Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

I Primogeniti

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view post Posted on 20/1/2012, 11:03
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And...bla..Bla..BLA
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di-0OS9

Il fuoco ardeva calmo nel braciere, proiettando nella stanza tutt’attorno varie e danzanti ombre scure. Spiriti inquieti e silenti che di tanto in tanto, forse per gioco, parevano lambire il pallido volto di un bimbo intento nei propri giochi.
“ Ed era bella, la Dama Bianca?”

chiese improvvisamente questi volgendo il capo in direzione di un vecchio seduto poco distante, la barba ispida che bianca contornava i tratti scavati del suo volto. L’uomo sorrise piano sotto i baffi indirizzando al nipote uno sguardo insieme furbo e saggio.
“Certamente”

esitò un attimo, gli occhi che si spostavano verso sinistra come alla ricerca di un ricordo lontano. Poi sospirò, prendendo dal tavolo alla sua destra un boccale mezzo vuoto di vino.
“Più bella di qualunque donna dell’Eden e, si dice, di tutto Asgradel.”

Sbattendo una sola volta i grandi occhi da fanciullo, il bambino rimase un attimo in silenzio, poi prese fiato
“Più bella della mamma?”

di-7HDC

chiese con meraviglia, la voce che tradiva l’apprensione di sapere che qualcuna, qualcuna che non fosse stata sua madre, vantava di essere chiamata “bella”.
Il vecchio rise ancora, questa volta bonariamente mentre con semplicità allungava una mano ad accarezzare la testolina del nipote.
“Oh, no, certo che no” lo rassicurò dolcemente “ Pur Bella, nemmeno Dama Eitinel avrebbe potuto sperare di eguagliare la perfezione angelica”

“ Lusingata, padre, ma ti pregherei di non nominare più il nome della Dama a meno che io e Thomas non ci trovassimo a qualche chilometro di distanza da te”

lo redarguì proprio allora la “donna angelo” in questione, entrando con una mal assortita accozzaglia di panni umidi fra le braccia. Con un grido gioioso il bambino fu su di lei, le manine paffute che si attorcigliavano attorno all’ampia gonna in una muta richiesta d’affetto. Con un sorriso la donna continuò il proprio tragitto fino a depositare l'umidiccio carico poco distante dal fuoco. Sbuffò, portandosi entrambe le mani ai fianchi in un gesto stanco.
“ Ci sono troppe orecchie in ascolto qui nell’Eden. Sia mai che qualcuna prenda le tue parole come un invito”

Il vecchio sbuffò a sua volta “Le Storie sono fatte per essere raccontate, Erica. E raccontare significa chiamare le cose con il proprio nome” mentre parlava, la sua barba fremette come colta da brividi freddi “ Questo non le renderà certo più vere di quanto già non siano” concluse con una smorfia scontrosa che destò nel bambino uno sguardo incuriosito. Alzò gli occhi verso la madre chiamandola dopo qualche istante con un lieve strattone alle gonne
“ Eitinel tornerà?”
chiese candidamente.

Stizzita la donna allargò le braccia lungo i fianchi, rifilando all’anziano un’occhiata viperina
“ Ecco, visto? Hai per caso intenzione di insegnarli pure anche a scriverlo, questo dannatissimo nome?”
scattò mentre le sue guance si coloravano di un rosa acceso.

di-1NJU

“Forse”
fu la sorniona risposta del padre, la mano destra che si spostava dal tavolo per chiamare con un cenno il nipote. Quando questi si fu avvicinato, con l’indice disegnò un paio di riccioli sul suo petto. Qualcosa di molto simile ad una E ed una L.

“Padre!” Erica balzò alla volta del figlio afferrandolo per un braccio e trascinandolo di peso fuori dalla portata del vecchio “ Odio quando fai così! Sei…”
Ma le sue imprecazioni vennero soverchiate dalla goliardica risata del vecchio, un che di giovane che stirava i suoi lineamenti scavati, vittime certo di troppi inverni rigidi e troppe estati afose. Alternando lo sguardo dall’uno all’altro senza capire, il bimbo si passò intimidito una mano sul petto, le piccole dita che sfioravano i contorni di un suono che suo malgrado ancora faticava a comprendere. Avvertì il calore di quel ricciolo oblungo, di quelle due onde ravvicinate ed infine dell’asola stirata. Ne percepì il potere, sentendo un formicolio percorrerlo nell’istante in cui le sue labbra si arricciavano nell’istinto di un nome.
Ed infine, proprio quando la voce pareva aver trovato il senso a tutto ciò, sua madre gli diede una scrollata improvvisa al braccio, facendo sfuggire l’indice dalla N che inconsapevolmente aveva disegnato.

“ Non restare lì imbambolato, Thomas, và a chiamare tuo padre e digli che è pronto da mangiare”

frastornato, il piccolo sbattè una volta le palpebre, cercando di capire perché, fino ad un istante prima, tanto la voce di lei quanto quella del nonno parevano essere sbiadite nel silenzio. Deglutì, e l’istante dopo scappò senza una parola fuori dalla porta e nell’orto dove l’uomo di casa stava a fatica spaccando ceppi di legna per il camino. Erica scosse piano il capo, un che di cupo che ingrigiva i suoi lineamenti tutt’altro che perfetti. Forse un tempo era stata bella, ma ora la stanchezza e la durezza della vita avevano inspessito i tratti del suo volto trasformando zigomi alti e mento sottile in ruvide cortecce d’albero.

“ Non raccontare più queste storie a Thomas. Mi fanno paura”
bisbigliò lentamente, la fragilità nella voce che le tremava assieme al mestolo fra le dita. L’anziano sospirò piano, la tranquillità senile che in quella addolciva di un poco i suoi tratti ossuti.
“Prometto di non raccontare ma più a Thomas nulla riguardo che riguardi Eitinel o il Sorya”

acconsentì con un mezzo sorriso, il capo che si piegava mentre d’un fiato terminava il boccale di vino
“Almeno fino a quando non sarà impossibile evitarlo”
concluse alzandosi faticosamente dalla sedia. Sotto lo sguardo sbigottito della figlia attraversò l’intera stanza per poi chiudersi la porta delle camere da letto alle spalle.
Per un attimo, la donna rimase in silenzio, il mestolo fra le dita ed immobile, come in attesa che l’anziano se ne sbucasse da un momento all’altro dall'angolo della porta aggiungendo ancora qualcosa a quella sua ultima enigmatica frase.
Ma quando fu certo che egli non sarebbe tornato, Erica scosse piano le spalle ed intonando un allegro motivetto riprese a cucinare.

di-3OYX


Fuori, la pioggia. Il lento scroscio di gocce un poco gelide, un poco nivee. Perle grigie che unite nel silenzio parevano capaci di avvolgere ogni cosa in un gelido manto, uno scivoloso tramestio.
Faceva sempre freddo, nell'Eden, come se ogni cosa, ogni luogo, fosse sempre avvolto in un torpore sommesso, congiunto.
Un sogno cosciente, vile parodia di quell'incubo cui alcun suo abitante dalla caduta di Velta era stato in grado di soccombere. Dormire, si. Riposare, certo. Ma mai, mai sognare.
Solo buio ed oscurità, vacue luci senza consistenza.
Poiché solo alcuni mesi erano passati dalla scomparsa di Eitinel, ma nessuno da che essa con sé aveva rubato la capacità di immaginare una realtà migliore di quella effettiva.
Con me l'Oscurità. Con me l'Oblio.
E nella profezia della Fine, ella non aveva regalato che questo a coloro che a lei erano sopravvissuti: un mondo di luce, di verità ma senza alcun più accenno di magia, di fantasia. Senza immaginazione. Così, vuote di tutto, le ultime tracce di creatività non poterono che concentrarsi su di lei, Ultima Creatura Sognatrice, e sul suo Clan, inghiottito per medesima crudeltà nel silenzio. Entrambi temuti, entrambi agognati come incognita promessa di un ritorno al Sonno.
Poiché è nel Sorya che ella ha nascosto il Sogno. Dicevano in molti. E' li, proprio sotto le fondamenta della vecchia Torre, come un cuore in gabbia sorvegliato da quei suoi abominii senza volto.
Le Voci. Li chiamavano. Benchè in realtà la voce fosse davvero l'ultima cosa che avrebbe potuto rappresentare quelle ombre silenti, mai viste e avvertire ma solo ipotizzate. Come Freddo al giungere dell'inverno. Come paura nel sopravvenire dell'Ignoto.
Così come tutto ciò che ricordava Eitinel e il suo Clan, essi erano, eppure, incomprensibilmente, non esistevano.
Che insieme al sogno La Dama Bianca avesse preso con sé anche tutti i suoi fedeli servitori? I suoi silenziosi adepti?
Oppure Sorya era il nome di quel ragazzo, di quel giovane senza padre e madre all'angolo della strada? O di quella fanciulla cheta intenta ad intrecciare ceste di vimini? O di quell'uomo, di quel vecchio fino a pochi istanti prima giocoso ed ora chino sul bordo di un letto, le mani callose strette attorno al volto corrugato?

Pochi mesi dalla fine del mondo. Ma quanto, davvero, dalla fine del Clan Insonne?


Ed ecco qua l'inzio^^
E' trascorso meno che un anno dalla caduta del Sorya e di Velta e tutto l'Eden si ritrova a dover fare a meno della capacità di sognare e del Clan poiché entrambi paiono essersi volatilizzati nel nulla. Al contrario, nuove ed inquietanti presenze sembrano essersi liberate per tutto l'Eden benché alcuno abbia mai visto effettivamente le loro sembianze. Per fare un raffronto, è un po' come la sensazione che ci sia qualcuno in casa quando si è da soli. Nella realtà non c'è nessuno, ma distintamente si sentono i passi, i movimenti etc...
I membri del Clan in realtà non sono scomparsi e anzi stanno facendo di tutto per ricostruire il Sorya andato letteralmente distrutto. Nel frattempo mantengono il segreto per evitare i curiosi e i nemici. Così, in breve, iL Sorya è stato nuovamente avvolto da un'aura di mistero e superstizione. Importante: nemmeno i membri del clan possono più sognare e, anzi, per loro addormentarsi significa addentrarsi in una sensazione di dormiveglia abbastanza frustrante quasi che tutti da un momento all'altro debbano essere svegliati da qualcosa di "importantissimo " o "pericolosissimo". All'interno, il Sorya si presenta abbastanza distrutto, privo del Gorgo ma contornato dal crescere di rampicanti e piante anomale (hanno assorbito l'oscurità del Gorgo, quindi è un po' come avere delle piante corrotte^___^). Nel centro, Velta non c'è più, e al suo posto rimane come uno specchio nero, un bacino oscuro ancora inviolabile da qualunque influenza esterna. E' liquido, per cui sfiorandolo la superficie si perturba, ma solo osando farlo si viene colti come da una sensazione di Oblio e Debolezza. E' un luogo sacro per il Sorya.
Bene, queste le premesse. Se ho dimenticato qualcosa non preoccupatevi di chiedere.
Il primo post non è altro che una possibilità lasciata a tutti voi di descrivere questi famosi mesi di "nulla" in cui tutto è perduto e si tenta di ricostruirlo. Chi più chi meno infatti non ha ancora avuto la possibilità di approcciarsi alla nuova ambientazione, quindi un incipit di questo tipo potrebbe fare comodo. Ciò che serve è la descrizione dei mesi ( da voi liberamente gestibile) ed in particolare dell'ultimo giorno vissuto dai vostri pg che si concluderà necessariamente con l'addormentarsi nelle ultime ore della sera. Il luogo dovrà essere il Sorya o almeno i luoghi ad esso antistanti come Matkara. Non più in là.

Tempi di risposta: 5 giorni. 3 giorni di proroga.
Ritardi: Eventuali ritardi nel postare verranno puniti con l'esclusione della quest. La giustificazione verrà fornita On-Gdr senza però l'utilizzo del Pk. Ricordate: condizioni favorevoli non vogliono dire atteggiamento favorevole nei confronti di chi minerà con le sue azioni la prosecuzione della quest. Come si suol dire: Dio perdona, io no. Hanzo, ovviamente, è escluso fino al 24 da questo imperioso monito.^__^

 
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view post Posted on 20/1/2012, 17:43
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Non ci furono urli, non ci furono sospiri.
Non ci fu nulla, neppure pensieri, mentre
cadeva nel vuoto.

-



[Intermezzo del sogno primo.]
Capitolo primo, liquido oscuro.



7SFRq


il
Vuoto irreale.
la caduta nella follia.

Eitinel era sparita.
Gliel'avevano detto, non l'aveva mai più trovata. Né ne aveva più sentito parlare; dov'era finita, non si sapeva. Né il suo corpo, né la sua anima, soprattutto. Non c'era, non riusciva a percepirla - ogni altra persona che avesse conosciuto, ogni altra persona esistente riusciva a trovarla, ma non lei. Non LEI. Chiuse gli occhi. La cercò, ancora, un'ultima volta, ma senza successo. Era sparita, volatilizzata nel nulla. Insieme all'immensa torre, la colonna portante del Sorya stesso. Velta. Dov'era iniziato e finito tutto. Ma non c'era lei, LEI. Lei mancava. Mancava il tramite con cui la dea l'aveva condannato all'oblio. Mancava la dea stessa - e perciò, ogni speranza di vana vendett- no, mero palliativo, tenue bagliore nell'oscuro, breve e piccolo lampo di luce contro un'oscurità troppo grande, troppo buia.
Le sue braccia furono percorse da brividi.
Lo sapeva, il senzavita. Lo sapeva, che a nulla sarebbe comunque valso provare ad uccidere Eitinel. Non ce l'avrebbe mai fatta. Ma soprattutto, non avrebbe mai potuto: nessuno poteva infrangere la catena con cui egli era stato imprigionato da lei stessa,
(né aiutare a farlo lo sapeva era solo per sempre)
nell'oblio, nell'oscurità di un eterno mondo,

fuori dalla vita,
« fuori dalla morte. »

Le labbra emisero un lieve sussurro, troppo tenue e infimo per essere udito da qualcuno. Non c'era pur nessuno, lì intorno. Notte, giorno; cos'era, in realtà? Non lo sapeva. I suoi sensi erano stati annebbiati, i suoi occhi accecati dall'abnegazione in cui era sprofondato, in se stesso. Era buio, grigio e nulla, quello che vedeva davanti a sé. Solo, poteva sapere e conoscere. Sapere cosa si trovasse intorno, conoscere ben più a fondo le anime degli individui di quanto essi non conoscessero, addirittura, se stessi. Sorrise. Era bello, pur vivere attraverso gli altri.
Morire attraverso i loro sogni.
...
Era dolce, in fondo.
E l'oscuro liquido lo sapeva.

-
plic plic.

eterno oblio
(immortale nella mente)
per colui che ha osato
sacrificare la vita
(lascialo andare)
per la rinascita

u o s h.

... nulla.

-

Né vita né morte,
solo esistenza.

I giorni si susseguono, il mentre va avanti, tale e quale al prima e al dopo. Rimane seduto il senzavita, gambe rannicchiate, adagiato ai piedi dell'immenso lago oscuro che ha preso il posto della Torre. Sfiora con il dorso della mani il nero
l i q u i d o
che si muove, si modella. E' dolce l'oblio. E' dolce l'annebbiamento dei sensi, così aumentato. Sorride il dannato. Sorride, sa che tutto ciò che gli resta è oblio, nero come le acque del lago crudele. E' l'ultimo dono della torre per lui. Qualcosa che ci si identifichi, qualcosa che lo curi. Qualcosa che possa essere considerato, in fondo, un regalo, nel bene o nel male. E le giornate passano, mentre il suo corpo ha trovato l'essenza della sua eternità. Mentre le sue mani si oscurano, velo di pace, mentre, sfiorando il liquido, la sua mente diviene debole ma non dorme, il suo corpo si intorpidisce ma non cade, la sua anima mantiene la perenne eternità. Ne ha quasi paura. Ne avrebbe, se potesse anche solo percepirla. Così non è.

Annega in me, vuole dire all'oscurità. Immergimi nel dolce buio, per sempre, che già mi appartiene, vuole dire al liquido.
Uccidimi,
ciò che vuole pronunciare.
...ma non lo farà. Non usciranno parole dirette all'immota superficie, specchio del nuovo regno. Egli non riesce a parlarle, egli non può riuscirci. Ma l'essenza sa. Ella sente, può sentire.
e..
L'essenza sussurra.

qA1bx

fragile
Sussurro di morte?

