Secondi su secondi, tempo che indicibile s’ammucchiava ad altro tempo in un turbinio di lamenti infiniti, crogiolo d’insofferenza e baratro impietoso. Adagiata su di un cereo lastricato, abbandonata all’apatia di quell’interminabile momento, Rekla fissava a braccia e gambe divaricate il soffitto evanescente, il pallido riflesso di ciò cui al suo interno la Nera era costretta ad assistere ancora, e ancora, e ancora, e ancora. Uno specchio smisurato, tra le cui fauci di vetro oramai crepato andava ripetendosi la medesima scena da anni ed anni, grottesca e disumana, in un lento susseguirsi d’oscenità e oltraggi, di dolori e guaiti. Oltre la lastra v’era solo se stessa, ancora distesa ad arti spalancati, ancora con la medesima aria di atroce impotenza stampata in viso, che fluttuava inquieta senza mai però lasciarla alla sua tanto ricercata agonia. La scena era sempre la stessa. Il corpo impotente della fanciulla era abbandonato, lacrime di amarezza sgorgavano aspre da esangui sclere vuote, mentre sulla delicata e morbida pelle si allungava il corpo sporco e catramato di lui, di chi governava i peggior’incubi degli uomini, di chi riempieva le loro più insite paure e corrompeva finanche i più puri pensieri, ora divenuto concubino e sovrano incontrastato delle sue fragili carni da donna. Era stanca, stremata, s f i n i t a. Ogni volontà d’animo, ogni attesa di libertà, ogni respiro mozzato, tutto sfumava al cadenzato incedere su lei, al deciso slittare tra le cosce, carezzando voglioso ogni centimetro di quella tenue piacevolezza violata. La solitudine lambì il suo cuore, mentre una volta ancora il Cerbero rimirava la scena tramortito, impassibile eppure corroso dal tempo, devastato dagli anni di una perduta guerra interiore, una disputa che lei in primis non avrebbe avuto la presunzione di vincere; né ora, né mai. Le speranze mutavano adesso in utopie. La paure sgusciavano adesso in realtà. La consapevolezza diveniva adesso l’unica chiave della pura coscienziosità.
Giustizia, la sospinta arroganza di sapere ciò che è giusto, la deviata visione di uomini la cui lingua bramava vendetta. Giustizia, un valore sottile e aguzzo come il filo d'uno stiletto, un baluardo che assai facilmente l'uomo sapeva far suo illegalmente. E adesso, a d e s s o, osavano forse costoro giudicarla? Lei? Il Guardiano degl'inferi? Colei il cui nome affogava nel castigo? Stoltezza, viltà mascherata d'audacia, volubilità infettata d'ira e ammorbata di superbia. Uomini, per così dire, celati dagli stessi peccati che li rendevano tali. Sorrise. Rivelò i canini pronunciati e la dentatura biancastra, inarcò le sopracciglia con aria di beffa, assaporando già l'attimo in cui sadica avrebbe affondato le zanne negli animi impuri di chi tanto osava sfidarla, accusarla sino a tal punto. Stupro, omicidio, furto: tutti atti da lei compiuti, certo, ma a cui nessuno avrebbe mai dovuto opporsi; non senza pagarne le conseguenze, almeno.
«Di due di loro sarà fatto un esempio.» pausa «Mentre gli altri resteranno nelle celle del mio palazzo, in attesa della possibilità di redimersi.» E così accadde, invero. Quando le guardie le si accostarono e le catene si sciolsero, infatti, la rabbia sbocciò ferale quasi fosse la fame sopita d’una bestia a lungo obbligata. Rekla si dimenò convulsamente, graffiò, s’avvinghiò ai suoi aguzzini lacerando con unghia e denti: uno di loro – il più giovane e inesperto, probabilmente – riportò profonde lacerazioni al volto e sanguinosi morsi al collo, che parvero incidervisi con violenza a dir poco inumana. S’erano condannati, seppelliti con le loro stesso luride mani. Avevano risvegliato un potere e una ferocia che neppure la mercenaria – per quanto tenace fosse – era in grado di domare. Non più oramai.
[. . .]
