Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Requiem

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view post Posted on 2/4/2012, 15:06




Requiem ❞.



Introitus
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REQUIEM AETERNAM
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.

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Il suo camminare proseguiva da svariati giorni, un pellegrinaggio apparentemente privo di scopo che l’aveva spinta sino alle terre più impervie del mondo umano.
In realtà ciò che la premeva a portare avanti quel viaggio era l’insaziabile desiderio di apprendere quanto più possibile riguardo quel mondo. Rispetto alla giunta a Basiledra i suoi passi avevano ora un incedere differente: lo stendardo sotto cui marciava era conosciuto e rispettato da chiunque incrociasse il suo sguardo, ed il regno cui aveva giurato fedeltà la portava ad una posizione superiore rispetto a qualunque essere sconosciuto incontrasse.
Teneva fede alla parola data al guardiano Medoro e lei per prima rispettava e onorava la casata al cui servigio si era posta, ma non poteva mettere da parte l’intento primario, il risollevarsi dalla sua mortale condizione, riappropriarsi di ciò di cui era stata brutalmente privata.

Si guardò intorno: l’orizzonte pareva completamente abbracciato dai rilievi montuosi che man mano discendevano verso terra, frastagliati e scoscesi, come un tappeto che srotolandosi invita lo stolto ad attraversarlo. Persino l’aria era secca quanto le rocce, e afosa e pesante penetrava nelle fessure dell’armatura, facendo intingere la pelle di sudore. Il sole era ormai alto nel cielo, ma era coperto da una nuvolaglia sottile e ben stesa nel cielo, che racchiudeva il territorio in una cappa di calore insopportabile; di tanto in tanto era smorzata da qualche flebile folata di vento, che, però, non aiutava a rendere il luogo più apprezzabile. Accompagnava con sé un acre e nauseabondo odore di morte, evidentemente proveniente dal deserto di pietra circostante.
Osservò l’ambiente con rinnovato disgusto, non tanto per la poca civiltà, quanto per l’estrema umanità, che, ai suoi occhi, presentava. Doveva attraversarlo per raggiungere i territori adiacenti al mondo degli umani, giacché più avrebbe esplorato Asgradel, più avrebbe capito per quanto ancora doveva subire quella maledizione.

Riprese a camminare, cominciando la scalata di quel cumulo di rocce appuntite, tentando di individuare dei sentieri adatti ad essere intrapresi. Non poteva immaginare che quella che si trovava di fronte altro non fosse che la perfetta metafora di ciò che per il suo scopo avrebbe dovuto percorrere.


scheda004
DIES IRAE
Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus.

scheda004


Samael, serafino prediletto, dove ti ha condotto la tua superbia? Tu che ti ponevi al fianco di Dio sei stato scalzato per la venuta dell’Uomo, e per la tua ribellione sei stato mandato a giacere tra gli uomini. Tu che hai urlato il tuo sdegno alla richiesta di amare la Madre della Seconda Persona, sei stato condannato a portare quel sesso che ancor di più hai disprezzato.
Hai lasciato macchiare l’illibatezza angelica dalla tua ira e al giogo della bestialità sei stato incatenato.
Samael, Dio è infinitamente misericordioso, e lasciò a te la decisione: cosa scegli, serafino celeste, spezzare la catena che t’imprigiona o imbracciarla e fare di lei le spire tra cui racchiuderti, con cui difenderti?


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TUBA MIRUM
Quid sum miser tunc dicturus,
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

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Ad ogni passo della donna si sollevava un leggero cumulo di polvere. La scalata delle rocce si rivelava man mano più ardua. Scrutò con attenzione l’ambiente circostante, cercando un avvallamento praticabile che poteva rendere più semplice il proseguimento del tragitto. Individuò uno spacco tra i massi spigolosi, abbastanza ampio da consentire ad un uomo di attraversarlo; gli si avvicinò e subito l’intento di addentrarsi scemò notevolmente: fu difatti accolta da un forte odore di marciume e decomposizione. Pur tentata dal desiderio di voltare le spalle e cercare sentieri più consoni, il pensiero di cosa potesse produrre un tale fetore di morte vinse.