-

Eitinel è sparita, con lei ogni senso alla sua propria esistenza.
Sì alzò da dove si trovava. Si voltò, camminò in avanti. Si fermò. Si voltò ancora, nell'osservare il lago. Lo chiamava. Ma gli dava fastidio. Smettila. Gli dava fastidio, il lago era lì davanti eppure non lo lasciava stare. Era tutto sbiadito. Si avvicinò di nuovo. I contorni erano irreali. Non era per nulla reale, proprio per niente. Non stava dormendo. Sì? Quasi. Non riusciva più a sognare, da tempo. Era colpa del lago. Non lo lasciava dormire. Lo chiamava, gli sussurrava. Lo svegliava. Basta, lasciami.
(ma è dolce, è dolce)
Vide bianco. Vide sfocato. I colori cambiavano. Sbandò, cadde verso destra. Voleva andare. Sorrise. Era bello. Era bello. Lo chiamava, doveva andare, era il suo ultimo dono. Sì, sì. Doveva finalmente andare. Era l'ora. Aveva soggiornato abbastanza nell'intermezzo. Era ora di oltrepassare la soglia. Di divenire un tutt'uno con il nulla.
Immerse un piede, una gamba nel lago. Era debole, era oscuro, era oblio, era dolce. Sapeva di doverlo fare. Era il cancello. Era un luogo sacro. Era il portale e l'oggettivazione del male, ultimo lascito della Dama. Era per lui, era per lui. Le labbra si ammorbidirono, così come i suoi lineamenti. Le sue braccia si lasciavano andare, le sue gambe iniziavano a cedere. Le sue pupille scomparvero, così come le sue iridi
(o non c'erano da tempo?)
mentre il volto diveniva una maschera di follia.
Non controllava più il suo corpo, era un obliato. Quell'oblio che trovava era per lui, lui solamente. Un ultimo addio. Un addio, e un saluto. Iniziava a cedere, era il momento. Piegò la testa in avanti, nell'ultimo eterno sforzo. Ultimo tentativo, da non fallire.
Foglia accartocciata al fuoco.
Una risata lontana.
Un brivido.
Freddo.
Azzurro e grigio.

Vi si abbandonò dentro, prima di perdere totalmente i sensi.
Prima che il buio si impadronisse totalmente di lui.
...
Cadde nel vuoto.






hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 100%

Attive utilizzate nel turno. »

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Ho scelto di considerare il tempo passato negli ultimi mesi, escludendo il post-quest Anarchy per ovvi motivi (non è ancora finita e non so i suoi sviluppi, e le conseguenze che avranno sul pg x'D), praticamente sempre fermo davanti al lago, divenuto per Hocrag una specie di santuario. In esso non trova propriamente pace, ma almeno la perdita di Eitinel - e conseguentemente la perdita di un senso, ancora una volta - non lo sconvolgono, perché cullato dall'oblio dei sensi, cosa che gli dona il lago oscuro. Dopo un po' di tempo, quindi, decide che è il momento di scoprire cosa Eitinel ha lasciato per lui (essendo il lago comparso dopo la scomparsa di Eitinel e della Torre, pensa che è un ultimo dono di quest'ultima - ad Hocrag stesso, poiché in fondo così simili, lui e il lago) e ci si immerge. Chiaramente, a questo punto, la forza dell'oblio è tale da fargli perdere i sensi. Il "Cade nel vuoto" si può interpretare in molti modi, in primis nel vuoto e nell'oblio della sua anima. Il tempo nello scritto non è propriamente lineare, volutamente; nello stato in cui si trova Hocrag, nulla ha più un chiaro senso logico.
Musiche di AdrianvonZiegler.


 
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Esiziale
view post Posted on 21/1/2012, 15:25






Booom. Un' esplosione eclatante, seguita da un ruggito. Booom. Poi un raschiare sordo, fastidioso, come di metallo a contatto con la fredda pietra. Il passo, prima incerto, si trasformò rapidamente in corsa, un piede innanzi all'altro. Uno scalpiccio fragile, tenero piede di fanciulla, amplificato cento, mille volte, fino a mutarsi nel marciare compatto di un esercito di opliti valorosi sulle tracce di un nemico codardo, abbandonatosi alla ritirata.
Monumentale.

Ritornare nell'Eden, afferrare per i capelli Lanhai ed obbligarlo a rivelarle come tornare a casa. Piano semplice, lineare, partorito più per disperazione che altro, fioca fiammella alimentata dalla Speranza, fondata sul nulla. Destinata a risolversi in nulla.
Quell'incubo orrendo doveva finire, sorrise, fiduciosa, dopo tempo: sì, sarebbe ritornata a casa, finalmente.

Un mese. Un mese dall'arrivo di Spencer A. Johnson sul piano di realtà parallelo chiamato Asgradel. Una realtà cruda, devastata da una sanguinosa guerra fratricida, senza vincitori né vinti. Cumuli di macerie: l'unico ricordo tangibile di città e maestose roccaforti, lussureggiante terra rossa, intrisa da sangue patrio. Vi affiorano le ossa degli eroi che gli aratri curvi spezzano, erbe profumate che cercano di nascondere lo scempio. Di mantenere il segreto di un orrore.

Ne colse l'ombra, proiettata nel verde, un barlume sfuggente di un argento opaco, mescolato all'azzurro del cielo della sera. Neppure un battito di ciglia. Eppure era sicura, sicura di averlo visto e gli arti ripresero vigore, una scarica di adrenalina sconvolgente al pensiero di poter – infine – comprendere.

Le foreste intricate dell' Eden si innalzavano verso il cielo plumbeo, come mani mostruose tese a straziare il cielo. Una terra malevole e crudele.
A casa. Io devo tornare a casa.
Parole di conforto che a poco servivano d'innanzi alle propaggini di foreste oscure ed impenetrabili. Velta – o quello che ne rimaneva – si trovava al centro di quella regione aspra, malinconica.
Sì, era quella la strada per casa.

Pochi, i canti che narravano della Distruzione. E' un argomento proibito, i ricordi ancora vivi tormentano le menti degli abitanti di quelle terre. L'odore del dolore e della paura si percepiscono ancora nell'aria, insieme a quello della morte, fetore immondo e soffocante.
Spencer ne conosceva poco, quasi nulla: sussurri, dettagli buttati lì casualmente, pezzi di discorsi.
Per lei la Guerra del Crepuscolo non era avvenuta.
Per lei Sorya rimaneva solo un nome, vuoto di significato.


Non avrebbe saputo dire quando era iniziato, quando aveva iniziato ad inseguire l'Ombra della sua ossessione, del proprio tormento: la causa di tutto ciò. Il Miraggio l' aveva portata ad inoltrarsi nelle terre del Sorya, senza che lei neppure se ne accorgesse. Occhi malevoli di creature senza nome la fissavano perdersi fra le spire intricate di luoghi maledetti, sulle tracce del suo Sogno.
Era sfinita, ogni muscolo implorava pietà. Riposo. Ristoro.
Un altro ruggito si alzò nell'aria, vibrante, doloroso. Una sfida diretta a lei e a nessun altro, inghiottì l'aria pungente di quel tardo pomeriggio di un giorno qualunque.
Ancora pochi metri, pochi passi e si sarebbe trovata d'innanzi a lui, il colpevole.
A lui, il suo Drago.
Coda d'argento, occhi di brace.
Era stato lui a portarla lì, ad obbligarla a vivere quell'incubo orrendo. Ed ora – sempre lui – l'avrebbe riportata a casa.

Un lago di pece. Silenzio.
Speranza che muore, agonia atroce.
Dolore che muta in rabbia, sorda.
Il grande inganno è stato portato a compimento, infine.
Il sipario si alza, nessuno applaude. Tu rimani sola al centro della scena, ridicola imitazione di eroina: sgraziata, incompleta, sola. Personaggio secondario della tua stessa vita. E' finita.
Un inchino al gentile pubblico: cadi nella polvere sulle rive di quello specchio di ossidiana.
Il velo di Maya: scivolò in un grigio dormiveglia.

Bentornata, Spencer.
Ora sei a casa.


HomeComing



This is Spencer! (Homecoming)

Condizioni Fisiche: Ottimali.
Energia Nerd: cento percento.
Capacità Nerd:
ReC: 275 || AeV:200 || PeRf:75 || PeRm:250 || CaeM:175

Armi: Casco e Joystick da Apocalisse zombie
Abilità Passive: Resistenza Nerd
Abilità Attive: //
Note:
 
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Nahenia
view post Posted on 21/1/2012, 19:32




Fato meschino, fai giungere a me l'amante della mia Dea.
Calpesti i miei sogni ed i miei amori, ed adesso cosa dovrei farne?
Allevarla come sorella e figlia?
Fato meschino giungi a me e mi doni la gelosia.
Masochista sono e tu, destino, mi porti un germoglio da crescere.
Un Desiderio sterile.



Il giaciglio all'interno del tronco dilaniato era caldo ed emanava un flebile profumo di lavanda. Sulla chioma, non del tutto rivestita dalle foglie lanceolate, posavano quiete farfalle dai cupi colori.
La guardiana sbuffò e riprese la corsa nel fitto della foresta. Poco distante rumore di acqua smossa e corpo che danza.
Eccola la figlia, rinfresca le membra nell'acqua cristallina e la pelle mostra alla volta del cielo spaccato il suo innaturale candore, così come i capelli lavano via il castano del fango scoprendo l'argento di luna, macchiati da mari di edera nera.
Ti ho trovato infine - la voce grave della guardiana fu tradita da un dolce tono di apprensione. La chioma si scostò di scatto ed il volto, mostrato solo per tre quarti, fissò in tono costernato la donna.
Xandra, sorella mia, chiedo venia - la voce risuonò nell'aria sicura e matura. Desiderio si voltò interamente verso la sorella e con l'acqua che lambiva il corpo mosse passi sicuri verso di lei.
Ecco che si alza il sipario sul nuovo Desiderio, mentre l'acqua disegna seni morbidi vestiti da candida veste, ventre piatto abbracciato da verdi e protettive rammificazioni che tagliano via la veste estranea, gambe sinuose e morbide si fanno spazio nell'acqua per poggiare infine i piedi nudi sulla morbida terra, dietro la chioma lunga come la notte superata sola dai brandelli di veste.
Un'altra volta? - rimprovera Xandra, guardando Desiderio che istintiva porta le mani a ricucire la veste che bagnata è prigioniera di quell'armatura fatta di radici e piante. - Dovrei lasciarti nuda, proprio come il giorno che ti trovai - questa volta la guardiana sorride, rimembrando con armonia quel giorno e tutti quelli avvenire. Quegli interminabili giorni, seppur trascorsi in fretta, passati ad insegnare ad una donna la vita, ad insegnarle come cacciare, uccidere ed infine nutrirsi. Un'altro sorriso, questo lasciato solo per se, nel ricordare il pianto di lei nel mangiare la carne e la gioia nello scoprire che poteva vivere di soli frutti. Eppure, Xandra lo aveva pensato tante volte e alla fine ne era convinta, sembrava che Desiderio potesse vivere di sola acqua e luce.
Ricordava con una gioia quasi non sua i primi passi sicuri, le frasi articolate e sensate, e gli innumerevoli discorsi sul senso della sua vita, ai quali spesso non c'era risposta.
"Così ha voluto il Sorya. Ti ha scelto come sua figlia facendoti nascere dal suo ventre. Sii orgogliosa e rispettosa del suo volere"
Questa la risposta che Xandra usava per chiudere il discorso e sopprimere ogni tentativo di ribattere, ma già sapeva che presto non sarebbe bastato più.
Infine è fiorito - sfiorò con le dita il giglio grigio che era sbocciato sopra il suo cuore. Ecco che quelle labbra fredde si schiudono e mostrano quel sorriso.
Necessitava solo di tempo - disse accarezzandolo con delicatezza, come una madre che sfiora per la prima volta il figlio.
E' ora Desiderio - Xandra si voltò ripercorrendo la strada da poco intrapresa lasciandosi alle spalle la ragazza albero. La camminata decisa, le braccia lungo i fianchi, Xandra non aveva mai dimenticato chi era, eppure quando le dita di Desiderio sfiorarono il dorso della sua mano, non potè che riscaldarsi.
Sorella? - quanta incredibile e perfetta bellezza mostrava il suo volto, ed i suoi occhi color del vento mai uguali. - E' calata la sera - questa l' unica risposta.

Tornate nel ventre di quella madre che dopo mesi dal parto aveva cominciato la sua lenta camminata alla vita, Desiderio si strinse nel fresco abbraccio dell'edera, che spietata aveva rivestito interamente il tronco del salice. L'una vicina all'altra le due donne si preparavano a trascorre la notte lunga un'eternità.
Sorella -la chiama Desiderio, posando la sua gota diafana sulla spalla affusolata di lei - Vi prego, raccontatemi ancora La sua storia, così che questa notte senza sogni sia meno sola - Xandra la guarda e cominciando ad accarezzarle i capelli, scioglie il nodo alla golla. - Eitinel era il suo nome, lei la nostra Dea - le braccia di Desiderio si stringono al suo corpo e in silenzio ascolta quella storia come fosse la prima volta, ricordandola nel riflesso visto, amandola nel bacio donatole.


Ed il ghigno
dal volto di velluto
e le mani di spine
le sussurra
con voce di amante

Dolci sogni mia...

 
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Hanzo Masamune
view post Posted on 22/1/2012, 18:32






ScritteaCasoperlaQuestdiEit

Famiglia.
Di recente ci pensava in continuazione, un chiodo fisso da cui era impossibile liberarsi.
Da quando il richiamo di Velta l'aveva catturato si erano susseguiti tanti di quegli avvenimenti, flash del passato, ricordi antichi e sepolti tornati a galla dalle profondità dell'abisso come a voler mettere il dito lì dove il livido era ancora violaceo, dove faceva più male, dove anche una leggera carezza pareva una pugnalata.
Per troppi anni aveva vissuto solo, per troppo tempo aveva accettato la sua natura solitaria, lasciandosi alle spalle l'antico desiderio di assomigliare ad un normale essere umano, capace di creare la sua famiglia, edificare degli affetti mettendo su mattone dopo mattone una vita senza inganni e tormenti. Una vita normale, come la sognano tutti; una vita senza spade, ombre e sangue.
Si era rassegnato a tutto questo, si era rassegnato e la Torre lo aveva cambiato.

Sedeva su un rovo intrecciato e spinoso, proprio dove tutto era iniziato, lì dove una volta vi era il gorgo, fissando l'orizzonte corrotto da nere nubi e da una tetra atmosfera. Per qualche oscuro motivo, si sentiva a suo agio fissando il cielo da quella posizione e - volente o nolente - si ritrovava sempre a pensare al passato, agitando le dita della sua mano suonando quell'invisibile pianoforte sopra la sua gamba.
L'unica volta che si era stabilito in un villaggio per troppo tempo aveva trovato un amico e con lui, in qualche modo, era riuscito a far parte di una famiglia. Non disprezzava neanche il resto del villaggio, nessuno lo trattava male, non lo trattavano neanche bene ma quantomeno viva la sua vita senza stenti senza rimpianti. Eppure non era riuscito a mantenere nulla di ciò, quando Jecht scomparve e la sua famiglia fu data per morta ad Hanzo crollò il cielo sopra la testa. Tutto d'un tratto non aveva più nessuno, si sentiva di nuovo solo. L'unica persona con cui era riuscita a legare era scomparsa e quando la ritrovò di lui non era rimasto altro che l'ombra di un guerriero che era un tempo. Morì e per colpa sua, suo figlio fece la stessa fine. Aveva giurato di vendicarsi, di eliminare chiunque fosse coinvolto in quel genicidio, aveva giurato vendetta contro un il Re che non perde mai ma il Sole Nero gli aveva strappato anche quella possibilità, insidiando nel suo cuore quell'oscurità da cui a stento era riuscito a liberarsi.

Forse aver smesso di sognare non è poi una disgrazia così grande.
Almeno, così, non vi è risveglio colmo di delusione. Solo realtà.
Per quanto dura possa essere col tempo ci si abitua.


