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Shhh! Fate silenzio!
Gocce di sangue sul nero lenzuolo, nemmeno si vedono. Finnegan dorme, sogna. Tutto è nero, e ci sono solo loro nel cuore dell'abisso. Un timido fuoco riluce ancora, come una candela che sta per spegnersi. Arthur si china, le scosta i capelli dal viso. L'incubo li avvolge della sua scura nebbia acida, ma il Dormiente ha capito. La solleva piano, crede forse di ricordare. Accolta nel rosso mantello, immobile, respira appena. Il cavaliere, le gote lambite dal fato più triste, emerge dal silenzio con la grazia di un uragano. Sussurra appena: « Non ci si capisce proprio niente, di questa vita.
“Cessata l'agitazione della gente radunata attorno al consiglio militare, parlò Oloferne, comandante supremo dell'esercito di Assur, rivolgendosi ad Alchiòr, alla presenza di tutta quella folla di stranieri, e a tutti i Moabiti: « Chi sei tu, o Alchior, e voi, mercenari di Efraim, per profetare in mezzo a noi come hai fatto oggi e suggerire di non combattere il popolo di Israele, perché il loro Dio li proteggerà dall'alto? E chi è dio se non Nabucodònosor? Questi manderà il suo esercito e li sterminerà dalla faccia della terra, né il loro Dio potrà liberarli. Saremo noi suoi servi a spazzarli via come un sol uomo, perché non potranno sostenere l'impeto dei nostri cavalli. Li bruceremo in casa loro, i loro monti si inebrieranno del loro sangue, i loro campi si colmeranno dei loro cadaveri, né potrà resistere la pianta dei loro piedi davanti a noi, ma saranno completamente distrutti.»” [Giuditta 6,1]
«Non darmi del folle, perché non lo sono.» Le palpebre sono ancora troppo pesanti, ma Arthur è già in piedi. Dopo troppo tempo, per la prima volta, una fresca brezza gli lambisce il volto. Non darmi del folle, piccola donna nera, perché non lo sono. No, davvero, nessuno vorrebbe vivere per sempre. Il personaggio, poi, è quasi perfetto. Non parlarmi di onore. Non parlarmi di dignità. « Gli uomini non sono altro che larve d'odio e di vendetta.» E le crisalidi si schiudono troppo presto. Buffo, nevvero? Oloferne era in mezzo alla folla, che muta tendeva l'orecchio. Le sue palpebre erano ancora troppo pesanti. « è la sua stessa malattia. Si, una malattia mortale.» Velta non ha più soffitto, ed ogni immagine è solo fuoco o ombra. Riverberi, sfocature di quella realtà solo collateralmente materiale. Lo ricordi? Ricordi il mio nome? Il loro dio è solo una fiaba. Nabucodonosor è l'unico dio. Un uomo, solo lui, è l'unico dio. Sapete cosa vuol dire? Si che lo sapete. Oloferne sta ridendo.
“La pazzia non è più una rarità: non lo so. Però c'é Finnegan che vede e sente cose che nessun'altro può vedere, in ogni post. Bello.” [Blame]
« AhaAhaAhaAha » « AHAHAAHAAHAAHAHA » Arthur Finnegan sta ridendo a crepapelle, ad occhi chiusi. Divarica appena le gambe, curva la schiena in avanti e preme le mani sul ventre. Ride, ride e basta.
Dal terzultimo diluvio, abbiamo riscontrato l'esistenza di quattro traslazioni non consecutive di Enlil, la Terza Coscienza. I testi confermano un'analogia di fondo nella condotta di tre traslazioni su quattro. Enmerkar, Gilgamésh, Ruin. È ancora presente un'inspiegabile eccezione. Sappiamo bene cosa fece Beth. Dicono che ne sia nata un'altra, dopo tutto questo tempo. È venuta a contatto con Amlodi, e pare che sia anche più potente del guerriero rosso. È un dannatissimo Punto Preferenziale, più vicino all'originale di quanto non lo siano stati i suoi predecessori. Non possiamo permettere che Nammu si svegli. Non di nuovo.
