Il viaggio fu tranquillo.
Da qualche parte Ru aveva sentito che si stavano movendo verso il centro della regione, verso
Miupa, Miuta o Miura, non aveva capito bene il nome della città. E non aveva nemmeno conoscenze geografiche della regione che lo aiutassero ad intuire il nome corretto di quella che, questa volta aveva capito bene, era la capitale. Più la carovana si addentrava nella regione più si notava la presenza dell’uomo. Non solo per le case che affiancavano quasi senza interruzioni la strada, ma anche per l’organizzazione. Le strade si facevano sempre più numerose, alcune delle quali realizzate con un’ottima pavimentazione sulla quale ben pochi carri potevano avere difficoltà a muoversi.
Iniziarono a fare la loro comparsa anche castelli. Alcuni erano sfarzosi, costruiti per fare sfoggio della ricchezza di chi li abitava, Ru aveva visto raramente costruzioni più imponenti e magnifiche di quelle, ma, nonostante questo, preferiva di gran lunga le fortezze più sobrie che vedeva qua e là, quelle realizzate pensando più alle possibilità di difesa che alla bellezza. Dopotutto lui era sempre stato un uomo pratico, era naturale che ammirasse di più la praticità delle cose che il loro aspetto.
Contemporaneamente alle meraviglie della regione avevano fatto la loro comparsa anche le cose peggiori di essa: i numerosi poveri costretti a vivere per strada, a guadagnarsi da vivere chiedendo l’elemosina. Molti di loro mostravano le piaghe tipiche di gravi malattie o infezioni allo stadio avanzato, molti di loro probabilmente avrebbero visto poche altre lune.
Ru aveva visto tutte queste cose durante il viaggio, eppure la sua attenzione per la maggior parte del tempo era concentrata su Ray, senza che lui se ne rendesse conto. C’erano periodi in cui si perdeva nei suoi pensieri, nei ricordi di duelli passati o della recente battaglia. Mentre cavalcava ricordare era l’unica cosa che potesse fare, immergersi nei suoi pensieri. Ogni volta che tornava a concentrarsi su ciò che c’era attorno a lui, strappando a forza la mente dai ricordi, si ritrovava a fissare Ray. Forse non tutte le volte, ma gran parte di esse. Il capo del Clan era un mistero per lui, come lo era per gran parte dei suoi compagni, immaginava.
Quando arrivarono in vista delle bianche mura della città Ru rimase basito di fronte ad esse. Erano immense, dovevano essere serviti decenni per portare a termine la loro costruzione. Il mezzo demone sorrise di fronte a quello spettacolo.
Avranno impiegato decenni per innalzarle, pensò, ma sono stati anni spesi bene. Sembrano impenetrabili. La forma simile a quella degli scalini della fortificazione dava a loro ottime possibilità di difesa in caso di assedio, sopra ad ogni scalino inoltre gli arcieri potevano muoversi protetti da un ulteriore strato di mura. Il mezzo demone rimase estasiato di fronte a quel capolavoro di tattica ed edilizia.
Le porte della città erano spalancate. Particolare questo che strappò una smorfia a Ru. Quella fortificazione così vicina alla perfezione e gli occupanti della città tanto spavaldi da tenere le entrate spalancate. Gli sembrava quasi un affronto alla maestosità delle mura.
Il Clan attraversò le porte e si ritrovò in un tunnel che attraversava, per tutta la loro larghezza, le fortificazioni. L’aria era leggermente più fresca nel tunnel che all’esterno.
All’interno le case erano disposte in modo ordinato, senz’altro anche questa loro disposizione era pensata per poter presentare le massime possibilità di difesa. Ri si perse ad osservare la città senza prestare attenzione a molte altre cose. Fino a che la voce del nuovo Ray non lo riportò indietro.