Non ci riusciva più. Da quel giorno in cui la torre si era mostrata a lui, come in un mistico riflesso della sua spada, non importava quanto riposasse, non vi era notte in cui le sue membra potevano riposare completamente, calarsi a pieno nell'oblio del sonno. E iniziava ad essere un bene per lui. Troppi volte aveva sognato la sua figura immersa in un nucleo caldo, familiare, dove tutto era perfetto, dove non vi erano né gocce di sangue né tenebre. Era diventato sempre più difficile svegliarsi e ritornare alla realtà, troppe volte aveva sperato di rimanere rinchiuso in un suo stesso sogno.
Eppure, lì dove il sogno falliva era la realtà a regalarti un barlume di speranza, proprio quando credi di essere sprofondato dell'abisso più profondo: il Sorya. Ed anche in quello Velta era colpevole, lei e il suo richiamo, dal quale era impossibile sottrarsi. L'aveva portato ad affrontare una battaglia che non poteva vincere ma al tempo stesso gli aveva fatto ricordare qualcosa che si era perso nell'oscurità del suo cuore: la fiducia. La fiducia verso i propri compagni, coloro in grado di aiutarti nelle battaglia che da solo non puoi sperare di vincere. Aveva dovuto pagare un arduo presso per apprendere quella lezione eppure, in cuor suo, sapeva di averci solo guadagnato.

Forse il Sorya non è il villaggio di Jecht, forse non era il luogo in cui avrebbe avuto quel nucleo familiare in cui aveva sempre sperato, forse lì avrebbe continuato a sentire il puzzo dell'acciaio e il cozzare del ferro ma...
Forse il Sorya sarebbe diventata la sua nuova famiglia.

HanzoSpalle

Sfoderò la sua Honjo Masamune, lasciando che lo sguardo si perdesse sul piatto lucido della lama. In quel momento sperava di trovare ancora una volta la Torre di Velta nel suo riflesso, come cercasse una risposta da qualcosa di evanescente, immateriale, impalpabile.
Aveva da sempre idealizzato quella figura, insieme a quella della Bianca Dama, autoconvincendosi che il suo richiamo aveva cambiato la sua vita selezionando con cura ogni tassello del suo gigantesco mosaico, adattandosi alla personalità di coloro che sceglieva, che a modo loro ne sentivano la necessità.
E fece scorrere un'ultima volta il suo sguardo sulla lama, fissandosi come in uno specchio e vedendo le palpebre farsi stanche, bramose di riposo, di un sonno dimenticato. Ebbe come l'impressione di vedere il suo riflesso addormentarsi e con esso sentì la pesantezza dei suoi occhi costringerlo a fare altrettanto.
La sua spada gli cadde dalla mano, rovinando al suolo in tonfo sordo amplificato dallo stato di confusione in cui l'incantatore si trovava.
Non doveva addormentarsi.
Non poteva.
Avrebbe sognato ancora.
E lui non voleva.



CITAZIONE

FORJA
Comprensione della Spada

Hanzo4

[size=1][ReC: 225 ~ AeV: 250 ~ PeRf: 350 ~ PeRm: 350 ~ CaeM: 75]

Condizioni Fisiche: Perfette.
Condizioni Psichiche: Pensieroso - Confuso - Assonnato.
Energia: 100%
Armi: Honjo Masamune impugnata alla destra. Fujo e Hocho riposte nel fodero.
Passive: Resistenza Psionica Passiva / Resistenza Disarmo Passiva / Honjo Masamune Indistruttibile, Impossibile da rubare.
Attive:

//

Note:
Piú che concentrarmi su quello che è accaduto o sull'addormentarmi ho preferito descrivere in maniera indicativa l'evoluzione della psiche del pg nell'arco di questi mesi alternando pensieri razionali ad altri irrazionali. Hanzo nasce solo ed è parte della sua natura di Masamune continuare su questa strada. A differenza degli altri Masamune lui però invidia gli umani e la loro capacità di creare un nucleo familiare, di farsi compagnia a vicenda. Vorrebbe imitarli ma cambiare la propria natura non è semplice. Benedice il fatto di non poter sognare in quanto al risveglio da un fantastico sogno troverebbe solo l'amarezza della realtà. Prende comunque in considerazione l'idea di lasciarsi "adottare" dal Sorya, facendo di questa la sua nuova famiglia e trovando così un equilibrio tra la sua natura e i suoi desideri. Si addormenta nei pressi del vecchio Gorgo.

 
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view post Posted on 25/1/2012, 20:59

season of mists
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I Primogeniti


« Questo luogo... »

La radura si schiudeva di fronte ai suoi occhi come un delicato fiore in primavera.
L'erba rorida lo abbracciava, mentre superava la fitta linea degli alberi e muoveva qualche passo in avanti.
Camminava leggero, mettendo una cura eccessiva nei suoi movimenti.
Non voleva rompere quell'idillio.

« ... perfetto. »

Non vi erano altre parole nella mente di Strange per definirlo.
Aveva attraversato intricati boschi, mefitiche paludi, pianure battute dal sole, ma solo quelle tre sillabe avevano il potere di inquadrare realmente la visione che si spalancava davanti al suo sguardo.
L'erba di un verde così acceso da sembrare irreale ricopriva con il suo soffice manto lo spiazzo circolare di una trentina di metri, segnando un netto confine con gli abeti che la circondavano.
Il Vrok trattenne il respiro.

Da quando si trovava nella regione chiamata Eden la sua permanenza non era stata delle migliori.
I nuclei cittadini che aveva attraversato si erano rivolti a lui quasi con sospetto, guardinghi e diffidenti dopo il grande conflitto che aveva incrinato la pace di quei luoghi.
Laddove non aveva trovato sguardi sospettosi, la natura si era impegnata per fornire un ostacolo adeguato alla presenza del Vrok in quelle lande.
Non che l'inventore andasse in cerca di guai, anzi.
Era giunto in quel particolare punto del Matkara costeggiando una selva oscura che aveva preferito non affrontare.
Il terreno pareva corrotto, in quelle zone, asfissiato da un potere troppo oscuro per poter essere nominato, e gli alberi, se non erano marci, recavano inquietanti sfumature nerastre sulla loro corteccia.
No, meglio non affrontare l'ignoto, se possibile.
Una lezione che Strange aveva imparato a proprie spese, come testimoniava la mano sinistra dovutamente celata dietro ad un guanto da battaglia.
Ma l'inventore si era lasciato alle spalle quelle vicende.
Mentre osservava il luogo dove avrebbe edificato il suo laboratorio, una parolina gli venne in mente.
Un'accozzaglia di lettere che mai più avrebbe creduto di associare ad un qualche posto.
Ma, mentre già si immaginava la costruzione che sarebbe sorta al centro di quello spiazzo, con le pareti in legno rinforzato, il tavolo da lavoro che avrebbe ricavato da qualche pezzo di metallo, gli strumenti che avrebbe... preso in prestito da qualche armaiolo dei vicini centri abitati, se la lasciò sfuggire dalle labbra, dolcemente quasi.

« Casa. »

Lì, nel Matkara.
Improvvisamente gli sembrò di vedere qualcuno, con la coda dell'occhio.
Si voltò, di scatto, per vedere chi turbava quel momento di sereno appagamento, ma nessuno si palesò di fronte a lui.
Rimase interdetto per qualche istante, poi continuò a sorridere, dimenticandosi l'accaduto.

Divider

Grind.
Strange stava avvitando un bullone arrugginito, su un ammasso di ferraglia che secondo lui avrebbe dovuto vagamente ricordare un modulatore di particelle.
Fortunatamente gli sforzi erano tutti inutili perchè, nel malaugurato caso in cui quell'oggetto metallico avesse dovuto attivarsi, sarebbe immediatamente esploso, scavando un cratere fumante di diversi metri in ogni direzione.
Grind.
Oltretutto, l'esplosione avrebbe letteralmente cancellato il capanno nel quale il Vrok si trovava, e questo avrebbe causato ulteriore dispiacere nel povero Strange.
Lui ovviamente sarebbe sopravvissuto - le cicatrici sul suo corpo non erano che la prova di numerosi esperimenti non riusciti - ma poi avrebbe dovuto sopportare la perdita del suo amato laboratorio.
Quello, dato l'attaccamento quasi morboso che l'inventore aveva sviluppato per quel luogo, come non mancava mai di sottolineare Azure, sarebbe stato un vero problema.
Grind.
In ogni caso era solo uno scenario ipotetico.
Strange non sarebbe mai stato in grado di fabbricare un modulatore di particelle in grado di attivarsi, e certamente non con la propria attenzione lontana dai pezzi di metallo che stava martoriando con le mani guantate.
La mente del Vrok era rivolta ai passi che sentiva dietro di lui, agli occhi che era sicuro gli stessero perforando le spalle, per spiare il frutto del suo duro lavoro.
Grind.
Con uno scatto fulmineo si alzò in piedi, mandando la sedia per terra, e lasciò che l'affilata scheggia di metallo che teneva in una mano saettasse verso l'origine di quello snervante scalpiccio.
Il metallo fendette l'aria e si conficcò con un suono sordo nel legno della parete.
Rimase lì per qualche secondo, poi cadde, lasciando il Vrok di fronte ad un inquietante ipotesi.
Erano settimane che quell'angosciosa sensazione si faceva sentire, incostante ma sempre presente.
Un passo, un sussurro, uno scricchiolio, nascosti nell'ombra.
All'inizio il Vrok si era interessato alla questione, curioso come sempre.
Ma col tempo il suo atteggiamento era cambiato, portandolo all'esasperazione.
Che stesse impazzendo?
No. Ne era certo, quei passi risuonavano per davvero, non erano una sua invenzione.
C'era qualcuno con lui, in quella stanza, pochi secondi prima.
Ma ora... dov'era?
Per quanto la guardasse, la piccola scalfittura nel legno della parete non gli rispose.

Divider

« Stupido, stupido, stupido!
Questo luogo è maledetto, noi non dovremmo essere qui!
»

Azure inveiva nella propria mente, in un luogo nel quale nemmeno Strange poteva accedere.
L'ignaro inventore in quel momento stava per crollare addormentato, sullo stesso tavolo da lavoro sul quale aveva lavorato per tutto il giorno.
Non sapeva che Lei era irrequieta, mentre le sue palpebre si facevano sempre più pesanti.
Non sapeva quale tortura era per Lei quel sonno senza sogni al quale entrambi erano stati condannati.

« No, ovviamente!
Lui lo trova riposante, gli piace la mancanza di sogni!
Questo putrido verme, questo fragile involucro, non ha alcun problema a marcire in questo buco, con l'unico scopo di affannarsi sull'ennesimo fallimentare tentativo di dimostrare a sè stesso che è in grado di costruire qualcosa, nella sua inutile vita!
»

Ed effettivamente... le parole di Azure corrispondevano alla realtà.
Il Vrok non se ne era reso immediatamente conto.
Ma, alla fine, lo aveva compreso pure lui.
Quello che lo attendeva quando la luce lasciava il passo alle tenebre, e l'oscurità piombava sul mondo, non era un vero sonno.
Era solo oblio, nè dolce nè detestabile.
Vuoto puro e semplice, l'assenza totale di qualunque visita onirica.
E, a lui, sarebbe dovuto importare qualcosa?
Aveva accettato il cambiamento con lo stesso stato d'animo con il quale si può affrontare il cambio delle stagioni.
La faccenda non lo toccava più di tanto, anzi... certe volte trovava quasi piacevole quell'abbandono al quale si lasciava andare ogni notte.
Senza sogni non possono esistere incubi, dopotutto.
Ma Azure... rassegnarsi non faceva parte delle opzioni che era solita prendere in considerazione.

« Ma lui non lascerà mai questo luogo!
lo adora! Lo ama, è il suo gioiello, il suo unico motivo di vita!
Quattro insulse mura e patetici rottami con i quali armeggiare!
»

Per un certo periodo di tempo aveva sperato che quelle strane presenze spingessero Strange alla fuga, ma non aveva fatto i conti con l'assurda testardaggine del Vrok.
Strange aveva finito con l'ignorare quelle striscianti voci nell'oscurità e lei era rimasta delusa, nuovamente.

Già, perchè, sebbene ammetterlo le costasse un enorme sforzo di volontà, lei dipendeva dal corpo di Strange.
Quando lui si addormentava, anche lei cadeva fra le braccia di Morfeo.
Quando lui sognava, anche lei veniva avvolta da eteree visioni.
E sognare le piaceva.
Dannatamente.

Era l'unico modo per sentirsi viva, in quell'inferno che stava vivendo, dentro quella prigione così diversa da lei.
Non essere più schiava del corpo del Vrok, poter andare dove desiderava, poter viaggiare, attraverso l'immaginazione, grazie ai brandelli di realtà che dimoravano nel subconscio di Strange.
Sognare per lei era tutto questo, e molto di più.
Era l'unico modo per sentirsi davvero libera.

Ma, del resto, era impotente in quella situazione.
Un mero spirito, furioso ma incatenato.
Costretta a sentirsi sprofondare ancora una volta in quella placida oscurità senza nome, assolutamente impotente.



Strange

ReC 225| AeV 175 | PeRf 525 | PeRm 300 | CaeM 50



Condizioni fisiche: Illeso

Condizioni mentali: Illeso

Energia: 100%

Armi:

Chiave Inglese ~ Legata alla Schiena
Confusion ~ Indossati
- Scintille accumulate: 0/3
Ingranaggio ~ Legato alla Schiena
Ingranaggio Abbagliante ~ Riposto nel Camice

Abilità Passive:

Le stranezze dell'inventore - Up al dominio Forza del Toro + Passiva (-150 CaeM + 100 PeRf + 75 PeRm)
Quello dell'inventore è un mestiere duro - Elevata forza fisica + Insensibilità al dolore + Capacità di resistere a due Mortali prima di morire
Qui ci sono già io! - Difesa Psionica Passiva
Secondo test: Fusione Fredda - Resistenza Passiva al Calore: Attacchi che avranno il Fuoco come elemento conteranno come di un livello inferiore

Abilità Attive impiegate:

Note: Ho diviso il post in tre spezzoni, nei quali narro attraverso vari episodi, i mesi di Strange nell'Eden. In particolare, il Vrok si stabilisce nel Matkara, ai margini della foresta corrotta del Gorgo, edificando un capanno in una radura e facendone il suo laboratorio, dove lavora ininterrottamente. Credo che non ci sia molto da chiarire... il "presente" è trattato nell'ultimo spezzone, dove Strange si addormenta.

Legenda:

« Parlato Azure - Inudibile per Strange »
« Parlato Strange »



 
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view post Posted on 28/1/2012, 19:57
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And...bla..Bla..BLA
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di-SZJO
Il Male non ha forma, non ha nome, non ha coscienza.
Eppure, malgrado tutto, esso E'. E la sua intensità d'esserci è tanto potente, tanto imprescindibile da far dubitare di coloro che, pur vedendolo, si rifiutano di accettarne l'essenza.
Cosa temono?
Il sopraffarsi del Bene? Il deteriorarsi dello spirito? Il silenzio di quando, perita ogni cosa, non rimane che il gelo, respiro d'abisso dell'oscurità?

E capita dunque che in una notte come tante, in una sera forse più calma, forse più limpida di molte, esso dunque ritorni. Occhi di bragia, zampe di velluto, il sinuoso corpo che si tenda come fili di ragnatela nel tramonto. Aspirando la vita. Assaporando di nuovo l'essenza del Mondo. E capendo, a metà del sonno e della veglia, di Esistere Ancora.
Si tesero le fredde labbra. Si schiusero i gelidi occhi. Si mosse la nera pelle, spiriti inquieti ad arricciarsi sotto di essa.
Ed infine, fiato assordante, un grido proruppe nell'aere, scossa magnetica senza veli.

Al Rak'astar!

Ed in un attimo fu come se ogni cosa, ogni oncia di ciò che era stato il Sorya un tempo fosse tornata a nuova vita. Strade lastricate, muri intarsiati, ponti e crocevia, archi e guglie ancora splendenti, ancora ricchi e magnifici come solo la memoria avrebbe potuto ricordare. Uno sfavillio di luci blu e nere, residuo di quel Gorgo che in un attimo, rievocato dal passato, aveva ripreso vorticoso a volteggiare su se stesso, inarrestabile.
Un suono cupo, grave, il bosco cresciuto in sua vece che digrignava i denti nella forza di acque potenti, inarrestabili.
E fra di loro sordo, devastante, opprimente come il respiro dell'inferno stesso, il Silenzio di Velta. La sua mancanza.
Nessun ritorno per lei, Madre di tutto ciò che ha nome. Nessun rimasuglio se non l'incoerente innalzarsi del Lago ove ella aveva un tempo risieduto, cupe acque che in una parodia di forma erano riuscite solo a dare le sembianze della stessa. Nero liquido piuttosto che solida roccia. Livido liquame al posto che solide fondamenta.
Velta, o ciò che avrebbe potuto essere.
Eppure tanto potente, tanto Grande - malgrado tutto - da riuscire ancora una volta ad affascinare, a risvegliare da ombre mansuete, da buchi invisibili, figure di un passato già lontano, già sconosciuto.

di-5J2Z


Il Male flesse il capo, piegando in un rombo le proprie braccia verso l'alto, e nel suo gesto mille e più Ricordi fecero altrettanto, ronzio basso e confuso, simile al sussurrare della Terra.

