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nel buio: la verità

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Vràstax Victoriàn
view post Posted on 19/3/2012, 22:58






Non sapeva dove si trovava ma sapeva che c’era, che la sua esistenza ancora contava qualcosa. Strinse una parte di sé, forse erano le sue stesse ossa, doveva essere la bocca o probabilmente erano solamente le nocche delle sue mani. Da tempo ormai si sentiva legato ad un mondo parallelo a quello in cui tutti vivevano e lì, ormai, non aveva più niente a cui legarsi e combattere, il suo unico scopo era quello di trovare una risposta ai suoi mille perché e di certo non l’avrebbe fatto lottando o cercando chissà quale tesoro, la risposta era dentro la sua mente, o meglio, dentro quella di chi viveva in lui.
Non era facile certo ma non era nemmeno difficile, infondo poteva avere accesso ai ricordi di tutti, ai pensieri e a qualsiasi tipo di informazione utile e da quel che sembrava era realmente diventato immortale quindi non si ponevano problemi.
No, non si ponevano problemi.

Solo che per quanto distaccato e quasi inanimato potesse essere il suo spirito provava un certo timore nell’affrontare chi l’aveva cresciuto, allontanava dalla sua mente l’immagine del volto di quel guerriero che tanto aveva rispettato e stimato. L’odiava certo, cosi come odiava tutti, ma si sentiva legato a lui, al Vittoriano che li aveva salvati e si sentiva quasi in debito con c’ho che aveva fatto ma sapeva anche che il fautore della malvagità e della trasformazione di Vrastax altro non era che lo stesso che tanto cercava di evitare.
Strinse, ancora, con molta più forza e tenacia.
Era qualcosa di molle, lo appurò senza troppa fatica.

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Non si lasciò andare, non ancora, percepiva l’aria che respirava come fredda e asciutta, le palpebre erano fin troppo serrate e poiché non riusciva ad aprirle non si sforzò più di tanto a tentarci. Il nero comunque lo soffocava, non riusciva a vedere oltre probabilmente fuori era buio e il non sentire niente lo portò a credere che fosse solo, non sentiva alcun rumore se non il vento che soffiava in solitaria.
Le parole cominciarono ad accavallarsi, piramidi di lettere che si confondevano le une con le altre e poi guerrieri che parlavano iniziarono a fissarlo, alcuni erano dispiaciuti altri terribilmente nervosi, imbestialiti con ciò che avevano di fronte, il Rinnegato li scavalcò, uno ad uno senza farsi sommergere da quegli sguardi incresciosi. Oltrepassò soldati con cui aveva lottato, altri che aveva salvato, li lasciò perdere non serviva più il loro coraggio, non ancora almeno. Tenne il passo regolare, rigido e sempre fiero camminava tra vie e strade oscure, tutte apparentemente uguali, sembrava come se si stesse addentrando sempre più in fondo, andava giù come nell’inferno di Dante, sentiva il calore mangiarlo e gli sguardi farsi sempre meno evitabili, quasi lo soggiogavano, gli facevano paura gli occhi dei suoi stessi fratelli.
In ogni singolo girone vedeva qualcuno di familiare e nessuno, nessuno, di loro era uno sconosciuto.
Mancava poco, c’era quasi.



K3pGE

 
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