Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Faustus' Dream ~ La mano del destino

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Lenny.
view post Posted on 23/12/2011, 11:12




Faustus' Dream ~ la mano del destino
I - Il Capodanno Rosso.


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Capodanno rosso
In quel modo la cittadina furiosa e feroce, disperata e disperante, orrida e abietta di Dorham aveva battezzato il sanguinario evento di passaggio al nuovo anno. Si trattava di un cruento spettacolo di sangue, una interminabile serie di combattenti privi di alcuna regola e di alcuna etica, organizzati in scontri singoli, a coppie, e a gruppi. Masse di curiosi provenienti da tutta Asgradel erano sulle tracce di Dorham per festeggiare il Capodanno Rosso, osservando l'avvenimento o prendendovi parte. In entrambi i casi, irrimediabilmente attratti dal suo fulcro ancestrale: una montagna d'oro e di gloria per il futuro Campione di Dorham .
Chi sarebbe stato così coraggioso o così folle da iscriversi al torneo, e affrontare una discesa agli inferi in un universo di violenza e depravazione?

I bravi cittadini di Dorham si erano messi d'impegno, quella volta. in soli tre mesi avevano messo su un lavoro encomiabile, allestito una struttura mastodontica, organizzato un evento popolare in quasi tutto il continente. E il frutto del loro lavoro si stagliava lì, imponente e minaccioso, nell'esatto centro della megalopoli.
Un enorme, colossale anfiteatro in occasione del Capodanno Rosso. Pareva una colossale medusa cava.
Fuori, un delirio strutturale a dir poco grottesco: i percorsi degli spalti in legno si dilatavano in traiettorie approssimativamente ellittiche che si torcevano, si attorcigliavano, si circolarizzavano in una qualche simmetria a troppe dimensioni.
Dentro, dimensioni dentro altre dimensioni. Uno scivolamento ineluttabile, inesorabile verso il centro dell'arena: una distesa infinita di dura sabbia delle terre del sud, in quel momento sede d'allenamento dei futuri lottatori. Il clangore delle armi riecheggiava nell'aria, metallico e distorto dal vento, accompagnato dal vociare sommesso di una dozzina di curiosi. Non vi sarebbe stata alcuna vittima tra loro: sacrifici di sangue del Capodanno Rosso dovevano attendere.

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CRAACK!
Un corvo volava sopra la città nera di Dorham da più di tre giorni e tre notti. Gracchiava sui terrazzi, strideva per le strade, osservava dal cielo, planava tra i passanti, ascoltava frammenti dei loro discorsi. Come se provasse un morboso interesse per le loro parole, come se riuscisse a comprendere.

CRAACK!
Atterrò sulle inferriate d'ingresso dell'anfiteatro, presso la sede d'iscrizione all'evento. nient'altro che un piccolo banco di legno infestato dai tarli, presieduto da un signorotto calvo e rubizzo vestito di nero. Alle sue spalle, due guardie cittadine in placca toracica e spade rugginose cercavano di darsi una qualche aria d'importanza. Accanto al tavolino, una testa di cavallo, criniera e tutto, impalata in una verga metallica. Sangue fresco ruscellava verso il basso, sul cartello in legno recante la scritta Iscrizioni partecipanti. Di fronte a quella curiosa opera d'arte, una interminabile fila a coda di serpente costituita dai futuri gladiatori scorreva lenta, mentre il signorotto seduto appuntava su una lunga lista nome e luogo di provenienza di ciascuno di loro.

CRAACK!
Il corvo inclinò la testa di lato, vagamente disgustato da quella fetida fiumana berciante.
Quella sera, un formicaio di gentaglia proveniente da ogni dove brulicava costantemente per la zona, lasciando quasi poco, soffocante spazio per camminare tra le straducole. Dorham si era tramutata in una vescica infetta di tagliagole, scommettitori, prostitute, mercanti d'armi, d'alcool e di droghe. E sovreccitati turisti, ovviamente. Presto si sarebbe tramutata in un incubo ancora più demente, un incubo rosso. I primi scontri eliminatori erano stati fissati per il mattino successivo: quella sarebbe stata la notte des folies, la vigilia di passaggio all'anno nuovo.
Inutile dire che in tutta la città l'emozione era alle stelle per i festeggiamenti. Enormi masse si erano riversate dalle viscere dell'Akerat: meglio entrare con una scorta armata, per andare in giro senza rischiare di doverla abbandonare con qualche organo in meno, o ancora peggio, in una fossa comune. C'era una soverchiante maggioranza di esseri umani, anche se non era raro incrociare qualche altra creatura. O vie di mezzo.

CRAACK!
Il corvo volò via, in un turbinare frenetico di ali nere.
Sotto di lui, la folla continuava a ribollire tra le strade labirintiche, entrava e usciva senza sosta in locali puzzolenti di traspirazione corporea e sporcizia rancida. Il più grande, il più vicino all'arena, il più affollato di tutti era certamente la Virago Nera. Per un terzo locanda, per un terzo bisca, per un terzo bordello. E squallido letamaio per tutti e tre i terzi. Al pianterreno era costituita da un solo, vastissimo antro illuminato dalla luce incerta di lanterne ad olio, che riversavano sfumature urinarie su larga parte della clientela. Di sopra, piccole camere polverose dai letti sozzi di sangue e altri umori.
Nessuno sorvegliava, nessuno arginava quel caos urlante.
Nessuno voleva farlo.
Non quella notte.

QM POINT: Benvenuti nella mia nuova quest, spero che vi piaccia e blablabla: non fate cazzate, non sparite a metà quest, non fate ritardi ingiustificati o dovrò fare il qm cattivo :8D:

Credo di essere stato abbastanza esaustivo nel descrivervi la situazione iniziale. I vostri personaggi possono trovarsi a Dorham da un bel po' di tempo o esservi giunti il giorno stesso in cui ha inizio l'avventura, ovvero la vigilia di capodanno. Nel vostro primo post potete facoltativamente descrivere come il personaggio passa la giornata: se si iscrive o meno al torneo, se prende parte agli allenamenti nell'arena, se se ne va in giro per Dorham a fare shopping o roba così. L'essenziale è che a fine post, ovvero al calar della notte, si trovi alla Virago nera, impegnato a fare quel che più gli garba. Ogni particolare non descritto nel post è a vostra discrezione, pur restando nei limiti della credibilità.

Turni liberi, 5 giorni di tempo per tutti e quattro. La scadenza è fissata per le 11.30 del 28 Dicembre.
Buon divertimento e buona fortuna :wow:


Edited by janz - 23/12/2011, 11:44
 
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view post Posted on 23/12/2011, 16:10





Era in momenti simili che Sàrkan sentiva di detestare lo stesso genere al quale apparteneva.
Gli esseri umani; creature spesso sovreccitate per poco, perverse, invadenti, irritanti, irriverenti, inutili.
E il Capodanno, specie quello Rosso, era la comunione di tutti gli aggettivi sopracitati.
Sanguinoso spettacolino da quattro soldi degno della feccia di livello più basso possibile.

I colori caldi della città ne facevano dimenticare la temperatura, ma la puzza, gli schiamazzi e le urla varie, quelle non si potevano cancellare.

Possibilmente erano passate circa sei ore da quando follemente decise di recarsi a Dorham per curiosare, per cercare una scintilla di vita ormai persa da anni, ed ogni ora, ogni minuto, la gente che affollava piazze e strade, assediando strutture e locali, andava aumentando, quasi come se si riproducesse per scissione.
Le strade erano quasi catalogabili e inseribili in una lista: quelle dei malandrini, quelle dei furfanti, quelle delle donnacce.
Tutto ciò lo orripilava e disgustava fortemente, ma ormai era lì, e, dato quel fondo d'umanità che gli rimaneva, probabilmente avrebbe assistito ai giochi del Capodanno Rosso.
Vipsinia lo seguiva, sempre silente, mimetizzandosi nella folla, nessuno la riconosceva, nessuno si meravigliava nel vedere un essere come lei.
La chiamò a sé, e lei obbediente si avvicinò.

Dovresti ammettere che però quest'atmosfera è travolgente, Sàrkan.

Senza neanche voltarsi verso di lei, prese a parlare, stizzito, come un padre severo tende a volgersi contro una proposta troppo inusuale dalla figlia.

Cosa stai dicendo? Questa marmaglia mi da il voltastomaco, credo che sarò costretto ad andarmene prima del previsto, Vipsinia.

Lei, chinando il capo, triste, ma priva della volontà di opporsi, disse d'essere d'accordo con lui.

Ma penso che passerò la notte da qualche parte, prima.

E così, quasi ad averla invocata, si trovò davanti una locanda.

Virago Nera

Un nome valeva l'altro, ma questo, almeno, attirava l'attenzione.
La porta in legno fradicia ai lati e bucherellata non auspicava di certo lusso, ma, possibilmente, era anche meglio di molte altre strutture che osavano definire "locande".
Una volta entrato, ogni dubbio ebbe l'attesa conferma; una coltre grigia di fumo aleggiava stagnante sulle teste degli astanti, l'odore era probabilmente un misto tra sigari, sigarette e vomito.
Uno spettacolo ributtante, degno d'una città simile.

A sinistra, una mezza dozzina di uomini seduti ad un tavolo, urlando come se non ci fosse un domani, tentavano di attirare qualcuno e convincerlo a scommettere con loro, promettendogli in premio una manciata di monete d'oro, ma il gioco era palesemente taroccato, anche se – data la folla attorno al tavolo – in pochi sembravano averlo intuito.
Al centro s'addensava una massa di persone tale che anche solamente intravedere cosa ci fosse rappresentava un'ardua impresa.
Mentre in un angolino si scorgeva un uomo provarci con due prostitute, fallendo persino con queste.

La scena era quasi divertente, e quasi rivoltante.
In un primo momento un uomo avvolto in un pesante impermeabile grigio gli si avvicinò con fare amichevole, ma si allontanò di gran fretta non appena vide che il Senzanome aveva già stretto la mano intorno al cuoio dell'impugnatura.

Mi auguro fortemente che questa notte passi rapidamente.



Niente spoiler riassuntivo dettagliato, al momento, visto che dettagli non ce n'è.
Mi trovo alla Virago Nera, dopo circa sei ore di free-roaming in città. Fine.
 
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view post Posted on 25/12/2011, 02:21

~ A Red Soul
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Il luogo era completamente diverso da come l'aveva immaginato. Si era aspettata una cloaca di bestie, intente a scannarsi l'una con l'altra. Immaginava grida lungo le strade, torme di adoratori di demoni e altre creature abbiette. Si era figurata tutta una serie di scenari che provenivano dalle cronache dei saccheggi durante le guerre del passato: fuoco sullo sfondo, urla dappertutto, donne violentate lungo le strade, vecchie mutilate e bambini con gli abiti strappati lasciati a piangere accanto ai cadaveri dei loro cari.
Per dirla tutta aveva viaggiato un po' con la fantasia.

Il posto era grigio e brullo, ma tutte le città dell'ovest lo erano in pieno inverno. Il grigio del cielo che incombe sul grigio della pietra che si staglia sul grigio delle strade riflettendo il grigio dei volti delle persone, un quadro cui non si sarebbe mai abituata ma che aveva già visto l'anno prima -il primo che trascorreva in pellegrinaggio lontana da casa. Inspirò l'aria fredda del mattino e si fece forza, stringendosi per quanto possibile nel mantello da viaggio che nascondeva gli abiti da miko itinerante. Non aveva piovuto, ma sentiva il soprabito nero pesante e umido come se fosse appena uscita da uno scroscio di pioggia, e iniziava a fantasticare su di un fuoco caldo per scongiurare l'eventualità di un raffreddore -ben più di una semplice seccatura nel suo caso. Voleva essere in forma, d'altronde era lì per dovere. Aveva udito storie terribili sulle ordalie che si consumavano ogni anno in quei luoghi, c'era chi parlava di un villaggio di demoni consacrati a chissà quale dio oscuro e di evocazioni dall'aldilà, leggende agghiaccianti che le avevano messo addosso foschi presagi di orrore e l'avevano spinta ad indagare. Novecentonovantanove volte su mille casi, le dicerie e le voci d'osteria erano esagerazioni oppure storielle inventate di sana pianta per diffamare posti o persone. Che la squallida e caotica sagra di paese di Dorham appartenesse a quel caso su mille, Motoko Aoyama un po' lo temeva e un po' ci sperava. Lo temeva perché era mostruoso anche solo concepire qualcosa come quello descritto dalle dicerie. Lo sperava, perché in tal caso sarebbe intervenuta e vi avrebbe posto fine personalmente con la sua spada! Non che fosse una guerrafondaia, diamine! Ma un viaggio di addestramento finalizzato a raddrizzare torti e sconfiggere il male ovunque si annidi non è un viaggio di addestramento se non si trovano torti da raddrizzare e se non si trova alcun male annidato. E negli ultimi mesi, Motoko di "mali annidati" non ne aveva trovati! In compenso aveva subito: due tentativi di aggressione, quattro tentativi di stupro, un numero variabile di tentativi di truffa che vanno dai due accertati agli otto presupposti ed era stata borseggiata cinque volte.