Al Rak'astar
Corpi vuoti
Al Rak'astar
Occhi vitrei
Al Rak'astar
Fiati umidi

Tutti insieme, tutti uniti in un esodo senza tempo, senza fine scaturito da chissà dove e dilagante in un unico punto, un unico fulcro che ora, vivo, pulsava di un'energia tutta nuova, tutta propria. Il Sorya Brillava nell'oscurità, e con esso brillavano le sue mostruosità, i suoi abominii privi di tutto se non di occhi, fame, sete. E sarebbe quasi parso di vederli spostarsi secondo un unico ritmo, un unico passo, scadenze alternate tali da rendere i loro silenti spostamenti non un semplice avanzare ma quanto più un flessuoso danzare, tenebre ai piedi, tenebre in volto. Sorrise il Male, veli scuri a tingere di Nulla le sue iridi vuote. E sospirò, vento freddo nelle lande dell'Eden mentre, flettersi di ossa, contrarsi di legamenti, poggiava una mano alla vitrea barriera che ancora lo tratteneva. Velta e le sue Porte. Dannata la mente che le ideò, maledette le mani che le costruirono. Ciclopiche barriere da cui, flebile, poteva quasi intravedersi l'inspessirsi della Luce.
Aspirò il profumo del vento, il sentore della Libertà. E quello acre, tutto umano, tutto vivo, di chi, come Lui, era per qualche ragione rimasto intrappolato nella Prigione di Cristallo. L'avrebbe veduto? L'avrebbe avvertito proprio li, nell'oscurità più fitta, la sensazione di Lui, fermo, intento a guardarlo? Il Male sogghignò, e con lui fecero le Ombre che si addensavano tutt'attorno alle fondamenta di Velta come nera marea. Unica mente il loro silenzio. Unico corpo il loro spostarsi e notare, fra di loro, Tre anime. Non Ricordi. Non incubi. Più semplicemente, umani. Corpi caldi cui i corpi d'oscurità tutt'attorno parevano avvicinarsi passo dopo passo come alla ricerca di un calore perduto, di una sensazione dimenticata. Socchiuse gli occhi, il Male, un desiderio inconfessabile, inesprimibile ad increspare quel suo corpo di Tenebra. E poi di nuovo, orribilmente, lo schiudersi di labbra mortifere, lo spalancarsi di polmoni gelidi, grevi di umori freddi.

Al Rak'astar!

Gridarono le Ombre. Gridò il Nulla, Abisso che fece allora tremare la Terra come quando molto tempo prima una donna da sola aveva saputo allo stesso modo fenderla con note soavi, con parole di ghiaccio. Eitinel, l'avevano chiamata quando di lei ancora si intravedeva l'occhio sornione, lo sguardo malevolo. Ed ora, vuoto nome per un vuoto Ricordo, ancora la chiamavano così, certi che insieme alle parole anche la vita potesse conservarsi.
Ma il Male sorrise ancora una volta, ancora una, dita sottili nello spiraglio delle Porte e fu nel silenzio, quello vero, che Velta rispose alla sua presenza, alla sua lugubre, sordida, esistenza li dove tutto un tempo era Sogno e Incubo.
Non più, dolce Dama dagli occhi di Giada. Non più.



Ecco qui^___^
Perdonate la lunghezza davvero ridotta del post ma scuola e altri impegni mi stanno abbastanza sfiancando a livello mentale. Scusatemi.
Detto questo, ecco cosa accade: il Sorya viene scosso da un richiamo capace, apparentemente, di riportarlo in un istante all'antico splendore: Il gorgo riprende a vorticare, gli edifici riguadagnano l'antico splendore e, in sostanza, ogni cosa appare esattamente eguale a come era prima della scomparsa di Velta. La torre però manca, e al suo posto le acque nere delle fondamenta risalgono costruendone una sorta di parodia liquida. Contemporaneamente a questo, Matkara e il Sorya stesso si rivelano essere stati il nascondiglio di migliaia di ombre senza forma e volto ( pur avendo fattezze umanoidi ), le quali, al richiamo Al Rak'astar! si levano dall'oscurità per precipitarsi tutte insieme alle fondamenta della FU torre. Dentro, come penso si sia capito, dimora Il Male, fautore del richiamo e di tutti gli avvenimenti che ad esso sono seguiti.

Esiziale, Hanzo, Savior:
I vostri Pg si ritroveranno a Danzare (si, a danzare) all'interno del corteo di Ombre. Non avranno idea né del perché né del come sia potuto accadere, ma un attimo dopo l'essersi addormentati si risveglieranno catapultati in un questa marcia infernale. Dal momento in cui prenderanno coscienza della situazione gli sarà possibile muoversi normalmente ma ad un prezzo: qualunque azione "fuori dal coro" verrà pagata con l'essere notati dal gruppo di ombre circostanti e, dunque, attaccati. Si tratta di energie Bianche, per cui il vero pericolo non è la forza ma quanto più la quantità: circa una trentina per gruppo - e altre in arrivo -. Dove si stanno dirigendo di preciso le Ombre? All'interno del lago che circonda la Torre. Entrarvi vuol dire sprofondare nel liquido scuro con effetti, ovviamente, imprevedibili. Dal canto loro, le Ombre si dissolvono, quasi divenendo parte integrante dell'acqua. Particolare importante: i vostri pg riescono a scorgersi a vicenda.

Nahenia: Desiderio subirà un brusco risveglio. La sua connessione al Sorya -ed Eitinel- è completamente diversa da quella degli altri pg, per cui diverso sarà anche il suo destino. All'aprire degli occhi, semplicemente, ella si ritroverà letteralmente imprigionata all'interno del suo giaciglio. La vegetazione dell'Eden, apparentemente, starà tentando di divorarla prosciugandola di qualunque energia. Il Danno inferto è pari ad un medio, ma la prigione non sarà eccessivamente robusta: una buona serie di attacchi fisici sarà sufficiente per distruggerla. Xandra è addormentata, e pur provando qualunque cosa non si sveglierà; tutt'attorno è possibile notare il fluire delle Ombre verso il Sorya ora illuminato da una vaga opalescenza. Velta - o la sua parodia- è ben visibile.

Goth': Per colui che si immerge nel sacro Lago, ecco la migliore delle sorti: Hocrag si ritrova in un luogo completamente buio, la sensazione di una presenza terrificante nelle vicinanze. Non vi sono barriere né gabbie che ostacolino il movimento salvo un'oscurità impenetrabile. Nella testa, la musica cui le Ombre rispondono loro malgrado. Unico punto di riferimento, un sottile spiraglio di luce in lontananza. Malgrado ciò che possa sembrare, non è una punizione. Anzi. Mi spiace solo doverti far gestir una situazione tanto difficoltosa. Altri dettagli via mp.^___^


Come per il primo turno: 5 giorni per postare. 3 di proroga. Per qualunque domanda usate il topic in Confronto^___^
 
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view post Posted on 29/1/2012, 18:41
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La caduta pareva non aver mai fine.
Vide luci di vario genere, bolle di allegria e gioia fluire via dal suo percorso.
Vide l'universo, concentrato in unica piccola sfera di vetro.
Vide il Sorya, vide il suo nucleo più profondo.
Vide Velta, o quello che ne rimaneva.
E capì che, quello che aveva davanti, era la concentrazione
del Male
più puro.

Il lascito di Eitinel.

-



Capitolo secondo, l'eredità.



7SFRq


il
Nero liquame.
le porte per ciò che è stato lasciato per lui.

Dicono che è terribile perdere la propria coscienza. Dicono che è terribile, non avere il controllo sul proprio corpo, non poter respirare per paura di affogare. Dicono che è una delle cose peggiori che possono capitare ma, per il senzavita, tutto questo era dolce. Finalmente, pace, nell'oblio. Perse subito coscienza, dopo solamente alcuni secondi che si era immerso nel lago. E, sogno?, vide il nero estendersi su di lui, circondarlo, per portarlo nel posto dove egli aveva sempre voluto essere, nell'unico posto a cui apparteneva - o almeno lo desiderava - al cospetto di Eitinel. Le scure acque lo stavano per portare lì -

ma Eitinel era morta
...
-

Quando poté aprire gli occhi, lo fece con calma, lentezza di uno spirito addormentato da secoli, che riprende vita. Si ritrovò in piedi, mentre, piano, si guardò a sinistra, poi a destra. N U L L A I N T O R N O E C C E T T O - Non c'era Eitinel, ma era il luogo più vicino a lei in cui potesse arrivare, lo sapeva. Eppure, non era il posto che desiderava, voleva arrivare a LEI, arrivare a - ciò che aveva lasciato per lui. Davvero non era quello? Intorno, solo (solo?) buio. Avrebbe tremato, se avesse potuto aver paura dell'ignoto che lo circondava - ma non fu per l'occhio che bruciava, bruciava di freddo - egli sapeva che quello era l'ultimo dono per lui. L'ultima cosa lasciatagli - prima che - c'era - qualcosa -
era morta?
(sì è morta)
Come poteva essere successo? Io...
(cosa, l'avresti davvero protetta?)
...
Non aveva risposte. Si era davvero comportato fedelmente? Con lei che, nonostante tutto, aveva solo fatto ciò che Hocrag desiderava? No, avrebbe voluto ucciderla. Lei era colei che gli aveva dato l'eterna esistenza, l'eterna condanna senza via di fuga - ma era lui che l'aveva richiesta, era unicamente sua la colpa, non avrebbe dovuto desiderare quello che non conosceva - ma lei sapeva gli effetti, lei li sapeva, lei non gli disse niente; sua era la colpa di aver ucciso la morte, e insieme quindi ucciso la vita ...
(lei dolcemente l'aveva accompagnato tra le braccia dell'oblio)
Ed infine, era morta, lasciandolo al suo destino, senza più una parola. Era vero? Tutto questo, in tal caso, avrebbe avuto ancora importanza? Ma la palpabile oscurità intorno a sé non sembrava mentire. Dov'era? L'ultima cosa che si ricordava era l'essersi immerso nel lago di pece -
(all'interno di Velta, o di quello che ne rimane)
NO
era all'interno della sua mente, l'unico posto che esisteva davvero - Velta era andata distrutta, sostituita dal lago oscuro, l'aveva visto, l'aveva visto, non poteva essere altrimenti, i suoi sensi erano sicuri, ? -
E l'inestinguibile condanna di esistenza non era ancora finita, non ancora. Ma quello era il dono per lui. L'oblio dei sensi, il nero più buio - era il luogo ideale per la sua esistenza. Era in Velta, non poteva essere e non ci credeva, ma era così. Si trovava di nuovo in quel posto, dopo così tanto tempo, dopo così tanto ... Quello era stato il luogo di Eitinel, della dea.
Ora era suo.

-

t i c t i c.
b l a h


Aprì le mani.
Non poteva vederle, non poteva vedersi, ma ora capiva. Capiva perché era invisibile, inglobato dall'oscurità. Capiva il suo essere, cosa gli era capitato e cos'era egli stesso. Ora capiva.
Lui non era nessuno, non lo era mai stato -
Ma lei ... gli aveva lasciato la sua esistenza. Lui era divenuto il suo erede. Il Male intorno a sé, talmente forte e acre da essere percepibile
quasi si poteva toccare
ciò che doveva essere tramandato, portato avanti, inestinguibile, ciò per cui era stato preparato, a sua insaputa. Qualcuno avrebbe dovuto prendersi su di sé il peso di tutta l'oscurità che ora ristagnava lì, lo attendeva, per evitare che dilagasse e portasse il totale caos nel Clan e nel mondo intero. Qualcuno il cui animo era buono, i cui intenti fossero stati limpidi come l'acqua del così lontano mare, o della così abbandonata neve, che non avrebbe capito l'orrore a cui andava incontro.
Eitinel, anch'essa guscio e nero cristallo, ne era stata la portatrice.
Che ora aveva trovato la via d'uscita, grazie alla folle richiesta del senzavita, prima che divenisse tale.
Lei era libera
infine
mentre lui
-
- si buttò a terra, sulle ginocchia, il peso della conoscenza era insostenibile. Non poteva essere, doveva esserci un inganno, doveva esserci un errore, non poteva essere così perduto - i suoi occhi vitrei rimasero fissi nel nulla, mentre tutto ora trovava un senso logico, nella sua implacabile mente.
(anche se pareva un sogno, un sogno, niente più)
Solo chi era incapace di vivere e non temeva di morire poteva divenire il portatore del male. Ed ecco il perché di lui stesso. Ciò che era, o meglio, ciò che era diventato, ne facevano l'essere ideale. Immortale, privato sia della vita che della morte, dei sentimenti, della sua umanità, mutante nell'aspetto, eterno nella mente.
Aveva infine capito.
Capito cosa c'era intorno a lui, cosa lo attendeva fino alla fine dei tempi. Qualcosa di ancora peggiore di quello che aveva temuto, di quello che pensava.
il male senza tempo

Eitinel,
tu sei
il Male -
tu sei
qui.

Respirò, mentre nella sua mente si faceva largo una tenue musica, lenta nenia, che lo immobilizzava nella sua posizione. Per sentirla.

e
parlava di dei
parlava di morte e di vita
parlava di spiriti
e con essi il bene
il male
sempre presenti,
eppure, questa volta,
protagonisti.

t i c t i -

-

TJyBJ

La sua mente, l'unico suo proprio luogo, era nell'oblio più totale, schiacciata dal peso del male intorno a lui. Non sapeva che fare. Il suo corpo immobile, fisso davanti a sé. Davanti al male più puro, al lascito di Eitinel, come suo servo, in fondo.
La sua eredità era la vera sua condanna. Cercò di pensare, di ricordare Eitinel, ma era niente più che un'immagine confusa, ormai. Si rese conto che ciò che era rimasto di lei era un pensiero, non più una realtà. E allora, la sua mente prese all'improvviso a lavorare frenetica. Davvero quello di cui si era convinto pochi secondi
(una vita)
prima era reale? Davvero Eitinel gli aveva lasciato il puro male e oblio da portarsi appresso, davvero era divenuto suo il greve compito a cui aveva pensato?
Ma soprattutto, Eitinel era mai esistita? Non lo sapeva. Davvero, non lo sapeva. La sua realtà non comprendeva nessun altro, oltre a lui. Nessuno. Ed ormai, Eitinel era svanita, perciò aveva cessato di esistere. Aveva cessato di essere mai esistita, poiché, in una vita eterna, non esisteva nulla fuorché il presente.

e
Non osava chiederlo. Non osava interpellare il male stesso intorno a lui, non osava svelare le nere trame intessute per condannarlo in eterno. Avrebbe accettato il compito, poiché era stato il servo di Eitinel - e in quanto tale, a lei fedele, volente o nolente - a questo era stato già condannato. Temeva la risposta. L'oblio intorno a lui, sembrava quasi respirare. Lo attendeva. Voleva uscire. Ma la dea aveva commesso un errore. Aveva aspettato troppo tempo - il cuore del senzavita non era più puro, non era più incontaminato. Aveva lasciato che il desiderio d'odio prendesse sopravvento su di lui, e ormai, come poteva egli ancora sopportare un così gravoso compito? C'era un solo modo per cui poteva asservire colei che l'aveva condannato all'eterno oblio. Un solo modo rimaneva, in attesa della fine dei tempi, in cui il male si sarebbe infine rivelato all'esterno, al mondo, senza che neppure lui avesse potuto ostacolarlo. Senza che, almeno, dovesse esistere per sua intercessione.

E di nuovo, ciclico ripetersi di presenti, sorrise.
Accettò il proprio destino, proprio come era richiesto di fare.

« Il mio posto è qui. Abbracciami, perché io sono te. »

Lì per sempre, la sua intera eternità, proprio com'era stato per Eitinel. In fondo, era divenuto uguale a lei.

...
- tss.
buio.


