I Leoni dell'Eden III L'attacco
Il tempo sembrava volare, persa com'era nella mente essenzialista di Elryl, la Shire purosangue dal candido manto. Durante tutto il viaggio, dove lo scenario cambiò forma ed il miasma sembrava sempre più cupo e denso, il sorriso non abbandonò mai il volto di Desiderio. Ella rideva nel conversare con Elryl e sussurrandole le risposte le sue mani si perdevano nel morbido crine, che come onde di un mare, le cadevano sul collo forte e possente. Desiderio non si accorse del tempo passato, ne del passaggio di confine, ne dei volti dei compagni, Desiderio non si accorse di nulla se non della propria assurda ilarità. Poi un cambiamento nei movimenti fluidi di Elryl, un odore pungente ed acre nell'aria, ed il vento sembra portare via con se mille pianti. Vide sotto il suo corpo i muscoli contratti e tesi, le orecchie spostarsi indietro e gli zoccoli, rivestiti di morbido pelo, battere con talmente tanta forza da sembrar sprofondare. E nel vedere tutto questo, la piccola indifesa Desiderio, ebbe paura.
I passi proseguirono lungo la dura terra, i respiri si spezzarono e l'odore forte del sangue aleggiò nell'aria. Tutto attorno solo morte e silenzio, ed i corpi straziati che immobili giacevano riversi al suolo. Le case di legno sembrano spettri, sulle loro vesti, pesanti chiazze di sangue ormai secco. Sparse ovunque viscere e membra di uomini finalmente liberi. Il suono dei sette destrieri cessò e per un istante tutto sembrò immobile. La prima fu Lady Alexandra, smontò da cavallo e così ordinò al resto del gruppo. Nell'aria tante parole, parole che la mente di Desiderio non riuscì a catturare, troppo era l'orrore ed il disgusto che la bimba provava in quel momento. Con le mani strette al collo di Elryl ed il volto nascosto nel folto crine, lasciò che tutto scomparisse, che quegli odori nauseabondi abbandonassero il suo corpo, che quelle immagini lasciassero la sua mente. Ma quando aprì nuovamente gli occhi niente era cambiato, i corpi giacevano statici e l'odore di sangue aveva saturato completamente l'aria. Gli alberi, piano, cantavano la morte.
Gli ordini risuonarono chiari, avrebbe dovuto esplorare quel villaggio fantasma e al tramontar del sole essere lì. Era abituata a seguire gli ordini, sua sorella gliene imponeva sempre tanti, ma era piacevole assecondarla. Persa nei suoi pensieri Desiderio venne destata dalla dolce voce femminile che flebile le si avvicinò – Ciao. Ti ricordi di me? Sono Spancer... Ci siamo incontrate a Velta. Penso che potremmo fare squadra insieme.- Come avrebbe potuto dimenticarla. Fra tutte quelle ombre la sua era quella più viva, quella più concreta. Ed ora poteva darle anche un nome. Annuendo docilmente Desiderio le sorrise e si incamminò silenziosa quando Spancer annunciò a Lady Alexandra la decisione di percorrere la zona est del villaggio. Lo scenario non migliorò, gli alberi alti cantavano di morte ed il vento trasportava le urla dei caduti. Urla di anziani sopraffatti, di bimbi senza più futuro, di uomini e donne senza più paure. Urla silenti talmente forti da riecheggiare in un campo aperto. Lunghi brividi percorsero la schiena della druida, brividi che non si arrestarono nemmeno quando le due giovani esploratrici entrarono nel primo edificio, una fattispecie di granaio dove al suo interno non vi erano altro che cibarie ben impilate le una sulle altre, divise per specie e per conservazione. Desiderio si tenne alle spalle di Spancer, come lei aveva comandato, le tre sorelle sempre al loro posto, non sapendo se di armi si potevano trattare. Mentre la compagna si voltava per proseguire l'esplorazione, sicura dell'inoffensività del luogo, Desiderio raccolse una sacca di pelle poco distante dai suoi piedi e con calma cominciò a riempirla di ogni genere di alimento. Non sapeva dove quel viaggio avrebbe potuto portarli, ne se quella precauzione si sarebbe rivelata inutile, ma come aveva detto Lady Alexandra, ormai ai quei poveri abitanti non sarebbe più servito nulla. Sistemò con cura gli incarti di carne essiccata, facendo attenzione a non inalarne troppo l'odore, formaggi stagionati, barattoli di sottaceti e frutta secca. Sistemò in pratica tutto ciò che avrebbe potuto apportare a lei e al resto del gruppo una gran quantità di energie. La sacca ormai era colma e sistemandosela sulle spalle, più due sacche contenenti del vino rosso che legò al fianco destro, prese anche lei l'uscita per entrare nel secondo stabile. L'odore di chiuso, misto a quello di erba tagliata e terra smossa, era pungente. Nella stanza vi erano attrezzi da lavoro, tutti ordinatamente sistemati seguendo una routine, un ordine prestabilito così da facilitarne il ritrovo per un secondo utilizzo. Un routine ormai spezzata. Le due ragazze superarono velocemente il secondo stabile non trovando niente di utile per il viaggio.
