Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ Quartetto d'archi

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view post Posted on 31/1/2011, 22:31
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Tic-tac

Tic-tac
Tic-tac
Tic-tac
Tic-tac
Tip-Tap

Pare improvvisamente che il tempo sia accelerato.
Che i secondi, dapprima fermi e assenti come le tante tessere di un domino poste l'una in fila all'altra al pari di soldatini sull'attenti, inaspettatamente abbiano cominciato a cascare l'uno sull'altro, rovinosamente. Inspiegabilmente.
Dapprincipio il primo. Stanchezza indolente. Poi di seguito il secondo. Mimesi riflessa. Poi, più velocemente, il terzo. Gravità inevitabile. Ed ora il quarto. Chissà perché. E subito il quinto e con sempre più forza, sempre più slancio ed enfasi in un rutilante abbattersi giù di mille, forse migliaia, istanti eguali l'uno all'altro, identici l'ultimo al primo, il trasformarsi delle gocce in pioggia torrenziale, in frana mortale.
Trrrrrrr
La mente annaspa nel tentare di contare i singoli evitando i molti.
...rrrrrr
Nell'affannarsi a seguitare quella precipitosa corsa verso l'ultimo pezzo, l'ultimo soldatino rimasto solo in mezzo alla strage dei suoi compagni, la baionetta nelle mani come il grazioso centro del tiro a bersaglio.

Trrrr...ic
Trrrrrr....ac
Trrr...ic
Trrr....ac

E gli attimi incespicano, ansanti.
Balbettano e balbuziano con i loro miseri passettini che tanto ricordano lo zampettare frettoloso di topi, di goffe creaturine all'inseguimento. Tentando, loro malgrado, di tenere il passo. Inutilmente, purtroppo.
Romba il silenzio. Convulso fruscio di tenebra. Adunco riverbero di un sospiro costante, profondo, ancora a metà strada fra il sonno più profondo e la tiepida veglia.
Poiché per lei, solo per lei, non esiste tempo.
Non conta Quel Tempo.

Trr...ic
Trrrrr....ac

Già di oscurità i suoi capelli. Già nero il suo sangue. Già di cenere il ritorcersi del suo sguardo esangue. Già un unico, grottesco, rigurgito della gola il suo nuovo nome.
Asgradel
...
Eitinel?
...

Nero e Viola il suono. Neve e polvere la sua consistenza. Sordo connubio fra ciò che era e ciò che ora dovrebbe essere.
Eitinel?

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Con un nuovo sospiro, un ancor più leggero fremito delle dita affusolate, il marmo si crepa in mille schegge esangui sotto i suoi piedi nudi.
Stride, roco, la compattezza della pietra che si tende, mugghia di dolore, schiuma un'ultima, strenua, resistenza ed infine esplode in mille pezzi rovinando ovunque.
....rrrrrrrrr
La Torre geme, strenua dolenza, i suoi ultimi attimi. I suoi finali e vani tentativi di resistere alla figura ora immobile sul parapetto dell'ultimo piano, sul cornicione della stanza più remota. Che già franano uno dopo l'altro i mastodontici arti d'alabastro, sfinite si spezzano le sue molteplici creste e spire. E Velta Ringhia ancora un volta, gargantuesco mostro che, dilaniato dalle profondità delle proprie viscere, strenuamente tenti ancora di ringhiottire l'amaro boccone, il velenoso rigurgito risalito fino alla gola contratta.
Tr...ic

Cl...ic

Nel suo sguardo immoto e distante, la giovane donna fissa il Cielo. Quello scorcio della volta celeste che solo risalendo le ampie scale e valicando il Nero Lago è possibile scrutare dal Sorya. Osserva, muta attesa, e mentre attorno a lei ogni cosa va in pezzi e precipita verso la fine, non fa altro che sorridere, tacita ironia.

" Esaudirai uno dei miei desideri...sommo Asgradel?"
" Anche tutti, se lo vorrà. Ma solo se anche voi esaudirete un MIO desiderio, mia dolce Eitinel."

