Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

I Leoni dell'Eden ~ Ecologia

« Older   Newer »
  Share  
Foxy's dream
view post Posted on 15/4/2012, 14:17




gif

Non era ancora abituata alla presenza di quelle mostruosità sul rudere di Velta.
Alcune in terra a raccattare macerie, altre a salvare il salvabile di quel materiale oramai inutilizzabile. Sollevò lo sguardo sulle impalcature erette attorno al troncone frastagliato, e non poté che rimanere stranita dallo spettacolo che le si palesava. Abbarbicati come primati sulla Torre Spezzata poteva riconoscere diverse creature similmente umanoidi. Facendo uso degli innesti meccanici sui loro corpi sopperivano alla mancanza di falegnami, fabbri, muratori e carpentieri con discreta maestria, non mancando di una relativa ed inquietante comicità nel loro essere mostruosi. I più piccoli e inefficienti invece, i meno utili alla grande opera di costruzione, erano castigati all’ingrato compito di manovalanza; ma poco importava, perché della loro volontà non restava nulla, neppure il più acerbo dei frutti o il primordio di un germoglio.
Sulla groppa del possente Cursed avanzava divincolandosi tra la fiumana di quel che un tempo costituiva un vero e proprio pericolo per l’Eden nonché per il Sorya. Rappresentavano il tradimento, l’ambizione, lo strumentalismo. Le avide mani di Doctor si erano mosse sui loro corpi devastandone la naturalezza, veicolandoli verso un’abietta perfezione.
Sospirò mesta. Nonostante ella stessa era stata l’autrice della caduta della Flotta, non riusciva a placare quel brivido freddo lungo la schiena. Rimanere inerme a loro stretto contatto, fiancheggiarli non più da avversaria - ma neppure da alleata, a ben pensarci. Poteva udire i fiati caldi contratti dallo sforzo fisico, i passi grevi sul manto erboso ovattarsi in un tonfo chiaro e impossibile da non distinguere. Tutto di quella situazione destava in lei un’estranea sensazione di allarme, ma mise tutto a tacere con uno sforzo di volontà, volgendo le proprie attenzioni al prossimo obiettivo.
Non se ne avvide neppure quando costeggiò il baratro che infilzava la terra gravida di dolore per raggiungere le radici dell’Eden. Sulla larga passerella avorea la attendeva Donovan con le cavalcature che aveva richiesto per il viaggio, Shire purosangue, i migliori che cavaliere possa desiderare.

« Perchè cinque destrieri? Tre erano più che sufficienti. »
Esclamò senza neppure salutarlo, ma apprezzando in ogni caso l’operato di quell’uomo non più in età per combattere al fianco dei giovani Sorya, e ciononostante disposto a dare il proprio contributo - seppur infinitesimale - alla causa.
« Mia Regina, probabilmente riceverete un piccolo aiuto non previsto.
Ho supposto che un paio di spade in più non possano che aiutare. »

Replicò il vecchio guerriero in un indistinto moto d'orgoglio, aizzato dall'esperienza sui campi di battaglia e dai burrascosi trascorsi.

Meditabonda la donna tacque, soppesando ogni sua parola prima di controbattere fredda.
« Di chi si tratta? »

« Nulla di eccezionale in fondo, una coppia di gemellini alla ricerca di qualcosa - forse neppure loro sanno in realtà cosa. » la voce profonda, rifratta nel ricordo e nella considerazione dello stesso « Li ho incrociati al villaggio di Marimya, dove ho comprato i cavalli che volevate. Ho parlato loro di questo posto, del Sorya. » tentò di nascondere un mezzo sorriso già mascherato dalla barba canuta e ben curata « Non so però cosa abbiano deciso, ma nell'evenienza mi sono premunito. »

« Hai fatto bene. I Leoni sono nati ma sono ancora troppo pochi per rimettere ordine in questo caos. »
Alexandra smontò da cavallo con la solita metodicità di cui poteva far vanto. Ogni orpello della sua armatura tintinnava, e ad ogni falcata era un nuovo sferragliare. Lentamente passò in rassegna gli animali, non trovando però alcun difetto che valesse la pena di recriminare all’uomo.
« Davvero dei begli esemplari, non c’è che dire. » le sfuggì « Piuttosto, gli altri invece? »

« Esattamente come mi avete ordinato.
Per alcuni non è stato affatto facile, tutta questa segretezza ha collimato col buonsenso di molti nel tempo, ma in un modo o nell’altro sono riuscito a consegnare loro il messaggio. »


Ammise sincero. Il parere di un uomo che poco ancora aveva da imparare, e che in vita aveva visto molto, troppo per dedicarsi alla serenità di una tranquilla casa in campagna, una stalla e un orticello del quale vivere, una buona moglie, e perché no? Dei figli se il cielo avesse voluto. Desideri a cui avrebbe voluto dar voce, abbracciare per posare un po’ di quiete su un cuore in frantumi. Ma per quanto si sforzasse, il richiamo all’arcano del Sorya era forse un amore ben più profondo del sogno più delicato e soffice che cuore possa bramare.

« Bene! » la Regina si voltò, non mancando di una visuale panoramica della fosca ambientazione « Non ci resta che aspettare. »



QM's PointBenvenuti a questa giocata, che si prepone di essere l'inizio di una campagna abbastanza ampia. Spero di divertire tanto quanto mi divertirò, non deludendo le aspettative di nessuno.

In questo primo post dovete semplicemente raggiungere Alexandra e Donovan alle porte del Sorya, approssimativamente avanti alla famosa passerella. Avete libertà assoluta sul come il vecchio guerriero ha contattato i vostri pg, volendo potete anche usarlo autoconclusivamente, a patto che lo facciate coerentemente. Il suo allineamento è sommariamente neutrale, con un forte senso di rispetto per la gerarchia e le sue dinamiche (se volete altri dettagli non dovete che chiedere). Non distante dalla passerella la Flotta Icaro, ormai schiavizzata dalla malia di Velta, tenta di ricostruirla. Avete libertà anche nell'utilizzo di questa componente d'ambientazione. Ai due personaggi seguono cinque cavalli di razza shire (due sono per Goodness, dato che tecnicamente ha due pg), che saranno le vostre cavalcature per il resto della quest.
Potete riconoscere Alexandra per il fatto che è annoverata tra le S+ come "Regina senza Regno", mentre chi è del Sorya - e avvezzo ai suoi meccanismi - la potrebbe conoscere meglio come "Mastro di Chiavi". Liberi anche qui.

Spero di aver detto tutto. Avete 5 giorni di tempo. Buon lavoro! ^^
 
Top
Esiziale
view post Posted on 16/4/2012, 16:10




Non possiamo portar via più di quanto avevamo alla nascita, anzi bisogna lasciare gran parte di ciò che abbiamo in questa vita: sarai spogliati della la pelle, protezione esterna; sarai spogliato della carne e del sangue prezioso che scorre nel tuo corpo; sarai spogliato delle ossa e dei nervi, che sostengono le tue parti fluide e delicate. Questo giorno che temi come ultimo è il primo dell'eternità.
Seneca, Epistulae ad Lucilium, 102



Alle porte del Sorya, nuovamente.
Era impossibile uscirne, come un gigantesco labirinto si ripiegava su se stesso, annullava le possibilità di successo e annichiliva le menti, ti condannava a finire fra le fauci del mostro che lo abitava. E lei Teseo senza un rosso filo di Arianna fuggiva dagli artigli crudeli di quella fiera senza nome, ben lungi dal riconoscere di essere lei stessa il terrificante Minotauro. Eroe valoroso e spietato bandito allo stesso tempo. Si fece schermo con la mano, accostandola alla fronte per proteggersi dal sole e rimase immobile a fissare la sagoma di ciò che rimaneva dell'antica Velta e della sua imponenza.

Quando il signor Donovan l'aveva trovata era seduta in silenzio a masticare un pezzo di qualcosa simile a carne secca, dalle dubbie proprietà nutritive, un bel sorriso di chi è soddisfatto per il proprio pasto. Vivere della pietà degli altri non la metteva in difficoltà, si spostava verso nord-est rigorosamente a piedi e sola. Gli anni nei boy scout l'avevano abituata a quel genere di vita, dotandola di capacità semplicemente incredibili come accendere un fuoco. E pensare che lei li aveva odiati con tutta se stessa i boy scout.
L' aveva osservata, curioso dall'alto del proprio destriero e per qualche strana motivazione le aveva rivolto la parola come se sapesse che lei era proprio la persona che faceva al caso suo in quel momento.

Il Sorya e Lady Alexandra hanno bisogno di te.



Ma credo ce la faranno benissimo anche senza, gli rispose sarcastica senza neanche alzare gli occhi dalla punta delle scarpe di pelle massacrate dal lungo peregrinare. Sarebbe dovuta accorrere perchè il Sorya aveva bisogno di lei? Non diciamo sciocchezze, solo il pensiero di avvicinarsi nuovamente a Velta le instillava nel petto quel tipo di paura da fare gelare le ossa ed il sangue nelle vene. L'uomo aveva sospirato paziente e Spencer si rese conto che probabilmente stava elaborando uno di quelli scaltri stratagemmi di una volta per convincerla a seguirlo nuovamente nel cuore dell'Eden.

No, questa volta no.
Non so cosa sia questo Sorya e non voglio averci nulla a che fare!
Vi sembra forse che io abbia il fisico del guerriero? Che io possa essere capace di fare qualcosa per il vostro Sorya?


Alzava gradualmente il volume della voce, mentre la rabbia le lievitava nel petto. Alzò lo sguardo e fissò il povero malcapitato negli occhi. L'incontro con Hocrag, gli uomini ombra e con quella cosa che risiedeva sopita nel suo petto l'avevano shockata. Comprensibilmente. Storse il naso e riprese a parlare, furibonda.

Io non voglio saperne nulla. Davvero, mi dispiace; sarete così gentile da trovarvi qualcun altro che vi lavi i panni sporchi, messere.



Per un attimo temette che l'uomo sfoderasse la lunga spada che portava al fianco e la puntasse alla sua gola, ponendo fine ad ogni tipo di discussione. Invece quello si limitò a sorridere freddamente e a girare la possente cavalcatura, parlò senza nemmeno degnarla di uno sguardo: fissava l'orizzonte , seguendo con gli occhi il profilo della strada che si snodava fra i colli boscosi e spogli.

Tra tre giorni, alle porte del Sorya.
Ne riceverai una soddisfacente ricompensa, non temere.



