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Conquistadores - Invasione, Main Quest - Goryo

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Lenny™
view post Posted on 20/3/2012, 23:23




Conquistadores ~ Invasione
I - La calma prima della tempesta


« Cosa è stato? »
Jerzi, tecnico del ponte di comando, schizzò in piedi dalla poltrona di cuoio nero. Nel sussulto, whiskey dilagò fuori dal bicchiere zeppo di ghiaccio. Gocce colore del piscio si disseminarono sulla console. Gli sembrava d'aver udito cardini cigolare, nella cabina di pilotaggio. Girò lo sguardo da una direzione all'altra. Tutto vuoto, tutto inerte. Muoveva la testa a scatti, come un tacchino che riceve l'imbeccata.
« C'è qualcuno? »
Nessuno gli rispose.
Bicchiere serrato nel pugno, Jerzi tornò a osservare i monitor della Sala di Controllo, mente e sistema nervoso centrale della Purgatory. Orgia cibernetica hi-tech, decine di monitor ad alta definizione attorno allo schermo primario, cinque metri per tre, effetto tridimensionale a reticolo poligonale multiplo. Tutto quanto generava calore torrido: terminali, computer, apparati generali, banchi di trasmissione. Risucchio termico, ventilazione forzata, sibili incessanti, ossessivi. Sembrava di essere in un groviglio di rettili velenosi, là dentro. robaccia ultratecnologica portata lì dal grande capo Ramon Espejo, più conosciuto come..

« Hyena! »
Impatto, contro la nuca. Prima di crollare al suolo, Jerzi scorse un bastone di legno duro incombere su di lui, stretto in pugno da un'ombra dalla forma solo vagamente umana. Capelli lunghi e grigi venati di bianco, naso simile al becco di un avvoltoio, lineamenti pesanti, mento squadrato. Abiti eleganti sfumati nel nero, cappello a tesa larga dal piumaggio candido. Jerzi conosceva quell'uomo. Tutti lo conoscevano, a bordo della nave. E tutti sapevano che Viktor von Falkenberg non era, un uomo. Non lo era mai stato.
Quel demone era l'incarnazione stessa del terrore.
« Dove cazzo è finito il capitano di questo relitto volante? »
« Non.. » Jerzi esitò. « Non so..vi prego.. »
Il bastone pestò di nuovo, basso ventre. Jerzi annaspò, bocca spalancata. Aria ventrale gli venne fuori in un fiotto caldo, acido. Crollò in avanti, bocca semiaperta contro il suolo.
« Non pregare, pezzente. » Il Beccaio incombeva su di lui. La punta frastagliata del bastone premette contro la sua mandibola. Jerzi emise una specie di gorgoglio. « Sto qui da quasi tre anni, ormai. Niente vino, niente donne. Solo un moccioso che osa tenere dietro le sbarre il più grande degli eserciti. » Viktor ripulì la suola dello stivale sui vestiti di Jerzi. « Questo affronto avrà fine. Avrà fine stanotte. »
Jerzi tossì duro. L'aria era fetida. Sapeva del sentore acre emanato dall'alito di quel vecchio mostro che non lo stava nemmeno guardando. No, Viktor teneva lo sguardo piantato sui monitor, sulle zone strategiche della Purgatory, un'espressione indecifrabile dipinta sul volto grinzoso. Curiosità? Premeditazione? Jerzi non avrebbe saputo dirlo.
Tutto ciò che riuscì a buttar fuori, fu: « Non so dov'è Hyena, signore. Ma io posso..io voglio servirvi, signore, Quindi vi prego.. »
« Quindi stai di nuovo pregando, pezzente? » Tagliò corto il Beccaio, voltandosi verso di lui. L'espressione indecifrabile si contrasse nella grottesca imitazione di un sorriso. « Apri la bocca. »
« Co..come, signore? »
Movimento tra le ombre. Jerzi non seppe definire cosa fosse.
« Apri-la-bocca. »
Jerzi non poté che obbedire.
Viktor von Falkenberg aveva in pugno una pistola a canna lunga. Roba compatta, micidiale. Mai un'arma si sarebbe trovata all'interno della cabina di pilotaggio, in presenza di Hyena. Ma lì, Hyena non era presente.
« Di più, pezzente. »
Viktor gli infilò la canna in gola. Bocca da fuoco direttamente a contatto con il palato. Spinse la nuca di Jerzi, tenuta per i capelli, contro uno dei monitor della cabina.
« D'ora in avanti qui comando io, e tu eseguirai soltanto i miei, di ordini. Chiaro? »
Un secco annuire, da parte di Jerzi.
« Tu informerai me, il tuo amato signore, di qualsiasi cosa accada nella Purgatory. Chiaro? »
Ancora un secco annuire.
Un rivolo di sudore colò a lato della tempia di Jerzi. Ma a nessuno di quei due importava.
« Tu farai atterrare la Purgatory sul Plakard, vicino alla mia fortezza. Lo farai ora. Chiaro? »
Un ultimo, secco annuire.
Viktor ritirò la Eiserne Wache. Abbassò il cane. Fece per infilare la pistola nella cintura, ma s'interruppe a metà del movimento. La bava bulbosa di Jerzi lordava la bocca da fuoco. Viktor rimosse la traccia viscida tra il pollice e l'indice della mano guantata.
« Ma prima di ogni altra cosa, pezzente.. »
Riportò lo sguardo su Jerzi. Gli pestò il calcio della Eiserne Wache in piena faccia. Denti si spezzarono, mentre il pilota crollava in ginocchio con in gola il sapore aspro e metallico del suo sangue.

danhipp012-1
« ..fa' aprire subito quelle dannate celle. »

Jerzi si prostrò in avanti, con entrambe le mani premute sulla bocca.
Resa incondizionata. Sottomissione assoluta.
Che altro avrebbe potuto fare?



QM POINT: Ufficialmente, non esiste alcuna rivolta a bordo della Purgatory. Ufficiosamente, si sa che Viktor von Falkenberg, conosciuto da tutti come il Beccaio, è tornato a bordo dopo un lungo periodo d'assenza, fiancheggiato da due vecchie conoscenze del clan: Rohan (pg di Stray, ex membro Goryo) e Laurens de Graaf (pg di Apocryphe, membro attuale e alleato di Hyena). I vostri personaggi vengono a sapere che ciò che è in procinto di accadere nella nave -si sussurra di una ribellione, della liberazione dei carcerati quali alleati, e non più nemici, addirittura di assassinio del capoclan- avrà luogo allo scoccare della mezzanotte al centro della Prigione (vedere zone della Purgatory, in Hall Goryo).

Questo è il topic per chi sceglie di entrare nella fazione dei "ribelli", capeggiati da Viktor von Falkenberg. Non si potrà cambiare fazione nel corso della quest, quindi ponderate bene sulla vostra scelta.
Prima di postare attendete il post di Stray. Sarà il suo pg, Rohan, a raccogliere i vostri personaggi. Durante il suo post la Purgatory atterrerà sul Plakard e saranno aperte le celle della prigione.
 
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Stray
view post Posted on 21/3/2012, 00:02





La nave è appena atterrata, appoggiando la sua carena vibrante al suolo di pietra lavica, le passerelle di servizio escono con un sibilo da aria pressurizzata. La luce azzurrina del comparto motori è sempre più fioca, traslucida, smette di soffiar via la polvere dell’Akerat fino a spegnersi del tutto. Di fianco a lei, un’altra bestia meccanica giace sotto il cielo di nuvole nerargento, illuminata dalla luna seminascosta: i cancelli di Rottenhaz vomitano un esercito color ossidiana, un mare di picche alzate che si muove in schiere compatte, così tanti da far tremare il suolo.

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C O N Q U I S T A D O R E S
~ hell sweet hell ~


Vento, nella Purgatory.
Vento fra i condotti vuoti, le grate arrugginite, gli strapiombi che sfumano nell’oscurità.
Un turbinio di foglie secche che spazza il suolo, si arrampica nel vuoto, volteggia fra un ponte e l’altro e infine si posa, compattandosi in un fantoccio via via sempre più dettagliato e umano, di fronte alle celle.
L’ospite tende una mano fra l’intreccio di sbarre, lentamente, come nell’approcciarsi ad un animale selvatico.
Ormai le foglie, rosso autunno, sono state assorbite dall’epidermide liscia, sono diventate placche metalliche e vestiti, un lungo mantello rosso che mantiene ancora le tracce di quel tessuto scaglioso.

I detenuti si riscuotono dal torpore, i loro occhi nell’ombra sono bottoni luminosi, si voltano piano.
In controluce non vedono molto, ma sono certi di una cosa: non è un secondino - i secondini di quel piano non hanno più mani, dopo uno scherzo simile. Le catene tintinnano, sfregano il pavimento, le divise si tendono sotto il dilatarsi dei muscoli.

« Anche voi vi state annoiando? »

Dice il ragazzo, sorridendo.
E le celle si aprono.

† † †

Il rumore è quello del ferro spezzato.
Del clangore dell’acciaio, dello stridio metallico, del cardine sbalzato via dalla traccia sagomata.
Poi, un maelstrom di urla e grida si alza e rimbomba fra le pareti della prigione, sempre più forte di secondo in secondo. Nessuno può fare a meno di sentirlo, perché le celle sono dappertutto. L’orologio del ponte centrale ha appena fatto comparire sullo schermo un quadruplo zero, e quel gracchiare molesto da una parte all’altra della nave non è la sveglia di mezzanotte, ma l’allarme automatico che segue l’apertura di ogni singola gabbia. Montag, seduto sul bordo di una passerella, piedi nel vuoto e sguardo soddisfatto, agita il mento squadrato su e giù, ridendo. Sotto di lui, un fiume di gente si muove correndo, spingendosi l’un l’altra, detenuti in fuga come un branco di cani rabbiosi.
Orso di Ferro salta nel vuoto, atterra una decina di metri più in basso piegando appena le ginocchia, davanti alla testa del gruppo.

« Gloria e onore al Beccaio, figli di puttana. »
Dice, alzando al cielo l’immensa alabarda.
« Eterna gratitudine al generale Falkenberg, il vostro liberatore! »

† † †

Da quando si era alzata nei cieli, la Fat Whore non era mai stata così rumorosa.
Soprattutto perché tutto il divertimento era stato messo in gabbia. Mani in tasca e sguardo acceso, il Generalleutnant camminava sospeso nel vuoto con un ghigno estasiato sul volto, mentre tutto attorno a lui la cacofonia della rivolta diventava sempre più assordante. Molte cose erano cambiate, nella Fat Whore, da quando se n’era andato. Ma l’odore, nonostante il posto fosse molto più pulito e organizzato, era rimasto lo stesso: tanti sacchi di merda radunati nello stesso luogo mandavano un fetore inconfondibile.

« Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory! »

Latrò, e le sue parole sovrastarono ogni altro rumore, rimbombando di parete in parete.
I contorni della sua figura si sfaldarono, diventando un grumo di stracci cremisi che si traslò fino alla passerella più vicina, in bilico sul corrimano, riacquistando fattezze umane.
Allargò le braccia, e uno stormo di daghe comparve dietro di lui, un groviglio di rovi d’acciaio intersecati per formare due grottesche ali, scintillanti e affilate come zanne.

« Quanto vi manca la libertà, uomini incarcerati?
Vi hanno rinchiusi qui in nome di una giustizia ipocrita, carcerieri violenti e corrotti, additandovi come nemici di un bene pubblico che loro stessi infrangono!
»


« Loro possono prendervi a calci in culo quando gli pare e piace, ma voi? »

Gli fece eco Montag, ruggendo da sotto.

« Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi!
»


Urlò, seguito da un boato d’approvazione, raggiungendo con un balzo un ponte su cui erano comparse le prime guardie. Le spade le crivellarono, abbattendosi come un’onda aguzza sui corpi dei secondini e trapassando il suo come fumo. Si voltò, guardando le mille facce attorno a lui in un attimo di straordinario silenzio, tormentato solo dalla sirena d’allarme.

« Da adesso in poi, i Falkenberg Korps assumono il comando della nave. »

png

« Tutti voi, carcerieri o detenuti, siete liberi di seguirci, fuggire…
o morire come cani cercando di contrastarci.
Perché questa sera, Hyena, oltre alla Purgatory prenderemo anche la tua testa!
»




{SpecialQM Point}
Good evening, and welcome to this sleepless night! (cit.)
Una volta scesa a terra la nave e aperte le celle, Rohan (ndqm: che utilizza l’abilità personale Spirito per spostarsi) e Montag (ndqm: personaggio che potete trovare nel topic png Falkenberg Korps) aizzano carcerieri e detenuti alla ribellione ~ ndqm: ogni frase la sentirete chiaramente, come se venisse pronunciata usando la pergamena Urlo di Guerra. La scena si svolge nella Prigione, che brulica di detenuti di ogni pericolosità in lotta con uno sparuto gruppo di membri del Goryo, poco prima che riescano a raggiungere anche le altre zone della nave.

Chi vuole far parte della fazione dei Ribelli, quindi, aggiunga il suo post alla discussione, reagendo come meglio crede agli eventi. Avete 6 giorni di tempo, quindi fino alle 23.59 del 27 marzo.
 
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view post Posted on 22/3/2012, 00:24
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Tamburi nei cieli. Stavano arrivando.
Risuonavano a passo cadenzato, quasi una marcia militare, accompagnando l'incedere di quel punto nero che andava facendosi più imponente man mano che si avvicinava. Beccheggiava al vento, eppure il suo incedere appariva sicuro, quasi fosse guidato da una mano invisibile e benevola.
Ogni rullo era accompagnato da un boato, sempre più forte -sempre più vicino. Finché non fu possibile vederla.
Una nave, un veliero che pullulava di uomini e cannoni. Gabbieri si arrampicavano sulle sartie ad ammainare le vele, dalla coffa di maestra si levavano grida via via più concitate. Sulla cima del pennone, sventolava una bandiera. Un teschio su due spade incrociate, in campo nero. Sulla fronte del teschio una clessidra che aveva tutto il sapore amaro di un avviso: la vostra ora è giunta.
Erano Pirati. E stavano cantando.


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0uZbT


François Le Bon, il nostromo, gli si avvicinò sorridente, con la solita pipa fra le labbra; portò le dita al braciere e ne trasse uno sbuffo grigiastro, dall'odore acre tipico del trinciato forte.
« E' in vista, Capitano » urlò, per sovrastare il canto frenetico della ciurma
e il battere incessante dei tamburi. Con un malconcio sorriso a sporcargli le labbra sottili, il Flagello si avvicinò all'impavesata di tribordo, guardando in basso. Nell'oscena depressione del Plakard, non troppo distante dal punto in cui la Purgatory stava alla fonda, spiccava quel coacervo di pulsanti energie negative racchiuse in torrioni e mura, ballatoi e segrete: Rottenhaz.
« Ammainate tutte le vele, prepararsi all'approdo » ordinò, provando un sottile piacere nel dare quelle direttive -come una nube di schiumoso vapore che si andava condensando intorno a lui, una dolce sofferenza. Il Beccaio era stato di parola, buono a sapersi. In certe cose la puntualità è d'obbligo.
Il Nostromo si allontanò, sbraitando ordini agli schifosissimi topi di sentina che componevano quello sgangherato equipaggio di predoni dediti allo sciacallaggio più assoluto. Laurens de Graaff, invece, rimase ad osservare la fortezza errante dei Falkenberg con il suo unico occhio, di un azzurro più intenso del solito -più severo.
Prima della nuova alba molte cose sarebbero potute cambiare -in una sola notte: un nuovo ordine poteva assurgere al dominio sotto l'egida del caos, o quegli stessi fautori del rinnovamento potevano essere spazzati via senza che di loro rimanesse nient'altro che un vago ricordo.
Eppure la cosa non lo spaventava -anzi, affrontava il vento che stava lì a sputargli in faccia la sua sentenza come se la cosa nemmeno lo riguardasse. E forse era davvero così.
Gli sciacalli riescono sempre a sopravvivere, comunque vadano le cose. Perché si nutrono di carogne e questo mondo -bontà sua- non è mai a corto di cadaveri.

"Iena parla di libero arbitrio, di scelte" pensò, ricordando il suo colloquio con il Capitano del Goryo.
« Sono le scelte che facciamo - d'altronde - a renderci gli uomini che siamo. »
Dall'altro lato della barricata invece, tra le fila dei fatalisti -uomini di diverso stampo ma tutti convinti dell'esistenza di un disegno più grande, di un incontrovertibile futuro già designato- spiccava Viktor Von Falkenberg.
« Tutte cazzate » sussurrò, con voce piana.
Già, tutte cazzate. Il mondo era un enorme utero incancrenito che si rifiutava di partorire quel marciume che erano le loro esistenze. Erano i figli prediletti di un Dio che li detestava per questo. Un dio minore forse, un dio che non meritava la maiuscola, ché se li aveva fatti a sua immagine non doveva poi essere granché anche lui.
E come dono -questo dio fittizio- aveva dato loro la capacità di prosperare nella marcescenza.
E per sopravvivere a loro stessi, gli aveva dato il dono di riuscire ancora a sorprendersi.
Quella notte sia Viktor che Iena avrebbero avuto la loro buona dose di sorprese. Fino a quel punto, però, conveniva lasciare che gli eventi seguissero il loro corso.

La ciurma cantava ancora. Yo-oh, Yo-oh, la spada è qui con me!
Lo sguardo orbo dello sciacallo si spostò dalla fortezza errante alla Purgatory che stava atterrando poco distante.
« Siamo pecore nere, gente spietata... »
I motori della puttana volante si spensero di colpo, Rottenhaz cominciò a vomitare uomini, guidati dal Crotonese e dall'Orso di Ferro.
L'invasione aveva avuto inizio.
« ...trinchiamo, allegria yo-oh! ♪ »

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« Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi! »

Ascoltava distrattamente l'arringa di Rohan ai carcerati mentre scivolava dietro le fila degli armati con incedere rapido, diretto alla sala comandi. Il suo unico interesse in quel momento era incontrare il Beccaio, non aveva tempo da perdere ad ammirare con sussiego il teatrino dei dilettanti. Quelle parole le aveva già sentite decine, forse centinaia di volte. Parole che cambiavano nell'aspetto ma non nel contenuto, un messaggio subliminale sempre identico, proprio come i volti e gli occhi di chi pronunciava quei discorsi infervorandosi non per l'idea che cercavano di trasmettere, ma per il suono della loro stessa voce. Puttane vanesie serve del potere -quello stesso potere tanto ipocrita da ammantare di nobili intenzioni le ingiustizie più nere.
Che senso aveva parlare di schiavitù e libertà a bordo di quella nave? Di ammutinamento si trattava, nient'altro. E gli uomini a bordo della Purgatory non dovevano essere nuovi a quel concetto.
D'altro canto, importava poco delle parole che i tirapiedi dell'Oberkommandierende usavano per impacchettare le loro azioni e proporle come un vanto per la loro gloria. Stanco di quel rumore che andava giganteggiando, accompagnato dal brusio che faceva da spartiacque fra le scelte di carcerati e secondini, Laurens si acquattò nell'ombra -e scomparve.

Con passo sicuro ma improvvisamente controllato scivolò fuori dalle tenebre all'interno della sala comandi, proprio mentre il Signore di Rottenhaz si prodigava nel contemplare la sua opera: un uomo ridotto ad un servile rottame sotto al peso della sua verga.
Il Flagello si limitò ad incrociare le braccia, osservando la scena con un misto di sufficienza e sdegno che trapelava dalla piega arida delle sue labbra.
« Quanta violenza » commentò caustico, fermo alle spalle del Beccaio.
« E io che credevo fossimo in missione di pace. »
La sonora risata di Viktor gli fece da risposta, roca e goliardica, prima ancora delle stesse parole.
« C'è sempre un prezzo da pagare per la cosiddetta pace, Laurens » disse, dopo aver ripreso fiato, mentre caricava un nuovo colpo di bastone.
« Desiderio non consumato. Dolore non confessato »
E giù ancora bastonate sulla povera schiena di Jarzi -che davvero non ne poteva più,
gemeva con una puttana sul tavolo di una taverna. E ancora, e ancora. Una ferita inferta per ogni colpa.
Una compensazione che aveva una sua innegabile lucidità.
« Rimpianto non rivelato. »

« Saresti un magnifico piazzista se davvero fossi capace di vendere a così caro prezzo qualcosa che non esiste » rispose il Corsaro, avvicinandosi all'Oberkommandierende.
« La prossima mossa? » tagliò corto, aspettando di conoscere quale sarebbe stato il suo ruolo in quella notte di tradimenti che andava già velandosi di un rosso troppo simile a quello del sangue per non eccitarlo in una qualche maniera.
Viktor si limitò ad indicare lo schermo centrale della postazione di controllo. Le immagini rimandavano a ciò che stava accadendo presso le prigioni.
« Tagliare la gola a metà della feccia di questa nave, sfruttando l'altra metà. Ecco il lato migliore di questi carcerati: mi porterebbero anche le palle di Hyena, se glie lo ordinassi ora. »
Il bastone si spostò rapidamente verso uno degli schermi più piccoli.
« Ma tu avrai qualcosa di meglio da fare, Laurens.. »
Le immagini, vagamente disturbate, mostravano la sala macchine -e il brillio convulso del generatore.
« Molto bene » riprese de Graaff, voltandosi per tornare nella sua putrescente ombra,
pronto ad adempiere il suo dovere -anzi, sarebbe andato oltre.
Jarzi, pesto e sanguinolento, gli si avvinghiò alle gambe, implorando parole incomprensibili che si perdevano in un vuoto farfugliare in quella sua bocca improvvisamente sdentata.

pSutn

« Mostra un po' di cojones, hombre! » latrò con disprezzo, allontanandolo con un calcio.
« Qui non c'è spazio per codardi, non stanotte. »
Così dicendo, s'insinuò nuovamente nelle tenebre, lasciandosi andare al piacevole contatto.
« Stanotte gli sciacalli cacciano prede vive. »
E scomparve.