« Signora, la carità! »
Ci mise un paio di attimi a realizzare a chi si riferiva il sorridente bambino scalzo che le porgeva una ciotola con dentro alcune monete.
« Oh...? C-certo. »
Aprì il mantello da viaggio e portò la mano in direzione della scarsella con le monete. In quel momento qualcuno la urtò da dietro, quasi gettandola a terra.
Un gruppetto di monelli la superarono vociando, due si voltarono ridendo.
« Scusi! »
« Scusi signora!!! »
« Che modi!!! »
Sbuffò, sollevandosi in posizione eretta e ricomponendosi, contrariata.
Il piccolo mendicante era sparito nel nulla.
Anche la scarsella con le monete.


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« E' la sesta volta!!! »
Buttò giù tutto quanto con foga. Praticamente stava gridando, ma nessuno degli avventori della Virago Nera ci faceva troppo caso.
Era sera, dopotutto. Di gente ubriaca che sbraita in quel posto ce n'era parecchia.
« Come faccio a svolgere il mio dovere di Shinmei e proteggere questi luoghi
se continuano a rubarmi i soldi con cui mangio, eh??
»

« Già, già, di ladri qua attorno è pieno, eh?? »
Il giovane che l'aveva rimorchiata rise di gusto, ignorando praticamente tutto ciò che diceva e limitandosi a versarle ancora da bere, riempiendo il bicchiere fino all'orlo.
Strana ragazza, strano abbigliamento, strani occhi... straniera, sì. Però carina quanto basta. E non reggeva due bicchieri di vino speziato.
Portarsela a letto merita la paga di una giornata di lavoro in vino.
« Io non sto cercando i ladri! Mica pratico la Daito-ryu, capisci??? Insomma, anni e anni di addestramento e poi... che me ne faccio dei ladri??
Cerco i demoni!!! Demoni, capisci??? I cattivi... quelli veri. Ecco, loro. E' la Shinmei-ryu, sai?? Insomma...
»

Cattura-164

« Ti rendi conto che il mondo dove viviamo è diventato una cloaca di ladri, stupratori e assassini??? »
Veramente da che risultava a lui, lo era sempre stato. Ma perché contraddirla?
« Come ti dicevo, a casa mia si gode di uno splendido panorama, potremmo... »
« Cosa fanno quegli uomini? »
Aveva smesso di bere. Brutto segno.
Seguì il suo sguardo, in allarme per il brusco cambio di espressione nel viso di lei.
« La bisca. Scommettono per i combattimenti. »
« I combattimenti??? »

Si alzò di colpo. Con la sedia andò a sbattere contro l'avventore alle sue spalle, che aveva una servetta sulle ginocchia.
L'omone imprecò sonoramente e la ragazza per poco non cadde sul pavimento lurido.
« Permesso!! »
Lo spazio per muoversi c'era. Motoko però aveva qualche problema a schivare i tavoli che seguitavano a spostarsi da soli apparentemente senza motivo.
« Ehi, aspetta!! Dove vai?? »
Agitò goffamente una mano, come a voler scacciare un insetto.
« Grazie per la cena ed il succo d'uva! »
L'altra mano andò all'impugnatura di Shisui. La spada lunga era ancora al suo posto, per fortuna.
Gli individui che tenevano la bisca no. Tendevano a pendere sempre più a destra, fastidiosamente.
Anche il pavimento pendeva a destra. Anche Motoko.

« Ti ho detto di aspetta- »
Qualcuno le mise una mano sulla spalla. Motoko reagì d'impulso, senza nemmeno pensare. Ghermì un polso con entrambe le mani, ruotò sul bacino facendo scivolare il corpo dell'aggressore sulle proprie spalle, costringendolo a proiettarsi in avanti per poi schiantarlo al suolo premendo con il gomito sulla sua guancia. Il volteggio durò un decimo di secondo, troppo poco perché il giovane riuscisse a rendersi conto di quello che era successo. Quella notte, invece di sesso con una fanciulla dall'aria esotica, trovò una commozione celebrale e due molari rotti. Si sarebbe svegliato l'indomani, e per tutto il resto della sua vita avrebbe ricordato quel capodanno come il peggiore mai vissuto. L'Erede al casato Aoyama ci mise un minuto buono per rendersi conto di aver appena steso il benefattore che in maniera del tutto disinteressata e senza chiederle nulla in cambio le aveva offerto da mangiare e da bere quando si era ritrovata per strada senza un soldo e con la pancia vuota.
E per di più tutti quanti, là dentro, la fissavano con aria stupita.
Ma... non l'aveva fatto apposta!
Davvero...

« G... gomen!!! »
Unì le mani chiedendo simbolicamente scusa alla salma svenuta del ragazzo e si allontanò in tutta fretta facendo finta di niente
La bisca. I combattimenti. Doveva vedere... assistere con i suoi occhi.
« Per favore-- »
Disse rivolgendosi agli uomini che tenevano il banco della bisca.
« Ho sentito che ci saranno dei combattimenti... vorrei sapere, ecco, vorrei... »
Cosa? Sapere se sono in corso rituali demoniaci in modo da poter intervenire armata di spada?
« Informazioni! Voglio sapere dove si svolgono le tenzoni! »
Improvvisamente non si sentiva più tanto bene. Aveva lo stomaco un po' in subbuglio.

 
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view post Posted on 25/12/2011, 22:11
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t H e r e A r e t i M e s
T h a t w A l k F r o m Y o u
L i k e a p A s s i N g
A f t e r N o o n


g8aDc
________ ___ _____ _ _____ ___ ________

summer warmed the open window
of her honeymoon; and she chose a yard to burn
but the ground remembers her that are things that
drift away like our endless number days.





Le prime luci dell'alba si proiettavano su Dorham come altrettante lance infuocate pronte a rimbalzare sulle tegole rossastre dei tetti. Un docile venticello di ponente rinfrescava l'aria abbastanza da renderla respirabile, nonostante i pochi alberi che costeggiavano la Via dello Schiavista -che dallo Xuaraya portava fino a Dorham- fossero completamente disseccati. Il piccolo gruppo cavalcava affiancato, i cavalieri parevano non differire particolarmente l'uno dall'altro: tutti indossavano pesanti cappe nere foderate con pellicce d'orso bianco con cappucci calati sul volto, tutti in groppa a dei bai a loro volta interamente neri, tutti con degli ingombranti bagagli caricati sulle spalle e sui fianchi degli animali -che pure non erano somari. Sette figure che proseguivano lungo la strada polverosa. L'unico a differenziarsi in quella velatura oscura era l'uomo alla sinistra di quello che stava al centro della formazione e che -avanzando di un passo avanti a tutti- sembrava essere il capo. L'uomo alla sinistra, difatti, portava fra le mani una lunghissima lancia, almeno sei piedi, alla sommità della quale garriva un vessillo, rappresentante un orso nero su due zampe, in campo verde scuro. Fu proprio quest'uomo il primo a tirare le redini, ordinando all'animale di quietarsi.

« Fermiamoci qui » proclamò -e le sue parole suonarono come un ordine.
In risposta, tutto il gruppo rallentò l'andatura, voltandosi verso di lui; l'uomo al centro dello schieramento fu l'unico a caracollare fino a raggiungerlo.
« Cosa vuoi, Qhorin? » chiese l'Alfiere, mentre teneva appoggiata sulla spalla l'asta della lancia, e srotolava davanti a sé, appoggiandola sul collo dell'animale, una mappa dettagliata del continente.
« Ancora non capisco perché devi essere tu a portare lo stendardo. Sono io l'Alfiere, e tu sei il Lord. »
La pallida ombra di un sorriso attraversò le labbra esangui del Capitano de Graaff. Chiunque l'avesse conosciuto in tempi passati, avrebbe stentato a riconoscerlo: una pregiata benda di raso rosso gli copriva la cavità oculare vuota, i lunghi capelli biondi erano stati colorati d'henné e si presentavano neri, il mento era ricoperto da un'incolta barba nera anch'essa. L'unico occhio, di un azzurro più chiaro del normale, si sollevò sull'uomo che aveva posto la domanda. Se Laurens si sforzava di apparire più anziano dei suoi trentatré anni per divenire un passabile Jeor Mormont, Lord Comandante dei Guardiani della Notte, ambasciatore del Clan Goryo, dall'altra parte Qhorin era un tronco d'uomo che aveva abbondantemente superato i cinquant'anni, e per dimostrarlo aveva cicatrici ovunque e la pelle bruciata dal gelo.

Il sorriso del Demone si allargò. Gli veniva spontaneo sorridere, in quei giorni, ogni qual volta si sorprendeva a chiedersi cosa gli avrebbe fatto Qhorin -detto il Monco per via della sua menomazione alla mano destra- insieme a tutti gli altri, se avessero scoperto che quella confraternita che aveva fondato, i Guardiani della Notte, presentandosi loro con il nome di Lord Mormont, era ben lontana dal perseguire gli scopi che si era pubblicamente prefissata. Lo sguardo di Lorencillo vagò su tutti loro, esaminandoli con aria divertita: oltre al già nominato Qhorin, il gruppo era composto da Thoren Smallwood, Garth Piumagrigia, Stonesnake, Kedge Occhiobianco e Nymeria, unica donna ammessa alla confraternita fino a quel momento.
Erano un bel gruppo di assassini e tagliaborse -e lui ne era il degno comandante.

« Perché » spiegò per l'ennesima volta, arrotolando la mappa e riponendola in una delle numerose tasche interne della cappa, « mio buon amico, l'Alfiere sta sempre di fianco al Lord. Quindi se dovessero attaccarci, è a te che mireranno, non a me. »
« E se invece volessero un riscatto? » s'intromise Stonesnake, con la sua voce cupa ed il consueto ottimismo.
« Punterebbero ad uccidere la scorta e tenere in vita solo il Lord. »
Jeor Mormont scucì loro un'espressione di compatimento.
« Un Alfiere in combattimento non è particolarmente utile perché non può mai abbandonare il vessillo. Oltretutto, di solito anche gli Alfieri sono di nobili natali: perché privarsi di un secondo riscatto? »
« L'avete proprio pensata giusta, Comandante! » rise Smallwood.
« Essere il bersaglio è un onore » grugnì il Monco, voltando le spalle al gruppo.
« Un onore cui abdico volentieri. Sarà mia cura rendertelo sulla stele funebre, quando sarà il momento » proseguì imperterrito il (falso) vecchio, riprendendo in mano le briglie.
« Dove ci troviamo, mio Signore? » s'inserì Nymeria, la giovane donna dai capelli ramati che si era unita al gruppo per ultima.
« Quella è Dorham, siamo ancora al sud. Abbiamo una lunga strada da percorrere per incontrare l'Erede, ma qui potremo rifocillarci -e voi potrete divertirvi. »
Con quelle parole, il discorso poteva considerarsi chiuso. Spinse il cavallo al trotto, e si preparò ad entrare in città.

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9BdGD

Lo scampanare poteva essere avvertito in tutta la cittadina.
Erano ormai le sette di sera quando il gruppo dei corvi -così erano soprannominati, a causa del loro vestire interamente di nero, i Guardiani della Notte- entrò nella piazza principale. Le mura di case e palazzi erano tappezzate di affissioni, ad ogni angolo un diverso banditore strillava le meraviglie che Dorham aveva in serbo per quella notte speciale, per accompagnare cittadini e viandanti in un nuovo, radioso anno tinteggiato di cremisi. Con gli occhi pieni di quelle immagini e le orecchie colme fino al fastidio del rumore prodotto dalla folla che sciamava, Jeor Mormont scese da cavallo poco sotto l'insegna di quella che -a giudicare dalla quantità di clienti e dagli schiamazzi- doveva essere la più malfamata bettola del circondario.
« Ci fermeremo in città, almeno per questa notte: i cavalli hanno bisogno di riposo. »
In realtà, non aveva nessuna fretta di avanzare: non rientrava nei suoi piani abbandonare il sud prima di essersi incontrato con Morgan. Iena gli aveva garantito che avrebbe organizzato il rendez-vous in pochi giorni, e prima di avventurarsi nei territori occidentali il Demone voleva essere assolutamente certo di non avere questioni in sospeso ad attenderlo al sud.
« Ed anche noi » aggiunse, dopo una breve pausa.