Poi se ne andò così com'era arrivato, la spessa cappa che ondulava nel vento.
Sì, avrebbero aspettato piuttosto a lungo se sarebbero rimasti lì per lei.

Tanto non ci vengo.
Bofonchiò.



Alle porte del Sorya, nuovamente.
Cercò stancamente quell'uomo che tre giorni prima l'aveva contattata e lo individuò alla base della passerella in marmo, in compagnia di un'altra figura non identificabile, non da quella distanza almeno. Si avvicinò lentamente, cosa le era saltato in mente, esattamente? Avrebbe dovuto continuare per la propria strada senza ripensamenti, senza nemmeno porsi il problema.
Eppure si trovava lì a spiare la Flotta Icaro al lavoro, vita pulsante nel cuore morente del clan; delle ombre, del male di qualche giorno prima non vi era nessuna traccia.
Il sangue Sorya che scorreva nelle vene di Spencer aveva risposto alla chiamata, era stato un istinto quasi un capriccio a convincerla infine. Messer Donovan aveva visto giusto nel richiedere il suo intervento.


This is Spencer! (I Don't Care.)
Psyche: Regolare.
Soma: Regolare.
Capacità Nerd:

ReC 325 || AeV 225 || PeRf 100 || PeRm 30o || CaeM 200



Armi e Armature: Joystick, Casco e Grandpa's Bowls.
Abilità Passive: Resistenza Nerd.
Abilità Attive: //
Note: Ho sfruttato Donovan come PNG, spero di averlo reso in maniera corretta. E mi scuso per il post un po' piatto, ma nelle partenze sono sempre un po' scarsa.
Modificato codice.


Edited by Esiziale - 16/4/2012, 20:22
 
Top
Nahenia
view post Posted on 18/4/2012, 09:07




I Leoni dell'Eden I
La chiamata



Il fiato ormai corto si infranse rumorosamente nell'aria, disegnando flebili sbuffi di vapore, mentre le gambe stanche continuavano la loro corsa senza meta nel cuore della sua foresta. Le molte foglie tetre drappeggiavano la terra scarna, come fossero un antico tappeto persiano, sollevandosi nell'aree per poi ricadere morbide al suolo. Tutto attorno solo silenzio. E l'infante corre, accompagnata dal dolce cantare del vento, suo fratello, e dal sinuoso battere d'ali delle cupe farfalle. Gioca l'infante con la sua foresta, corre e si nasconde, ride del suo divertimento, ma alla fine come ogni bimbo, torna esausta dalla madre. Le sale in grembo, sprofonda il volto perlato dal sudore nei suoi capelli e lì ne ruba l'odore avara. La stringe forte e quieta si assopisce. E Desiderio si lascia cullare, i rami, non ancora fioriti, le sfiorano la pelle accarezzandole i lunghi capelli e stringendola in un abbraccio amorevole. Si perché se anche quella figlia le è costata così tanto, lei la ama. Il silenzio si fa intenso, Desiderio non sente più l'ululare del vento, ne il serpentino cantare della crescita, Desiderio dorme beate fra le braccia della madre.

Passano solo poche ore e la bimba si sveglia, spalanca le braccia e sbadiglia compiaciuta, gli occhi color del vento brillano. Guarda innamorata la madre e sorridendole, appoggia la schiena sul suo morbido petto, che altro non è che l'incavano rivestito di edera, e lì guardano insieme il mondo che cresce. Desiderio si prende fra le mani lunghe ciocche di perla e distrattamente ne liscia le onde morbide, districandole dall'edera nera che come orpello aveva usato per impreziosirsi i capelli, facendo attenzione a non spostare il bianco teschio sulla sua testa.
Poco lontano un rumore e due profumi che si intrecciano. Uno lo riconosce, ma l'altro le risulta estraneo. Scivola giù, l'infante, saluta la madre e ricomincia a correre, impaziente di raggiungere la sorella.

- E' certa il Mastro di Chiavi? Stanno tornando? - la voce ferma di Xandra risuonò in tutta la raduna ed il suo interlocutore, un uomo segnato da molte battaglie nel corpo e nello spirito, si limitò ad annuire con un distinto movimento del volto. - Comprendete la delicatezza del compito e la fiducia che la mia Regina ha riposto in quella fanciulla - tuonò la voce grave del cavaliere, come a voler terminare lì il discorso e nel momento in cui Xandra schiuse le labbra Desiderio, in tutta la sua candida figura, comparse. - Ecco la vostra fanciulla cavaliere Donovan. Guardatela bene, perché è così che l'arruolerete . Ne armature, ne armi porterà con se, solo il suo diafano corpo e una sventura dopo l'altra. Ecco la figlia del Sorya. - ecco la sentenza di Xandra, si abbatté nell'aria carica di sarcasmo, ma ormai rassegnata all'inevitabile viaggio di Desiderio. Forse proprio perché sicura di ciò le si avvicinò poggiandole una mano sul volto pallido, per vedere schiudersi un sorriso e poche parole. - E vostra sorella. -Xandra sorride piano, guarda Desiderio, una bimba spaurita con le ginocchia sporche di terra e la veste strappata in più punti da quella sua natura che cresce rigogliosa, corre morbida sul ventre, stringe i seni e sembra voler custodire gelosamente la sua femminilità. Sorride piano Xandra nel vedere che quella donna non è ancora pronta. - E' questa la fanciulla che cercate cavaliere Donovan, non credo potrà esservi d'aiuto, ma la Regina senza Regno ha chiamato e noi risponderemo. - disse in tono solenne la guardiana, ora giratasi a guardare fisso negli occhi quel vecchio cavaliere. Desiderio rimase immobile a guardare il loro silenzio farsi pesante, poi prima ancora di poter proferire parola, il cavaliere si congedò, ricordando alla guardiana la puntualità.
La guardiana si raccomandò, accompagnando Desiderio solo per una parte del suo tragitto, di portare rispetto al Mastro di Chiavi e di servirla al meglio. Dopo averle accarezzato il volto la congedò indicandole la strada per arrivare alle porte del Sorya, e le promise che al suo ritorno avrebbero mangiato insieme fra le braccia della madre.
Desiderio cammina, coi piedi scalzi, nel fitto della foresta accompagnata dalle solite farfalle che leggere le volano attorno. Cammina l'infante per quel sentiero che la conducerà alle porte del Sorya, alla sua chiamata.


Biondi i capelli ed il viso d'angelo. Scintillante l'armatura e imponente la nera cavalcatura. La Regina senza Regno si ergeva superba eppure umile, in tutta la sua beltà. Desiderio tituba, si avvicina di malavoglia, si sente schiacciare e vorrebbe starle lontana, ma il rispetto che Xandra le ha insegnato, impone un inchino. E Desiderio si inchina, la cascata di capelli le scivola di lato toccando il terreno pestato, e così vi rimane dinnanzi la Regina senza Regno e il cavaliere Donovan.
- Ecco a voi la vostra serva -

di-LPA4
di-JOQK
[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]


Stato Fisico -
- Illesa
Stato Mentale -
- Tranquilla, lieve soggezione
Energia
- 100%
Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -

Note -
Speriamo di aver iniziato col piede giusto! In primis spero di aver usato in maniera corretta il png e gli appellativi di Alexandra, e secondo... scusate l'esiguo post...

di-4K09


 
Top
Goodness
view post Posted on 20/4/2012, 15:51




Forse nei territori orientali o quelli meridionali, è lì che El ha avuto la brillante e fulminante idea di fermarci in un villaggio qualsiasi per rubare il necessario per altri tre giorni. Non ero davvero convinto di farlo, o meglio c'era una parte di me che lo voleva, perchè i bisogni di El sono anche i miei. Ma El no, insisteva e insiste ancora che i soldi sono troppo importanti, troppo per sprecarli in viveri. E tra l'altro, dice, se fossimo stati più silenziosi ce l'avremmo fatta e nessuno se ne sarebbe accorto, ma tu no, continua alzando il tono di voce, tu e le tue stupide promosse e onori da guerriero della luce o che cavolo è. Ora mi devi dire chi ce la fa a continuare a camminare con questa fame, El mi urla nelle orecchie, visto che sei tanto convinto perchè non chiedi alla tua stupida e defunta gilda se mi da un pezzo di pane? Le arterie di El fioriscono fuori dalla gola come rose rosse, la sua isteria è a un livello irragiungibile e ora come ora la cosa peggiore che possa fare è replicare. Tanto lo so che stai pensando Aron, riesco a leggere nella voce di El i battiti veloci e forti del suo cuore, starai dicendo nella tua stupida testolina, El punta la testa alla mia e urla ancora, ma sono tutti morti El, non possono offrirci da mangiare, è impossibile. Allora genio, El non smette di urlare, è arrivato il momento di fartene una ragione e di toglierti dalla mente tutte quelle stupide chiacchere da bamboccione, e di trovare un modo dignitoso per poter vivere. Sembra proprio che El abbia finito, perchè comincia a piangere. Mi chiama stupido e piange, stupido Aron dice singhiozzando, perchè dobbiamo sempre rischiare la vita, dimmelo, e piange ancora. El sta solo cercando nei suoi ricordi qualcosa che può procurare pianto o tristezza, quello che sta farfugliando adesso non ha alcun collegamento con l'amarezza, nell'animo El sta piangendo soltanto perchè ha bisogno di sfogarsi. Non riesce a capire che è un bisogno naturale dell'uomo. E per lei capire questo è contronatura, per una come lei che vede tutto o bianco o nero è qualcosa di inconcepibile. Lei è felice e curiosa di quello che stiamo per fare esattamente come lo sono io, e sta provando lo stesso brivido di avventura che provo io, solo che lei non riesce a trattenerlo e quindi tenta di mascherarlo con dei rimorsi. El è stata contenta e sorpresa come me quando abbiamo incrociato quell'uomo mentre correvamo via con dei pani rubati che ci ha spiegati del Sorya, ed è rimasta affascinata come me quando lui ci ha invitati in quest'esperienza. Ed è stata coerente come me quando gli ho promesso che ci avrei pensato. E adesso è d'accordo con me se stiamo andando con i cavalli che ci ha dati l'uomo verso il punto d'incontro.

littleworldh


Ci aveva fermati l'uomo, aveva fermato prima El che correva e poi me. Ci ha detto che avremo fatto meglio a restituire quei pani, perchè è cosi che si prende la cattiva strada. El ride a questi ricordi cosi vicini, El ride anche quando pensa che gli abbiamo anche raccontato che abbiamo bisogno di rubare per vivere. Ed è in quel momento che El blocca la risata, perchè in quel momento avrebbe preferito di non continuare la conversazione. In quel momento, l'uomo ci ha chiesto cosa volevamo dalla vita. E io, Aron, ho detto l'avventura, ed El, contemporaneamente, ha detto la felicità. E allora l'uomo sorrise, e ci raccontò del Sorya come se fosse la nostra casa scomparsa da sempre. E ci chiese di raggiungere un luogo. E io gli ho promesso dandomi il mio onore da guerriero della luce che ci avremo pensato, e intanto nella mente già immaginavo come sarebbe stato questo Sorya. Dopo nemmeno un'ora infatti, io ed El eravamo sugli splenndidi cavalli dal manto marrone e nero, partendo dal villaggio di Marimya diretti a Samarbethe. E terminato questo pensiero, dopo che El si è asciugata le lacrime e si è calmata, ci fermiamo. El ed io smontiamo dai cavalli e ci rendiamo conto di essere arrivati, al cospetto della Regina senza Regno.