Un rumore di carne masticata, di saliva che placida cola sul legno, di carcasse smembrate che lente danzano sotto i morsi avidi. Prima di tutto vennero i suoni, poi l'odore disgustoso di decomposizione le investì come una nube tossica. Di istinto dovette portarsi una mano alla bocca e con l'esclamazione di Spencer capì che nemmeno per lei quella situazione era piacevole. Sporgendosi leggermente dalle spalle della compagna intravide una creatura bitorzoluta, bianca come la malattia, che non con fauci ma con un becco osseo divorava con gusto carne rancida. Si guardò velocemente intorno e ne contò dieci, ne ebbe conforma da Spenser che tremante le suggerì di dividersele non appena vide che fameliche e veloci si dirigevano verso di loro. Acconsentì silenziosa e dividendosi dalla compagna, con le sacche che si muovevano con ogni irrigidirsi dei muscoli, preparò le tre sorelle ad affondare e dilaniare. Aveva provato ad entrare in comunicazione con loro, ma le risposte gutturali e la continua corsa verso le sue calde membra, non promettevano nulla di buono. Lo scontro non fu dei più impegnativi, ma la bimba non abbassò mai la guardai perché delle sue capacità conosceva ancora ben poco.
Le larve corsero fameliche, la bava lenta colava imbrattando il pavimento con quella strana sostanza densa. Non appena la loro inusuale velocità le portò a pochi passi, stese teatralmente il braccio davanti a se e con mano aperta Desiderio evocò l'unico suo dono di cui era in grado di dare forma, ed il suolo lento tremò. Con uno schianto le assi di legno vennero spaccate e dalle loro ferite ne fuoruscì istantaneo un groviglio di rovi, che intrecciandosi si erse in difesa della sua evocatrice. Su di esso si schiantarono tre dei cinque larvoni, che arrestarono, almeno per il momento, la loro corsa. Gli altri due riuscirono a cambiare strada all'ultimo raggirando l'ostacolo dalle due parti opposte, al centro le attendeva Desiderio. Bastò solo calcolare il momento esatto e quanto le due creature, con fauci aperte, si avventarono sulla donna, lei flettendo le gambe balzò verso il soffitto. Sotto di lei le creature si scontrarono ferendosi reciprocamente ed emettendo un suono stridulo, come di unghie che graffiano il vetro. Desiderio atterrò sulle due creature e con forza conficcò i due artigli nelle teste traslucide delle due larve. Fu come scoppiare una grossa bolla, una sostanza appiccicosa, forse sangue, uscì copiosa dai tre fori di ciascuna creatura imbrattando le mani chiuse a pugno della donna. Scivolò giù dai due cadaveri, lasciandoli contorcerli alle sue spalle, pronta ad affrontare gli altri tre. Con un balzo si arrampicò sull'enorme muro di rovi che instancabile continuava a crescere e a fortificare le sue fila. Sotto di lei le tre larve all'unisono continuavano a dilaniare le basi del rovo, indebolendolo sempre più, sarebbe stata questione di poco ed il muro avrebbe ceduto sotto i loro morsi. Da quella altezza Desiderio riuscì a scorgere la propria compagna, prima che un lampo illuminasse a giorno la stanza fu allora che si lasciò scivolare sul muro diretta propria sulle tre teste che ignare continuavano a mordere. Con il piede steso sfondò il cranio della mezzana, mentre alle altre due, svegliasi con l'urlo stridulo della compagna ormai morta, non venne inflitto destino migliore. Con le tre sorelle macchiate dal nero sangue delle larve, infilzò il cranio delle due continuando la loro corsa per tutta la spina dorsale arrestandosi soltanto quando i piedi sporchi di Desiderio toccarono il duro del pavimento. Le braccia ricaddero sui fianchi, il cuore lentamente arrestava la sua corsa frenetica, e l'adrenalina piano lasciava il suo corpo. Un piede davanti all'altro e l'infante si apprestava a raggiungere la propria compagna mentre alle sue spalle il muro dei rovi lento crollava alzando un polverone. - Direi che possiamo proseguire, usciamo di qui, la puzza è insopportabile. -