“Arthur Finnegan. Nessuno, nessuno in tutta la storia di Asgradel da quando sono qui ha fatto un simile monologo. In ogni caso, è perché non c'è l'autovoto. “ [Stray]
« AHAHAAHAAHAAHAHA » « Come, dico COME ABBIAMO POTUTO -AhAhAh! » « Come osiamo perpetrare la violenza e l'abuso tra queste sacre mura? Se mai abbiamo avuto onore e dignità, diciamo adesso i nostri nomi e cosa ha spinto fin qui la nostra ricerca ... » Si, dai, facciamo una summa dell'accaduto. Facciamoci due risate. « … se non la folle volontà d'incontrare una divinità che mai ha seduto tra le mortali genti! » « AhaAhaAhaAha » Non ci si capisce proprio niente di questa vita. Dalla fessura tra le ciglia, di poco schiuse, Arthur vede un deserto, e poi una città. Fa caldissimo, e lui è tutto ammantato. Non indossa nulla di rosso, e continua a ridere come un folle. « Israele non ha nessun dio, idiota! E questa non è la sola vita, il solo onore. Ogni cosa può essere fatta risalire al suo archetipo. Qualsiasi Dio, qualsiasi Divinità è solo la brutta copia di un essere umano. Statuette d'argilla.»
In effetti, data la descrizione, io potrei benissimo essere un Dio. « Dannatamente profetico, Nera Paladina.» La sabbia rossa copriva tutta la terra sino all'orizzonte. I generali ed i comandanti si stavano allontanando, ed ormai la battaglia era decisa. Restavano solo Alchior e due dei generali di Assur. Al centro di una stanza buia, senza soffitto, una statua di Nabucodonosor giaceva distesa sul suo altare di marmo, circondata da specchi fluttuanti. Arthur non sapeva cos'altro dire.
“Lo sai cosa simboleggiava l'argilla per gli antichi? E' un materiale che viene dalla terra, sotto ai piedi di uomini completamente oppressi dal trascendentale. L'argilla è il primo materiale che l'uomo ha imparato a modellare, plasmare e costruire: è il trastullo dei giocattoli delle divinità, piccoli uomini che giocano a fare gli dei. E' una menzogna troppo pesante per librarsi in aria e troppo leggera per resistere alla vita. Tutto ciò che è fatto con l'argilla è empio e fragile, un vile frutto della terra. La razza d'argilla, la razza degli uomini che non hanno mai incontrato la divinità, è merda.” [Anonimo]
Il personaggio è senza dubbio molto calzante. Se Arthur Finnegan, all'epoca dell'ultimo Diluvio, fosse o meno una traslazione – beh, diciamo che non hanno ancora deciso. Attendiamo altre informazioni. Quando inizia il post, dite? Quando volete, cari lettori.
I suoi occhi luccicavano mesti, tenui lumi celesti – umili resti di un fuoco assai più fulgido. È caduta una cometa. È lì a terra, immobile. Il piccolo violino nero suona sempre più piano. Alexandra giace a terra. Non ricordava il tuo nome. Alexandra non ti ha ancora ucciso. Alexandra si fa più vicina, mentre le cammini incontro. Inciampi, scivoli, la spalla ti fa sempre più male. Non ricordava, non ricordava, non ricordava.Déjà vu? Io non lo so che cos'era. Se me lo chiedi, non riesco a risponderti. Io proprio non lo so perché camminiamo in terra e respiriamo aria, e non viceversa. Non lo so perché non riesco a dormire, di notte. Non lo so perché le cose succedono, non lo so perché piove dai miei occhi. Se fossi un dio, tutto quanto avrebbe una spiegazione. Se fossi un treno, sarei in ritardo. Se fossi una stella, una tra le più luminose della volta celeste, splenderei dai confini dell'universo solamente per dire agli uomini: eccomi! Sono io il vostro dolore! Io sono il significato della vostra vita, mi avete trovato, non soffrirete più! Se davvero fossi stato reale, e io non lo so se sono reale, avrei anche potuto amarti. Sto parlando, ma le mie labbra non si muovono. Noi siamo solo due anime perdute che corrono verso siti opposti. Hai incrociato il mio cammino, triste cometa, ma io sono Arturo, e splendo tanto da bruciarti. Se fossi un uomo piccino, avrei anche potuto godere del tuo candido splendore – ma io sono Dio, e il mio impeto ti ha abbagliato. Perdonami. Gocce di sangue sul nero lenzuolo, nemmeno si vedono. Finnegan dorme, Finnegan sogna. Finnegan risplende, brucia sé stesso ed ogni cosa