" Siate mia. Donatemi il vostro corpo e la vostra anima. Ed allora, quando tutto sarà finito, avrete ciò che vi spetta. "


Cl...ic

Poi, nello schiudersi delle sue labbra nivee, ora mortalmente pallide ed esangui come pietra slavata, improvvisamente cala il silenzio. Non sul Sorya. Non sull'Eden.
Nel rimescolarsi delle Tenebre e delle Ombre, tutto il continente di Asgradel trattiene il respiro.
Mille e più volti senza vita che risalgono la superficie in nome di un'unica, impronunciabile, volontà. In vece di una sola, terribile, voce.
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" Qualcuno di voi, qualcuno che nell'ombra avrebbe dovuto sostare e vergognosamente strisciare.
Qualcuno nel cui animo si annidano solo turpi ambizioni e misere follie. E mostruosità.
Qualcuno il cui nome scellerato nessuno potrà mai più pronunciare da ora e per sempre.
Qualcuno ha osato sfidarmi.

Sperando di non essere visto da occhi ben più aguzzi e lungimiranti dei suoi, di passare inosservato sotto il lerciume di cui si ricopre e tanto si fa vanto di "comandare".
Con la vile presunzione di un babelico stratega egli ha raccolto un'armata e fatto di sé un abominio.
Ha mutato se stesso così da potersi eguagliare alla mia Essenza.
E ora marcia contro il continente di Asgradel, pronto a divenirne il nuovo Padrone e Signore.

Ciò che è stato è sotto i vostri occhi. Ciò che ha retto il mondo fino ad oggi è ancora qui, inalterato.
Eppure io vi chiedo.
Cosa sarà del domani?
Cosa ne sarà di ciò che vi appartiene se ogni cosa verrà calpestata ed adombrata dalla brama di uno solo?
Dalle sue folli bugie ed espedienti per mutare se stesso nella gigantesca creatura che nulla sente e nulla vede?
Il Leviatano vi risparmierà, o saremo tutti vittima del suo insaziabile appetito?

Io Sono Eitinel.

Io Sono L'Asgradel, unico e solo padrone di ciò che esiste e mai esisterà.
A me appartiene la vita così come la morte di tutti così come quella di quest'uomo. E a me solo egli può chiedere di conservarla.
A me e a chi con me verrà.

Oggi il mondo si spezza in due.
Il desiderio di uno ha diviso ciò che viceversa avrebbe dovuto rimanere unito e che non a lungo potrà resistere in questo stato.

A voi la scelta. A voi il difficile compito di schierarsi.
Perchè, fate ben attenzione, nessuno degli sconfitti verrà risparmiato.
Insieme al suo Re pagherà lo scotto della sua presunzione e con lui, in eterno, spartirà la più terribile delle pene."



Clac

Nello squarciarsi del Cielo, nel piagarsi della scura volta celeste sovrastante Il Sorya, pare come di vedere lo schiudersi di un gigantesco cancello rimasto fino ad allora invisibilmente celato. Il rombante e cupo spalancarsi di Due imponenti e mastodontiche ante al cui interno, greve oscurità, la Luce sembra incapace di nascondersi.
Contemporaneamente all'ultimo, gemente, istante di vita della Torre di Velta, ecco il lento sollevarsi delle braccia di Eitinel, il melanconico sorriso di lei divenire ora un pieno e iracondo ghigno a denti scoperti, disumano impeto di potenza.

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"Il Leviatano vuole la Guerra.
E guerra avrà."


E sordo accartocciarsi di ogni resistenza, inerme soccombere di qualsiasi volontà, il culmine della Torre va infine in pezzi, una forza sovrumana che ne sradica dapprima la cima ed al contempo scende di piano in piano l'edificio facendo esplodere tutto ciò ivi trattenuto. Ogni vetro, ogni specchio, ogni statua. Tutto. Così che, infine, quando della magnificenza del Sorya non rimane altro che uno scheletro morente, ecco comparire al suo posto un Portale.
Il culmine incendiato dal riardere di un fascio di luce che, filo diretto al Cielo, collega i Grandi Cancelli con la Terra.

