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Conquistadores - Invasione, Main Quest - Goryo

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Lud†
view post Posted on 22/3/2012, 20:56 by: Lud†

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La schiena era adagiata sulla fredda pietra. Una scarna stanza dove l’essenziale era ridotto al minimo concesso su quella nave. Con il collo flesso verso l’indietro, dando così modo agli occhi di osservare il movimento rotatorio della lampada, si perse in quella ritmica e ipnotica movenza. Placido si era abbandonato a quell’attesa che per un essere umano sarebbe stata estenuante, mentre per lui fu un sereno immergersi nel limbo dei suoi pensieri, le gambe distese iniziarono a reclamare per quella posizione troppo a lungo mantenuta, un sommesso formicolio iniziò a formarsi dalla base della schiena sviluppandosi lungo tutti gli arti inferiori fin giungendo lungo la colonna vertebrale. Non era mai rimasto per tutto quel tempo in una forma che molti definivano semplicemente indegna, ma quella volta c’era la necessità di non far trapelare la sua vera natura fin quando non sarebbe arrivato il momento adatto. Il silenzio era rotto solo dal cigolio dell’asta che reggeva la lampada e dal rumore di motori e ventole. Un fioco brusio che cercava d’imporsi in un’atmosfera altresì atona e amorfa. Un silenzio che d’improvviso fu rotto dal fragore dei carcerati, dallo sferragliare delle celle, e dall’allarme che risuonò in tutta la nave. E, in un momento soltanto, la quiete fu cancellata dal frastuono della tempesta e il rumore avvolse ogni cosa: poteva percepire la corsa affannata e disperata dei prigionieri che si riversavano sulla nave, i passi pesanti e accelerati che rimbombavano dai vari ponti, le grida allarmate dei secondini. Le pupille divennero due fessure minuscole immerse in un’iride completamente azzurra, occhi simili a quelli di un gatto, simili a quelli di un Drago, occhi estasiati dall’improvviso sprazzo di adrenalina.

Il ragazzo scattò in piedi, d’un tratto, ogni sintomo di stanchezza fu debellato dal suo corpo.

L’invasione aveva finalmente inizio.
senzatitolo5
Era un monotono susseguirsi di giorni, eterno scorrere del tempo in quel buio angusto e silenzioso andare. Movimento impercettibile, all’interno di quella fortezza era come essere immersi nel nulla più totale. Erranti demoni dalle forme più disparate brulicavano angustiati dalla loro maledizione, umani i quali tratti erano stati brutalizzati in sembianze ben più demoniache. Ma la mente era ciò che veniva più deflagrata da quella solitudine. I pensieri roboanti degeneravano ogni giorno di permanenza in quella fortezza, dove man mano l’Io si smarriva nei meandri della mente, in oscuri affranti da lui incontrollati. Un errare pericoloso in luoghi che non gli appartenevano. Come sfortunati viaggiatori che venivano risucchiati dalle sabbie mobili e più si cercava di sfuggirne ecco che più si veniva relegati verso la profondità. Non vi era scampo da quel tormento. Per fortuna lui non era uno di quei dannati, era solo un ospite inatteso, un passeggero giunto in sordina senza clamorosi inneggi. Nel silenzio che aveva contraddistinto la sua esistenza, stava giungendo al Goryo durante una rivoluzione che avrebbe cambiato la natura dello stesso clan. Ma nessuno avrebbe notato la sua presenza, nessuno avrebbe notato qualcosa di anomalo in quell’indifeso, e per di più disarmato, essere umano. Viktor Eusebius Wenzel von Falkenberg sarebbe arrivato con la sua fortezza errante, facendo scalpore e vomitando dannati. Rohan l’eroe avrebbe aizzato la folla e liberato i carcerati tra grida di assenso. Lui, invece, non avrebbe destato scalpore alcuno. Sarebbe solo giunto gettando nel panico chiunque si sarebbe avvicinato abbastanza per assaggiare il taglio delle sue fauci. Incontrò per la prima volta Viktor nella profondità della sua grotta, immersa in tesori oltre ogni umana comprensione, aveva accolto quel vecchio dall’apparenza innocua al suo cospetto. E infine si era ritrovato a seguirlo in quella battaglia che per lui non rappresentava nulla se non la prospettiva allettante di accrescere il bottino di nuovi tesori. Alla fine era salito su RotteNhaz come semplice passeggero e non come dannato, li aveva seguiti fino alle porte di quel clan che aveva visto scendere in campo nella battaglia campale avvenuta alle porte del maniero, una battaglia a cui non aveva preso parte ma che – come molti altri – aveva osservato dalla distanza, come un silente Dio che non s’immischia nelle faccende umane. Dopo giorni di viaggio, in cui vide solo spesse mura nere e nemmeno un piccolo scorcio di cielo, la fortezza errante giunse alle porte del Plakard; territorio situato all’estremo meridione del continente, ben oltre il suo luogo natio. Abbandonò RotteNhaz per raggiungere la Purgatory e, una volta lì, aspettò il segnale.
senzatitolo5
Si aggiunse al miasma di detenuti che si riversavano nei ponti, si ritrovò amalgamato insieme ad altre migliaia di persone, fu letteralmente trasportato da una fiumana di gente che defluiva verso ogni dove. Senza accorgersene, e senza nemmeno volerlo, si ritrovò a correre attraverso i ponti della nave trascinato come dalla corrente di un fiume in piena. Ove il chiacchiericcio sonoro sovrastava persino il rumore dei passi che si sviluppavano come quelli di una mandria di tori impazziti.