Cominciò l’ascesa, circondata dalle pareti rocciose, i piedi che affondavano nella melma; procedeva cauta e guardinga, studiando quell’insolito sentiero. Non vi era altro che massi e fango, nessun ecosistema pareva poter sopravvivere in quel luogo. Passo dopo passo tutto rimaneva invariato, non era altro che un ripetersi di rocce affilate tra cui districarsi.
Trascorsero vari minuti e finalmente intravide un’inaspettata divaricazione nel corridoio roccioso. Man mano che vi si avvicinava udiva dei rumori, i primi all’interno di quel deserto. Rallentò ulteriormente il passo, rasentando con cura la parete; giunta allo spacco si sporse leggermente, cercando di identificare il suono.
Vi era un ampio spiazzo, una sorta di piazzola naturale, costeggiata dal solito manto di massi che la racchiudevano in quella che sembrava un accenno di cupola. Dalla parte opposta di quell’ingresso si congiungeva un altro sentiero, ma niente di tutto quello fu accolto dagli occhi di Lightning.

Loro scrutavano attenti la strana creatura che vi sedeva al centro - strana per le sue conoscenze -. Quella aveva un aspetto umanoide, ma non poteva trattarsi di un umano. Possedeva una stazza più grossa rispetto a quella di un comune uomo; la sua pelle era olivastra, con una forte sfumatura di verde; la mascella era pronunciata, il naso grosso e schiacciato, la fronte alta e ampia; l’insieme dei lineamenti era duro e spigoloso. Sembrava intagliato nelle rocce di cui era circondato, tanto pareva condividerne le fattezze.
Lunghi capelli neri, intrecciati tra loro da evidente incuria, ricadevano lungo la corazza di metallo che indossava e davanti agli occhi, che, con espressione corrucciata, si concentravano sulle sue mani, dove teneva stretta una grossa spada, intento a ripulirla.
Lo osservò silenziosa per alcuni minuti e lui non parve accorgersi della sua presenza. Decise di proseguire oltre, lasciando la creatura alle sue occupazioni. Con passo leggero superò il valico e riprese il suo cammino.

Più andava oltre, più l’aridità si faceva intollerabile. Ringhiò sommessamente, maledicendo tra sé quel mondo disgraziato e chiunque ebbe partecipato a renderlo così.
Guardava davanti, soppesando la strada che ancora le rimaneva da percorrere, e alle sue spalle udì il suono di sgretolarsi di pietre. Si voltò allarmata e senza aver tempo di rendersene conto fu scagliata in aria, impattando con forza le spalle nella parete rocciosa.


scheda003
REX TREMENDAE
Rex tremendae maiestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

scheda003


Gurmuth sedeva sopra un cumulo di rocce, cercando di riprendere fiato dopo la corsa affrontata. Era reduce dall’ennesimo battuta di caccia con la sua tribù ai danni di un giovane drago che abitava tra le montagne, ma in realtà i danni li avevano riportati solo loro. La bestia non aveva gradito l’improvvisata ed era sembrata intenzionata a ripagarli con la stessa moneta. Era riuscito a intraprendere un sentiero di fortuna appena in tempo, e ora ripuliva la sua arma, sobbollendo di odio per quella indegna condizione.
Aveva deciso di aspettare alcuni minuti, prima di tornare nella valle dove stava accampato con i suoi compagni; era meglio attendere che l’immane bestia tornasse al suo abituale riposo. Conosceva le montagne come il suo più intimo amico e la sua spada era la sposa più fedele; tutto quello rappresentava la sua vita, la sua famiglia. Come in ogni circolo familiare però, spesso detestava ciò che aveva.
Capitava soprattutto in giornate come quella, dove il fallimento ne risultava la chiave portante. Tutti loro erano costretti a fare i reietti dal momento in cui avevano emesso il primo vagito, a nascondersi, a forgiarsi in difficoltà che ben pochi altri esseri viventi condividevano. Spesso l’unico appiglio era la fede, l’occhio che tutto vede e tutto conosce, Gruumsh l’onnisciente. E solo quella cieca fiducia poteva sostenerli.