attorno a lui. Finnegan vuole morire, ma Finnegan non lo sa. Finnegan esplode. Finnegan canta, ma nessuno riesce ad ascoltarlo. Si avvicina ad Alexandra, che non ricordava. Tutto è nero, e ci sono solo loro nel cuore dell'abisso. Un timido fuoco riluce ancora, come una candela che sta per spegnersi. Arthur si china, le scosta i capelli dal viso. L'incubo li avvolge della sua scura nebbia acida, ma il Dormiente ha capito. La solleva piano, crede forse di ricordare. Accolta nel rosso mantello, immobile, respira appena. Il cavaliere, le gote lambite dal fato più triste, emerge dal silenzio con la grazia di un uragano. Sussurra appena . Accadde sul fondo del vecchio Gorgo, senza nessun motivo particolare. Se qualcuno se ne ricordasse ancora, beh, è impossibile determinare.
Ripetizione esasperante. Se sei un lettore impaziente, se non riesci a capire questo paragrafo Se vuoi sapere come va a finire la storia Se pensi di poter giudicare le parole Se non hai ancora capito che QUESTO è il personaggio anche le cazzate anche la metaletteratura anche l'ironia di quelle poche cose che dice Se non pensi che questo post possa essere da energia blu o rossa … È vero: fu decisamente profetica. Non credo sapesse, allora. Eppure, eppure --- Eppure è ancora quasi buio, attorno ad Oloferne. Ha un mantello rosso, adesso. Poco convenzionale, per un abitante del deserto. Poco pratico di certo. Scomodo? Forse. Eppure sono ancora tutti per terra, attorno a Finnegan. Non sembra aver ancora visto Eitinel. Shakan ed Alexandra sono privi di sensi, o così sembra. C'è una nebbiolina sottile sottile, come sui monti al mattino presto. Una luce rossa sbuca dal cespuglio, e cadi proprio sul cestino pieno di more. Pungono un po', ma non importa affatto: il sole sorge lentamente, alla velocità dell'Universo. Ha la forma di un'aquila, o di una fenice. Non si capisce molte bene, in effetti.… o verde gialla, bianca, grigia, marrone scuro Se davvero, leggendomi, pensi a quanto cazzo sono sportivo a quante cazzo di pergamene ho a QUANDO DIAMINE FARO' QUALCOSA Se sei un lettore che non capisce che sono io
« SONO IO ARTHUR FINNEGAN » e che è questa la mia testa, vista da dentro oltre alla poltiglia cerebrale, Se sei quel lettore saccente che non capisce cos'è o ancora non lo sa. Ripetizione esasperante. Se vuoi sapere come va a finire, non leggere questo post. Un po' di ribellione, che ne dite? Una città nel deserto rosso le cui dune ansano come un mantello alla velocità dell'universo, con cui il mondo si muove è la mia velocità la velocità di un raggio di luce attraverso miliardi di miliardi di chilometri nel puro vuoto interstellare, senza nessun odore e nessun suono. È la velocità con cui si sposta l'asse terrestre, nel corso dei millenni, sino a traslare il suo polo celeste. Polaris, esatto. Solamente un'anonima enorme massa gassosa che brucia e muore dall'altra parte della galassia, una tra le tante. Se sei quel tipo di lettore, beh, non è per te che scrivo. Torneremo tutti ad essere argilla, proprio come Enkidu. Le passive di immortalità non sono in vendita dal saggio. Ogni cosa va incontro alla sua fine, che lo ammetta o meno. Le mie parole, però, sono potenzialmente immortali. Non solo. LE PAROLE sono potenzialmente immortali. TUTTE. Sempre in prospettiva, sino al fuoco. Mai oltre. Se quindi sei quel tipo di lettore, o di giocatore, che pensa di poter giudicare le parole, di darci un voto, « Sappi che molte più volte e molto più lontano nel tempo, saranno le parole a giudicare gli uomini. » Un demiurgo verbale. Lo siamo un po' tutti quanti, qui. Si, è vero, la cosa potrebbe apparire presuntuosa. Magari è solo un altro sogno, il richiamo della Culla del Caos. Dal terzultimo diluvio sono state edificate quattro Fortezze Cosmiche, da che ci risulta. Non sappiamo bene in cosa consistano o dove siano state costruite, ma alcuni antichi ma attendibili documenti esprimono senza traccia di insicurezza che il nome dell'ultima di queste fortezze, di queste grandi quattro, è Arca o Culla del Caos. A volte la chiamano Scudo, non so perché.