« Quindi » continuò, frugandosi addosso alla ricerca di qualcosa che proprio non voleva saperne di venir fuori,
« andate a divertirvi dove preferite; non voglio rivedere le vostre brutte facce prima di domattina. Io alloggerò qui » concluse, indicando la locanda alle sue spalle. Tirò fuori -finalmente- un piccolo e tintinnante sacco di juta. Rapidamente lo mise in mano a Qhorin.
« Su, andate a divertirvi, con i migliori auguri del vostro Lord Comandante! »
« Divertirci un cazzo » grugnì il Monco, uomo rude e poco avvezzo ai salamelecchi.
« Questi qui si ubriacheranno e faranno il giro dei bordelli. E la ragazza non voglio nemmeno sapere quanti ne prenderà, stanotte. Io mi fermo qui. »
Non ebbe nemmeno il tempo di terminare il suo sproloquio, che Piumagrigia gli aveva già sfilato via la sacca con il denaro.
« Non preoccupatevi, Comandante: faremo noi buona guardia al tesoro » promise, per poi allontanarsi tirandosi dietro gli altri uomini del gruppo; perfino Nymeria, per quanto meno entusiasta, li seguì.
Osservando i cinque allontanarsi, Jeor rimuginò per qualche istante.
« Sai come andrà a finire, vero? »
« Domattina saranno ubriachi, stanchi per le scopate della notte e magari con qualche ferita da rissa, assolutamente incapaci di proseguire. »
« Ecco perché devi andare con loro: con te staranno in riga. Chi mai vorrebbe far incazzare Qhorin il Monco? »
L'uomo sputò per terra, sorridendo al suo Comandante.
« Eppure sembra che l'eventualità non ti spaventi, Vecchio Orso » berciò.
« Infatti non mi spaventa, ma ciò non vuol dire che mi interessi provare l'esperienza. Quindi ora và con loro: domani li voglio in grado di cavalcare. O forse hai altri impegni? »
Il sorriso sul volto del capo dei corvi si allargò in maniera spropositata.
« Non dirmi che vuoi iscriverti al torneo?! »
Il Monco sputò nuovamente a terra, stavolta ciò che gli uscì dalla bocca era un grumo di puro disprezzo.
« Io detesto i tornei » rispose con un sibilo, « l'unico trofeo che mi spetta sono le mie tre dita in meno. »
E con quelle parole si allontanò, raggiungendo il resto del gruppo.

Rimasto solo, Jeor Mormont si voltò, affidando i cavalli ad un ragazzo delle stalle; per buon peso gli lasciò una moneta d'argento e fece il suo ingresso nella locanda nello stesso momento in cui una ragazzina radeva al suolo un giovanotto, mandandolo lungo disteso e probabilmente privo di sensi, per poi chiedere informazioni sul torneo con la stessa veemenza -e una buona dose di faccia tosta.
Il pensiero del Vecchio Orso riguardo i tornei ed i combattimenti non era particolarmente dissimile da quello del Monco: il sangue è sempre e solo sangue, e dovrebbe uscire dal cranio dei nemici. A lui non interessava nulla della vittoria, del duello in sé, dello scontro funzionale solo a decretare il vincitore. Del vincitore se ne fotteva: era tutto il resto a divertirlo.
Con lo sguardo fisso sulla ragazzina dai tratti orientali, il Lord Comandante si affiancò al bancone, poggiando una moneta d'oro sulla sua mano.
« Patate al cartoccio e birra rossa » chiese a quella che gli sembrava una cameriera,
« e una stanza per la notte. »
Tutto sommato, quel posto gli trasmetteva una bella sensazione.


Un po' di contesto: Laurens ha ricevuto l'ordine da Iena di presentarsi al Toryu quale ambasciatore del Goryo. Di conseguenza ha intrapreso un lungo viaggio per raggiungere il Regno. Per elevarsi alla carica di dignitario, e per non lasciare scomode tracce alle sue spalle, si è 'mascherato' per l'occasione, assumendo una nuova identità, quella di Lord Jeor Mormont dell'Isola dell'Orso. Inoltre, ha preso con sé alcuni uomini (e una donna) come guardia personale, fondando una sorta di confraternita di cui si è immediatamente nominato comandante.
 
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view post Posted on 28/12/2011, 10:12







Le sue mani bianche spingevano affannosamente il muro, i suoi capelli color rame erano stretti in una morsa nei pugni di lui, il suo volto si contraeva in improvvisi spasmi di piacere. Era una delle ragazze di Booth, uno di quelli a cui rivolgersi a Dorham se si hanno gusti... particolari. Lui le aveva tutte, di ogni razza, di ogni colore e in ogni condizione e età: piccole vergini, vecchie cadenti, esperte divaolite, grasse, magre, bianche, nere, rosse, verdi, gravide, alte, basse, mutilate, da mutilare o anche cadaveri, se preferite. Insomma, Booth, a Dorham, era un piccolo genio della lampada per chiunque fosse stato disposto a pagare i sui servigi un giusto prezzo.
Quella sera aveva un incarico fuori dall'ordinario, il cliente aveva pagato in anticipo il doppio della tariffa standard per una notte intera e l'incontro sarebbe avvenuto nella periferia della città, in un quartiere particolarmente malfamato, in stamberga grigia e anonima. Quanto al cliente, di lui non si sapeva niente, solo che era disposto a pagare anche più del dovuto per poter soddisfare i propri vizi e questo era quanto le bastava, così, ingenua come una colombella, si era lanciata nelle fauci d'un lupo famelico.
Dovevano esser passate ore da quando avevano iniziato, i loro corpi febbricitanti erano ormai allo stremo e il viso di entrambi era sconvolto dallo sforzo e dall'estasi. D'un tratto lui riprese a caricare da dietro con più violenza.


Dai mammina, regalamelo...si dai, regalamelo!

D'un tratto si senti un forte botto accompagnato dal suono di qualcosa che si rompe, come un vaso di ceramica caduto al suolo. La schiena del ragazzo si protese verso l'alto simile a un serpente che si solleva sulle proprie spire e pronto all'attacco.

ooooooooh...

Con un sol gesto del braccio scaraventò il corpo della ragazza sul freddo suolo.
La guardò per un attimo sorridendo, poi si accese una sigaretta e si rivestì.
Quello che un tempo era il volto della ragazza adesso era solo una massa indistinta di carne, sangue e ossa. All'acme del suo piacere gliel'aveva ridotto così spalmandolo sul muro.

Grazie, Moby Dick.

Afferrò per le caviglie la carcassa e la trasportò sopra un robusto tavolo di legno al centro della stanza. Aprì una borsetta che teneva a tracolla e ne tirò fuori un piccolo set di coltelli e strumenti chirurgici. Si specchiò compiaciuto nello strumento prescelto, un piccolo bisturi argenteo, posò gli altri sul tavolo, parallelamente al fianco della carcassa e iniziò a incidere il pancione, tutto felice, come un bimbo che scarta i regali sotto l'albero.

Auguri Jack!

Al mattino di loro non rimasero nemmeno le ossa.

Quel ragazzo era Jack Crow, ufficiale del nero esercito, sotto le dirette dipendenze della spietata generalessa Rekla. La temibile armata che, da tempo, aveva iniziato a sedare nel sangue le insurrezioni di ribelli in mezzo mondo umano nel nome della riunificazione del clan Toryu.
Era venuto sino a Dorham solo per rilassarsi un po’, aveva pochi giorni di permesso e impiegarli per assistere al Capodanno Rosso era la migliore idea che gli fosse balzata in mente. Anche perché, già solo quella città era fra le principali capitali del regno della perdizione, come già aveva avuto modo di saggiare.

Era passato qualche giorno da Natale e dal cenone.
Jack aveva deciso di passare la serata in maniera più tranquilla del solito, per una volta. Secondo i suoi piani sarebbe stato a ubriacarsi e giocare a poker in una bettola del posto, la Virago nera. Si era preso due scotch in rapida successione e poi, con un terzo bicchiere in mano, si era accomodato a un tavolo con altri sei <i>gentiluomini<\i>. Mentre giocava con disinvoltura delle volte era infastidito dall’esplosione di qualche rissa, l’idea di finirci invischiato non lo allettava affatto, quella sera voleva solo rilassarsi…

Cinquantamila…

Chiamo.

Trecentomila!

Fold.

All-in.

Chiamo, giriamo le carte. Io ho coppia di assi…

Sette e due, davvero una mano vergognosa, non era degna nemmeno d’esser chiamata da piccolo buio dopo che nessuno aveva rilanciato, ma che ci volete fare… Jack se l’era sentita e inoltre era già chipleader, qualche cazzata se la poteva pure permettere.

Ahahahah! Sette e due?!

Flop: Donna, sette, sette. Ops…
Il tizio si alzò in piedi incredulo, se non fosse stato calvo si sarebbe iniziato a strappare i capelli dalla testa. Jack si limitò ad accennare un sorriso. Non era ancora detto niente, c’erano ancora due carte da girare e il risultato poteva ancora assumere diversi volti. Turner: Re… Il tizio iniziava a essere sempre più paonazzo. River: Due.
Qualcuno è stato scoppiato.

Full…

Quella sera la voleva passare solo rilassandosi, ma quella notte, forse, aveva un progetto diverso per lui.

 
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Lenny.
view post Posted on 28/12/2011, 12:32




Faustus' Dream ~ la mano del destino
II - La Falange di Villers


Il rapace osservava.
Silente, immobile, statuario, sentinella invivibile per il suo aspetto insignificante. Un comune corvaccio nero appollaiato sulla cornice di una delle finestre della Virago, artigli come rostri ben conficcati nel legno tarlato, becco a uncino, ali spennacchiate. Gli occhi, due globi neri, fissi sul lupanare chiassoso in corso oltre il vetro della finestra. Umani strillavano. Umani bevevano. Umani si avvinghiavano con altri umani, in un bailamme riprovevole alla vista.
Ma il corvo osservava. Senza interferire.
Era quello che doveva fare.


« Tenzoni? Ragazzina, ma di che cazzo par.. »
Le parole dell'uomo che teneva il banco si spensero in un biascicare goffo, balbettante. Anche il suo interesse per quella curiosa ragazzina era terminata. Sostituita dal terrore negli occhi, dal brivido glaciale che gli percorse la schiena, a causa di ciò che vide all'entrata della Virago. Non solo lui, anche il resto dell clientela: inchiodata, tutti quanta. Come scarafaggi investiti dal vento dei ghiacciai. Il caos di sottofondo parve arrivare dal fondo di un pozzo.

Una nuova ondata di loschi individui era entrata nella cloaca infestata della Virago Nera, accompagnata da un tintinnare metallico a dir poco inquietante. Tlin-tlin-tlin-tlin. Proveniva dagli anelli di ferro con cui tutte le loro giubbe nere erano blindate. Erano circa una trentina, con le immancabili armi al fianco: spade, mazze chiodate, asce, pistole, balestre. Milizia mercenaria. Anche se più che a militi i loro volti avevano l'aria di appartenere ad assassini, predoni, alcolizzati, stupratori, sifilitici.
Tutti, tranne l'uomo in testa al gruppo.
Per lui, armatura a piastre d'acciaio nero e alabarda da cavaliere. Cranio rasato a zero, sopracciglia marcate di un nero livido, simili a curve di metallo. E un labirinto di rughe attorno ai grigi occhi infossati, rughe sottili come ferite di pugnale. Lineamenti del viso scavati, naso adunco per un'antica frattura rimediata in chissà quale campo di battaglia.
Attorno al cavaliere si aprì un solco. Mentre i suoi uomini prendevano posto a sedere, gli altri si alzarono tutti assieme, come se avessero visto un appestato, o uno spettro. Si dileguarono. Gente che voleva solo togliersi di mezzo.
Brusii, sussurri, borbottii dominarono per quel poco tempo l'intera locanda.
« La Falange di Villers qui? »
« ..filiamo via, dannazione.. »
« ..l'orso di ferro è un diavolo, te lo dico io.. »
« ..veleno della terra.. »
« ..Montag partecipa al torneo.. »
« ..macellai.. »
« ..shhht! Sei pazzo? Può sentirti.. »

E nel locale restarono solo i nostri quattro protagonisti, più uno sparuto gruppo di clienti già ubriachi fradici o in via di esserlo, con le camicie aperte sui petti sudati e i volti stremati. E le baldracche, ovviamente.

Montag de Villers andò al bancone. Guardò l'oste. Nemmeno una parola: gli bastò ammiccare verso una delle bottiglie disposte in fila dietro l'uomo. Quello chinò profondamente il capo, in muto segno reverenziale, per poi mettergli di fronte un secchiello pieno di ghiaccio, un bicchiere più o meno pulito, e una bottiglia da un quarto di acquavite. Infine lasciò cadere una manciata di ghiaccio nel bicchiere, lo riempì raso di liquido color antracite.
L'uomo in armatura la spazzò via d'un colpo secco. Sollevò lo sguardo su un gruppo di suoi soldati seduto in un angolo. Furono loro a guardare altrove. Prese posto alla destra del Lord Comandante - al quale erano state appena servite patate e birra - per poi iniziare a bere lentamente, sistematicamente.

« Capitano? »
Uno dei soldati si avvicinò a passo deciso verso il bancone. O meglio, una soldatessa. L'unico elemento appartenente al gentil sesso nell'intera compagnia: lunghi capelli ramati grondanti cimici, spalle come un molosso, braccia piene di tatuaggi, mandibola prognata, labbra spaccate. L'occhio destro era di un curioso viola. Sul sinistro, una benda nera circondata da piaghe.
Non una donna: la pessima imitazione di una donna.
« Gli uomini di Gefferen hanno preso alloggio a due isolati da qui. Il sergente ha detto che dovevate parlarmi, capitano. »
Montag annuì lentamente. Posò il bicchiere mezzo vuoto sul bancone, per poi voltarsi verso Laurens. Nessuna insicurezza nei suoi occhi, nessuna esitazione, neanche dinanzi a un demone. Era la vicina protezione dei suoi uomini a renderlo così sicuro? O quella degli altri plotoni su cui poteva contare? Una falange di duecento elementi non era da poco. Di certo, una valida protezione contro chiunque. Anche se, da quel che si diceva in giro, l'orso di ferro non aveva mai avuto bisogno di protezione.

