Oltre la Libertà
Atto I
Il vento fresco spirava leggero sul ponte della nave volante. Niente sembrava poter turbare quel momento di pace, di quiete notturna; il mondo sembrava fermo, immobile ad ascoltare il respiro del mondo che si riposa dopo una giornata di duro lavoro. In tutta quella quiete però, ci sono uomini che ancora si danno da fare, che non si danno per vinti, che continuanoa lottare per la loro libertà, per i propri principi, per le loro idee.
Sono pochi, indubbiamente, ma le pene che stanno soffrendo le loro anime equivalgono a quelle di centomila persone: sono preoccupati per dei loro simili, o almeno dovrebbero esserlo, visto che alcuni non lo danno propriamente a vedere. Caso vuole, che tutti quegli uomini siano tutti radunati sul ponte di quella nave, la quale continua a galleggiare alta nel cielo, incurante delle preoccupazioni degli uomini.
" Signori, la situazione è questa.
Tre uomini del mio equipaggio, guidati dal mio Primo Ufficiale, sono stati presi prigionieri dalla peggiore feccia che questo continente abbia mai ospitato: i Flagelli dell'Overworld, con la loro flotta. "
La voce era del capitano de Rognac, Ammiraglio della Marina Imperiale di Reuxerreille: era dura, preoccupata, e il viso tirato ne era la chiara testimonianza. Gesticolava, la fronte corrucciata tendeva a formare strane pieghe sulla sue pelle, non riusciva a trovare una sistemazione comoda: in piedi, poi seduto, nuovamente in piedi. La situazione era tragica, ma quell'ometto paffuto risultava essere parecchio esilarante per il povero Balthier.
Come al solito, non era stato capace di tirarsi indietro: non appena aveva sentito parlare di navi volanti, si era precipitato ad offrire i propri servigi alla Marina di quello strano posto. Non erano affari che lo riguardavano, ma il suo passato da Pirata del Cielo lo spingeva ogni volta ad arrampicarsi fin lassù, tra quei cieli rarefatti dove l'aria era pulita e pungente. Non sapeva esattamente a cosa stesse andando incontro: fino a quando i suoi occhi potevano ammirare quella meraviglia della tecnologia, fino a quando le sue mani potevano carezzare il legno levigato della balaustra... lui era felice!
Ed ora, nonostante in quella cabina l'aria fosse piuttosto tesa, quasi ferma ed irrespirabile, lui riusciva lo stesso ad essere felice; forse le parole del capitano arrivavano distorte ai suoi orecchi, forse la sua attenzione era tutta per l'uomo che aveva davanti. Era impossibile dirlo. Fatto sta che sul suo viso era ben stampato un sorriso ebete, impossibile da cancellare.
L'ammiraglio de Rognac, nel frattempo, continuava ad esporre i problemi che affliggevano la sua ciurma: la scomparsa di quattro dei suoi uomini - tra cui il Primo Ufficiale - lo aveva gettato in uno stato d'ansia molto preoccupante. Quegli uomini, infatti, non erano semplicemente scomparsi: erano stati catturati da una delle bande più pericolose che solcavano quei cieli. Flagelli dell'Overworld, così si facevano chiamare, una marmaglia composta dalla peggior feccia che l'intero continente avesse mai visto.
Perchè quei malandrini avessero rapito quegli uomini, non era dato loro saperlo.
L'importante era capire la grande volontà del capitano di riportare i membri del suo equipaggio sani e salvi su quella nave.
Il cecchino si limitava ad osservare: ora una grande cartina - per giunta malamente disegnata - era stata allargata sul tavolo in legno presente al centro della cartina. Piccoli spilli puntellavano quella mappa geografica in vari posizioni; torri, castelli, e piccole fortezze occupate da provvigioni facenti capo a Michel du Grammont, il bastardo a capo di quel sequestro. L'attenzione di tutti venne però catalizzata su due punti ben precisi.
" Il Castello di Nerocriso Camposanto Visconte di Malombra, una fortificazione ancora ben robusta, occupata dal capo della feccia: Michel du Grammont. "
Il dito dell'ammiraglio scivolò leggero sulla carta.
" Il Forte Rosso, un tempo sede dell'Armata di Sangue. "
La situazione iniziava a farsi più chiara e il ragazzo iniziava a capire la pericolosità della missione a cui aveva deciso di partecipare. Una scoglio tra le montagne, una fortezza inespugnabile che avrebbero dovuto assaltare in ben tre persone, tutte coadiuvate da un reietto al quale Balthier stentava a credere.
Gli era stato descritto come un pirata, anzi, un ex-pirata che aveva intrapreso la strada della redenzione; ovviamente la fiducia del cecchino nei suoi confronti era pari a zero. Lui stesso, tanto tempo prima, era stato un pirata che solcava i cieli, e sapeva benissimo che quando si nasce pirata si muore pirata. Affidarsi alle indicazioni di un tizio - che tra l'altro nemmeno conosceva - che tempo prima faceva comunella con i suoi attuali nemici... indubbiamente non era il massimo.
I suoi compagni però non sembravano nutrire i suoi stessi dubbi: loro avevano seguito passo passo il discorso del capitano, senza perdersi nemmeno una parola, dando immediatamente piena fiducia alla loro guida. Che Balthier si stesse sbagliando sul conto di quel Catrim Axenhoor? Non era di certo la prima volta a sbagliarsi su qualcuno: purtroppo per lui le prime impressioni erano state sempre molto importanti.
