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Conquistadores - Invasione, Main Quest - Goryo

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'Alchimista del Drago
view post Posted on 28/3/2012, 07:16 by: 'Alchimista del Drago

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Dall'ombra, due tizzoni arroventati scrutavano gli avvenimenti.

L'orda di guardie e carcerati si era riversata al centro della nave, dispiegandosi su ogni livello. La torma rumorosa e ansante sembrava uno sciame di parassiti saprofagi accorsi a cibarsi della carcassa metallica priva di capo della Purgatory; creature ributtanti sciamavano da ogni dove decise a contendersi l'onore di essere i primi, e i soli, a poter spolpare ciò che rimaneva della gigantesca carogna rugginosa abbattutasi sulla landa desolata del Plakard. Al centro di tutto i capi della rivolta - Montag l'Orso di Ferro e Rohan il Crotonese - latravano le loro arringhe, infiammavano gli animi, sobillavano la rivolta, ma non tutti erano propensi ad arruolarsi in quell'esercito di feccia e straccioni: il dissenso scorreva fra le fila rumoreggiando sempre di più.
Una figura nera precipitò dai livelli più alti, forse spintonata oltre il parapetto nella calca generale. Un attimo dopo un lampo blu cobalto squarciò lo spazio vuoto circondato dalle passerelle dei vari livelli. Ali arcuate e possenti si dispiegarono con un frullio furioso, una schiena scagliosa e ruvida occupò la cavità. La coda sinuosa e letale come un mazzafrusto fendette l'aria con un sibilo acuto.
Il drago spalancò le fauci ornate da chiostre di denti affilati e vomitò un ruggito che spaccò i timpani della marmaglia, fece tremare i ballatoi di ferro e catturò ogni rumore sprofondando la Purgatory in un silenzio attonito carico di stupore.
La creatura atterrò con la leggerezza di gambe umane sulla passerella centrale, nei pressi di Montag e Rohan.

« Diamo inizio alla rivoluzione. »

Nonostante il maestoso spettacolo la cacofonia di brusii, commenti acidi, versi inarticolati e grida ferine riprese più forte di prima. L'Orso di Ferro dovette intervenire in prima persona per placare il caotico vocio. Ma qualcuno, dalla folla, si fece avanti per fronteggiarlo: Selys era il nome del rivoltoso, e lui lo conosceva di fama. Una fama dipinta coi foschi e vividi colori di uccisioni impietose e spargimenti di sangue, stupri e nefandezze di ogni sorta.
Celati nel buio, i tizzoni assistettero all'intera scena: Montag afferrò per il volto la montagna di muscoli umana, sfruttando la cavità dell'orbita mancante come appiglio per sollevare in aria l'energumeno con disarmante facilità. L'uomo cominciò ad agitarsi in preda a spasmi feroci, ma il capitano non mollava la presa: con implacabile lentezza spostò il braccio fino a quando lo sciagurato si trovò direttamente sull'orlo dell'abisso.
Il volto divenne paonazzo. Il cuore batteva a mille e pompava sempre più sangue nella speranza di far affluire abbastanza ossigeno, ma ogni sforzo era vano. L'Orso di Ferro serrò la morsa e nel silenzio generale si udì lo scricchiolio sinistro del cranio sfondato.
Poi lasciò la presa e l'uomo precipitò nel baratro.
L'ultimo battito del suo cuore stremato rimbombò nelle profondità della Purgatory.


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« C O N Q U I S T A D O R E S »
f r o m h e l l t o p u r g a t o r y


Piedi ossuti foderati in stracci lordi di putredine.
Calcano i silenziosi corridoi metallici della nave, e al loro passaggio lasciano dietro di sé orme deformate nell'acciaio incandescente illuminato da un bagliore rossastro.
Mani adunche, dita come artigli ossei: sfiorano le pareti mentre lui avanza e marchiano a fuoco le lucide piastre di metallo.
Arti scarnificati, niente più che fasci di nervi e muscoli percorsi da un reticolo di vene pulsanti e tenuti assieme da un telaio di ossa aguzze e sporgenti. Brandelli di carne nera e marcescente penzolano dal corpo e si sfaldano toccando terra, come un percorso di briciole organiche verso la fonte di ogni orrore e disperazione.
E infine, un teschio - candido quanto solo la morte: il suo biancore scintilla nella tetra penombra dei camminamenti vuoti. Un ghigno malefico illumina il cranio scavato nell'osso, un pozzo scuro al posto del naso. Le orbite sono crateri abissali, e sul fondo due pozze rosse che rilucono di un barlume carminio e racchiudono in sé le fiamme eterne dell'Inferno.

E' lui, Caronte.