Arthur si è girato verso ciò che resta del muro della vecchia stanza di Eitinel l'Immortale. Crede ancora di trovarsi nel deserto, a comandare le armate di Assur contro gli dei di Israele. Vede immagini e luoghi che non può aver visitato. Parla, intercalando sentenze coscienti con frasi sconnesse, provenienti da un tempo remoto. Arthur Finnegan, cavalier dormiente, sta adesso solcando il mare di pece nera della stella di Nammu, ed assiste alla creazione dei fiumi dell'inferno. Allo stesso tempo -o ad un tempo immensamente diverso- eccolo che vede con gli occhi di Enlil, e strappa Ki da An, sommo padre celeste. Eccolo che crea i suoi seguaci. Eccolo che invidia, che uccide. Eccolo che cade, e poi risale. Ed eccolo in cima alla torre di Velta, nel continente di Asgradel, da qualche parte nell'Eterno Ritorno, tra Vicolo Stretto e Parco della Vittoria. Solamente Caos in qualche misura più organizzato dell'ordine, ma molto meno comprensibile.
IL MONDO è MIA RAPPRESENTAZIONE. Amen. “In tutto il campo ci fu un grande accorrere, essendosi sparsa la voce del suo arrivo tra gli attendamenti. Una volta sopraggiunti, la circondarono in massa mentre era fuori dalla tenda di Oloferne, in attesa di essere annunciata a lui. Erano ammirati della sua bellezza e ammirati degli israeliti a causa di lei e si dicevano l'un l'altro: « Chi disprezzerà un popolo che possiede tali donne? Sarà bene non lasciarne sopravvivere neppure uno, perché se fossero risparmiati sarebbero capaci di ingannare tutto il mondo». Vennero fuori le guardie del corpo di Oloferne e tutti gli ufficiali e la introdussero nella sua tenda. Oloferne era adagiato sul suo letto, che era posto dentro una cortina intessuta di porpora ricamata d'oro, di smeraldo e di pietre preziose. Gli annunciarono la presenza di lei ed egli uscì sull'ingresso della tenda, preceduto da fiaccole d'argento. Quando Giuditta avanzò alla presenza di lui e dei suoi ufficiali, tutti stupirono per la bellezza del suo aspetto. Ella si prostrò con la faccia a terra per riverirlo, ma i servi la fecero rialzare.” [Giuditta 10,18]
No, forse non è il personaggio più indicato. Finnegan sta precipitando nella luce più densa, non vede o ha visto o vedrà altro che luce, ed un'infinità di altri colori ed ombre. Contro tutto e tutti, se ne vale la pena. Sta quasi per cadere dal bordo di Velta, infinitamente alta, quando il suo viaggio torna a pochi anni prima. Forse mesi, forse giorni, o secoli. Il tempo, comunque, non è una cosa importante. Erano in una chiesa, in una cattedrale. Combattevano per il proprio scopo, altrimenti detto onore o altro ancora. Arthur non ricorda come è andata a finire. In realtà non è affatto finita. Dico davvero. Poi era sul fondo del Gorgo, ancora più giù, dove la nebbia diventa roccia e la roccia diventa spazio vuoto, interstellare. Ogni sorta di colore a braccetto con il nero. Avete visto quel film di Kubrick, quello nello spazio? Avete letto del cavaliere dormiente, che sul fondo del mondo ancora si crede una stella? Arturo, il grande camminatore, gigante rossa. Lui ancora non capisce. O forse non vuole capire.