Fisico_Illesi
Psico&mente_ Normali.
Armi_ Imad, Akram, Ahmad.
Energia_100%
44% - 22% - 11% - 6%.
Abilità Passive_[Passiva Elfica, compagno animale - El - può essere usato in combattimento]
[Passiva personale - Capacità di portare con se compagni animali più pericolosi di un lupo]
[Passiva - il compagno animale utilizza le stesse attive del pg, sfruttando la sua energia]
[Passiva - contatto telepatico tra Aron ed El]
[Malus - ad ogni danno fisico subito dal compagno animale corrisponde un danno psionico della stessa entità per il personaggio]
Abilità attive utilizzate_
Pensieri: ^^
Edit: Errori di digitazione


Edited by Goodness - 20/4/2012, 21:04
 
Top
view post Posted on 23/4/2012, 16:05

season of mists
·······

Group:
Member
Posts:
6,569

Status:


[…]

Il bosco era silenzioso.
Sembrava quasi trattenere il fiato, sotto la luce della luna.
Strange se ne accorse in quel momento, anche se erano diversi giorni che vagava dentro di esso.
Solo quando tese veramente l’orecchio, cercando la melodia notturna della foresta, seppe che la terra taceva.
Ipotizzò per un secondo quale fosse la catastrofe che l’avesse zittita, quale fosse la lama che aveva posto fine alla vita di quelle lande tormentate.
Forse, concluse con un sorriso spento, semplicemente era lui che non era più in grado di ascoltare.
Abbassò mestamente la testa e sospirò, stringendosi nel camice.
Davanti al fuoco che guizzava vivido nella notte, si sentiva incredibilmente perso.
E non era solo perché non aveva la minima idea di dove si trovasse in quel momento.
Quell’irrisorio particolare non era mai stato importante, per uno come lui.
No, si sentiva svuotato, privato di ogni energia vitale, e soprattutto aveva paura di cosa stava riempiendo quel buco dentro di lui.
La sentiva crescere, percepiva Azure che gioiva e si diffondeva, come il cancro più terribile.
E, ne era certo, non poteva fare niente per fermarla.
Non fino a che non avesse trovato ciò che gli era stato sottratto.

<< Hai l’aria di uno che ha passato parecchi guai, ragazzo.
Ma non di uno che se li è andati a cercare.
>>

La figura lo stava guardando già da qualche minuto, le fattezze celate dall’ombra proiettata da un fitto intrico di rami e foglie sopra la sua testa.
Strange non si levò da terra, rimase con la schiena appoggiata ad un tronco e gli occhi ben fissi davanti a sé.
Si era accorto dell’arrivo dell’uomo – quest’ultimo non aveva fatto niente per nascondersi – ma non lo aveva degnato di un’occhiata.
Non era importante, per l’inventore.
Non ancora, almeno.

Dato che l’ombra non accennava a proseguire nel suo discorso, gli rivolse lui la parola, anche solo per scoprire le sue intenzioni e dargli modo di levarsi di torno.
Perlomeno non era ostile, di questo era sicuro.

<< Può darsi. >> - sussurrò impercettibilmente.
<< Che cosa vuoi? >> - e gli parve di ricevere un verso soffocato come risposta, a metà fra un grugnito di assenso e una risata soffocata.

<< Io niente.
E’ il Sorya che vuole qualcosa da te.
>>

A sentire quel nome il corpo di Strange fu attraversato da uno spasmo, dettato dalla rabbia e dalla sorpresa.
Sorya.
Conosceva quel Clan da poco, eppure gli pareva che fossero già passati anni.
Che lo avevano consumato, svuotato, trasformandolo da un terreno fertile ad uno sterile deserto battuto da venti impietosi.
Quella manciata di lettere, quei segreti svelati fra un intrico di viscide ombre guizzanti, si erano rivelati una ben magra ricompensa per ciò che aveva perso quando ne era venuto a conoscenza.
No, non ricordava nemmeno cosa si era lasciato alle spalle, eppure la perdita – ecco cosa davvero sentiva, l’assenza, il vuoto incombente – aveva lasciato solchi infuocati nella sua mente.

<< E se io non volessi aiutare il Sorya?
Potrei rifiutarmi?
>>

<< Può darsi. >> - rispose l’ombra, dopo averci pensato un attimo sopra.
Strange sentì gli occhi dell’uomo che scavavano nei suoi, quasi leggendogli la mente.
<< Ma, se decidessi di rispondere alla chiamata, fatti trovare fra due giorni alla passerella.
Sai dov’è.
>>

L’uomo si sporse dall’ombra dentro alla quale si era nascosto e un volto temprato dagli anni e dalle battaglie lo guardò per un secondo che sembrò durare un’eternità.
Poi Donovan si voltò e lasciò il Vrok da solo con i propri pensieri.

A Strange sembrò di udire – << Forse troverai ciò che cerchi >> - mentre l’uomo si allontanava, ma non seppe mai se fu davvero Donovan a pronunciare quelle parole.
Lo sospettò solamente.
Non riuscì a dormire, quella notte.

Azure, nei recessi della mente di Strange, provò qualcosa che si avvicinava molto all’autocompiacimento.
Si era stufata di vagare in quel bosco.
Era tempo di emergere dalle ombre.

___ _____ _ _____ ___


Mentre camminava al loro fianco non lo turbavano tanto i corpi, quanto i loro occhi.
Vuoti, spenti, privi di qualsiasi impulso vitale.
Opachi dischi votati ad un unico scopo.
Strange aveva una paura folle di finire, col tempo, ad assomigliare ad uno di loro.
Distolse lo sguardo dalle aberrazioni che si trascinavano a dozzine, invischiati in un arcano disegno visibile solo a loro.

Era emerso dalla foresta e li aveva visti, ancora una volta.
I Cancelli del Sorya.
Si rese conto di essere stato incredibilmente sciocco, quando si era promesso di non tornarci mai più.
Oramai, volente o nolente, l’inventore era una cosa sola con quel mistero vivente.
Intrecciato alla trama di quel Clan come lo erano quelle creature deformi e prive di senno.
Provò una tristezza infinita, senza motivo.
Gli pareva di essere sull’orlo dell’abisso, di barcollare sul ciglio del burrone.
La cosa che lo spaventava di più era che continuava a guardare volontariamente in esso, lanciando prima fugaci occhiate, poi dissetando gli avidi occhi nella sua oscurità.
Nella spasmodica ricerca di qualcosa che aveva perduto.

Si diresse verso un gruppetto di persone e di animali che parevano aspettare proprio lui, avvicinandosi alla passerella marmorea ingannevole nel suo candore immacolato.
Mai abbandonare la strada vecchia per la nuova, si sa quel che si lascia, non quel che si trova.
Quelle parole gli tornarono alla mente, sembrarono riaffiorare dalle nere profondità di un lago come orrori mai sopiti.
Era un errore che continuava a commettere, si rese conto.
Se solo fosse riuscito a ricordare dove le aveva sentite pronunciare…



Legenda:
<< Parlato Strange >>
<< Parlato Azure – Udibile solo per Strange >>
<< Parlato Donovan >>

Note: Ok, dal prossimo turno inserirò uno specchietto decente. Strange sta vagando in un bosco vicino al Gorgo, quando Donovan lo contatta. L’ho usato come png, spero di non aver fatto fail a riguardo.

 
Top
Foxy's dream
view post Posted on 24/4/2012, 19:04




gif

Tutto arrancava. Le parole stentate, le timide gestualità, persino i pensieri claudicavano su quel terreno gravido di dolore e disperazione. La tensione nei loro animi era quasi tangibile, sebbene non potesse comprenderne appieno il motivo. Anche lei diverso tempo addietro aveva saggiato la straziante angoscia che il Clan Sorya, come torbido vello, manteneva sopra i suoi ruderi nelle profondità della terra. Anche lei, probabilmente come loro, era divenuta testimone di un potere tanto arcano quanto oscuro e corrotto, e il sol pensiero le instillava ancora timore, benché l’orgoglio la spingesse a proseguire ancora e ancora su percorsi sempre nuovi.
Quanto è stato non è sempre destinato a rimanere tale, e lei prima di tutti voleva essere l’autrice del cambiamento, il monsone rinnovatore che avrebbe spinto le masse a seguirla. Una guida senza paura, un leader spoglio di sottoposti ma diversi, tanti suoi pari.

« Sono loro? » la domanda della donna rimase quasi inascoltata « Eccoli arrivati, i gemellini. » un sorriso beffardo si fece spazio sul viso del vecchio Donovan, non sparendo neppure quando abbastanza vicini dall’essere chiaramente udito « Alla fine avete accolto le mie parole. » sarcastico si accostò al destriero dal manto roano, serbando lui una pacca vigorosa al collo nerboruto « Adesso smontate però, la Regina ha da parlare. »

La paladina sbatté le palpebre, raccolse i pensieri per trarne un discorso fluido e comprensibile anche da chi lontano, distante dalle meccaniche anguste di un Clan ai confini dell’emarginazione.
« Il mio nome è Alexandra, sgraziatamente conosciuta come Regina senza Regno o Mastro di Chiavi. » sospirò piano, mesta « Vi ringrazio per essere accorsi alla mia chiamata »
Inspirò. Lasciò scivolare via ogni pensiero per trarre a sé quella gente così simile a lei nel riflesso del passato, e al contempo dissimile in quel brandello di presente.
« Qualcosa vi turba di quest’oggi, non è forse così? » con un movimento della mano fece cenno di avvicinarsi alla ragazzina spaurita ancora sulla passerella « Non avete di che preoccuparvi, non siete chiamati in causa per alcuna colpa, né vi obbligherò a fare quanto va contro la vostra volontà. » volse il capo verso colei che si era presentata come una serva « Se c’è qualcosa per cui serbo profondo rispetto è il diritto all’autodeterminazione. »
Pausa.