«Da bravo, straccione, cedi il posto alla signora. »
Voce calma, pacata. Il velo perfetto per qualsiasi minaccia.

Berserk-vol07-pag165
«E porta il tuo culo lontano da qui. »

__________

Intanto, dall'altra parte della Virago l'attenzione era incentrata esclusivamente sul gioco: gli uomini avevano formato una cerchia disordinata e chiassosa intorno al tavolo più grande. Uno dei soldati, col volto dai tanti sfregi slabbrati, la barba viscida e le vene del naso scoppiate, sfidava un altro il cui volto ricordava vagamente un grasso bulldog: triplo mento, labbra carnose simili a vermi rigonfi, naso aquilino, baffetti sottili, occhi intelligenti. Un gran mucchio di monete dalla parte del secondo soldato testimoniava l'andazzo della partita, mentre quest'ultimo armeggiava con tre bicchierini di legno e un sassolino.
«Avanti scemo, non c'è trucco non c'è inganno: dov'è il sassolino? »
«Sta un po' zitto Roth, devo concentrarmi. »
Lo sfidante scrutava pensoso i tre bicchierini - girati verso il basso - posati sul tavolo tra i due. Aveva perso la paga di mezzo mese per colpa di quel dannato grassone, e aveva la ferma intenzione di riprendersene almeno una parte.
Il silenzio calò tra gli spettatori, così concentrati sui bicchieri da non accorgersi che Roth, nell'atto di mischiare i bicchierini, aveva lasciato abilmente scivolare nella manica il sassolino, per poi recuperarlo e rimetterlo sotto il bicchierino vincente. Difatti, quando lo sfidante scelse quello di sinistra, lo trovò inspiegabilmente vuoto. Borbottò qualcosa, prima di sborsare ancora una moneta e continuare con un'altra sfida, accolta dalle risa generali e dalla ghigna beffarda di Roth.
«C'hai degli occhi dimmerda, Konrad. Non riesci manco a seguire un sassolino del cazzo! »


..osservava, senza interferire...
..era quello che doveva fare
..

C'era tenebra, nella sala centrale di RotteNhaz.
Tenebra spezzata da grappoli di candele in agonia. L'aria era opaca, sapeva di metalli rugginosi e cera liquefatta.
Lui era solo, lì dentro. Assiso su uno scranno di legno, sorseggiava del vino. A osservare.
Studiava Dorham, città prossima a divenire rossa di sangue, dove la soddisfazione di esercitare la morte, la voluttà di far del male per il piacere di farlo, andava di pari passo con un altro boccone saporito: lo spettacolo della morte. Cos'altro era quel famoso Capodanno Rosso? Un modo per distrarre il volgo dalla propria umile condizione sociale? Panem et circenses? No, nient'affatto: si trattava di vedere soffrire, di far soffrire l'anima dei deboli. Non si poteva immaginare un evento in grande stile senza esecuzioni capitali, senza supplizi e auto da fè. Senza crudeltà non vi ha luogo godimento, ecco cosa insegna la storia umana. E presto il castigo, tanto per quest'ultima quanto per quei chiassosi soldatini appena entrati nella Virago Nera, si sarebbe avvicinato alla festa. RotteNhaz era già in movimento. Vicina, molto vicina a portare nuova acqua al mulino discordante e stridente del Capodanno Rosso. Pronta a deviarlo verso una strada più giusta.

« Non imparerete mai a vendere i vostri delitti. »
Sussurrò il Beccaio, sorseggiando dal calice.
berserk-25233-2
« Non saprete mai trasformarli in sogni. »



QM POINT:Bene, innanzitutto spieghiamo un paio di cose: il corvo presente in questi due post non è altri che Corigliano, il compagno animale di Viktor, il mio caro pg. Possiede una passiva di empatia completa con il suo padrone, ed il suo compito è come avrete capito osservare quel che sta accadendo a Dorham per...beh, questo lo vedrete più tardi ò_ò
Intanto nella Virago fanno il loro ingresso una trentina soldati in giubba nera inanellata, la Falange di Villers. Dopo una descrizione della simpatica scenetta, in cui il locale si svuota, rimanete soli soletti con loro. A questo punto la parte attiva del vostro post.

Apocryphe: Come noti, la passiva di timore del tuo pg non ha alcun effetto su Montag de Villers. Interagisci con lui come meglio credi, non devo dirti nulla. Se e solo se Laurens cederà il posto senza ribattere nulla di palesemente provocatorio, potrà opzionalmente "sbloccare" la parte sottostante.
Tutti gli altri: Grazie ai vostri ReC "fuori dal comune", riuscite tutti e tre ad accorgervi del trucchetto messo in atto da Roth. A questo punto, ai vostri pg la scelta su come comportarsi: far finta di nulla, svergognare Roth davanti a tutti, avvertire Konrad o un altro dei soldati (considerate che i due continuano a giocare). Anche voi potete interagire come desiderate; ricordate però di non essere autoconclusivi.

Turni liberi, 5 giorni di tempo per tutti e quattro, ma se postate prima non mi offendo.
La scadenza è fissata per le 12.30 di Martedì 2 Gennaio. vi rimando al topic in Confronto per qualsiasi dubbio.
Oh, e auguri di buon anno :mrgreen:


Edited by Lenny. - 28/12/2011, 15:06
 
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view post Posted on 28/12/2011, 23:37





Disordinatamente, ordinatamente, lentamente, velocemente.
Tanti modi comunque inutili per descrivere in che modalità la stanza si svuotò.
Alcuni addirittura sembravano spingere, pur di allontanarsi e fare il più spazio possibile ai nuovi inquilini.
Probabilmente apparivano minacciosi a più d'uno, e questo, per Sàrkan, non era che un bene; spazio in più.
Accompagnando il ticchettio incessante dell'orologio e confondendo la voce fra il brusio generale, fece cenno a Vipsinia d'avvicinarsi, ed ella saettante sembrò quasi materializzarglisi al fianco.

Sta' attenta a questi, se la gente ha cominciato a sparire, probabilmente è a causa loro.

Era costretto a ricorrere a simili sotterfugi pur di dare sfogo alla sua umanità, vittima del suo orgoglio.
Ma quando il quadro fu abbastanza completo da definirsi chiaro, la sua attenzione fu presa, rapita, da una parte della Virago verso la quale aveva spinto lo sguardo solo pochi istanti prima d'allora.
Un altro tavolo occupato da persone che truffavano, e altre che si facevano truffare.
Ma il mondo è bello per questo; perché esistono gli stupidi.

«Avanti scemo, non c'è trucco non c'è inganno: dov'è il sassolino?»

La voce gutturale era abbastanza robusta da essere udita anche dalla sua distanza, possibilmente manteneva il tono per richiamare più persone da truffare.

«Sta un po' zitto Roth, devo concentrarmi.»

E questo tirò fuori dal viso del Senzanome un sorriso soffocato per pura forza di volontà.
Concentrarsi? Quel tizio?
Probabilmente non sapeva neanche dire quanti fossero quei tre bicchieri.

Ciò che gli serviva per vincere non era certamente la concentrazione, no.
Era più un aiuto divino. O un cervello umano.
Ad ogni tentativo l'uomo, probabilmente lottando con sé stesso per non scoppiare a ridere dinanzi tanta stupidità, lasciava scivolare il sassolino dentro la manica, e, mentre la sua attenzione era richiamata anche per un solo istante, lo posizionava nuovamente.

Per quanto effettivamente lo spettacolo lo divertisse, sentiva crescere e prendere spazio dentro di lui quella strana sensazione che puntualmente si presentava quando c'era qualcuno in difficoltà.
Quando qualcuno commetteva qualcosa di sbagliato che andava a danno altrui, e un altro qualcuno inconsciamente subiva pienamente il danno.
Cresceva, si espandeva, scuoteva il suo animo con così tanta forza da non poterlo far rimanere immobile a guardare.
Quella sensazione era tornata.
E se state pensando ch'io mi stia riferendo alla buona disposizione verso il prossimo, state concettualmente sbagliando.

Mi riferisco alla sensazione di controllo totale quando si è al cospetto di due menti inferiori, che nella loro inferiorità ingannano e si danneggiano a vicenda, e si ha la piena facoltà di capovolgere la situazione e mettere in evidenza ulteriormente la loro inferiorità.
Un po' la sensazione che pervade un abile scacchista.
Un po' la sensazione che pervade Dio, quando decide di guardare il mondo e aiutare un miserabile, e poi guardare sorridendo le spesso tristi conseguenze derivate da un aiuto immeritato.
Crudele, ingiusto, spietato, Santo.
E quest'ultimo basta a vanificare tutti gli altri aspetti.
Un qualcosa che purifica danneggiando, è d'aiuto poiché di fatto purifica.
Un uomo che uccide un malvivente è un salvatore, non un omicida.

E così, scegliendo di adottare lo strisciante animale così spesso associato a Dio, liberò dalla manica dell'impermeabile un sottile agglomerato di sostanza relativamente densa, dai colori neri e bianchi, che, addensandosi lentamente, prese a strisciare silenziosamente sino al tavolo.
Una volta caduti i bicchieri il serpente avrebbe fatto il proprio dovere, come sempre, e come sempre, l'umanità avrebbe ringraziato un Dio invisibile, dimenticando,come sempre che fu il Dio stesso ad inviare il serpente.


Una grande parafrasi/confronto fra teologia random e contesto.
Ero alquanto ispirato, e scrivere questo post mi è piaciuto, anche se in certi punti è un po' intricato, forse.
Mi auguro che sia di gradimento leggerlo.
Fondamentalmente uso l'abilità di sotto riportata per fare un serpentello bianco e nero (no, non juventino) incaricato di far cadere i bicchieri nel momento in cui sono tutti vuoti.

Richiamo Nullo: Il Vuoto ovviamente potrà essere utilizzato anche nel suo stato informe e primordiale, per difendere o per attaccare.
Sàrkan potrà creare diverse forme offensive di Vuoto, le quali, con potenza e consumo Variabili, potranno attaccare uno o più bersagli, in quel caso con potenza equipartita.
Il Vuoto lascia danni da corrosione nel caso in cui si lanci un fiotto, o danni da taglio e minori da corrosione nel caso in cui si crei una spada o una lama, o ancora da perforazione, nel caso in cui si formi una lancia, un dardo oppure una freccia.
Ovviamente le forme che il Vuoto può assumere sono infinite, ed è per questo che Sàrkan è solito utilizzarlo per difedendersi.
Spesso impiega il liquido per generare spessi e sorpendentemente solidi muri di Vuoto nero e bianco, oppure rivestire la sua pelle di quest'ultimo per difese a trecentosessanta gradi, ma in quel caso il potenziale difensivo sarà abbassato di un livello.
Consumo Utilizzato: Nullo.
 
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balancer
view post Posted on 29/12/2011, 15:18




Se per qualche motivo strano vi trovaste a giocare a poker con degli sconosciuti che, a giudicare dalle facce, sembrano proprio tizi poco raccomandabili, per di più in un luogo che non vi è strettamente famigliare, vi sconsiglio vivamente di andare a tentare lo scoppio di uno di loro da pre-flop.

Hai barato!

Stiun!
Con veemenza e fare ostile il pelato infilzò un grosso coltellaccio nel tavolo. Purtroppo non tutti sono sportivi e capaci di accettare la propria sconfitta, soprattutto quando questa avviene per una sfiga palese.
Jack lo continuò a fissare negli occhi arricciando il naso.
Era una pippa, un tagliaborse da quattro soldi, e così pure i suoi compagni che ora lasciavano scivolare lentamente le mani verso i propri strumenti di morte. L'ufficiale non ci avrebbe messo molto per ucciderli prima che loro potessero avere l'opportunità di scagliare un solo colpo, ma l'idea non lo allettava affatto, uccidere in pubblico da solo più persone è un pessimo modo per passare inosservato, e questo era l'unica cosa che voleva. Quando non sei nessuno hai più libertà, è risaputo. Quando inizi a interessare, inizi ad avere nemici, a dover star attento alle tue mosse.

D'un tratto, però, il volto paonazzo dello sconfitto divenne bianco come un lenzuolo. Fortuna.
Dentro il locare aveva fatto incursione una piccola legione di soldati in nero, gli ricordarono per un attimo la sua nuova casa, ma loro, nonostante il colore delle armature, non facevano parte della stessa famiglia di Crow... Probabilmente non erano nemmeno veri soldati, erano più simili ai gruppi di ribelli che era abituato a passar a fil di spada. Gente avvezza più ai coltelli che alle spade, alla arroganza più che alla disciplina, mercenari improvvisati.
Fra l'altro, come prevedibile, dovevano essere piuttosto violenti e suscettibili visto che al loro ingresso quattro quinti dei vecchi ospiti della Virago, compresi i compagni di tavolo di Jack, si indirizzarono di buon grado verso altri lidi.
La cosa poteva farsi interessante o pericolosa, probabilmente anche jack avrebbe fatto bene ad accomodarsi fuori ma faceva freddo e quello era il miglior locale che conosceva in città, e certo non gli andava di vagabondare senza meta, molto meglio restare al calduccio mantenendo un profilo quanto più basso possibile e osservando gli sviluppi della serata con discrezione.
Senza fissar negli occhi nessuno si guardò con discrezione attorno, per la prima volta si accorse di un buffo pennuto gracchiante appollaiato su una finestrella. Jack sorrise, chissà che sapore avrebbero avuto le sue carni se ben arrostite, sembrava abbastanza grasso per bastare come cena. Bere a stomaco vuoto fa male.
Vide un gruppo di soldati intenti a giocare alle tre campane, e si, era nel loro sangue, non riuscivano proprio a smettere di essere truffatori e lestofanti nemmeno in divisa.
Poi qualcosa attirò con maggiore interesse la sua attenzione: Uno dei più grossi del gruppo di mercenari si rivolse con fare minaccioso a uno dei pochi rimasti al loro ingresso. La cosa interessante era l'aura che quello sconosciuto emanava, un aura terribile che gli ricordava quella di Keji, suo fratello. La cosa poteva farsi estremamente interessante.
Se fosse stato una mosca si sarebbe sfregato le zampine pelose con fare sinistro, visto che non lo era si limitò a sorseggiare il suo drink lentamente.