Ecco dove, per davvero, dimorano gli Dei.

Ecco la sola ed unica promessa che l'Asgradel manterrà per tutti coloro che, fedeli, si precipiteranno al suo cospetto.

Tic-tac
Tic-tac
Tic-tac
Tic-tac
Tic-tac

Prima che le grandi porte si chiudano. Prima che il desiderio di tutti venga negato.


SPOILER (click to view)
La Torre di Velta rimane in piedi. Eppure adesso non è altro che un immenso Portale che porta al luogo dove dimora l'Asgradel. Chiunque desideri schierarsi dalla sua parte deve riuscire a raggiungere questo luogo prima che le grandi porte si chiudano allo scadere del tempo. Da questo momento in poi il ticchettio di un orologio risuona per tutto il continente.

Lo schieramento dell'Asgradel è capitanato da Eitinel, ed ha il solo e preciso intento di fermare Ray e le sue brame di potere. In particolare, lo scopo principale è quello di impedirgli di impossessarsi dell'Asgradel. Si tratta di una fazione che non ha nulla a che fare con il Sorya nello specifico o con la divisione dei clan ed il fatto che il Portale si apra esattamente sopra la sede del Sorya non deve trarre in inganno. Così come Ray, anche Eitinel non ha esitato un istante a trasformare la sede di un Clan in un semplice ricettacolo di genti, ben visibile da qualunque parte si volga lo sguardo.
Entrando nello specifico, per acquisire il potere necessario a fronteggiare il Re, l'Asgradel ha posseduto Eitinel e ora, utilizzando il suo potere, sta richiamando da tutto il continente il maggior numero di alleati disposti a parteggiare per la sua causa. Tutto l'operato dell'Inquisitrice dal momento della possessione in avanti non riguarda un suo preciso intento ma una volontà esterna a cui ella stessa ha deciso di non ribellarsi. Chiunque quindi decida di allearsi a lei non dovrà più trattarla come la capoclan del Sorya ma come, e solo, la rappresentazione fisica dell'Asgradel.
Chiunque voglia opporsi al Re per arrestare la sua avanzata al potere, mantenere l'equilibrio del mondo, entrare nella rosa di coloro che l'Asgradel stesso ricompenserà potranno, dunque, far parte di questa fazione.


Edited by Ray~ - 6/2/2011, 18:52
 
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view post Posted on 15/2/2011, 18:11
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Attende un attimo, l'Asgradel.
Mille schegge d'oscurità che gravitano tutt'intorno la sua figura immobile.
Esita un istante, Eitinel.
Dopo forse troppo tempo, i suoi polmoni che si gonfino di quell'aria scura, acre, pesante.
La sua pelle è pallida, bianca, quasi cadaverica, piccole frustole di cenere che si depositano sul derma per poi, al solo contatto, sciogliersi in un mosaico di chiaroscuri. Tutto divampa, pur non essendoci fiamma alcuna. O è ella stessa che lentamente, come una pagina strappata, sta bruciando di se medesima?
E infine, con calma innaturale, sorride. Lentamente. Semplicemente.
Giusto il tempo di lasciare che, insieme a lei, sorrida tutto il continente di Asgradel, tutte le mille ombre disseminate sulla sua terra ora brulla, ora mortifera.

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" Il tempo è scaduto."

Con un rombo sordo, la luce che la circondava pare farsi ancora più vivida, ancor più accecante.

" Eppure non è il numero di coloro che hanno risposto all'appello che potrà segnare la differenza fra vittoria e sconfitta.
Battaglioni e armate sono nulla dinnanzi al vero Terrore"


Socchiude gli occhi ora giallognoli, ora felini di una sfumatura disumana.

" Fra di voi io sceglierò i miei Campioni. I migliori che soli potranno combattere al mio fianco fino alla fine.
A tutti gli altri che non si dimostreranno abbastanza valenti da sopravvivere a questa prima prova, concederò un unico beneficio, il solo che in tempo di guerra si possa tollerare: l'Oblio.
Così che di loro non potrà ne essere fatto scempio ma nemmeno dei possibili traditori.
La loro forza diverrà la mia, il loro spirito fluirà in me eppure il loro corpo verrà lasciato andare intatto, senza alcun turbamento."