(tu sei qui e ovunque, proprio come me, perché io sono con te - liberami - libererai te stesso)
nessuno l'avrebbe liberato

Aveva perso i sensi?
Si ritrovò a terra, mentre, ancora, intorno a lui c'era solo buio e nulla. Si mise a gattoni, nello sfiorare lo strano pavimento, che sembrava quasi un ruvido liquame - e questa volta, in lontananza, vi fu un sottile bagliore, un tenue raggio di luce che, pur piccolo, violava quel luogo come un aggressore la sua vittima. Era doloroso, vederlo.
Si alzò, mentre il bulbo dell'oscuro intorno a lui si muoveva, come gocce nell'acqua - sembrano ferme, e viceversa si muovono senza sosta. Così come la sua testa.
Si sentiva male, ancora peggio di prima. Perché c'era quella luce? Chi aveva lasciato uno spiraglio entrare nella sede dell'Oscurità?
Camminò in quella direzione, inciampando, rialzandosi. Stava male, si sentiva pervaso non di dolore, ma di oblio - qualcosa di ancora peggiore. Rimase in attesa, quando fu ad un solo passo da quello che, a questa distanza, appariva come un vero e proprio portone. E dava sull'esterno, evidentemente. Non seppe più che fare.
Si ritrovò al limite tra l'oblio e l'ignota uscita. Si ritrovò al confine con il nulla. Dietro di sé e in sé, il male più puro. Non seppe che fare.
La sua mente, che prima aveva lavorato così intensamente, si bloccò, e l'involucro che la conteneva, che conteneva la sua contaminata essenza, divenne pietra. Finché, nello stesso momento, la mente gli disse di avanzare, mentre la sua essenza decise di rimanere nell'oblio. Quello era il suo posto, il male sarebbe diventato il suo compagno, sarebbe diventato lui stesso. Avrebbe piano piano capito Eitinel, cosa gli aveva davvero lasciato e qual'era stata la sua fine. Avrebbe segretamente desiderato odiarla, in un feroce stringersi di catene, più di quanto avesse mai fatto, a mano a mano che avrebbe capito la condanna posta sulla sua essenza. Il male avrebbe preso possesso del suo corpo, lui sarebbe divenuto male puro - oblio nella più pura essenza. Ma ancora non comprendeva fino in fondo quello che l'aspettava. Sorrise. Non poteva scappare; fuori, nel mondo condiviso, non avrebbe trovato aiuti, non avrebbe trovato nulla.
L'oblio era il suo destino, l'avrebbe accettato e ne sarebbe stato divorato. Com'era successo ad Eitinel.
Questo è dolce.

-

Appoggiò le mani sul bianco squarcio.
Chiudendo il portone, anche l'ultimo guizzo di luce si spense.
Lo fece senza fatica, come se fosse stato già tutto preparato.
la musica continuava
e
l'eterna oscurità
l'attendeva.




hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 100%

Attive utilizzate nel turno. »

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Non nego come sia stato difficile in effetti scrivere questo post, più di quanto mi aspettassi - troppe incognite, troppe cose scoperte o almeno supposte da Hoc, tutte insieme. La sua mente è divenuta un turbinio di immagini, di suoni (per la musica che inevitabilmente sente), di ricordi sbiaditi (Eitinel, di cui ora dubita persino l'esistenza), di presenze oscure intorno a sé; non è stato facile sistemarle al loro posto, e ho dovuto scrivere meno cose di quanto avessi voluto (per non creare un pasticcio illeggibile, tali erano i suoi pensieri; paradossalmente anche lo stile usato dovrebbe essere un po' più lineare del solito, in favore di una miglior comprensione). Spero che si capisca e sia chiaro il turbamento, già presente ma amplificato all'inverosimile dalla scoperta dell'eredità di Eitinel - il male puro, di cui si deve far carico per l'eternità, per tutta la serie di motivi elencati (troppi a ripeterli xD). Al termine del turbinìo di pensieri e parole (le brevi risposte del Male sono in nero tra parentesi; non c'è un vero e proprio scambio di domande e risposte, perché il senzavita è perso all'interno delle sue congetture, e l'ultima cosa di cui gli interessa è dialogare con l'esterno), Hoc sceglie l'unica cosa che deve fare, che può fare e che può desiderare di fare, una volta condannato - l'oblio eterno, senza luce, proprio come avrebbe voluto, secondo lui, Eitinel, che l'ha segretamente preparato a questo, salvandosi invece lei stessa attraverso la morte. Il corpo e l'animo di Hoc erano stati già preparati, forse involontariamente, a questo; nel testo, tra le altre cose, ho scritto che Eitinel voleva un animo puro e incontaminato: è solo una delle tante giustificazioni che la mente prova a dare al pg stesso, di come sia potuto capitare e perché abbia scelto lui; ma, circolarmente, l'effetto è solo uno, il suo destino già segnato.
Musiche di AdrianvonZiegler.


 
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Nahenia
view post Posted on 30/1/2012, 20:04




Dolci sogni, mia piccola Desiderio



Cos'era tutto quel bianco. Dove erano i suoni del tempo che scorre, i colori tetri della foresta. Dove era sua sorella.
Vi erano solo tempestose domande senza voce, mentre il corpo stremato di Desiderio non rispondeva più al suo richiamo. Riposò quieta, socchiudendo nuovamente gli occhi abbagliati dalla troppa luce, ignorando persino il gelido respiro che si infrageva sul suo volto stanco. Il dolce tepore della notte fece spazio ad un freddo famigliare.
Indolenzita dal lungo dormire percepì una stretta lungo i polsi, due mani ad impedire al sangue di fluire, ed un peso isostenibile sul petto, come se un macigno le stesse schiacciando sempre più i polmoni proibendo all'aria il suo corso.
Sii costrinse a fatica ad aprire gli occhi increspati dal sonno, ma ciò che il sogno aveva in serbo per lei la fece tremare.
Occhi neri come la più profonda notte contornati da ali viola di farfalla, ed un ghigno, il più gelido di cui avesse ricordo.
Il sonno l'abbandonò, lasciando il posto ad una violenta agitazione. Il corpo, come allertato, cominciò ha dibattersi per sciogliere quell'abbraccio invisibile che le impediva di muoversi, di fuggire da quegli occhi, di nascondersi da quei denti perfettamente bianchi.
Ed il sorriso mellifluo che fino a quel momento le aveva dato il benvenuto nella terra degli incubi, venne sostituito da due labbra carnose che increspate si andarono a posare sui denti morti del teschio color perla, che immobile giaceva sul capo dell'infante.
Mi sei mancato - Nell'udire la sua voce il cuore accellerò la sua corsa frenetica, le gambe scalciarono senza trovare aria da fendere. Era inerme sotto la stretta della sua carceriera, in balia di quei baci avvelenati. Era inerme, come un cristo in croce.
La creatura sembrò ridestarsi ed abbandonando quelle strane effusioni, si concentrò su di lei. - Mi temi piccola D? - Di nuovo quel ghigno. La paura che fino a poco fa aveva provato era nulla in confronto al terrore che adesso l'aveva immobilizzata, nessun arto provò ha dimenarsi, nemmeno il respiro osò mettersi fra i due volti. C'era solo il terrore ed il cuore che presto sarebbe scoppiato. - E' la cosa più saggia - sorrise.
Desiderio non ebbe il tempo di capire, poichè le tenagli che fino a quel momento avevano stretto i polsi corsero alla gola nuda, e con odio violento cominciarono a stringere. La bimba lo sapeva, si sarebbe arrestato soltanto quando il rumore delle ossa che si spezzano sarebbe rieccheggiato in quella stanza bianca.
Non un filo di voce poteva adesso uscire da quella bocca color lavanda, non un suono ne una parola potevano nascere da quella gola violentata. Era come ingoiare litri e litri di acqua che con sofferenza ti porta alla morte.
La morte, era questa l'unica alternativa per fuggire da questo mostruoso incubo?
Quella l'unica strada?
C...h... s...i - con voce strozzata uscirono poche sillabe da quella bocca che aveva voluto usare la poca aria rimasta per conoscere, per sapere, chi fosse la sua carnefice.
Tu non..? Eppure dovresti - un'altra risata cristallina, ampliata da quel muostroso nulla. Le labbra lente scandirono ogni nuova parole, perchè rimanessero ben strette nella sua mente. - Io sono la... -
Non udì altro, serrò soltanto gli occhi, pensando solo che quell'incubo doveva pur avere fine.


Sapete perchè i bimbi temano il sonno? Perchè per loro dormire è come morire.




Un urlo sordo spezzò la dolce quiete del sonno.
Desiderio svegliatasi di soprassalto e madida di sudore, con occhi scalpitanti cercò Xandra, e la vide riposare quieta al suo fianco, ma non vi era più l'oscuro della sua foresta, ne il nero del suo cielo, bensì colori accessi e sfavillanti.
Gli alberi non avevano più le nere foglie di sempre, ma brillavano di un intenso color verde. Il cielo, non più spaccato in migliaia di venature, era limpido e turchese. Quel mondo che lei conosceva, così cupo e privo di una vita apparente, adesso sembrava essere tornato al suo antico splendore. E non appena la vista si fu abituata a quel danzare di polveri sottili nei coni di luce, la paura tornò sovrana.
Nonostante il petto cercasse di espandersi ed i polmoni di riempirsi, non vi era aria, solo un tormentoso dolore. Fu allora che capì che l'incubo non era finito.
Con la paura negli occhi, calò lo sguardo sulla sua gola e quell'inteso bruciore che percepiva era dovuto alla mano diafana che forte stringeva l'esile collo, e dai piccoli rivoli cremisi che la tingevano ed andavano a saziare quella verde edera che sempre più vorace si stringeva al suo corpo. Non vi era più petto, gambe e braccia, solo un perenne groviglio di smeraldi rampicanti che come serpi la immobilizzavano come ha succhiarne la vita.
So...rel..la - provò ad urlare, ma quello che ne uscì fu solo un flebile bisbiglio. Con l'edera che lentamente le stava ricoprendo il volto, aumentando la sensazione di freddo nel collo e di caldo sulla mano, stremata ed impaurita cominciò la sua folle lotta con se stessa. Dimenò gambe e l'unico braccio non adeso al suo corpo e solo quando riuscì a percepire il suono di catene che si spezzano, prese forza e continuò ha dibattersi come un animale in gabbia, fino a quando l'ultimo rampiccante non sciolse il suo fatale abbraccio.

Il primo respiro
Cadde rovinosamente al suolo, le gambe stanche non sorressero il suo peso e si trovò con il volto immerso in quell'erba serpentina. Tutto il corpo le doleva per i molti abbracci e il solo stendersi su quell'erba così fresca era pura panacea.
Il secondo respiro
Tossì rumorosamente non appena la sua mano, e con essa le tre sorella, sciolse la presa dal suo collo, lasciandolo libero di ingurgitare enormi quantitità di aria che subito le procurarono coniati di vomito. Ma non le importava. Solo adesso sentiva quanto buono fosse il sapore dell'aria.
Il terzo respiro
Altra boccata, altro coniato di vomito, questo più violento. Strinse con la mano sporca del suo sangue l'erba rigogliosa che adesso rivestiva la terra. Come allora anche adesso sentiva i polmoni farle male.

Passarono forse pochi attimi o intere ore prima che l'aria smettesse di procurarle dolore. Desiderio, stremata e terrorizzata, poggiava tremante al suolo ed alzando il volto rigato dai mille capelli sudati, cercò con occhi umidi l'unica sua gioia.
Beata dormiva in quel letto fresco, niente sembrava averla disturbata e violentata ed infine Desiderio lo vide, Xandra sfoggiava il suo bel sorriso.
Stava sognando la sua Eitinel.


di-2SVD




Non voglio. Ho paura sorella - La voce acerba risuonò in tutta la nera foresta. Desiderio, in quel corpo di donna ma con occhi di bimba, scalpitava rumorosamente al fianco di Xandra, che impaziente le aveva dato le spalle, accomodandosi e pronta per farsi cullare da Morfeo. Con le braccia strette alle gambe, ed il viso nascosto dietro la lunga chioma color del fango, ove solo il morto teschio si riusciva a scorgere, con voce titumante domandò - Perchè vi piace così tanto... - infastidita da tutto quel parlare, rumorosamente la guardiana sbuffò, e voltandosi verso quella compagnia poco gradita, fissando quei due occhi lucidi sentenziò - Perchè solo sognando posso sperare di incontrarla di nuovo. Perchè solo in quell'istante posso sperare di morire al posto suo. - La dura voce di Xandra non tradì mai la morsa che le attanagliava il cuore, poichè consapevole che il passato non poteva essere cambiato.
Desiderio, che tante e tante volte aveva sentito parlare di Lei, come di un angelo caduto dal cielo, e che tante altre aveva udito sua sorella cantare quel suo eterno amore, con un fil di voce, e la speranze stretta al petto chiese - Morireste anche per me sorella? - ma fu il silenzio e le spalle mostrate da Xandra a donarle la risposta tanto temuta.
No, per lei non sarebbe mai morta, perchè lei, se pur baciata dalla stessa Eitinel, non era niente.
Con il volto rigato dal pianto silente, si strinse a se, per donarsi un po di conforto, ed illudersi che un giorno sarebbe stata amata.
Non appena Morfeo accarezzò quelle gote dove il pianto salato si era seccato, guardò per l'ultima volta la sorella e lì lo vide.
Quel bel sorriso a lei negato, era come lama affilata.
Troppo stanca per piangere, appoggiò il volto sulla schiena calda della sorella, e lì, in quella notte che sogni più non concede, si assopì.


Sapete perchè i bimbi temano il sonno? Perchè per loro dormire è come morire.




Con il passato nella mente ed il presente nel cuore Desiderio si desta, ed arrancando sulle ginocchia si avvicina a lei. Nessun petalo è stato intaccato.
Con mano tremante le sfiora il volto rilassato, ma non ebbe nemmeno il tempo di goderne i lineamenti candidi che subito, come risvegliati dall'odore del sangue secco sul collo di Desiderio, i rampicanti si dimenano in cerca di quel corpo impuro.
Con lei vicina la sorella non è al sicuro.
Teme Desiderio per la sua vita, molto più della propria, ma adesso ha paura del mondo che la circonda. Se un tempo quella tetra foresta era stata casa sua, sebbene l'eterna oscurità non la turbava adesso, in mezzo a tutta quella luce sentiva il mondo piangere.
E voltandosì ad ascoltare le urla silenti di quella rinata foresta, per la prima volta lo vide. Il Sorya, splendido e candido si stagliava superbo e al suo fianco ove prima non c'era che il nulla, ecco la torre. Eppure non era come Xandra le aveva innumerevolmente narrato, quella torre fittizia, fatta di acqua ed ombre non era altro che un riflesso distorto del passato.
E cosa era quella musica, cos'era quel danzare lontano di ombre.
Cosa era succeso al Sorya.
Con un coraggio non suo, mosse passi tremanti verso l'imponente struttura, soffermandosi dietro gli imponenti alberi, ad ascoltare quello strano cantare, quell'inumano danzare.
Lasciò che il corpo precipitasse al suolo, dando le spalle a quell'altera struttura che più non conosceva. Lasciò che le membra provate sia nell'animo che nella carne, stremate, toccasse terra, nettare fresco di vita. Stretta nel suo eterno abbraccio, lasciò che il tempo passasse, lento, crudele ed inesorabile.
Cosa poteva fare, cosa doveva fare?
Che qualcuno le mostri la via...

Ecco che il ghigno divertito
in silenzio attende.
Spera in un destino avverso
per la sua piccola,
Desidera un presagio presente
per la piccola infame.





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di-JOQK
[ReC 175] | [Aev 275] | [PeRf 175] | [PeRm 200] | [CaeM 150]


Stato Fisico -
Danni Medi da strangolamento.
Lievi ferite da taglio lungo il collo.

Stato Mentale -
Agitazione.
Paura.

Energia -
100%

Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -

Note -
Unico appunto, ho deciso di "infliggere" a Desiderio un danno aggiuntivo, se pur di misera entità, in quanto nel post pecedente non avevo assolutamente menzionato le lame. Vuoto descrittivo, imperdonabile. Errore mio.