Edited by balancer - 29/12/2011, 18:10
 
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view post Posted on 1/1/2012, 16:30
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Prese fra le mani il boccale di birra che gli porgeva una delle cameriere, poggiando rapidamente le labbra sul freddo acciaio scrostato. Non ebbe nemmeno il tempo di assaporare il primo sorso: l'ingresso di un grosso pelato fu accolto da un diffuso e sommesso mormorio.
Ad occhio e croce, quell'uomo non dimostrava più di quarant'anni; la corporatura massiccia e il cipiglio altero e tuttavia poco signorile lo riconduceva alla sua condizione: un capitano di ventura, a capo forse di qualche centinaio di spade. Laurens, sotto le spoglie di Jeor Mormont, si concesse un generoso sorriso.
"E' proprio vero: il simile riconosce il simile" pensò, sorseggiando cautamente la bevanda.
"E la feccia riconosce altra feccia, curiosamente senza mai diventarne amica."
Diede le spalle al chiacchierato nuovo venuto e iniziò a osservare il resto della sala: dove non si davano da fare a bere, gli uomini giocavano d'azzardo, mentre puttane di ogni risma sfilavano da un tavolaccio all'altro mostrando ora un seno, ora le cosce, sedendosi in braccio agli uomini e permettendogli una qualche toccatina che permettesse loro di saggiare la consistenza della mercanzia. Ogni tanto qualcuno prendeva in braccio una di quelle squinzie, portandola rapidamente nella zona adibita a bordello.

La voce che risuonò alle sue spalle lo colse di sorpresa.
« Da bravo, straccione, cedi il posto alla signora. E porta il tuo culo lontano da qui. »
Lentamente, il Vecchio Orso si voltò, riconoscendo nell'interlocutore lo stesso monumentale capitano di ventura che era entrato poco prima. Lo sguardo sbilenco del demone si posò sulla donna -e non si può dire che fosse un bel vedere.
Inarcò il sopracciglio destro in un palese quanto artefatto moto di disappunto.
Se il Capitano de Graaff non avrebbe esitato un solo istante a prendersi la vita della giovane donna e scatenare un piccolo inferno in quella locanda solo per il gusto di far casino, lo stesso non poteva dirsi di Jeor Mormont, Lord Comandante dei Guardiani della Notte.
Benché potesse contare anche lui su un gruppo di uomini, certo non aveva intenzione di mettere in pericolo le loro vite solo perché un uomo con più palle che cervello si era rivolto a lui in quei termini. Con un movimento elegante si spostò dallo sgabello, facendo cenno alla donna di accomodarsi.
« Un gentiluomo lascia sempre volentieri il posto ad una dama » chiosò,
allontanandosi mentre stringeva ancora in pugno la sua caraffa di birra.
« Inoltre confido di riuscire a trovare migliore compagnia. »

Per nulla interessato ai discorsi di quei due, attraversò la sala comune della locanda scoccando sguardi disinteressati tutto intorno. Passando di fianco ad un banchetto in cui si giocava d'azzardo, vide un baro imbrogliare con meno sapienza del necessario ed un pollo qualunque farsi abbindolare.
Osservò quasi con tono di rimprovero i volti di un altro tizio che sembrava essersi accorto del trucco, per poi procedere oltre, incurante di ciò che accadeva alle sue spalle. Mosse con passo svelto e sicuro fra la ressa fino a dove sostavano le prostitute. D'un colpo bevve quanto rimaneva della sua birra, lasciando la caraffa sul primo tavolo che gli venne a tiro. Gli passò accanto una ragazza molto giovane, non doveva avere più di sedici anni.
Indossava una gonna sbrindellata ed un corsetto nero che doveva aver visto tempi di maggior gloria sopra ad una camicia bianca scarsamente abbottonata, che lasciava intravedere due seni grandi e sodi.
Jeor Mormont per alcuni istanti scomparve, riportando in auge l'animo vero del Demone Corsaro che abbrancò la preda con un braccio, stringendola a sé e passandole lascivamente una mano sulle gambe, sollevando la gonna.
La ragazza cacciò un risolino, falso come un doblone piegato.
Il Vecchio Orso sorrise di rimando.
« Come ti chiami » chiese, a bassa voce.
« Mi chiamano tutti Jumelle » rispose la ragazza, strizzando l'occhio e sporgendosi in avanti quanto bastava per far risaltare maggiormente i seni rotondi.
« Certamente » rise il Comandante, « un nome azzeccato. »
Si guardò intorno. Nessuno dei suoi uomini era in giro, poteva pur concedersi una mezzora di divertimento.
« E quanto sarebbe il prezzo di queste gemelle? »

 
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view post Posted on 1/1/2012, 18:57

~ A Red Soul
···

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« Tenzoni? Ragazzina, ma di che cazzo par.. »
Lei in tutta risposta lo guardò malissimo.
« Prego...? »
Arricciò le labbra e corrugò la fronte, la testa abbastanza libera dall'ingombro dell'alcool da permetterle di interpretare
nel modo corretto il tono di voce sgarbato usato dall'uomo -ma non abbastanza da cogliere da subito il motivo per cui si interruppe bruscamente nel parlare.
Tentò invano di trattenere l'uomo, che invece di rispondere alla sua innocua domanda prese armi e bagagli e si dileguò come se avesse un branco di tigri fameliche alle calcagna. Motoko si guardò attorno senza capire granché, assistendo a scene analoghe un po' dappertutto. In un angolo due beoni con i nasi rossi come pomodori troppo maturi si trascinarono fuori con fin troppa fretta; un omone che doveva pesare quanto un barile di sardine fece quasi cadere a terra una donna grassa che teneva sulle ginocchia; infine vicino al bancone due giovinette prendevano a maleparole altri due avventori che incedevano a passi concitati verso l'uscita. Ma le stranezze andavano oltre: innanzitutto a scappare erano sempre uomini, lasciando ai tavoli le loro dame, che -se ne accorse colpevolmente in ritardo- erano abbigliate in maniera assai mancante e spudorata. Infine, se il suo intuito (?) funzionava ancora, tutto questo trambusto era cominciato nel momento esatto in cui avevano fatto la loro comparsa dei bruti che avevano tutta l'aria di essere una compagnia di ventura di spade al soldo, i quali sotto gli occhi sconcertati della miko si stavano appropriando con disinvoltura delle compagnie femminili rimaste ai tavoli.

Rimasta da sola, di fianco al tavolo ormai vuoto dove fino a due minuti prima c'era la bisca clandestina, tentò di fare mente locale.
Qualcosa le sfuggiva. Tutti quei dettagli dovevano essere collegati fra loro.
Era chiaro che la locanda non serviva soltanto a dare alloggio e un pasto caldo ai viaggiatori. C'erano le bische clandestine, ma erano illegali e non riusciva a credere che tutti quegli uomini di maleaffare fossero dipendenti dell'oste. Le donne, invece... si vestivano come prostitute e passavano con disinvoltura da un uomo all'altro. Questo poteva significare solo che...

...

Niente da fare. Non ci arrivava.
Lasciò perdere quell'insignificante dettaglio e la smise di guardarsi intorno come una stupida,
tornando al vero motivo per cui si trovava in quel luogo.

« Oste!! »
Soggetta ad un repentino sbalzo d'umore dovuto in parte all'alcool e in parte alla fastidiosa sensazione di essere totalmente fuori posto, chiamò l'omone dietro al banco e si incamminò verso di lui, sedendo alla rispettosa distanza di due sedie da un bestione pelato e da un tizio orbo che solo ad una seconda occhiata si rivelò essere un realtà una tizia.

sadffssss

« Dicevo... »
L'idea iniziale era quella di essere silenziosa e discreta. Di fatto risultò chiassosa e invadente.
« Sto cercando informazioni su questo fantomatico torneo su cui girano certe voci...
Sapete dirmi almeno in cosa consiste e dove si svolge???
»

 
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Lenny.
view post Posted on 2/1/2012, 19:19




Faustus' Dream ~ la mano del destino
III - RotteNhaz


tum! tum! tum!

«Avanti, si gioca ancora! »
Con un'espressione sardonica stampata in volto, Roth riprese a muovere i tre bicchierini sul tavolo, non prima d'aver fatto scivolare con destrezza il sassolino dentro la manica della giubba. E l'imbroglio messo in pratica tante volte nel corso della serata si svolse ancora tale e quale, senza nessun impedimento, nessuna interruzione da parte dei presenti.
tum! tum! tum!
Solo Roth si accorse che qualcosa non andava per il verso giusto. Sentiva qualcosa di strano nell'aria, come un tonfo sordo e cupo che si ripeteva ogni quattro, cinque secondi. Un rumore innaturale, che inspiegabilmente gli mise i brividi. Aveva la strana sensazione che andasse crescendo nel tempo, addirittura che si stesse avvicinando.

tum! tum! tum!

Le birre poggiate sui tavoli iniziarono a tremolare, a formare continue onde concentriche dal centro dei boccali verso l'esterno. Fu allora che Roth si affrettò ad ammucchiare e infilare in tasca le vincite guadagnate, per andare a parlarne con gli altri.
_______

«Niente da fare, non è proprio serata. » Borbottò Konrad, alzandosi dal tavolo. Si frugò nelle tasche in cerca di qualche spicciolo, magari qualcuno dimenticato lì prima che Roth arraffasse tutto il resto con quel maledetto giochetto dei bicchierini. Nulla, era rimasto a secco.
Cosa fare?
Beh, lo sfortunato e ingenuo Konrad era anche un rinomato donnaiolo: trovò subito di che fare. Una mora stava prendendo posto al bancone, ed era troppo attraente per non tentare l'unico colpo che quella sera poteva andargli bene.
Senza farsi tanti problemi le si accostò, squadrando da più angolature cosa la mercanzia avesse da offrire. Non che per uno come lui avesse fatto tanta differenza: se avesse avuto ancora un po' di conio l'avrebbe certamente sperperato in dolce compagnia. Ma la ragazza in questione non aveva affatto l'aria di essere una di quelle..

« ..osa consiste e dove si svolge??? »
Approfittando subito dell'occasione, Konrad decise di non perdere tempo.
«Eheh..davvero non conosci il Capodanno Rosso? » esordì, squadrando l'oste con uno sguardo che non avrebbe ammesso alcuna replica da parte sua. «Beh, è l'unica cosa per cui vale la pena mettere piede in questo schifo di città. Combattimenti quasi tutti all'ultimo sangue, parola mia. Domani vedrai, non ti voglio rovinare la sorpresa...tu ci vieni, vero? Tanto l'anfiteatro è vicinissimo, si vede anche da qui. »
Si avvicinò all'entrata, e spalancò la porta verso l'esterno. Effettivamente, a mezzo centinaio di metri, era possibile scorgere la struttura a forma di medusa cava. Si ergeva tra le baracche di Dorham come un gigante in mezzo a dei nani.
«Allora.. »
continuò Konrad rivolgendo a Motoko un sorriso di denti marci.
«..ci vieni con me, vero? »

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No, il soldato semplice Joseph Konrad non avrebbe ammirato il Capodanno Rosso in compagnia della bella Motoko. Neanche ci sarebbe andato, al Capodanno Rosso. Non sarebbe andato con nessuno da nessuna parte, non più.
Tutto ciò che restava di Konrad era un grumo di sangue scuro spalmato sul pavimento.
_______

Nessuna delle persone che si trovava in quel momento per le straducole di Dorham poté dire sinceramente se aveva visto o no, quella cosa. Videro, forse, un ambiguo alternarsi di luce e ombra nel cielo. Videro una sagoma assolutamente impossibile coprire la luna; qualcosa che non poteva esistere, che non poteva avere nome, che non poteva essere descritta, e tuttavia in quel momento era lì, nella loro città. Un incubo enorme e mostruoso, camminava schiacciando qualsiasi cosa gli capitasse davanti senza nessuna distinzione. La morte piombava giù dal cielo, causata dalle sue quattro mastodontiche zampe nere. Case, baracche, uomini. Trasformati in macerie, polvere in meno, molto meno di un battito di ciglia.