Preso dal risentimento e da quei gesti meccanici, la sua attenzione fu richiamata da piccoli tonfi provenienti dalla sua destra. Erano leggeri e cadenzati, inconfondibilmente dei passi. Non si mosse, proseguì nel suo lavorare, ma tutti i sensi erano all’erta, pronti a farlo scattare. Il rumore cessò e lui poteva giurare che qualsiasi cosa lo avesse emesso, ora lo stava fissando. Erano passi troppo tenui perché fossero di qualche compagno, ancor meno di una bestia che frequentasse quelle zone.
Il rumore riprese, ora quasi impercettibile, e pareva allontanarsi. Lui sollevò lo sguardo e non notò nuove presenze. Sia alzò, ergendosi in tutta la sua possanza, e raggiunse un varco tra le rocce, laddove provenivano quei passi.
La vide allontanarsi, una figura esile fasciata da un’armatura lucida, una spada lungo il fianco destro, adagiata sopra uno strano manto piumato.
Quel immagine lo infiammò: doveva essere un cavaliere, proveniente dai territori limitrofi, abitati dagli umani. Ne aveva visto fin troppi di profili simili; si erano anche prostrati a supportarli, per poi essere traditi ed esiliati nuovamente tra le inospitali montagne.
La rabbia lo pervase; imbracciò la poderosa spada e cominciò a correre contro la sconosciuto, la velocità che aumentava ad ogni passo, in una carica feroce. Gli fu addosso in pochi istanti e lo investì, colpendolo con una spalla talmente forte da scaraventarlo diversi metri più in la, addosso alle rocce.
«Pessima scelta, umano».

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RECORDARE
Preces meae non sunt dignae,
sed tu, bonus, fac benigne,
ne perenni cremer igne.

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Il colpo fu duro; si ritrovò a terra, avvolta in un nugolo di polvere. Aprì lentamente gli occhi e vide di fronte a se la creatura di prima. La colpì l’imponente altezza e la prestanza fisica, e nuovamente le parve intagliato in quelle rocce attigue.
Quello la scrutava, la spada sguainata alla sua destra, e prese a ridacchiare, un suono greve, ben lontano dall’esprimere divertimento. «Ma sei una donna!» esclamò. Lei lo guardò stizzita e s’issò in piedi, studiandolo con attenzione. Lo sguardo di lui mutò a quel gesto, le iridi si dilatarono appena, come se fosse colto di sorpresa. Chiunque lei fosse, non poteva essere un semplice essere umano. «Cosa cerchi straniera?» le domandò, immobile nella sua posizione. Lightning continuò ad osservarlo, ignorando la domanda posta. «Cosa sei?» chiese di rimando. Quello sgranò gli occhi, incollerito, e tuonò: «Cosa sono? Vuoi dire chi sono!». Si sentì insultato da quella richiesta; lei, come tutti gli altri della sua specie, li trattavano e consideravano come se non fossero nient’altro che bestie. «Sono Gurmuth, un mezzosangue. - proseguì - Sono stato generato da una cosina come te» le disse, alludendo al suo esile corpo. Lei lo guardava perplessa, non aveva mai sentito parlare di quelle creature. Lui ghignò, interpretando la sua esitazione per paura. «Magari sarai tanto fortunata da scoprire se hai le ossa sufficientemente forti per metterci al mondo» le disse, cominciando ad avanzare nella sua direzione.

Si mosse rapida, estraendo con gesto fluido la spada, che fu percorsa da una scarica elettrica, bordandola di un alone luminoso. Veloce si avventò sul mezz’orco, menando un fendente in direzione del suo fianco. L’impatto generò scintille; pur andando a segno la consistenza della sua pelle era mutata: sembrava un’imponente statua di granito, intagliata rozzamente nelle pietre tra cui viveva. Lui fissò la ferita, come se quella crepa non riguardasse il suo corpo. Lo sguardo però tradiva quella compostezza: irato volteggiò la spada, colpendo il terreno a pochi centimetri dalla donna. L’impatto generò una voragine nel suolo, che cominciò a sgretolarsi sotto i piedi di Lightning, facendola cadere rovinosamente a terra.


scheda003
CONFUTATIS
Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

scheda003


Gurmuth la fissò con rabbia crescente. Il fianco gli doleva appena, ciò che lo preoccupava era la scarica malevola che l’arma della donna aveva generato. Sputò nel terreno, stendendo nuovamente la spada lungo il fianco. Avanzò verso di lei, ponendosi al bordo del piccolo cratere che aveva creato.

