Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ a swan song

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view post Posted on 11/10/2011, 14:40
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Sangue bruno le colava dalle labbra.
Liquido nero, pastoso, simile a densa pece che traboccasse da un vaso di porcellana.
Curva sanguigna sul mento teso, scivolio grumoso lungo il collo contratto.
La sentì deglutire piano, affannosamente, l'assenza di respiro che la faceva tremare su se stessa, che anneriva di attimo in attimo quelle sue labbra di maiolica.
E poi di nuovo quel rumore, quella flebile vibrazione senza consistenza.
Brivido sottopelle, sfumatura grigia al bordo degli occhi socchiusi.

Suo malgrado, Eitinel sospirò appena, flessione di un busto ora immobile, fisso.

C'era qualcosa di incredibilmente seducente in quel corpo di cristallo.
In quella sua pallida risonanza, tersa modulazione della pelle medesima, della fisicità stessa.
Quasi uno strumento musicale sempre in tensione, sempre in accordo.

Le dita di Eitinel fremettero appena, la tenebra sottostante che si contorceva in rapide arricciature ombrose.
Impossibile non avvertire quel suono. Impensabile non udire quella bianca palpitazione, macabra torsione di accenti e dissonanze.

E' questo il suono dell'oblio, mia cara?
Il morbido consumarsi del tempo che ancora, invano, sprechi il proprio ultimo grido prima di sparire?
E' questo il tuo suono?


Debolmente, la Dama aprì gli occhi. Dall'ambra scivolarono allora due nude perle d'acqua, lacrime sanguigne il cui scorrere sulle guance fu come un pizzichio doloroso sulla pelle riarsa.
E' questa la tua malia? Ciò che ti rende così preziosa agli occhi di tutti, così spudoratamente desiderabile?
Un rumore bianco, una morbida voluttà cui l'uomo non possa proprio rimanere indifferente. E ambirti. E concupirti.
E chiedersi, in fondo, come vibreresti se fosse proprio lui a sfiorarti.

Nel risalire del capo della donna, nel scivolare in avanti di mento e fronte eccolo, il delinearsi di un sorriso a labbra strette, una smorfia insolente su un volto scheggiato.
L'Asgradel fissò se stesso, specchio nero tale da riflettere la sua immagine, e non potè proprio trattenersi dall'ammirare ciò che vedeva.
Grideresti?
Gemeresti?


2ozxO

Cascate di bianco e argento, le ciocche pallide scivolarono ovunque macchiandosi una ad una, una dopo l'altra, di bruno sangue.
Vibrò ancora il corpo di lei, uno scricchiolio fragile, cristallino, il creparsi di qualcosa già tremendamente liso.
E dall'altra parte dello specchio fu come se per un attimo ella potesse vederlo, l'Asgradel, ridere di lei. Sghignazzare, scoprirsi di denti sornioni alla volta del suo lento sbriciolarsi.
O come una brava cagnolina scodinzoli solo per il tuo padrone?
Ma non fu nulla più che un istante.
L'attimo dopo l'Asgradel aveva alzato un braccio e con il dorso della mano accarezzato la propria guancia tumefatta.
Povera Eitinel.
Talvolta la smemoratezza è un bene. Un bene così prezioso che nessuno esiterebbe a sacrificare qualunque cosa pur di possederlo anche solo per un attimo.
Dimenticando un secondo di sofferenze.
Obliando un frammento di momento e con esso quello sguardo, quel profumo, quelle parole.

Nel distorcersi dello specchio, ecco il comparire di un globo nero, di una nera stella i cui raggi parevano non risplendere ma quanto più risucchiare la luce.
Ray e il suo sole erano bellissimi. Anch'essi macchiati della gloriosa malia propria del potere più assoluto, della grandezza più manifesta cui sia impossibile rimanere indifferenti.
Chi con rabbia, chi con brama.

Gli uomini ti odieranno. Le donne ti desidereranno.
E nessuno dei due potrà fare a meno di aspirare ad anche solo un briciolo di te. Imbracceranno le proprie armi per distruggerti, proclameranno a gran voce la tua futura morte, ma nel profondo del loro cuore non potranno far altro che supplicarti per uno sguardo, un'attenzione. Un istante, un misero istante in cui la tua immensità cali su di loro.
Ray, Dio sceso in terra. Creatura mai più mortale e mai per davvero innocente.


