( 天の山, Monti Dhera, Pyat )
« Corri Sakoro! »
Lampi di luce tagliavano la chiara ombra creata dall'intricato tetto di fronde verdi. Il sole, incuneandosi tra le foglie, cercava di accecare il ragazzo monaco, tigendo il sentiero sterrato di un oro maculato. Ma nonostante i bagliori della primavera, Raan continuava a muoversi a velocità spropositata, ridendo come un forsennato.
Il rado sottobosco non riusciva ad impedire la corsa del giovane, i cui passi parevano più leggeri di quelli di una belva felina, di quelle tigri che abitavano le foreste meridionali.
« Raan, non arriverai mai prima di me! »
E Sakoro, in effetti, gli stava effettivamente dinanzi: agile e potente, l'amico discepolo balzava da un ramo all'altro degli enormi alberi Jaian, colossi vegetali che ricoprivano come un mantello color smeraldo i pendii dei monti Dhera. Raan riusciva ancora a scorgere il compagno, una decina di metri avanti, mentre si gettava, braccia aperte, sul successivo "gradino" di quel sentiero aereo.
Strinse i denti: non poteva perdere quella gara!
Abbandonò il sentiero, sgusciando lungo il pendio; praticamente spinto dalla forza di gravità, si lasciò attrarre dalla discesa che si faceva sempre più ripida. Un errore sarebbe potuto costar loro l'osso del collo, ma quella folle corsa era un gioco perfezionato in anni e anni di libera spensieratezza - e di disciplina, fisica e mentale.
La sagoma scura del monaco sfrecciava tra i possenti tronchi, accompaganto dal canto di volatili sconosciuti. Nonostante la concitazione della competizione, i numerosi animali che abitavano la verdeggiante foresta sottostante il monastero non sembravano affatto disturbati, o intimiditi: la leggiadrìa nei movimenti dei due era tale che la natura stessa non pareva spaventata dal loro passaggio.
« Hai perso, Raan! »
Non credo, pensò il giovane.
Non vedeva più Sakoro, ma la cosa non lo preoccupava: aveva un'autentica autostrada, davanti a lui.
L'enorme radice di un Jaian si slanciava lungo il precipizio, abbastanza larga perchè un cavallo potesse camminarvi tranquillamente sopra. La ripidità era un problema, certo, ma Raan stava scendndo, dopotutto.
Gettatosi su di essa, il monaco sfruttò lo spesso strato di muschio per scivolarvi sopra, lanciandosi così a velocità pazzesche in prossimità del dirupo, là dove la foresta terminava sopra il grande lago incastrato tra i macigni erranti di Fan Dhera e dove l'altissima Cascata Celeste cadeva a strapiombo.
« WOOOOAH », ululò, sordo persino al mugghiare infinito dell'acqua.
Il vento fischiava fortissimo nelle sue orecchie, sferzandogli il viso illuminato da un sorriso ribelle; mentre la sua lunga treccia rossa veniva gettata oltre le spalle dall'incredibile velocità, Raan in cuor suo seppe di aver vinto la sfida.
« Il traguardoooo! »
Raccolse potenza nelle gambe, sfruttando al caduta; il sole lo colpì nel momento in cui la radice si fermava, restìa a gettarsi nel vuoto là dove il bosco finiva.
Nello stesso istante, Raangard balzò.
Allungò le braccia, lanciato nel vuoto a decine e decine di metri sopra il lago: la meta era lì, bellissima, sorridente ed immobile, appesa a testa in giù al lungo cavo con il quale venivano portare le provviste per il monastero.
Hime teneva le braccia larghe, e in entrambi i pugni stringeva un lungo nastro azzurro.
In quell'attimo di tempo sospeso, mentre Raan volava cercando di agguantare quel pezzo di stoffa allungando la mano, comprese.
Si era innamorato di Hime.
« Non ti lascerò vincere, Raan! », esclamò lei, ridendo, alzando il braccio destro proprio quando il monaco stava ad un soffio dalla vittoria.
« EEEH?? »
Fu un istante di panico, ma la sua mano afferrò solo aria.