La metà orientale della Virago Nera fu annientata, letteralmente. Parte di una enorme colonna di roccia nera, una delle quattro zampe della cosa era calata giù come un pestone, risolvendo tutto in un rapidissimo istante. I cuori di diciassette sfortunati che si erano trovati in quella zona della locanda si frantumarono ad un tratto, i corpi precipitati e ridotti in poltiglia, il sangue come sbalordito di ritrovarsi in libertà all'aria aperta. I cervelli sparpagliarono i propri ricordi preziosi ai piedi dei sopravvissuti prima di morire.
Quindici prodi soldati della Falange di Villers, accompagnati all'inferno da un paio prostitute. Il loro unico errore era stato trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Lo spostamento d'aria rovesciò a terra tutti i presenti come pezzi di domino, alitandogli in faccia polvere e detriti.
Sàrkan cadde carponi proprio sulla linea di confine tra la metà della Virago devastata e quella ancora intera. Ma benché si reggesse ancora in piedi, il resto della Virago era un mezzo agglomerato pericolante; non fu un caso infatti che pochi metri sopra la sua testa una trave tranciata a metà si incrino leggermente, per poi staccarsi completamente dal soffitto. Precipitò giù quasi subito. Pochi istanti, e il cranio di Sarkàn avrebbe cessato di esistere, proprio come era successo a metà della Virago.
A pochi metri da lui, l'oste della Virago, un tizio basso e grassoccio, si contorceva a terra con le gambe spezzate sotto un'altra trave in legno. Cercava inutilmente di scostare la trave dal suo corpo, gridava aiuto col poco fiato che gli restava, ma nessuno dei presenti sembrava disposto ad aiutarlo. Forse perché troppo occupati o forse perché la trave era evidentemente troppo pesante per essere sollevata da un essere umano. O forse perché quei soldati erano pur sempre soldati della falange di Villers, e il nome diceva tutto.

Al piano soprastante non se la cavavano tanto meglio: gli scricchiolii e il crescente inclinarsi del pavimento verso il basso non lasciavano presagire nulla di buono. Metà delle colonne portanti della locanda erano letteralmente scomparse, e di lì a una manciata di secondi l'altra metà del locale sarebbe collassata su se stessa, precipitando su quella sottostante. Inutile dire che con sé si sarebbe portata le vite di tutti i presenti, compresi Lorencillo e Jumelle, che avevano appena raggiunto la camera prima che accadesse il disastro.
Montag intuì il pericolo, e dopo un paio di suoi ordini lui e i suoi uomini corsero fuori dal locale appena in tempo. Subito dopo la struttura cedette, e la metà restante della Virago Nera rovinò disastrosamente al suolo, ridotta ad un cumulo di macerie.
Contemporaneamente, i passi della cosa che li aveva schiacciati si facevano più deboli e lontani alle loro orecchie. Restarono solo i fragori delle baracche che crollavano al suolo, le urla disperate dei vivi, il murmure cupo dei morenti, e dinanzi ai loro occhi una città resa irriconoscibile da una cosa di nome RotteNhaz.

Torreggiava tra le macerie sfracellate dell'anfiteatro. Regina statuaria su un trono fatto di nodi gottosi di legno e faville di metallo infranto. Le enormi zampe erano già scomparse, conficcate nelle profondità della terra. Ciò che era visibile ricordava vagamente un mastodontico canino spezzato, per forma e aspetto.
Un nero torrione alto decine e decine di metri come un braccio titanico proteso verso la luna. Le mura di cinta maestose come una testa sopra le cime del mondo, le torri come una condanna rivolta al cielo di Dorham, i bastioni come una minaccia diretta ai suoi abitanti. Finestre a sesto acuto, mura di granito, pilastri di pietra. All'entrata, un nero portone squadrato alto oltre quindici piedi.
Tutti videro. Tutti provarono lo stesso gelo nel vedere.
Il portone era aperto.
_______

«Ai ranghi, brutti figli di puttana! Ai ranghi ho detto! »
La metà fortunata della Falange di Villers andò disponendosi su due file più o meno parallele, mentre Montag continuava ad abbaiare ordini come un mastino idrofobo. L'orso di ferro doveva capire come avesse fatto a perdere diciotto uomini in meno di un secondo. Doveva rimettere ordine tra le sue file. Doveva tagliare la gola a chi avesse causato tutta quella cagnara - un colpevole c'è sempre dietro tutto, e se non c'è lo si trova - ma prima di tutto doveva chiamare con sé gli altri centottantuno uomini. Doveva fare un sacco di cose, e il tempo non era generoso.
Distolse lo sguardo dagli uomini, per posarlo sulla fortezza nera. Fino a qualche minuto prima, lì c'era un anfiteatro. E se i suoi occhi non lo ingannavano, quella fortezza ci aveva camminato sopra, riducendolo ad un cumulo di macerie, prima di posarsi al suolo.
Doveva scoprire a chi apparteneva quel bastione. Doveva scoprire anche perché, fissando quei cancelli spalancati verso l'esterno, avvertiva la strana sensazione che quel posto lo stesse chiamando a sé, che lo stesse invitando a entrare.

«Sergente Makoved! »
La ragazza orba fece un passo avanti, schizzando sull'attenti.
«Vai a fare rapporto a Gefferen di questo scempio. Digli di preparare tutti gli uomini.. » La voce di Montag tremava di rabbia. «..per un assedio. »
Hilsa ingoiò duro.
«Un...assedio, signore? »
«Digli anche che noi saremo lì dentro. Andiamo in esplorazione. » gli occhi grigi di Montag caddero sui sopravvissuti al disastro. Da una parte i suoi soldati, ammaccati ma ancora in piedi. Dall'altra dei ragazzini, una fanciulla, il tizio che aveva fatto alzare dallo sgabello poco prima.
«Se volete potete venire con noi. Siamo più che decisi a scoprire che cazzo sta succedendo in questa città. »



QM POINT: Allora, andiamo con ordine.
Name_less, hai commesso il tuo primo, grave errore (e infatti sei stato "punito" gdr on). Infatti hai tentato di usare una tecnica variabile (e le variabili già di per sé sono abilità istantanee) elementale di difesa/offesa come una tecnica di evocazione, e questo non va bene.
Ad ogni modo, la situazione è questa: mentre vi trovate nel locale, circondati da una marea di voci e rumori, difficilmente riuscite a sentire i passi di RotteNhaz in avvicinamento, e quando li sentire è troppo tardi. Metà della struttura viene schiacciata da una delle sue gambe, così come un po' delle abitazioni di Dorham, prima che la fortezza errante si fermi laddove vi è - o meglio, vi era- l'anfiteatro. Adesso, più nello specifico:

Sakura Kyouko & Balancer: Non manca molto tempo prima che la metà restante della Virago vi crolli letteralmente a ridosso. Potete scappare subito come fanno i coraggiosi soldati della Falange, oppure aiutare l'oste intrappolato sotto la trave. Per sollevarla serve una PeRf pari a 300, oppure un dispendio energetico pari a Basso per un istantaneo power up di 25 punti alla PeRf, Medio per uno di 50, Alto per uno di 100 e Critico per uno di 200. Ovviamente potete tentare metodi di liberazione alternativi (in questo caso mandatemi la cosa via mp, e io vi scriverò cosa accade).

Name_less: Non manca molto tempo prima che la metà restante della Virago ti crolli letteralmente a ridosso. intanto, una trave precipita verticalmente sopra la tua testa, con un potenziale offensivo pari ad Alto. Affrontala come meglio credi.

Apocryphe: Non manca molto tempo prima che la parte della Virago dove vi trovate tu e la prostituta crolli letteralmente a ridosso dell'altra. Ti trovi nel piccolo monolocale della ragazza, e hai fatto appena in tempo a entrare prima che accadesse il disastro. Adesso sta alla tua inventiva un modo per salvarti - e salvare la ragazza? - prima che ti crolli il pavimento sotto i piedi. Conta che le scale sono scomparse assieme a metà del piano di sopra. Ci sono un paio di finestre rotte, e buttarsi giù da quell'altezza non significherebbe la morte - ma di certo non farebbe bene alla salute -.

Tutti: Terminate il post decidendo se andare o meno in esplorazione assieme alla Falange (avvertimento: una risposta negativa sancirebbe l'abbandono della quest). Tenete conto che osservando RotteNhaz, avvertite tutti la stessa strana sensazione provata da Montag: che la fortezza vi stia chiamando, che il portone spalancato sia un benvenuto riservato a voi, e a voi solo.

7 giorni di tempo per postare, turni liberi. Fisso la scadenza per le 11.30 di lunedì 9 Gennaio.

EDIT: sotto il secondo spoiler aggiungo una descrizione di Rottenhaz, così potete avere tutti le idee più chiare di che cosa si tratta.


† RottenHaz
~ La Fortezza dei dannati ~


di-JVRW

Dimmi una cosa, amico mio.
Danzi mai col diavolo
nel pallido plenilunio?


Fa attenzione a ciò che desideri, a ciò che la tua mente perdutamente agogna e poi vergognosamente si affanna a nascondere, poiché un giorno, quant'è vero che i miracoli accadono così come gli abomini, qualcuno potrebbe assolvere alla tua richiesta, ed estrapolare dalla tua anima tale pensiero inconfessabile, tale brama imperdonabile. Così, nell'attimo prima della fine, nel Crepuscolo di ciò che era e che mai più sarebbe stato, il Dio concesse a Viktor un Dente Spezzato, un marcio canino del ghigno sardonico cui egli, troppo a lungo, si era fatto vanto. Un moncone asciutto, scuro di umori e greve di suoni, latrante sbeffeggio alla bellezza di un sorriso, alla beltà di un Maniero.
Malgrado il tradimento, il Re Buono diede al suo bieco servitore ciò che egli più bramava, una fortezza capace di attrarre, racchiudere e non per ultimo rinchiudere la volontà del Beccaio. Una struttura con propria voce e pensieri, costantemente condannata ad errare per Asgradel e mai capace di sostare in un unico luogo. Non vi è silenzio dentro RotteNhaz, non vi è pace per coloro che malauguratamente fanno il loro ingresso attraverso i cancelli sempre spalancati, fauci bramose, e che spinti dall'inganno o dalla curiosità prendono ad aggirarsi per le sue sale buie, per i corridoi irti di arazzi e dipinti di epoche sconosciute. Senza un perché o una ragione plausibile, per loro la via sarà smarrita in un attimo, prigionieri di labirinti e vicoli ciechi della loro mente, oscuramente suggeriti dalla voce sibillina della Fortezza che tutto brama e nulla concede. Da quel momento in poi RotteNhaz sarà la loro casa e il Beccaio il loro signore e padrone. Dapprima uomini, elfi e comuni individui, i servi di Viktor smarriranno di anno in anno e sempre più il loro aspetto originario acquisendo caratteri ferini e bestiali, demoniaci o mostruosi, a seconda del suo piacere. E non un anno, non un giorno segnerà il loro volto, così che essi possano rimanere sempre giovani e forti, pronti ad assecondare in tutto e per tutto il volere più alto. Di pari passo con la mutazione fisica, anche quella mentale seguirà un graduale processo di conversione e indottrinamento: senza mai forzature od effettive imposizioni, il loro pensare verrà lentamente supportato, deviato, re-indirizzato fino a quando, inconsapevoli di tutto, essi infine smetteranno di essere ciò che erano. Creature nuove e vergini di qualunque passato, i servi di Viktor non saranno tuttavia affatto stupidi o inebetiti: come può una volontà arguta come quella del Beccaio indottrinare allievi imbelli? Essi saranno guerrieri, strateghi, spie e assassini e il solo baricentro del loro mondo sarà Viktor. Nessuno di coloro cui il processo educativo sia giunto a compimento ricorderà il proprio passato e desidererà la libertà. Solo i più giovani, gli individui appena inoltratisi nella fortezza possiederanno ancora tali brame, eppure sapranno che, nell'esatto momento in cui la soglia fu varcata, la maledizione di RotteNhaz avrà già posto su di loro un unico, inviolabile veto: senza la volontà del Padrone, chi lascia la fortezza viene sedutastante mutato in cenere. Cos'è dunque, la Fortezza? Una prigione vagante? Una reggia di dannati? Cosa impedirebbe di pensare all'Olandese Volante, nave costretta a vagare in eterno fra acque immortali? Nulla, infatti, salvo che Viktor non è prigioniero del suo dono, e costantemente può separarsi da esso e ritornarvi in un attimo, semplicemente volendolo, quasi egli possedesse il dono dell'ubiquità (utilizzabile sono gddristicamente). Unico veto, se per qualunque ragione RotteNhaz dovesse smettere di spostarsi per un intero ciclo lunare, sedutastante sotto di essa si spalancheranno gli abissi dell'inferno che la inghiottiranno e con essa, il Beccaio.In termini tecnici, Viktor ha a disposizione una fortezza semovente, il cui movimento non sarà rivendicabile al semplice levitare ma quanto più ad un autentico "prendere vita" della stessa quasi che essa, immenso animale, potesse fare delle proprie torri, mura delle zampe e gambe su cui poggiarsi per avanzare. All'interno non si avvertirà in alcun modo il movimento, avendo la piena sensazione di essere immobili. Ospiti della Fortezza saranno i servi del Beccaio, a conti fatti il suo esercito composto sia da umanoidi che da ibridi e bestie. Essi possiederanno qualunque energia si desideri, purché non superino quella del Beccaio, da gestirsi liberamente in quest e scene di vario tipo. Naturalmente, la fortezza vagherà alla ricerca di nuovi schiavi da attrarre, spostandosi vicino a centri abitati o villaggi, salvo che Viktor non le imponga un diverso percorso.