« Come alcuni di voi sapranno il Clan Sorya non ha più una guida, e affanna per queste lande morenti come un ricordo - un ricordo a cui presto subentrerà la dimenticanza. » cominciò enfatica « I Predatori di Neiru fuggono, i Molti proliferano; come potete ben vedere però, siamo riusciti a schiacciare la Flotta Icaro. » un sorriso trionfante le ornò il viso « Ciò che vi chiedo non è fedeltà o altro, non posso pretendere tanto, ma il vostro aiuto per ripulire l’Eden dal marciume che lo infesta, per tirare sotto la luce del sole questo Clan di topi e codardi: perché noi siamo Leoni, non certo luridi ratti. »

Fece un passo in avanti, accompagnata ancora dallo sferragliare dell’armatura.
« Se con poco più di un pugno di guerrieri senza nome siamo riusciti ad annichilire la forza di un intero gruppo armato. » la destra a palmo aperto indicò eloquente gli aborti malriusciti, gli instancabili lavoratori attorno a Velta « Cosa possiamo realizzare se tutti uniti da un unico ideale, sotto un unico stendardo? »
Meditabonda anch'essa concedette un po’ di tempo affinché capissero, comprendessero appieno il suo progetto, il loro progetto. Un evento che li avrebbe visti protagonisti e non muti astanti, come invece accadeva da troppo tempo ormai, il palco sempre nel pugno di pochi eletti.
« Cosa ci guadagnate? State certi che vi guadagnerete abbondantemente… e non solo in vile denaro. »

« Mia Regina, credo sia meglio incamminarsi, è pomeriggio inoltrato e presto cominceranno a calare le tenebre. L'Eden di notte non è luogo per viaggiatori, e ci vuole tempo per raggiungere le terre di Samarbethe. » la voce di Donovan la interruppe, ma non le importava, giacché aveva concluso.
Aveva detto quanto c’era da dire, altro sarebbe stato superfluo.
« ... »
lo sguardo della regina indagò sui loro visi
« Se avete dubbi o domande: ponetene ora o durante il viaggio. » perentoria « Chi ha volontà di proseguire prenda un cavallo e mi segua, spiegherò la missione che stiamo andando ad affrontare una volta giunti a destinazione, solo così potrete capire. »


Donovan tacque. Prima di montare sulla sua cavalcatura si fermò un attimo ad osservare le reazioni dei guerrieri lì riuniti, per quanto alcuni potessero essere definiti in qualunque modo meno che guerrieri. In tempi bui però, non si poteva far altro che arrangiarsi alla meno peggio, le soluzioni erano poche e non necessitavano di particolari artifici, ma archiviò bonariamente quella considerazione come il delirio di un povero vecchio, stanco della vita ma ancora legato ad essa per abbandonarla.


QM's PointEccomi qui. In questo post assolutamente di dialogo vi viene presentata l'attuale situazione del Clan, sperando di aver dato un'idea abbastanza chiara. Ogni parola di Alexandra è stata pronunciata con l'ausilio della seguente passiva di verità:

Inflection ~
Al di là della battaglia, al di là della violenza, Alexandra è anche una regina - lo era, perlomeno. Fredda, stoica, punto d'incontro tra cavaliere e regnante, di onore e virtù. La sua mente non permette alcun errore, nessuna disattenzione al suo sguardo se non quello imposto dal proprio volere. La paladina sarà immune da qualsiasi genere di ammaliamento, influenza psionica passiva, da ogni genere di inflessione che la induca a piegarsi seppur inconsciamente. E cosa dire invece della suadente parlantina? Le sue parole sono inviolabili, indiscutibili, terribilmente veritiere. Allora come poter mettere a freno la sua lingua, la sua dialettica forbita e pregna dei più valenti significati? Così come impossibile è arginare un fiume in piena, altrettanto difficoltoso è non lasciarsi coinvolgere dall'ammaliante sproloquiare della fu regina. Ogni verbo suonerà come verità assoluta e imprescindibile, ogni frase una legge alla quale credere ciecamente; in termini di gioco quest’abilità conta come un ammaliamento passivo che influirà su tutti coloro i quali ascoltano le parole di Alexandra, che andranno considerate come vere, sincere, sebbene in realtà possano nascondere l’esatto opposto, persino la menzogna più falsa. {Immunità psionica passiva; Abilità personale 4/10 | Ammaliamento passivo; Abilità personale 5/10}

Mentre le poche parole in grassetto sono state pronunciate per mezzo della pergamena "Non sono stato io!" del Ladro (sì Savior, solo per te):

Absolute truth ~
« Fui sincera, per l'ultima volta » Alexandra riesce a far sì che ogni sua espressione risulti assolutamente credibile e veritiera, pressoché indiscutibile. Tramite questa tecnica non è possibile modulare la psicologia degli uditori, ma solo rendere le proprie parole estremamente convincenti: gli avversari, infatti, reagiranno secondo l'indole dei loro personaggi, e non infliggerà loro alcun tipo di danno diretto alla psiche. {Pergamena Iniziale del Ladro: Non sono stato io!; Consumo di energie: Basso}

Dopo la sottospecie di monologo imbastito, vi viene data la possibilità di porre domande o sollevare dubbi. Se ne avete però, dovete porli durante il viaggio, poiché una perdita di tempo potrebbe portarvi a passare la notte all'addiaccio per le selve dell'Eden, non escludendo però questa possibilità (liberi di assecondare la personalità del vostro personaggio). In pratica inviatemi le domande dei vostri pg per mp o postatele sul topic in confronto (a vostra discrezione), ed io vi invierò le parole con cui risponderà Alexandra o Donovan o entrambi. Volendo, durante il viaggio, potete anche fare due chiacchiere tra voi con sequele di mini-post, od organizzando un "botta e risposta" per vie private.
Il cambio di paesaggio con i vari dettagli descrittivi potete trovarli nei rispettivi topic di ambientazione. Basti sapere che il Clan Sorya fa sede a Matkara, mentre noi siamo diretti a Samarbethe. Potete smettere di descrivere il viaggio una volta giunti nella nuova regione dell'Eden, dopodiché autoconcluderò io il resto col seguente QM's point.

Viste le relative difficoltà nell'organizzazione del post, per questo turno concedo 7 giorni di tempo più eventuali proroghe. Buon lavoro! ^^
 
Top
view post Posted on 30/4/2012, 16:26

season of mists
·······

Group:
Member
Posts:
6,569

Status:


[…]

Lui li conosceva.
E non si riferiva solo al vecchio guerriero, che riconobbe immediatamente come colui che lo aveva contattato nella foresta dove vagava, smarrito.
Nemmeno il Mastro di Chiavi era la figura più importante, in quel momento che pareva cristallizzato nell’aria.
Aveva sentito parlare di lei, molti erano coloro che sussurravano il suo nome.
Ecco un’altra cosa che odiava, del Sorya.
Tutti bisbigliavano sempre, strisciavano, mormorando nelle orecchie e nella mente.
Ma quei ragionamenti erano futili in quel momento.
No, lui osservava le due ragazze, le guardava con occhi spiritati.
Le conosceva.
Le aveva già viste.
Da lontano, di sfuggita, ma erano insieme a lui, quando era successo.
Si ricompose e fece il più grande sforzo di volontà della sua intera vita, rivolgendo la propria attenzione alla donna che parlava.
Perché, in quel momento, avrebbe voluto solo impugnare la chiave inglese e inchiodare le due al suolo.
Avrebbe voluto ridurle in fin di vita, urlando loro: “parlate, di certo sapete qualcosa, ditemi cosa è successo, ditemi cosa mi è stato sottratto!”
E invece torse il capo, vibrando di rabbia repressa a malapena, e ascoltò le parole della donna.

« Qualcosa vi turba di quest’oggi, non è forse così?
Non avete di che preoccuparvi, non siete chiamati in causa per alcuna colpa, né vi obbligherò a fare quanto va contro la vostra volontà.
Se c’è qualcosa per cui serbo profondo rispetto è il diritto all’autodeterminazione. »

Chiacchiere.
Parole vuote, senza alcuna importanza.
Eppure dentro di lui sentiva Azure premere, agitandosi inquieta.
Era stranamente interessata.

« Come alcuni di voi sapranno il Clan Sorya non ha più una guida, e affanna per queste lande morenti come un ricordo - un ricordo a cui presto subentrerà la dimenticanza. »

Dimenticanza?
A dispetto di tutto, se c’era qualcosa che Strange era sicuro non avrebbe mai scordato, quello era il Sorya.

« I Predatori di Neiru fuggono, i Molti proliferano; come potete ben vedere però, siamo riusciti a schiacciare la Flotta Icaro. »

Quindi… era quello il nome delle creature deformi che si affaccendavano intorno a loro.
Avrebbe davvero voluto conoscere le loro colpe.

« Ciò che vi chiedo non è fedeltà o altro, non posso pretendere tanto, ma il vostro aiuto per ripulire l’Eden dal marciume che lo infesta, per tirare sotto la luce del sole questo Clan di topi e codardi: perché noi siamo Leoni, non certo luridi ratti. »
Se con poco più di un pugno di guerrieri senza nome siamo riusciti ad annichilire la forza di un intero gruppo armato.
Cosa possiamo realizzare se tutti uniti da un unico ideale, sotto un unico stendardo?
Cosa ci guadagnate? State certi che vi guadagnerete abbondantemente… e non solo in vile denaro. »

Leoni e non ratti.
N o i s i a m o l e o n i.
Scandì bene le lettere, nella sua mente.
Le assaporò, per così dire, le analizzò in ogni loro minima sfaccettatura, gustò la sensazione che sentiva nel proprio cuore ogni volta che le ripeteva e, infine, arrivò ad una conclusione.
Lady Alexandra, per essere una sorta di guida del Sorya, era incredibilmente stupida.
Portatrice di quel genere di ottusità che rendeva una persona convinta di poter davvero cambiare qualcosa, nel mondo.
E lui l’avrebbe seguita, in quella insulsa crociata che si proponeva di intraprendere?
“State certi che vi guadagnerete abbondantemente… e non solo in vile denaro
Ricordi.
Voleva solo poter ricordare.