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Esiziale
view post Posted on 1/2/2012, 15:10






જાગૃતિ



Al Rak'astar



Venne afferrata con violenza, riscossa da quello stato di tiepido torpore in poco più di un secondo. I polsi stretti in una presa ferrea e gelida, era stata sollevata di peso da terra, neanche fosse fatta di aria. Stretta, fra le braccia di Nessuno. Danzava.
Inerme, ancora incapace di reagire, piroettava in quella sinfonia di silenzi, sospesa in un universo dai toni della pece. Le punte dei piedi tracciavano complessi arabeschi nella polvere, si trovava in alto, sollevata dal terreno in modo tale che non potesse nemmeno sostenersi sulle proprie gambe, che ciondolavano nel vuoto.
Aprì gli occhi e fissò l'ombra priva di volto, il suo cavaliere silenzioso. Non aveva paura. Dietro a quella maschera di oscurità intravide sé stessa: gli occhiali spessi ed i capelli viola. La stretta in cui era intrappolata si allentò, venne a mancare, all'improvviso. Si trovò a cadere, a precipitare verso il basso. Dita nere le si chiusero sul braccio, salvandola dalla caduta.
Questa volta, Spencer oppose una debole resistenza; quella cosa la stritolava, l'abbraccio le mozzava il respiro e le membra dolevano, obbligate a piegarsi in modo innaturale per seguire i passi di quella parata folle verso l'ignoto. Eppure non poteva, non voleva fermarsi.
C'era una parte di lei, minuscola, che voleva vivere quel momento, che ne sentiva la necessita. Un brandello della sua anima, sempre più forte. Un germolio che aveva deciso di trovare la luce, strisciando lentamente fuori dal terreno umido. Chiuse gli occhi e si abbandonò, anima e corpo, alla danza, lasciando che il cuore si armonizzasse al ritmo dei timpani, che la mente fosse cullata dal malinconico violino e consolata dalla malinconica arpa.
L'Ombra la costringeva a sé, sempre più vicina. Premeva il proprio volto inesistente, freddo e morbido, su quello della giovane umana. Si insinuò in lei, attraverso le labbra semichiuse, scivolò in gola, nel sangue. Raggiunse il cuore e non si fermò. Ogni muscolo, ogni organo venne irrorato dal nero Odio.

Infine il Sigillo è rotto. Il Male è liberato.

સ્વતંત્રતા


Svatantratā! Il dolce, inebriante profumo della libertà.
Alison si risvegliò, all'improvviso, violentemente. Le membra agitate da convulsioni.
Il Male. Striscia, si libera dalle proprie catene. Eccolo! Eccolo che si riversa, viscido, nella mia anima. Lei è qui. Lei è qui.
Fissò negli occhi l'Ombra, crudele aguzzina, e vide nuovamente sé stessa. E gli occhi grandi, neri, come quelli di un corvo. E i denti, fauci aguzze del predatore.
E il sorriso, un malevolo ghigno, famelico e crudele.
Si contorse, angosciata, gli occhi torti per sfuggire l'esizial visione. Ogni centimetro di pelle le doleva terribilmente, come se stesse per stracciarsi, per mutare o sciogliersi. Avrebbe voluto urlare al mondo il proprio dolore, ma le mancava la voce. I polmoni, contratti, cercavano disperatamente aria. Sentiva un raschiare, proveniente dal fondo del proprio spirito, prima ovattato, poi sempre più acuto, orribile. Sovrastava ogni cosa: pensieri e melodie.
La respinse con la magia, in un debole tentativo di fermarsi, di arrestare e fuggire. Di svegliarsi dall'Incubo senza nome in cui era precipitata.
Ma per una che veniva allontanata ne giungevano altre cento, altre mille. Dita che la frugavano, mani che l'afferravano, la strattonavano e la costringevano, ancora, a danzare. A seguire il ritmo frenetico di quel ballo senza fine. Non era più il tempo della paura.
Alzò lo sguardo, lentamente, la testa pesante, il passo strascicato. Vedeva altre due creature, simili a lei, danzare nella folla. Le fissò a lungo, impassibile, incapace di provare qualsiasi cosa. Incapace di ribellarsi e domandare loro aiuto. Era come osservare la scena da lontano, come non trovarsi realmente lì, le braccia livide e l'anima in pezzi. Non aveva importanza. Nulla aveva più, realmente, importanza.
Percepiva il pulsare frenetico di quell'Essere nel proprio petto, lì, dove avrebbe dovuto trovarsi il cuore ora c'era solo un gran freddo, un'enorme voragine.
Opporsi, lottare, era inutile. Completamente inutile. Perchè quello era il suo posto, quelle Ombre le sue giuste compagne. La creatura, annidata al centro della sua mente, gioiva. Si dimenava in preda ad una furia primordiale, mentre respirava a fondo il tanto agognato profumo della libertà.
Spencer non sapeva, non poteva capirlo, ma da quel momento in poi non sarebbe mai più stata sola.
Rapita, le gambe obbedienti che seguivano i passi di quel ballo primitivo, si lasciò condurre dalle Ombre, sue fedeli alleate.

This is Spencer! (Risveglio - જાગૃતિ)
Condizioni Fisiche: Lividi di lieve entità a braccia e busto.
Energia Nerd: novantaquattro percento.
Capacità Nerd:
ReC: 275 || AeV:200 || PeRf:75 || PeRm:250 || CaeM:175

Armi: Casco e Joystick da Apocalisse zombie
Abilità Passive: Resistenza Nerd
Abilità Attive:

Fuori da camera mia
Il nerd, ponendo un palmo, o entrambi in avanti, genera una spinta di pura energia che si dirige verso il proprio avversario (probabilmente un familiare indesiderato), respingendolo fuori dalla propria stanza. Il colpo è piuttosto istantaneo e non richiede particolari tempi di concentrazione, tanto che può essere utilizzata soprattutto durante dure sessioni di LoL.
La spinta è abbastanza potente da poter respingere un corpo umano che opponga solamente una debole resistenza, causando danni di lieve entità (basso), ed piuttosto utile per deviare o rispedire al mittente piccoli oggetti lanciati contro il portatore come ciabatte o biscotti, e deviare dalla loro traiettoria spazzolini e tappi di sughero, troppo veloci per poter essere respinti indietro.
Un attacco non certo forte, ma molto versatile. Va considerato come una tecnica difensiva di livello basso. Non respinge insulti e cali di corrente (Attacchi elementali e magici).
Consumo di energia: Basso [Pergamena Spinta]

Note:
Caotico, lo so. Ringrazio Goth, per la roba che sa lui.
E per avermi convertito a GIMP.
 
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Hanzo Masamune
view post Posted on 2/2/2012, 00:11




ScritteaCasoperlaQuestdiEit2

Lividedjukta!
Atroyopsi? Lividedjukta!
Gya-ahaaaah!


Si strinsero le palpebre. In testa una gran confusione.
Di chi erano quelle voci? Chi lo aveva svegliato?
Svegliato.
Stava forse dormendo? Era tutto ricominciato?
Lentamente Hanzo schiuse i suoi occhi, inebriato dall'oscurità della notte, completamente all'oscuro di ciò che stava accadendo intorno a lui. Immerso nell'ombra non aveva bisogno di mettere a fuoco ma altrettanto non poteva essere detto per la sua mente, ancora vittima degli infausti misteri del sonno. Non poteva dirsi preparato a quanto avrebbe visto, nessuno lo sarebbe stato.
Intorno a lui vi era un vortice di confusione e follia, qualcosa a cui una mente razionale deve abituarsi, magari concedendogli qualche secondo, giusto il tempo di abbandonare il torpore e riacquisire la lucidità.
In primis dovette abituarsi all'idea di essere in movimento. Avrebbe giurato di essersi appena svegliato e da che ne aveva ricordo, ogni qual volta accadeva si ritrovava disteso, immobile, con i muscoli intorpiditi è un forte desiderio di rimanere immobile ancora qualche minuto. Eppure quella sera era tutto diverso: i muscoli erano caldi e sciolti, le sua braccia e le sue gambe stavano ancora muovendosi in coreografie che non aveva mai pensato di sfoggiare. Stava danzando, si, e trovava complesso notare come quelle movenze gli riuscissero così naturalmente, quasi fossero indotte da una forza a lui oscura, capace di cullarlo in una marcia leggera quasi come il vento che sfiorava il suo viso. E sebbene già questo fosse abbastanza assurdo notò subito che non era il solo e che la sua compagnia in quella marcia infernale non era tra le più generiche. Ombre mostruose, senza un volto e senza un nome, marciavano in fila verso una meta indistinta, danzando anche loro, nonostante non vi fosse alcuna musica ad accompagnare i loro movimenti.

Lividedjukta!
Atroyopsi? Lividedjukta!
Gya-ahaaaah!

Due ombre, senza forma e senza ritegno, ondeggiavano ad un ritmo simile a quello delle altre ombre ma si differenziavano da queste ultime per aspetto e per l'insana caratteristica di provenire esattamente dal corpo dello spadaccino, come sue estensioni. Muovevano i loro arti informi come le onde di un mar mosso e, gridando, manifestavano il loro furore e il loro divertimento per quella passerella di infauste creature.
Hanzo, acquisendo finalmente la piena lucidità, trovò la forza di staccarsi da quel gregge e arrestò la sua avanzata di colpo, lasciando che un ombra, dietro di lui lo spingesse col suo corpo, come a costringerlo a continuare.
Troppe furono le domande che attraversarono le sue membra, troppe affinché una sola risposta potesse bastare, troppe perché il tempo a sua disposizione bastasse a concedergli una chiara visione di ciò che stava accadendo intorno a lui.
Per prima cosa riprese a camminare, seguendo quelle ombre nella loro ignota direzione. Per quanto fosse lampante la differenza tra la sua figura e quella che componeva l'intero plotone, quelle ombre sembravano non essersi accorte di lui e, per quanto Hanzo potesse riporre piena fiducia nella sua forza, erano troppe per potersi permettere d'essere notato. Nella tranquillità di quella marcia, trovò il tempo di riflettere su ciò che ancora gli si prestava innanzi in maniera oscura e imperscrutabile.

Le ombre che fuoriuscivano dalle sue spalle e dal suo ventre dovevano essere l'emanazione del suo potere di famiglia. Eppur mai era capitato che alcuni dei suoi spiriti si manifestassero nel suo piano dimensionale senza che fosse lui stesso ad evocarle. Da questo punto di vista, fino a quel giorno, non gli era mai capitato neanche di risvegliarsi in una danza indotta, circondato da delle ombre che, loro malgrado, lo costringevano a seguirlo. Per qualche oscuro motivo, i suoi spiriti stavano danzando - divertiti - al ritmo di una musica che lui solo non poteva sentire e fu ben lieto di assecondarli nella loro baldanzosa notte di festa finché gli rendevano possibile passare inosservato.
Ma, benché le ombre, gli spiriti e la danza fossero già di per se dei buoni motivi per stupirsi, una cosa più delle altre gli dava modo di riflettere, turbandolo nel profondo, quasi una mano, all'interno del suo ventre, stesse graffiando con i suoi artigli i suoi nervi, facendo impazzire ogni frammento della sua ragione.
Si era svegliato.
Si, e svegliarsi evidenziava la certezza di essersi prima addormentati. Da quanto tempo non poteva dire di essersi lasciato cullare dalla dolce melodia del sonno? La maledizione di Velta sembrava terminata, seppur il suo epilogo lo stesse portando proprio lì, alla base di ogni sua preoccupazione.
In lontananza intravide finalmente la meta e nell'osservarla gli parve come di aver trovato la risposta che cercava, quella in grado di dar chiarezza a tutte le domande cui si era posto. Le ombre, si stavano recando nella pozza nera, quello stesso specchio nero in cui un tempo la Torre si innalzava maestosa.

Dunque la vicenda al Gorgo non era la vera meta della sua maledizione. Velta aveva per lui dei programmi ben diversi.
Le ombre avanzavano e lui con loro. Dal mezzo di quella fila infinita si poteva vedere come le ombre, in prossimità dello specchio, vi si tuffassero dentro, come fioretto finale, poetica morte delle loro danze.
E non era solo, perché attorno a lui poté notare qualcun altro di diverso dalle ombre. Non era solo neanche questa volta, come quando fu con Alexandra. Non era solo ma si sentiva vuoto e, ancora una volta, per sopperire a quella sensazione di mancanza, decise di assecondare la Torre.
E il suo fu un lento scivolare all'interno di quelle oscure acque.
Ancora una volta.
Il buio più profondo.






CITAZIONE

FORJA
Comprensione della Spada

Hanzo4

[size=1][ReC: 225 ~ AeV: 250 ~ PeRf: 350 ~ PeRm: 350 ~ CaeM: 75]

Condizioni Fisiche: Perfette.
Condizioni Psichiche: Accondiscendente.
Energia: 100%
Armi: Honjo Masamune, Fudo e Hocho riposte nel fodero.
Passive: Resistenza Psionica Passiva / Resistenza Disarmo Passiva / Honjo Masamune Indistruttibile, Impossibile da rubare.
Attive:

CITAZIONE
« Espejos de los Infiernos »
I Masamune non sono solo eccezionali incantaspade, nel corso della storia molti di loro si sono dimostrati anche ottimi spadaccini la cui tecnica di spada si è rivelata posata ed elegante. Molti di loro hanno passato anni ad accentuare la loro abilità nell'arte della spada riuscendo, col tempo, a creare un vero e proprio stile personale di cui Hanzõ è il maestro indiscusso. La sua tecnica di spada sfrutta il potere dei demoni minori che lo seguono in ogni suo viaggio, chi per accertarsi della sua morte, chi per convincerlo a liberarlo da quel piano astrale. Per quanto un Masamune cercherà solitudine, infatti, sarà sempre accompagnato dal fardello che è tale dalla nascita, uno stormo quasi infinito di spiriti, demoni che si dividono in due categorie ben distinte e di cui Hanzõ sa sfruttare a pieno le capacità.
Sin Miedo ~ Gli impavidi, coloro che vorrebbero sfruttare il potere dell'incantaspade al solo scopo di varcare la porta dimensionale che li separa, pronti a sconfiggere lo spadaccino così da essere liberi di seminare il panico sulle terre dell'Asgradel. Questi demoni minori non hanno alcun interesse nel favorire Masamune sul piano offensivo, al contrario faranno particolare attenzione a tenere in vita l'unica creatura in grado di portarli sul piano dimensionale che desiderano. Ad un consumo Variabile Hanzõ potrà richiamare un numero variabile di demoni minori affinché questi possano formare una solida difesa contro attacchi esterni. Le difese si manifesteranno sotto le più svariate forme a desiderio dei demoni mantenendo i connotati del dominio non elementare che li contraddistingue quali il colorito violaceo e la sua essenza tenebrosa.

Note:
Mi trovo costretto a dare ben più di una spiegazione.
In primis, le ombre che fuoriescono dal mio corpo, sono due dei tanti spiriti facenti parte della tecnica qui sopra quotata, usata a costo Nullo. In qualche modo, questi due spiriti si autoevocano nel piano dimensionale dell'Asgradel mentre Hanzo è ancora sopito, danzando a ritmo come le altre ombre. In questo modo Hanzo non viene notato, nonostante lui non danzi. Mi è sembrato il modo migliore per tener fede alla psiche del mio pg e non stonare sui toni della quest ^^
Per quanto riguarda il resto, quando scrissi l'ingresso per il Sorya seguii il regolamento alla lettera venendo colto da una visione di Velta. Dopo allora non riuscivo più a dormire, dunque mi stupisco dopo essermi svegliato e faccio mille congetture, immaginando che sia la maledizione di velta a volermi lì, in quella marcia. Convinto di ciò seguo le ombre e mi tuffo nello specchio nero.
Le scritte senza senso invece sono le voci delle ombre di Hanzo che si divertono a danzare.
Per il resto spero sia tutto chiaro e soprattutto spero di non essermi preso troppe libertà.


 
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view post Posted on 3/2/2012, 21:35

season of mists
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[...]

Hello darkness, my old friend,
I've come to talk with you again,
Because a vision softly creeping,
Left its seeds while I was sleeping,
And the vision that was planted in my brain
Still remains
Within the sound of silence.



Viticci di oscurità, nella mente che entrambi occupavano.
Così diversi dall'inventore, così simili a Lei.
Trascinavano Strange nell'oscurità, in un sonno particolare che non gli si presentava da mesi.
Lo avvolgevano in un sogno agitato, in un mare in tempesta senza alcuna garanzia di salvezza.
Ma del resto, perchè curarsene?
Era solo un sogno.

.
.
.