Nella prima parte del post, il riferimento è a due giocate precedenti: "Virus" con Iena e il finale della "Mano del Destino" con Viktor. L'autoconclusività dei dialoghi fra Laurens e il Beccaio è stata ovviamente concordata con chi di dovere. Viene inoltre utilizzata la seguente abilità di teletrasporto:
CITAZIONE
walking tall ; abilità personale - consumo nullo
Le ombre sono presenti ovunque vi sia una seppur pallida luce: sono i lunghi tentacoli dell'Ombra che cercano di avviluppare il mondo, ricacciati indietro dalla presenza della luce. Eppure, per chi conosce i segreti della Trama Nera, nel mondo delle Ombre ogni cosa è possibile. Laurens sfrutta la 'risonanza', il modo particolare che hanno le ombre di riconoscere la presenza di una parte della loro natura primigenia, per spostarsi rapidamente, coprendo distanze enormi. Egli è in grado di farsi inghiottire dall'ombra sparendo in un punto qualsiasi e riapparendo in una qualsiasi altra ombra dello stesso piano dimensionale. Una abilità di teletrasporto legata alla natura dell'Ombra, utilizzabile solo in scene gdr -o in quest, con il consenso del master.
 
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view post Posted on 22/3/2012, 20:56

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La schiena era adagiata sulla fredda pietra. Una scarna stanza dove l’essenziale era ridotto al minimo concesso su quella nave. Con il collo flesso verso l’indietro, dando così modo agli occhi di osservare il movimento rotatorio della lampada, si perse in quella ritmica e ipnotica movenza. Placido si era abbandonato a quell’attesa che per un essere umano sarebbe stata estenuante, mentre per lui fu un sereno immergersi nel limbo dei suoi pensieri, le gambe distese iniziarono a reclamare per quella posizione troppo a lungo mantenuta, un sommesso formicolio iniziò a formarsi dalla base della schiena sviluppandosi lungo tutti gli arti inferiori fin giungendo lungo la colonna vertebrale. Non era mai rimasto per tutto quel tempo in una forma che molti definivano semplicemente indegna, ma quella volta c’era la necessità di non far trapelare la sua vera natura fin quando non sarebbe arrivato il momento adatto. Il silenzio era rotto solo dal cigolio dell’asta che reggeva la lampada e dal rumore di motori e ventole. Un fioco brusio che cercava d’imporsi in un’atmosfera altresì atona e amorfa. Un silenzio che d’improvviso fu rotto dal fragore dei carcerati, dallo sferragliare delle celle, e dall’allarme che risuonò in tutta la nave. E, in un momento soltanto, la quiete fu cancellata dal frastuono della tempesta e il rumore avvolse ogni cosa: poteva percepire la corsa affannata e disperata dei prigionieri che si riversavano sulla nave, i passi pesanti e accelerati che rimbombavano dai vari ponti, le grida allarmate dei secondini. Le pupille divennero due fessure minuscole immerse in un’iride completamente azzurra, occhi simili a quelli di un gatto, simili a quelli di un Drago, occhi estasiati dall’improvviso sprazzo di adrenalina.

Il ragazzo scattò in piedi, d’un tratto, ogni sintomo di stanchezza fu debellato dal suo corpo.

L’invasione aveva finalmente inizio.
senzatitolo5
Era un monotono susseguirsi di giorni, eterno scorrere del tempo in quel buio angusto e silenzioso andare. Movimento impercettibile, all’interno di quella fortezza era come essere immersi nel nulla più totale. Erranti demoni dalle forme più disparate brulicavano angustiati dalla loro maledizione, umani i quali tratti erano stati brutalizzati in sembianze ben più demoniache. Ma la mente era ciò che veniva più deflagrata da quella solitudine. I pensieri roboanti degeneravano ogni giorno di permanenza in quella fortezza, dove man mano l’Io si smarriva nei meandri della mente, in oscuri affranti da lui incontrollati. Un errare pericoloso in luoghi che non gli appartenevano. Come sfortunati viaggiatori che venivano risucchiati dalle sabbie mobili e più si cercava di sfuggirne ecco che più si veniva relegati verso la profondità. Non vi era scampo da quel tormento. Per fortuna lui non era uno di quei dannati, era solo un ospite inatteso, un passeggero giunto in sordina senza clamorosi inneggi. Nel silenzio che aveva contraddistinto la sua esistenza, stava giungendo al Goryo durante una rivoluzione che avrebbe cambiato la natura dello stesso clan. Ma nessuno avrebbe notato la sua presenza, nessuno avrebbe notato qualcosa di anomalo in quell’indifeso, e per di più disarmato, essere umano. Viktor Eusebius Wenzel von Falkenberg sarebbe arrivato con la sua fortezza errante, facendo scalpore e vomitando dannati. Rohan l’eroe avrebbe aizzato la folla e liberato i carcerati tra grida di assenso. Lui, invece, non avrebbe destato scalpore alcuno. Sarebbe solo giunto gettando nel panico chiunque si sarebbe avvicinato abbastanza per assaggiare il taglio delle sue fauci. Incontrò per la prima volta Viktor nella profondità della sua grotta, immersa in tesori oltre ogni umana comprensione, aveva accolto quel vecchio dall’apparenza innocua al suo cospetto. E infine si era ritrovato a seguirlo in quella battaglia che per lui non rappresentava nulla se non la prospettiva allettante di accrescere il bottino di nuovi tesori. Alla fine era salito su RotteNhaz come semplice passeggero e non come dannato, li aveva seguiti fino alle porte di quel clan che aveva visto scendere in campo nella battaglia campale avvenuta alle porte del maniero, una battaglia a cui non aveva preso parte ma che – come molti altri – aveva osservato dalla distanza, come un silente Dio che non s’immischia nelle faccende umane. Dopo giorni di viaggio, in cui vide solo spesse mura nere e nemmeno un piccolo scorcio di cielo, la fortezza errante giunse alle porte del Plakard; territorio situato all’estremo meridione del continente, ben oltre il suo luogo natio. Abbandonò RotteNhaz per raggiungere la Purgatory e, una volta lì, aspettò il segnale.
senzatitolo5
Si aggiunse al miasma di detenuti che si riversavano nei ponti, si ritrovò amalgamato insieme ad altre migliaia di persone, fu letteralmente trasportato da una fiumana di gente che defluiva verso ogni dove. Senza accorgersene, e senza nemmeno volerlo, si ritrovò a correre attraverso i ponti della nave trascinato come dalla corrente di un fiume in piena. Ove il chiacchiericcio sonoro sovrastava persino il rumore dei passi che si sviluppavano come quelli di una mandria di tori impazziti.

« Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory! »

La voce di Rohan berciò rimbombando tra le pareti dei vari corridoi raggiungendo ogni persona stesse solcando i ponti, alcuni fermarono la corsa alzando lo sguardo alla ricerca dell’origine della voce, altri, noncuranti, continuarono a correre spinti dall’irrefrenabile sentimento di libertà.

« Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi! »

Parole che a lui suonavano prive di significato, giungevano ovattate al suo orecchio come racchiuse da un bozzolo di totale disinteresse. Non aveva reale importanza il destino della Purgatory, né che funzione volessero attribuirgli i due contendenti. Non era legato da nessun sentimento patriottico né da alcuno sterile ideale. Era solo lì, perché quel giorno in cui conobbe Viktor, nella sua mente gli solleticò l’idea di muoversi da quell’immobilità in cui era piombato. Per lui tutta quella faccenda non era altro che un passatempo come un altro. Un modo per ingannare l’eterno scorrere del tempo, d’altronde lui non era altro che un singolo granello di una clessidra che mai raggiungerà il suo totale compimento.
Poi, con un unico salto, si liberò dalla pressione della gente, si liberò dalle costrizioni a cui era imposto. Si gettò fuori dal reticolo di ponti e scale, si abbandonò al piacere dell’aria artificiale che gli sferzava i capelli. A metà della sua discesa, dell’uomo che si era gettato dal ponte tra lo sguardo incredulo dei carcerati, non rimase più nulla.
Invero s’avvertì per primo il rombo delle ali.
Poi un maestoso drago blu si affacciò nella prigione, l’aria veniva tagliata come se fosse inconsistente mentre zigzagava tra la serie di ponti. Finalmente riassaporò l’essenza della sua natura stessa, in un attimo si liberò dall’enorme peso di costrizione che lo aveva attanagliato lungo quei giorni. E mentre volava si sentì semplicemente libero. Sprigionò tutta la potenza del suo ringhio, un richiamo a tutti i prigionieri, per costringerli a guardare, e ad ascoltare.
Gli umani in quella forma rassomigliavano a tante piccole formiche che zampettavano frenetiche da una parte all’altra del loro enorme formicaio. D’altro canto, Morpheus, si era trasformato per dare un segnale forte a quella rivolta, perché a volte i gesti, se teatrali, superavano di gran lunga il valore delle parole. E nei minuti successivi si sarebbe parlato di Viktor e del suo drago, si sarebbero cercate storie per giustificare il suo avvento. Li avrebbe convinti ancor di più a far parte della fazione del beccaio e nel suo silenzioso rumore, planò per oltre due piani, fin quando trovò l’oggetto del suo interesse.
Rohan era proprio al centro dei reticoli. Era proprio nella posizione in cui uno doveva stare per farsi vedere.
Come un'aquila in picchiata, Morpheus chiuse le ali e si fece attrarre dalla forza di gravità, colmando gli ultimi metri che lo dividevano dal ragazzo, le fauci si aprirono e un rumore gutturale simile a un ringhio si spanse nell’aere. I piedi, che toccarono la pavimentazione, furono tuttavia quelli di un bipede. Ritrasformatosi poco prima di atterrare al suolo, aveva riacquisito sembianze umane, e così la sua figura si era palesata accanto a quella del ragazzo e di Montag, senza danneggiare in alcun modo la struttura con il suo peso. Un lieve sorriso macchiò il volto del giovane, un singolo sguardo rivolto a Rohan l’eroe.

« Andiamo a spaccare qualche culo. »

Perché, per un drago, arrivare inosservato non era proprio il suo forte.



« Diamo inizio alla rivoluzione. »


CITAZIONE
Allora, io giungo alla Purgatory quando Victor minaccia il pilota per farli atterrare nel plakard. La prima parte è appunto quando aspetto il segnale di Rohan, poi c'è una parte di bg dove racconto a grandi linee quando al termine della Quest mia accompagno Lenny, senza diventare un Falkenberg corps, e Stray al goryo. Infine l'ultimo pezzo mi lancio fuori da un ponte e assumo la forma draconica, volo in basso per due piani fino a raggiungere il pg di Rohan. Non so se il post possa piacere è il primo che faccio con questo pg ed oltre a stare attento a non spoilerare troppo per la mia quest, è un periodo di merda in real, ho faticato a prendere la concentrazione. Speriamo bene.
Edit: Corretti qualche errore di battitura, compresi quelli nelle note



Edited by Lud† - 23/3/2012, 21:25
 
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Leonhart
view post Posted on 25/3/2012, 19:33




Puzza.
Di corpi umani, ammassati nell'ultimo girone di quell'inferno volante che era la Purgatory.
E quel silenzio che sembra in alcuni casi precedere la tempesta imminente. L'aria ne era satura.
Ezekiel non si muoveva, neanche per scacciare le mosche che volevano attentare al suo torpore, come gli altri suoi compagni di cella: tre figuri che, in un anno di detenzione, gli avevano rivolto la parola sì e no cinque volte.
Sedeva per terra, le gambe distese sull'acciaio del pavimento, in una posizione che gli assicurava comodità, più che sul lettino pulcioso a tre dita da uno degli altri carcerati.

Quando lo avevano condotto in quella cella, Ezekiel era da solo. Nell'arco di una settimana, si era ritrovato spalla contro spalla nelle brande, costretto a muoversi in continuazione per respirare una boccata fresca che non contenesse le flatulenze di qualcuno.
Ci si doveva fare l'abitudine: nel servizio della Purgatory non erano certo previsti pediluvi, massaggi e quant'altro. E neanche con la Iena al comando, sebbene corressero voci sul suo gusto per il lusso, le celle erano cambiate di molto.
La sua vecchia banda, di Ezekiel, era stata sparsa per il resto della nave e aveva appreso che qualcuno di loro, tentando la fuga, era finito peggio che con una pallottola nel cranio. Allora si rassegnò in fretta, entrando in quella stasi che tutti i detenuti condividono, aspettando un qualcosa di irrealizzabile su una prigione quale era la nave volante del Goryo.
Non che gli importasse di fuggire, ma sentiva di aver bisogno di aria migliore di quella che circolava nei corridoi: aria filtrata, depurata, ma conservante il sentore di pena.

Un click, uno solo, e i tre malfattori - non che lui non lo fosse - si scaraventarono al di fuori della porta urlando e ridendo.
La cella era aperta.
E non solo la loro, ma anche tutte le altre.
La Purgatory cadde in un assordante fragore di piedi, voci e catene, mentre i detenuti sciamavano di livello in livello. E al di sopra di quel marasma, una risata maschile profonda e con un che di spaventoso, seguita da parole:

« Gloria e onore al Beccaio, figli di puttana. Eterna gratitudine al generale Falkenberg, il vostro liberatore! »

Ezekiel aprì gli occhi, scosso improvvisamente da quelle parole che risuonavano come sparate da tutti i megafoni della nave. Non aveva ancora accennato ad alzarsi e solo ora guardava la fiumana che scorreva fuori dalla cella, con uno sguardo inebetito; quelli che passavano davanti alla porta non si curavano neppure della sua presenza e quelli che se ne accorgevano gli urlavano di uscire, che era arrivata la più grande occasione della loro vita.

Un'altra voce rimbombò da ogni dove.
« Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory! »
Ezekiel si alzò in piedi, camminando verso l'uscita, e vide i due uomini che avevano parlato: un bestione con un'alabarda e uno ammantato di rosso, macchia di sangue fluttuante.
Non fu l'unico a fermarsi a naso in su, dall'ultimo settore dove stavano i prigionieri meno importanti, per guardarli.
Il rosso volteggiava con ali di spada.
« Quanto vi manca la libertà, uomini incarcerati?
Vi hanno rinchiusi qui in nome di una giustizia ipocrita, carcerieri violenti e corrotti, additandovi come nemici di un bene pubblico che loro stessi infrangono! Questa nave è una beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi!
»

L'urlo di approvazione trapanò le orecchie di Ezekiel, che si trovò a inscenare un muto grido di assenso: non gli usciva nulla, si sentiva vuoto, qualcosa che non andava lo stava mettendo in allerta. Eppure voleva andarsene, come tutti, e avrebbe combattuto se fosse stato necessario.
Ma...

Un drago blu si appoggiò, ruggendo, su una balaustra vicino all'uomo in rosso.
« Da adesso in poi, i Falkenberg Korps assumono il comando della nave.
Tutti voi, carcerieri o detenuti, siete liberi di seguirci, fuggire…
o morire come cani cercando di contrastarci.
Perché questa sera, Hyena, oltre alla Purgatory prenderemo anche la tua testa!
»

Così era, dunque.
I carcerati divennero una massa gioiosa di assassini appena assoldati, in grado di ribaltare quella nave da cima a fondo, mondandola fino alle fondamenta da tutti coloro che consideravano nemici. Alleati incondizionati, ammutinati, che sarebbero stati la testa d'ariete di quell'operazione scaturita da chissà quale mente contorta.
Falkenberg, Falkenberg...
A Ezekiel il nome suonava conosciuto, anche se non sapeva per certo di chi si trattasse; quantomeno, doveva essere qualcuno di estremamente potente per permettersi di attaccare l'intero clan Goryo.

E tutti correvano verso direzioni imprecisate, ammassandosi nei luoghi di congiunzione tra i settori della nave per salire a uccidere i guardiani e i secondini, i grandi della nave; scendendo verso il basso in cerca di una via d'uscita, ora che la nave aveva toccato terra nella piana del Plakard; correndo verso i due uomini per dare supporto - in un modo o nell'altro.
Branco di sciocchi cani malavitosi incapaci di ragionare.
Era stato posto davanti a loro un bivio che terminava sempre e comunque con la morte:
per mano di Hyena o per mano dei Korps.

« Non c'è altra scelta che la propria. »
Disse mentre si voltò per recarsi ai livelli superiori, scivolando tra la folla.
« E per ora voglio restare in vita. »



Miseriaccia, che fatica. Ezekiel si comporta nel modo più neutrale possibile consono alla situazione: per non morire subito, linciato dai carcerieri, si unisce alla rivolta. D'altra parte, anche se vuole essere "libero", avverte comunque qualcosa che non va nelle parole di Rohan: troppo ben studiate per aizzare la folla, piuttosto che per instaurare davvero un nuovo ordine del Goryo. Allons-nous!
 
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The Grim
view post Posted on 27/3/2012, 03:12




Conquistadores
Jailbreaking






Vestiti buttati sulla sedia, sporco agli angoli della stanza, cianfrusaglie di traverso, solo i Tarocchi erano accuratamente riposti sul tavolino, unico atollo ordinato in un oceano di caos. Sembrava che una tempesta si fosse abbattuta sulla camera, ed effettiva una di esse si agitava al suo interno, o più precisamente dentro di me. Gli occhi e le parole di quella strega lunatica - era ancora una donna a turbarmi, voleva forse dire qualcosa? - vorticavano dentro di me, obbligandomi a riflettere.
La Purgatory era il luogo dove fare annegare queste preoccupazioni, dove l'immersione nelle ore di lavoro sfiancante, nelle urla dei prigionieri, nelle risse da sedare con la violenza più brutale, dove potevo praticamente spegnere il cervello. Dove non avevo nulla da temere, perché la mia posizione me lo permetteva; dove poter riposare con entrambi gli occhi chiusi. E questa beata Arcadia era stata distrutta, quella che era diventata una casa violata, ed il marchio del tradimento, un monito per mai dimenticare inciso sulla sua pelle. Una nera spirale a simboleggiare che il tormento esisteva per non spegnersi mai, per alimentare il fuoco della rabbia.
Una lieve scossa tronca il flusso di pensieri, lo appallottola e lo getta in un angolo come degli abiti sporchi e non più utili, per prenderne dei nuovi: la Purgatory stava atterrando - e ciò era ovvio - ma perché?
Forse era vero, forse per davvero la mia mente stava andando alla deriva nel mare della Follia, ma che ricordassi non era in programma nulla di simile e se ci fosse stato un imprevisto qualcuno avrebbe comunicato qualcosa - od almeno così speravo.
Mi rivestii in fretta, prendendo con me tutto quel che avevo dai Tarocchi alla frusta e tesi l'orecchio all'uscio della stanza. La Paranoia talvolta rendeva le notti difficile da superare, ma per me restava una compagna benvoluta in situazioni simili.


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Una volta che la nave ebbe toccato terra, Jace uscì dalla propria stanza. Fuori dalla stanza non vedeva anima viva, il corridoio vuoto ma non morto, sentiva infatti una miriade di rumori provenire dall'area delle celle: grida, urla esagitate, il rimbombare di quello che sembrava un esercito in marcia. Lo Stregone imboccò il corridoio che lo portava dall'ala del Ponte inferiore in cui si trovava alle Prigione vera e propria, avanzando guardingo e lento, aspettandosi una minaccia che sembrava non arrivare mai.
L'odore dei corpi ammassati e dei rifiuti dei prigionieri lo travolse immediatamente, come ogni volta che ritornava alla zona di detenzione. Si trovava ai livelli più bassi - e meno pericolosi - della Prigione e sporgendosi dalla passerella poté vedere tutta la scena. Le truppe in ferro brunito dei Falkenberg Korps, lo scatto metallico di migliaia di celle che si aprivano, il discorso del giovane urlato con passione affinché fosse sentito fino ed oltre il cielo. Rivolto a carcerati, ed anche carcerieri. Jace lo ascoltò immobile.