Un sospiro. Un ansito. Il semplice corrompersi di un ghigno su quelle labbra troppo belle, troppo gelide per essere ancora da donna.

" Così, inermi come fanciulli, vuoti di una coscienza meno che sopita nel dormiveglia, essi saranno niente più che ingenui spettatori del Tramonto di questo Tempo. La Tragedia della Fine."



CITAZIONE
Post introduttivo al primo turno dell'evento. Per chiarezza: coloro che combattono per l'Asgradel dovranno affrontarsi per la "sopravvivenza del più forte". I vincitori diverranno i Campioni, e futuri generali delle truppe della tal fazione. I perdenti verranno assorbiti dall'Asgradel, destinati a contribuire fisicamente all'accrescimento del suo potere. Liberi sotto un profilo "fisico", le loro menti verranno però tenute come prigioniere nella coscienza dell'Asgradel fino alla fine della Guerra.

 
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view post Posted on 24/2/2011, 16:55
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Torbidi, tacete, o moribondi pensieri.
Sordi, dolenti, cessate, o molesti rumori.

Nel sonno non desidero che mi si desti.
Nella notte, non bramo che mi si svegli.

Nell'attesa, nulla vale. Nulla conta.
Solo attimi. Solo istanti. Solo, miseri, innocui frammenti di niente.

Solo lei. Lei e la sua voce, il suo volto,
le sue labbra che ancora, invano, eccole.
Mi tentanto.

Pur dalla roccia, pur dalla pietra, io, solo,
misero essere senza peso, ancora aspiro, ancora desidero quel profumo, quel dolce
calore che da lei sola spirava. Mite brezza
primaverile.

E avverto i brividi della passione, il vibrante
fremito del mio animo, che assetato, vile, ancora ricorda la sete, l'arsura, il piacere.

Dolci parole sussurrate nella notte. Rubate,
colte nell'intreccio del sogno di molti, nel
pesante fiato di altri. E lei, sempre lei, lei mia rovina, mio peccato. Il mio sapore
avvinto dal suo, il mio morire in lei, fra le
sue braccia bianche, esanimi. O amore mio.

O mia condanna! Che l'amore non è amore se vi è la felicità in esso. Che ignari ci colse
e ancora ci avvince. Pur nelle tenebre. Pur
nel dolore dell'eternità. O amore, mio solo
ed unico diletto!

Nel sonno non desidero che mi si desti.
Nella notte, non bramo che mi si svegli.

Ma già sento la tua voce. Il suono delle
tue dolci parole. Sono deboli, flebili, e
meste note di una melodia che anche qui, anche laddove non esiste luce, si,
cantano per me.

Stai piangendo, amore mio? Perché
soffri? Perché, ancora, ti disperi?

Nero come petrolio. Scuro come fuliggine, il Bacino corrotto riposa. Rimane, vitrea lastra di ossidiana, quieto nelle profondità della terra, stagnante pozza immota. Sogna, melanconico paradiso per coloro che non possono perire, di una vita ancora, di un'esistenza nuova. Un mondo diverso, tutto luce e colori, tutte luci e stelle. Un sempre Eden destinato a Neirusiens e Neurosiens sola.
Attende, il Bacino corrotto. Nei suoi occhi la visione di un'alba ora imperscrutabile. Ora inaccessibile , poiché il cielo, quello vero, pare essersi oscurato da molto tempo, ormai. Non vi è più il sole. Non vi è più la notte. Solo il freddo permane, grave tensione dell'aria.
Eppure Il Bacino non teme il gelo. Le acque morte non temono nulla, in realtà. Il trapasso è ancora più rigido, a confronto. E ormai non vi sono più vite da rubare a Neirusiens, più anime da corrompere e guidare, infine, nelle acque Corrotte.
Solo il silenzio, persistente, si ostina a sfiorare con dita appannate il vitreo sguardo di coloro che ormai non potranno mai più abbandonare le loro case senza facciate e senza balconi, denti rotti nel paesaggio della rovina.