Strattonò le vesti, riassettò la chioma corvina, assicurò le gemelle e la piccola ai fianchi sinuosi. Non appena i suoi averi le furono restituiti, quella sottile linea chiamata “coscienza”, unica sopravvissuta di un’atroce ed empia ecatombe, tornò viva e pulsante, seppur debole e fuggevole. Il greve olezzo di pulviscolo le impregnava gli abiti e impastava le narici, mentre un nauseante retrogusto d’umido sgusciava tra i seni rendendoli appiccicosi e madidi.
Erano passate solo poche ore da quando erano partiti, un tempo irreversibilmente lungo durante il quale il lento ansimare di puledri e lo scalpiccio di zoccoli sul selciato era divenuto l’unico vero suono udibile per miglia e miglia ancora. Solo adesso, al gelido infittirsi delle tenebre sui loro scalpi, qualcosa pareva però denudarsi tra la ruvida roccia, rigettato dall’oscurità e accompagnato dalla sola flebile melodia del vento che placido sospirava tre le insenature.
«Siamo arrivati. Il nido dei Bebilith è oltre queste rocce.» Indicò una stretta incavatura sulla parete «Ricordate: dovete riportarne uno vivo.» E, così com’era giunto, l’uomo di Luna del deserto si ritrasse nella cinerea foschia montana, svanendo in essa come un evanescente fantasma di fumo. Rekla smontò dalla sella e, non appena toccò terra, caracollò vistosamente perdendo più volte l’equilibrio: data la sua insensata indole selvaggia, infatti, le guardie avevano dovuto imbottirla di un denso liquido verdognolo, il cui devastante effetto solo adesso iniziava a darle finalmente tregua; l’avevano drogata, intorpidita e sconvolta nell’anima, un’anima che ora più che mai dimorava impotente tra le sozze grinfie del Bastardo. Più perdeva il controllo, più lui lo guadagnava, più si prendeva gioco delle sue debolezze e ne infettava ogni misero spigolo smussato. Stava diventando s u a.
Varcò incurante i tumuli di ghiaia che delineavano l’ingresso, avanzò sicura per la spelonca vuota e nuda sulle cui mura svettavano spuntoni grondanti grumi di liquame e scorie maleodoranti, mentre sentiva i passi di Tristàn farsi largo proprio dietro di lei.
L’attacco arrivò improvviso, senza che Rekla potesse neppure fare in tempo ad accorgersene. I suoi riflessi furono lenti, ma abbastanza pronti da vederli sgusciare dai macigni: erano in tre, tre imponenti e abominevoli aracnidi inferociti. Uno di essi la puntò d’istinto, drizzando un secco affondo di chela alla coscia destra della ragazza, che si squarciò irrorandosi di copiosi flutti rossastri.
«Cazzo.» Le parole le si mozzarono in gola, mentre gran parte della gamba iniziava a tumefarsi e tingersi di violaceo: veleno, del fottutissimo veleno di ragno. Conosceva fin troppo bene gli effetti di quell’attacco, li aveva visti spesso coi suoi stessi occhi, e ora che tutto accadeva proprio a lei - la Nera Signora - ogni cosa diveniva più consistente e truculenta. I muscoli si contrassero, ogni brandello le si atrofizzò e divenne difficile finanche respirare. Rekla rimase immobile, frastornata e sbigottita da quell’indesiderata presenza, che soddisfatta la osservava dall’alto dei suoi due metri. La creatura, però, non perse tempo a riflettere e scattò furente verso la giovane. Questa si mosse lenta e schioccò solo due dita; d’un tratto, dalla lingua di terra che li separava, arti scomposti e carni marce sbucarono tra lamenti e grida, tra pianti e sogghigni. Bambini le cui membra erano state strappate, vite spezzate nel fiore degli anni adesso ammorbate di macabro squallore, rivelando al mondo budelli incapaci di trattenerne le interiora o gli umori. Cadaveri, carcasse vuote robotizzate dal comando ch’era stato impartito loro. Si interposero all’attacco, spalancarono le fauci facendole scrocchiare sonoramente, prima che sei di essi andassero inevitabilmente in frantumi nell’impatto. I restanti cinque, invece, rimasero completamente immobili, in attesa e pronti a reagire al minimo impulso gli fosse stato dato, un segnale che non mancò certo d’arrivare.