[...]

« Da adesso in poi, i Falkenberg Korps assumono il comando della nave. Tutti voi, carcerieri o detenuti, siete liberi di seguirci, fuggire…
o morire come cani cercando di contrastarci.
Perché questa sera, Hyena, oltre alla Purgatory prenderemo anche la tua testa!
»

Il Cartomante conosceva il Beccaio per la fama che lo precedeva, un vero demone in tutti i sensi - ma non aveva la più pallida idea di chi fosse quel ragazzo, quasi suo coetaneo, né l'altro guerriero che aveva preso la parola. Quella a cui stava assistendo era un ammutinamento vero e proprio, e per quanto quelle parole fossero cariche di idealismi e promesse, non erano che vacue giustificazioni per un banale cambio di vertice, per riuscire a sopportare il marchio del Traditore; un'infamia che molti uomini non riuscivano a sopportare. Jace sapeva qual'era la cosa giusta da fare, sentiva un flebile voce sussurrare nelle sue orecchie: con un gesto sarebbe potuto sparire alla vista, fuggire per il dedalo di corridoi della nave che aveva imparato a conoscere e giungere al Ponte superiore. Sarebbe dovuto ritornare sui suoi passi però, evitando i piani alti della prigione dove avrebbe incontrato i prigionieri più remunerativi e pericolosi, e così arrivare agli alloggi degli ufficiali di grado più alto, raccontare tutto e aspettare che sedassero la rivolta, aiutando per quanto poteva senza rischiare la sua vita; sarebbe stato anche promosso, con alloggi più lussuosi ed un salario migliore. La prigione volante era in fondo la sua casa, chi non l'avrebbe difesa da invasori esterni?
Il suo sguardo calò giusto in tempo per vedere i carcerieri ridotti ad un mucchio di cadaveri grondanti di sangue, trapassati senza alcuno sforzo. Impallidì lievemente vedendo lo spettacolo, non per la crudezza - aveva già visto scene simili - ma per la possibilità di vedere il proprio piano fallire. Se Hyena e gli altri alti ufficiali non fossero riusciti a sedare la rivolta? Cosa sarebbe successo a lui?

jailbreack

Il suo sguardo cadde sulla mano destra, sul buco nero tatuato al centro di essa. Si, Jace conosceva qual'era la cosa giusta da fare, ma lui non l'avrebbe fatta. La Fat Whore non era la sua casa - non più almeno - ma un rifugio temporaneo, non conosceva né aveva legato con nessuno degli altri carcerieri, non c'era nulla che lo legasse ad essa se non la protezione che gli offriva ed un debito che voleva fosse saldato.
L'enorme drago blu che scese in picchiata fino al centro della area detentiva fu l'ultima, per quanto superflua, conferma.
Lo Stregone perciò si diresse dal ragazzo, pronto a mettersi a disposizione dei rivoltosi.
Dopotutto, il suo unico imperativo era sopravvivere, sopravvivere ad ogni cosa, ad ogni costo.





R&C: 350 - A&V: 200- P&Rf: 100 - P&Rm: 325 - Ca&M: 225
Costi energetici: Critico 40% | Alto 20% | Medio 10% | Basso 5% | Costi Illusioni: Critico 35% | Alto 15% | Medio 5% | Basso 1%
Passive in Uso: Nessuno svenimento al 10% di energie, nessun tempo di concentrazione per le tecniche illusorie, risparmio energetico del 5% sulle illusioni, le tecniche illusorie fanno un danno di un livello più Alto;
Stato Fisico: Illeso; | Stato Psicologico: Illeso; | Energia: 100%
Tiro Esplosivo: 0 su 3 usati;

Note tecniche: Il riferimento alla strega lunatica è legato ad una giocata che sto scrivendo, da collocarsi precedentemente alla Quest. Scusate il cambio di punta di vista tra la prima e la seconda parte del post, ma mi girava così. ^^
 
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Orƒ
view post Posted on 27/3/2012, 18:40




Conquistadores - Invasione
capitolo secondo; di come prese parte alla rivolta

Erano passati circa otto giorni da quando si era risvegliato sul freddo lettino dell'infermeria, con il Dottor Sewing che gli medicava le ferite con alcol e garze. Nonostante i colpi che aveva incassato si stava già riprendendo bene, la testa non gli doleva più e la ferita sulla schiena si era già rimarginata del tutto.
Per fortuna non ha intaccato organi vitali.. - lo rassicurò il dottore - Sei molto fortunato.
Lo disse con tono canzonatorio, come se i colpi ricevuti non fossero nulla in confronto a quello che veramente poteva ucciderlo.
Infezioni, malattie, morte.
Durante la convalescenza ebbe tutto il tempo di passare tra le prigioni e conoscere i suoi ospiti, e quelle erano le uniche cose che aveva trovato in quel relitto volante.
Aveva toccato con mano la depravazione e la disperazione che aleggiavano in quel luogo, un inferno sopra l'inferno. Per quanto impossibile, il deserto dell'Akerat si faceva preferire sotto molti punti di vista alle carceri del Goryo, agli occhi di Ludvic sempre più simile alla Forca.

• • •

Accoccolato tra le coperte, Ludvic osservava con sguardo spensierato il soffitto della cabina, riportando alla mente l'allenamento effettuato con Mordenkainen negli ultimi giorni. Era ancora scosso e incerto sul suo futuro da quando aveva appreso che le rune incise sul suo corpo altro non erano che rimasugli della Lingua Oscura. Faticava ancora a darsi una spiegazione plausibile di cosa fosse o perché avesse accettato di usarla, ma dentro di sé sapeva che lo avrebbe aiutato.
Con un piccolo sforzo il giovane si sedette sul letto, con entrambe le braccia prese l'elmo e cominciò a fissare le orbite vuote. Le numerose crepe che abbellivano il pezzo di metallo nero non potevano fare a meno di ricordare al giovane Ludvic che aveva fallito, aveva catturato tre pesci piccoli e lasciato fuggire il vero squalo. Uno stupratore e violentatore di donne, capace solo di mietere vittime, spargere sofferenza e disperazione ovunque mettesse piede.
Aveva fallito e non c'erano scusanti, non quella volta.
Avrebbe dovuto mettere la sua cattura sopra ogni altra cosa, invece voleva fare l'eroe, cercare in loro un briciolo di umanità, quando l'unica cosa che doveva fare era sopprimerli senza pietà.
Le dita si strinsero con forza sempre maggiore attorno all'elmo aumentando le crepe già presenti, rischiando di mandarlo in frantumi. Si era permesso troppe leggerezze e ne aveva pagato lo scotto avvicinandosi di molto alla morte.

All'improvviso, una scossa lo mise in allarme. Appoggiò l'elmo sulla sedia e avvicinò rapido all'oblò, cercando di vedere se la nave fosse sotto attacco o qualcosa di simile ma quello che vide fu che la Purgatory era atterrata. Da quel che sapeva, una cosa simile non era mai accaduta da quando il capitano era un certo Iena, lo stesso che era riuscito a farla alzare in cielo.
Dopo pochi secondi, un forte baccano emerse dal livello delle prigioni, composto di urla, strepiti e infine un forte clangore metallico. Quest'ultimo rumore particolarmente forte portò il giovane ad accovacciarsi accanto alla porta, a tendere l'orecchio per percepire altri rumori e con l'occhio cercare qualche ombra sfuggevole aldilà della fessura. Niente, sembrava che il corridoio fosse completamente vuoto, ma i rumori che provenivano dal ventre della nave erano altri. Lentamente cominciò a girare la maniglia della porta creando un varco, uno spiraglio di luce in un'oscurità troppo grande anche per lui, che nell'oscurità ci aveva vissuto per buona parte della sua vita.
Si fece coraggio e attraverso l'uscio guardandosi a destra e a sinistra, vide alcune persone che correvano lungo i corridoi più interni, in direzione opposta a dove provenivano i rumori: le Prigioni. Indossò velocemente la sua armatura con il mantello, rinfoderò la spalla e incastrò bene la pistola nella cinta, tra la vita e il panno di seta rosso.
Uscì una seconda volta dalla porta e corse in direzione dei piani inferiori, dove probabilmente avrebbe trovato la causa di tutto quel trambusto.

• • •

« Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory! » Un giovane urlò con voce disumana, facendo cessare improvvisamente ogni altro rumore.
« Quanto vi manca la libertà, uomini incarcerati?
Vi hanno rinchiusi qui in nome di una giustizia ipocrita, carcerieri violenti e corrotti, additandovi come nemici di un bene pubblico che loro stessi infrangono!
»
Prese posto su una passerella, facendo apparire dietro di lui uno stormo di daghe nere, creando ali affilate e scintillanti.

« Loro possono prendervi a calci in culo quando gli pare e piace, ma voi? »
Gli fece eco un uomo nerboruto, armato di una possente armatura. Fu giusto un attimo, perché il giovane color cremisi riprese la parola con la stessa cadenza di prima.

« Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi!
»
schiavi!
schiavi!

Ludvic, apparso poco prima sui piani inferiori da un lungo e stretto corridoio, non sapeva se credere a quelle parole o meno. Per quanto poco fosse rimasto sulla nave, il marchiato non poteva fare a meno di costatare che quello che diceva il ragazzo era vero. Lì era uno schiavo, non migliore degli altri carcerati o dei carcerieri della Forca.
Non poteva sopportarlo.

Un boato d'approvazione accompagnò il balzo del giovane su un ponte adiacente su cui alcune guardie erano appena apparse cercando di sedare quella che sembrava una vera e propria rivolta. In pochi attimi caddero a terra, prive di vita.
Si girò verso i suoi nuovi seguaci, pronti a seguirlo fino alla fine, forse non credevano nelle sue parole, ma evidentemente tutto era meglio di quel luogo. Un pensiero che anche Ludvic condivideva appieno.

« Da adesso in poi, i Falkenberg Korps assumono il comando della nave. » Non aveva mai sentito di quel gruppo, ma il nome Falkenberg ricordava distintamente di averlo sentito pronunciare da un carcerato. A detta sua, Viktor von Falkenberg es un diablo.
« Tutti voi, carcerieri o detenuti, siete liberi di seguirci, fuggire…
o morire come cani cercando di contrastarci.
Perché questa sera, Hyena, oltre alla Purgatory prenderemo anche la tua testa!
»

Dunque era giunto il momento di schierarsi, con Hyena o con questi Falkenberg Korps. Il primo si era già visto cosa aveva creato, una balena volante il cui stomaco era pieno di relitti e marciume, il secondo era tutto da vedere, ma difficilmente sarebbe stato differente. Forse valeva la pena rischiare.
I Canto Notturno gli avevano detto di non fare nulla di avventato, di rimanere nell'ombra, ma quando l'alba del conflitto si avvicina, anche le ombre devono uscire allo scoperto.
Damian gli aveva detto che quello non era posto per gli eroi, e lui avrebbe cercato di non essere tale.
Perché lui non era un eroe, ma il guerriero più puro, il sopravvissuto più feroce,

UN CAVALIERE OSCURO




« La rivoluzione.. » Prese l'elmo color ebano con entrambe le mani e la portò sul capo. Gli occhi azzurri risplendevano dietro le fessure nere, mentre la destra estraeva la bastarda, portandola a pochi centimetri dal pavimento.
« è appena iniziata! »


---

Ludvic decide di allearsi con Viktor, sperando che sotto di lui le cose cambino.
Le condizioni in cui verte la nave, fin troppo simile alla Forca secondo Ludvic, gli rende semplice la scelta.
Ci sono alcune parti inerenti all'aggiornamento della scheda che verranno rivelate in altre giocate (che aprirò a breve), precedenti a questa.

EDIT: Aggiustato il code in spoiler.


Edited by Orƒ - 28/3/2012, 00:02
 
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Nomen_Nescio
view post Posted on 27/3/2012, 22:57




Era passato già un po' di tempo da quando ero salito sulla nave, pronto a nuove esperienze, nuove avventure.
Quando varchi la soglia, però, ti rendi conto che quel posto è l'inferno: il rumore delle catene dei prigionieri, i secondini che governano il posto con metodi al limite del barbaro, persino per un goblin. Per quanto riguarda me, invece, il mio compito era quello di catturare coloro che avrebbero riempito un posto al buio dietro le sbarre, lo stesso vale per quelli che, come me, avevano deciso di "imbarcarsi" per nuovo avventure.
No, non era questo quello che volevo.
No, non sono queste le avventure che cercavo.
Pian, piano cresceva in me l'idea di mandare al diavolo quel posto, quel Clan.
Posso vivere le avventure che voglio, basta cercarsele! Non ho bisogno di uno stupido Clan!
Quell'idea cresceva sempre più nella mia testa, non volevo essere il tirapiedi di nessuno, non sarei andato alla ricerca di chi, come me, viveva rubando, conducevano una vita frenetica, sempre ricorsi dai soliti cani, dai soliti segugi, costretti a cambiare spesso luogo, mettersi in accordo con uomini che non si limitavano a rubare, ma uccidevano senza farsi troppi scrupoli chiunque volessero.
Non ci si poteva lamentare, però, di una vita del genere: prendevi tutto ciò che volevi o potevi, con l'unica regola del "Se nessuno ne sente la mancanza, allora non è successo niente". Invece, se qualcuno sentiva la mancanza di un oggetto rubato, tanto l'ex proprietario ne sentiva la mancanza, tanto più il gesto diventava un simbolo di virtù.
Era una vita lussuosa, ma rischiosa, forse la cosa più rischiosa di tutte, perchè se si usciva da una vita del genere, non ci si poteva che definire deceduti.
Ecco perchè fra i ladri, non importa da dove vengano, non importa quale sia la loro razza, non importa se si conosce 'altro, c'è sempre stata e sempre ci sarà un rapporto di reciproco rispetto e sostegno.
Non potevo sopportare di dover mettere in cella uno dei miei fratelli, piuttosto avrei preferito piazzare bombe ovunque, per far saltare in aria quel posto.
La mia sola presenza lì poteva rovinare la mia reputazione, la mia vita, se solo qualcuno di mia conoscenza fosse venuto a saperlo, sarei stato rovinato e la mia carriera poteva essere considerata conclusa.
Sarei stato un traditore a condurre in cella i miei stessi compagni...
Non potevo permetterlo!
Così, mentre vagavo borbottando e rimuginano, inosservato dalla gente alta, sul dorso del fedele Skoll, avvenne l'inaspettato, l'irreparabile: quella che sembrava una scossa tellurica fece tremare la nave.
Mi aggrappai al pelo del mio lupo per non cadere al suolo, non tanto spaventato, quanto incuriosito: come poteva una scossa di terremoto influire su una nave volante?
Non passarono pochi minuti prima di sapere quello che succedeva. La nave era atterrata.
Da un po' di tempo sentivo le voci di ribelli, di gente interna al clan che aveva voglia di voltare le spalle ad un capo troppo dittatoriale. Poco altro sentii in merito, ma comunque nulla di buono, non mi aspettavo, però che il tutto potesse succedere, almeno non così presto.
Il capo-clan, però non era a bordo in quel momento, sapevo che aveva lasciato la prigione tempo prima, ma non sapevo bene il perchè o il come, nè tanto meno il quando.
Tutti si guardavano attorno, negli occhi di alcuni si poteva leggere la paura, nello sguardo di altri si vedeva il sospetto dell'attacco che sembrava imminente.
Mi allontanai dai secondini che erano attorno a me, cercando un posto tranquillo, mi è sempre piaciuto osservare le cose da lontano, con un po' di distacco, al sicuro dietro un angolo.
Improvvisamente uno sferragliare metallico colpì le mie orecchie, accompagnato da il vocio di una folla in festa, urla disumane si diffondevano per tutta la FatWhore.
Le celle erano state aperte: assassini, ladri, briganti e criminali di ogni genere erano stati liberati.

"Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory!"


Una voce tuonò, riempiendo l'intera nave, il clamore di sottofondo cessò.
Quella voce, giovane, forte, piena di sicurezza.
quella voce, mi attirava a se. Dovevo ascoltarla..
Entrava nella mia testa come un rimbombo cupo.
Annullava qualsiasi altro rumore.

Quanto vi manca la libertà, uomini incarcerati?"


Si poteva sentire il fervore nella sua voce.
Scesi immediatamente da Skoll e iniziai a correre verso l'uomo che sembrava stesse per fare un discorso memorabile.

"Vi hanno rinchiusi qui in nome di una giustizia ipocrita, carcerieri violenti e corrotti, additandovi come nemici di un bene pubblico che loro stessi infrangono!"


Mi facevo strada fra la folla che, come un onda, si dirigeva verso un unico punto, passando fra le gambe della gente in uno slalom senza fine.
Arrivai sul luogo giusto in tempo per vedere un uomo, in altro, sovrastare tutti da un ponteggio.
Era questi che parlava.
Spiegò fredde ali di metallo, fatte di lame e spade.

"Loro possono prendervi a calci in culo quando gli pare e piace, ma voi?"

Interruppe, un orco grosso quanto una casa, in armatura da battaglia.

Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi!


Schiavo? IO?
MAI!
Non sarei mai stato lo schiavo di nessuno.
Nessuno mi avrebbero imposto le catene.
Non mi sarei mai arreso!

"Da adesso in poi, i Falkenberg Korps assumono il comando della nave."


Falkenber Korps, nuovi capi... Oh, perfetto!

Tutti voi, carcerieri o detenuti, siete liberi di seguirci, fuggire…
o morire come cani cercando di contrastarci.
Perché questa sera, Hyena, oltre alla Purgatory prenderemo anche la tua testa!


Non mi è mai piaciuta la violenza, almeno non quella gratuita.
Questa volta, però, tutto sembrava avere un senso,anche se era qualcosa di folle e contorto.
Sentivo odore di libertà.
Un nuovo Clan sarebbe nato quel giorno.
Nessuno sarebbe stato schiavo!.

Scusate il post un po' scarno, ma ho scritto molto velocemente.
Volvo partecipare ad una quest, dall'inizio...

Sxet si unisce alla rivolta, capendo che il futuro per lui non sarà roseo sotto il controllo del tirannico Hyena, ma anche per non tradire la propria natura di ladro.
 
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Lenny™
view post Posted on 27/3/2012, 23:04




Conquistadores ~ Invasione
II - Mastini da guerra


Montag Siegfried de Villers, alto e fiero come un titano, passò lo sguardo lungo la feccia berciante, caotica, selvaggia, asserragliata sul reticolo di passerelle della Prigione. Braccia incrociate dinanzi al petto, fiero cipiglio aggrottato in una espressione severa. Li studiò, uno ad uno, gli occhi come schegge di ossidiana che si posarono su Morpheus, ragazzo mutaforma, drago color cobalto; e da lui su Ludvic Dmitri Greymoor, cavaliere oscuro, dall'armatura color della notte; e da lui su Jace Berelen, misterioso figuro incappucciato, un vistoso tatuaggio grigio sul suo volto sottile; e da lui su Ezekiel Gaultier, capelli castani, troppo giovane per essere un uomo, troppo vecchio per esser ragazzo; e da lui su Sxet, piccolo bastardo, goblin dal naso a becco; e infine da loro sugli altri, l'orrida nidiata sgravata dalle centinaia di orifizi della Grassa Puttana.
Nel volto scavato dell'Orso di Ferro, muscoli facciali si contrassero. Labbra rigonfie si piegarono in una curva poco probabile, come se fossero fatte di metallo.
La sua versione di un sorriso.

Un brusio caotico dominava ora la Prigione della Purgatory, frutto del dissenso che iniziava a sorgere tra i carcerati. Tra la feccia che ora occupava tutti i settori concentrici del carcere, non tutti avevano intenzione di assaporare la libertà, per fede o timore nei confronti di Hyena. E non pochi avevano intenzione di fuggire, abbandonare quella rivolta destinata a un precoce fallimento, fregarsene dei Beccaio, dei Falkenberg Korps, di tutto e di tutti. Il trambusto crebbe sino a sfiorare una rivolta nella rivolta, prima che Montag decidesse di prendere le redini della situazione. Rohan, da solo, non bastava a convincere tutti quei rigurgiti cloacali.