Avanza solitario fra i condotti della Purgatory, sfila accanto file di celle spalancate senza più occupanti, supera passerelle e dislivelli, varca soglie dimenticate. Il fragore crescente lo guida verso il fulcro dell'azione, il cuore della nave, là dove equipaggio e prigionieri si stanno radunando per assistere ai discorsi dei ribelli.
Veste un lungo abito nero pece sbrindellato rinforzato da inserti di pelle e fasce di cuoio all'altezza del torace emaciato da cui sporgono i profili spigolosi delle costole. Strisce di stoffa lacera si librano nell'aria dietro di lui, come una vaga ma pressante minaccia rimasta sospesa in attesa anche dopo il suo passaggio, verdetto inesorabile pronto a calare sulla vittima.
Alle sue spalle spira un refolo venefico che sibila fra i macchinari lucidi. E' l'alito dell'Inferno, un soffio sulfureo sgorgato fuori dalla stessa fossa abissale da cui proviene Caronte, che ne accompagna ogni passo. Sembra quasi di poterle udire, le urla disperate dei dannati sottoposti ad atroci supplizi che risuonano nella torrida ventata, e intrecciati con esse il rombo delle fiamme e i gorgoglii dei fiumi infernali, i macabri cori dei diavoli e gli sbuffi leggeri con cui si spengono le ultime speranze. Permeano la carne risicata e i cenci sbrindellati del Traghettatore come un'aura esiziale che non lo abbandona mai, e si avvolgono in spire luttuose attorno a coloro che si imbattono nel demone fino a soffocarli con la propria morsa disperante.

Nella Purgatory si respira morte e dannazione eterna.


acheronte


Nella luce crepuscolare del tramonto perpetuo il fiume serpeggiava ribollendo fra cumuli di ossa sbiancate dal tempo, pile di detriti e cadaveri tumidi, fitti grovigli vegetali di piante rinsecchite e zanne di roccia scura che dilaniavano il cielo. L'Acheronte scorreva rapido e inarrestabile attraverso le macerie accumulatesi in secoli, millenni, ere, fino a raggiungere l'immensa entrata dell'Inferno: bastioni di granito e arenaria che torreggiavano sulla piatta landa circostante, ergendosi verso l'infinito. Una monolitica architrave di pietra formava con le torri laterali il maestoso portale d'ingresso; dal ventre purulento della terra un bagliore cremisi si arrampicava su per le pareti frastagliate, ma i torrioni erano tanto alti che la luce illuminava a stento le grandi volte arcuate.
Il fiume turbinoso penetrava attraverso il portale, per un terribile momento sostava attonito sull'orlo dell'abisso, scosso da tale nera infinità, e poi si tuffava nell'ignoto fin nelle viscere del mondo, là dove l'acqua incontrava il fuoco in un abbraccio di perenne disperazione.

« Basta! Sono stanco di aspettare. »

Sulle rive del fiume di fuoco si accalcavano migliaia di anime dannate che levavano alti lamenti nell'oscurità; i lineamenti erano contratti in smorfie di dolore e tormento, le membra esangui sollevate a coprirsi gli occhi, come se bastasse allontanare da sé la vista del mondo infernale con tutti i suoi ripugnanti orrori per cancellarne l'esistenza. Attendevano con rassegnazione il loro turno per venire trasportate sulla superficie infuocata dell'acqua, oltre il Vestibolo, nel vero Inferno; l'imbarcazione che doveva condurle - un mostruoso traghetto di assi consunte e legno tarlato - era tirato in secco sulla riva, e il suo possessore stava ritto in piedi poco distante a discutere con un demone inferiore.

« Ma non puoi andartene! Sei il Traghettatore d'anime! Senza di te, chi... traghetterà le anime? »

Caronte lo fulminò con uno sguardo fiammeggiante, raddrizzò la schiena e si erse ancora più imperioso sull'orda brulicante che lo circondava, poi ruggì:

« Non sei tu a potermi dire cosa fare e cosa no! Troppo a lungo ho dovuto sopportare il tanfo di zolfo che aleggia in questo buco schifoso: è giunta l'ora di andarsene! »

Il diavolo, un ammasso informe di zanne e artigli e occhi mal distribuiti, gli fece scivolare addosso uno sguardo malizioso e infido:

« Forse io non posso darti ordini, ma un cert- »

Le viscide insinuazioni vennero bruscamente interrotte al gesto dello Psicopompo: Caronte allungò una mano scheletrica verso la creatura e uno strato di spesso ghiaccio la serrò in una morsa di gelo; tese l'altra mano e fiamme cangianti avvolsero il blocco trasparente, squagliando il ghiaccio. Del demonietto rimase soltanto una pozzanghera di fango maleodorante che sciaguattava sotto i piedi dei dannati.

« Dopo un'eternità di onorata carriera... »

Dal fondo delle orbite vuote le pozze di lave scintillavano.
Il teschio venne spaccato da una piaga trasversale, l'equivalente di un sorriso.