« Benvenuti in questa notte senza riposo, ospiti della Purgatory! »

La voce di Rohan berciò rimbombando tra le pareti dei vari corridoi raggiungendo ogni persona stesse solcando i ponti, alcuni fermarono la corsa alzando lo sguardo alla ricerca dell’origine della voce, altri, noncuranti, continuarono a correre spinti dall’irrefrenabile sentimento di libertà.

« Questa nave è uno beffa colossale, membri del Goryo.
Perché voi, fuori dalle sbarre, siete più prigionieri di qualunque altro!
Siete solo dei fantocci al pari di chi catturate, per conto di Hyena, e addirittura meno utili perché non può usarvi come merce di scambio… finché ci sarà lui, su questa nave, voi sarete per sempre schiavi! »

Parole che a lui suonavano prive di significato, giungevano ovattate al suo orecchio come racchiuse da un bozzolo di totale disinteresse. Non aveva reale importanza il destino della Purgatory, né che funzione volessero attribuirgli i due contendenti. Non era legato da nessun sentimento patriottico né da alcuno sterile ideale. Era solo lì, perché quel giorno in cui conobbe Viktor, nella sua mente gli solleticò l’idea di muoversi da quell’immobilità in cui era piombato. Per lui tutta quella faccenda non era altro che un passatempo come un altro. Un modo per ingannare l’eterno scorrere del tempo, d’altronde lui non era altro che un singolo granello di una clessidra che mai raggiungerà il suo totale compimento.
Poi, con un unico salto, si liberò dalla pressione della gente, si liberò dalle costrizioni a cui era imposto. Si gettò fuori dal reticolo di ponti e scale, si abbandonò al piacere dell’aria artificiale che gli sferzava i capelli. A metà della sua discesa, dell’uomo che si era gettato dal ponte tra lo sguardo incredulo dei carcerati, non rimase più nulla.
Invero s’avvertì per primo il rombo delle ali.
Poi un maestoso drago blu si affacciò nella prigione, l’aria veniva tagliata come se fosse inconsistente mentre zigzagava tra la serie di ponti. Finalmente riassaporò l’essenza della sua natura stessa, in un attimo si liberò dall’enorme peso di costrizione che lo aveva attanagliato lungo quei giorni. E mentre volava si sentì semplicemente libero. Sprigionò tutta la potenza del suo ringhio, un richiamo a tutti i prigionieri, per costringerli a guardare, e ad ascoltare.
Gli umani in quella forma rassomigliavano a tante piccole formiche che zampettavano frenetiche da una parte all’altra del loro enorme formicaio. D’altro canto, Morpheus, si era trasformato per dare un segnale forte a quella rivolta, perché a volte i gesti, se teatrali, superavano di gran lunga il valore delle parole. E nei minuti successivi si sarebbe parlato di Viktor e del suo drago, si sarebbero cercate storie per giustificare il suo avvento. Li avrebbe convinti ancor di più a far parte della fazione del beccaio e nel suo silenzioso rumore, planò per oltre due piani, fin quando trovò l’oggetto del suo interesse.
Rohan era proprio al centro dei reticoli. Era proprio nella posizione in cui uno doveva stare per farsi vedere.
Come un'aquila in picchiata, Morpheus chiuse le ali e si fece attrarre dalla forza di gravità, colmando gli ultimi metri che lo dividevano dal ragazzo, le fauci si aprirono e un rumore gutturale simile a un ringhio si spanse nell’aere. I piedi, che toccarono la pavimentazione, furono tuttavia quelli di un bipede. Ritrasformatosi poco prima di atterrare al suolo, aveva riacquisito sembianze umane, e così la sua figura si era palesata accanto a quella del ragazzo e di Montag, senza danneggiare in alcun modo la struttura con il suo peso. Un lieve sorriso macchiò il volto del giovane, un singolo sguardo rivolto a Rohan l’eroe.

« Andiamo a spaccare qualche culo. »

Perché, per un drago, arrivare inosservato non era proprio il suo forte.



« Diamo inizio alla rivoluzione. »


CITAZIONE
Allora, io giungo alla Purgatory quando Victor minaccia il pilota per farli atterrare nel plakard. La prima parte è appunto quando aspetto il segnale di Rohan, poi c'è una parte di bg dove racconto a grandi linee quando al termine della Quest mia accompagno Lenny, senza diventare un Falkenberg corps, e Stray al goryo. Infine l'ultimo pezzo mi lancio fuori da un ponte e assumo la forma draconica, volo in basso per due piani fino a raggiungere il pg di Rohan. Non so se il post possa piacere è il primo che faccio con questo pg ed oltre a stare attento a non spoilerare troppo per la mia quest, è un periodo di merda in real, ho faticato a prendere la concentrazione. Speriamo bene.
Edit: Corretti qualche errore di battitura, compresi quelli nelle note



Edited by Lud† - 23/3/2012, 21:25
 
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