« BASTA! »
Il ruggito di Montag de Villers sovrastò tutte le voci, dai livelli più bassi a quelli più alti. L'Orso di Ferro sentì il peso di tutti quegli sguardi su di sé. Ma era un uomo di guerra, era il capitano della cavalleria corazzata dei Falkenberg Korps. Paura, indecisione e dubbio erano materia per scavare una buona fossa comune vicino Dorham. Lui sapeva bene cosa erano capaci di fare bestie della risma di quei carcerati. E sapeva altrettanto bene come guadagnare il loro rispetto.
Montag si fece avanti sulla passerella. Nel silenzio generale, adesso, gli occhi simili a schegge metalliche dell'energumeno calvo sembravano penetrare ciascuno di loro, carcerati e carcerieri. Tutti, dal primo all'ultimo.
« Noi vi abbiamo dato la libertà, e voi ci ripagate col disonore? »
Il tono d'accusa rimarcava ciascuna di quelle parole. Molti, tra gli spalti di quel grottesco teatro volante, furono costretti ad abbassare lo sguardo.
« Non ne abbiamo bisogno. »

Qualcuno emerse dalla calca dei carcerati. Lineamenti scavati, labbra spaccate, barba e baffi neri e lerci, volto deturpato da un reticolo di cicatrici, un cratere nero al posto di un occhio. Una maschera nutrita di mille morti, e di mille incubi. Un colosso alto quasi quanto l'Orso di Ferro. Andò faccia a faccia con Montag.
« Ce la prendiamo da soli la nostra libertà, zucca pelata. »
Si voltò verso quel pubblico da latrina.
« Non è così, fratelli? »
Montag vagò con lo sguardo da un punto all'altro del carcere. Ciò che vide adesso, tra l'accozzaglia di bestie, furono anche sguardi ostili. Gruppi di carcerati sobillavano parole velenose alle orecchie di altri gruppi.
E in quel momento seppe cosa fare.
Anche perché vi era una sola cosa da fare.
Con un rapido scatto del braccio, l'Orso di Ferro chiuse la mano guantata sul volto del suo interlocutore. Artigliò il cranio in una morsa indistricabile, prima di alzarlo da terra -letteralmente- senza alcuno sforzo.
« Se non volete stare tra noi come fratelli fidati.. »
Il carcerato gemeva, si contorceva in una macabra danza a mezz'aria. L'Orso non mollò la presa, anzi: spostò il braccio a destra, sul limite della passerella. L'uomo, uno dei tagliagole di OcchiodiCorvo, vide le prospettive frantumarsi. Sotto di lui vi era un baratro.
« Se non volete seguire gli ordini di von Falkenberg.. »
Il carcerato provava a scalciare di gambe, cercava l'allungo verso il grugno arrogante dell'Orso di Ferro. Niente da fare, troppo forte, troppo grosso anche per uno come lui. In preda alla disperazione, prese a gridare. Lamenti sempre più deboli, sussulti sempre più stanchi. Montag serrò con più forza.
Crack
Rumore di ossa che si spezzano.
I sussulti, i lamenti del carcerato cessarono di colpo.

Berserk-vol07-pag163
« ..andatevene subito fuori dai coglioni.»

« Io sto col Beccaio. »
Sbottò Rohan, ancora seduto a gambe a penzoloni tra le passerelle della prigione. Metà della sua faccia era in ombra. L'altra metà, era contratta nel suo solito sardonico sorriso.
« E non farò uscire vivo da qua nessuno che non faccia altrettanto. »
Silenzio duro come il granito, assordante come un campo di battaglia.
Montag abbandonò la presa sul cranio del carcerato. Lasciò precipitare il suo corpo nel vuoto, patetica marionetta cui son stati recisi i filamenti. Andò a perdersi tra le ombre, a crollare nella polvere. Cibo per i topi che infestavano la Purgatory.
Nella stasi attonita e trasecolata che permeava l'ambiente, nell'esitazione incredula della marmaglia, si fece largo una voce più rauca, più abissale.
« L'uomo che ha ucciso Sedys.. »
Qualcuno, di nuovo, si fece avanti, faccia a faccia con Montag. Questa volta vi era ben poco di umano nel carcerato. Cranio come risucchiato da dentro, completamente scarnificato. Un teschio, un demone incappucciato le cui orbite vuote fissavano Montag, inespressive. L'Orso di ferro represse a stento un brivido.
« ..è un grande guerriero. E Caronte lo segue. »



QM POINT: Niente da segnalare, il mio è un semplice post dove Montag fa "scena" ammazzando uno dei carcerati, prima di lanciare una forte minaccia al resto degli altri -e a voi-. Verso la fine del post, viene presentato un altro png, il "capo" dei carcerati, Caronte. Riusciranno Montag e Rphan a guadagnare l'appoggio di tutti i carcerati? E chi è il misterioso Caronte? Tutto questo lo scoprirete nel post successivo.

Attendete l'intervento di Alchimista del Drago, dunque :8D:
 
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view post Posted on 28/3/2012, 07:16

Esperto
······

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Dall'ombra, due tizzoni arroventati scrutavano gli avvenimenti.

L'orda di guardie e carcerati si era riversata al centro della nave, dispiegandosi su ogni livello. La torma rumorosa e ansante sembrava uno sciame di parassiti saprofagi accorsi a cibarsi della carcassa metallica priva di capo della Purgatory; creature ributtanti sciamavano da ogni dove decise a contendersi l'onore di essere i primi, e i soli, a poter spolpare ciò che rimaneva della gigantesca carogna rugginosa abbattutasi sulla landa desolata del Plakard. Al centro di tutto i capi della rivolta - Montag l'Orso di Ferro e Rohan il Crotonese - latravano le loro arringhe, infiammavano gli animi, sobillavano la rivolta, ma non tutti erano propensi ad arruolarsi in quell'esercito di feccia e straccioni: il dissenso scorreva fra le fila rumoreggiando sempre di più.
Una figura nera precipitò dai livelli più alti, forse spintonata oltre il parapetto nella calca generale. Un attimo dopo un lampo blu cobalto squarciò lo spazio vuoto circondato dalle passerelle dei vari livelli. Ali arcuate e possenti si dispiegarono con un frullio furioso, una schiena scagliosa e ruvida occupò la cavità. La coda sinuosa e letale come un mazzafrusto fendette l'aria con un sibilo acuto.
Il drago spalancò le fauci ornate da chiostre di denti affilati e vomitò un ruggito che spaccò i timpani della marmaglia, fece tremare i ballatoi di ferro e catturò ogni rumore sprofondando la Purgatory in un silenzio attonito carico di stupore.
La creatura atterrò con la leggerezza di gambe umane sulla passerella centrale, nei pressi di Montag e Rohan.

« Diamo inizio alla rivoluzione. »

Nonostante il maestoso spettacolo la cacofonia di brusii, commenti acidi, versi inarticolati e grida ferine riprese più forte di prima. L'Orso di Ferro dovette intervenire in prima persona per placare il caotico vocio. Ma qualcuno, dalla folla, si fece avanti per fronteggiarlo: Selys era il nome del rivoltoso, e lui lo conosceva di fama. Una fama dipinta coi foschi e vividi colori di uccisioni impietose e spargimenti di sangue, stupri e nefandezze di ogni sorta.
Celati nel buio, i tizzoni assistettero all'intera scena: Montag afferrò per il volto la montagna di muscoli umana, sfruttando la cavità dell'orbita mancante come appiglio per sollevare in aria l'energumeno con disarmante facilità. L'uomo cominciò ad agitarsi in preda a spasmi feroci, ma il capitano non mollava la presa: con implacabile lentezza spostò il braccio fino a quando lo sciagurato si trovò direttamente sull'orlo dell'abisso.
Il volto divenne paonazzo. Il cuore batteva a mille e pompava sempre più sangue nella speranza di far affluire abbastanza ossigeno, ma ogni sforzo era vano. L'Orso di Ferro serrò la morsa e nel silenzio generale si udì lo scricchiolio sinistro del cranio sfondato.
Poi lasciò la presa e l'uomo precipitò nel baratro.
L'ultimo battito del suo cuore stremato rimbombò nelle profondità della Purgatory.


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« C O N Q U I S T A D O R E S »
f r o m h e l l t o p u r g a t o r y


Piedi ossuti foderati in stracci lordi di putredine.
Calcano i silenziosi corridoi metallici della nave, e al loro passaggio lasciano dietro di sé orme deformate nell'acciaio incandescente illuminato da un bagliore rossastro.
Mani adunche, dita come artigli ossei: sfiorano le pareti mentre lui avanza e marchiano a fuoco le lucide piastre di metallo.
Arti scarnificati, niente più che fasci di nervi e muscoli percorsi da un reticolo di vene pulsanti e tenuti assieme da un telaio di ossa aguzze e sporgenti. Brandelli di carne nera e marcescente penzolano dal corpo e si sfaldano toccando terra, come un percorso di briciole organiche verso la fonte di ogni orrore e disperazione.
E infine, un teschio - candido quanto solo la morte: il suo biancore scintilla nella tetra penombra dei camminamenti vuoti. Un ghigno malefico illumina il cranio scavato nell'osso, un pozzo scuro al posto del naso. Le orbite sono crateri abissali, e sul fondo due pozze rosse che rilucono di un barlume carminio e racchiudono in sé le fiamme eterne dell'Inferno.

E' lui, Caronte.

Avanza solitario fra i condotti della Purgatory, sfila accanto file di celle spalancate senza più occupanti, supera passerelle e dislivelli, varca soglie dimenticate. Il fragore crescente lo guida verso il fulcro dell'azione, il cuore della nave, là dove equipaggio e prigionieri si stanno radunando per assistere ai discorsi dei ribelli.
Veste un lungo abito nero pece sbrindellato rinforzato da inserti di pelle e fasce di cuoio all'altezza del torace emaciato da cui sporgono i profili spigolosi delle costole. Strisce di stoffa lacera si librano nell'aria dietro di lui, come una vaga ma pressante minaccia rimasta sospesa in attesa anche dopo il suo passaggio, verdetto inesorabile pronto a calare sulla vittima.
Alle sue spalle spira un refolo venefico che sibila fra i macchinari lucidi. E' l'alito dell'Inferno, un soffio sulfureo sgorgato fuori dalla stessa fossa abissale da cui proviene Caronte, che ne accompagna ogni passo. Sembra quasi di poterle udire, le urla disperate dei dannati sottoposti ad atroci supplizi che risuonano nella torrida ventata, e intrecciati con esse il rombo delle fiamme e i gorgoglii dei fiumi infernali, i macabri cori dei diavoli e gli sbuffi leggeri con cui si spengono le ultime speranze. Permeano la carne risicata e i cenci sbrindellati del Traghettatore come un'aura esiziale che non lo abbandona mai, e si avvolgono in spire luttuose attorno a coloro che si imbattono nel demone fino a soffocarli con la propria morsa disperante.

Nella Purgatory si respira morte e dannazione eterna.


acheronte


Nella luce crepuscolare del tramonto perpetuo il fiume serpeggiava ribollendo fra cumuli di ossa sbiancate dal tempo, pile di detriti e cadaveri tumidi, fitti grovigli vegetali di piante rinsecchite e zanne di roccia scura che dilaniavano il cielo. L'Acheronte scorreva rapido e inarrestabile attraverso le macerie accumulatesi in secoli, millenni, ere, fino a raggiungere l'immensa entrata dell'Inferno: bastioni di granito e arenaria che torreggiavano sulla piatta landa circostante, ergendosi verso l'infinito. Una monolitica architrave di pietra formava con le torri laterali il maestoso portale d'ingresso; dal ventre purulento della terra un bagliore cremisi si arrampicava su per le pareti frastagliate, ma i torrioni erano tanto alti che la luce illuminava a stento le grandi volte arcuate.
Il fiume turbinoso penetrava attraverso il portale, per un terribile momento sostava attonito sull'orlo dell'abisso, scosso da tale nera infinità, e poi si tuffava nell'ignoto fin nelle viscere del mondo, là dove l'acqua incontrava il fuoco in un abbraccio di perenne disperazione.

« Basta! Sono stanco di aspettare. »

Sulle rive del fiume di fuoco si accalcavano migliaia di anime dannate che levavano alti lamenti nell'oscurità; i lineamenti erano contratti in smorfie di dolore e tormento, le membra esangui sollevate a coprirsi gli occhi, come se bastasse allontanare da sé la vista del mondo infernale con tutti i suoi ripugnanti orrori per cancellarne l'esistenza. Attendevano con rassegnazione il loro turno per venire trasportate sulla superficie infuocata dell'acqua, oltre il Vestibolo, nel vero Inferno; l'imbarcazione che doveva condurle - un mostruoso traghetto di assi consunte e legno tarlato - era tirato in secco sulla riva, e il suo possessore stava ritto in piedi poco distante a discutere con un demone inferiore.

« Ma non puoi andartene! Sei il Traghettatore d'anime! Senza di te, chi... traghetterà le anime? »

Caronte lo fulminò con uno sguardo fiammeggiante, raddrizzò la schiena e si erse ancora più imperioso sull'orda brulicante che lo circondava, poi ruggì:

« Non sei tu a potermi dire cosa fare e cosa no! Troppo a lungo ho dovuto sopportare il tanfo di zolfo che aleggia in questo buco schifoso: è giunta l'ora di andarsene! »

Il diavolo, un ammasso informe di zanne e artigli e occhi mal distribuiti, gli fece scivolare addosso uno sguardo malizioso e infido:

« Forse io non posso darti ordini, ma un cert- »

Le viscide insinuazioni vennero bruscamente interrotte al gesto dello Psicopompo: Caronte allungò una mano scheletrica verso la creatura e uno strato di spesso ghiaccio la serrò in una morsa di gelo; tese l'altra mano e fiamme cangianti avvolsero il blocco trasparente, squagliando il ghiaccio. Del demonietto rimase soltanto una pozzanghera di fango maleodorante che sciaguattava sotto i piedi dei dannati.

« Dopo un'eternità di onorata carriera... »

Dal fondo delle orbite vuote le pozze di lave scintillavano.
Il teschio venne spaccato da una piaga trasversale, l'equivalente di un sorriso.

« ... credo di essermela guadagnata, una promozione. »

E che promozione.
Dall'Inferno al Purgatorio.


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« L'uomo che ha ucciso Sedys... »

Esordì una voce spettrale che sgorgava dal nulla.

« ... è un grande guerriero. E Caronte lo segue »

Sentenziò Caronte, rigurgitato fuori dalle tenebre che avvolgevano la passerella alle spalle di Montag.
Avanzò a falcate lente e solenni, mostrandosi alla masnada impietrita per la paura e lo stupore, fino a superare l'Orso di Ferro, Rohan e il ragazzo drago. Con la mano ritorta si calò il cappuccio dal volto, rivelando le orbite vuote degli occhi che avvampavano come braci sotto la coltre di cenere.
In basso si apriva un cratere abissale che gli riportò per un momento alla memoria la voragine dell'Inferno. L'orda di folla era come lo sciame di anime dannate, solo... viva. Ed era proprio questa la ragione che l'aveva spinto a lasciarsi l'Oltretomba alle spalle per avventurarsi nel mondo terreno, sopportare mesi di prigionia - in fondo, cos'era un mese per lui, che aveva vissuto tutte le ere di questa esistenza? - pur di ottenere la propria occasione: guidare uomini che non fossero solo ombre aeree di corpi divorati dai vermi, traghettare non folle di spiriti afflitti, ma carne viva, muscoli frementi e cuori pulsanti, verso una nuova meta. Quale? La libertà in questo caso, ma l'importante non era l'obiettivo, parole vacue prive di valore a cui ognuno, proprio per questa ragione, poteva affibbiare qualunque significato volesse. La cosa cruciale, per Caronte, era la strada da percorrere per raggiungere quell'obiettivo. Era l'esperienza. L'avvenimento. Respirare l'aria fresca intrisa dalle grida di moribondi - e non di morti! - Assaporare l'odore della paura e del terrore, ma con quella particolare fragranza di una sottile speranza non del tutto svanita - tipico dei mortali. Squarciare pelle che non evaporasse in uno sbuffo di polvere millenaria. Macchiarsi del sangue ancora caldo delle vittime.

In poche parole, voleva la vita
per poterla togliere.

E quale modo migliore, si era detto, che porsi a capo di una sanguinosa ribellione?

La folla aspettava in silenzio un segnale. Lacerati da sentimenti contrastanti, prigionieri e secondini attendevano solo un pretesto qualunque per poter dare libero sfogo alle loro emozioni e pulsioni, e a Caronte spettava il compito di offrire quella semplice motivazione.
Incrociò lo sguardo di Montag: il colosso annuì e il demone seppe cosa fare.
Non servivano parole: troppe già ne erano state spese. Alzò il braccio di scatto, e nell'anfiteatro volante perfino il sibilo di mille respiri discordanti cessò, fagocitato nella spasmodica e silente attesa del prossimo gesto.
Caronte se ne compiacque, ma sul teschio scarnificato rimase scolpita la stessa espressione fredda priva di emozione; soltanto gli occhi rossi come torce accese brillavano di un bagliore particolare.
Serrò il pugno sospeso per aria, avvertendo le unghie affilate scheggiare l'osso del palmo. Flettè il gomito, e con una lentezza esasperante piegò il braccio fino a riportare il pugno contro la gabbia toracica sporgente. Un altro scatto e l'arto fu di nuovo sollevato; rimase in quella posizione per qualche secondo, poi con flemmatica tranquillità abbattè un'altra volta la mano chiusa sul petto. Ancora il braccio disteso, e ancora il pugno sul torace.



Stendi il braccio, schianta il pungo.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


Sempre più veloce, sempre più forte.
L'aria sibila quando slancia l'arto in avanti come una frustata, le ossa scricchiolano quando la mano percuote il petto come un martello.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


La folla adesso lo segue, imita il movimento con un rullo di tamburi ritmato. Stendi, schianta. Fischi, e poi battiti pesanti.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


Aumenta la rapidità, slancio e ripiegamento, stendi e schianta. Ormai il gesto è così fluido e continuo che non se ne distinguono più le due fasi: c'è solo un lampo bianco oscurato da stoffa nera, e il tonfo attutito alla fine.
Stendi, schianta. Fischio, battito. Lampo, tonfo.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


E alla fine il braccio si stese per l'ultima volta e lì rimase, a puntare il ponte superiore della nave ma perforandolo per slanciarsi dritto verso il cielo, il pugno chiuso che spazza via ogni ostacolo come la tempesta sui fragili abeti.
Caronte proruppe in un grido belluino che risalì dal profondo del suo essere, profondo almeno quanto gli abissi dell'Inferno, e la folla lo seguì, e gli uomini urlarono con lui, e lui pensò che fu bellissimo
udire per una volta grida di esaltazione,
e non di disperazione.

Poi il momento passò. Il demone avvertì la stretta vigorosa di Montag sulla spalla ossuta: cercava di richiamare la sua attenzione, ma Caronte aveva già intuito cosa voleva mostrargli. Un numero fin troppo ampio di persone, fra l'orda accalcata sulle passerelle, non si era unito all'ardore infervorato ebbro di eccitazione seguito all'incitamento del Traghettatore, e ora stava defluendo verso i portelli laterali con l'intenzione di abbandonare il movimento rivoltoso per cercare di guadagnarsi da sé la liberta o - peggio - schierarsi con la fazione avversa.

« Non lo permetteremo. »

Rimarcò l'Orso, come leggendogli nel pensiero. Caronte annuì con un cenno del teschio, gonfiò i polmoni consumati da eoni di logoramento, ed esplose per sovrastare il clamore generale:

« Uomini! »

La voce cavernosa richiamò subito all'ordine la massa confusionaria, come un faro oltre la cortina d'acqua.

« Oggi siete qui per un obiettivo comune: la libertà! »

Un boato seguì l'ennesima ripetizione di quella parola che sembrava esercitare un ascendente tanto allettante e persuasivo per chi aveva votato la vita a privare gli altri proprio della libertà: le guardie con i prigionieri, e i prigionieri con le loro vittime.

« Ma questi traditori... »

Abbracciò con lo sguardo i folti gruppetti che tentavano di guadagnare le uscite, e i pochi protagonisti solitari che ancora rimanevano a protestare nel bel mezzo di schieramenti opposti.