 
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view post Posted on 4/1/2012, 02:48

~ A Red Soul
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« Eheh..davvero non conosci il Capodanno Rosso? »
Volse il capo in direzione dell'uomo con un'espressione emblematica, che rispondeva alla domanda retorica meglio di molte parole.
« Beh, è l'unica cosa per cui vale la pena mettere piede in questo schifo di città. Combattimenti quasi tutti all'ultimo sangue, parola mia.
Domani vedrai, non ti voglio rovinare la sorpresa...tu ci vieni, vero? Tanto l'anfiteatro è vicinissimo, si vede anche da qui.
»
Guardò nella direzione che le veniva indicata, e si disse che dopotutto quanto diceva quello sconosciuto aveva senso. Come aveva fatto a non pensarci prima?
« Allora... »
C'era un solo problema, rimuginava: non aveva conio per pagare l'ingresso ad un anfiteatro.
« ... ci vieni con me, vero? »

« Dice davvero?! »
Si illuminò in viso, accorgendosi di avere a portata di mano la soluzione al problema.
Accidenti! Al di là del borseggio subito, quella sembrava essere davvero la sua giornata fortunata!

Fece appena in tempo a formulare quel pensiero, che l'edificio venne schiantato da un cataclisma innaturale. Sotto gli occhi sorridenti di Motoko, il soffitto venne strappato via e schiacciato al suolo, trascinando con se pietra, travi e vite umane. Rimase troppo sconvolta per reagire prontamente: tutto troppo rapido, tutto troppo improvviso, una come lei poteva anche avere riflessi sufficienti a fare qualcosa, ma di certo non aveva la testa per riuscirci. Per alcuni attimi frenetici il suo cervello riuscì a registrare solo cose irrilevanti: l'uomo era morto, altri ancora erano morti, non aveva saputo fare niente, doveva recarsi al Capodanno Rosso, doveva fare qualcosa, doveva salvare vite umane. Poi, con quella che sembrava lentezza esasperante negli attimi concitati della devastazione, infine la sua mente iniziò a tornare sui giusti binari ed a comportarsi razionalmente, smettendola di funzionare come se fossero solo gli altri a rischiare la vita, e iniziando ad allertarla sulla tutt'altro che vaga possibilità di finire lei stessa vittima della catastrofe.
Si gettò verso l'esterno, individuando un varco fra le macerie in cui si sarebbe gettata per raggiungere la sicurezza relativa della strada. Stava per farlo, ma venne come trattenuta da un'ancora invisibile formata dal puro e semplice dovere basilare di essere umano.

« Tenga duro! »
L'oste! Quell'individuo dai tratti comuni e sgraziati che nel suo piccolo mondo era soltanto una figura dietro al bancone di una brutta locanda frequentata da donnacce e basso volgo. Era vicino a lei nel momento in cui tutto quanto era successo, ed ora giaceva scompostamente sotto detriti di intonaco e una trave troppo grande per essere semplicemente sollevata. Motoko smise di pensare, corrugando la fronte in estrema concentrazione e sfoderando la spada in tre archi paralleli. Fece una smorfia di preoccupazione quando rinfoderò la potente arma cerimoniale, e come se quel gesto fosse un segnale convenuto la trave si divise in tre parti distinte, cadendo a terra con un tonfo. Ora di dimensioni abbastanza ridotte per essere spostata anche con la misera forza fisica di una ragazza appena ventenne, liberò l'oste da sotto le macerie e lo trascinò via, mentre attorno a se il caos iniziava a diradarsi facendo luce su quanto era realmente accaduto.
Sullo sfondo di Dorham, prima dominato dal cielo uggioso, sorgeva un'enorme struttura di pietra, una fortezza di dimensioni spaventose che Motoko era certa non esserci stata fino a pochi attimi prima. Svettava come un titano sulla città nera, un monolito che ispirava sensazioni di fortissima negatività, tanto intense che per accorgersi del loro aleggiare non era necessario essere portati per le discipline Shinmei della "Vera Vista", la Reishi.

Era come imbambolata, paralizzata da quell'apparizione ferale, che non si rese conto se non in colpevole ritardo che i mercenari nel frattempo si erano riorganizzati. Molti di loro avevano trovato la morte sotto le macerie della Virago Nera, ma il loro comandante non sembrava disposto a tollerare quelle perdite insensate. Era un'occasione! Un'opportunità che se perduta non si sarebbe mai più ripresentata. Doveva agire, adesso! Erano una marmaglia di mercenari, non aveva dubbio su questo, ma erano anche la forza militare più importante nei dintorni, e l'unica cui avrebbe potuto unirsi per affrontare quella malvagità soffocante che trasudava dal maniero fantasma.
Perché ad ogni costo Motoko Aoyama doveva entrare là dentro. Aveva salvato l'oste per doveri dettati dal suo essere un'umana, ma era per i suoi doveri in quanto Erede alla Divina Scuola Shinmei che avrebbe salvato il mondo intero dalla minaccia costituita da quella mostruosa roccaforte.

Cattura2-51

« Lasciatemi venire con voi! »
Il condottiero della compagnia di ventura aveva invitato i presenti a seguirlo, ma lei non si faceva illusioni: era rivolto agli uomini rimasti in vita dopo il crollo della locanda, non a lei direttamente.
Era pur sempre una donna, e per di più in giovane età, cosa che tutti quanti sembravano sempre ansiosi di rammentarle.
Che facessero pure, per stavolta, ma il suo tono non ammetteva repliche.

« Sono una sacerdotessa shinto, e appartengo ad una scuola di spada di Kyōto! »
Allargò le mani affinché tutti vedessero gli abiti che indossava, le vesti di una miko. In realtà Motoko confidava molto più in un colpo di spada potenziato
con l'ougi degli Shinmei, che non in sigilli e tecniche di purificazione, ma questo non era necessario che i mercenari lo sapessero.
Guardò ancora il portone spalancato come un invito carico di ironia, e strinse i denti.
« Giuro sul nome del mio nobile casato che non permetterò a quell'aberrazione di continuare ad esistere! »

 
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Name_Less
view post Posted on 4/1/2012, 19:47





...
Permanevano da poco eppure già ad attestare la loro condizione mentale vi erano non solo due visi gonfi come se appestati, ma anche un'attitudine a litigare – specie fra sé stessi – per motivi inesistenti.
Sàrkan tentava di mantenere la concentrazione, tentare di controllare con fermezza piramidale il piccolo serpente bianco e nero, quando il primo, grasso e gonfio di birra e cibarie, sputacchiando rimasugli vari di cibo appena ingurgitato, prese ad urlare maggiormente contro il suo "amico", tanto che l'Assente perse inesorabilmente la concentrazione e venne coinvolto come fosse uno spettacolo teatrale dalla scena.
Le mani unte di non specificati liquidi, visivamente appiccicose e continuamente utilizzate per portare altro cibo alla bocca. Si trovava alla sua destra, di fianco un uomo più calmo ma non per questo più saggio o anche semplicemente più riservato.
Continuavano a gettarsi fango addosso, utilizzando termini ed esempi meno calzanti possibili, pur di accaparrarsi – sì, perché effettivamente, dato il suo stare immobile a fissarli con occhi di vetro, ricordava più un oggetto con le tette che una donna – la bella ragazza appoggiata al muro, a pochi passi alla destra di Vipsinia.
...

Qualcosa si sentiva, un rumore sommesso, soffocato. Nessuno lo udì, nessuno sembrava averlo avvertito.
I due uomini continuavano accesamente il loro dibattito riguardo la donna, Sàrkan continuava a degnarli di uno sguardo rapido con cadenza regolare.
Vipsinia era inquieta come al solito; continuava a stritolare la manica sinistra della mantellina con la mano opposta in un ciclo ripetitivo di nervosismo inspiegabile.
Sàrkan lo notava, l'aveva sempre notato e non ne aveva mai fatto menzione.
Semplicemente limitato a chiedersi e mai a chiederle il perché.
Forse per mancanza di parole adatte, forse per mancanza di coraggio, ma sicuramente non per la mancanza dell'umanità che tanto teneva a dimostrare di non avere.
...

I rumori si fecero più intensi, qualcuno cominciò a levare le tende, Sàrkan invece rimase tranquillo a guardare la scena fra i due uomini insieme a qualcun altro che dall'altro lato della sala malcelava un sorriso divertito.
Un'altra figura, che sembrava essere quella che si stava facendo derubare dal ciccione al gioco dei sassolini, ora ci stava provando con una ragazza non distante da Vipsinia.
Parlava, parlava, parlava.
Era una scena a dir poco patetica.
Ma purtroppo Sàrkan ebbe poco tempo per guardare con aria di sufficienza dalla cima dal piedistallo sul quale si era posto. La terra tremò, sempre più forte.

...


In meno di un istante, prima che chiunque non possedesse il dono della chiaroveggenza si accorgesse della catastrofe imminente, la Virago fu letteralmente cancellata dal suolo di Dorham.
Polvere, macerie e cadaveri erano ora l'unico spettacolo visibile dalla posizione del Senzanome, il quale venne percosso con violenza mai prima avvertita da due scariche gelate di brividi pungenti.
Cadde carponi, senza nemmeno il tempo di ringraziare di essere ancora vivo.

Esitò per un solo istante, prima di volgere il suo sguardo ai resti della struttura.
Morte, ovunque. Sembrava che la Morte stessa avesse deciso di scendere su Asgradel e occuparsi personalmente di una qualche faccenda al Senzanome sconosciuta.
Il grassone che prima sbraitava volgarmente ora era quieto, interamente schiacciato dalle travi spezzate della locanda e in seguito letteralmente cancellato da ciò che sembrava essere l'arto del mostro che lo calpestò.
Le sue budella giacevano placide ricoperte da un pesante strato di polvere e schegge di legno, ancora gocciolanti.
Vipsinia non c'era, non sembrava esserci, sembrava essersi dissipata un secondo prima.
Sàrkan non sapeva che questa si trovasse a pochi passi da lui, col fiato sospeso e gli occhi in procinto di implodere.
Se solo lei avesse avuto un cuore reale, lo avrebbe sentito pulsare con violenza inaudita dentro di sé, fino a provocarle la morte, subito dopo aver provato la sensazione che una madre prova quando vede il proprio figlio coinvolto nell'epicentro del disastro.
Sentiva di stare impazzendo, sentiva per la prima volta nella sua vita il desiderio di non essere mai esistita, di essere un oggetto inanimato e pertanto preservato da questa tortura.
Rimase immobile, nell'attesa che, una volta giunta la morte di Sàrkan, anche la sua ora arrivase insieme al crollo ormai imminente dello scheletro pericolante della Virago.
Il lieto fine che si aspettava ormai con certezza non sarebbe arrivato e il libro si sarebbe concluso bruscamente, come quando lo scrittore ha fretta di terminare la storia.

I'm giving up the ghost of _____
He's the creed of my silent suffocation
I won't give up
I'm possessed by him
I want you
I'm only wanting you
And I need you
I'm only needing you


Non cedere, Vipsinia.
Non cedere.

Bittersweet.

Sàrkan non ebbe che un secondo per realizzare la sua potenziale fine e reagire di conseguenza.
La situazione era disperante e le soluzioni sembravano essere assenti, mentre l'enorme trave appuntita precipitava veemente.
Accettare la morte? Gettare la spugna in silenzio ed in altrettanto silenzio esser pianto?
No, tutto questo non era possibile.
Il concetto di negazione era assoluto, in quel caso.
Non per amor proprio, non per paura della morte, quanto per umanità. Per umana pietà nei confronti di Vipsinia che sapeva – pur cercando con tutte le forze di celarlo – essere affezionata a lui e viceversa.

La trave precipitava sentenziando morte, ormai non rimaneva che fermarla o morire.
Sfruttando quel poco di senno che sapeva di avere, vide questa impattare su una spessa patina comparsa a pochi millimetri dalla sua testa, immobile, come se fosse sempre stata lì.
Rotolò sul Vuoto e cadde alla sua destra con un tonfo sordo.

Vipsinia era voltata di spalle, e, camminando, si era già portata sull'uscio, mentre Sàrkan disperatamente vedeva le sue spalle strette voltate, trasmettenti un senso d'abbandono sconfortante.

___ __ _____ _______ _ ______


«Se volete potete venire con noi. Siamo più che decisi a scoprire che cazzo sta succedendo in questa città.»
Vipsinia li guardava, tenendosi ad una distanza di vari metri, col cuore traboccante di lacrime e neanche la forza necessaria a cercare tra i resti della Virago il corpo di Sàrkan.
Una ragazza si era già fatta avanti, attestando vari e incomprensibili meriti e titoli a lei appartenenti.

Sàrkan sfuggi alla morte per la seconda volta nell'arco di dieci secondi, quando, pochi istanti prima che l'intera locanda crollasse, varcò la soglia della salvezza.
Vipsinia non lo notò, ma udì la sua voce pronunciare chiaramente di volersi unire all'assalto alla fortezza.
Quasi non ci credette. E neanche il Senzanome stesso ci crebbe.
Respirava ancora per miracolo, e si era nuovamente gettato in una sfida potenzialmente mortale.
Questo non faceva parte della sua indole, e lo sapeva.
Era una scelta insensata, e lo sapeva.
Ma allora perché? Questa era l'unica cosa alla quale non aveva trovato risposta.
E, in effetti, neanche aveva voglia di trovarla, una risposta. Alla fine, non se ne sarebbe fatto nulla.