Eitinel non ricorda ciò che eri. Non ricorda i tuoi occhi colmi di rabbia, i tuoi lineamenti giovani e per ancor poco fanciulleschi.
Ma non sempre il Male ha nome.
Così come l'amore.

La Dama chiuse ancora gli occhi, l'acutezza di un pensiero che tremava in lei.
Poi, con la calma del dormente, socchiuse ancora le labbra.

"Venatrix"
sillabò in un ansito cremisi.
Tremarono gli specchi. Tremò la sala. Tremò il volto della donna.

" Iniziavo quasi a sospettare che il Sovrano si fosse dimenticato di te lasciandoti per tutto questo tempo lontano dalla tua bella, lontano da ciò che conta "

non volse il capo per osservarlo, limitandosi a scrutarne l'immagine dal riflesso dello specchio.
Ammiccò placidamente


" Ma il fatto che tu sia qui ora è certamente indice del fatto che Ray non annoveri parole come dimenticanza e casualità nel suo vocabolario"
E sorpresa
"Sorpreso, amore mio?
Sono viva."

di-HIM9

 
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view post Posted on 11/10/2011, 15:12




Sferzò le ali con forza, spezzando l'aria come fosse di cristallo.
La sensazione dell'aria contro le scaglie, che aveva sempre percepito come piacevole, lo stava struggendo. Poteva sentire i dubbi e le riflessioni insinuarsi fra le sue membra, trafiggendolo come lunghe spine, allacciandosi alle sue ali e turbinando intorno al suo viso, accecandolo e rallentandolo, tentando di condurlo in terra.
Il sentimento che l'aveva alzato nell'aria, che l'aveva condotto lontano da Hyena ed Oberrin e che aveva soffocato il suo male di vivere stava lentamente disperdendosi nel suo animo, come una goccia di sangue che cade nell'acqua ferma di un stagno: inizialmente la scurisce e la addensa, ma col rimestarsi placido del fango ella diviene invisibile ed irrintracciabile, mischiandosi col flusso della corrente, per quanto lenta.
Più procedeva, più l'aria lo pungeva - lo soffocava.
Il paesaggio innanzi a lui venne sostituito placidamente da ciò che gli propinava la sua immaginazione, trasportandolo in una processione innumerabile di se

se Eitinel non l'avesse ricordato?
se fosse arrivato troppo tardi?
se il Lauth l'avesse raggiunto?

Più i dubbi lo accecavano, più la sua determinazione si faceva flebile;
il pensiero di fermarsi e tornare indietro, di concedersi alla morte, si fece sempre più concreto in lui mano a mano che l'aria lo sferzava, graffiandolo come cristallo.
Ciò che stava compiendo, si sarebbe rivelato veramente utile?
Era così irreale auspicare ad un lieto fine, finalmente?

Fu cieco.
Il passato si affollò in lui caracollando sulla sua mente a briglie sciolte, travolgendolo con una sequenza di ricordi privi di una soluzione di continuità.
Giulia: avrebbe approvato la sua scelta; il suo nuovo amore? Non avrebbe forse, così, imputridito il suo ricordo? Non le aveva giurato eterna fedeltà?
Tiamat: li avrebbe braccati? Avrebbe attentato alla vita di Eitinel com'era stato per il suo primo amore?
Eitinel: l'avrebbe accettato?

E improvvisamente capì che il suo era un viaggio senza meta.
Stava addensandosi in un mare di nebbia del quale non vedeva la fine, gettandovisi al centro come se non vi fosse altro modo;
benché lui una soluzione l'avesse già incontrata, e rifiutata.

Il vento si fece insostenibile, fino al momento in cui quella che era solo una possibilità nella sua mente divenne la realtà.
Si ritrovò in terra, fermo, nella sua patetica forma umana.
Scrutò in lontananza e non riuscì a scorgere la sua destinazione.