« ... vogliono rubarvela prima ancora che ve la possiate godere! »

Grida, versi bestiali, piedi che sbattevano sui pavimenti, ringhiere metalliche percosse con tutta forza, pugni che sbattevano sui petti, uomini che si dimenavano come puttane isteriche. Tutti aizzati da Caronte contro gli oppositori in fuga.
E alla fine, un'ultima parola, tanto semplice quanto definitiva, a suggellare il discorso con un bacio di sangue e denti marci:

« Uccideteli. »



{ SpecialQm Point }

Si sentiva la mancanza di un antico demone mitologico, no?
Il post è diviso in quattro parti: la prima e l'ultima descrivono le situazioni attuali, la seconda è antecedente di qualche minuto, la terza (compresa fra immagine e divider) è ambientata tempo prima, quando Caronte era ancora all'Inferno.
Fatte le dovute precisazioni, passiamo alle istruzioni vere e proprie: Caronte (che è dotato di una passiva di timore psionico e una di scottatura al contatto) aizza le truppe a sterminare coloro che si sono dimostrati contrari alla ribellione; vostro compito in questo turno è di affrontare un autoconclusivo. Esatto, come un vero combattimento contro mostri, e infatti i vostri avversari saranno i seguenti:
CITAZIONE
Gli infimi: Che siano rinchiusi dietro le sbarre o liberi di compiere efferatezze per le vaste lande di Asgradel, questi individui rappresentano la vergogna della criminalità tutta del continente. Sono infimi di nome e di fatto: ubriaconi che amano parlare delle proprie vere o presunte malefatte di fronte ad una pinta di birra, tirapiedi di questo o quel malavitoso di poco conto, ladruncoli di strada; qualunque fosse o sia il loro ruolo all'interno della società corrotta di cui fanno parte, rappresentano in ogni caso i margini di essa e gli scarti tra i rifiuti stessi. Non sono ben visti né considerati dal resto della marmaglia criminale del mondo, ed anzi vengono spesso sottomessi dai banditi più pericolosi che ne fanno il loro "esercito personale" di leccapiedi e assassini. La maggior parte di questi insulsi malfattori da quattro soldi è sporca e sudicia, sia dentro che fuori; non nutre una grande stima nell'umanità -ed il sentimento può dirsi largamente ricambiato- e, in generale, non rappresenta un pericolo se non affrontata in gruppi da dieci o più individui. Quando vengono catturati, vengono rinchiusi nel livello più basso -e popolato- della nave: il Settore 6.

Ricapitolando: combattimento autoconclusivo contro energie meno che bianche, pericolosità G; 10 mostri = 1 bianca, potete affrontarne da un minimo di 10 a un massimo di 20. Gli avversari della fazione mostruosa Feccia sono in fuga e disarmati. Dettaglio rilevante: l'intero combattimento copre un arco di tempo pari a un'ora.
Scadenza fissata per le 23.59 di giorno 4 aprile.
Buona fortuna.
 
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Leonhart
view post Posted on 28/3/2012, 17:30




Un popolo alquanto infervorato, quello della Purgatory, che ora si muoveva in maniera dispersiva lungo tutte le passerelle della nave, come topi in cerca di una via d'uscita; di una via di fuga dalla morte certa.
Ezekiel li guardava, camminando tranquillamente controcorrente, in direzione opposta al portello di sbarco che doveva trovarsi, approssimativamente, uno o due livelli sotto di lui e che attirava i carcerati come mosche al miele.
Tutti stavano scappando e, se così fosse stato, la rivolta sarebbe durata ben poco: Hyena sarebbe arrivato, con i suoi scagnozzi, e avrebbe inondato la nave di sangue pur di mondare quella insurrezione.

Un ruggito, quello che proruppe dall'uomo di armatura, quel colosso che camminava sulla passerella poco più in alto di dove si trovava Ezekiel - che nel mentre si era avvicinato, passo dopo passo, al punto da cui gli invasori avevano arringato la folla in grande stile, con tanto di apparizione di drago come contorno.

« BASTA! »
E il silenzio calò di colpo, di nuovo.
Ezekiel gli piantò gli occhi addosso, attento.
« Noi vi abbiamo dato la libertà, e voi ci ripagate col disonore? »

« Non ne abbiamo bisogno.
Ce la prendiamo da soli la nostra libertà, zucca pelata.
»
Oh ma tu guarda: Sedys.
Ezekiel conosceva di fama quel grosso bastardo che si avvicinava al soldato: era uno dei più pericolosi carcerati di quei livelli ed erano talmente tante le storie sul suo conto, ognuna più deprecabile dell'altra, che anche il solo ritenerne una veritiera sarebbe bastato da farlo giustiziare seduta stante da qualsiasi uomo con un minimo di buon senso.
« Non è così, fratelli? »
Un discorso neanche minimamente interessante quanto quello degli invasori, ma qualche detenuto, a fianco, annuiva e bisbigliava con i compagni.
L'uomo calvo si guardò attorno, osservando quello zoo umano con antipatia.
Poi scattò, prendendo il cranio di Sedys nel palmo della sua mano e sollevando il detenuto.
Si sentivano i gemiti di Sedys che , da sotto il guanto d'arme, risuonavano per la Purgatory: lottava per liberarsi, invano.
Come un pupazzo, l'uomo lo spostò sopra il baratro che dava nelle profondità della nave, un salto di qualche decina di metri.
« Se non volete stare tra noi come fratelli fidati..
Se non volete seguire gli ordini di von Falkenberg..
»
Il crack delle ossa del cranio si sentì ovunque, fin nelle celle più lontane, e un tremito scosse la feccia.
« ..andatevene subito fuori dai coglioni.»
« Io sto col Beccaio.
E non farò uscire vivo da qua nessuno che non faccia altrettanto.
»

La voce di Rohan arrivò ovattata, mentre Ezekiel e molti altri seguivano con lo sguardo il corpo di Sedys cadere senza vita.
Quella era gente da non prendere alla leggera.

E poi il brivido.
In mezzo al calore della rivolta, il sudore freddo come al risveglio di un incubo.
Solo che non stava dormendo: nessuno stava dormendo.
La figura che apparve sulla passerella, rigurgitata dagli Inferi, oltrepassò i due uomini e il ragazzo drago per levarsi il cappuccio davanti a tutti, mostrando gli occhi di fuoco.
Ci furono scongiuri e preghiere sommesse che si levarono un po' da ogni dove, mentre Ezekiel guardava con un misto di disgusto e curiosità il demonio appena apparso.

Lo vide alzare il pugno e batterselo contro il petto più e più volte, in una cacofonia che riempiva le orecchie dei presenti e le loro menti del desiderio di ribellarsi, di attaccare, di uccidere!
Le grida di quelle bestie, tenute incarcerate per così tanto tempo e desiderose di sangue, sgorgarono di nuovo dopo il silenzio forzato dall'uomo in armatura.
Anche Ezekiel si ritrovò eccitato, in quella marmaglia, dalle parole del diavolo Caronte, come se questi fosse arrivato e avesse promesso loro chissà quale ricompensa al termine dell'impresa - a patto che la strada percorsa fosse ricoperta dei cadaveri dei traditori.
« Uomini!
Oggi siete qui per un obiettivo comune: la libertà!
»
Ancora. E le orecchie si fecero attente.
« Ma questi traditori vogliono rubarvela prima ancora che ve la possiate godere! »
È facile aizzare la bestia quando qualcuno l'ha già risvegliata dal torpore, ma l'effetto di quelle parole fu qualcosa di apocalittico:
erano bavosi e folli, ora, anche quei detenuti che prima non lo erano.
I fuggitivi, poveri loro, non avrebbero mai visto la luce.

« Uccideteli. »

bewgm

Ezekiel si sporse dal bordo della passerella circolare del livello, mentre gli altri detenuti sfrecciavano verso le uscite per uccidere i traditori o si avventavano sui vigliacchi più vicini.
Anche a lui prudevano le mani, ormai.
Ma senza armi, lui era poco o niente, come ogni gladiatore nell'arena:
il primo disarmato è carne da macello.
Volse lo sguardo all'uomo in armatura, il gigante che aveva mostrato a tutti loro come era in grado di uccidere senza problemi uno come Sedys; e che ora sembrava sorridere allo spettacolo, qualche metro più in alto.
« Anche il più sciocco di questi ribelli dovrebbe sapere che il lavoro fatto a fil di spada è più efficace. »
Fece spallucce, indicando vago attorno a lui.
« Sembrano essersene dimenticati tutti... »
Tese la mano verso l'uomo, implorando per avere un'arma:
il tremore alla mano era impossibile da nascondere,
la voglia di combattere.
« ... tranne me. »
Quegli grugnì, come dando consenso, e rivoltando uno dei cadaveri martoriati dalle spade del rosso, scoprì una spada bastarda conficcata nel basso ventre.
« Ecco la tua arma, ragazzo. »
Ezekiel la prese al volo, saggiandone il peso.
« E cerca di non fare la stessa fine di questo idiota. »
Il guerriero si incamminò verso l'altro capo della ribellione, con Caronte al seguito.
Il demone scoccò un'occhiata a Ezekiel che gli fece torcere le budella:
per la paura e per l'eccitazione.

Si mise a correre lungo il perimetro del livello, spada in pugno, scavalcando i gruppi di detenuti di vario genere che se le davano di santa ragione: uomini contro uomini contro bestie contro demoni in un'accozzaglia di esseri viventi che doveva fare invidia ai gironi infernali.
Solo che quello era il Purgatorio.
La Purgatory, per esattezza.
Scivolò lungo il corrimano di uno dei ponti ferrosi colleganti il livello a quello inferiore, procedendo spedito verso uno dei portelloni di uscita della nave che si trovava sulla sua sinistra, di sotto, e che si avvicinava a velocità folle.
Un fiume di detenuti stava spingendo per accaparrarsi il primo posto della fila verso la luce del sole.
Quel sole del Plakard che non perdona, ma che ora appariva così amato.
Alcuni rivoltosi avevano tentato di fermare la mandria che voleva tagliare la corda: i loro corpi cadevano ai lati della passerella, spinti dal cieco desiderio di libertà.

Un gruppo di dieci persone era a pochi metri dall'uscita, quando un lampo di luce bianca si frappose tra loro e il portello.
In due caddero, portandosi le mani alla gola da cui usciva un copioso fiotto di sangue.
Gli altri scacciarono dagli occhi il fastidio, sbattendo le palpebre due secondi prima di vedere un uomo - o ragazzo, che dir si voglia - moro e con una leggera barba, strofinare la spada bastarda contro la stoffa della veste di uno dei due cadaveri.

Alzò la spada, Ezekiel, e fece loro un cenno.
« Spiacente. »
Mosse qualche passo in avanti, calpestando la pozza vermiglia dove giacevano i corpi.
Le gocce filtravano dalla grata di ferro, cadendo verso il basso.
« Ordini superiori. »
Urlando, i restanti gli si gettarono contro, inciampando su sé stessi per la foga.
Erano disarmati, e mulinavano i pugni al vento.

Una barriera candida, leggermente opaca, si erse davanti a Ezekiel:
gli uomini vi sbatterono contro, ammassandosi come sacchi di patate.
Poi, appena lo scudo svanì, altre due teste rotolarono via.
« Non ci siamo. »
Uno strattone per le gambe lo fece cadere disteso all'indietro.
Quello che sembrava un uomo sfigurato, con una lingua fin troppo lunga, lo aveva sbilanciato da terra e, ora che si stavano rialzando, gli altri lo avrebbero riempito di botte.
Ma quello che accadde fu diverso:
il mezzodemone lo fece volteggiare in aria e lo schiantò contro il portello, come aver lanciato un sasso.
Ezekiel sentì un dolore acuto all'impatto, forse una costola incrinata, e cadde ginocchioni, la spada ancora salda.
In due gli furono addosso e lo presero, tenendolo fermo, mentre il mezzodemone si apprestava a caricare.
Un lampo di luce e la presa che lo teneva si fece poco più debole:
quanto bastava.
Ezekiel liberò la mano armata e conficcò la lama nello stomaco del detenuto che gli teneva l'altro arto, per poi piroettare verso il secondo che si spezzò a metà all'altezza dello sterno, la spada in mezzo alle costole.
I quattro ancora vivi si schiantarono di nuovo contro lo scudo traslucido, eretto appena in tempo prima di venire travolto; e ancora, altri due venero trucidati.

Erano infimi, detenuti senza orgoglio e soprattutto senza spada.
« Non meritate altro che questo. »
Mentre si rialzava, il mezzodemone prese in pieno cranio una spadata, che lo sfondò da parte a parte.
L'altro detenuto gli si avvinghiò sulle spalle, cercando di stangolarlo: un altro uomo dalle fattezze deformi, magro e brutto.
Con un colpo del pomolo della spada in fronte, Ezekiel lo tramortì e lo scaraventò giù dal bordo, guardandolo andare a schiantarsi tra gli arabeschi di ferro della struttura.

Un'altro gruppo si stava avvicinando e Ezekiel si mise in mezzo,
contornato dai cadaveri.
« Se non volete fare la loro fine... »
Disse, poggiando la punta della spada per terra, perentorio:
« ... vi conviene fare dietro front. »
Digrignando e sputando verso di lui, gli volsero le spalle e corsero verso gli altri portelloni,
lasciandolo solo a prendere fiato.



ReC 250 ~ AeV 100 ~ PeRf 175 ~ PeRm 275 ~ CaeM 175

Basso 6% ~ Medio 11% ~ Alto 22% ~ Critico ~ 44%

Status fisico ~ Contusioni varie e alla schiena (Basso)
Status psichico ~ Illeso
Energie residue ~ 100% – (6, 6, 6, 6, 11) = 65%

Passive

Stronghold: Ezekiel è un uomo come tutti gli altri, tenacemente attaccato alla vita al punto di non arrendersi quando le energie scarseggiano. A solo trent'anni, un vero uomo appena fatto, egli possiede un potere particolare che tutti vorrebbero: la difesa assoluta, ossia proteggere il proprio corpo in ogni situazione. La prima caratteristica di Ezekiel è la capacità di ricorrere alle proprie difese anche quando ciò sembra impossibile, quando l'offensiva del nemico sembra andata certamente a segno. Egli possiede la capacità di innalzare le proprie tecniche difensive in maniera istantanea, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione, anche nel caso in cui si trovasse a fronteggiare un attacco incredibilmente rapido o altrettanto inaspettato. Se poi per un uomo normale, lanciare una difesa che copra tutto il proprio corpo è molto più impegnativo che castare una normale barriera, lo stesso non si può dire per Ezekiel: qualsiasi difesa a 360° avrà una potenza pari al consumo impiegato per generarla, permettendogli di uscire indenne anche dagli scontri con più avversari o circostanze altrettanto pericolose.
Defence boost: Le difese di Ezekiel sono un concentrato di magia talmente elevato da risultare sovrumane, anche per gli altri possessori di questa particolare abilità. Per merito di neanche troppo lunghi periodi di allenamento, egli è in grado di erigere difese magiche aventi potenza di un livello superiore al consumo speso; tuttavia, tanta diligenza in questa branca del combattimento ha una conseguenza inevitabile: la potenza di tutte le tecniche offensive di natura magica sarà ridotta di un livello.

Attive

Shields: Il possessore di questi poteri può evocare scudi di forma, dimensioni e colore variabili, a seconda del desiderio di Ezekiel, costituiti di pura energia magica concretizzata atti a difenderlo da qualsiasi attacco non mentale. Egli potrà evocarne di potenza Bassa e Media.
Sight's blind: Con un minimo dispendio di energie, Ezekiel produce dal proprio corpo o da una parte di esso verso l'esterno un flash di luce abbagliante, bruciando la retina degli occhi per pochi attimi, giusto il tempo di sferrare un attacco. Inoltre, la luce sarà talmente forte da riportare gli esseri demoniaci nella loro più debole forma umana, annullando la disparità di forze. (consumo Basso)
Come here and try: Ezekiel è abbastanza confidente nelle sue abilità difensive da essere talvolta portato a comportarsi in modo provocatorio, aggredendo verbalmente l'avversario per indurlo a colpirlo - o quantomeno a provarci - o a rivolgere l'attenzione verso altro da sé. Se sprovvisto di adeguate difese psioniche, la rabbia che si riverserà nell'altro al suono delle parole di Ezekiel, lo impossibiliterà ad elaborare strategie complesse in combattimento per una durata complessiva di due turni. (consumo Medio)

Note
Primo combattimento autoconclusivo contro mostri, quindi avrò certamente commesso qualche boiata. Basandomi sul fatto che erano disarmati e che Ezekiel possiede il dominio Absolute Defense, è normale che abbia riportato pochi danni anche se erano in superiorità numerica; per fare una strategia credibile, mi è parso giusto spendere abbastanza energia.

Il riassunto delle azioni è abbastanza semplice:
· Ezekiel arriva e ne secca due dopo aver usato Sight's blind; poi si difende dalla carica fisica (con uno scudo Basso elevato a Medio per la passiva personale, più che sufficiente) e via altri due.
· Si entra nel vivo con il mezzodemone - ho voluto caratterizzarlo così, semplicemente per dare una motivazione alla sua forza - che gli infligge danni pari a un Basso facendolo volteggiare e scaraventandolo contro il portello.
· Immobilizzato, usa ancora Sight's blind per accecare i due e liberarsi, uccidendoli. Di nuovo scudo e altri due che vi si schiantano contro perdono la vita. Prima che si rialzi, Ezekiel conficca la spada nel cranio del mezzodemone.
· Rimane l'ultimo carcerato, che tuttavia prende una pomellata in testa e viene scaraventato nel baratro.
· Infine, Ezekiel usa Come here and try per far andare via, arrabbiati e con la coda tra le gambe, l'altro gruppo di detenuti che si sta avvicinando. (No, non ne avrei comunque combattuti altri dieci: sarebbe stato un po' tanto.)

L'intermezzo di Montag, Caronte e la spada è stato fatto d'accordo con Lenny. No worries!

 
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Orƒ
view post Posted on 2/4/2012, 18:16




Conquistadores - Invasione
capitolo secondo; di come prese parte alla rivolta

« BASTA! »
La voce cavernosa dell'Orso di Ferro scosse l'intera struttura carceraria.
« Noi vi abbiamo dato la libertà, e voi ci ripagate col disonore? »
Continuò, rivolgendosi a chi non aveva intenzione di allearsi con Falkenberg o che semplicemente volevano nascondersi e fuggire, come piccoli ratti pestilenziali nelle loro luride tane. La fede o il semplice terrore nei confronti di Iena impedì a molti di schierarsi che speravano, piuttosto, di sfruttare la confusione per fuggire nel deserto. Tuttavia, Rohan e Montag non erano dello stesso avviso, e sembravano decisi a uccidere chiunque avesse tentato di liberarsi dai propri doveri verso il Falkenberg.

« Non ne abbiamo bisogno. »
Una voce proruppe dal cumulo di carcerati, poco distante da dove si trovava Montag. Era un uomo alto e muscoloso, la sua sola presenza e possanza incuteva il timore nel cuore della maggior parte dei tagliagole lì presenti.
« Ce la prendiamo da soli la nostra libertà, zucca pelata. »
Si rivolse all'Orso e subito dopo alla feccia che li osservava.
« Non è così, fratelli? »
Gran parte della marmaglia irruppe con un boato rumoroso, approvando le parole del loro compagno.
Montag spostò leggermente lo sguardo volgendolo ai piani superiori della prigione, diretto ai gruppi di criminali di maggior pericolosità, quindi lo riportò in direzione di Sedys e con uno scatto fulmineo il possente braccio dell'Orso prese alla sprovvista il criminale, afferrando con forza il volto di quest'ultimo. Un artiglio indissolubile fatto di ossa, carne e ferro, capace di stritolare una montagna se solo avesse voluto. Sydas ebbe la sfortuna di trovarsi tra le sue grinfie, di essere sollevato come fosse una piuma.
« Se non volete stare tra noi come fratelli fidati.. »
Disse Montag, mentre il carcerato si agitava cercando di liberarsi dalla stretta, sperando di sopravvivere almeno per vedere la luce del sole, quando l'Orso spostò il braccio al limite della passerella, lasciando il possente corpo di Sydas in bilico nel vuoto.
« Se non volete seguire gli ordini di von Falkenberg.. »
I lamenti del carcerato si fecero sempre più flebili e stanchi, mentre i singhiozzi e i sussulti risuonavano in tutta la nave, facendo rabbrividire gli altri aguzzini.
Una serie di suoni che culminarono con un unico e fragoroso.
Crack
« ..andatevene subito fuori dai coglioni. »
Le parole di Montag arrivarono violente alle orecchie di Ludvic, rimasto a guardare l'intera scena con un profondo senso di disgusto. Morti simili, prive di alcun onore, non erano degne di nessun uomo che si potesse definire tale. E Sydas, per quanti nemici avesse e per quante persone potesse aver ucciso, era pur sempre un uomo.

« Io sto col Beccaio. »
Rohan, l'eroe cremisi, riprese la parola attirando l'attenzione nuovamente su di se. Teneva ancora le gambe penzoloni sulla passerella, il volto era coperto in parte dall'ombra e l'altra mostrava un sorriso sadico, divertito dalla situazione creatasi.
« E non farò uscire vivo da qua nessuno che non faccia altrettanto. »
Il ragazzo ripresentò il concetto espresso da Montag, cercando di renderlo ancora più chiaro per chiunque non si fosse ancora deciso. Come monito finale, l'Orso di Ferro lasciò cadere il corpo esanime di Sedys dal parapetto. I carcerati che poco prima esultavano alle sue parole, si spostarono lasciandolo impattare sul duro metallo della nave. Mentre tutti erano intenti a osservare quel corpo flaccido, composto unicamente da muscoli, pelle e ossa fracassate, una terza voce apparve dal nulla.