« Mia Regina, credo sia meglio incamminarsi, è pomeriggio inoltrato e presto cominceranno a calare le tenebre. L'Eden di notte non è luogo per viaggiatori, e ci vuole tempo per raggiungere le terre di Samarbethe. »
« Se avete dubbi o domande: ponetene ora o durante il viaggio.
Chi ha volontà di proseguire prenda un cavallo e mi segua, spiegherò la missione che stiamo andando ad affrontare una volta giunti a destinazione, solo così potrete capire. »

Aveva perso da tempo la speranza di poter combattere, reagire.
Non senza una parte di lui, non frammentato e confuso come era ora.
Rubata. Sottratta.
Avrebbe tanto voluto costringere le due ragazze a confessare.
Loro devono sapere qualcosa.
Ma non fece niente del genere.
Mosse un passo, poi un altro, più lentamente.
Si avvicinò alla figura che aveva visto infervorarsi, poi calmarsi e infine ancora infiammarsi al suono delle sue stesse parole.
Si avvicinò alla persona che ancora credeva di poter cambiare qualcosa.
E dentro di sé, sentì che anche qualcun altro ora si trovava d’accordo con quei vaneggiamenti.
Una persona da cui non si sarebbe mai aspettato un tradimento di tale portata.
Azure che intendeva obbedire a degli ordini?

« La differenza fra i leoni e i ratti, mastro di chiavi, è che i leoni combattono e muoiono.
E non è detto che il loro cuore abbia smesso di battere, quando accade.
Non c’è niente di glorioso in questo. »
– sussurrava anche lui, come gli esponenti del Clan che tanto odiava.
Lo sguardo perso nel vuoto, memore di orrori lontani.

« Diglielo. DIGLIELO.
Dille cosa faremo.
»

Mentre la sentiva letteralmente sbavare nella sua mente, si chiese se non stesse cercando altro che la distruzione indiscriminata o se il Mastro di Chiavi l’avesse realmente impressionata.

« Comunque sia, io… noi uccideremo per te, se necessario. »

“State certi che vi guadagnerete abbondantemente… e non solo in vile denaro
Risuonava nella sua mente, un rintocco lontano, una chiamata che non poteva ignorare.
Fece per andarsene, per avvicinarsi ai cavalli, poi ci ripensò.

« Non c’è niente di più triste, Lady Alexandra, di un leone dallo sguardo spento.
Che non ricorda più… la libertà della savana. »


Non riuscì ad avere una risposta chiara.
Ma gli bastarono gli occhi di lei che lo osservavano dapprima increduli, poi distanti.

« Ho avuto gli occhi spenti durante tutto il Crepuscolo.
E credimi quando ti dico che ho combattuto quella guerra più vicino di quanto ognuno di voi possa immaginare.
So cosa è la morte e la disperazione, le ho saggiate sulle mie carni.
Ci sono stati momenti in cui avrei preferito la prima alla seconda.
Guardati attorno: e dimmi cosa vedi? »


Non capiva, nemmeno lei.
Non si parlava di guerra, né di morte.
Come fai ad essere sicuro di ciò che sei, se non ricordi cosa ti sei lasciato alle spalle?
Chi era lui, Strange, Manipolatore Vrok?
Cosa aveva perso, nel cammino che lo aveva condotto fino a lì?
Tuttavia, una risposta la diede.
Si guardò realmente intorno, e vide la Flotta Icaro, infaticabile.
La grande vittoria del Sorya.
Ma scrutò più a fondo e vide, in quegli occhi spenti, l’essenza del Clan stesso.
E allora avrebbe quasi voluto mettersi a ridere.
Scoppiare in una grassa, falsa risata, in faccia a quella donna che credeva di poter cambiare le cose, che aveva ammaliato Azure con la promessa di combattere un nemico dopo l’altro.
Avrebbe voluto farsi le beffe del grande Clan Sorya, custode di misteri, che lo aveva reso l’ombra di ciò che una volta era, in così poco tempo.
Perché lui lo riusciva davvero a vedere.
E la visione lo disgustava.

« Abomini.
Solo questo.
»

E così evitò di essere trafitto dalla lama di Alexandra, che quasi certamente non avrebbe gradito il prendersi gioco del suo disegno, ma morì dentro, un poco più di prima.
Perché ora anche lui era uno di loro.

___ _____ _ _____ ___


Non riusciva davvero a capire che cosa ci trovassero i guerrieri, nei cavalli.
Lui odiava cavalcare.
Nei giorni che trascorse sulla groppa di quella bestia – che a detta di Donovan era davvero un magnifico esemplare – maturò quella convinzione e la marchiò a fuoco nel suo animo.
Sì, certo, la velocità aveva il suo pregio, eppure preferiva calcare il suolo con i piedi.
Se non altro avrebbe avuto la certezza di essere lui, a decidere il percorso.
Fu un viaggio strano ed insolitamente tranquillo, per certi versi.
Non si era dilungato in chiacchiere con nessuno, di quello strano gruppetto.
Meno che tutti con le due ragazze.
Non era ancora venuto il momento di parlare con loro.
Si limitava ad osservare il paesaggio, l’unica vera meraviglia fra i tanti orrori dell’Eden.
Avevano attraversato sentieri fra boschi, alcuni rigogliosi e in salute, altri marcescenti.
Erano passati attraverso radure soleggiate e paesaggi invernali.
Era quello, che stupiva l’inventore.
La coesistenza degli opposti, le due facce che quella landa poteva mostrare.
Ed infine erano arrivati.
La vita scompariva dalla terra, il suolo diventava fangoso.
Le piante diventavano rocce fredde e inanimate, tutto svaniva in una mesta tinta di grigio e marrone.
Samarbethe.





Strange

ReC 225| AeV 175 | PeRf 525 | PeRm 300 | CaeM 50



Condizioni fisiche: Illeso

Condizioni mentali: Illeso

Energia: 100%

Armi:

Chiave Inglese ~ Legata alla schiena
Confusion ~ Indossati
- Scintille accumulate: 0
Ingranaggio ~ Legato alla schiena
Ingranaggio Abbagliante ~ Riposto nel Camice

Abilità Passive:

Le stranezze dell'inventore - Up al dominio Forza del Toro
Quello dell'inventore è un mestiere duro - Elevata forza fisica + Insensibilità al dolore + Capacità di resistere a due Mortali prima di morire
Qui ci sono già io! - Difesa Psionica Passiva
Secondo test: Fusione Fredda - Resistenza Passiva al Calore: Attacchi che avranno il Fuoco come elemento conteranno come di un livello inferiore

Abilità Attive impiegate:

Note: Niente di particolare da aggiungere, se non che il dialogo è stato ovviamente concordato con Foxy.

Legenda:

« Parlato Azure - Udibile solo per Strange »
« Parlato Strange »
« Parlato Lady Alexandra »
« Parlato Donovan »




 
Top
Esiziale
view post Posted on 30/4/2012, 17:52




La osservò avvicinarsi e rivolgerle un cenno di incoraggiamento, le parole secche e forti nell'aria fresca. Il mento alto e la mascella rigida eseguì qualche passo in avanti sospettosa, poteva fidarsi davvero? Non sembrava affatto una persona malvagia, non come Hocrag o come i Vrok o come chiunque avesse tentato di avvicinarla in quel breve lasso di tempo su Asgradel. Ispirava calma e fermezza, ciò che le mancava totalmente in quel preciso momento della sua esistenza. Eppure non ci riusciva, qualcosa dal profondo del suo animo lacerato si aggrappava con gli artigli e urlava: con la Regina dal Non-Reame non voglio averci nulla a che fare. Nulla. Nulla. Esattamente come lei non voleva avere nulla a che fare con tutta quel pastrocchio di storia, come aveva già puntualizzato in presenza di sir Donovan.
Ma non importava, a quanto pareva. Il destino sembrava divertirsi molto: l'aveva gettata in una dimensione da sogno, prigione da incubo, obbligandola a divenire l'eroina che aveva sempre agognato di essere, ad impugnare lame, a vestire di bronzo. Aveva le vertigini, inspirò un paio di volte a fondo prima di pronunciare le parole che sembravano sbocciare autonomamente dalla parte sinistra del petto, dove si trovava il cuore. Il cuore di un Leone.
I passi, prima incerti si fecero decisi e marcati sulla passerella, coprì la distanza che la separava da Alexandra rapidamente degnando appena di uno sguardo il grottesco spettacolo della flotta Icaro, radunata presso Velta. Le puntò contro un dito, piuttosto lungo ed imperioso.

Ammesso e concesso che io aiuti te. Tu aiuterai me?
Potrebbe aver avuto davanti sua maestà in carica Elisabetta II in persona e non le sarebbe importato proprio niente, non aveva paura di un'altra casuale Regina.
La fissò direttamente negli occhi.
Se io ora vi seguo, desidero una ricompensa. Non m'interessa del denaro.
Voglio un faccia a faccia chiaro. Tu – o chi per te – risponderà ad ogni mia domanda, chiaramente e senza artificiose menzogne. Nessun segreto.
Altrimenti il vostro Sorya ve lo salvate da soli.


Il lieve sorriso che si dipinse sul volto della giovane la colse impreparata. Appariva piacevolmente sorpresa, come se Spencer avesse detto qualcosa di particolarmente intelligente (impossibile).

« Lo scambio non sarà univoco, affatto. »
Il Mastro di Chiavi sfiorò l'elsa della spada, per poi afferrarla con decisione. Le sopracciglia di Alison ne tradirono il nervosismo.
« La mia spada sarà la tua spada quando lo riterrai necessario, così come il braccio che la impugna. »
Sembrava distratta, brevemente persa nei propri pensieri, allentò la presa sull'arma ancora nel fodero.
« Eppure potrei mentirti, a ben pensarci. Potrei promettere, giurare, spergiurare... e non potresti far altro che credermi. » Ricambiò lo sguardo, piantandole le pupille nelle iridi castane, oltre lo scudo degli occhiali. Sembrava volesse guardarle l'anima. Fastidioso. « Ma sappi che adempierò alla promessa. Tra i Leoni non vi sono né vi saranno mai sottoposti, a meno che non sia volontà dell'individuo considerarsi tale. Io valgo quanto te e viceversa, contrariamente al pensiero comune. »



Fu così che la potente pozione – di sole parole – del meraviglioso Mago di Oz, o Lady Alexandra, convinsero Spencer Alison Johnson di avere il coraggio. Oppure, semplicemente, le permisero di farlo venire fuori. Il dito accusatore si trasformò in un amichevole palmo di mano.