L'ultimo edificio si riscontrò essere un deposito di armi, armi che mai nessuno avrebbe impugnato, armi che non servirono alla popolazione per difendersi dall'attacco dei Molti. La stanza era sicura, se ne sincerò Spancer e proprio da quella stanza vide la compagna prendere due fucili e sistemarseli sulla spalla, mentre si trascinava dietro il pallido cadavere. - Bene, direi che qui siamo a posto. Possiamo tornare al campo a riferire dei nostri sopralluoghi. - Mentre Desiderio seguì la compagna la sua attenzione fu catturata da due barilotti, uno di fianco all'altro. Con cautela si avvicinò, risistemando la sacca del cibo sulle spalle e facendo attenzione alle due sul fianco, ne stappò una e ne osservò il contenuto. Polvere in granuli neri. Con una mano, pulita grossolanamente alla veste strappata, toccò la polvere se l'avvicinò al naso ma non la riconobbe. Decise quindi di richiudere il coperchio e di prendere un barilotto lasciando a Lady Alexandra la sentenza se fosse utile o meno. Le due ragazze camminavano, un poco distanziate, ma insieme tornarono col sole che placido le baciava le spalle. Fu Spancer a rompere il dolce silenzio che si era creato fra le due. A Desiderio piaceva il dolce suono del silenzio. - Io volevo chiederti... Siccome c'eri anche tu, quella volta a Velta. Hai idea di cosa potrebbe essere questo?- Spancer le mostrò la cicatrice e Desiderio, per quanto dispiaciuta, non seppe che parole usare. La guardò dritta negli occhi e schiudendo le labbra violacee le disse - Vorrei poterti essere d'aiuto amica mia, ma di quel giorno io ricordo solo il dolore dell'incubo. Temo ancora oggi di assopirmi per paura di ritrovarmi in quel buio assoluto. - Avrebbe voluto aiutarla, ma anche lei di dubbi e domande ne aveva fin troppe.
[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]
Stato Fisico - - Illesa Stato Mentale - - disgusto, agitazione. Energia - 95% Equipaggiamento - Le tre sorelle, ben salde.
Abilità Passive -
Abilità Attive - « La carezza della Madre » Il druido evoca davanti a se un muro di rovi spinosi, che si alza crescendo dal terreno, proprio come una vera pianta, scavandosi la strada fra la terra, o la roccia, o di qualsiasi terreno si tratti. Le piante crescono relativamente molto velocemente, inerpicandosi verso l'alto e intrecciandosi a formare un denso muro spinoso, così da non lasciare spazio fra un rovo e l'altro, divenendo alto fino ad un massimo di tre metri in pochi secondi. Il druido può creare questo muro ad una distanza massima da lui qualche passo, ma può renderlo particolarmente ampio. Il muro è sempre in movimento, nel senso che, anche cresciuto completamente, continuerà ad intrecciarsi, muoversi, riformarsi. Resterà comunque poco resistente, essendo appunto composto da arbusti, e non sarà difficile crearsi un varco, nonostante tutto, meglio ancora se grazie a magie e incantesimi. Vale come scudo di livello medio, ma non può essere utilizzato contro gli attacchi fisici, poiché attuerebbe countermove, ferendo gli attaccanti. Costo Medio[Pergamena Muro di Rovi]
Note - Nessuna in particolare se non.. scusate per il combattimento ma di recente ho visto Sucker Punch.
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