« L'uomo che ha ucciso Sedys.. »
Ogni singola lettera pronunciata da quell'ammasso di stracci sembrava un macigno, una nube maleodorante pregna di malvagità.
« ..è un grande guerriero. E Caronte lo segue. »
Caronte il traghettatore, salassatore dell'Acheronte, ecco il nome della figura enigmatica e capace di incutere il terrore in chi incrociava lo sguardo con le sue orbite vuote, incorniciate in uno scheletrico dipinto nero. Avrebbe intimorito chiunque, eccetto Ludvic, che rimase impassibile nella sua posizione alta e fiera, intento a osservare l'evolversi della situazione.
Tuttavia, non poteva fare a meno di pensare che quell'essere misterioso, molto simile a un lich, sapesse sicuramente qualcosa di più riguardo alla Lingua Oscura e il suo utilizzo. Informazioni che per Ludvic potevano segnare il confine tra vita e morte.

Il silenziò calò in breve sulla folla, ipnotizzata dalla figura ermetica e misteriosa del traghettatore. Quest'ultimo si pose sul bordo della passerella, in modo che tutti potessero vederlo ed esultare con lui. Portò rapidamente le mani al petto ossuto, battendovi sopra con forza per poi tendere le braccia davanti a sé. Un movimento chiaro e pulito che in breve tutti cominciarono a imitare, nessuno escluso. Tutti i carcerati fedeli a Falkenberg si unirono in quel gesto, carico di fratellanza e onore, aumentando in pochi secondi la velocità. In breve, nell'aria non vi fu nient'altro che il rumore inconsulto e ritmato dei colpi sul petto.
Ludvic preferì non unirsi in modo così attivo e si limitò a portare la mano destra, che ancora impugnava la spada, sul cuore, facendo impattare il guanto metallico contro l'armatura color ebano. Un segno di puro rispetto nei confronti di Falkenberg per cui avrebbe dato la spada, ma era pur sempre un uomo che ancora non conosceva e doveva mantenere un certo riserbo nei suoi confronti.

« Hail to the Falkenberg. »
Mormorò tra se e se il cavaliere oscuro, recitando un saluto e un giuramento verso chi avrebbe portato il rinnovamento nel Purgatorio. In fondo, un tempo, il Goryo si basava proprio su questo: la legge del più forte, sul puro istinto di sopravvivenza.

« Uomini! »
La voce gutturale di Caronte sovrastò la confusione creatasi, cercando giungere alle orecchie di tutti.
« Oggi siete qui per un obiettivo comune: la libertà! »
Quella parola risvegliò una strana sensazione in Ludvic, tanto che un brivido freddo gli percorse la schiena facendogli tendere tutti i muscoli del corpo.

« Ma questi traditori... »
Le orbite prive di occhi ghermirono le anime di tutti gli astanti, catturando l'attenzione anche di coloro che a passo svelto cercavano di guadagnare le uscite laterali.
« ... vogliono rubarvela prima ancora che ve la possiate godere! »
La calca ricominciò a infervorarsi, sbattendo i piedi sulle grate ferruginose e gridando come animali in gabbia; un branco di belve che attendevano solo un segnale per scatenarsi.
Non dovettero attendere molto.

« Uccideteli. »

Il patto fu suggellato, con quella semplice parola aveva semplicemente condannato tutti quelli che osavano ribellarsi a Falkenberg. Ludvic non poté essere che felice di quella decisione, nel tempo aveva compreso che la pietà non poteva essere concessa a simili reietti. Metterli in prigione non sarebbe servito a nulla, avrebbero potuto fuggire facilmente o essere venduti a qualcuno che ne avrebbe fatto assassini privati. Un circolo vizioso cui si poteva porre fine in un solo modo: la morte, la sentenza finale.

• • •



L'attenzione di Ludvic fu attirata da una decina di carcerati, disarmati e vestiti di stracci, decisi a lottare per guadagnare l'uscita protetta dal cavaliere oscuro. Questi erano capeggiati da un tizio insolito, alto e magrolino, che aizzava i suoi compagni contro il giovane con foga non comune. Fermarono la loro corsa solo quando si trovarono a pochi metri da Ludvic e il primo a parlare fu proprio l'aizzatore.
« Levati dai piedi, Cavaliere! Io sono il famoso Ejval mozza orecchi, il terrore di Estvan! » Irruppe il tizio magrolino indicando Ludvic, mentre gli altri dietro gli facevano eco ed esultavano, urlando il suo nome.
« Sarai anche armato ma noi abbiamo la superiorità numerica e in gruppo siamo molto più forti di te! »
Sbraitò ancora, come un cane rabbioso spaventato contro il giovane Greymoor, che rimase invece totalmente impassibile. Si limitò a stringere con più forza il guanto attorno all'elsa, indietreggiando di qualche passo per bloccare adeguatamente l'uscita e non far passare nessuno.

« Il numero e la forza non sono niente.. » Esclamò, cercando di superare la confusione creatasi nella prigione e dal gruppo di Ejval, che nel frattempo aveva cominciato a caricare il cavaliere.
« La volontà è tutto! »

Urlò, infine, sovrastando il trambusto delle grate, dei piedi scalzi che sbattevano su di esse, dei carcerati che cadevano sotto i colpi dei Falkenberg Korps e i loro alleati. In quel momento, la mano del cavaliere disegnò un ampio fendente nell'aria generando subito dopo un fascio color cremisi. Il colpo fu abbastanza potente e inaspettato da scaraventare parte della marmaglia a terra e un paio giù dal parapetto. Ejval si rialzò immediatamente, nonostante il sangue sgorgasse copioso dal volto e dalle mani, richiamando altri rivoltosi, sperando che aumentando il numero anche la fortezza nera di Ludvic potesse cedere.
In pochi secondi gli furono addosso, pugni e calci percossero in pochi istanti il corpo del Marchiato, cercando in ogni modo di farlo cedere, di rompere la sua difesa e guadagnarsi così la libertà. In realtà, qualcuno volle sfruttare quegli attimi concitati per liberarsi dal gruppo e raggiungere l'uscita, ma fu in quell'istante che uno spesso cerchio nero si dipinse attorno a Ludvic.

« azaghâl nâla zirak »

Recitò quelle tre parole in modo che tutti potessero udirlo, se non distintamente quantomeno in modo vago. Sul corpo le rune Oscure cominciarono ad agitarsi, aprendo antiche ferite e dolori sopiti ormai da qualche tempo nelle rosee cicatrici. Sotto i piedi dei carcerati si formò un ampio cerchio dal colore nero, da cui dipartirono oscuri tentacoli che avvilupparono gambe e braccia di coloro che si trovavano al suo interno, sedando i loro istinti animaleschi. Così rallentati, per Ludvic fu facile colpirli con i mortali fendenti della bastarda recidendo loro la testa o importanti legamenti, rendendoli completamente inermi.
« Muori, bastardo! »
Fu in quel momento, tra l'eccitazione e i guitti di sangue, che il resto dei rivoltosi si accalcarono sul cavaliere aizzati dal mozza orecchi, sfoderando tutto l'arsenale di cui potevano disporre. Calci e pugni partirono all'indirizzo dell'oscuro marchiato, nel vano tentativo di farlo cedere e poter così proseguire verso la libertà.

« Stupidi insetti. »

Fu questione di un attimo, le grate sui vari piani cominciarono a tremare, i bulloni arrugginiti si sganciarono uno dopo l'altro, le premesse vi erano tutte ma i carcerati non furono così scaltri da percepirle e continuarono nel loro disperato attacco. Una forte onda d'urto li prese di sprovvista e fu così forte e incontrollata da colpire chiunque in un piccolo raggio di qualche metro, senza fare distinzioni fra nemici e alleati, uccidendoli sul colpo o facendoli volare giù dal parapetto.
Una giusta punizione per gente simile priva di alcuna morale o scrupolo.
« Provo rispetto per la vita di ogni uomo, ma voi l'avete tolta ingiustamente ad altri, e ora cercate una libertà che non vi appartiene. »
Concluse alzando il tono della voce.
« Non meritate un simile dono. »


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 100 -5 -10 -10= 75%;
Status - Illeso, Deciso;

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (estratta, dx);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
---
words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
---
words can not say, words full of vile darkness
consumo basso + medio (ad area, potenza bassa)
CITAZIONE
Con la mente annebbiata dal desiderio di vendetta e dal dolore, Ludvic non poté fare a meno di farsi corrompere dall'influenza della Lingua Oscura, modificando radicalmente le rune incise sul suo corpo. I simboli sul suo corpo mutarono a tal punto da diventare vere e proprie armi capaci di mietere vittime, senza dover nemmeno pronunciare parole in Lingua Oscura. Basterà la semplice volontà di Ludvic, e un piccolo dispendio di energie variabile, per dare sfogo a tutto il suo potere e manifestarlo, ad esempio, in una sfera dal colore intenso e dalla forma variabile per poi scagliarla contro l'avversario, concentrare quella potenza sulla spada o effettuare un attacco ad area a 360° con potenza inferiore al consumo speso. (ab. personale consumo variabile 1/10)

azaghâl nâla zirak - Trappola
consumo medio
CITAZIONE
Neri tentacoli appaiono all'improvviso, unica avvisaglia è un ampio cerchio di stampo vagamente alchemico su cui sono incise numerose rune arcane da cui dipartono le oscure lingue che cercano di ghermire tutto ciò che trovano nel loro raggio d'azione. Non importa dove o a che altezza, essi riusciranno sempre a imbrigliare la loro preda, costringendola ad una resa lenta ma inevitabile, sedando i suoi istinti bestiali e più profondi. Nonostante il cerchio runico che appare sia uno solo, le rune al suo interno gli permettono di esprimere le sue capacità in modi differenti, a seconda della situazione e del volere del caster. I neri tentacoli possono, ad esempio, imbrigliare il nemico per mani e piedi, riuscendo a rallentare i movimenti della preda causandogli un forte torpore. Un'altra possibilità, ben più subdola, è quella di infiltrarsi nella mente nemica e, tramite un attacco psionico, creare una fitta oscurità illusoria, causando una temporanea cecità alla vittima. Queste capacità agiscono su chiunque si trovi nel cerchio, ad esclusione del caster stesso. (trappola + trappola annullante)

---

Utilizzo la mia ab. personale variabile a consumo basso per colpire nel mucchio la marmaglia di carcerati, subito dopo un secondo gruppo cerca di accerchiarmi o fuggire ma utilizzo la pergamena trappola per immobilizzarli e con la spada recido teste o legamenti per renderli immobili. La marmaglia tenta un secondo attacco di gruppo e Ludvic utilizza un Medio ad area (quindi a potenza bassa) per finirli o scaraventarli di sotto.
Più o meno ho affrontato sulla ventina di carcerati.

EDIT: Aggiornate le stats.


Edited by Orƒ - 5/4/2012, 15:22
 
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The Grim
view post Posted on 4/4/2012, 20:01




Conquistadores,
Hell on Purgatory







L'aria fremeva nella nave volante, per la serie di eventi che la stavano travolgendo, per le promesse che quella notte sembrava custodire. Voci di ogni genere e tonalità che si intrecciavano in un arazzo di puro Caos, alcune inebriate, molte spaventate, altre ancora deluse; la parola Libertà rimbalzava eccitata da una parte all'altra della prigione.

« BASTA! »

Tuonò la montagna di acciaio e muscoli, zittendo la pittoresca platea ed attraendo sul suo volto duro tutti gli sguardi e le attenzioni.

« Noi vi abbiamo dato la libertà, e voi ci ripagate col disonore? »

I suoi occhi di ghiaccio passarono in rassegna la feccia che lo circondava, alla ricerca di dissidenti, di prigionieri talmente folli da sfidarli. Di un corpo con cui creare le fondamenta della propria Autorità. Fu velocemente accontentato.

Un prigioniero avanzò, pronto a reclamare la propria libertà e Montag lo accontentò, in una maniera che l'uomo non sembrava apprezzare, dimenandosi e contorcendosi mentre la morsa di freddo acciaio si chiudeva sulla sua gola. Urlando coi polmoni pieni di terrore mentre le sue ossa scricchiolavano, ed infine si spezzavano



« Se non volete seguire gli ordini di von Falkenberg,
andatevene subito fuori dai coglioni.
»

« Io sto col Beccaio.
E non farò uscire vivo da qua nessuno che non faccia altrettanto.
»





Non c'era nulla di sotteso nei loro discorsi: crude e dirette minacce. Nessuna fuga dalla Purgatory, solo un esercito di carne da gettare al macello nello scontro con Hyena: caricare i carcerieri poteva ucciderti, non farlo ti avrebbe ucciso di sicuro. Jace deglutì cercando di non far trasparire la propria inquietudine, ricacciando i propri pensieri in profondità; preparandosi al peggio.

ɲ Ɏ ɳ


La platea è immobile, congelata nell'attimo della morte del prigioniero, immobile mentre il cadavere si perde nelle profondità della nave. La realtà pareva essersi fermarsi, o forse essa continuava a scorrere ma la Fat Whore era stata strappata al suo fluire.
Una voce rauca, sgradevole, infranse quest'immobilità, cercando di guadagnarsi il favore dei conquistatori. La creature sembrava calzare a pennello con la situazione: un teschio a ricordare la morte che avrebbe danzato mille volte quella stessa sera, un demone per ricordare che tra quelle passerelle si muovevano solo anime dannate; nessun redento, nessuno da salvare. Una figura spettrale che teatralmente avrebbe incitato delirio e massacro.

E così fu. Il braccio batteva ritmicamente sul petto, tamburo a richiamare le truppe alla guerra. Calava e si rialzava, sempre più frenetico, sempre più potente, come a voler distruggere se stesso; come a voler abbattere la flebile barriera della ragione che ancora frenava la folla. Ed il moto si sparse, catturando molti tra i prigionieri che iniziarono a stendere anche loro il braccio ed a batterlo al proprio petto.
Jace stesso lo fece, non per frenesia, non perché credesse in quell'onda umana; anzi proprio perché non gli credeva. Per dimostrare di essere come gli altri, una pedina pronta alla battaglia.
Solo un'altra goccia che innaffiava il rosso fiore del Massacro.



« Uomini! »

La voce, talmente spettrale da far guizzare un brivido sulla schiena dello stregone, distrusse di nuovo l'atmosfera che egli stesso aveva creato. L'eccitazione della folla era ancora palpabile, quasi visibile nell'aria, ma ormai nessuno più batteva il proprio pugno sul petto; tutti guardavano fisso quel tetro teschio.

«Oggi siete qui per un obiettivo comune: la libertà!
Ma questi traditori...
»

La mano del demone si mosse, nuovamente. I suoi gesti erano volti ad incitare la folla, ancora una volta. Le falangi indicavano il gruppo di chi non era ancora stato convinto, di chi non si era fatto coinvolgere, di chi voleva la fuga; di chi voleva sopravvivere.

« ... vogliono rubarvela prima ancora che ve la possiate godere!
Uccideteli.
»

ɲ Ɏ ɳ


Quello che gli si chiedeva non era una battaglia, non era un combattimento ma puro assassinio, una strage di individui disarmati ed in fuga, feccia delle fogne più misere, priva di qualsiasi valore o qualità. Vigliacchi, ladruncoli, ratti della più infima delle specie, denutriti, maltrattati, patetici. Jace scrutava quelle schiere domandandosi a cosa servisse tutto quel casino: si sarebbe potuti lasciare fuggire quella marmaglia e la conquista della prigione da parte dei Falkenberg Korps del Beccaio non sarebbe stata indebolita; ucciderli sembrava solo uno spreco di energie. Poi un barlume di intuizione lo folgorò: quei fuggitivi non servivano a nulla, ma la loro uccisione poteva essere utile. Quel sangue versato sarebbe stato il battesimo dei conquistatori, un modo per unirli, per compattarli, per evitare che la paranoia li facesse impazzire; per permettere loro di fidarsi, anche se poco, l'uno dell'altro. Per prepararli a battaglie ben più impegnative.


Lo Stregone non si trovava a suo agio ad agire in quel modo. Era stato addestrato ad assassini pianificati, a fidarsi unicamente delle proprie capacità. Un combattimento di due moltitudini, così caotico, così rumoroso, così diverso da Jace. Tuttavia si sarebbe dovuto adeguare, per farsi notare, per evitare che il suo aiuto passasse inosservato; poiché lui doveva essere considerato importante e non una mera pedina. I gruppi di reietti gli sembravano tutti uguali, tutti insulsi, così corse verso una decina di uomini che correvano compatti verso un'uscita, con la cappa blu che si stagliava sgargiante tra i prigionieri. Una carta, uno degli Arcana Minori, gli scivolò tra le mani, e lasciò che le mani tastassero la carta, indugiando sui motivi stampati sul retro della stessa. Sentiva l'energia fluire all'interno di essa, dimenarsi alla ricerca di una via d'uscita, cercare disperatamente un modo per liberarsi; glielo concessi.
E così la carta volò verso i fuggitivi, fendendo l'aria come una lama - cosa che in realtà era - ed arrivata a pochi passi da essi, fu libera, ed una vampata di fiamme lì investì, scaraventandoli per terra. Gli uomini non erano morti, ma si rialzarono a fatica, con i vestiti bruciacchiati e la pelle esposta coperta da bolle ed ustioni; gli occhi rossi dalla rabbia e dal sangue. Jace sorrise, facendo scioccare la frusta come un serpente velenoso, facendola volteggiare una, due, tre volte mentre si avvicinava loro. Anche se feriti e stanchi il Cartomante sapeva benissimo che non si sarebbero arresi ma che avrebbero gettato le loro vite, avrebbero messo ogni briciolo di loro stessi nel tentativo di ucciderlo; illusi da una vaga speranza di libertà.
O troppo disperati per non farlo.

Il primo prigioniero - un omone calvo alto quasi due metri un tempo sicuramente massiccio - si scagliò rabbiosamente verso lo Stregone, senza nemmeno pensare a cosa stesse facendo; forse impazzito dal dolore. Crollò a terra con un lampo di incomprensione fisso negli occhi, la gola squarciata che riversava un fiume di sangue; gli altri indietreggiarono intimoriti davanti ad una morte tanto rapida. Jace sorrise soddisfatto, fissando gli uomini sporchi e cenciosi come un predatore con le proprie prede terrorizzate; troppo concentrato sull'obbiettivo per accorgersi dell'uomo che lo gettava per terra. Ruzzolò, mentre la frusta scivolava via dalla sua mano e sembrava disarmato come quegli uomini, abbassandosi al livello delle prede secondo i loro occhi. Lo caricarono tutti assieme, pronti a pestarlo a morte, agendo come una mandria impazzita anziché approfittandone per scappare; e questo fu il loro errore. Appoggiandosi sulla spalla e con un colpo di reni lo Stregone fu di nuovo in piedi, a pochi metri da loro. Due carte volarono rapide dalle sue mani, senza alcun potenziale esplosivo, ma bastò la loro anima d'acciaio per aprire un sorriso vermiglio nel ventre di altre due di quegli insulsi avversari. I due corpi senza vita avanzarono maldestri, e nella loro caduta portarono con sé quasi tutti gli altri membri del gruppo; soltanto l'uomo che aveva raccolto l'arma di Jace resto in piedi. Era un uomo basso, magrolino, nel cui unico occhio sano si riflette un barlume di follia, figlio dell'ustione che si agita viva sull'altra metà del suo volto. La stretta sulla frusta è forte, quasi essa fosse un talismano capace di proteggerlo dalla furia dello Stregone che invece con un gesto si copre di una strana aura. I suoi movimenti perdono di senso e consistenza, appaiono sfasati e distorti quasi non appartenessero allo stesso presente dei fuggitivi; quasi non appartenendo a quello stesso mondo. La macchia aliena balza rapida verso il monocolo, che un forte dolore al bassoventre getta a terra; la suola di uno stivale preme e rompe il cranio dell'uomo. La frusta ritorna nelle mani del suo proprietario, strappata ad una presa ormai debole e fredda.

Il resto del gruppo è lento a rialzarsi, ed ogni fuggitivo ha tempo solo di vedere una macchia distorta prima di venire falciati dalla lama della frusta, uno dopo l'altro. È un azione meccanica, svolta senza passione, senza odio, soltanto un qualcosa che l'uomo deve fare per poter continuare a vivere; per non essere ucciso anche lui. Non digrigna i denti dalla rabbia, non sorride, non si preoccupa quando uno schiva il suo affondo - più per fortuna che per capacità; la lama affonda nella sua schiena al secondo tentativo, lasciando una scia rossa disegnata sulla sua schiena. Ha solo un breve sussulto quando due, che si eran finti morti riescono ad alzarsi e scattare in due direzioni opposte, uno stratagemma che non salva nessuno dei due; una carta d'acciaio affiora nella nuca di ognuno dei due cadaveri come fosse una strana pianta esotica.