Nero.
Ovunque intorno a lui.
Non appena Strange aprì gli occhi, questo fu il suo primo pensiero.
Il fatto che si stesse contorcendo in strani passi di danza non lo angustiò nemmeno per un istante.
Gli capitava spesso di fare cose curiose contro la propria volontà.
La considerazione che non fosse più nel suo letto al sicuro dentro il laboratorio lo attraversò per un attimo, poi evaporò fulminea, irrisorio particolare in quell'oscura situazione.
No, c'è davvero troppo nero, questo fu lo stupido parto della sua mente in quel frangente.

« Dove siamo? »

Una nota di allarme, che squarciò la cappa di silenzio come un grido stridulo.
I movimenti inconsulti dell'inventore rallentarono, mentre il Vrok si fermava a contemplare quell'oscurità densa - a tratti opprimente - che lo circondava.
Sembrava viscida, effettivamente.
Strisciante, quasi.
Strange non capiva e perciò si fermava, immobilizzato in quella notte che non esisteva realmente, in quel frangente sconosciuto.

« Non lo so, Azure... tu hai qualcosa a che fare con tutto ciò?
Stiamo sognando?
»

Una scarica sferzante di ira allo stato puro la attraversò, mentre Lei malediva per l'ennesima volta l'ottusità del Vrok.
Dannazione, come faceva quell'essere a risultare sempre così stupido?
Era evidente che non era il caso di farsi tranquille domande... si trovavano in un luogo sconosciuto, quando fino ad un attimo prima si stavano addormentando!
Quello non poteva essere un sogno... lo avrebbe riconosciuto se lo fosse stato.
Lo avrebbe accolto con gioia.
E, per Trommar, perchè Strange si stava dimenando?

I movimenti dell'inventore si fermarono definitivamente, mentre quello spaziava l'oscurità con lo sguardo, nel tentativo di trovare l'orientamento perduto... e di capire almeno in parte cosa stesse succedendo.
E anche le tenebre rivolsero la loro attenzione su di lui.
Un corpo umanoide, nero come la pece, oscuro come il peccato.
Due pozzi vuoti al posto degli occhi, due cerchi di luce spenta, appassita fra l'oscurità più opprimente.
Una seconda ombra si voltò verso di lui, poi un'altra, quindi una mezza dozzina.
In quel momento l'inventore si accorse che erano a decine, tutte intorno a lui, con i corpi vibranti tesi nell'eccitazione di una frenesia che solo loro potevano percepire.
Strange trasalì istintivamente, sempre più confuso, poi fece la cosa più stupida che potesse fare in quel momento.
Si paralizzò.
Le ombre sembrarono acuire lo sguardo, concentrarsi su di lui, come a voler individuare la nota stonata in quel concerto di silenzio e corpi frementi.

La mente di Azure lavorava a pieno regime.
Dove si trovava?
Come ci era arrivata?
E, soprattutto, come poteva andarsene?
Mentre la sua mortale prigione cercava un modo sempre più veloce per far sì che entrambi finissero ammazzati, Lei comprese almeno in parte la situazione.
E cercò di porvi rimedio.
Oscurità liquida, nere volute d'ombra trasudarono dal corpo di Strange, avvolgendolo completamente in un freddo abbraccio che mai gli avevano donato.
Velocemente, Strange si trasformò nella pallida imitazione di una di quelle creature che tanto lo squadravano, insospettite.
Poi cominciò a muoversi, contorcendosi e danzando, quasi fosse diventato un'ombra lui stesso.
Risultava goffo e sgraziato ma in pochi istanti guadagnò una certa credibilità, tanto che le figure demoniache si volsero distogliendo la loro attenzione da quella loro... sorella.
Sospirando di sollievo, finalmente Azure potè notare la situazione nella sua interezza.
L'inventore si trovava dentro ad un corteo, una marcia da incubo composta da decine di quelle strane figure ondeggianti.
All'interno di esso potè vedere altri due... intrusi, ma il corpo di Strange non fece alcun gesto verso di loro, niente che potesse in qualche modo renderlo diverso da uno di quei profili demoniaci che parevano diretti verso una polla dagli strani riflessi.
Volente o nolente, anche lui sarebbe sceso là dentro, in quanto pareva l'unica soluzione possibile per mantenere un basso profilo ed evitare l'attenzione di quelle strane creature.
Mentre il suo corpo si muoveva, astutamente camuffato, Strange osservava la situazione con un certo distacco.
Del resto, lui non stava facendo niente, era Azure che manovrava le sue membra.
Un'astuta marionettista a cui il Vrok era ben felice di delegare l'incolumità di entrambi, per il momento.
Perchè lui non ci aveva ancora capito niente.

.
.
.

And in the naked light I saw
Ten thousand people, maybe more.
People talking without speaking,
People hearing without listening,
People writing songs that voices never share
And no one deared
Disturb the sound of silence.




Strange

ReC 225| AeV 175 | PeRf 525 | PeRm 300 | CaeM 50



Condizioni fisiche: Illeso

Condizioni mentali: Illeso

Energia: 100%

Armi:

Chiave Inglese ~ Legata alla Schiena
Confusion ~ Indossati
- Scintille accumulate: 0/3
Ingranaggio ~ Legato alla Schiena
Ingranaggio Abbagliante ~ Riposto nel Camice

Abilità Passive:

Le stranezze dell'inventore - Up al dominio Forza del Toro + Passiva (-150 CaeM + 100 PeRf + 75 PeRm)
Quello dell'inventore è un mestiere duro - Elevata forza fisica + Insensibilità al dolore + Capacità di resistere a due Mortali prima di morire
Qui ci sono già io! - Difesa Psionica Passiva
Secondo test: Fusione Fredda - Resistenza Passiva al Calore: Attacchi che avranno il Fuoco come elemento conteranno come di un livello inferiore

Abilità Attive impiegate:

Immagino che qualcuno dovrà badare ad entrambi
Azure ha ben presto capito che intrufolarsi nel corpo di Strange è stato un madornale errore. Lo ha realizzato quando lo sbadato Vrok ha accidentalmente fatto esplodere la terza invenzione in meno di un mese. Le ferite riportate sono state così gravi e l'indifferenza di Strange così disarmante, che ben presto Azure si è dovuta adoperare per mantenere in vita entrambi. Così, con un grande sforzo di volontà, è riuscita a ... liberare se stessa. Con un consumo Variabile Nullo, sarà infatti in grado di uscire dal corpo di Strange, sia parzialmente che interamente, rimanendo tuttavia collegata a lui. Apparirà come una donna formata da oscurità, effimera ed impalpabile come un sogno, che tuttavia avrà un notevole potenziale difensivo. Il suo scopo sarà infatto quello di bloccare qualsiasi offensiva che verrà mossa contro il Vrok, ponendo se stessa come barriera. Una libertà ben misera, dal momento che sarà comunque vincolata alla sua missione di guardiana. Tutto ciò conterà come un dominio difensivo dell'elemento oscuro, che dovrà necessariamente avere origine da Strange o dalle sue immediate vicinanze.

Note: Azure utilizza un uso nullo della mia Variabile difensiva per ricoprire interamente il corpo di Strange di elemento oscuro, che dovrebbe assomigliare decisamente a quello delle ombre. Grazie al travestimento e imitando al meglio delle sue capacità i movimenti delle ombre, prosegue nella marcia verso il lago.

Legenda:

« Parlato Azure - Inudibile per Strange »
« Parlato Strange »



 
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view post Posted on 8/2/2012, 12:33
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And...bla..Bla..BLA
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pSuoc


Ho fatto un sogno.
Un sogno bellissimo, come da tempo non mi capitava di farne.

Socchiudo gli occhi, veli di cristallo a rigare le mie guance, a rendere per un attimo ogni cosa d'oro e d'argento.
C'era un falco, sospeso in cielo. Grandi ali e piume leggere.
Stava leggero lassù, in un blu infinito, e cautamente vibrava allo spirare di venti caldi, di maree invisibili.

Non c'è nulla innanzi a me, eppure il tremare delle lacrime pare formare sagome distinte dinnanzi al mio sguardo. Occhi smarriti, dita sottili.
Non vi era peso nel suo ondeggiare. Non vi era timore nel suo rimanere in alto -più in alto di chiunque altro-, dominatore di cielo e terra.
Di quel luogo senza limiti e senza barriere. Senza nulla a ricordare che in fondo, molto più in fondo, la vita continuasse a scorrere.

Mi pare di avvertire il capo risalire all'indietro, il collo che si tende mostrando una gola pallida, un petto freddo come ghiaccio, bianco come seta.
E libero di tutto, di ogni cosa, esso si lasciava trasportare dalle brezze, certo che mai tempesta, mai accadimento l'avrebbe strappato da lassù, dalla vetta del Tempo.
Sospiro, le labbra che si schiudono nella ricerca di un'aria ora negatami, ora sottrattami senza apparente ragione.
Era bello, quel falco.
Troppo bello per poter essere vero. Troppo radioso, troppo perfetto, troppo leggero, semplicemente troppo per poter esistere in altro luogo se non nei sogni. Nei più tristi, melanconici Sogni di una mente illusa, di un cuore spezzato.

E avverto un brivido scorrermi lungo il corpo, flebile sensazione di freddo che poco, oramai davvero poco, ha di che differire con la morte.
Di che separarmi con quell'unico, doloroso, pensiero.

Morirò?

Una nuova lacrima sul viso, un nuovo ansito contratto. Un nuovo indugiare di un fiato sempre più basso, sempre più roco.

Morirò?


Nel mio sogno, il falco non poteva morire. Egli era senza tempo e senza paura, poiché nulla che accadesse sulla terra avrebbe mai potuto sfiorarlo.
E perciò, anche la morte.
Così egli, incurante di tutto, avrebbe potuto per sempre volare libero, e dimenticarsi, forse per sempre, del dolore e della disperazione. E del fatto che tutti, prima o poi, dobbiamo ricordare.

Ma io ora cado sulle ginocchia, ed è il dolore a costringermi, forse per l'ultima volta, a strapparmi un sospiro contratto. A nascondere il mio volto in una cascata di ciocche argentate e costringermi ad ammettere, mio malgrado,
Che ho paura.
Sorrido.

Può una Dama aver paura?
Può la morte indurire il suo volto, sciogliere la sua bellezza, far svanire quella magia, quella malia che il suo corpo sempre irradia, sempre sprigiona?
Può una Dama, dunque, perire?
E con essa il giorno e la notte, e la terra e il cielo. E anche il mare, e con esso tutto, ma davvero tutto, fino al precipitare di ogni cosa nel nulla?

Posso IO andarmene?


Ho fatto un Sogno. Un bellissimo sogno.
Io non faccio mai sogni ma solo incubi, quindi, per davvero, questa deve proprio essere la Fine. Quella Vera.
Io ero un falco

Chiudo gli occhi.
E volavo libera nel Cielo.
Sospiro
Venti caldi e correnti leggere a portarmi via, via per sempre da ogni cosa.

4iOLO
Ebbe un fremito la Torre, un denso boato cupo e contratto mentre un'ombra fra le altre, un'anima fra le poche si immergeva tutto d'un fiato nel Lago di Tenebra. Nessuna creatura l'aveva notata, nessuna aveva intravisto fra i tratti eguali quella lieve dissonanza, mite distorsione della realtà tale da ingannare anche il più astuto osservatore. Peccato. E così in un attimo Strange era passato dall'altra parte. Dapprima fra il mondo dei vivi e subito dopo in quello del...Sogno?
Difficile a dirsi. Pochi possono entrare e poi tornare laddove solo spiriti e incubi dimorano. Pochi il cui animo sia abbastanza forte da sopportare una canzone senza note, un orizzonte senza cielo o un libro senza parole. Pochi. Pochi nel mondo di illusione e inganno.
Lo stesso da cui Desiderio proveniva e che, malgrado tutto, non seppe affrontare se non cadendo in preda al panico, in preda ad uno stordimento tale da impedirle un passo in più, un movimento ancora che non fosse frammentato di sospiri e singhiozzi. Venne dunque trovata, poverina, e con la forza condotta proprio dinnanzi alle porte della Torre, malgrado tutto serrata dalla mano di Qualcuno.
Dinnanzi a lei, la svettante figura di un'Ombra più imponente delle altre, più cupa e silenziosa di tutte. I suoi occhi nero fumo, le sue mani artigli contorti. Il suo fiato spiro mefitico mentre senza un suono spalancava le proprie fauci per emettere un lungo, stridulo suono.

Ik'Mash!
Aprile
Ik'Mash Hiez!
Aprile Subito!

Difficile dire perché Desiderio potesse intendere le parole di quell'essere. Difficile intuire perché fra tante possibilità, proprio lei era stata scelta per un tale ingrato compito. Attese, l'Ombra, dense voci che si alzavano improvvisamente tutt'attorno mentre un Servo -una infima, inutile pedina- si ribellava improvvisamente al giogo della melodia per perdere improvvisamente la ragione. Un turbamento della Nenia? Una stonatura della Realtà? Oppure, più semplicemente, l'accorgersi di qualcosa -qualcuno- che cauto si affrettava al suo fianco in direzione del Lago Nero?
Quanta ragione avrebbe potuto esserci nel suo notare Alison che quieta si abbandonava alla marcia funesta, ignara di turbamento, di fatica e -non in ultimo- del fatto che il Lago non fosse altro che una tomba, un vitreo bacile ove condurre la Vita per poi distruggerla in onore della Torre, in onore del Al Male in essa imprigionato?
Nel breve distorcersi di un attimo, nell'impazzare di quella stolta pedina e disarticolarsi del Corteo, Spenser fu dunque libera, libera di decidere se fuggire (e salvarsi) o restare e tentare -suo malgrado- di fermare Desiderio, di arrestare quella orribile marcia verso la Fine.
Poiché solo lei, solo lei in quell'istante avrebbe potuto.
Poco distante, anche Hanzo aveva, suo malgrado, ceduto il proprio destino alle Acque Nere. Guerriero precoce, mente libera, senza un fiato egli aveva ceduto alla malia di Velta e fra le catene delle sue fondamenta si era strettamente avvinghiato, vittima ed insieme fautore del suo stesso destino.
Come non intendere che il sacrificio delle Ombre, la loro marcia e dissolvenza nelle Acque altro non era che un tributo di sangue alla liberazione del Male? Come non intendere che ogni anima altro non era che energia, che denso spirito atto a spezzare le porte di Velta e lasciar da esse sgorgare libera la Distruzione?

Sorrise il Male, il sapore di due anime diverse dalle altre -molto più ghiotte e pure- che lento si disperdeva sulla sua lingua come balsamo ristoratore. Sorrise, ed in quella le sue dita ossute si posarono ancora sulla sottile spire che ancora divideva le porte di Velta. Ora chiuse -dannata resistenza umana- ma ciononostante incapaci di nascondere, di celare il lieve calore che, di Desiderio, dall'altra parte filtrava come sensazione soffusa, estasi appena agognata.
Sospirò, il Male, e così facendo scompigliò di un poco i morbidi capelli di Hocrag al suo fianco, anima in pena nel luogo ove nulla trova conforto, ove nulla perdona.

Al Rak'astar

Sillabò lentamente, lingua melliflua su palato riarso e poi, in un bisbiglio.

Tu mi obbedirai, Hocrag, poiché io così ordino

BciKc



Ed eccomi qui^___^ Scusate il ritardo.
Bene. La situazione diviene abbastanza caotica, dividendo ulteriormente il gruppo e i personaggi.

Nahenia_ Desiderio viene notata e condotta a forza proprio dinnanzi alle porte di Velta. Li, un'Ombra le ordina di aprirle, mettendo ovviamene Desiderio dinnanzi alla scelta se eseguire gli ordini o rischiare la vita. L'Ombra è una energia Verde, abile di utilizzare esclusivamente attacchi fisici. Ella è in grado di parlare, per cui sentiti pure libera di creare un botta e risposta fra Desiderio e lei. (per sicurezza e per evitare incoerenze, però, sarebbe meglio che tu mi mandassi un mp a riguardo spiegandomi cosa avresti intenzione di farle dire^___^)

Hanzo e Savior_ Entrambi i vostri pg finiscono nelle acque, dando istantaneamente il 20% delle loro energie totali a Velta come tributo. Allo stesso modo, entrambi si ritrovano a vivere un sogno cosciente, direttamente estrapolato dalla loro coscienza e concretizzato con una forza tale da assumere tinte spaventosamente reali. Vi è la possibilità di svegliarsi, ma trattandosi di una malia superiore a tutto ciò che i vostri pg abbiano mai affrontato, ciò sarà possibile solo ad un prezzo. Per questo turno voi dovrete far vivere al vostro pg un sogno (qualunque sogno) e mettere all'interno di esso un tributo da pagare per poterne uscire. Libera scelta su cosa scegliere e come sceglierlo ( se mettere il pg dinnanzi alla scelta drastica : cosa mi dai; oppure fare in modo che siano gli eventi a costringerlo a donare qualcosa: deve togliersi la spada per passare oltre un burrone, e così via) una volta deciso cosa fare mandatemi un mp in cui mi esponete la vostra scelta. Li vi dirò se il vostro pg si sveglierà in questo turno o meno.