«Voi esseri umani siete tutti uguali» grugnì in tono greve. «Piccoli e insulsi, credete di essere i soli esseri superiori su questo mondo».
Lei lo fissò con disgusto, issandosi nuovamente in piedi. «Non mi riguarda» ringhiò come risposta. Il mezz’orco scoppiò in una risatina di scherno, simile a dei sassi che si sgretolano. «Boriosa creatura… ti credi perfetta in quel tuo piccolo involucro di carne?». Sputò nuovamente a terra, ma un rivolo di saliva rimase attaccato alle labbra, colando lungo il mento. Passò l’avambraccio sopra la bocca, pulendosi, per poi esporre i denti squadrati ed irregolari in un sorriso sprezzante.
«Per cosa combatti ragazza? Per chi combatti?» le domandò.
«Combatto per il mio Re» rispose, senza distogliere lo sguardo dalle iridi di pece del mezz’orco. Un lampo attraversò quegli occhi, che si strinsero in un’espressione rabbiosa.
«Il tuo Re? Io e i miei compagni, la mia famiglia, abbiamo tutti combattuto per il Re di voi umani, il Re che non perde mai. E guarda dove ci ha condotti!» concluse, allargando le braccia per mostrare il deserto di roccia che li circondava. Lei lo fissò perplessa «Il Re che non perde mai?».
La guardò di rimando «Che c’è bambina? Non conosci il nome di quel vile bastardo? Per lui abbiamo lasciato le nostre case, per lui abbiamo imbracciato le nostre armi, abbiamo marciato sotto il suo nome e questa, questa è stata la sua ricompensa».

«Ci ha traditi!» tuonò incollerito, e la sua voce vibrò nell’aria «Senza pensarci due volte ci ha flagellato, senza distinzione per chi lo aveva seguito!».
Lei ascoltava, rapita da quelle parole, totalmente nuove alle sue orecchie.
«Lui e tutti voi non siete altro che dei traditori, e come tali da noi sarete trattati». Fece vibrare con un gesto gretto la grossa spada nell’aria e concluse: «Meritate la morte».


scheda004
LACRIMOSA
Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.

scheda004


Così impari che ogni mondo, per quanto diverso, ha il suo sovrano, il suo Dio. Come il tuo Dio che hai amato e per cui hai combattuto, il Re che non perde mai è stato il Dio di quel mondo.
Ti rivedi, splendido e splendente, nel cielo infinito librarti temuto e rispettato, scontrarti contro tutto quello per cui hai vissuto. Uno sconfitto, un emarginato, cos’hai di diverso da tutti questi mortali?
Samael, la tua risposta sta nella domanda.


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SANCTUS
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt coeli et terra gloria tua.