ɲ Ɏ ɳ


Jace si guarda attorno, domandandosi quanto tempo sia ormai passato. Lo scenario è desolante in tutto il resto della nave: corpi, sangue e distruzione ovunque. Alcuni uomini sono eccitati, altri delusi, altri ancora stanchi; lui rientra nell'ultima delle tre categorie. Non c'è gioia od eccitazione in quel che ha fatto, solo un vuoto freddo che sente spargersi per tutto il suo corpo mentre controlla che non sia ferito, mentre ripone la sua frusta arrotolata sul fianco. Una parte di lui - molto piccola in verità - è delusa per il combattimento, troppo semplice e senza pericoli, una semplice strage, un'altra invece ne è contenta, proprio per la scarsa pericolosità; prega perché tutto continui in questa maniera.
La speranza è una vana illusione, ma l'uomo non può che stringersi ad essa con forza.





R&C: 350 - A&V: 200- P&Rf: 100 - P&Rm: 325 - Ca&M: 225
Costi energetici: Critico 40% | Alto 20% | Medio 10% | Basso 5% | Costi Illusioni: Critico 35% | Alto 15% | Medio 5% | Basso 1%
Passive in Uso: Nessuno svenimento al 10% di energie, nessun tempo di concentrazione per le tecniche illusorie, risparmio energetico del 5% sulle illusioni, le tecniche illusorie fanno un danno di un livello più Alto;
Stato Fisico: Illeso; | Stato Psicologico: Lievemente spossato/annoiato; | Energia: 100 - 10 - 10 = 80 %
Arcana minori: 5 su 20 usati;
Tiro Esplosivo: 1 su 3 usati;


Riassunto Post:Anche Jace partecipa al massacro.

  1. Jace nota un gruppo di Infimi. Usa su di loro un'Arcana Minore potenziato da Tiro Esplosivo, ferendoli gravemente;

  2. Un primo prigioniero carica verso di lui, e cade con la gola tranciata dalla lama della frusta;

  3. Un prigioniero si aggiunge al combattimento gettando a terra Jace e disarmandolo;

  4. Il resto del gruppo si lancia verso di lui, che si rialza con una capriola e ne elimina 2 usando altrettanti Arcana minori;

  5. Il gruppo cade, terminando la propria carica, e Jace usa la pergamena Sfocatura;

  6. Jace atterra con un calcio all'inguine uno dei prigionieri, gli schiaccia il cranio usando la pergamena Affondo e si riprende l'arma;

  7. Jace uccide i primi quattro prigionieri mentre si rialzano con la frusta, poi uccide gli ultimi due con un Arcana minore mentre fuggono;


CITAZIONE
Sfocatura: I movimenti del ninja divengono improvvisamente confusi, tanto che per l'avversario diviene impossibile prevederli, come se la sua figura fosse divenuta sfocata.
La tecnica ha natura magica e genera un effetto sul corpo del ninja che impedisce al nemico di discernerne i movimenti: tale può essere interpretato come una sfocatura, come se il corpo del caster fosse avvolto nell'oscurità, come se apparisse in maniera intermittente o simili. E' una tecnica di difesa, che impedisce al nemico di colpire il ninja con qualsiasi tipo di attacco fisico - siano essi i fendenti di una spada o i missili di un lanciarazzi. La tecnica dura per due turni totali compreso quello d'attivazione, potendo essere dissolta prima del termine nel caso in cui il caster lo desiderasse.
Consumo di energie: Medio

Affondo: Il ninja affonda la propria arma nel corpo del nemico, causandogli una ferita perfettamente circolare e molto profonda, seppur di diametro ristretto.
La tecnica ha natura fisica. Il caster compie un unico, rapido movimento per affondare la propria mano, un proprio dito o una propria arma da mischia nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli un danno molto profondo, ma estremamente localizzato alla zona colpita - a seconda della personalizzazione è possibile utilizzare qualsiasi parte del corpo e qualsiasi arma, purché queste ultime siano da mischia. La tecnica ha potenza Media e provoca un danno Medio; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità; dunque, sulla AeV del caster, piuttosto che sulla PeRm.
Consumo di energia: Medio



Note tecniche: Mi dispiace ma non sono proprio capace con i combat contro i mostri, sopratutto se sono 10 Png [per quanto scarsi] ^^
 
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view post Posted on 4/4/2012, 21:53

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Morpheus si lanciò nel pandemonio di persone.
Karejà nella mano destra veniva brandita come un insulso coltellaccio da cucina. Si faceva strada tra le orde di compagni cercando di guadagnare terreno verso lo sparuto gruppo di traditori. Uomini senza alcuna spina dorsale, la prospettiva di combattere contro Hyena li spaventò a tal punto di rinunciare a qualunque forma di ribellione, avevano venduto la loro libertà a un padrone che non li avrebbe ricompensati in caso di vittoria. Quelli non erano nient’altro che carne da macello da gettare in pasto ai leoni. Nessuno avrebbe pianto la loro perdita, nessuno avrebbe costruito un altarino per le loro gesta. Erano codardi che si erano schierati con il più forte nella speranza di non perire. Ma come pedoni su di una scacchiera, sarebbero stati mangiati dall’avanzata degli alfieri nemici, sarebbero stati inghiottiti dalla baraonda pulsante in cui la Purgatory si era trasformata. Gli occhi di Morpheus brillarono, lo sguardo fisso verso i nemici fungeva come da richiamo ai suoi sensi, dopo secoli di immobilità il suo corpo esultava all’adrenalina della caccia. Fu come una bestia affamata che percepisce l’odore del sangue. Il suo corpo era talmente leggero che gli sembrò di fluttuare mentre si apprestava ad affrontare il primo nemico.
Era un omuncolo di basso lignaggio, uno di quelli che il massimo che aveva combinato nella vita era stato infastidire qualche signorotto di troppo. era un uomo comune molto simile agli altri. Quando Morpheus gli si avvicinò, era in terra cercando di arretrare strisciando con il suo grosso culone. Farfugliò qualche bieco tentativo di pietà, ma ancor prima che potesse trovar argomenti validi, la figura umana del drago cobalto lo sovrastò, la scimitarra calò nella gola del nemico, sfondando la trachea e le vertebre cervicali fino a sentire il midollo spinale che veniva danneggiato dalla punta della spada. In un singolo colpo il corpo dell’uomo cadde morto riversato a terra, spruzzando fiotti di sangue dalla gola. Il ragazzo si avvicinò al cadavere e con un calcio lo gettò oltre il margine del ponte, il primo di quel massacro volò giù per parecchi metri fino a schiantarsi, tra la confusione generale, in un ponte di qualche livello inferiore.

Il suo corpo venne calpestato, maciullato dal fragore di quella guerra senza confini.

Di lui nessuno si ricordò, semplicemente sparì in quella mescolanza di persone. Successivamente ci fu lo sferragliare delle catene, il rumore del metallo che cozza su altro metallo. Rumore di bulloni e di ferro. Le grida investirono i reticoli che si trasformarono in un campo di battaglia.

Grida, clangore, metallo.
E ancora.
Grida, clangore, metallo.
Ponti che si schiantano, persone che volano giù.
Grida, clangore, metallo.
La nave piombò in una guerra fragorosa.
Fu il delirio.

La guerra si riversò per ogni ponte e per ogni affranto, ogni cunicolo di quella nave era diventato un potenziale campo di battaglia. Poi ci fu un ruggito che spaccò l’aria, fauci mostrate come gioielli da galà, alito pestilenziale che venne vomitato sulla folla in corsa facendo fuoriuscire baluginanti tuoni che si fecero largo tra la polvere investendo il primo sventurato, la zampa crollò sul capo dell’uomo, artigli duri quanto l’acciaio lo tranciarono di netto. Il ferro del ponte scricchiolò sotto le sue possenti zampe, il peso rischiava di far crollare tutto. La coda con Ramhat attaccata si agitò, la palla spinta dalla forza di gravità piovve in un moto prevedibile contro quattro di quegli uomini, ma la forza devastante li schiantò ancor prima che potessero opporre resistenza, immobili dalla paura volarono anch’essi come bambole gettate dal ponte. Un piccolo bruciore alla zampa posteriore lo fece voltare indietro, un piccolo spuntone di ferro era stato conficcato nella pelle fortunatamente il danno non fu così eccessivo da provocargli problemi di sorta, il metallo aveva a malapena perforato il primo strato di pelle. Il drago ruggì nuovamente, la rabbia gli montò in corpo, la coda guizzò verso l’uomo che stava tentando la fuga, la grossa estremità gli sbarrò la strada, il minuscolo corpo incontrò il piatto della coda e venne schiantato al terreno, sotto il suo peso poté sentire le costole che si spappolavano e i polmoni che veniva perforati dalle stesse. Tra spasmi inumani, l’uomo spirò, con l’unica colpa di aver cercato di cacciare un cacciatore.
Altri quattro si avvicinarono al drago con l’intenzione di sopraffarlo, Morpheus mulinò la sfera, la forza di gravità rese quell’oggetto contundente incandescente, la cometa piovuta dal cielo, il dono di un titano si abbatté sulla testa di uno degli infimi con la violenza che l’impatto di un meteorite ha sul suolo terrestre. Un’ energia pazzesca si propagò dall’epicentro di quell’esplosione, una forza d’urto che investì chiunque nel raggio di metri. Poi una zampata fece volare tre di loro oltre il parapetto del ponte, mentre l’ultimo venne artigliato tra le dure unghie della zampa. Una, due, tre, quattro volte gli artigli incontrarono la carne, quattro volte il corpo venne lacerato come burro dalla furia del drago. Fin quando l’uomo non smise di gridare, fin quando le sue urla di dolore non infestarono più l’aria.

E tutto piombò in una nuova quiete.

Solo il respiro affannoso dei combattenti.
Solo le armi che si posavano.
Ancora, silenzio di chi aveva vinto una battaglia.

Mentre la vera guerra doveva ancora cominciare

Solitamente quando uomini disarmati affrontano uomini armati, quello che si prospetta è un sanguinoso massacro.
I traditori vennero sovrastati dalla forza bellica degli altri, schiantati dalla maggiore organizzazione, i prigionieri che non si schierarono con il beccaio si ritrovarono a combattere con mezzi di fortuna improvvisati. Nessuno di loro sembrava avere alcuna possibilità di sopravvivere in uno scontro in campo aperto.
E nessuno di loro sembrava riuscire a pianificare una resistenza. Semplicemente furono investiti dall’onda d’urto, sovrastati in numero e in armi inermi si accasciarono al terreno.
Morpheus prese l’ultimo dei suoi nemici che dilaniò, squartato ormai era diventato irriconoscibile, la pelle era aperta in più punti da profondi solchi da cui il sangue fresco continuava a sgorgare, bagnandogli le zampe di un caldo liquido cremisi.
Afferò il corpo con gli artigli e se lo portò alla bocca.
Fu uno scricchiolio di ossa, di denti che spezzavano arti e dilaniavano legamenti. Lo inghiottì in un singolo boccone.

« Questi fanno schifo anche da morti. »

Il drago tornato umano sputò in terra un grumo di saliva rossastra, tutto ciò che era rimasto di quell’uomo.


CITAZIONE

Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem


ReC: 325 | AeV: 225 | PeRf: 150 | PeRm: 300 | CaeM: 225[/size]


Energia: 80%
Status Fisico: Danno basso da perforamento alla zampa posteriore destra.
Status mentale: Deluso

Abilità attive:
L'energia elementale creata all'interno dei polmoni del drago può essere utilizzata arbitrariamente anche in forma umana, non essendo strettamente limitata alla forma draconica. Il soffio varia di potenza a seconda dell'intensità elementare impressa dal drago. Il primo livello di questo soffio permette al drago, con un consumo di energie pari a basso, di scagliare una piccola scarica elettrica che infligge un danno basso da ustione al diretto avversario [Pergamena Padronanza elementale].

– Outburst.
Un’arma che vaga al pari di una cometa, che perfora nembi siderali attraversando realtà diverse e sconosciute, un oggetto non identificato che ha visto più di quanto essere vivente possa mai fare in cento vite, e tutto ciò nell’arco di un attimo neppure calcolabile. Se forza potesse mai reggere un simile sforzo, se corpo e muscolatura possa ripetere simile prodigio, Ramhat potrebbe ripetersi. Con un consumo energetico pari ad Alto e usufruendo della sfera di metallo, il caster potrà dar vita a un fenomeno portentoso. Una volta giunto a contatto con l’obiettivo dell’offesa si vuoterà della forza cumulata, per poi liberare un’onda d’urto che investirà chiunque e qualsiasi cosa nel raggio di qualche decina di metri e a trecentosessanta gradi. In termini di gioco il bersaglio primario della tecnica subirà un colpo di potenza Media, dopodiché un’onda d’urto dipanerà investendo qualsiasi cosa nel suo raggio d’azione, che si troverà a far fronte ad una forza repulsiva di potenza Bassa. La tecnica ha natura fisica e si basa sulla PeRf dell’utilizzatore. {Tecnica di potenza Alta}

Non necessariamente un'arma potrà essere utile in una delle due forme, anzi molte volte queste stesse armi, che calzerebbero a pennello in forma draconica o in forma umana, nell'altra forma risulterebbero essere un impedimento, tuttavia Morpheus può decidere di materializzare le sue armi, e farle scomparire in qualsiasi momento previo consumo di slot, l'abilità è di potenza nulla, difatti essa non arrecherà danni di nessun tipo all'avversario, ma non è detto che non possa essere utilizzata per avvantaggiarsi in qualsiasi modo.
[Nulla personale].

Abilità passive:

Il drago blu, come tutti i draghi, possiede una forza fuori dal comune, difatti, sia in forma umanoide che in forma draconica, qualsiasi arma, oggetto, che per altri sarebbe impossibile da smuovere, Morpheus sarà in grado di alzarlo con il minimo sforzo [Passiva personale]. Un drago, altresì, può cambiare la sua forma da draconica a quella umanoide, senza nessun impedimento esterno, non importa se giorno o notte, l'unico fattore davvero rilevante è il volere dello stesso drago, in quanto una creatura così letale raramente decide di dare un vantaggio all'avversario trasformandosi nella sua forma più miserabile [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale]. Il drago, inoltre, grazie alla grande energia presente nel suo corpo potrà utilizzare qualsiasi sua tecnica, indipendentemente dalla natura, risparmiando il 3% sul consumo totale normalmente previsto. Se tale risparmio dovesse abbassare il consumo di una tecnica allo 0% o meno, il consumo totale della tecnica rimarrebbe fisso all'1% [Pergamena risparmio energetico].
Inoltre, il drago grazie alla sua conoscenza fuori dal comune, non ha più vincoli riguardanti le illusioni . Egli è talmente dotato da poterle castare istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere perchè la quasi totalità delle tecniche illusorie si attivi all'istante. [Passiva I livello dominio illusionista]. E grazie alle sue ampie conoscienze Morpheus ha la possibilità di risparmiare energie Per questo ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico [Passiva II livello dominio illusionista]. Arrivati a questo punto le conoscenze di Morpheus lo rendono un illusionista di primo livello, in grado di rendere tutte le sue tecniche illusorie o manipolatorie di un livello superiore. Ad esempio una tecnica Media provocherà danno Alto, una alta danno Critico e le tecniche di costo critico provocheranno un danno Mortale. Non c'è variazione nella potenza delle tecniche, ma solo nel danno risultante. [Passiva III livello dominio illusionista]

– Impact.
Un’arma di queste proporzioni non potrebbe essere impugnata da nessuno che non possegga una forza straordinaria. Il suo peso è considerevole, la lega metallica che lo compone è di una densità tale da non rassomigliare ad alcuna già presente sul continente. Ma chiunque riuscirà a far uso di un’arma simile, saprà certamente come utilizzarla. Ad essa è infatti legata una catena, e sfruttando principi basilari della fisica come forza centrifuga e gravità, ogni attacco fisico passivo portato dall’arma sarà come se fosse eseguito con il doppio della PeRf standard posseduta. {Abilità passiva}

Kajera
È la lama che infrange i legami. Ella si sazia dell'ardimento dei cuori, di qualunque tipo esso sia. Ella brama, invero, di rifrangere ciascuno di quei vincoli intensi, sussurrando direttamente negli animi delle sue vittime di quanto ogni vita donata a qualcun'altro altro non sia che la debolezza di un cuore che rinuncia alla propria dignità. Per farlo, però, deve poter comprendere ove colpire, oltre che chi colpire, naturalmente. Kajera, infatti, permetterà al suo portatore di scrutare nei cuori di coloro che amano, soffrono o vivono un sentimento, un legame di affetto di qualunque tipo e genere. Tale legame apparirà agli occhi del portatore che una scintilla che brilla nell'animo di chiunque, potendo finanche comprendere se due scintille, se ammirate insieme o distintamente, siano o meno legate l'una all'altra. Invero, però, ammirare una scintilla non farà comprendere comunque mai la natura del legame o il nome della persona con cui il legame esiste, avvertendolo unicamente della sua esistenza e, al massimo, della reciprocità del contatto. [Passiva, il portatore potrà vedere nel cuore di ciascuno la presenza o meno di un qualunque legame affettivo, di qualunque tipo questo sia, senza - però - poter conoscere con tale potere la natura o la storia dello stesso. Qualora il portatore veda due o più persone, inoltre, potrà comprendere se il legame che esiste nei loro animi le vincola l'una all'altra o meno. Inoltre, il portatore potrà vedere in ciascun avversario ogni scintilla per ciascun legame, per quanto grande o piccolo esso sia, in quando brilleranno di intensità variabile a seconda della forza dell'affetto.]


– Tail.
Nonostante ciò, Ramhat è tutto meno che poco visibile. Un diametro di tre metri di ineguagliabile metallo, una catena così robusta da poter reggere forze e tensioni impressionanti. Così come uno stocco è agile e maneggevole per merito di forma e peso, così una sfera di tali proporzioni sarà poco pratica nonostante la forza di cui si possa godere. Le traiettorie che percorrerà fino a impattare sull’obiettivo saranno lineari e quasi prevedibili all’occhio di un eventuale avversario, che avrà così il tempo di rizzare una difesa più o meno stentata. Questo malus agisce sulle tecniche e gli attacchi fisici portati con Ramhat, a meno che non vengano occultati a loro volta da particolari tecniche. Forza bruta a determinabilità, uno scambio più che equo. Dopotutto ogni cometa ha la sua coda. {Malus}

Note:
Ne uccido subito uno sfruttando la passiva raziale, il primo ha paura quindi arretra trascinandosi all'indietro e io lo trafiggo con la spada, successivamente mi trasformo e scarico sul primo infimo che trovo una scarica elettrica a livello basso e lo squarto con le unghie (arma naturale) Poi altri quattro li colpisco con la palla con un normale attacco fisico portato, secondo la sua passiva come se fosse raddoppiata la perf, quindi raggiungo 700 di perf abbastanza per farli volare e uccidere, a quel punto uno mi conficca superficialmente un paletto di metalli e io lo schiaccio con la coda (arma naturale) poi gli altri quattro li colpisco con la tech ad area outburst, tre di loro li faccio volare mentre sono tramortiti fuori dal ponte, mentre quello che inizialmente ho colpito, lo prendo tra gli artigli e per quattro volte lo ferisco, poi me lo mangio.
Il post è stato fatto di fretta e furia, tralasciando il fatto che non mi piacciono i combat autoconclusivi, in questi giorni non ho avuto proprio tempo, ed è uscito quello che è uscito, non qualcosa di eccelso.

 
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Vikisix
view post Posted on 4/4/2012, 21:53




Era un novizio. Per tale ragione era stato assegnato a quell’area della Purgatory infima e remota. In realtà nessuno sapeva quello che faceva realmente lì.
Il suo piccolo paradiso personale.
I corridoi erano stranamente silenziosi. Si sentiva solamente una leggera musica retrò di sottofondo. Era leggiadria e spensierata. Esprimeva felicità, da molti considerata un capolavoro. Una vera e propria opera d’arte.



