, una corona di timide onde a fuggire sul profilo increspato di quel vetro inanimato, non vi è alcuno a sussultare.
Alcuno sguardo a sollevarsi, sospettoso, verso il Bacino. E controllare che cosa, in quell'immobilità perpetua, abbia potuto infine rabbrividire a pelo d'acqua.
I morti hanno respiro?
I morti hanno fiato?
O esso non è altri che il sopraggiungere dell'inverno, tanto penetrante da far rabbrividire nel loro stesso corpo i miseri mortali?
Neirusiens non sobbalza. Non si stupisce.
Nemmeno quando, dalle profondità dell'abisso, risale una figura umana.
Neanche quando essa, con un gesto tremendo, squarcia il nero profilo del lago. E avanza, lenta, verso le sponde.
E raggiunge la nuda terra. Ed, alzando il capo verso l'alto, esala un lungo, profondo, sospiro.
Il primo, forse.
I morti hanno respiro?
I morti hanno fiato?
Ashlon, probabilmente, si.
Fra i suoi capelli, nere lacrime scivolano lungo la fronte, intorpidendo l'intensità del suo sguardo di giada. Ed egli è nudo. Privo di tutto fuorché della magrezza delle sue fattezze aguzze, erose, tanto spigolose da ricordare che, talvolta, si osa dire che la Morte sia come la Fame. Inesauribile, instancabile, sempre avida di nuova carne, di nuove prede.
Fra le sue labbra, l'ombra di un sorriso. Di un divertimento appena accennato, unica scintilla di vita che rende quel suo volto meno che una maschera di pietra.
Neirusiens non sobbalza. Non si stupisce.
Eppure mille occhi ora fissano quel corpo esangue.
Mille sguardi vigili, attenti, presenti laddove prima vi era solo silenzio e oscurità.
" Moril è di nuovo fra noi "
La sua voce è poco più che il ricordo di un rumore. Vaga sfumatura di un suono forse un tempo altero, forse in un passato lontano incredibilmente seducente.
" Ella si è finalmente destata ed ora è libera. Moril vive. E ci sta chiamando."
Nessuno risponde. Eppure è come se un unico movimento serpeggiasse dentro Neirusiens.
~
Dall'alto di Velta, per una frazione di secondo, un solo, fragile, attimo, Eitinel sorride.
Le labbra che scoprono, proprio sotto, l'aguzzo profilo dei canini.
Nei suoi occhi l'oscurità pare fitta come le acque del Bacino Corrotto.
Mentre piega appena il mento verso l'alto per parlare, pare quasi di vedere un guizzo adamantino nelle iridi crudeli.
" Sorridi, Eitinel.
I predatori di Neiru combatteranno per noi, quest'oggi."
Come ragnatele, i capelli della Dama si mischiano al vento, colorando d'oscurità il cielo.
" O meglio, combatteranno per te, Moril, Veggente della stirpe di Neiru. "
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