CITAZIONE
₪ Siete liberi! Andate dove volete... io ora ho qualcosa da fare. Tu... ₪
Ray si rivolse a Melkon ed al pupazzo e Ru smise di prestare loro attenzione. Si guardò attorno e solo ora notò che i vicoli straripavano di poveri che versavano nelle peggiori condizioni, sia economiche che fisiche. Passò qualche secondo prima che il mezzo demone si rendesse conto della presenza di un cartello. Si avvicinò ed iniziò a scorrere le indicazioni che riportava. Vi erano indicate la direzione per molti luoghi: locande, la biblioteca, palazzo del governo, cimitero e numerose altre.
Ru si concentrò sulle locande. Erano due, più un bordello, ma Ru non aveva voglia del genere di servigi che quello poteva offrirgli, non in quel momento almeno. Le taverne si chiamavano: “Il ferro di cavallo” e “Alla forca”. Rimase qualche secondo immobile a pensare in quale delle due andare, ma alla fine rinunciò. Decise che avrebbe camminato per un po’ per le strade della città e che, forse, poi sarebbe andato in una delle taverne.
Scese dal cavallo. La lunga cavalcata non aveva certo giovato al suo fisico, le gambe erano indolenzite ed il sedere gli doleva. Molto probabilmente questo era anche frutto della sua scarsa abilità di cavallerizzo.
Prese le redini dell’animale e, tenendo il destriero al passo dietro di lui, si incamminò lungo la strada. Non era facile muoversi lungo il viale principale, era affollato nonostante fosse molto largo.
Sulla strada si affacciavano le facciate delle case, intervallate ogni tanto dalle vetrine di negozi. Alla porta di alcune botteghe, delle più ricche, sostavano guardie dall’aspetto minaccioso a scoraggiare eventuali ladri.
Ci mise ben poco, Ru, a capire che se voleva muoversi velocemente, o perlomeno a non essere impacciato al punto da impiegare almeno cinque minuti a percorrere due metri, doveva lasciare il cavallo da qualche parte. Il problema è che non poteva semplicemente legarlo al primo posto che vedesse, probabilmente nel giro di una decina di minuti sarebbe sparito. Doveva trovare una stalla.
Fermò il primo uomo che riuscì a trovare. Il cittadino di certo non faceva parte della nobiltà, probabilmente era un mercante, senza molto successo a giudicare dall’aspetto. Aveva capelli tagliati corti, non molto puliti. I vestiti erano stati rattoppati in più punti.
Il mezzo demone si rivolse a lui senza tanti preamboli dopo averlo fermato prendendolo per un braccio ed impedendogli di allontanarsi. L’uomo si era spaventato all’inizio ed a dire il vero non sembrava molto calmo nemmeno ora.
“Devo trovare una stalla” disse semplicemente Ru, continuò solo quando l’uomo si limitò a fissarlo con sguardo ebete, “Dimmi dove posso trovare una stalla!” aveva alzato leggermente la voce.
L’uomo sobbalzò, ma dopo qualche secondo rispose. Aiutato anche dall’aumento della pressione della mano di Ru sul suo braccio. Non parlò mai, si limitò ad indicare con il braccio.
Indicava un vicolo.
Spero per te che la dentro non ci siano dei sicari pronti ad accogliermi, pensò Ru. Non diede ad intendere niente all’uomo, si limitò a sorridere in sua direzione. Un sorriso che però non aveva nulla di rassicurante.
Si avviò verso il vicolo che si immetteva direttamente sulla via principale. La strada non era paragonabile alla principale per larghezza, ma era comunque ampia. E non era certo affollata quanto l’altra. L’aria puzzava di urina ed escrementi. A quanto pare l’uomo non gli aveva mentito, l’odore arrivava da una stalla. Il mezzo demone si diresse immediatamente verso di essa, il portone era aperto e così entrò senza tanti complimenti. Uno stalliere con i vestiti sporchi di sterco in più punti lo accolse.
“Cosa desidera?” chiese. La voce era quella di un ragazzo di non più di vent’anni. Puzzava quasi più degli animali che curava.
“Secondo te cosa voglio?” chiese Ru con tono distaccato e freddo. “Sono qui per lasciarti il mio cavallo.” Lo stalliere annuì, per nulla intimorito. Allungò le mani verso le redini. Ma Ru lo fermò prima che potesse prenderle: “Bada bene. Quando sarò di ritorno voglio trovarlo ancora qui ed ancora in ottime condizioni.”