Era un codardo;
le dita dei ricordi stavano rimestando il suo cuore, impedendogli di procedere
stavano gonfiando il suo petto di ansia, per cancellare quell'impeto di irrazionalità che l'aveva colto, destinato a sciogliersi come le nevi al primo sole di Marzo.
e ciò che inizialmente gli era sembrata l'unica via possibile, ora gli pareva insensata.
La calma draconica ritrovò spazio in lui
e con essa, la scelta più sicura - la via più certa
l'abisso della morte, nel quale sarebbe potuto precipitare senza remore.

tutte quelle possibilità, non gli si addicevano.
Lui aveva sempre obbedito, attenendosi al copione; non era mai stato in grado di compiere alcuna scelta
e in quell'istante, vi era obbligato. Gli pareva di essere la tigre in gabbia, della quale si burlano i clienti dello zoo, lanciando i resti delle loro merendine contro il vetro.
tutta quella libertà, lo soffocava.
Riempiva il suo cuore di dubbi, di ansia; sibilava intorno a lui e lo pungeva con forza -
la stessa libertà che prima era uno sfogo, nel volo, ora lo uccideva. Ora che non aveva di che sfogarsi. Che le cose parevano andare per il verso giusto.
Una direzione che non meritava.

Sorrise con ironia e amarezza, scoprendosi sul ciglio di un precipizio.
Come condotto lì da una forza superiore, era atterrato su una scoscesa formazione montuosa.
Precipitato da lì, sarebbe morto.

La verità era che non sarebbe riuscito a sopravvivere da uomo libero;
era troppo codardo per farlo. Aveva bisogno di qualcuno che gli indicasse dove stare; cosa fare
seguire la propria volontà era un lavoro troppo faticoso per lui, inadatto.
questo pensò, mentre precipitava verso l'abisso, le braccia aperte verso l'esterno, la torre nera stretta nelle mani.

« Ti aiuterà a trovarla. »

La spezzò

« Mi affido a te, Ray.
spero che i tuoi piani siano infallibili come dicono.
»

un crack, un flash nero
e venne inghiottito dal buio.

---------------



« Venatrix

Iniziavo quasi a sospettare che il Sovrano si fosse dimenticato di te lasciandoti per tutto questo tempo lontano dalla tua bella, lontano da ciò che conta
Ma il fatto che tu sia qui ora è certamente indice che Ray non annoveri parole come dimenticanza e casualità nel suo vocabolario
Sorpreso, amore mio?
Sono viva.
»

« taci. »

Eitinel era bella come sempre.
Il suo corpo, diafano nel mezzo della torre spezzata, pareva una perla sul fondo del mare; la voce dell'Asgradel, quel fastidioso disturbo dell'acqua, che impedisce di coglierne la bellezza fin da subito.

« ultimamente pare che tu e il Sovrano abbiate incantato il mondo coi vostri battibecchi; »
mosse un passo verso di lei, guardandola, Eitinel.
« per una volta, non sono qui per farne parte. »

afferrò la dama per un polso e la cercò
nel profondo di quelle pozze scure che avevano coperto il suo sguardo
aldilà dell'Asgradel

« non sono qui per parlare con te; né per sentirti parlare »
e poi lo trovò
quasi soffocato, a fondo, nelle proprie lacrime scure
il ghiaccio
fragile, puro, trasparente.
Eitinel.

« non puoi impedirlo. »

con delicatezza
poggiò le labbra su quelle di lei
per spezzare l'incantesimo;
ancora per un giorno.
in quella che sarebbe stata la loro interpretazione de
la principessa e il drago.