Arthur Finnegan è una forza del cosmo, è una Volontà ordinata e strutturalmente subordinata -come ognuno- ad un flusso principale, un mainstream organizzativo che, per la disperazione dei demiurghi di nicchia, ha portato alla costruzione di un curioso ed innovativo modello a cellule, o organico. Ne abbiamo di svariati modelli. Questo ad esempio, sullo scaffale più in basso, è in grado di sopravvivere praticamente da solo, con appena un po' d'acqua ed un po' di luce. Mi dispiace, ma ci è rimasto solo il modello verde. Quell'altro, invece, un po' meno economico, è in grado di correre e saltare. No, non è ancora adatto per respirare nel vuoto. Credo dovremmo aspettare la prossima rigenesi del prodotto, ma con l'economia d'oggigiorno non si sa mai. Le piace, quindi?
Le luci al neon sono risucchiate verso il fuoco dell'ellisse, e dall'altro fuoco sorge il sole. Forse non è il sole, ma solo An-Ki. Di nuovo. Forse non è An-Ki e nemmeno il sole, ma un'altra di quelle fenici che ogni tanto spuntano. Si, piccolo, forse siamo in un libro, o più probabilmente un E-book. Pirata, ovviamente. Senza petrolio, comunque, l'inchiostro costa davvero un occhio della testa. Meglio internet, mi dicono. Lavorate, schiavi. Argilla. Merda che cammina. Obbedite a Nabucodonosor l'Immortale, vostro ultimo Dio. Gli idoli di Israele presto cadranno, e Gruumsh con loro. Il maniero, la Casa del Signore, sta per essere cancellato dalla memoria. Non ci saranno parole a giudicare il Monarca, ma solamente l'oblio millenario. Non esiste nulla di peggiore, nulla di più giusto per lo sconfitto. Saranno le parole, LE PAROLE, che giudicheranno gli uomini e le donne, vivi e morti. Non c'è nessun ordine, anche a volerlo inventare.
Si può dire tutto di questo bizzarro multiflusso a singhiozzo, ma non che sia incoerente. O surreale. O delirante. È tutto lucidissimo, come uno specchio appena fatto, con una bella cornice di vetro decorato ad angolo e filo, sabbiatura leggera e colore nero, con dei grandi glifi dalle ampie volute, tipo barocco.
Fondamentalmente, come ogni dio e divinità è l'immagine distorta di un uomo o di una donna, allo stesso modo ogni possibile e reale o probabile e parzialmente esistente regione -laddove è spazio e si può conoscere- dell'Universo non è altro che una traslazione ridotta e distorta di una cosa apparentemente molto, molto più semplice. Apparentemente.
Nammu sta sognando il mondo. Punti di vista preferenziali, Traslazioni, Divinità d'argilla, tutto quanto. Immagina di poter leggere questo post tutto in un secondo, e di poterlo capire tutto in quel poco tempo. L'Universo è più lento di così. La Luce è più lenta di così. Immagina di poter mangiare la Terra intera, e di poter sentire ogni sapore in quella, e di poter distinguere ogni verità ed ogni pensiero di ogni singolo essere umano o animale o minerale, di sentirne, sentirne davvero, la Volontà interna. Qualcuno, tempo fa, lo chiamava Atman. Dovrebbe essere una sorta di frazione del Brahma, che però lo comprende in toto. No, non quelli di Rosanna. Leibniz, lui provò a dirlo. Ogni monade è specchio dell'universo che la contiene, sù per giù. Ogni uomo, dall'eroe sulla cima della torre di Velta sino al più lercio degli accattoni, contiene l'Universo intero. Non prendetemi alla lettera. È solo un goffo tentativo di far intendere voi che ciò che chiamate Tempo e ciò che chiamate Spazio non solo non esistono come pensate, ma addirittura non possono essere definiti come status da un linguaggio che, come il nostro, NON Può AMMETTERE un concetto che CONTEMPLI ed INCLUDA la CONTRADDIZIONE dell'ESISTERE e del NON ESISTERE come status SIMULTANEO, ammesso che sia Tempo. Gimel.