Lo stalliere annuì deciso e Ru gli lasciò finalmente le redini del suo animale, anche se di malavoglia.
Il mezzo demone uscì dalla stalla e si allontanò in fretta dalla costruzione e dalla maleodorante aura che emanava. Parte di quel nauseante odore gli era rimasto attaccato ai vestiti. Che schifo.
Non ci volle molto però perché il suo naso venisse assalito da una moltitudine di altri odori che coprirono quello di sterco. L’aria era un miscuglio degli aromi più disparati, dai più nauseanti ai più esotici. Si sentiva puzza del sudore dei lavoratori, profumi di spezie orientali, l’odore dell’urina e degli escrementi dei poveri che già iniziavano ad affollare i lati della strada, l’odore di carne cotta sul fuoco in qualche casa a ridosso della strada ed una moltitudine di altri che il mezzo demone non riusciva a riconoscere.
La strada, come quella principale era lastricata, ma di certo non conservata bene come la maggiore. Vicino ad una casa che sembrava essersi incendiata di recente alcuni uomini stavano risistemando il lastricato. La polvere si alzava nell’aria mentre gli uomini lavoravano. In molti tossivano mentre attraversavano la cappa di pulviscolo che permeava l’aria, anche Ru.
La decadenza della città si notava con ancora più forza lì nei vicoli. I poveri al lato della strada si facevano sempre più numerosi e le condizioni in cui versavano erano sempre peggiori, anche se leggermente migliori rispetto a quelle della gente che aveva visto mentre arrivava qui con il resto del Clan. Sembrava vi fossero anche alcune piccole epidemie tra quella gente, la maggior parte presentavano pustole ai lati della bocca e su gran parte del viso oltre che un colorito giallastro. Alcuni tossivano senza più tanta forza, come rassegnati, sembrava avessero rinunciato a lottare contro qualunque fosse la causa della loro tosse, avevano gli occhi spenti.
Il mezzo demone si guardava attorno, ma ben presto i suoi occhi si abituarono, se così si può dire, a quello spettacolo. Un uomo seduto tra la polvere, con la schiena contro la parete di qualche casa che chiedeva l’elemosina non era nulla di speciale in quella città, o forse non lo era lì nei bassifondi. Non c’era nulla di particolare nemmeno in un bambino scheletrico e vestito di stracci che piangeva di fianco al corpo di una donna riverso a terra, forse morta, forse morente o forse semplicemente addormentata. Quella gente era invisibile.
O quasi.
Un uomo si avvicinò al bambino che piangeva, lo squadrò per qualche secondo e poi lo prese per un braccio trascinandolo via. Nessuno si era mosso per fermare l’uomo. Per fermare il rapitore, perché di rapimento vero e proprio si era trattato. Il corpo della donna a terra si mosse di poco, presto si sarebbe svegliata. Probabilmente avrebbe gridato quando avesse visto che suo figlio era scomparso, probabilmente avrebbe maledetto chi glielo aveva portato via e magari anche sé stessa per esserselo lasciata rapire senza accorgersi di nulla.
Quel bambino probabilmente avrà una vita migliore di quella che avresti potuto offrirgli tu, donna, pensò Ru mentre se la lasciava alle spalle senza degnarla di un secondo sguardo.
Almeno gli schiavi in cambio del loro lavoro vengono nutriti.Il mezzo demone non sapeva dove si trovava, aveva cambiato molte strade senza rendersene conto mentre era intento ad osservare la città. Quelle vie gli sembravano tutte uguali, non sarebbe stato semplice per lui tornare sulla strada principale. Scrollò le spalle, in qualche modo ce la avrebbe fatta.
La via sulla quale si trovava ora era larga circa un paio di metri, stretta da alte case su entrambi i lati. Le ombre erano numerose in quel luogo, sembrava già calata la sera. ai lati della strada donne seminude indugiavano a gruppi di due o tre. Il lavoro più vecchio del mondo lì era esercitato sotto la luce del sole.