« ... credo di essermela guadagnata, una promozione. »

E che promozione.
Dall'Inferno al Purgatorio.


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« L'uomo che ha ucciso Sedys... »

Esordì una voce spettrale che sgorgava dal nulla.

« ... è un grande guerriero. E Caronte lo segue »

Sentenziò Caronte, rigurgitato fuori dalle tenebre che avvolgevano la passerella alle spalle di Montag.
Avanzò a falcate lente e solenni, mostrandosi alla masnada impietrita per la paura e lo stupore, fino a superare l'Orso di Ferro, Rohan e il ragazzo drago. Con la mano ritorta si calò il cappuccio dal volto, rivelando le orbite vuote degli occhi che avvampavano come braci sotto la coltre di cenere.
In basso si apriva un cratere abissale che gli riportò per un momento alla memoria la voragine dell'Inferno. L'orda di folla era come lo sciame di anime dannate, solo... viva. Ed era proprio questa la ragione che l'aveva spinto a lasciarsi l'Oltretomba alle spalle per avventurarsi nel mondo terreno, sopportare mesi di prigionia - in fondo, cos'era un mese per lui, che aveva vissuto tutte le ere di questa esistenza? - pur di ottenere la propria occasione: guidare uomini che non fossero solo ombre aeree di corpi divorati dai vermi, traghettare non folle di spiriti afflitti, ma carne viva, muscoli frementi e cuori pulsanti, verso una nuova meta. Quale? La libertà in questo caso, ma l'importante non era l'obiettivo, parole vacue prive di valore a cui ognuno, proprio per questa ragione, poteva affibbiare qualunque significato volesse. La cosa cruciale, per Caronte, era la strada da percorrere per raggiungere quell'obiettivo. Era l'esperienza. L'avvenimento. Respirare l'aria fresca intrisa dalle grida di moribondi - e non di morti! - Assaporare l'odore della paura e del terrore, ma con quella particolare fragranza di una sottile speranza non del tutto svanita - tipico dei mortali. Squarciare pelle che non evaporasse in uno sbuffo di polvere millenaria. Macchiarsi del sangue ancora caldo delle vittime.

In poche parole, voleva la vita
per poterla togliere.

E quale modo migliore, si era detto, che porsi a capo di una sanguinosa ribellione?

La folla aspettava in silenzio un segnale. Lacerati da sentimenti contrastanti, prigionieri e secondini attendevano solo un pretesto qualunque per poter dare libero sfogo alle loro emozioni e pulsioni, e a Caronte spettava il compito di offrire quella semplice motivazione.
Incrociò lo sguardo di Montag: il colosso annuì e il demone seppe cosa fare.
Non servivano parole: troppe già ne erano state spese. Alzò il braccio di scatto, e nell'anfiteatro volante perfino il sibilo di mille respiri discordanti cessò, fagocitato nella spasmodica e silente attesa del prossimo gesto.
Caronte se ne compiacque, ma sul teschio scarnificato rimase scolpita la stessa espressione fredda priva di emozione; soltanto gli occhi rossi come torce accese brillavano di un bagliore particolare.
Serrò il pugno sospeso per aria, avvertendo le unghie affilate scheggiare l'osso del palmo. Flettè il gomito, e con una lentezza esasperante piegò il braccio fino a riportare il pugno contro la gabbia toracica sporgente. Un altro scatto e l'arto fu di nuovo sollevato; rimase in quella posizione per qualche secondo, poi con flemmatica tranquillità abbattè un'altra volta la mano chiusa sul petto. Ancora il braccio disteso, e ancora il pugno sul torace.



Stendi il braccio, schianta il pungo.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


Sempre più veloce, sempre più forte.
L'aria sibila quando slancia l'arto in avanti come una frustata, le ossa scricchiolano quando la mano percuote il petto come un martello.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


La folla adesso lo segue, imita il movimento con un rullo di tamburi ritmato. Stendi, schianta. Fischi, e poi battiti pesanti.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


Aumenta la rapidità, slancio e ripiegamento, stendi e schianta. Ormai il gesto è così fluido e continuo che non se ne distinguono più le due fasi: c'è solo un lampo bianco oscurato da stoffa nera, e il tonfo attutito alla fine.
Stendi, schianta. Fischio, battito. Lampo, tonfo.

Stendi il braccio, schianta il pugno.
Stendi il braccio, schianta il pugno.


E alla fine il braccio si stese per l'ultima volta e lì rimase, a puntare il ponte superiore della nave ma perforandolo per slanciarsi dritto verso il cielo, il pugno chiuso che spazza via ogni ostacolo come la tempesta sui fragili abeti.
Caronte proruppe in un grido belluino che risalì dal profondo del suo essere, profondo almeno quanto gli abissi dell'Inferno, e la folla lo seguì, e gli uomini urlarono con lui, e lui pensò che fu bellissimo
udire per una volta grida di esaltazione,
e non di disperazione.