«Sopprimete questo stronzo.» E scattarono, mentre il braccio della Nera volteggiava redivivo e pennellava un semicerchio nel vuoto avanti a sé. Di lì a poco, strascichi d’oscurità cominciarono a spandersi nel silente turbinio d’affanni, per poi infrangersi impuniti all’inarrestabile dissolversi di ciò che si rivelò essere una stupida, dannatissima copia. I senzavita implosero al contatto, mentre le ombre svicolavano tra ossa e detriti e giungevano al vero nemico con inatteso successo. Rekla socchiuse le palpebre e inspirò a fondo, assaporando ogni pezzetto di quell’interminabile istante di fulgida agonia. Quando riaprì gli occhi, le iridi sfrecciarono rapide al di là dell’antro, dove il Bebilith la fissava e mugugnava indistintamente. L’essere dilatò bieco le due grandi chele trasversali che prorompevano disgustose da quella che sarebbe dovuta essere la bocca, lasciando che sibilassero fastidiosamente nel frastuono bellico che imperversava irruento tra quelle possenti mura granitiche. Poi fendette l’aria con una delle due zanne superiori: un’onda di viscido liquido bluastro ne scaturì silente e letale, secca e decisa a porre fine a quella tediosa nottata di caccia. Ma Rekla reagì senza esitazione, mentre poco lontano udiva il cavaliere del Ferelden darsi da fare col secondo dei gemelli; e quindi, sollevando il braccio metallico, issò il palmo avanti al volto, cosicché un fluido rivolo argenteo s’ergesse solido e impenetrabile. L’attacco giacque inerme, ma qualcosa di ben più perverso stava risvegliandosi.
Constantine. Il Demone Bastardo.
Tum tum I passi incedettero meticolosi e spezzati, ansiosi e placidi nella tetra quiete notturna. Una pace lugubre parve quasi avvolgere il suo cammino, mentre morbidi ciuffi catramati fuggivano all’asfissiante stretta della cappa.
Tum tum Si fermò. Impassibile, gelida, fiera, soppiantata da un’immagine sfocata che rifletteva assai malamente quanto di buono le restava nello spirito, quanto di puro, di innocente e umano. Le pupille sfumarono ingenue su di un pallido sfondo, e niente più che corrotte sclere vuote dominavano adesso un volto deformato e deturpato, su cui profonde ferite non del tutto cicatrizzate emergevano quasi fossero sadici vessilli di un passato riesumato. Una cicatrice per ogni peccato. Uno sfregio per ogni depravazione.
Tum tum Nessuna pietà. Nessuna compassione. Rekla sfilò Dolore dal fianco destro, mentre la mancina si faceva vanto dell’inquietante struttura della Constantine: un pregevole agglomerato d’ossa e diamante nero, uno stupefacente commisto di bellezza e fatalità. Poi… il tempo parve fermarsi. Un sussurro, come istigato dalla tiepida brezza notturna, spezzò la quiete con la delicatezza d’un tuono a ciel sereno, effondendosi con grazia e frustrante soavità. Dolore era stata scagliata verso il Bebilith con inaudita veemenza, mentre la Nera si rivoltava già su se stessa e frustava una decisa mezzaluna d’argentovivo verso un gigantesco spuntone pendente dal “soffitto”. Questi non tardò a cedere, ricadendo e travolgendo in pieno l’aracnide rimasto illeso dal lancio.
Tum tum Ma gli eventi, non andarono come previsto. Avvolto da una lugubre cortina di nebbia, il Bebilith sparì come d’incanto, risucchiato dalla tana che l’aveva vomitato, forse, fuggito dinanzi all’ira del più potente degli dei, forse. Ma si sbagliava.
Tum tum L’esplosione arrivò dal fianco sinistro, un’immane deflagrazione dai connotati devastanti, un imprevisto a cui la fanciulla dedicò la sua attenzione solo dopo che uno degli artigli approfittò di quell’unico, infimo, attimo di squallida distrazione per infilzarla come il più sudicio dei maiali. La detonazione l’aveva colpita in pieno e gran parte del corpo era stato sfigurato e scorticato, più di quanto già non fosse stato fino ad allora. Carni lacere e muscoli divelti, pelli squarciate e ossa sporgenti.
Tum… tum. Il Demone guardò la bestia, e la bestia guardò il Demone. Secondi infiniti, quelli, scanditi dalla fulgida consapevolezza di essere soli, soli in un oceano d’immoralità, quasi come fossero loro stessi gli ultimi sopravvissuti di una specie volgare e corrotta, quasi fossero loro stessi i due unici contendenti di un’inutile supremazia. La Nera Signora allungò il Dono sulla grinfia che le trapassava lo stomaco, la spinse ancor più indentro e rise alacremente.