Esiziale_ Un'ombra nota il tuo pg camminare insieme alle altre per cui nel tentativo di "falciarlo" si divincola dalla malia che la soggioga ed inizia chiaramente a dare fuori di matto. Si tratta di un piccolo combattimento (l'ombra è una energia Gialla, capace solo di attacchi fisici) che si apre all'insegna di un tuo vantaggio: l'ombra è fortemente debilitata sia nella concentrazione che nei movimento per via del fatto che essa risente della musica e della malia di Velta. Utilizza pure il png autoconclusivamente. In breve, il tuo pg sarà presto libero e abbastanza distante dalle ombre così da potersi muovere OVUNQUE DESIDERI prima che esse si accorgano della sua presenza. A te la scelta se andare a soccorrere Desiderio oppure abbandonare il gruppo e fuggire. Queste sono solo due alternative, ovviamente. Nel caso ti venga in mente altro non avere paura ad agire come meglio credi.

Goth'_La prima parte di questo post è solo ed esclusivamente per Hocrag. Ciò che viene descritto è ciò che egli stesso vive dal proprio punto di vista. Una sorta di ricordo in prima persona salvo il fatto che a ricordare non è lui ma qualcun altro. Si tratta di alcuni dei pensieri di Eitinel poco prima che arrivasse Venatrix, laddove ella si rende conto che la sua fine è oramai prossima. A te libera scelta su come interpretare la cosa. Una volta terminato questo punto, il tuo pg si ritroverà laddove è stato lasciato con entrambe le mani poggiate sulle porte di Velta intente ad esercitare la chiara pressione per aprirle. Come nel turno precedente, ti lascio piena libertà. Ultimo punto. Il Male c'è ancora, e agisce come nel turno precedente.

Come sempre: 5 giorni di risposti più tre opzionali di proroga. Per qualunque domanda non esitate a chiedere^___^
 
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view post Posted on 8/2/2012, 19:37
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Un vento freddo e un'aria greve
per condurmi all'interno,
nell'oscuro nucleo del male.

-



Capitolo terzo, oltre il velo dell'incubo.



7SFRq


un'
Eterea piana.
il paradiso perduto, atrio dell'oscurità.

Vide un'aquila.
falco
Volava nel cielo, nell'infinito azzurro pallido e monodimensionale che faceva da sfondo al suo irreale vibrar d'ali. Il senzavita non seppe da quanto tempo era lì, immobile, ma non dubitava vi si trovasse da sempre. Quello era l'unico paesaggio, l'unica visuale che il suo sguardo e la sua mente potevano concepire, nulla più. Era bello eppur doloroso, in fondo, guardarlo. Strinse le labbra e socchiuse gli occhi, nell'ammirare l'animale; il perfetto e lineare piumaggio gli davano un aspetto quasi potente, un'aura di energia liberatrice, assoluta. Il concretarsi del divino. -

Non era lì per Hocrag.
Non poteva esistere nella sua realtà.
Seppe di essere in procinto di
vivere?
fu solo un fugace sentimento
- Il concretarsi dell'oblio.

Osservava il mondo sotto di sé e intorno a sé, il mondo che egli stesso aveva costruito, nel suo incubo. Perché un incubo era, né più un sogno. Era il rovesciarsi di un sogno, e come tale di tutto l'inizio. Eterna mancanza di sofferenza nella perdizione, un incatenarsi e un candido irradiarsi per l'infinito che l'attendeva, sul tenue e liscio adagiarsi del vento sul corpo del falco.
Sul mio corpo.

-

Era l'inizio della vita.
Mi dirigevo diritto, verso il lontano buio, mentre il tempo svaniva in quanto significato. Perché un falco così perfetto qual'ero doveva dirigersi nel ventre del male? Perché il fremito dell'inizio, il battito del risveglio doveva avvenire di lì a poco? Perché, soprattutto, tutto ciò era necessario? Non ero io, eppure era la mia mente. Non era la mia realtà, eppure era il mio incubo. La totale assenza di emozioni permeava quel tetro luogo, che pur pareva così perfetto da un punto di vista esterno.
(la condanna della perfezione)
Alla Dama, che pure era me.

Chiusi gli occhi mentre ciò che appariva chiaro diveniva confuso.
Sbattei le palpebre mentre il mio vitreo sguardo
(solo io lo sentivo?)
diveniva glaciale, immortale nel proprio sogno, solamente l'inizio dell'incubo. Era l'inizio, sì, ma di ciò che aveva terminato la dea. L'inizio del mio incubo, mentre il sogno ne prendeva il posto in LEI. Un passaggio di sentimenti (una parola senza più un significato). Un passaggio di staffetta, pesante quanto non mai, da due entità diverse che divengono una, tale ero io. Con l'immagine della Dama che mi pervadeva.
Piansi. Sorrisi. (non ero io) Uno squarcio di luce che avrebbe preso Eitinel, il falco, me, il mondo intorno. Sì, si stava avvicinando, tutto ciò ne era un presagio, e sarebbe stato bello, quel momento.
(ma non si sarebbe avverato su di me)
Avrebbe preso ogni cosa, perché così era stato deciso. Ma non la mia anima, non ciò che avrebbe dovuto sopportare, per l'eterno susseguirsi di uguali eventi, il fardello del
male
il lascito della Dama.

Sorrisi, ma stavolta ero davvero io. Che stupido. L'avevo cercata da tempo, e non avevo compreso che, in fondo, eravamo più simili di quanto non potessi riuscire a pensare. (la realtà pareva immobile, il falco sospeso in un volo senza fine che avrebbe segnato la separazione e il termine e ancora l'inizio) E lei non esisteva, non era mai esistita. Era un pensiero fugace, un ricordo confuso. Non l'avevo mai vista, non ci avevo mai parlato.
Era solo l'immagine di me
che stava svanendo.

Nel momento in cui mi rendo conto di questo la mia mente si blocca. Non ho nulla da fare, ormai, nulla contro cui opporre inutili e futili resistenze. Mi hai lasciato ciò che tu abbandoni, l'eredità del male che nessuno avrebbe potuto sopportare. Neppure te stessa. Avrei voluto odiarti, per avermi lasciato tutto questo, eppure ora, in questa realtà che non è più mia, non posso far altro che chiederti scusa.
A te, a me, che differenza fa? Ormai, nell'eternità del susseguirsi e ciclico mutarsi, nulla ha importanza se non il presente. Il passato e il futuro sfumano di fronte all'ovvietà della ruota dell'"adesso", a nulla ormai è necessario opporsi, a nessun infausto destino. E neppure a te, Eitinel, pensiero confuso. Tu hai ripreso il sogno liberandoti dagli incubi che mi hai lasciato. Io ora sorrido, Eitinel, perché costretto a servire te, ed accogliere il tuo incubo.
Mi hai rubato la vita e la morte, ma a te le ho lasciate.

Adesso, questo corpo di falco mi porta verso l'oblio che mi attende con ansia. Verso la mia esistenza, e verso la tua morte. Liberati. Ciò che è accaduto è passato, presente e futuro. Interrompilo,
ora ne avrai la forza.
(Io sono il tuo servo, Eitinel.)
...
Addio.


un ultimo sorriso folle in volto,
come quello che le aveva donato alle porte della distrutta Velta.
un'ultima certezza,
l'essenza dell'oblio che lo permeava, inghiottendolo
- era giunto al termine del volo, nell'oscurità.

Da quel momento seppe con certezza che nulla avrebbe più sognato
fuorché incubi.

v a m.
-

zdIB1

(tu mi obbedirai, Hocrag, poiché io così ordino)

Si separò dal corpo del falco, nel rientrare in quella così ben conosciuta oscurità, dove i suoi occhi, tuttavia, non si erano ancora abituati.
Ma il male non aveva bisogno di essere visto per poter essere percepito
e presente nella realtà
del sogno di se stesso.

Respirò, mentre i suoi sensi erano più annebbiati di prima. I suoi polpastrelli avevano già sfiorato i grandi portoni, una seconda volta, e in quel momento stavano allentando la pressione che avevano già esercitato. Sì, aveva infine aperto le porte al male, verso l'esterno, come questi aveva ordinato. I suoi occhi appena percepirono l'aprirsi di una flebile luce, il restringersi di una pupilla che aveva dimenticato ogni cosa all'infuori del nero più profondo, in cui era immersa da tempo, ormai. E vi sarebbe stata immersa per sempre. Perché egli risiedeva nell'oscuro lembo del reale.

Lasciò che l'oscurità l'avvolgesse, ancora una volta, ancora una.
ne voleva l'abbraccio

Lui era il male.
Suo era l'ordine.
Non esisteva nient'altro.

« tu sei me perché io sono te
perché il mio volere è il tuo volere.
»

Nessun commento, nessun ripensamento, non c'era spazio a quello. Solo accettazione, di un futuro uguale al passato, di un eterno presente di oblio. Il Sorya non si sarebbe mai liberato del Male, perché Hocrag era condannato ad esistere per sempre. Così come l'immagine di se stesso, Eitinel, aveva voluto. Così come il Male che vi era contenuto, aveva stabilito. Ormai lo sapeva.
In fondo non era cambiato nulla. Eitinel non era niente più che un mero ricordo sfocato dal tempo. Era il Male contenutovi che possedeva Hocrag, quest'ultimo il suo servo. E finalmente, tutto si era rivelato.

Il lascito di Eitinel.
l'oblio nel Male.

- dieng.

Era di nuovo l'inizio.





hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 100%

Attive utilizzate nel turno. »

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Come spero si sia capito, l'intero sogno è visto sì con gli stessi occhi di Eitinel, ma, a partire dalla prima frase che riprende l'ultima del sogno, si nota come sia visto in maniera diametricamente opposta. E' necessario che sia così, almeno dal punto di vista per Hocrag, poiché, mentre Eitinel tramite lui si è liberata con la morte , a lui non rimane che l'eterna e perenne esistenza, fatta di incubi che la Dama gli ha lasciato. Quindi tutto assume una valenza opposta - oltre al fatto che mi sembrava doveroso collegare i due sogni, funzione della prima frase 8). Il monologo che pronuncia Hoc è diretto ovviamente ad Eitinel, che ne sogno si identifica con lui stesso; alla fine non riesce a distinguere bene le due entità, ma comunque, al centro vi è l'impossibilità di esprimere ciò che davvero vorrebbe. Tutto l'odio accumulato (o che avrebbe accumulato) verso di lei non riesce a trovare uno sfogo, e viceversa si concretizza in scuse. Ed è l'ultimo addio, l'ultima volta che, come pensa Hoc, avrà occasione di parlare con la Dama, cosa che ha desiderato da tempo - ma non riesce e non può dire niente di meglio. Finché il suo falco si dirige non verso una liberazione, cosa che rappresenterebbe, ma verso il buio e l'oblio, cosa che ritorna in contemporanea allo svanirsi del sogno. A questo punto Hoc si ritrova ad avere già fisicamente aperto il portone, inconsciamente, perché il male ha già preso possesso del suo corpo, e Hoc, attraverso l'unica frase che pronuncia davvero, ne è ormai consapevole.
Musiche di AdrianvonZiegler.


 
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Nahenia
view post Posted on 10/2/2012, 13:37




di-PGG9



Inerme sull'erba fresca Desiderio si desta dal suo tenue tepore, non appena una stretta ferma, come vipera, le si stringe attorno al braccio tirandola a se, con decisione e senza grazia. Come belva la trascina con forza oltre quella distesa di smeraldi, distruggendo ogni suo tentativo di fuga, dissipando la libertà appena conquistata.
Cerca invano la bimba, scalcia e si lamenta rumorosamente, cerca invano di aggredire il suo carceriere, ma nonostante Xandra tante e tante volte ci avvesse provato, lei non era in grado di danzare.
E allora non le restava altro che rallentare quella corsa verso l'ignoto, verso quel riflesso distorto e inreale, non le restava altro che osservarsi intorno, vedere voli di ombre, o forse semplici stormi, danzare là nel cielo turchese velato di bianco, e temere per lei.
Si sente musica nell'aria dalle strane parole, melodie arcane e canti di morte.
E le ombre danzano in cerchio, in un turbinio spettrale, eppure incantevole alla vista, vede dei volti, li riconosce come umani, ma posa lo sguardo al suolo e cerca una qualsiasi spiegazione per quell'incubo reale che adesso sta vivendo.


Era stata condotta dinnanazi ad una porta, immensa le pareva e si sentiva soffocare dalla sua presenza e dal gelo che ne filtrava. Poi nel silenzio della sua contemplazione per la bellezza di quell'architettura, una voce cupa sovrastata da echi lontani, la portò con violenza alla realtà.


Ik' Mash!

Ik' Mash Hiez!



Senza sapere, senza nemmeno capire il perchè, le parole appena sentenziate risuonarono chiare nella sua testa, riuscì a farle proprie, ma ciò che davvero non comprese era perchè lei. Cosa si celava dietro quel velo sottile, cosa nascondeva o imprigionava quella strana porta? Con paura, ed un pò di arroganza rispose.

No

Ik' Mash!

Mai



Colpo duro e secco si infranse sul volto di Desiderio spaccandole il labbro inferiore, che presto cominciò a rigare di rosso il mento perfetto di lei, morendo sulla veste bianca e tingendo a tratti il giglio grigio nato sul suo petto.
L'infante passò la lingua sul taglio, ne assaporò il sangue, sentì il gusto di ferro e di buono, ignorando il bruciore che ogni nuova passata le procurava.
Sentì una risata in fondo al cuore.
Alzò il volto verso il suo carceriere d'ombra, lo guardò con disprezzo, ma niente sembrava intaccarlo, ed in risposta al suo sguardo l'ombra le afferrò nuovamente il braccio, con forza lo premette sulla porta. Era il momento per IL suo inizio.
Ma prima che le dita diafane dell'infante sfiorassero la lastra liscia della porta, un boato, un turbinio di vento e vita si frappose fra loro due. Davanti ai suoi occhi stava crescenado ad una velocità quasi inreale grovigli di rovi ed edera. Si contorcevano, si univano, plasmavano, si soffocavano gli uni algi altri, ma tutti andavano a formare una spessa maglia, un muro, il quale in pochi attimi ricoprì l'intera porta.
Desiderio indietreggiò, guardò titubante il muro dinnanzi a lei, e per un attimo, solo per un secondo intravide un volto, e in un bisbiglio la chiamò, rincuorandosi.
Madre
Ma la magia, o quel che era non durò a lungo. Il muro, stretto in quella morsa, non di difesa, ma di ammonizione, cominciò ha sgretolarsi sotto gli occhi increduli della sua bambina, caddero brandeli sul terreno, e una lieve risata rusuonò cristallina nell'aree.
La porta era stata aperta, e ciò che era stata celato per tutto quel tempo, finalmente libero.
Sentì il corpo tremare, l'anima scalpitare, ed infondo al cuore un sorriso nacque.
Era il tempo di sbocciare.


di-305Y

di-JOQK
[ReC 175] | [Aev 275] | [PeRf 175] | [PeRm 200] | [CaeM 150]


Stato Fisico -
Danni Medi da strangolamento.
Lievi ferite da taglio lungo il collo.
Labbro inferiore spaccato.

Stato Mentale -
Agitazione.
Paura.

Energia -
89%

Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -
Muro di Rovi
Note -
Breve spiegazione. Si ho usato una tecnica inutile, ma la mia scelta è stata ponderata, in quanto Desiderio non conosce i suoi talenti, ne tanto meno sa combattere ( o come segnalato nel post danzare) perciò ho voluto che involontariamente ne venisse a conoscenza qua. Chiedo perdona ai miei compagni in quanto Desi si potrebbe rivelare una spina nel fianco 8)

di-FY33

 
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36 replies since 20/1/2012, 11:03   1327 views
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