di-PIN2HS07

 
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view post Posted on 12/10/2011, 17:07
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ARHVv
Muto, l'Asgradel lasciò che il bacio di Venatrix catturasse le labbra di Eitinel idratandole, per un attimo, di un sottile velo di rugiada.
Perle tiepide su un respiro gelido, invernale.
Fresco calore laddove prima vi era stato solo ghiaccio.
Brivido inaspettato tale da costringere la Dama a portarsi per un momento due dita al volto, sorpresa, saggiando lentamente la sensazione che quel semplice contatto aveva destato in lei.
Un bacio.
Nulla di più.
Giusto l'illusione di avvertire il tepore dell'altro, di percepire la lieve consistenza della sua anima affacciarsi e sfiorare la propria. Cautamente, lievemente, quasi egli sapesse quanto poco sarebbe servito perché, come polvere, ella si spezzasse da un momento all'altro proprio li, dinnanzi ai suoi occhi.
Corrugò appena la fronte, l'Asgradel, lo sguardo agata che si sollevava piano onde incontrare quello del Drago lei innanzi. Trovandolo fisso, intento a scrutarla da dietro due iridi scure, inesorabili.
A fissare lei, ovviamente.
Lei, solamente.
Socchiuse un attimo le palpebre, per un istante incerta se ricambiare quell'occhiata. Per un secondo confusa se sarebbe bastato quello, solo quello, perché in un attimo tutto le sfuggisse dalle mani.
Lei, il suo corpo, la sua musica. Il Suo potere.
Ma nel silenzio, ecco già la voce di Eitinel spezzarsi per un istante, la pallida vibrazione del suo corpo divincolarsi per un lungo attimo dalla propria assuefante monotonia onde modulare un nuovo suono, un nuovo arpeggio.
Venatrix?
L'Asgradel avvertì le proprie labbra schiudersi lievemente, un respiro di ghiaccio che trapelava da esse in un mormorio ovattato. Nessun suono. Nessuna voce.
Venatrix?
Nulla che valesse la sembianza di quel nome. Nulla che rappresentasse la parvenza di quell'uomo.
Eppure in un attimo eccola, sul volto di lui, la consapevolezza. La certezza. La risposta.
La sicurezza di averla sentita, di averla percepita. Di averla, semplicemente, vista.
Taci
Le aveva detto.
Taci.
Le aveva intimato.
Ed ecco dunque che Eitinel vibrava, semplicemente, al suono della sua presenza. Risonanza soffusa, eco incerta. Come un diapason e il proprio La.
Malgrado l'amore. Malgrado l'odio. Malgrado la certezza che quella donna avesse in animo tanto di desiderare Venatrix quanto di volerlo distruggere pezzo dopo pezzo, briciola dopo briciola onde ridurlo infine a niente, ad un nulla.
Lui, che più di tutti l'aveva ferita. Lui che più di ogni altro l'aveva insultata, oltraggiata, costretta a nascondersi nel luogo che fino ad allora aveva chiamato casa. E che infine l'aveva uccisa, costringendola a ricordare. A ricordarsi di lui e del modo in cui, prima della fine, aveva saputo guardarla negli occhi e dirle che, in fondo, non gli importava.
Taci. Taci.
Poiché non c'è voce nel Male. Non c'è spiegazione per il saper amare solo ciò che più ci distrugge. Dolore assiduo, sconvolgente, insanabile.
Socchiuse allora le palpebre, l'Asgradel, un dubbio, una fragilità per nulla Divina che si insinuava improvvisamente in lui come serpe in seno. Che lo costringeva per un terribile attimo ad una umana titubanza, insolita fragilità di pensiero.
Sentimento estraneo, percezione insolita mai prima di allora sua. Qualcosa che, dal profondo, ancora non aveva parole ma solo, solamente, voce.
Lei.
Così per un secondo, un lunghissimo, infinito, secondo, egli ci provò.
Provò a chiamare quel nome. A sussurrare con voce propria quelle poche sillabe, quelle rare lettere. Cosciente che se solo fosse riuscito a pronunciarle, se solo fosse stato in grado di strapparle anche solo per una volta ad Eitinel, a rubarle dalle sue labbra per un misero attimo, allora elle le avrebbe dimenticate per sempre. Ed allora ella sarebbe sta sua in eterno. Solo sua, finalmente. Sua e mai più di nessun altro.
Venatrix. Venatrix.
Fhpds


Ma quando ella aprì di nuovo gli occhi, quando la Dama spalancò nuovamente le proprie iridi ambrate volgendole a colui che ancora le stava innanzi, in attesa, solo un ricordo era sparito. Solo uno.
Ed il suono della sua dipartita brecciò la Torre di Velta con la stessa furia del tuonare del cielo. Del collassare del portale. Dell'inabissarsi del mondo sotto la pressione dell'unico, vero, Dio rimasto.
E questo nonostante l'ultima scintilla. Nonostante l'ultimo guizzo di vita che esso, irriducibile potenza, fu in grado di sprigionare.