«Nem érdemli meg az életet.» Tu non meriti di vivere. E, senza rivolgergli altro che la propria indignazione, l’afferrò e iniziò a cantilenare tra sé una reboante nenia, che andò a ripetersi ancora, e ancora, e ancora, e ancorancorancorancorancorancora. Sentì le carni della bestia tremolare fra le sue dita, il cuore esplodergli nel petto e il terrore impossessarsene irreversibilmente. Era la fine… per entrambi. Afferrò Constantine e se la portò alle labbra: immediatamente, un fitto alone metallico - eppure incredibilmente denso – l’avvolse come fosse uno spesso velo d’argento, un lenzuolo che premuroso vi si dispiegava con cura assai scrupolosa, rivestendola nella sua interezza. Infine uno scatto, secco, risoluto, impietoso ed implacabile. La testa dell’insetto sprizzò eccitata verso l'altro, mentre la carcassa senza vita s’accasciava ora esanime e scialba d'energie. I n f i n e.
. . . . . .Raggomitolata su se stessa, la mercenaria sussultava convulsa e rabbrividiva. Il suo viso era rivolto disperato su una minuscola pozzanghera d’acqua sporca, catturato da un riflesso che sapeva essere dissonante da ogni plausibile concezione. I suoi occhi erano mascherati da una sottile venatura umana, nonostante i lineamenti che li cingevano sembrassero trascendere dal reale e astrarsi da ogni comune fisionomia vivente. I connotati erano stati oramai irreversibilmente deformati: canini sporgenti e acuminati, zigomi alti e guance incavate, orecchie appuntite e fronte corrugata di dolore, un dolore che sentiva non l’avrebbe mai più abbandonata. Aveva perso ogni futile bellezza, ogni avvenenza, ogni significato. Rimaneva solo una stolida bambola di pezza, un burattino nelle mani di coloro che amavano prendersi gioco della sua vita. Ma adesso stava perdendo finanche quest’ultima. Alzò la testa e guardò Tristàn dimenarsi tra i due parassiti, dare di affondo a manca, scatenare fendenti a destra. Come fosse una macchina da guerra, il Custode Grigio avanzava fiero ma a fatica sui proprio nemici. Solo quando lo vide in difficoltà, Rekla alzò il braccio e piantò determinata la Constantine nel terreno, carezzando poi la piccola bolla argentea poco sopra l’elsa. Di lì a breve venti non-morti si sarebbero levati dal suolo, mossi dalla ferocia che li governava, giganteggiando sulla scena come venti imponenti torri di un’inespugnabile fortezza. Perché così lei voleva. Perché così lei aveva deciso. Perché le serviva lui. Le serviva vivo.
«In cosa credi, cavaliere? Nell’umanità, forse?» chiese non appena tutto si fu fermato, arrancando come un vecchio eremita dall’aspetto oramai deperito e trascurato, facendo perno sulla lunga spada di diamante come fosse l’austero bastone della sua improvvisa senilità «Io no… e voglio che tu mi uccida.» Il corpo iniziò a mutare ancora più vistosamente: dal volto già deforme, lembi di pelle ricaddero come carne morta, mentre piccole pupille incandescenti svettavano su Tristàn minacciose e affamate. Lo percepiva, lo sentiva avanzare dentro di sé, lo sentiva penetrare nel suo animo, corroderle il cuore e rubarle ogni straccio d’ossigeno. Faticava a respirare, sospirava pesantemente, ma trovò comunque fiato per quelle ultime, stentate parole.
«Ucc… idimi! U-uccidimi… prima che anche ciò in cui credi… muoia con te!» Tristàn rimase impietrito e spaventato, turbato da quanto feralmente stava dispiegandosi innanzi a sé, combattuto dall’adempiere a quella richiesta tanto afflitta: uccidere colei che lo aveva soccorso, colei che lo aveva accompagnato in quell’interminabile viaggio. Esitò. Ma poi, quando il corpo della fanciulla ringhiò come una belva indomabile, palesando la voracità e la disperazione che la logoravano, spalancando le fauci minacciosa verso l’uomo, questo socchiuse gli occhi – una lacrima di cristallo parve increspare i suoi marcati lineamenti – e deciso vibrò il colpo mortale. E il silenzio, nient’altro che il silenzio, accompagnò quell’ultimo secondo di perfida indignazione. Cosicché anche il più infido degli esseri potesse tornare il libertà. Cosicché anche Rekla Estgardel, finalmente, potesse riassaporare il gusto di essere vivi. . . . . . .