Qua e là uomini incappucciati si radunavano a gruppetti di tre, quattro o anche più numerosi. Alcuni si scambiavano oggetti, probabilmente rubati, in cambio di denaro. Altri si limitavano a parlare, discutendo con tuta probabilità di furti, rapimenti o omicidi.
La criminalità, il vero centro di una città.
Un piccolo sorriso si dipinse sul viso del mezzo demone, che però non si fermò. Continuò a camminare osservando quelle operazioni criminali svolgersi con noncuranza alla luce del sole.
Qualcuno lo tirò per un braccio. Si voltò trovandosi di fronte ad un uomo che a giudicare dai vestiti che portava doveva essere in modeste condizioni economiche. Aveva il fiato che puzzava di alcol e di qualcos’altro che Ru non riusciva a distinguere. Lo disgustava. I capelli erano tenuti indietro con qualche tipo di olio, ma la polvere lì aveva sporcati.
“Ho quello che cerchi” disse l’uomo con disinvoltura e sicurezza. Lo pensava sul serio. Ed era ubriaco.
“Chi ti dice che io sia venuto qui per cercare qualcosa?” chiese con tono glaciale Ru.
“Chiunque venga in questa parte di città è qui per cercare qualcosa. E nel tuo caso sei fortunato. Io, Azik, ho quello che fa per te. Seguimi.”
Non avrebbe dovuto farlo, ma era curioso riguardo a ciò che quell’uomo gli avrebbe offerto. Lo seguì. Entrarono in una viuzza laterale, dove l’uomo si fermò. Si mise una mano in tasca cercando qualcosa e ne prese un minuscolo pezzo di carta ripiegato. Si guardò attorno per essere sicuro che nessuno li stesse osservando e lo aprì davanti agli occhi di Ru.
Il mezzo demone si limitò a voltargli le spalle ed uscire dalla viuzza.
“Cosa?!?! sai cosa diavolo è questa?!? Brutto idiota! Ascoltami! Io te la taglio quella ridicola barba che ti ritrovi! Questa è la miglior droga che c’è in questa città piena di sterco!”
Ru era già nell’altra strada, l’uomo lo seguì sbraitando. Se non fosse stato ubriaco probabilmente non lo avrebbe fatto. Per lui sarebbe stato meglio.
“Questa è
Thyrin! Figlio di puttana! Con questa dimentichi tutta la merda che ti circonda! Con tutta la fatica che ho fatto per procurarmela!”
Aveva già parlato troppo. C’erano troppe persone ad ascoltare le sue parole, alcune delle quali, per sua sfortuna, erano interessate a quell’argomento.
Tre figure incappucciate si avvicinarono a lui. Lo urtarono e si allontanarono. Tutto semplice. Ru aveva seguito a fatica i movimenti delle loro mani sotto a quei vistosi mantelli, ma l’uomo che aveva cercato di vendergli la droga era stato pugnalato due volte prima che le tre figure si fossero allontanate da lui. Probabilmente per procurarsi quella droga aveva dato qualche problema a gente più potente di lui.
I colpi che gli erano stati inferti non avevano nulla di misericordioso. Erano stati inferti in modo che l’uomo morisse dopo qualche ora di agonia, quando il sangue nelle sue vene si fosse riversato quasi completamente in strada.
Ru avrebbe potuto finirlo, sarebbe stato un gesto caritatevole. Ma non lo fece. Si incamminò oltrepassando il corpo e la macchia di sangue che si stava velocemente allargando sotto di esso. I mugolii tormentati che l’uomo emetteva lo seguirono per qualche metro. Nessuno era stato caritatevole con lui, lo avrebbero lasciato lì agonizzante a morire sul ciglio di una strada.
Poi sarebbe divenuto cibo per ratti. Forse mentre era ancora in vita. Non sarebbe stato un bello spettacolo.
Aveva percorso poco più di una ventina di metri quando una donna, una puttana, si avvicinò a lui.
“Ho visto quello che è successo” disse con la voce più suadente che le era possibile “Poveretto. Ci hai rimesso la tua droga ed hai assistito alla giustizia di questa città.”