Sarei sciocca a rifiutare.
Era la scelta giusta.
Sarà un piacere.
La guerriera ricambiò la stretta con vigore, spogliata la mano dal guanto metallico.
«No, sarà un piacere averti tra le fila dei Leoni. »



Una fitta improvvisa all'altezza della clavicola le annebbiò la vista, per un paio di secondi. Accorse distrattamente con una mano per carezzare la strana cicatrice che dall'incubo di Velta era rimasta impressa. Chiuse gli occhi e ritrasse la mano, improvvisamente spaventata. Sperò che non le si leggesse sul volto ciò che era appena accaduto, lo sperava vivamente.
Osservò distrattamente i propri compagni, soffermandosi per un paio di secondi in più su Desiderio, Aron ed El, visi già noti. Ritrovare i gemelli al proprio fianco le diede sicurezza e sorrise al loro indirizzo, quasi con gratitudine.
Sorriso che si spense, drammaticamente, nel momento in cui Spencer capì come avrebbero viaggiato: a cavallo. Non appena sir Donovan le condusse appresso la cavalcatura – un giovane Shire dal pelame scuro, quasi nero – la giovane comprese di essere spacciata, la sua avventura era terminata ancora prima di cominciare. La bestia, di elevata statura – quasi 1,80 cm al garrese – la osservò, dilatando le froge impaziente i denti chiusi sul morso di metallo. Secondo Alison i cavalli erano creature profondamente malvagie, punto. E la ragazza, da brava nerd qual'era non ci sarebbe salita. L'animale era sellato all'inglese, ma la sella pareva più larga e lunga, ricordando quella americana comoda per i lunghi spostamenti. Allo stesso modo finiture, morso e briglie erano quelle sottili alla maniera britannica. Nonostante la mole ingombrante era un animale tranquillo e leale.

No, io su quel coso non ci salgo.
Borbottò.



__



Erano in viaggio ormai da un paio di ore, quando Spencer cominciò ad accusare un certo indolenzimento alle natiche. Le cavalcature procedevano in fila indiana nel difficoltoso tentativo di avanzare su uno stretto sentiero che si snodava ai limitari di una fitta zona paludosa, un'aspra tensione ammorbava l'aria circostante. Le cime rocciose di Matkara avevano lasciato progressivamente spazio all'immensità della pianura, Spencer teneva gli occhi fissi sulla schiena di El, davanti a lei, nel tentativo di non pensare a nulla; operazione che le stava riuscendo abbastanza bene a dire il vero. Sentiva una certa sonnolenza gravarle sulle spalle, appesantirle le membra come fossero piombo, nel clima umido ed asfissiante. L'Eden, un vero incubo, eppure la cosa che si avvicinava di più al concetto di casa, in maniera curiosa ed innaturale. Alison non aveva mai avuto contatti con quel luogo prima del suo arrivo a Matkara qualche giorno prima, nessun ricordo né positivo né negativo. Socchiuse gli occhi e forse si appisolò, scivolando in uno stato di dormiveglia simile all'incoscienza, la testa a ciondoloni sul petto ed il collo teso e dolorante.

__



Al risveglio si accorse del netto mutare della geografia del luogo: dove prima si stendeva la piana brulla, il semi-deserto del Matkara, ora si stagliavano imponenti i profili scuri di torri ed edifici spettrali. La pietra bianca delle mura esterne baluginava appena nella luce lunare, filtrata a stento dalla fitta rete di quelli che sembravano cavi, sempre bianchi, tesi fra un edificio ed un altro.
Era una città misteriosa, immersa in un silenzio immobile ad esclusione del rumore attutito prodotto dagli zoccoli dei cavalli sul sentiero ricoperto di muschio e foglie marce.
Fu con orrore che Spencer si accorse che di pietre, per innalzare quegli immensi giganti, non ne era stata usata nemmeno una. Era una metropoli costruita dall'intrecciarsi di infinite tele di ragno, centinaia e centinaia di fili bianchi intessuti ed intersecati nel ricreare il sembiante di una vera e propria capitale. Lo spettacolo aveva un che di profondamente macabro, eppure ipnotico; neppure il senso di angoscia, annidato nel fondo della pancia, le permetteva di distogliere lo sguardo dai pinnacoli e dalle rampe di scalinate che conducevano ad anfratti e corridoi labirintici. Silenziosa si ritrasse sullo stallone, un brivido che le scendeva lungo la schiena.
Quel posto non le piaceva per niente.

This is Spencer! (Wonderful Wizard of Oz.)
Psyche: Regolare.
Soma: Regolare.
Capacità Nerd:

ReC 325 || AeV 225 || PeRf 100 || PeRm 30o || CaeM 200



Armi e Armature: Joystick, Casco e Grandpa's Bowls.
Abilità Passive: Resistenza Nerd.
Abilità Attive: //
Note: //
 
Top
Nahenia
view post Posted on 2/5/2012, 20:37




I Leoni dell'Eden II
Il viaggio




Il suono del vero scorreva in lei. I dubbi, le incertezze scomparvero col semplice schiudersi di labbra di Regina. Come poter dubitare di così tanta nobiltà? Impossibile.
Seguì con metodica attenzione ogni parola, ogni respiro ed ogni pausa, guardando le ombre già viste stagliarsi poco distanti da lei. Ne riconobbe una in particolare e le sorrise nel rimembrare il calore che tenue cominciò a vivere nel palmo della sua mano. Avrebbe voluto chiederle grazie o semplicemente parlarle, ma mai avrebbe osato interrompere una così nobile presentazione, e silente la bimba tornò ad ascoltare col capo chino e le mani intrecciate. Ma la curiosità di quel confine mai valicato la spinse a guardare ancora. Eccole le favole della buona notte, le apparvero davanti e la loro forma, per quanto ben descritta dalla sorella nelle lunghe ore insonni, le apparve mostruosa. Si sentì sopraffare dal nero paesaggio, dal rumore lontano e dal mutamento che palpabile vibrava nell'aria. Ed eccoli quei volti umanoidi così inumani, così perpetuamente schiavi. Ecco la flotta Icaru.
Ora che la curiosità dell'infante fu sfamata, il suo unico desiderio fu quello di tornare a casa, di stringersi nello statico abbraccio della madre e lì quieta giacere. Ma come avrebbe potuto tornare indietro, come avrebbe potuto tornare da Xandra, non con l'orgoglio di un leone, ma con la vile codardia di un ratto? Come una nenia quella scelta le pulsava nella mente. Ascoltò educatamente le domande dei Leoni e si beò dell'angelica voce della Regina senza Regno, ascoltò le sfumature delle loro voci, le loro motivazioni e si sentì schiacciare dalla forza che la loro voce, chiara ostentava. Poi avanzando a capo chino mostrò la bambina che era. Guardandosi la punta dei piedi sporchi di terra e le mani, che nervose spiegazzavano la veste lacerata, schiudendo le fredde labbra la bimba parlò - Mia Regina, non è per mio volere che seguo le vostre nobili cause, fu mia sorella, la guardiana Xandra, a decidere per me. - confessò con un fil di voce - Adesso mi trovo qui dinnanzi al vostro cospetto e mi chiedo se di Leone io possa trattarmi o se in me si rispecchia il vile ratto che voi disprezzate. Non ho una storia, non so cosa io sia e il perché mi trovi fra le calde braccia del Sorya. Non conosco questo mondo e neppure me stessa. - La bimba triste si confessa, teme di non essere ciò che la bella Regina cerca e cauta le rivela quel poco che ormai è riuscita a comprendere, ma non nomina mai quel nome, quel nome così amato ed odiato. Continua, questa volta le mani corrono su una lunga ciocca di capelli color della luna, screziati da argenti e da terra secca e intrecciandoli fra le affusolate dita schiude nuovamente le labbra e con gli occhi color del vento posa docile lo sguardo su quelli forti di lei. - Le mie mani tremano ed ho paura. Sento però un calore che mi riscalda il cuore e una domanda sorge spontanea. Sarò in grado di cavalcare con voi? Di calpestare lo stesso suolo, respirare la stessa aria, bearmi del vostro profumo? Io non credo, queste mani continuano a tremare ed io ho sempre paura, paura di morire prima ancora di aver imparato a vivere. - La voce della bimba si spezza ed una lunga pausa, lunga quanto il calare del giorno si apre su quella sua paura. - Io temo di non essere un Leone, ma solo un vile ratto.-
Desiderio si confessa, si mette a nudo dinnanzi a quella donna che con poche parole è riuscita a conquistarla, si mette a nudo dinnanzi a quei Leoni dagli occhi famigliari, dinnanzi a chi ballò con lei nella notte degli incubi.
La bimba sentì un calore sulla spalla vestita di straccia e di tenui rampicanti, che verdi le rivestivano il corpo, e alzando lo sguardo si perse nei forti occhi della Regina - Aver paura è naturale. Non è da ratti e neppure da leoni, è semplicemente umano. - sentì la mano chiudersi in una leggera morsa – Ma crogiolarsi in essa è forse peggio; è come morire, agonizzare. - poi il calore scomparve, la mano la abbandonò sciogliendo quel dolce contatto. - Poniti una domanda: sei davvero qui per volere dell'Inquisitrice?- un sorrise ad incorniciare l'ultima frase – Al termine di questo viaggio forse troverai una risposta. -
Risposte, tutta la sua breve esistenza era un continuo cercare risposte, ma se non per volere di lei, per chi si trovava in quel luogo? Per se stessa? No, lei non conosceva nulla e la sua utilità era facilmente discutibile. Per chi, allora, era lì?
Forse la Regina aveva ragione, forse il viaggiare con loro le avrebbe donato delle risposte. Con un inchino, Desiderio si congeda, il tempo è corso ed il prode cavaliere ne ha scandito la fine e la bimba si fa da parte con la speranza di tornare presto al suo cospetto.