You Are Free Now.
CITAZIONE Rekla EstgardelLa Nera SignoraStato Demoniaco ReC 250 | AeV 175 (350) | PeRf 425 (850)| PeRm 450 | CaeM 175« Energie: 100 - 6 - 6 - 15 - 15 - 6 - 33 - 6 = 13 % « Status fisico: danno basso da paralisi, danno alto da esplosione in tutto il corpo e danno basso da perforazione all'addome. « Armi: Constantine • sfoderata; Gemelle • scagliata - riposta~ ~ ~C o r r u z i o n e AttivaLussuria: la radice della parola "lussuria" coincide con quella della parola lusso - che indica un'esagerazione - e quella della parola lussazione - che significa deformazione o divisione.
Appare quindi chiaro il suo significato, il quale designa qualcosa di esagerato e di parziale. Il lussurioso cioè è portato a concentrarsi solo su alcuni aspetti del partner (il corpo o una parte di questo) che diventano il polo dell'attrazione erotica; tutto il resto è escluso, l'interezza è negata.
Il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti, gli accessori, i gesti, la musica, le luci arrivano ad assumere un'importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione che scaturisce da un'intesa psicologica e affettiva, oltre che fisica. E' proprio grazie a questa profonda intesa psichica che, ad un unico gesto di Rekla, dal terreno rivoli di mercurio fluiranno per plasmarsi in incantevoli riproduzioni di cadaveri. In tal modo, una schiera di non morti -da una decina a una ventina- risorgeranno per scagliarsi voracemente contro il suo avversario. Al termine del turno i morti si dissolveranno in cenere, fungendo da vera e propria tecnica. Nonostante il loro numero, infatti, il massimo quantitativo di danni che potranno causare all'avversario sarà pari a Medio, svanendo una volta raggiunta questa soglia. Una tecnica inaspettatamente utile, che può avere anche delle inusuali applicazioni difensive. Consumo di energie: Medio + Medio.
Primo Vizio dell'Animo|Mestizia: Mestizia, profondo stato di malinconia ed afflizione, catatonico miasma di negative emozioni e terribili sensazioni, contenuta nonostante la devastante matrice turbolenta che la investe. E così, con un qual si voglia gesto fisico o meno, la Nera Signora ha la facoltà unica e irrefrenabile di avvolgere tutti coloro che la circondano con lo spesso manto di questo incrollabile vizio dell'anima. La mercenaria, invero, potrà ordinare all'oscurità di dannare l'animo dei propri avversari con quanta più brutalità la sua mente possa concepire. In termini tecnici Rekla, dopo qualche secondo di concentrazione, sarà in grado di animare le ombre dell'intero campo di battaglia che, dopo essere tornate in vita, si lanceranno contro l'avversario circondandolo. Esse lo dilanieranno, riempiendolo di pesanti ferite da taglio per un danno complessivo pari a Medio, prima di ritirarsi e tornare alla normalità, com'erano sempre state. La tecnica è utilizzabile anche al buio più totale o quando le ombre sul campo sono pochissime: il danno provocato dalla stessa non cambierà assolutamente. Consumo di energia: Medio.
Quarto Vizio dell'Animo|Egoismo: Per egoismo si intende un insieme di comportamenti finalizzati unicamente, o in maniera molto spiccata, al conseguimento dell'interesse del soggetto che ne è autore, il quale persegue i suoi fini anche a costo di danneggiare, o comunque limitare, gli interessi del prossimo. La radice del termine è la parola latina ego, che significa io. I comportamenti egoistici possono a volte degenerare in forme patologiche, determinando condizioni di solitudine sociale che possono sovente sfociare persino nel suicidio. Allo stesso modo il Cerbero rivendica la propria individualità generando, dopo almeno un secondo di ferma concentrazione, una barriera semisferica completamente in mercurio davanti a sé. Questa si formerà a poca distanza da lui, sarà abbastanza alta da ricoprirlo per intero, particolarmente larga e risulterà essere quasi indistruttibile. Un'ottima difesa contro attacchi sia magici che fisici, che non copre però tutto il corpo. Attacchi di elemento luminoso/sacro che andranno ad impattarvi andranno considerati di un livello superiore; viceversa, attacchi di energia oscura andranno considerati di un livello inferiore al normale. Di per sé, va considerata una normale barriera di potenza Alta. Consumo di energie: Alto.