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Il mezz’orco irrigidì i muscoli, pronto a ricominciare. Non tenne conto di come si può muovere chi nel suo stesso nome porta il fulmine: Lightning gli si scagliò contro, la spada sguainata nel ferino balzo, la bocca spalancata in un ruggito feroce, rimbombante tra le rocce come il tuono che segue il lampo. L’arma prese a bordarsi ancora, ma questa volta non era più la scossa scintillante; si trattava di un cupo rosso, che andò ad orlare l’acciaio affilato.
Con il viso ancora contratto dall’urlo rabbioso gli atterrò di fronte, fendendo la spada, caricando un poderoso colpo che abbatté nel fianco del mezz’orco. Quello non si mosse, impietrito dal suono che ancora gli rintronava nella mente. L’arma gli penetrò nella carne, procurandogli una notevole ferita, ma appena lo ghermì la richiamò a se, facendola vorticare sopra la sua testa, piegando le ginocchia, e la fendette nuovamente verso il suo petto, questa volta di taglio; ancora andò a segno, ma il gesto destò Gurmuth, che ringhiò e mentre lei girava su di se, pronta ad affrontarlo ancora, lui frappose la pesante spada, intercettando la traiettoria del nuovo colpo. L’impatto fu forte, dividendo i due guerrieri uno dall’altro. Entrambi avevano il respiro rotto e rapido, e si scrutavano con evidente rabbia e disprezzo; ambedue giudicavano l’avversario un’immonda creatura da eliminare dal proprio cammino.
Il mezz’orco si scrutò il busto, analizzando le ferite. Non parevano eccessivamente profonde e il fastidio procurato non lo preoccupava granché. Sollevò gli occhi, con sguardo truce, incontrando quelli della ragazza, e ringhiò sommessamente. Quel discorso si stava protraendo più a lungo del previsto. Strinse la grossa mano intorno all’impugnatura dell’arma e senza preavviso si slanciò verso la guerriera, e di nuovo sembrò unirsi all’ambiente circostante, come fosse un’immensa frana. Le fu addosso in pochi istanti e subito cominciò a menare veloci fendenti: si abbatté nel suo fianco, ferendola, per poi vorticare la spada, cercando di colpirla nel lato opposto del corpo. Lei si piegò appena, digrignando i denti per il dolore provocato dalla ferita; mosse repentina la sua spada, generando con il gesto improvviso uno spostamento dell’aria, che smorzò il fendente del mezz’orco, contrastandone la potenza.
Di nuovo si trovarono separati; Lightning gettò una rapida occhiata al suo fianco, che cominciava a impregnarsi di sangue. Il dolore era la sensazione più detestabile che avesse conosciuto, la più irritante che avesse provato: la fitta pungente, il fiato che si smorzava; tutto quello era come uno schiaffo in piena faccia da parte della sua natura mortale. Sentì la rabbia e l'insofferenza montarle nel petto; tornò con gli occhi su quelli di pece del mostro dinnanzi a se, stretti in un’espressione irata. Il petto di lei si sollevava condizionato dal respiro frequente, stanca dallo scambio di mosse; lui non mostrava segni di affaticamento, il respiro fuoriusciva ugualmente raspante dalla sua gola.
«Ora basta. » disse la giovane, facendo vibrare con uno scatto la spada. «I tuoi affanni non mi riguardano, creatura disgustosa. Il vostro insulso mondo mi ripugna». Dall’impugnatura dell’arma si propagò una nuova scarica, che la lambì, donandole una bordatura di intensa luce. Scattò in avanti e il mezz’orco la attendeva concentrato; quando gli fu di fronte fece una rapida rotazione su di sé e spostandosi al suo fianco fendette la spada, colpendolo di taglio nella nuda pelle del collo.


scheda003
BENEDICTUS
Benedictus qui zenit
in nomine Domini.

scheda003


L’urto dell’arma della donna fu doloroso; non fu tanto la lama che gli lacerò la carne ad arrecargli sofferenza, quanto la scossa che la avvolgeva, che gli pervase il corpo, facendogli cedere le robuste ginocchia, che impattarono al suolo. Un forte calore si cominciò a propagare intorno alla ferita, e il sangue caldo prese a colare dentro la pesante armatura.

In ginocchio in mezzo alla melma maleodorante; Gurmuth era incredulo. La donna lo stava sopraffacendo, lo aveva piegato e mandato nel fango, che da una vita cercava di rifuggire. Il liquido caldo che gli inzuppava l’armatura, colando dalle ferite inferte, man mano che sgorgava era sostituito dall’odio. Cieco, cupo odio, feroce rabbia che gli attraversava i nervi, irrigidendo i muscoli, aumentando secondo dopo secondo il battito del cuore. Le pupille gli si dilatarono, mentre il poco di bianco visibile s’iniettava di scuro rosso. Insieme al cuore cresceva il ritmo del respiro, un gorgogliare sempre più pesante, che culminò in un bestiale ruggito. S’issò in piedi, nonostante la massiccia mole, come posseduto da una forza esterna che usava quel corpo come una marionetta. Si voltò verso la guerriera ma non parve neanche rendersi conto di chi o cosa avesse di fronte a se: portò la spada, che era ben salda nel grosso pugno, sopra la testa ed emettendo nuovamente un tremendo frastuono si scagliò addosso, fendendo la spada di fronte a se.

Per un istante Lightning incrociò quegli occhi e una fitta di paura le colpì lo stomaco: erano vitrei, come se niente più abitasse quel corpo se non una cieca, irrazionale rabbia.
Cominciò ad abbattersi contro di lei con furia indomita, fendendo con forza la spada. Lei indietreggiò, arrancando nei massi sporgenti, mentre con la sua arma cercava di ripararsi. La forza del mezz’orco era come duplicata e lui, orbo, volteggiava la spada, privo d’intento, cercando unicamente di neutralizzare l’avversario.