Poco male, se veramente avesse meritato la sua fiducia, il buon vecchio Cat se la sarebbe conquistata durante l'invasione segreta del Forte Rosso!
Il capitano smise di parlare, tutte le istruzioni erano state date, nulla più vi era da aggiungere; con un gesto della mano, invitò i quattro ad uscire dalla sua cabina. Quando la porta si aprì, la fresca aria di quei cieli investì il volto del ragazzo: alzando gli occhi al cielo, si soffermò ad ammirare le prime stelle che iniziavano a puntellare la volta celeste. Stava scendendo la notte, l'ora prestabilita sopraggiungeva veloce; inspirò profondamente.
Quella poteva tranquillamente essere l'ultima notte stellata che i suoi occhi avrebbero visto.
Si trovavano su una piattaforma dalla forma quadrata, leggermente rialzata rispetto al terreno, letteralmente a ridosso delle alte mura che circondavano la cittadella fortificata. Nascosti dietro una palizzata, i quattro avventuerieri attendevano l'ora X - le quattro del mattina - per iniziare la loro invasione silenziosa. Giunti in quel luogo, per loro ormai era impossibile ritirarsi: due erano le sole opzioni plausibili.
Scalare la ripida roccia a mani nude.
O tuffarsi nelle acque gelide del mare notturno.
Stranamente, era la prima opzione quella a suscitare maggiore approvazione: d'altronde, gettarsi in quelle fredde acque equivaleva a morte certa. La luce della luna non illuminava abbastanza da potersela cavare a nuoto, e la possibilità di sfracellarsi contro uno scoglio era particolarmente alta. Se solo ci fosse stato il sole; peccato fosse notte fonda, anzi per la precisione le quattro del mattino.
Era giunta l'ora.
Balthier smise di guardare le onde del mare infrangersi contro la banchina rocciosa, concentrandosi finalmente sul suo vero obiettivo: la parete di roccia. Era più alta di quanto il suo mento potesse sollevarsi, più ripida del fianco della montagna più alta del mondo, più liscia della pelle levigata del ragazzo con fucile. Purtroppo non vi erano altre vie, la guida era stata chiara. Scalare la cinta muraria - la prima - per poi dirigersi velocemente verso la seconda, attraversando uno stretto pontile in legno.
E poi, via! Verso la terza.
Una missione impossibile, considerato anche il numero di torce che illuminava i bastioni sopra le loro teste: fortunatamente di rumori non ve ne erano molti - forse erano tutti coperti dal rumore delle onde - ma ciò lasciava sperare che la maggior parte delle guardie fosse ormai a dormire. Il rum, forse, poteva essere la loro unica speranza, la loro salvezza. Quale guardia notturna non cede alla tentazione di un goccetto o due? Nessuna.
Con un gesto, Catrin li esortò a muoversi: il sole, lontano dietro l'orizzonte, rischiarava debolmente il mare lontano. Le stelle iniziavano a sparire, il chiarore della luna non illuminava più di tanto la zona. Il momento più propizio era giunto: sfruttando il cambio della guardia, i quattro avrebbero trionfato nella loro impresa. Si sarebbero intrufolati nel Forte senza far allarmare le guardie - il problema magari, sarebbe sopraggiunto in seguito, quando ne sarebbero dovuti uscire.
Balthier continuava a non fidarsi del loro capo: più guardava il muro che gli si parava dinanzi, più diventava scettico nei suoi confronti. Possibile che non vi fosse altra via d'accesso, magari più sicura e meno faticosa?
Gli altri due però erano fin troppo fiduciosi; il primo ad andare fu Fangorn, uno strano uomo che incuteva timore solo a stargli vicino. Non era la prima volta che un simile stato d'animo si impadroniva del cuore del ragazzo: davanti ad altre creature, all'apparenza umane, era indietreggiato spaurito. Infatti poi si rivelarono essere potenti demoni da cui stare alla larga. Che quel ragazzo fosse anch'egli uno di essi? Allora perchè non trasformarsi immediatamente e radere al suolo l'intera fortezza?
Il suo segreto doveva essere un altro.
Subito dopo di lui, il secondo compagno sembrò prendere coraggio: Zell, seppur con titubanza, si avvicinò alla cinta muraria e, lentamente, iniziò a scalarla.
Balthier rimase qualche attimo a fissare i due ragazzi appesi alla parete: sembravano delle scimmie che si arrampicavano su un albero alla ricerca di banane, solo molto meno aggraziate. Peccato che adesso fosse giunto il suo turno. La guida lo spinse in avanti, cercando di dargli coraggio: con le mani strette a pugno, si porse esattamente alla base del muro, cercando di non iniziare la scalata sotto ad uno degli altri due. In questo modo, se fossero caduti non lo avrebbero colpito; una semplice precauzione abbastanza intelligente.
La mano destra fu la prima a toccare la roccia. Fredda come il ghiaccio. Le dita si aggraparono a quei pochi appigli consentiti, poi fu la volta delle gambe. Prima la sinistra, poi la destra, si sollevarono dal terreno.
La scalata era iniziata, e subito un forte dolore attanagliò le sue mani.
Se fosse riuscito ad arrivare fino in cima, sicuramente si sarebbe ritrovato con delle ferite alle mani. Le sue bellissime, perfette mani rovinate per un coglione di grande calibro.
Borbottò qualcosa tra sè e sè durante la salita.
" Se vengo a sapere di un'altra entrata, ti faccio fare un volo da lì sopra.
Maledetto infame. "