Formula quarta|Stile dell'illusione: Il controllo; lo sfruttamento; la sottile arte della soggezione: questo è uno dei compendi di Abraxas, che fornisce a colui che la impugna la capacità di divenire spugna per i poteri dei demoni rinchiusi al suo interno; di assorbire ogni brandello di forza e utilizzarlo contro il proprio avversario - o perlomeno, di farglielo credere. Il brando sa bene infatti che è oltremodo pericoloso lasciar fuoriuscire all'esterno anche solo un piccolo brandello dei diavoli che contiene, dunque ne lascia sopravvivere solamente le idee, le impressioni e le paure. Spendendo un consumo pari a Medio, la Nera Signora potrà demonizzare il proprio aspetto per la durata di due turni, facendo solamente pensare che Constatine abbia preso possesso del suo corpo: ella sembrerà ben più rapida e forte di quanto non sia in realtà, e l'avversario non potrà che credervi, soggiogato dall'impotenza della propria ingenuità. In termini tecnici, l'avversario verrà afflitto da un attacco psionico di potenza alta, della durata di due turni, che gli mostrerà la portatrice di Abraxas con l'aspetto di un Cerbero, e che lo costringerà a trattarla come se possedesse il doppio di PeRf e AeV rispetto ai suoi parametri normali (qualsiasi power up si applica prima di questo raddoppiamento apparente). Questo, tuttavia, solo se si dovesse giungere ad uno scontro fisico: nel caso in cui Rekla castasse delle tecniche fondanti la propria potenza sulla PeRf o sulla AeV, non si applicherebbe la regola del raddoppiamento.
Incisione del B a s t a r d o III: Al terzo livello crescono le potenzialità del Demone, in ogni senso. Tutto ciò che si è sottoposto a incanto potrà, in qualsiasi momento e senza concentrazione, ricoprirsi di un alone argenteo, in virtù della manipolazione mercurica. Le modalità e gli effetti resteranno identici ai livelli precedenti, ma si potrà variare forma e intensità della magia riversata per ciò che concerne aspetto e potenza dell'incantamento. Una mezzaluna o un sottile raggio saranno una delle offensive possibili, così come rimane a discrezione di Rekla l'ammontare di energia (da cui consegue la forza dell'effetto) da spendervi. Consumo: Variabile Alto + Critico.PassivaIncisione del B a s t a r d o I - II - III: - Possibilità di caratterizzare una delle proprie armi da mischia con un particolare orpello (una runa, un simbolo, o una scritta). Quell'arma - e solo quella - potrà in qualsiasi momento innescare i poteri del dominio. Grazie all'incanto, inoltre, essa risulterà impossibile da distruggere nonostante gli attacchi che le potrebbero venir mossi. (I) - Possibilità di caratterizzare una seconda arma tramite l'incantamento, anche una a distanza, anche se in questo caso dovranno essere incantati i proiettili. Le armi (e i proiettili) incantati potranno in qualsiasi momento innescare i poteri del dominio. Grazie all'incanto, inoltre, risulteranno sempre affilatissime e incapaci in alcun modo di perdere le proprie capacità offensive, oltre che indistruttibili. (II) - Grazie all'incanto, si aggiunge un terzo effetto alle armi incantate, rendendole permanentemente prive di peso per quanto riguarda il possessore del sigillo. Ogni altra persona percepirebbe il peso reale dell'arma. Inoltre, non potranno neppure essere sottratte al portatore, e in alcun modo rubate. (III)-Gola: Rekla raggiunge il successivo livello dell'Incisione del Bastardo. (Livello III)-Superbia: Essendo innamorata di se stessa e di una forse inesistente superiorità, la giovane ha coltivato un carattere duro e scorbutico che non ispira affatto fiducia in chi la affianca ma, talvolta, insinua un timore lieve che però non ha alcun effetto contro i demoni o gli individui di livello superiore.