Non sorrise, Eitinel.
Il suo volto era rotto. La sua pelle spezzata.
Tuttavia la donna negli occhi di Venatrix abbozzò un lieve riso alla volta di lui. Lui che muto la guardava, ancora, e che con quel semplice gesto immaginava per lei quel mondo in cui, forse per troppo, ella aveva smesso di credere.
Tremò un attimo, la Dama. Il suo suono che svaniva in un unico, debole, singhiozzo.
C'era la Luce, là fuori. C'era il Sole. E con esso, il sapore della sabbia e del vento.
Mio dio.
Mio dio...
Nel silenzio, nel primo, vero, tacere di ogni cosa, la Dama potè per un attimo, un fragile istante, vedere tutto quello. Avvertirlo sulla pelle. Percepirlo sul volto.
Quel calore.
E non era solo il corpo del Drago che, lentamente, si avvicinava al suo. Non era solo la sua mano che, fragile, si scostava per raggiungere il suo volto e disegnarlo, come cieca, fra indice e medio.
Fra le sue dita, Eitinel ebbe per davvero la certezza di sentire, di nuovo, la vita.
Lo scorrere, come di seta sulla pelle, della Luce.
Profumo di polvere. Sapore di un tempo che avanza e mai si ferma.

E mentre tutto ciò scivolava in lei, lentamente, la Dama sapeva già che al contempo tutto il resto le sarebbe sfuggito via, forse per sempre.
L'ultimo gemito dal disfarsi delle labbra. L'ultimo tremito dal creparsi del corpo. L'ultimo sguardo dallo smarrirsi degli occhi.
Ma non se ne dispiacque.
Non era poi uno scotto così grande, in fondo, per la libertà.
Mentre il cristallo diveniva solo e semplicemente pelle, mentre la risonanza diveniva nude parole, nudo sospirare, cosa importava se ogni cosa, ognuna di queste cose, sarebbe stata l'ultima?

Era libera.


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Nel sopraggiungere del sonno, di quella morbida sensazione di arrendevolezza e pace a metà fra la stanchezza e la morte, ella si concesse allora di guardare lungamente quell'uomo al suo fianco, steso ed abbracciato a lei come nell'atto di proteggerla, in ultimo, perfino da se stessa e da quel suo inesorabile svanire.
Venatrix, mi ucciderai ancora, un giorno?
Avrebbe voluto dire. E sorridergli, e regalargli un ultimo, semplice, bacio. Ma non c'era più tempo, ormai.
Morfeo la reclamava e con esso, il fratello ben meno propenso al risveglio.
Così, in silenzio, Eitinel si accucciò ancor più fra le braccia del Drago, la testa che affondava nella sua spalla onde aspirarne un'ultima volta il profumo.

Almeno, pensò, questa volta non sarà il gelo ad accogliermi. Non sarà il ghiaccio ad imprigionarmi.



Ed ecco, la fine di Eitinel. Il suo canto del cigno fra le braccia di Venatrix. Troppo debole per tentare qualsiasi cosa, ella si addormenta di nuovo nell'oscurità.
 
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La Tour
view post Posted on 18/10/2011, 22:16




Alzò una mano al cielo, nel blando tentativo di ripararsi dalla luce accecante del sole freddo che batteva sulle montagne dell'Eden; maledì i venti gelidi che sferzavano la torre e strinse il corpo di Eitinel ancora un po' a lui, stesi lì, su ciò che rimaneva della cima di velta.
Inspirò l'aria umida e pungente che gli bruciava le narici, facendogli lacrimare gli occhi; la stessa aria che gli portò il profumo lieve della dama accanto a lui, impalpabile e lontano come quello di un giglio bagnato da uno scroscio di pioggia.
Mosse un poco il braccio e la sentì stringersi a lui come di riflesso.