Vipsinia aveva ascoltato ogni sua singola parola, voltandosi immediatamente e correndo verso di lui, dimenticandosi per un istante di mantenere un basso profilo.
La felicità, a quanto pareva, era una sensazione raggiungibile solamente se si è già passati dallo stato emozionale diametralmente opposto; sentiva esplodere dentro di sé ogni tipo di benessere, ma sapeva che doveva soffocarlo. Doveva contenerlo perché lui non avrebbe approvato. Anzi, avrebbe finto di non approvare.


Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Troppo difficile da riassumere.
Energia: 100-17=83%
Status Fisico Vipsinia: Illesa
Status Psicologico Vipsinia: Anche questo seriamente complicato da riassumere.
Riassunto: Interpreto fondamentalmente tre personaggi nella zona orientale della Virago: uno solo di questi descritto, che è al centro della vicenda, una prostituto (che è l'oggetto della discussione) e un altro uomo più discreto che preferisce tacere. Per quanto riguarda il crollo, invece, Sàrkan si salva per un soffio, mentre Vipsinia inizialmente pensa addirittura di rimanere lì a morire con Sàrkan (perché sì, pensava che sarebbe morto, mi sono immaginato la scena e penso che sia più plausibile una cosa del genere.)
Infine, mentre Vipsinia è appena uscita, a passi lenti, dalla locanda, mentre sta per andarsene definitivamente da Dorham, sente la voce di Sàrkan unirsi alla missione, capisce che sta bene, e si ricongiunge a lui.
Note: Nella prima parte del post, ho notato che sembra che io citi Motoko come "quella contesta fra i due uomini", tengo a specificare che non è affatto così.
Posizione armi: Riposte entrambe.
Abilità Passive in uso: Nessuna di rilievo a parte il secondo livello del dominio, che mi permette di castare a tempo zero.
Abilità Attivate:Richiamo Nullo: Il Vuoto ovviamente potrà essere utilizzato anche nel suo stato informe e primordiale, per difendere o per attaccare.
Sàrkan potrà creare diverse forme offensive di Vuoto, le quali, con potenza e consumo Variabili, potranno attaccare uno o più bersagli, in quel caso con potenza equipartita.
Il Vuoto lascia danni da corrosione nel caso in cui si lanci un fiotto, o danni da taglio e minori da corrosione nel caso in cui si crei una spada o una lama, o ancora da perforazione, nel caso in cui si formi una lancia, un dardo oppure una freccia.
Ovviamente le forme che il Vuoto può assumere sono infinite, ed è per questo che Sàrkan è solito utilizzarlo per difedendersi.
Spesso impiega il liquido per generare spessi e sorpendentemente solidi muri di Vuoto nero e bianco, oppure rivestire la sua pelle di quest'ultimo per difese a trecentosessanta gradi, ma in quel caso il potenziale difensivo sarà abbassato di un livello.
Consumo Utilizzato: Alto (Difensivamente.)
 
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view post Posted on 9/1/2012, 00:14
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Il fremito del suolo si ripercosse sulla struttura di legno, pochi istanti prima che la fortezza errante calpestasse una buona parte della locanda. Lorencillo era appena entrato nella stanza, trascinato per la mano dalla risoluta Jumelle. Il fragore del crollo si mischiò al tripudio del pulviscolo.
Sotto le assi traballanti del pavimento, gli schiamazzi della sala comune della locanda si erano rapidamente tramutati in gorgoglii soffocati, dolorosi lamenti e invocazioni d'aiuto a cui nessuno avrebbe prestato orecchio. Sfruttando tutta la sua rapidità -per quanto azzardata potesse sembrare in un uomo apparentemente anziano, il Demone prese per un braccio la sconvolta ragazza, portandola imperiosamente di fronte ad una delle basse finestre a losanga che davano luce alla piccola stanza. La giovane prostituta, già priva del povero corsetto, esibiva il seno rigoglioso senza il minimo pudore, ben più preoccupata dai sinistri cigolii che provenivano dalle assi, capaci di minacciare un crollo che sarebbe potuto avvenire da un momento all'altro.
Jeor Mormont maledisse mentalmente la sua sfortuna, rimirando le grazie della fanciulla.

« Adesso aggrappati a me » le ordinò con risolutezza, mentre con un movimento agile le passava il braccio sinistro dietro le spalle ed il destro dietro l'incavo del ginocchio, prendendola in braccio mentre tutta la struttura continuava a scricchiolare.
« Così, da brava » continuò, mentre lei gli cingeva il collo, con in volto un'espressione stupita. Certo non capiva dove volesse andare a parare quell'attempato ribaldo: lanciarsi nel vuoto dal secondo piano di quella traballante catapecchia era pur sempre una soluzione preferibile al rimanere sommersi dai detriti, ma nella sua giovane mente non vedeva come quel suo anziano ed eroico cliente potesse sopravvivere a una cosa del genere. Ciò non di meno si piego alle richieste -come era solita fare anche in altri campi, reggendosi ben salda all'uomo che, un istante dopo, stava lanciandosi oltre la finestra aperta.

Jumelle chiuse gli occhi. Fecero un salto nel vuoto e poi...nulla.
Invece di cadere, sembravano essere fermi. Lentamente, la ragazza aprì gli occhi, guardando in basso: si stagliavano ad un'altezza di circa sei metri dal suolo, e l'anziano signore stava letteralmente camminando per aria come se gli avessero appena steso sotto i piedi il panneggio cremisi dell'imperatore. La giovane e promiscua proprietaria delle gemelle sollevò il suo sguardo ad incontrare il sorriso malizioso e sdentato del suo salvatore, che ammiccava con aria complice.
Lentamente, un passo dietro l'altro, quasi stesse scendendo una invisibile scala, il Corsaro scese fino a terra, deponendo al suolo la giovane, mentre alle sue spalle il rumore del crollo si accompagnava ad un sollevarsi di polvere che aveva dell'eccezionale.

Appena toccato il suolo, Jumelle si scostò rapidamente dal suo cliente, il volto corrucciato da un'aria improvvisamente guardinga. Eppure non accennò a fuggire.
Il Lord Comandante dei Guardiani della Notte si scrutò intorno, controllando che nessuno avesse fatto caso a loro. Sciorinò quindi un sorriso, ad uso e consumo esclusivo della giovane.
« Sei davvero molto bella Jumelle » disse, con voce arrochita, mentre le accarezzava un seno scoperto.
« Un vero peccato che io non possa usufruire dei tuoi servigi. »
Con l'amaro in bocca, aprì la bisaccia che aveva alla cintura, mettendole in mano una moneta d'argento.
« Non una parola con nessuno su quanto è accaduto » la ammonì, estraendo la cazoleta, « o tornerò indietro a prendermi il denaro -e non solo quello. »
Quindi si voltò, sparendo nella polvere.

Il suo rientro in scena fu scarsamente teatrale, ma data la situazione decise di sorvolare su quel punto.
Una fortezza nera incombeva su tutti loro, un'aberrazione che sembrava in grado di muoversi, camminare e distruggere ciò che ostacolava il suo cammino. Mentre brandiva con la mano destra la Lagrima di Pirate's Bay, non poté fare a meno di notare lo stesso enorme pelato che lo aveva scacciato in malo modo dal bancone della taverna. Sembrava si stesse accingendo a muoversi verso quello scempio che aveva preso il posto dell'anfiteatro.
Il Vecchio Orso non si fece troppe illusioni: da quell'evento non sarebbe scaturito nulla di buono.
Sperò solo che i suoi uomini, alloggiati in una delle altre locande della città, fossero ancora tutti interi. Con un sorriso si fece largo fra la folla, fino a raggiungere le prime file, in tempo per notare la curiosa ragazzina dai tratti orientali pronta a seguire l'uomo imbottito di ferro in quella perlustrazione.

Dal canto suo, il Demone non sembrava particolarmente ansioso di andare a controllare cosa stesse accadendo -Dorham era solo una piccola tappa del suo intero viaggio. Eppure, per qualche motivo che gli rimase oscuro, si ritrovò a dire -avvicinandosi al capitano mercenario:
« Spero ci sia posto anche per un vecchio straccione con il culo pesante. »


Utilizzo la pergamena 'Appoggio' per uscire illeso dal crollo, uscendo da una finestra e camminando nel vuoto -porto con me la fanciulla che a occhio e croce non dovrebbe pesare più di una cinquantina di chili.
 
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balancer
view post Posted on 9/1/2012, 18:32




Niente, non era proprio serata, stava andando tutto storto, e per di più di male in peggio. Jack aveva l'amaro in bocca davvero, quella sera non si sarebbe potuto rilassare come desiderava inizialmente, ci aveva ormai rinunciato, sperava almeno di assistere sornione a una piccola rissa ma anche quella era sfumata. Sembrava che qualche dio burlone gli volesse rovinare le vacanze, la cosa era intollerabile, soprattutto perchè non era mica un impiegato e ottenere dei giorni di permesso era cosa davvero difficile, forse avrebbe dovuto attendere per lunghi anni prima di poter tornare a starsene in panciolle, sempre che non fosse morto prima. Anche questo cosa non poi tanto improbabile.
Comunque torniamo a quella ipotetica rissa e ai motivi che l'avevano fatta morire sul nascere. Il demone, a quanto pare, era simile a Keji, il fratello di Crow, solo nell'aura. Quanto alla temperanza era ben diversa. Infatti con nonchalance aveva ignorato l'arroganza dell'energumero con un semplice ed elegante - quanto snervante -:

« Un gentiluomo lascia sempre volentieri il posto ad una dama »

Depresso come non mai pure Jack si alzò dal suo posto per indirizzarsi verso il bancone.

Mi di quella bottiglia lì

E protese il suo lungo dito affusolato verso una bottiglia di rum invecchiato con fare abbattuto.
L'oste sorrise, prese i soldi e diede la bottiglia senza pronunciare alcunché.
Crow si rigirò posando i gomiti sul bancone dietro la sua schiena, osserò per un ultimo istante la sala cercando l'intuizione che gli potesse illuminare la serata ma trovo che l'unica cosa che poteva fare era mandar giù quanto più alcool poteva in un solo colpo e iniziò a tracannare.
D'un tratto però vi fù come un terremoto, con la coda dell'occhio Jack vide qualcosa, come una sorte di enorme zampa mostruosa che con un solo pestone aveva squarciato il locale. Gli cadde di mano la bottiglia che si sfracello al suolo. Un immenso polverone di di sabbia e legno ridotto in polvere si alzò annebbiandogli la vista. Era la cosa più fottutamente strana che avesse mai visto da quando si era incarnato. Poi quella cosa se ne andò.
La mente di Jack si sforzò di non tentennare. Ovunque vi erano cadaveri e membra spappolate. La zona era pericolante, seriamente pericolante. Gran parte delle assi che sostenevano il tetto erano state distrutte dal colpo o erano precipitate, quelle quattro in croce che sostenevano il tetto della parte d'edificio in cui il demone si era fortuitamente ritrovato non avrebbero retto per molti secondi ancora.
Da dietro di sè sentì provenire un lamento, era l'oste, non era morto ma si trovava immobilizzato da delle macerie, supplicava aiuto. Se fosse dipeso da jack quello era un uomo morto ma una delle sopravvissute ne provò pieta e mostrando doti inusuali per una femmina riuscì a liberarlo e uscire appena in tempo. Jack l'osservò bene da fuori, dal sicuro. Era stato uno dei primi insieme ad alcuni soldati a svignarsela senza badare minimamente a gli altri.
Quando la vide uscire da quella trappola mortale appena in tempo sorrise, aveva trovato quella intuizione per rendere interessante quella serata, in barba al dio burlone.

Ummh... appetitoso...

I sopravvissuti erano ben pochi. Meta del numero dei soldati che erano entrati in quella che ora era una fossa comune e un pugno di altri ubriaconi, nel senso che si contavano in una mano, fra cui i due demoni, che si sà sono duri a morire.

«Se volete potete venire con noi. Siamo più che decisi a scoprire che cazzo sta succedendo in questa città. »

Che tristezza immonda. Il tizio arrogante aveva avuto il coraggio di fare una simile proposta a dei sopravvissuti? Perchè mai dei miracolati si sarebbero dovuti lanciare alla caccia insensata dell'essere che un attimo prima, con un alitata, aveva messo a repentaglio la loro vita? Forse istinti suicidi, certo, ma ci sono modi più rapidi e indolori, e indubbiamente più decorosi per farlo. Una cosa era certa, quei tizi vestiti da soldati apparivano sempre più ridicoli.
Jack chiaramente, come per l'oste, avrebbe ignorato l'implicita richiesta di soccorso senonché la dolce fanciulla, insieme a gli altri disperati aveva già accettato e Crow non poteva mandare a puttane per la terza volta i suoi piani per la serata, anche perchè questo era il più stimolante fra i tre.

Vengo anche io...

 
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