Se sei uno di quei lettori che vogliono solo sapere come va a finire (beh, non saresti arrivato a leggere sino a qui)
Se sei uno di quei lettori che crede di poter comprendere qualcosa di vero leggendo il falso, e di poter allo stesso modo sovvertire la verità in piacevole falsume- Se anche tu sei in qualche modo JHWH, come lo chiamano alcuni, e se anche tu puoi e vuoi e sai -bada: devi esserne in grado- Se sei uno di quegli scrittori, magari, fermamente convinto della ridicolezza dei confini delle parole- Allora leggi tutto.
Baudelaire ti avrebbe chiamato fratello. Io dico che la parola Fratello non ha significato. Io ti avrei chiamato Argilla, che è il più alto e nobile dei materiali. Ed è la più bella delle immagini, nel luogo più alto di Asgradel, già in volo verso il campo di battaglia, a cavallo di una fenice. Gli occhi e le orecchie di Arthur continuano ad ingannarlo. Eccolo, nel cielo, che afferra le orecchie del drago peloso ed urla VAI, VAI! In sottofondo c'è la sigla finale di Neverending Story, comunque.
Se pensi che questa non sia più letteratura o che sia solo troppo sperimentale o che davvero non sia IO, davvero io, quell'Arthur Finnegan che ride come un pazzo sulla cima del castello di Eitinel l'Immortale, e che al contempo scrivo qui le sue gesta – non proprio un paladino arturiano, eh? Sappi che, dato un numero grandissimo ma finito di fattori ed un tempo infinito, le combinazioni si ripeteranno sempre tutte un numero infinito di volte, generando un numero finito di mondi in costante e graduale intercambio. La velocità è quella dell'Universo, che ormai avrai capito non sussistere. Il tempo continua ad essere una cosa di poco conto. Potremmo usare il termine “Reale” in attribuzione a qualsiasi cosa sia anche immaginabile, ed anche a moltissime cose che non lo sono. La Teoria Referenziale ci fa un baffo.
Finnegan apre le palpebre, e non vede più Assur. Non vede An-Ki, non erge Pandemonium. Finnegan apre le palpebre e vede tre individui suoi simili, raggi di energia piovuti dal cielo come ardenti enormi comete, dall'immenso potere, scagliati sul fondo del mondo da qualche Dio dispotico. Quattro sacchi di carne -lui compreso- che danzano forte alla luce della luna nello specchio, vivendo per un solo altro anelito d'Infinito. Ne basta poco, ad una persona, per perdere aderenza verso la pianta dei piedi.
« AhaAhaAhaAha » Alexandra si è già svegliata. Il Dormiente non se n'è ancora accorto, ma la donna deve aver ascoltato buona parte del suo delirio. Neverendingstoo-oryyyy, na na na na na na na na naaaa...« AHAHAAHAAHAAHAHA! »
« Ciao Regina! » Chiamami pure pazzo, oppure Illuminato. Chiamami pure Arthur e prometti di ricordare il mio nome. Credo di essere morto ancora, sai?
Contro tutto, qualsiasi sia la barriera, se ne vale la pena. Contro tutti, and against all odds. A questo punto dovrebbe iniziare qualcosa di somigliante ad una narrazione, mentre la voce della Regina Nera inizia a risuonare sulla vetta ed Arthur apre finalmente le palpebre, fino in fondo. Gli occhi, però, sono sempre chiusi. Ancora chiusi.
« ... »
Sotto il cielo più scuro, sedotta da un'aurora rosso sangue, persino Velta sta tremando. Attorno alla torre nera, tesa verso il firmamento, una fiamma turbinava e roteava. Sbatteva forte le ali, gridava, attendeva i tre generali. L'Asgradel stava arrivando. Alla fine non importa più di tanto. Comunque vada, comunque finisca, questa non sarà l'ultima guerra. Non sarà di certo l'ultima vita. O Vita, in generale, secondo Volontà fondante.