Lui avrebbe ricordato ogni cosa, di quel momento; non poteva impedirselo. Così assaporò tutto ancora una volta: il vento gelido, la luce fredda del sole, il profumo leggero di Eitinel e il suo corpo accanto a lui, steso fra le sue braccia, dormiente. Eitinel aveva le estremità fredde, dalle punte delle dita a quella del naso, come se nessuno le avesse mai sfiorate in vita sua; i capelli soffici, lisci e sottili come uno strascico di seta; la pelle bianca, morbida, pulita; le labbra piegate, ancora modellate nella forma dell'ultimo bacio che si erano dati, prima che lei si addormentasse - una volta e per sempre.
La dama era ghiaccio che si scioglieva al suo respiro, come a lui veniva la pelle d'oca al solo sfiorarla.

era stata.
Chiuse gli occhi, li riaprì.
Tutto era lì; il vento gelido, la luce fredda, il profumo leggero e la figura di lei.
Li ricordò ancora.
Chiuse gli occhi, li riaprì.
Tutto era lì; il vento gelido, la luce fredda, il profumo leggero e la figura di lei.

Chiuse gli occhi, li riaprì.

L'avrebbe ricordata per sempre.
Quanti uomini possono dirsi altrettanto fortunati da poter rivivere un accadimento come quello solamente socchiudendo le palpebre, esattamente com'era stato? Quanti lo desidererebbero? Quanti lo accoglierebbero senza un sorriso, nella coscienza che quello non sarebbe stato altro che il loro ultimo pensiero?

Il cielo si stava già imputridendo di nero in lontananza, dove il Re aveva vinto la sua ultima battaglia. Ma a Venatrix, in quell'istante, importava?
Volse per l'ultima volta lo sguardo verso la sua dama, che giaceva avvolta nelle tenebre al suo fianco, e ne memorizzò i lineamenti. L'unica cosa che avrebbe riempito il suo sguardo nel momento in cui la morte l'avrebbe colto lì dove stava - accanto alla persona amata - sarebbe stata la figura di lei: un acchiappasogni che avrebbe tenuto lontane le maledizioni, scongiurandolo dalla sofferenza di ciò che l'avrebbe atteso nell'aldilà. Un amuleto contro i demoni, che avrebbe reso lontana persino la paura primordiale della morte stessa.

Chiuse gli occhi, e non li riaprì.
La consapevolezza di sapere del proprio amore ricambiato, di essere amati; la sensazione del semplice contatto fisico con la propria compagna; il silenzio assenso che segue gli amoreggiamenti - tutto ciò è imprescindibile desiderio del cuore umano. Sensazioni che lo riempiono, gonfiandolo fino a farlo salire in gola, completandolo e fornendogli ciò che gli mancava per compiere ciò che prima non era stato in grado di fare. Il coraggio di due in un solo animo; la volontà di frapporsi fra il nemico e la propria dama.

Non esiste uomo che possa vivere senza amore.
Il buco lì rimasto si riempirebbe di odio e rancore verso ogni cosa, straripando come gli argini di un fiume in piena, conducendolo inevitabilmente all'autodistruzione.
Per Venatrix, il viaggio era stato lungo e tortuoso. Aveva sempre scacciato qualsiasi risentimento per lasciare in sé lo spazio adatto ad accogliere un'altra persona nel suo animo, come riservando per lei una camera di sé; un lato umano che solamente Giulia aveva conosciuto prima di Eitinel. Uno spazio nel quale più di una volta si erano generate rabbia, negligenza e impulsività, che lui aveva prontamente cancellato una dopo l'altra.
Uno spazio ricolmo ora di pace, e di lei.
E proprio in quell'istante, sarebbe morto.

Si alzò in piedi, tenendo sempre gli occhi chiusi, e mutò nella sua forma draconica, sfondando ciò che ancora era rimasto integro di velta, ma guardandosi bene dal non ferire Eitinel.
Si avvolse dunque intorno a lei, grande come non era mai stato, allungando le ali sopra di sé.
Mentre il sole nero proliferava, distruggendo il mondo degli uomini, il drago fece ciò che era in suo potere per proteggere il corpo inanimato di Eitinel.
Morto con lei, allungò le ali sopra di sé, e velta ebbe una cima: maestosa, gloriosa, un mostro si erse al posto delle guglie, stringendo gli artigli contro i bordi, avvolgendola completamente contro la propria coda e coprendo del tutto ciò che teneva in grembo.

« tuo per sempre. »

Riaprì gli occhi
ma era già tutto nero.


di-LLQH

 
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