Quando i suoi occhi si persero nel nero di quelli del magnifico esemplare di Shire, il cuore di Desiderio si gonfiò e come un bimbo a cui viene regalato IL giocattolo, non poté prestare attenzione ai convenevoli. Senza indugio si avvicinò all'esemplare e lì, alzando il volto, si perse nuovamente in quel mare di nero liquido. Il manto candido, non neve, ma più avorio sembrava brillare al contatto con l'aria e la criniera, come onde in movimento, scendeva fluida sul lato destro.
Come un amante guardava la creatura, gli occhi le brillavano ed emozionata allungò la mano verso il muso affusolato dell'animale. Percepì serenità mista a fierezza con una punta lieve di fastidio. Desiderio che ormai si era persa in quel suo mondo, che ormai non controllava più le mani che avide si beavano di quel morbido toccare, lasciò che la voce uscisse ed in un bisbiglio chiese – Ti da fastidio vero? - la risposta venne subito dopo e senza indugio le mani piccole della bimba andarono a togliere il freddo morso, tinto dal verde della saliva, dalla bocca dell'animale. Con esso tolse le redini, che lasciò cadere al suolo, e sorrise al grazie silenzioso.
Non volle insistere l'infante, ma aveva proposto al destriero che se solo avesse voluto gli avrebbe tolto sella e ogni specie di imbracatura, ma lui non acconsentì. Il fastidio era passato ed allora la piccola Desiderio, bramosa, salì sull'imponente cavalcatura. Il mondo le parve differente, tutto appariva più piccolo, più contenuto e il sentire quel cuore che forte pulsava, quei polmoni che si riempivano d'aria, sentire la vita che scorreva sotto di lei, tutto attorno a lei, le sembrò semplicemente meraviglioso.
Meraviglioso fu il dolce dondolio, il viaggiare silenziosi e raccolti e come una culla perenne risvegliarsi in fine in un buio costellato da sinuose ragnatele.
Un buio pieno di nuovi inizi o così sembrò agli occhi della giovane Desiderio, la quale guardava estasiata quel mutarsi di scenario, quel cambio di estenuante deserto, col nero prepotente del nuovo. E qua e là rumore di piccoli passi, di menti precoci, di cuori ormai persi. Ecco il regno dalle molte braccia.

di-LPA4
di-JOQK
[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]


Stato Fisico -
- Illesa
Stato Mentale -
- Tranquilla, lieve soggezione
Energia
- 100%
Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -

Note -
stendiamo un velo pietoso.

di-4K09

 
Top
Goodness
view post Posted on 3/5/2012, 18:18




El ed io non siamo mai state persone coraggiose. Non siamo leoni nel nostro modo di fare e non lo saremo nemmeno in futuro. Nulla di noi due è o sarà particolarmente eroico. Io ed El in fin dei conti siamo solo dei sempliciotti che hanno visto sempre con realismo le cose e che, in un modo o nell'altro sono sempre riusciti ad adattarsi al mondo che girava e si trasformava intorno a loro. Siamo riusciti per anni a plasmare per anni la nostra vita in un modo confuso e bizzarro. Per esempio, il guerriero della luce una ferita la chiama punizione. Per conto mio, sono cresciuto per anni credendo che se mi facevo male era perché avevo fatto qualcosa di dannatamente sbagliato e, di conseguenza dall'altra parte del mondo una persona è morta o ha perso il lavoro. Se un essere umano si rompeva il dito in un'incidente, per i guerrieri della luce era una normale punizione giustificata da parte degli Dei. E con questo, anche senza saperlo, gli anziani dei Guerrieri della Luce avevano eliminato dalla tua testa l'idea del libero arbitrio. Tutto era la conseguenza dell'altro, la tua vita non è altro che la vita di tutti. Se tu decidi di buttarti giù da una torre, era perché gli Dei hanno deciso di punirti nel peggiore dei modi. Tu, essere umano, sei un sacrificio. Per i Guerrieri della Luce il dolore era il fulcro della vita. Per non far avvicinare i giovani al sesso, gli anziani della Gilda raggruppavano i membri della comunità intorno ai quindici anni e gli facevano assistere a un parto. Pensavano che le urla, il sangue e il sacrificio ma sopratutto la sofferenza di una nascita sarebbero riusciti ad allontanare dalla testa di centinaia di adolescenti il significato della parola sesso. E avevano ragione. Per anni e anni, generazioni di Guerrieri della Luce erano cresciuti con l'idea della creazione come qualcosa di brutto, orribile, pieno di sangue e di urla, con del viscido che esce dappertutto e un dolore lancinante che ti strappa a morsi le corde vocali. Appena un ragazzo guardava negli occhi una ragazza o una donna, non osservava una persona, ma una copia simile a quella femmina che un paio di settimane fa stava generando un nuovo membro della comunità davanti agli occhi spaventati di lui e di altri dieci bambini. Quando penso al sesso, io ed altri migliaia di Guerrieri della Luce defunti, pensiamo al dolore. Non dico che essere cresciuti con l'idea che il coraggio è sinonimo di fantasia sia bello, dico solo che non è il mio forte. Tra parentesi, ci hanno beccato mentre rubavamo dei pani.



El è triste perchè pensava che avrebbe visitato il Sorya. El dice:
"Perchè a noi? Noi non siamo Leoni."
El ha ragione. A volte El parla per me.

"Non sarete Leoni, ma pensavate davvero di guadagnarvi il diritto ad una casa semplicemente recandovi alle sue porte?
Se oggi farete un buon lavoro otterrete una casa e dei fratelli, protezione e qualcosa per cui lottare."

Donovan guarda la Regina senza Regno, il pericolo vivente di Asgradel, una regina che di regina ha solo il nome. O almeno cosi sembra. E lei ci guarda.
"La Regina ha parlato ponendo le sue condizioni, a voi la libertà di scegliere."
Donovan e La Regina guardano me ed El, El guarda me, io guardo El. La libertà è sempre un peso, dico ad El. E' tuo compito indossarlo, dice El.
"Abbiamo alternative?"
El sorride. El dice: Hai fatto la scelta giusta per questa volta, Guerriero della Luce.
-
Spencer, la ragazza dal passato oscuro, è dietro El e la sta fissando da un pò di tempo. Forse da quando ci siamo messi in cammino. Mi sta mettendo in disagio mi dice El, fa qualcosa. E controvoglia, faccio rallentare lo Shire di qualche passo, giusto il necessario per guardare negli occhi la ragazza.

"Ciao Spencer. Il mondo è proprio piccolo, non è vero?" Sei proprio un saggio Aron, dice El ridendo.
"Non dargli troppo peso Spencer, El è solo contenta perché finalmente avrà un riparo dove potrà sistemarsi i capelli in santa pace. Non è cosi El?"
Sei proprio un bastardo Aron, dice El.
Davanti agli occhi di El, davanti a noi di alcuni passi, si apre Samarbethe. E' cosi grande che non sembra vera, dice El.
E' cosi fredda che non sembra vera, urla El.

E Nel silenzio e nel boato, i cinque soldati continuano a camminare, uno dietro l'altro. Davanti a loro c'è una radura o una palude, o un pò e tutti e due che li invita a procedere senza paura. Per migliaia e migliaia di passi, si sente solo l'eco degli zoccoli dei cavalli timorosi, e lo sbattersi dei denti di El per la paura. Sembra la favola di Hensel e Gretel. La casetta di marzapane, le briciole di pani e i passerotti, i due fratelli abbandonati a loro stessI, l'ambiente inospitale, la strega cattiva che li vuole mangiare con inganno. Peccato, dico, che questa non è una favola.



Fisico_Illesi
Psico&mente_ Normali.
Armi_ Imad, Akram, Ahmad.
Energia_100%
44% - 22% - 11% - 6%.
Abilità Passive_[Passiva Elfica, compagno animale - El - può essere usato in combattimento]
[Passiva personale - Capacità di portare con se compagni animali più pericolosi di un lupo]
[Passiva - il compagno animale utilizza le stesse attive del pg, sfruttando la sua energia]
[Passiva - contatto telepatico tra Aron ed El]
[Malus - ad ogni danno fisico subito dal compagno animale corrisponde un danno psionico della stessa entità per il personaggio]
Abilità attive utilizzate_
Pensieri: Esiziale, Aron è venuto a salutare il tuo pg (visto che si conoscono) N.D.R: Territori Orientali - Kamakala
Ma non mi sono preso troppe libertà. Per il resto, ho seguito le indicazioni.
 
Top
Foxy's dream
view post Posted on 6/5/2012, 09:41




gif

Aveva risposto a tanto, incoraggiato, interrogato. Era quello il dovere di un leader, o il folle vaneggio di chi ansioso di procedere solo nella notte, fra le tenebre e gli incubi gravidi d’inconsci timori, laddove il sospiro mesto della solitudine aleggia venefico, ammorbando il più razionale dei senni? Aveva sconfitto le sue paure più grandi, aveva vinto il suo drago fino a diventarlo ella stessa. Giunti al vertice non si poteva che precipitare, e lei ormai era lì, su un baratro d’incertezza. Passo dopo passo sul ripido pendio ostentava sicurezza e noncuranza, trascurando volutamente che la sua caduta sarebbe stata catastrofica non per lei sola, ma per tanti altri suoi simili che avevano creduto in lei, alle sue parole, al suo grande disegno.
Ancora una volta, come se quel tormento non facesse che ripetersi di minuto in minuto ripercorrendosi a più riprese sotto varie angolazioni, dovette calciare via ogni paura per avanzare sul sentiero tracciato da lei e per lei. E non il cambio di panorama, non le verdi colline lese ora da sozza fanghiglia commista a lerciume, non le ragnatele setose tra le fronde dell’oscura vegetazione, bensì un passato buio e ancora ricco di interrogativi, sebbene l’evidenza dei fatti si fosse mostrata lei rude e spietata come il filo consunto di una mannaia.

« Da questa parte. »
Donovan ruppe il silenzio che si era venuto a creare mettendosi in testa al piccolo gruppo.
Conosceva quelle lande a menadito, ogni guado, ogni sentiero appena battuto sul molle terreno, ogni varco attraverso i promontori rocciosi ricoperti di moribonda vegetazione, a stento riconoscibili a un primo sguardo.

Superarono un fiume le cui torbide acque esalavano lo sgradevole tanfo della putrefazione, e dopo qualche ora di passo sostenuto giunsero ai confini di un borgo malmesso.
« Oldbon. Quale follia può spingere un uomo a vivere in un posto simile? »
Le parole della regina si persero nello scalpicciare degli zoccoli sul selciato della via principale,
dirimpetto al lugubre profilo delle costruzioni immerse nella fitta selva tutt'intorno.
« Vivono qui perché non conoscono il mondo di fuori. »
commentò il vecchio
« E in verità non lo vogliono conoscere neppure.
Per paradosso le insidie naturali di questa regione offrono loro protezione; solo ora che i Molti sono ovunque stanno avendo problemi. »

La regina si volse verso la combriccola alle sue spalle.
« Potete smontare adesso. »
Ella per prima.