Un tuono, poi un lampo. In controluce, quello che era il simbolo del potere del Sorya sembra solamente un'altra ombra lunga, vibrante d'elettricità. Ed erano al centro della meridiana di Asgradel, seguendo quell'ombra, la sua direzione, per sapere dove andare. Il sole, in alto, era tinto di nero. All'apice della follia, o della saggezza, Arthur era euforico. Il sangue pulsava forte, quasi dando il ritmo della sinfonia finale, e scuoteva ogni muscolo ed ogni organo del corpo del guerriero, del guerriero perfetto e maledetto, che s'apprestava adesso a realizzare la sua aspirazione.
“E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l'ira di Dio. Vidi pure un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano visto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello.” [Apocalisse 15,1]
Bruci il mondo come queste ali di fuoco, e che ne sia fatto poi uno nuovo. Solamente adesso, Arthur arrivava a capire l'inutilità di un simile provvedimento. Ciò che esiste, se davvero qualcosa esiste, non è mai distrutto. Sorrideva spavaldo, voltandosi adesso verso l'altro vecchio commilitone, l'altra parca del fato. Colui che l'aveva ucciso, in un certo senso. Il berseker non fu gentile.« E tu, brutto stronzo fumante: aspetta di incontrarmi alla fine di questo casino. » «Arthur Finnegan … »
Tentennavano, sulla cima dell'Universo. Velta era scossa da brividi, eccitata come una bestia in calore. Arthur non riusciva a provare odio, verso Shakan. Alla fine dei conti, non era poi tanto male morire.
« ...non meriti inutili scuse così come io non merito di risponder di alcuna colpa qui, adesso. D'altronde convincerti dell'inevitabile ora sarebbe inutile, quindi placa la tua ira per quando avrò modo, e tempo, di darvi credito... » « ... Quando tutto sara' finito, hai la mia parola che non mi sottrarrò al confronto... »
Quando tutto sarà finito, amico mio, spero proprio di essere morto. Magari per davvero, stavolta.
Camminò piano verso il centro della stanza, senza fare rumore. I suoi piedi, in effetti, non toccavano il pavimento- fluttuavano, poggiandosi come su di un piano invisibile a quasi mezzo metro da terra. C'era un po' di nebbia, attorno a lui. Ed ecco Nabucodonosor, che siede beata sul suo altare di marmo. Specchi rotti tutto in giro. Ed ecco Alexandra, ancora confusa, che non ricorda. Cocci di memoria sparsi per la stanza. Ed ecco la fenice volare rapida, con lieve fruscio, orbitando attorno a quell'ultima stanza divelta. Ed ecco Shakan, imperscrutabile, ed ecco la sua risposta. Un uomo onesto, sembrerebbe. Ed ecco, in alto, il sole ormai scuro come china. Il cielo è in sfumature rosse e viola, pesantemente nuvoloso. Ed ecco il Sorya, che non esiste più. Ed ecco Arthur, Arthur Finnegan, cavaliere dormiente. In effetti non ha mai avuto un cavallo, ma questi sono solo dettagli di poco conto. Eccolo che fluttua, camminando nella bruma, sorridendo. Il tempo della distruzione, finalmente. Egli avrebbe distrutto tutto, ogni cosa. Avrebbe cancellato la morte cancellando la vita. Vendicandosi sul fato, avrebbe cancellato la morte. Anche solo la propria. Poco a poco iniziava a capire il disegno di fondo. Danzate, danzate, ci si diverte un mondo alla veglia di Finnegan. Ci si diverte un mondo.