Poi il momento passò. Il demone avvertì la stretta vigorosa di Montag sulla spalla ossuta: cercava di richiamare la sua attenzione, ma Caronte aveva già intuito cosa voleva mostrargli. Un numero fin troppo ampio di persone, fra l'orda accalcata sulle passerelle, non si era unito all'ardore infervorato ebbro di eccitazione seguito all'incitamento del Traghettatore, e ora stava defluendo verso i portelli laterali con l'intenzione di abbandonare il movimento rivoltoso per cercare di guadagnarsi da sé la liberta o - peggio - schierarsi con la fazione avversa.

« Non lo permetteremo. »

Rimarcò l'Orso, come leggendogli nel pensiero. Caronte annuì con un cenno del teschio, gonfiò i polmoni consumati da eoni di logoramento, ed esplose per sovrastare il clamore generale:

« Uomini! »

La voce cavernosa richiamò subito all'ordine la massa confusionaria, come un faro oltre la cortina d'acqua.

« Oggi siete qui per un obiettivo comune: la libertà! »

Un boato seguì l'ennesima ripetizione di quella parola che sembrava esercitare un ascendente tanto allettante e persuasivo per chi aveva votato la vita a privare gli altri proprio della libertà: le guardie con i prigionieri, e i prigionieri con le loro vittime.

« Ma questi traditori... »

Abbracciò con lo sguardo i folti gruppetti che tentavano di guadagnare le uscite, e i pochi protagonisti solitari che ancora rimanevano a protestare nel bel mezzo di schieramenti opposti.

« ... vogliono rubarvela prima ancora che ve la possiate godere! »

Grida, versi bestiali, piedi che sbattevano sui pavimenti, ringhiere metalliche percosse con tutta forza, pugni che sbattevano sui petti, uomini che si dimenavano come puttane isteriche. Tutti aizzati da Caronte contro gli oppositori in fuga.
E alla fine, un'ultima parola, tanto semplice quanto definitiva, a suggellare il discorso con un bacio di sangue e denti marci:

« Uccideteli. »



{ SpecialQm Point }

Si sentiva la mancanza di un antico demone mitologico, no?
Il post è diviso in quattro parti: la prima e l'ultima descrivono le situazioni attuali, la seconda è antecedente di qualche minuto, la terza (compresa fra immagine e divider) è ambientata tempo prima, quando Caronte era ancora all'Inferno.
Fatte le dovute precisazioni, passiamo alle istruzioni vere e proprie: Caronte (che è dotato di una passiva di timore psionico e una di scottatura al contatto) aizza le truppe a sterminare coloro che si sono dimostrati contrari alla ribellione; vostro compito in questo turno è di affrontare un autoconclusivo. Esatto, come un vero combattimento contro mostri, e infatti i vostri avversari saranno i seguenti:
CITAZIONE
Gli infimi: Che siano rinchiusi dietro le sbarre o liberi di compiere efferatezze per le vaste lande di Asgradel, questi individui rappresentano la vergogna della criminalità tutta del continente. Sono infimi di nome e di fatto: ubriaconi che amano parlare delle proprie vere o presunte malefatte di fronte ad una pinta di birra, tirapiedi di questo o quel malavitoso di poco conto, ladruncoli di strada; qualunque fosse o sia il loro ruolo all'interno della società corrotta di cui fanno parte, rappresentano in ogni caso i margini di essa e gli scarti tra i rifiuti stessi. Non sono ben visti né considerati dal resto della marmaglia criminale del mondo, ed anzi vengono spesso sottomessi dai banditi più pericolosi che ne fanno il loro "esercito personale" di leccapiedi e assassini. La maggior parte di questi insulsi malfattori da quattro soldi è sporca e sudicia, sia dentro che fuori; non nutre una grande stima nell'umanità -ed il sentimento può dirsi largamente ricambiato- e, in generale, non rappresenta un pericolo se non affrontata in gruppi da dieci o più individui. Quando vengono catturati, vengono rinchiusi nel livello più basso -e popolato- della nave: il Settore 6.

Ricapitolando: combattimento autoconclusivo contro energie meno che bianche, pericolosità G; 10 mostri = 1 bianca, potete affrontarne da un minimo di 10 a un massimo di 20. Gli avversari della fazione mostruosa Feccia sono in fuga e disarmati. Dettaglio rilevante: l'intero combattimento copre un arco di tempo pari a un'ora.
Scadenza fissata per le 23.59 di giorno 4 aprile.
Buona fortuna.
 
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45 replies since 20/3/2012, 23:23   3140 views
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