-Terzo Vizio dell'Animo|Ambizione: Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario.
~ ~ ~Riassunto combat: Il Bebilth attacca improvvisamente Rekla, ferendola alla gamba con la combinazione delle pergamene "Inafferrabile" (Medio) e "Colpo paralizzante" (Medio), dopodiché riparte con un semplice attacco fisico. La ragazza, però, evoca undici infanti non morti con l'ausilio di "Lussuria" (Medio), che ho supposto attutissero l'attacco che ho considerato pari a un basso. I cinque non morti rimasti, di entità offensiva bassa, vengono riscagliati con il supporto di "Mestizia". L'offesa dei cadaveri s'infrange su di una copia del Bebilith - creata con "Copia reale" (Medio) - mentre le ombre generate da Rekla lo travolgono e dilaniano (danno Medio al Bebilith). Il mostro risponde con l'attiva del terzo livello del dominio "Incantaspade" (Alto) che ho supposto avere come elemento il veleno. Ma l'onda livida non ottiene gli effetti sperati, infrangendosi contro la tecnica "Egoismo" della mercenaria, che contrattacca - dopo essersi trasformata in forma demoniaca - lanciando la daga Dolore verso l'aracnide (attacco fisico) e sferzando contemporaneamente una mezzaluna di mercurio con l'attiva del dominio (Alto) verso una stalattite pendente dal soffitto. Il Bebilith riesce a difendersi dal lancio, ma non si accorge della roccia, prendendo in pieno un danno Alto. Ciononostante, pur agonizzante, l'insetto utilizza la pergamena "Invisibilità" per sparire nella foschia ed attaccare Rekla prima con la tecnica "Tiro esplosivo" (Alto), poi con un semplice colpo fisico: entrambi gli attacchi vanno a segno, causando alla ragazza un danno Alto e uno Basso. In balia dell'ira, Rekla afferra la chela del mostro impedendogli di ritrarsi dal suo addome ( potenziando la PeRf e l'AeV grazie alla tecnica "Stile dell'illusione") e sferra a distanza molto ravvicinata un fendente letale supportato dall'attiva del dominio (Critico) per decapitare, letteralmente, l'avversario. Una volta terminato il combat, infine, si rivolge a uno dei due Bebilith rimasti per evocare nuovamente venti non-morti con "Mestizia". Lascio completa libertà ad Escape nel gestirli come meglio preferisce.
Note: dunque, per coloro che se lo stanno chiedendo, SI, Rekla è morta, e SI, ho volutamente scelto di autoeliminarmi dal Valzer al Crepuscolo. Sono assolutamente certo che molti di voi penseranno che sia paura, vigliaccheria, noia nel continuare o che altro, ma vi sbagliate: ho semplicemente una brutta malattia che si chiama "Interpretazione", cosa che per me viene prima d'ogni altra nel giocare la Nera Signora. La domanda che vi pongo è: come credete si sentirebbe Rekla in questo momento? Potrei porvela mille e mille volte e la risposta sarebbe sempre la stessa. Rekla sarà anche stronza, perfida, malvagia, sadica, egoista e chi più ne ha più ne metta, ma è prima di tutto una donna, e in quanto tale si sente debole, fragile, inerme, impotente e una stupidissima bambola di pezza nelle mani degli eventi. Lo stupro di Chevalier è stata solo una goccia, l'ennesima di una lunghissima serie. La maledizione sta prendendo il sopravvento, si è impossessata della sua anima, del suo cuore, della sua mente, e non vuole lasciarle prendere anche il suo corpo. Motivo per cui sceglie l'unica via non ancora battuta per fermarla: il suicidio. Rekla non ha mai voluto vivere, ben che meno adesso. Ringrazio tutti coloro che hanno, anche solo di sfuggita, letto i miei post, ringrazio i miei compagni e i Qm per la splendida opportunità datami. Mi scuso con Escape per averlo abbandonato in questa disputa di potere (XD) e con Ray qualora la mia decisione gli avesse creato qualunque tipo di problema. E' stato il post più difficile che abbia mai scritto, e spero d'esserne uscito quantomeno degnamente. Bè, direi di aver detto tutto. Non mi rimane che augurarvi un grosso in bocca al lupo e, ovviamente, che vinca il migliore.^^ |