“Io non volevo quella roba!” le rispose Ru, alzando la voce arrabbiato. Aveva passato un periodo della sua vita schiavo della droga, quando la sua mente ritornava a quei momenti il mezzo demone non poteva evitare di arrabbiarsi. Ricordare come si riduceva in quel periodo gli faceva schifo.
“Non arrabbiarti, su. Sei teso. Mi piaci lo sai? Vieni con me, ti aiuterò io a calmarti.” Disse la prostituta facendogli l’occhiolino.
Da quanto tempo non stava con una donna? Molto. Troppo? Forse.
Ru la osservò: era bella e non presentava segni di malattie. E allora perché no?
“Ti farò un buon prezzo, su.” Lo incoraggiò la donna.
Ru sorrise. Non aveva nulla da perdere.
“Hai avuto altri clienti oggi?” chiese con tono distaccato.
La puttana sorrise. “No, sono appena arrivata.”
“D’accordo.” Si limitò a dire Ru facendo poi segno di fare strada alla prostituta.
Venne portato anche questa volta in un vicolo. In fondo ad esso era stata tirata una tenda per coprire ciò che avveniva al di là di essa dagli sguardi indiscreti. C’era una branda malridotta.
“Una casa no eh?” commentò sarcastico Ru.
“Non tutte possono permettersi quel lusso.”
La donna iniziò a spogliarsi senza tanti complimenti. Tutta la gentilezza che aveva mostrato un attimo prima era scomparsa. A Ru non importava, non era per la gentilezza che era lì.
La prostituta stava iniziando a togliersi la gonna quando il mezzo demone udì la tenda dietro di lui muoversi impercettibilmente. Si voltò di scattò, ma sempre troppo lentamente.
Riuscì semplicemente a vedere il manganello che scendeva a colpirlo sul viso.
Cadde a terra privo di sensi per qualche istante.
Per fortuna era abituato a subire colpi anche più potenti di quello. Ci mise solo pochi secondi a riprendere i sensi. Ma non si alzò, rimase a terra fingendo di essere ancora svenuto.
Delle mani piccole iniziarono a frugare tra i suoi vestiti. Si fermarono. Gli tolsero la spada e poi ripresero la loro ricerca.
Il mezzo demone rimase ancora immobile. Lo avevano colpito in faccia ed il naso gli sembrava rotto, sanguinava e gli impediva di respirare bene.
In qualche modo avrebbe dovuto agire lo stesso, non si sarebbe fatto derubare.
Con un movimento rapido chiuse la mano attorno al braccio di chiunque lo stesse perquisendo. Aprì gli occhi. Era un’altra donna. La trattenne inginocchiata a terra impedendole di rialzarsi e colpì rapido con la mano libera. Il pugno colpì la seconda puttana dritta sul naso. Ru ebbe la sua piccola vendetta, anche il setto nasale della donna ora era rotto.
Si rialza più in fretta che potè e si voltò verso il luogo dove sapeva vi era l’altra donna. La prostituta era in piedi, ancora senza vestiti e gli puntava la spada addosso. Non aveva avuto il tempo di rivestirsi.
“Quella è la mia spada, troia. Io la appoggerei a terra stando attento a non rovinarla se fossi in te.” La donna non si mosse, ma era spaventata, si vedeva benissimo. Ru la squadrò dalla testa ai piedi. Poi commentò: “Avresti potuto fare semplicemente il tuo lavoro puttana, sarebbe stato più facile per tutti. E non sarebbero stati soldi spesi male.”
La donna di gettò in avanti. Non aveva chiaramente mai impugnato un’arma, almeno non una spada. Ru evitò con facilità il fendente spostandosi a destra, poi colpì con una ginocchiata all’addome la donna. La puttana si piegò in avanti per il dolore, la spada cadde a terra. il mezzo demone la presa per i capelli e la trascinò vicino al muro. La donna si dibatté per liberarsi, ma invano. Ru le tirò indietro la testa e le sbatté la faccia contro il muro!
La donna si accasciò a terra, sangue iniziava a scorrerle da più punti sul viso e sembrava sul punto di perdere conoscenza.