Plic


Quando le acque vibrano, una corona di timide onde a fuggire sul profilo increspato di quel vetro inanimato, non vi è alcuno a sussultare.
Alcuno sguardo a sollevarsi, sospettoso, verso il Bacino. E controllare che cosa, in quell'immobilità perpetua, abbia potuto infine rabbrividire a pelo d'acqua.
I morti hanno respiro?
I morti hanno fiato?
O esso non è altri che il sopraggiungere dell'inverno, tanto penetrante da far rabbrividire nel loro stesso corpo i miseri mortali?

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Neirusiens non sobbalza. Non si stupisce.
Nemmeno quando, dalle profondità dell'abisso, risale una figura umana.
Neanche quando essa, con un gesto tremendo, squarcia il nero profilo del lago. E avanza, lenta, verso le sponde.

E raggiunge la nuda terra. Ed, alzando il capo verso l'alto, esala un lungo, profondo, sospiro.
Il primo, forse.
I morti hanno respiro?
I morti hanno fiato?

Ashlon, probabilmente, si.
Fra i suoi capelli, nere lacrime scivolano lungo la fronte, intorpidendo l'intensità del suo sguardo di giada. Ed egli è nudo. Privo di tutto fuorché della magrezza delle sue fattezze aguzze, erose, tanto spigolose da ricordare che, talvolta, si osa dire che la Morte sia come la Fame. Inesauribile, instancabile, sempre avida di nuova carne, di nuove prede.
Fra le sue labbra, l'ombra di un sorriso. Di un divertimento appena accennato, unica scintilla di vita che rende quel suo volto meno che una maschera di pietra.

Neirusiens non sobbalza. Non si stupisce.
Eppure mille occhi ora fissano quel corpo esangue.
Mille sguardi vigili, attenti, presenti laddove prima vi era solo silenzio e oscurità.

" Moril è di nuovo fra noi "

La sua voce è poco più che il ricordo di un rumore. Vaga sfumatura di un suono forse un tempo altero, forse in un passato lontano incredibilmente seducente.

" Ella si è finalmente destata ed ora è libera. Moril vive. E ci sta chiamando."
Nessuno risponde. Eppure è come se un unico movimento serpeggiasse dentro Neirusiens.

~

Dall'alto di Velta, per una frazione di secondo, un solo, fragile, attimo, Eitinel sorride.
Le labbra che scoprono, proprio sotto, l'aguzzo profilo dei canini.
Nei suoi occhi l'oscurità pare fitta come le acque del Bacino Corrotto.

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Mentre piega appena il mento verso l'alto per parlare, pare quasi di vedere un guizzo adamantino nelle iridi crudeli.

" Sorridi, Eitinel.
I predatori di Neiru combatteranno per noi, quest'oggi."


Come ragnatele, i capelli della Dama si mischiano al vento, colorando d'oscurità il cielo.

" O meglio, combatteranno per te, Moril, Veggente della stirpe di Neiru. "



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view post Posted on 19/3/2011, 01:46
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Lia.
Mia piccola lia.
Non dimenticarti mai della tua mamma.

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L'ospedale è gremito di persone. Un andirivieni tanto frenetico da apparire quasi sfocato, quasi ridonante nel suo moltiplicarsi e ripetersi.
Lo zoppichio dell'infermiera dalle gambe affaticate. Lo sbuffare del cardiologo infastidito dalla data sbagliata delle lastre. Il cigolante avanzare di una branda nel corridoio. Su di essa un uomo addormentato ed unito alla trasparente fiele di una flebo che lenta sgocciola le ore della sua anestesia totale.
Gli ospedali sembrano davvero tutti uguali.
Le molte stanze, le sale, i corridoi e tutto quel dedalo di pertugi perfettamente asettici parrebbero identici ovunque se non fosse per le persone che, popolandoli di anno in anno, finiscono inevitabilmente per lasciare la propria ombra su ciò che infestano.
Quei muri sempre verde acqua, docili e delicati quasi quanto i pavimenti sempre di marmo bianco.
Perfettamente puliti.
Così, al lato di una scrivania, ecco spuntare la statuetta in ceramica di un piccolo pagliaccio a cavalcioni su un monociclo. Poco distante, la ruota che poggia sulla cornice placcata d'argento, il sorriso di un bambino sull'altalena.
Thomas ha cinque anni. E' tutto suo padre.