Lo scambio era rapido quanto folle e Lightning fu lentamente schiacciata dalla potenza di Gurmuth. Il suo corpo non poteva sostenerne la forza e incassava i colpi che gli procurarono diverse ferite, nonostante la sua spada cercasse di contrastarne l’efficacia.
Una sporgenza, un masso, e cadde a terra. Sbarrò gli occhi, mentre lui le incombeva al di sopra, pronto a sferrare l’ultimo colpo. Un lampo, l’arma ancora ben saldo in mano; d’istinto la fendette in direzione delle caviglie del mostro.

Ruggì e cadde, con un tonfo più simile ad un crollo.

Lei si alzò, scrutando il mezz’orco che stava disteso a terra. L’ampio petto si sollevava a rapidi intervalli, il viso era contratto nella prima espressione sofferente. Si avvicinò e gli poggiò la punta della propria spada nella gola. Entrambi erano provati dallo scontro, entrambi i corpi mortificati da numerose ferite. Il silenzio che li circondava era rotto solo dal raspare del loro respiro ansimante. Lui la fissò, lo sguardo perso nel ghiaccio degli occhi della donna. Scivolò lungo l’armatura finemente lavorata, sporca di polvere, fango e sangue, sino alla spada di acciaio. Per la prima volta notò l’incisione a forma di fulmine nel coccio dell’arma.
Rimase immobile, fissando la creatura che troneggiava su di lui. Questa non parlava, si limitava a fissarlo con astio palpabile: ogni parola sarebbe stata inutile.

scheda004
AGNUS DEI
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem sempiternam.

scheda004


Perso nei pozzi oscuri dei suoi occhi, vedi il tuo riflesso. Che n’è rimasto di te, bianco serafino? Non sei forse stato posto tu stesso in quella condizione, abbandonato nella melma, la spada della mortalità puntata alla gola, pronta a trafiggerti da un momento all’altro? Osserva quella creatura, guarda dove l’ha portato il suo risentimento, la sua ira. In cosa i suoi sentimenti differiscono dai tuoi? Loro ti schiacceranno nuovamente a terra, strappandoti tutto quello per cui hai combattuto. Imbraccia quelle catene Samael, sentile come delle spire che avvolgono la tua pelle. Fa diventar loro la tua forza e quelle ti condurranno al tuo destino.

Communio
separatore
LUX AETERNA
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux aeterna luceat eis, Domine.

separatore


Dall’incisione della saetta si propagò lungo la lama una scarica luminosa, che la avvolse, diramandosi nei bordi affilati. Il mezz’orco ripercorse la lunghezza della spada sino a incrociare gli occhi della donna, che riflettevano quella luce, emettendo quasi lo stesso bagliore. Con un rapido gesto della mano, conficcò l’arma nella gola del mostro, che latrò appena, mentre copioso sangue sgorgava dalla ferita. Guardò quegli occhi scuri sbarrarsi, farsi man mano vitrei, privati dell’anima. Levò la lama, che produsse un secco suono, per poi volteggiarla e, piegando le ginocchia, andò a colpire di taglio il collo del mezz’orco, separandogli la testa dal corpo.

S’issò, osservando il sangue che colava verso l’elsa della spada. Gettò uno sguardo alla creatura priva di vita ai suoi piedi, il respiro ancora rotto dallo sforzo. Se questo era il genere di creatura che avrebbe incontrato nel suo cammino, incrociarne più di una in contemporanea avrebbe segnato la sua fine.
Rinfoderò la spada con un leggero movimento della mano. Doveva tornare indietro, crescere dentro quel personale inferno, per poi elevarsi ancora al posto che le spettava. Lentamente riprese a camminare, tornando sui suoi passi, scendendo dalla montagna, in direzione dei territori umani; voltò il capo, osservando l’imponente montagna che si allungava verso il cielo, e il corpo di Gurmuth destinato a prendere parte per sempre alle sue care rocce.
Promise a se stessa che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe dato le spalle alla sua libertà.

mostro-2


NOTE

Il mio primo scontro autoconclusivo, yeah! E' stato un parto, e mi scuso se la lunghezza appare eccessiva, ma credo sia proporzionata al combattimento.
Il mostro scelto fa parte della schiera dei barbari dell'occhio di Gruumsh, un mezz'orco guerriero, con il dominio "Forza del Toro", e con 5 pergamene assegnate: Carica furiosa, furia, voragine, concentrazione e berserk (che ho considerato per lo più come abilità personale, visto quanto scritto nella descrizione dei mostri).