Non era una vendetta sufficiente.
“Hai sbagliato, troia. Nessuno può cercare di fottermi, lo capisci? Credi che mi basti quello che ti ho fatto ora? Tu e la tua amichetta bastarda mi avete rotto il naso ed avete provato a derubarmi. Credi che mi basti aver rotto la faccia a tutte e due? No. Credo proprio che ora ti scriverò in faccia LADRA, con un coltello, che ne dici? Così poi sarà ancora più difficile per te fregare altra gente…”
La donna svenne, all’incirca quando Ru le mostrò il coltello con il quale le avrebbe scritto in faccia. Il mezzo demone fece una smorfia, osservò le due donne svenute per qualche secondo e poi si rialzò. Avrebbero portato le cicatrici dell’incontro con lui per tutta la vita. Una un naso rotto e l’altra un paio di altre ossa rotte su tutta la faccia. Non avrebbero avuto più molto successo come puttane.
E poi tatuarle a sangue se non erano coscienti non sarebbe servito a placare la sua voglia di vendetta.
Non era solo questo. Quelle due dovevano avere dei protettori, che non sarebbero stati certo felici di vedere la loro
merce rovinata da un bastardo come lui. Ru di certo non voleva fare la fine dell’uomo che aveva cercato di vendergli la droga.
Prese il vestito della donna e si pulì come meglio poteva dal sangue che gli sgorgava dal naso. Ottenne un risultato discreto, adatto almeno a non attirare troppe attenzioni indesiderate. Il sangue stava smettendo di cadere dal setto nasale, per fortuna.
Spostò di lato la tenda e diede un’occhiata fuori. Non c’era nessuno. Uscì in fretta dal vicolo avviandosi poi lungo la strada sulla quale questo dava a passo rapido.
Camminò per almeno una decina di minuti, durante i quali ogni tanto si voltava per controllare di non essere seguito. Ogni volta però gli sembrava che ci fosse qualcuno a seguirlo. Era più una sensazione che altro, ma non riusciva a restare tranquillo.
Alla fine, dopo aver svoltato un angolo, si nascose in un vicolo. Sperava non lo avessero notato mentre entrava lì. Il vicolo non aveva altra uscita oltre all’entrata e Ru arretrò fino al fondo, dove con il tacco del piede urtò qualcosa di molliccio. Abbassò lo sguardo.
Solo in quel momento si accorse dell’odore marcio che permeava nell’aria.
Il cadavere di una donna era riverso a terra. Pustole le coprivano i lati della bocca e le mani, ma non era stata la malattia ad essere la sua fine. Era stato un coltello a porre fine ai suoi respiri. Lungo la gola della donna era visibile un lungo taglio.
Ru rimase immobile ad osservare il cadavere. A giudicare dall’odore era lì da almeno un paio di giorni e sembrava che nessuno se ne fosse accorto, o che si fosse posto il problema di spostare quel cadavere.
Il mezzo demone era immobile mentre osservava il corpo. I suoi occhi registravano ogni particolare. Le mosche indugiavano vicino alla testa, fermandosi quasi sempre sugli occhi o vicino ad essi. I vestiti erano sporchi, ma quasi sicuramente era stato così anche quando la donna era in vita. Lungo le gambe nude c’erano numerose escrescenze e piccole ferite. Le braccia erano molto simile alle gambe, ma in alcuni punti sembravano… mangiate.
Qualcosa si mosse nell’ombra.
I muscoli del mezzo demone scattarono e si mise in posizione di difesa.
Un ratto si mostrò e Ru si rilassò. Il grosso topo si avvicinò al cadavere, guardando Ru, ma senza mostrare paura. Sembrò capire che il mezzo demone non si sarebbe mosso per fermarlo.
Arrivò vicino al viso della donna e… iniziò a mangiare.
Ru osservò la scena per pochi istanti, incapace di muoversi, poi si voltò, mosse qualche passo e cadde in ginocchio.
Il suo stomaco si rivoltò e si contorse.
Vomitò.
Edited by TKO - 4/11/2006, 13:21