Si trovava nell’angolo più remoto e nascosto, dove nessuno andava mai, dove nessuno poteva disturbarlo, dove i sistemi tecnologici della puttana volante arrivavano a stento.
Il pavimento era fatto di lastre di ferro. Svariati tubi arrugginiti erano appesi al soffitto. La luce scarseggiava. Vi erano solamente delle lampade che ogni tanto sfarfallavano. Una vera merda.
A destra e a sinistra del corridoio vi erano un’infinità di celle. Alcune vuote. Altre piene. Ma nessuno parlava. Non volevano farsi notare dal dottore pazzo, anche se sapevano benissimo che in quel momento era occupato.
Si trovava nell’ultima cella a destra, affianco a un corridoio che portava ad un magazzino e se si proseguiva si arrivava all’uscita.
Lo stanzino era cupo e ristretto, ma c’era tutto il necessario.
Al centro della piccola sala vi era un tavolo di squallido ferro, cigolante e rovinato. Su di esso vi era la cavia di turno. Mani e braccia legate saldamente con delle funi di canapa da pochi soldi. Un semplice prigioniero dei bassi livelli. Nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza.
Affianco un piccolo tavolino. Anch’esso da quattro soldi, in ferro con delle piccole ruote cigolanti. Dalla parte opposta invece ce n’era un’altro identico sul quale vi era appoggiato un grammofono vecchio e malfunzionante, la fonte della musica.
Insomma tutti gli oggetti in quella sala erano stati tirati su con un po’ di fortuna.
Inoltre vi erano delle candele per poter illuminare meglio la sala operatoria, perché è di questo che si trattava. La sala operatoria di Stein. Il suo piccolo privè.
Sul primo appoggio era presente ogni sorta di strumento operatorio. Bisturi, siringhe, cateteri, dilatatori, pinze e molto altro ancora. Era presente anche una bacinella con dell’acqua ristagnate e sporca di sangue.
L’odore in quella zona era insopportabile. Il sangue represso era ovunque. Croste e interiora sparse in putrefazione. Il fetore era così forte da far venire il vomito ai più. Era marcio, come l’interno di quei poveri sciagurati.
Ora, la cavia, era li tremante e inerme davanti al suo macellaio. Gli occhi chiedevano pietà, ma ormai era troppo tardi.
Franken lo guardava con superiorità. Sopra i suoi vestiti portava un camice operatorio verde tutto tagliato e sporco. Una mascherina bianca, anch’essa malconcia, e un paio di guanti in latice. Con il dito medio della mano destra si sollevo gli occhiali e con la sinistra fece fare qualche giro al suo bullone.

Crik...Crik...

La sua voce tagliò l’aria come un sottile stocco.

«Le gioie della vita... vediamo... »

Intanto la cavia urlava, si dibatteva con tutte le sue forze, però ogni tentativo era vano. La sua voce era soffocata dalla musica e le corde strette lo immobilizzavano.
Mentre il dottore pensava prese una sigaretta e con lo zippo se l’accese.

«Ma certo! Ottimo consiglio infermiere! Non proverai più dolore... via le terminazioni nervose!»

La cavia era terrorizzata, ma lo sarebbe stata ancora di più se avrebbe visto il ghigno malefico sotto la mascherina. Un vero e proprio mostro. Tutto era inutile. Stein doveva sperimentare e nessuno lo avrebbe fermato.
Così iniziò la mattanza.
Non c’era spazio per le altre personalità. Solamente una avrebbe dominato. Solamente una avrebbe operato. Solamente una avrebbe goduto.




Si sentiva un odore di bruciato. Il vinile ormai aveva smesso di girare da una decina di minuti abbondanti.
Urla soffocate dal sangue.
Pura estasi paradisiaca. Una gioia per i sensi del dottore. Il liquido vermiglio lo aggradava. Quel cremisi lo aveva affascinato fin da bimbo.
Stein aveva le mani e il camice completamente imbrattati di sangue. Il torace del povero sfortunato era aperto. Le costole tagliate, l’intestino di fuori e circa i primi sette strati della pelle bruciati. Era diventato completamente glabro. Nessun pelo sul corpo.
Miracolosamente era ancora vivo. Ma lo sarebbe stato per poco. Sten sapeva come far soffrire il paziente lasciandolo in fin di vita. Solamente i sopravvissuti sarebbero stati degni dei miracoli che gli offriva.
Era concentrato quand’ecco che l’annuncio avvenne. La presa di potere di Viktor Von Falkenberg. Ma prima la nave atterrò bruscamente e questo fece sbagliare un’incisione sul braccio, nulla di irrimediabile. Le celle si aprirono di scatto e poi un gran rumore di passi che si allontanava. Urla di gioia, di libertà.
Non ci fece caso. Era troppo concentrato sul suo lavoro. Ormai era quasi completo.
Lentamente, con il bisturi in mano, si avvicinò all’orecchio morente.
Sussurrò parole di follia e malvagità.

«Lo senti?... Ovvio che no... la bramosia di potere...l’eccitazione? Sono un turbine...»

Era agitato. Una vera e propria tempesta. Tutte quelle sensazioni che stava provando. Non erano sue.
Prese il pacchetto di sigarette e lo aprì. Le ultime sette sigarette.

“Maledizione...”

Durante l’operazione aveva fumato come un’animale senza controllo.
L’accese e fece un profondo respiro che riempì completamente i polmoni. Ormai la sala era piena di fumo.

«Buonissima... vuoi un tiro vero? Beh te lo sei meritato.»

Gorgoglio qualcosa che fu soffocato dal sangue nelle gola.
Gli poggiò la sigaretta sulla bocca e a stento fece qualche tiro. Dopodiché tossì disumanamente. Da dove proveniva tutta quella umanità?

«Quello con l’elegante bastone... la cavia... ha fatto molti progressi come puoi notare. Soffre di un complesso di inferiorità a parer mio. Per questo vuole dimostrare di essere il più forte. Vuole avere sempre più potere. E per compensare a una sua eventuale mancanza, che devo ancora identificare, ha voluto conquistare l’intero purgatorio!»

Urlò le ultime due parole come quando un luminare annuncia la scoperta più importante del secolo. Prese un bisturi e lentamente iniziò a incidere il volto della cavia. A tagliargli lembi di pelle. Era sveglio solamente grazie alle continue iniezioni di adrenalina.

«Ora ti starai chiedendo con chi mi schiererò. Domanda banale e scontata. Un dottore non abbandona mai la cavia. E poi si sa. Ci sarà una guerra interna. Chi difende il vecchio ordine. Chi il nuovo. Quale occasione migliore per poter continuare i miei esperimenti. Feriti ovunque da poter curare. Come quand’ero in guerra. Potevo condurre i miei esperimenti indisturbatamente e con fondi non miei!»

Fece una pausa aspettando un segno di assenso, ma nulla.

«Come puoi capire... sei solo un povero zoticone ignorante... Ops!»

Con una falsità mostruosa mise una mano davanti alla bocca, come se dovesse nascondere il gesto appena fatto, mentre la destra con precisa crudeltà recise la carotide. Bastarono pochi attimi e l’infame morì.

«Non volevo. Comunque ho da fare. Devo incontrare la cavia.»

Si tolse tutti gli abiti da laboratorio e prese il necessario per andarsene. Tutti quegli avvenimenti e lui che poteva divertirsi in disparte senza che nessuno gli rompesse i coglioni. Queste erano le gioie della vita.
Aveva la pelle d’oca. Emozionato e imbarazzato allo stesso tempo. Cosa sarebbe successo? Chi avrebbe dominato? Cosa avrebbe fatto? Beh, in realtà, questa domanda aveva una ben precisa risposta. Sperimentare fino alla morte. Uccidere e dilaniare senza senso. Banale, ma sempre di gusto.

«Ho ragione infermiere?»

«Certo Dottore!»

«Allora che dite andiamo?»

«Beh... è lei che comanda...»

«Allora andiamo, ma non scordiamoci di lei... la mia adorata principessa»


Ancora una volta rumore di passi proveniva dal corridoio. Questa volta, però, attirò la sua attenzione. Era giunto il tempo di una sorpresa.
Prese principessa. La sua adorata. L’unica donna nella sua vita. Seducente, con delle curve mozzafiato. L’amava alla follia.
Attese il momento giusto. I passi si fecero sempre più vicini e con prontezza colse l’occasione al volo.
Si trattava di un manipolo di una dozzina di persone, tutti umani scheletrici dalla fame. Il corridoio era abbastanza stretto da farne stare due in fila. Ma uno solo era davanti a tutti loro.
Correvano come dei forsennati.

-Di qui presto! C’è un’uscita!-

Spacciato.
Accese la motosega e di colpo uscì impalando il primo della fila. I dentelli continuarono a girare e a schizzare brandelli di organi e sangue ovunque. Ormai era completamente imbrattato di quel cremisi. Sul muro opposto c’era un’enorme macchia. Un urlo di dolore che durò pochi attimi. Note soavi per Stein.

«Cibati pure mia cara... sapevo che avevi fame.»

Con un calcio sfilò il malcapitato e accarezzò il dorso rosso dell’arma. Così bella e crudele allo stesso tempo. Il rombo del motore a scoppio rimbombava tra tutte le pareti. Si girò verso gli altri e cercò di scusarsi.

«Posso spiegare... vedete li c’è un gradino... sono inciampato e...»

-Taci coglione! Tu sei con quei pezzi di merda dei Falkenberg Corps! Sai che ti dico. Noi la libertà c’è la conquistiamo da soli! Fottetevi tutti quanti! Siamo stati vostri prigionieri per troppo tempo! Quindi stronzo o ci fai passare o ti ammazziamo... non hai speranze siamo più di te...-

Si guardò intorno. L’uscita era nella stanza dopo il corridoio. Doveva un favore a soggetto 02-M, era tempo di ricambiare.

«Vedete... ho appena operato e ho un crampo alla coscia, non c’è la faccio. Non è che da bravi diverreste le mie cavie?»

-F O T T I T I !-

Caricarono tutti a testa bassa. Poveri stolti disarmati stavano andando verso la loro fine.
Si lacerò il palmo della mano con l’anello che portava. Creò due ovuli di sangue che sparò con violenza. Andarono a colpire i primi due della fila che per il contraccolpo caddero a terra morenti, ma furono immediatamente scavalcati dagli altri che giunsero in corpo a corpo. Come animali cercarono di attaccarlo a mani nude. Tutto inutile. Evitò i colpi indietreggiando prontamente e li tenne lontano menando fendenti a caso con principessa. Alcuni furono colpiti agli arti con danni superficiali. Ad altri due, più sfortunati, fu tranciato una parte di mano e di contraccolpo caddero a terra svenuti.
Il sangue fuoriusciva copioso e in abbondanza lasciando una scia che portava fino a Franken, che indietreggiando arrivò alla sala dove si trovava l’uscita.
In quattro lo avevano circondato.
Dallo stesso taglio di prima utilizzò una tecnica simile. Questa volta uscirono due spuntoni che immediatamente rientrarono nel circolo sanguigno di Stein. Uno trafisse in pieno petto un prigioniero, il quale cadde a terra esanime, mentre l’altro, con un colpo di reni riuscì a schivarlo in parte, infatti lo trapassò all’altezza del fegato. Nonostante questo cadde a terra privo di forze e con le mani cercò di fermare l’emorragia.
I due rimanenti caricarono. Da parte sua anche Stein scattò, ma ignorò completamente quello dietro di se che riuscì, con un calcio al ventre, a buttarlo per terra. Durante la caduta, però, fece in tempo a trafiggere il terzo e per non rimanere ucciso lasciò la presa che aveva su principessa.

“Mi dispiace”

Una volta per terra il prigioniero gli mise le mani al collo. Aveva una forza superiore alla sua, ma a quanto intelligenza scarseggiava.

-Crepa!-

Istintivamente una mano andò ad allentare la presa, mentre l’altra prese il bisturi nel camice. Il carcerato a causa della foga non notò nulla e come una saetta letale gli tagliò la gola.
Aveva vinto.
Recuperò principessa e andò dall’ultimo prigioniero agonizzante al suolo nella sua stessa merda.

«Non è una questione di libertà. Come insegnano i maggiori scienziati si tratta di semplice e pura sopravvivenza. Selezione naturale. Sopravvive il più forte. È la scienza che lo dice.»

-Bastardo...-

Lo trapasso da parte a parte. Dopodiché spense principessa che cadde al suolo fragorosamente.
Non se ne accorse neanche quando una sprangata lo colpì da dietro sulla coscia ferendolo facendolo inginocchiare.

-MUORI!-

Tre prigionieri si erano fermati indietro a staccare delle sbarre di ferro che erano state danneggiate dai fendenti furiosi di Stein e per questo brandivano armi improvvisate. Altri due colpi stavano per giungere quando una barriera color cremisi li fermò.

-Non è possibile...-

Scagliò due bisturi che si conficcarono uno nella coscia del primo, all’altezza dell’arteria femorale, e l’altro in pieno petto del secondo. Erano scioccati e paralizzati. Non ebbero il tempo di reagire. Dalla mano lacerata si formò una lama di sangue che tagliò di netto al testa del terzo.
Nella confusione il prigioniero ferito al petto iniziò a corre.
Corse come non mai. L’obiettivo era la libertà, la salvezza da quel purgatorio che in realtà era un inferno.
Stein fece per fermarlo quando qualcosa gli afferrò la gamba. Si girò e lo vide. Un’altro carcerato con la speranza negli occhi.

«Se vuoi morire per una merda... ti accontenterò.»

Lo iniziò a prendere a calci violentemente. Gli ruppe i denti. Le mani che cercavano di proteggerlo. Grondava sangue. Continuò con foga. Calci su calci. Poi prese la spranga e iniziò a colpirlo più forte. Si fermò dopo molto. Gli mancava il fiato. Ormai il cadavere era irriconoscibile. Si era sacrificato per dare la libertà a uno stronzo che forse non conosceva neanche.
Ora era davvero finita.
Aveva preso una bella botta. Ma nulla di serio, oltre alla contusione un leggero taglio. Con il tempo si sarebbe rimarginato.
Si rialzò soddisfatto. Attorno a lui una carneficina. Un’opera d’arte che in pochi avrebbero potuto apprezzare.
Prese le sue robe e iniziò a camminare, zoppicando leggermente, verso il fulcro di tutti quei eventi. Voleva vedere di persona.

«Sto arrivando...»

Trascinava, a peso morto, principessa, causando un rumore stridente poco piacevole.
Ogni tanto faceva girare il suo bullone per stringerlo.

Crick...Crick...

Fumava una sigaretta.
Ne rimanevano cinque.


†g†



Corsi come non feci mai in vita mia. Mi ricorderò per sempre lo sguardo di mio fratello. Occhi azzurri come il cielo. Liberi di volare. Rovinati dalla lunga prigionia. Erano rossi, gonfi di lacrime che non riuscivano a scendere.
Eravamo finiti lì solo perché facevamo qualche furterello per sopravvivere, per mangiare.
Rinchiusi per un tempo interminabile. Anni? Mesi? Giorni? Chi può dirlo. Li il tempo non passa. Muori lentamente. Dentro. Ti annientano. Per loro siamo tutti uguali. Divise uguali, e tutti ci chiamano merde o con insulti peggiori. Non abbiamo un nome. Per loro è privo di significato. Siamo carne da macello. Animali destinati alla morte. Solo un peso morto da mantenere. Se sapessero come ci trattano. Se solo il mondo non giudicasse dai pregiudizi.
Loro sono gli eroi. Noi siamo i cattivi.
Ma anche noi vogliamo vivere. Anche noi abbiamo delle speranze, dei sogni, che sono stati infranti.
Io volevo fare il pasticcere. Da bambino li guardava attraverso la vetrina. Quei caldi, soffici e gustosi dolci al cioccolato. Non potevo farci nulla. Sono nato povero e morirò tale. Ci picchiavamo a morte per un torsolo di una mela marcia. Ma noi siamo i cattivi. Noi che vogliamo solo vivere. Che vogliamo avere le stesse possibilità. Noi che non sappiamo se arriveremo al domani. Noi siamo cattivi e loro gli eroi che salvano il mondo dal male. Perché?
Sono tutti ciechi.
L’immagini di quel posto mi stavano abbandonando. Rividi tutte le mie azioni. Mio fratello, non di sangue, ma con un legame ancora più profondo. Quando la morte è dietro ogni angolo i tuoi compagni sono la tua famiglia. E io l’avevo appena vista massacrare completamente.
Corsi come non mai. E grazie al loro sacrificio ce la feci.
Il sole bagnò il mio viso. Mi scaldò la pelle. Mi abbagliò. L’azzurro in cielo. La desolazione per terra. Mi trovavo nel deserto. Poche speranze di sopravvivenza ma non mi abbatei. Continuai a correre e ce la feci.
Scappai. Mi guadagnai la libertà. La possibilità di vivere una nuova vita. Ma a che scopo? Le persone non sarebbero cambiate. Ci avrebbero continuato a vedere come i cattivi e loro come i buoni della situazione.
Poi compresi.
Avrei vissuto per loro: Rudolf, Ghota, Salazier, Caius, Alexander, Roziel, Akileos, Konrad, Kanaglia, Siva e lui Karos. Avrei continuato a vivere anche per le loro speranze. Avrebbero voluto così.





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Dottor Franken Stein

~ Rec:275 ~ AeV:125 ~ Perf:125 ~ Perm:325 ~ Caem:175
~ Status Psicologico: Emozionato e soddisfatto.
~ Status Fisico:Contusione più lacerazione alla gamba dx. Lievi traumi da impatto sulla schiena. Stanco, sta riprendendo le forze.
~ Energia Residua: 100%-36%=64%
~ Energia Impiegata: 6%+6%+6%+6%+6%+6%=36%
~ Abilità Passive:
†Non sviene una volta raggiunto il 10% delle energie
†Lancia le difese istantaneamente [1°passiva Absolute Defense]
†Difese 360° stesso potenza dell'energia spesa [2° passiva Absolute Defense]
~ Abilità Attive[*/2] :
Effetto attivo Absolute Defense
Stein può evocare uno scudo energetico circolare, di colore rosso cremisi come il sangue, innanzi a sé di potenza e consumo pari a Basso, il cui diametro può variare da quello di un piatto di portata fino ad essere pari al massimo all'altezza del caster stesso. Tale barriera sarà costituita di pura energia magica andata a concretizzarsi, e potrà bloccare qualsiasi offensiva non psionica diretta all'incantatore.
» ZeroStream:
Questa abilità permette a Stein di manipolare a piacimento il flusso del suo sangue. La sua capacità consiste in: creare, intensificare, diminuire o annullare questo flusso. Inoltre ha la straordinaria dote di rendere il liquido vermiglio che utilizza particolarmente resistente e veloce a seconda dell’energia sprecata. Riesce a creare:lame, proiettili e molto altro ancora. Il dottore di norma utilizza zerostream nei diversi interventi dove il paziente è lui stesso, tentando di non morire per dissanguamento. Però l’ha trovata molto utile anche in combattimento e la utilizza nei modi più stravaganti e bizzarri per cogliere di sorpresa l’avversario, o almeno ci prova. Poiché adopera questa capacità da molto tempo riesce a sfruttarla senza troppi problemi,ma in uno scontro(per ovvi motivi) riesce a controllare il sangue solo per un tempo molto breve, giusto la durata di un attacco. Questa abilità si basa sulla Perm ed è una variabile offensiva.
[Consumo di energia: Variabile Basso*5]
~ Riassunto: Nella prima parte c'è la narrazione di ciò che avviene e perché si allea con Viktor. Nella seconda inizia lo scontro che inizia in un corridoio e finisce in un magazzino.
0-Franken uccide uno che passa nel corridoio per divertimento. Un infame.
1- Utilizzo due volte la mia variabile a Basso per abbattere due nemici.
2-Caricano a mani nude. Stein indietreggia e grazie allo spazio ristretto riesce a non farsi raggiungere. Nel mentre mena fendenti a caso e ne abbatte altri due.
3-Arriviamo nella sala dove circondano il dottore in 4. Ne abbatte altri due con la variabile a Basso*2. Carica il 3 che lo passa parte a parte con la motosega. Ma il quarto lo sbalza per terra e gli salta addosso per strangolarlo. Repentinamente tira fuori un bisturi e lo sgozza.
4-Crede che sia finita ma lo caricano in 3 da dietro con spranghe di ferro. Uno lo colpisce e si difende dagli altri con l'attiva del dominio a Basso. Poi uccide uno con un bisturi. Uno con la variabile a Basso e il terzo lo ferisce. Quest'ultimo riesce a scappare poiché un prigioniero morente ferma Stein.
5-Fine scontro. Franken prende le sue cose e va dove sta accadendo il bello della festa.
~ Note: Ho fatto i due post in uno solo per spiegare cosa faceva il mio pg durante gli avvenimenti del primo turno. Scusate se sono stato prolisso. Nemici uccisi 11\12. Uno è scappato.
L'ultima parte è vista dal prigioniero che è riuscito a scappare.
Edit:Aggiunto brano musicale all'ultima parte. Individuato errore nell'energia utilizzata. Corretto.



Edited by Vikisix - 5/4/2012, 15:06
 
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45 replies since 20/3/2012, 23:23   3139 views
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