Aggiungo una schema riassuntivo dello scontro:

1 - GURMUTH Carica furiosa (-10);
1 - LIGHTNING Presenza angelica (abilità razziale),
Effetto attivo dominio Incantaspade (-5);
2 - GURMUTH Concentrazione (-10),
Voragine (-5) » danno basso;
2 - LIGHTNING Urlo del guerriero (-5),
Effetto esplosivo (-20) » danno alto;
3 - GURMUTH Carica furiosa (-10),
Furia (-5) » danno basso;
3 - LIGHTNING Parata (-10),
Signore della folgore (-10) » danno alto;
4 - GURMUTH Effetto attivo dominio Forza del Toro (-10),
Berserk (-10) - causa danno medio - » danno medio;
4 - LIGHTNING Signore della folgore (-20) » danno critico.

Mi sono presa la libertà di calcolare il raddoppio del danno ne "il signore della folgore", basandomi selle statistiche del mezz'orco/guerriero: la sua perm infatti, su cui si basa l'attacco in questione, dovrebbe essere anche meno della metà di quella di Samael.
 
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view post Posted on 8/5/2012, 10:59
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CITAZIONE
Interpretazioni e Ragionamenti. Voto: 7
Notevole, veramente notevole. Mi è piaciuta moltissimo la caratterizzazione di Gurmuth, che trasmette benissimo la sua frustrazione nell'essere stato guerriero di Ray. Al contrario della maggior parte degli autoconclusivi dove i nemici tendono ad essere una macchietta da combattere, il tuo è vivo e con una buona personalità. Complimenti.
Paradossalmente però, il tuo Pg sembra meno caratterizzato dell'orco! Sinceramente credo sia dovuto allo stile di scrittura che essendo con chiare tendenza auliche ed elevate è un po' straniante. Comunque non preoccuparti perchè anche così non è affatto uno pseudo droide che combatte e basta. Giudizio senza dubbio buono.

Movenze e descrizioni. Voto 6.5
Anche qui, nulla di particolare da segnalare. Utilizzi un linguaggio abbastanza alto attraverso cui si può comunque comprendere tutta la dinamica dell'azione. Solo un appunto: ogni tanto utilizzare un linguaggio simile ti ha fatto cadere in composizioni nei periodi particolarmente pesanti da leggere, oppure -ma capida solo poche volte- ci sono degli errori con brutte ripetizioni. Per farla breve lo stile va bene, ma devi ancora perfezionarlo per renderlo più scorrevole e meno pesante, e per questo serve solo una cosa: esperienza.

Abilità e lealtà. voto 5-
Questo è invece il punto dolente della valutaizone: sarebbe andato tutto bene se non fosse stato per un piccolo, grave errore: utilizzare la regola del raddoppio. I mostri delle fazioni non possiedono una tabella con le caratteristiche fisiche, e proprio per questo raddoppiare la potenza delle tecniche è un errore notevole, perchè praticamente infliggi il doppio del danno senza esserne legittimata. E poi anche se fosse possibile, il tuo avversario è un mezz'ordo, guerroero, forza del toro. Perchè lui non dovrebbe raddoppiare su di te le sue pergamene basate sulla peRF? A parte questo comunque, va tutto bene!

Voto e commento finale: 6.5
E' uno scontro di un buon livello, ulteriormente migliorabile con l'esperienza. Mi sono preso la libertà comuqnue, dato l'immane ritardo nella correzione, di assegnarti un piccolo bonus poichè proprio per il duello in corso ti è stato impedito di aprire altri combattimenti e migliorare ulteriormente.
Per dubbi, considerazioni, varie ed eventuali, MP.
250 Gold a te. 125 a me.

 
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