Così non vale, pensò cadendo dritto dritto nel lago; scorse la sagoma di Sakoro, ugualmente in volo, mentre afferrava il nastro della vittoria.
Il contatto con la gelida acqua di montagna fu violento, ma innocuo: un mare azzurro che conosceva fin troppo bene, la cui natura aveva imparato ad amare e che mai, mai avrebbe potuto fargli del male. Quando emerse, muovendo le muscolose gambe, inspirò profondamente l'aria pregna di sapori e odori, selvaggia, sì, ma vicina nello spirito a quella del giovane Jellbraxi.
Raangard guardò verso l'alto, verso Hime, sorridendo radioso.
Questo, almeno, fino al momento in cui Sakoro non gli piovve addosso.
( 高ピーク修道院, Monastero Alta Vetta, Monti Dhera, Pyat - Due anni dopo )
Respirò affannosamente, una mistura confusa di singhiozzi e dolore.
Il suo corpo era stremato, ferito in più punti: perdeva sangue da una profonda ferita alla coscia sinistra, un'altra al costato; aveva abrazioni ovunque, lividi e tagli a non finire. I capelli rossi gli scivolavano sul volto giovane, resi sporchi dal fumo e dal sudore, incollati alle tempie dal sangue rappreso.
Ma erano gli occhi di Raan, i suoi occhi azzurri ad essere più provati del suo corpo: stava piangendo.
E ad un monaco di Jellbrad non è permesso piangere.
« Sakoro... »
Inginocchiato, tra le sue braccia, giaceva esanime il corpo del suo migliore amico.
I corti capelli mori erano attraversati da uno squarcio, come se una pesnate alabarda l'avesse colpito di striscio, ma abbastanza profondamente da togliergli la vita; la divisa nera da monaco era strappata, mostrando i muscoli rigidi nella morte. Il puzzo di morte e di liquame pervadeva l'aria, perchè Sakoro non era caduto da solo: con lui v'era un'altra mezza dozzina di confratelli, egualmente periti.
Le iridi dell'amico erano spente, spalancate dinanzi ad un colpo che non era riuscito a parare.
Le labbra, probabilmente, dischiuse in un grido.
E Raan non era stato con lui.
Improvvisamente, gli tornò l'udito.
Altre urla, il clamore della battaglia, esplosioni.
V'erano ancora Jellbraxi in vita, e i Nataren non sembravano volerlo permettere.
« Infami bastardi. », imprecò, rialzandosi e lasciando Sakoro all'oblio. Se fosse sopravvissuto, avrebbe onorato le sue esequie più tardi: ora doveva trovare Maestro Hirako, difendere gli apprendisti e portarli al sicuro lungo il sentiero nascosto nelle caverne sotto la Cascata Celeste.
La sua mente, tuttavia, pensava ad una cosa sola.
Hime.
Corse per gli ampi corridoi del monastero, scansando le mischie che incontrava - l'avrebbero rallentato. Perchè non riusciva a trovarla? Era già caduta?
Trascorsero minuti che parvero ore; Raan stava cominciando a disperare, anche per via del fatto che il suo corpo non sembrava più avesse intenzione di dargli retta. Si sentiva stanco, terribilmente stanco...
Sangue, pensò in un lampo di razionalità. Ho perso molto sangue...
Poi la vide. Fu un battito di ciglia, ma gli parve di scorgere i suoi fantastici capelli castani, quella morbidissima chioma setosa... Ed era già scomparsa.
Caracollò in quella direzione, appoggiandosi pesantemente al Jidō Kasa. Più svelto. Più svelto, pregò.
Seppe di trovarsi nella Sala del Sogno solo quando i suoi occhi cominciarono a lacrimare dall'intensissimo bagliore sprigionato dal globo dell'As-Grad El, lo Specchio sui Mondi, al centro della sala. In realtà lui stava fissando Hime, sconfitta, tenuta per il collo da un comandante Nataren. Le esili dita della guerriera stavano cercando di graffiare la possente mano del suo aguzzino, ma senza forza alcuna, quasi egli fosse un invincibile titano e lei l'ultima degli agnelli in un debole gregge.