Le storie sembrano davvero tutte uguali.
Così come la macchia sul muro della sala d'attesa risalente a quando quell'ubriaco, pensando che rannicchiandosi in un angolo nessuno avrebbe potuto per qualche motivo occulto notarlo, si era messo ad urinare proprio di fianco alla colonna principale sotto lo sguardo basito dei presenti.
Così come quella piccola scalfittura sul vetro del reparto natalità, incrinato da un padre troppo zelante nello scattare foto alla sua "piccolina"

E poi quel velato sentore di disinfettante e garze pulite. Di medicine e anestetici.
I più li assoceranno per tutta la vita al concetto di "pulito" e " sano".
Mancando certamente di ricordare quello del sangue fresco, dei macchinari sempre in funzione, degli utensili affilati e luccicanti atti ad aprire laddove nessun occhio umano dovrebbe essere in grado di sbirciare.
Le memorie sembrano davvero tutte uguali.
Tanto identiche da parere solo un'unica, universale, reminescenza collettiva.


L'infermiera sorride ancora mentre, con sguardo vagamente sornione, appunta il nome di Lilith sulla bacheca semitrasparente.
Pare contenta.
Negli ultimi tempi ha perso quasi cinque chili e il suo umore ne ha risentito alquanto positivamente visto che ora, guardandosi allo specchio, può quasi notare il modellarsi dei fianchi poco sotto la bianca divisa ospedaliera.
Certe cose un uomo le nota, si dice.

Lia.
Mia piccola lia.
Non dimenticarti mai della tua mamma.


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E' una nenia sottile quella degli ospedali. Una funzione composita di meccanismi e ticchettii, di scricchiolii e sibili ovattati, elettronicamente racchiusi entro lo stretto involucro delle mura come le tante rotelline di un orologio letargico eppure instancabile.
Un incalzante sottofondo di movimenti e azioni mille volte ripetute, mille volte perpetrate. Taglia e cuci. Aspira ed espira. Dormi e svegliati. Mangia e digiuna.

La costanza della sete.
La costanza del dolore.
La costanza della fame.

E anche quando non lo si vede, anche quando non lo si sente, ecco che ognuno nella mente può pensare comunque al Sapore dell'Ospedale. Retrogusto amaro. Consistenza rigida. Inconfondibile nella gola come lo scorrere di un liquido freddo e insapore.
Anche quando, ormai, il piccolo clown è caduto dal proprio monociclo trascinando giù dall'altalena anche il bambino sorridente.
Anche quando la macchia di urina da gialla è divenuta color rame, il muro tutt'attorno che pare essersi gonfiato come un'enorme pustola putrescente.
E la scalfittura ormai è un indicibile ruga su un vetro tanto scuro da apparire come il volto di un uomo bruciato dal sole.

I giorni sembrano davvero tutti uguali.
Non è vero, mia piccola Lia?

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L'infermiera guarda la bacheca da dietro le sue orbite vezzose. Tanto magra, ora, da mostrare senza alcun imbarazzo il suo corpo nudo di pelle, nudo di vita.
Troppo allegra per ammettere, fino alla fine, la cecità della fame.
Il nome di Lilith si consuma, orribile sospiro, fra le sue labbra marcite.
Eppure, pur oramai silenzioso, l'Ospedale canta ancora. Canta con la sua instancabile voce fatta di zampettiii e ticchettii, frugolare vizioso di corpi nelle stanze marcescenti.

Lilith Canta. Sirena ammaliatrice di follia. Roco sospiro del vento.

Non è vero, mia piccola Lia?



...Non è vero?....




 
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