La schiena era un po' più pesante di quanto ricordasse. Controllò cosa vi fosse, e vi scoprì qualcosa di nuovo. Era uguale a Lethe, affilata e gigantesca. Sull'elsa vi era una sequenza di caratteri che non sarebbe riuscito a leggere. Il sorriso sul suo volto si allargò ancora, gli occhi si strinsero. Tornò a guardare Eitinel, come in trance sul suo seggio. La stretta sull'elsa di Stige acquistò forza, e le vene del braccio pulsarono forte al'unisono. Poco a poco iniziava a decidere. La volta della cattedrale, adesso deserta, è di una bellezza unica. C'è nebbia attorno a lui, ma Arthur continua a parlare come nulla fosse. Inveisce, accusa. Attacca. Qualcuno, un po' più in là, lo ammonisce stizzito. Aspri ricordi che solo adesso balenano agli occhi, al cuore. Promise di ricordare? Come osò perpetrare violenza tra quelle mura? Alla ricerca di una divinità, mi sembra. Profetico. Tornò serio, alzando lo sguardo al cromatico spettacolo celeste. Ci si diverte un mondo alla veglia di Finnegan.« Davvero, davvero profetico.» « non ci si capisce proprio niente, di questa vita » Ripetizione esasperante. Non c'è alcun legame, nessun ulteriore criterio di fondo nel moto subcosmico della Volontà. Oh, non implica certo coscienza. Non confondiamoci le idee. Sta vibrando, l'Universo intero sta vibrando. Di nuovo.
« Saprò aspettare, Shakan.» Sorrise spavaldo in sua direzione, tacitamente augurando al suo debitore di non intristirsi troppo, una volta finito tutto e scoperto il cadavere di lui, di Arthur, con un sorriso in volto. Un sorriso vero, si intende. Dura da troppo tempo, sai?
Parlò Alexandra, con voce spezzata: « A-arthur... ricordo il tuo nome - chi sei? » Ha gli occhi come di vetro, la fronte corrucciata. Si regge la testa con una mano, sofferente. Il tempo stringeva. Chi sono? «Sono l'idea che hai di me. » Nulla di più semplice. « Ora però dobbiamo andare.» L'Apocalisse ci sta aspettando. La rivelazione, come da etimologia. Sul colle di Armaggeddon saranno gli uomini a vincere, oggi. Tutti gli dei cadranno. A proposito...
«Andare dove? A morire come ci è stato imposto? » Arthur ascoltava le parole della donna, ma guardava fisso la vecchia bianca dama, intonsa sul suo largo trespolo. Rispose ironico alla guerriera:
« Ah Ah Ah! Morire? Già fatto, grazie.»
Si voltò serio, inquadrando con sguardo quasi minaccioso i suoi due occasionali vecchi alleati, cercando di ridefinirne la posizione in quel bizzarro mosaico. Forse sarebbe stato il caso di abbattere anche loro, in quel preciso momento. Probabilmente Arthur era meno forte di quanto credeva, allora. Rispose ad Alexandra, proprio mentre le ali della bestia sacra scagliavano una potente folata di vento caldo verso di loro, quasi ad ammonirli per il ritardo.
« Andiamo a distruggere il mondo, affinché qualcuno possa ricostruirlo. » « non volete venire? » « No, non è questo - non è così. Mi chiedevo: perchè noi? » Il corpo della donna immortale, Eitinel, Nabucodonosor, Lucifero, la sua carne lattiginosa era ora attraversata da sottilissimi filamenti neri, che come la trama di un tappeto esotico le avvolgevano gli arti ed il collo, le striavano il volto perduto, proteso verso l'alto. Il dio di Assur è un uomo, Nabucodonosor. Non esistono uomini invulnerabili. Il collo della despota era esposto, ogni tendine era teso, quasi si poteva distinguere il sangue che scorreva sottopelle. Finnegan non era mai stato tanto serio come quando, stringendo la presa sull'impugnatura della Zweihander Styx allora al suo fianco, la estrasse veemente e verso l'alto, dalla sinistra con la mano destra. Nessuno gli stava chiedendo di farlo. Nessun altro alibi, adesso. Tutti gli dei devono cadere. Devono morire tutti, tutti quanti. Non sorrideva.
Rispose alla paladina nera con un tono innaturalmente calmo, simulando un ghigno mentre si voltava verso di lei: «con un finito numero di fattori in un tempo infinito, prima o poi il nostro turno doveva pur venire. » Arthur, in quelle parole, era più innocente di un bambino.
« Destino o coincidenza, quindi? O stupida logica? » era tornata a guardarlo negli occhi. In fondo non c'era proprio niente da ricordare, o da dimenticare. Alza il volume.
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