Raan impazzì.
« FERMOOOOOOOO »
Con un solo colpo, Raan afferrò il volto del bruto e lo schiantò contro il pavimento, polverizzandolo.
In preda ad una furia omicida, non s'avvide della schiera che stava giugendo per farlo a pezzi - accecato dall'ira, dalla preoccupazione per la sua amata, non se ne accorse neppure.
Devastò il volto di un soldato, pronto a ucciderlo.
Non vide la lancia che lo trafisse all'addome.
Scaraventò metri più in là due mostri che stavano per finire il corpo scomposto della giovane ragazza.
Non vide l'ascia che stava per decapitarlo.
Diede una testata contro il petto corazzato di un Nataren, poi ne abbattè un altro dietro di lui.
Non gli importava più nulla... Non più.
Ma ad Hime, sì.
Raan si sentì afferrare per la collottola, trascinato da una forza incredibile.
« Cos-- »
Non capì, non capì neppure all'ultimo.
Vide solo il volto triste di Hime, della sua amata Hime, che lo lanciava all'interno del globo dell'As-Grad El.
« Addio, Raan. »
Poi, più nulla.
( 越えて, As-Grad El, Akerat, distesa di Plakard )
Quando aprì gli occhi, il primo dettaglio che la sua mente registrò fu il calore.
Non era solo un caldo secco, inclemente - era abituato a ben altre temperature, ma non era quella la sensazione che il suo cervello aveva notata prima di ogni altra.
La sua guancia poggiava su un terreno riarso, rossiccio come i suoi capelli. I microscopici granelli di polvere cremisi che si levavano dalla desolazione stavano scavando piccoli solchi bastardi sul suo viso, quasi fosse stato sdraiato interi eoni su quella terra dimenticata dalle divinità.
Il caldo che percepiva era quello del suo sangue.
Era ferito; non sapeva quanto, ma quelle macchie che punteggiavano un terreno a secco di liquido da chissà quanto tempo doveva proprio essere la sua linfa vitale - la qual cosa non lasciava spazio a notevoli speranze.
Impiegò minuti ad alzare il torso, levandosi sulla mano destra. La spalla sinistra era andata, sul petto e sull'addome mostrava lacerazioni ben lontane dall'essere guarite, ma in qualche modo l'attraversamento del globo aveva arginato la mortalità dei colpi che aveva ricevuto.
« Hime... », mormorò, febbrilmente. Aveva sete, e ogni sussurro sembrava distruggere le sue labbra screpolate.
O, forse, era solo il suo sangue rappreso che si spezzava ad ogni movimento.
« As-Grad El. », disse, piano.
Sapeva dov'era. Un altro mondo, un'altra dimensione, forse, ma gli astrologi Jellbraxi conoscevano vagamente quel luogo.
« Ak-- »
Tossì, sputando sangue.
Trascinò il proprio corpo offeso, un centimetro alla volta, una marcia ossessiva che parve durare milleni, ogni secondo una tortura.
« Akerat. »
L'inferno.
Certo, era all'inferno - ma non era ancora morto.
Non ancora, si ripetè.
Un metro, ancora uno, poi un altro ancora.
L'unica sua speranza era un grido, un'invocazione ai demoni stessi.
Non era nella condizione di poter chiedere favori agli dèi.
« GORYO! »
Ok, questo è un wallpost. In sintesi, i primi due tronconi raccontano una parte della vita del giovane monaco prima, e poi in concomitanza, al suo arrivo su Asgradel. Conto di approfondire la sua storia con giocate future e contest. Arriva da un'altra dimensione (il mondo di Pyat), avendo già una conoscenza base di come funzionano le cose da questa parte. Semplicemente, ci arriva moribondo =D
Nel prossimo post elencherò eventualmente in spoiler tutti dati tecnici del caso. Per ora sta solo crepando. Grazie in anticipooooo!
Edit 14/04: rihostata un'immagine andata deletata.
Edited by Drag. - 14/4/2012, 23:08