Tenendo ancora Cursed per le redini, avanzò fino a portarsi nuovamente in testa al gruppo. Poi si fermò appena quaranta metri dopo, e lo spettacolo che le si rivelò fu terrificante.
Sulle facciate in legno delle case erano distinguibili scie di sangue secco e raggrumato, le porte scardinate e abbattute con foga si aprivano agli orrori che erano stati consumati al loro interno. Frattaglie umane un po’ ovunque tra il mobilio dissestato, i corpi mangiucchiati da bestialità senza nome o identità, i visi contratti in espressioni di terrore puro. Ogni asse sembrava trasudare sangue e malvagità, come se per osmosi, almeno una stilla infinitesimale della fiumana scorsa tra le vie e i viottoli, fosse attecchita in qualcosa di squisitamente materiale a monito di quanto accaduto.

« È decisamente peggio di come me l’hai presentato. »
Esordì la paladina sottovoce, in ossequioso rispetto per le vittime del massacro.
« Ecco la furia dei Molti, ecco cosa ci accingiamo a combattere. »
Persino un uomo della sua tempra non poteva esimersi dal commentare un simile scempio, conscio però, di come ogni reazione è scatenata da azioni in un inanellarsi continuo e perfettamente logico.
Forse evitabile, forse no. Forse non importava ora che il passato era oramai andato.

La Regina si voltò nuovamente passando in rassegna i volti dei partecipanti alla caccia.
« Come potete vedere, oltre i confini del Sorya le cose vanno male. »
esordì limpida e sincera, ammettendo implicitamente le proprie colpe: l’inettitudine prima fra tutte
« Questo è l’ultimo villaggio attaccato dai Molti, null’altro che fameliche bestie figlie della corruzione di loro padre: il Kishin. » afferrò la spada e la trasse via « Il nostro compito è estirpare il seme germinato in questa regione, un nido dopo l’altro. » proseguì veemente « Oggi ci tocca vendicare la morte di queste genti. Più in là nel tempo, le altre. »

« Per questa notte ci accamperemo qui, agiremo con la luce del sole domattina. » impartì stoica, constatando l’ora tarda del pomeriggio « Riprendete fiato, riposatevi. Mancano poche ore al tramonto. Passate in rassegna abitazione dopo abitazione. Dobbiamo avere la certezza che questo luogo sia sicuro prima di abbassare la guardia. »

« Io mi occuperò delle costruzioni a Nord, voi potete dividervi in squadre – Donovan, dai loro una mano. » sollevò il mento, astratta dalla ripugnante realtà che la circondava « Come credete. » bissò secco « Per quanto potrebbe apparirvi meschino: razziate quel che potrebbe esserci utile domattina. »
E voltandosi definitivamente, nascose un brivido che la scosse, allontanandosi di buon passo tra lo sferragliare dell’armatura, le redini nella sinistra e la lunga bastarda nella destra.
« A questa gente non serve più. »




QM's PointOk, perdonate il ritardo. ^^'
Senza indugiare oltre ecco in sostanza cosa accade nel post.

Giungendo ai limiti del villaggio di Oldbon vi rendete conto della situazione. La morte sembra essere passata impietosa sull'intero borgo, e nessuno è apparentemente sopravvissuto; infatti il silenzio è assoluto e i segni delle violenze perpetrate sono ovunque.
Dopo aver ricevuto le indicazioni sommarie sulla missione, ricevete degli ordini, che potete però adempiere o meno nelle modalità che riterrete più opportune. In termini di gioco inviatemi - per mp o sul topic in confronto - le vostre intenzioni ed io vi metterò avanti a determinate situazioni, in relazione alle vostre azioni.
Oldbon è costituita da una trentina di costruzioni perlopiù in legno, venti delle quali abitazioni di media grandezza, abbastanza per ospitare comodamente da tre a quattro persone. Le restanti sono depositi per viveri e armi (ovviamente nello stesso deposito non trovereste entrambe le cose), una taverna che funge da ostello al piano superiore, e un edificio in pietra appena un po' più grande adibito a municipio.
Come suggerito da Alexandra nel post, lei si occuperà da sola di quelle a Nord (sei-sette circa), voi invece potete dividervi in squadre o meno, e per chi ne ha voglia, può anche piennegizzare Donovan sempre nel rispetto della sua indole (per eventuali dubbi potete chiedere, non è affatto un problema). Questi sono i caratteri generali che dovete seguire, per quanto riguarda ciò che non ho esplicitato, potete inventare di sana pianta o chiedere.
Il vostro post termina al tramonto - mancano circa due ore - fate quanto sarebbe umanamente possibile in quest'arco di tempo - senza strafare, insomma.
5 giorni di tempo. Buon lavoro! ^^
 
Top
view post Posted on 11/5/2012, 16:25

season of mists
·······

Group:
Member
Posts:
6,569

Status:


[…]

Oldbon.
Così recitava un cartello gettato al suolo, preda della fanghiglia che ricopriva il terreno.
Avanzarono lentamente, impossibile dire se con circospezione o con semplice rispetto per i defunti.
Perché quello era Oldbon, una gigantesca giara ripiena di cadaveri, paura, desolazione, morte.
La si poteva quasi fiutare quest’ultima e Strange era sicuro che, se non fossero stati perfettamente addestrati, gli animali che cavalcavano avrebbero scartato e si sarebbero imbizarriti, resi folli da quel tanfo osceno.
Stillava lentamente, un’invisibile nube che appestava il terreno.
Colava al di fuori delle assi divelte, strisciava da dietro gli usci profanati e deponeva le sue larve nelle frattaglie umane sparse sul terreno.
Era il più terribile dei mostri, quel nauseabondo odore, e strisciava dietro alle case svuotate, lungo le vie insanguinate, seguendoli da vicino senza mai farsi vedere.
Ma la sua presenza opprimente… quella non la si poteva ignorare.
Strange respirava a pieni polmoni e ad ogni boccata d’aria che inalava si sentiva meglio.
Era totalmente indifferente al massacro perpetrato in quel borgo di confine, ma laddove vi è la morte si apprezza maggiormente la vita.
E lui si era proprio dimenticato, di cosa significasse vivere.
Sentirsi diverso da quel nauseabondo olezzo, capire di non appartenergli.
Era quello, ciò di cui aveva bisogno.

Oltrepassarono alcune delle capanne diroccate, accompagnati dallo spirare del vento e dal cielo mesto.
Niente si palesò, mentre smontavano da cavallo, ma il Mastro di Chiavi ritenne prudente perquisire l’intera cittadina, prima di sistemarsi per la notte.
Si sprecò anche in uno dei suoi discorsi appassionati, ma Strange non l’ascoltò.
Guardava dentro alle abitazioni e scrutava ogni anfratto, ogni ombra, cercando la sua.
Era un’imposizione che non poteva semplicemente ignorare.
Era una pulsione profonda, il martello del fabbro sull’acciaio rovente, la spada del guerriero nella morbida carne del nemico.
Un imperativo che lo sorprendeva in qualsiasi circostanza e contro il quale non poteva nulla.
Ma, come sempre, non vide assolutamente niente, solo gli inquietanti segni lasciati da artigli nel legno.

« Andrò… laggiù. » - lo sguardo fisso su di una costruzione in legno e pietra, che svettava sopra le casupole assiepate intorno ad essa come timidi pulcini.

Mormorò a bassa voce e non fu sicuro di essere udito.
Ma non se ne curò, del resto, come non si preoccupò di essere seguito.
Non voleva la loro compagnia, pensò aspramente, in un immotivato attacco di collera.
Si calmò, mentre si avvicinava al pesante portone dell’edificio, ma non si penti dei propri pensieri.
Aveva smesso di curarsi di simili cose.
Non era che una metà del tutto, ora.

Il legno era graffiato, scheggiato, provato da mille insidie.
Tuttavia resisteva, ammaccato e percorso da cicatrici, ostruendogli il passo.
Curiosamente, dovette far leva su tutta la propria forza fisica, per passare.
Udì uno scricchiolio, un pesante strusciare di legno e infine uno schianto sommesso.
Le porte si dischiusero e infine si spalancarono, facendo cadere una curiosa montagnolo assiepata dietro di esse.
Un tavolo, un paio di sedie, una panca perfino, tutto era stato ammonticchiato per ostruire il cammino alla distruzione che imperversava all’esterno dell’edificio.
Con successo, pensò Strange, in quanto all’interno non vi erano né cadaveri né macabre polle di sangue.
Solo polvere, alcuni rotoli di pergamena adagiati su un lungo e massiccio tavolo - troppo pesante per poter essere spostato velocemente e quindi usato per barricare l’entrata – e un silenzio inquietante, rotto solo dai gemiti delle malconce assi del pavimento.
Chiunque abbia ostruito l’entrata, pensò mentre un rantolo lontano lo raggiungeva, deve essere ancora all’interno.
Lo risentì.
Era un sibilo sommesso, praticamente impercettibile.
Ma nel silenzio innaturale sembrava uno squillare di trombe, una fanfara che gli intimava di stare in guardia.
Indugiò un secondo, poi decise di non impugnare la chiave inglese.
Lui non intendeva fare del male a chiunque avesse cercato di sfuggire alla carneficina.
Erano lì per aiutarli.
Lo seguì, tendendo le orecchie e procedendo a tentoni, quasi fosse nell’oscurità più profonda.
Passò davanti ad alcuni quadri dozzinali, costeggiando la parete in pietra, e superò un palchetto sul quale lettere cubitali declamavano: OLDBON.
E poi la vide.

Una massiccia botola, con un anello di ferro arrugginito adibito a maniglia.
Lo afferrò, sicuro di aver colto nel segno, e la aprì, sbuffando per lo sforzo.
Lo accolse il freddo tocco dell’acciaio, lievemente poggiato sulla sua fronte.
La canna della doppietta si spostò leggermente all’indietro, permettendogli di vedere un paio di occhi segnati da profondi cerchi neri, una barba di alcuni giorni in pessime condizioni e una fronte imperlata di sudore.

« Se ti muovi ti faccio saltare la testa. » - intimò una voce roca con calma, quasi sussurrando.

« Non sparare! » - sputò immediatamente, dopo essere trasalito per un momento.
Non aveva previsto che chiunque avesse deciso di nascondersi avrebbe anche potuto ammazzarlo, reso folle dalla paura.

« Faccio parte di un gruppo di soccorso inviato dal Sorya.
I mostri se ne sono andati, non sei più in pericolo.
Ti proteggerò io.
»

Una piccolo bugia, ovviamente, ma non poteva certo mettersi a raccontare la verità, mentre l’uomo lo teneva sotto tiro.
L’importante era calmarlo, impedirgli di fare fuoco.
Anche perché Azure stava reagendo alla minaccia, ringhiando sommessamente nella mente del Vrok.
Non si sarebbe contenuta ancora per molto.
E Strange non era sicuro di essere in grado di impedirle di prendere il controllo del suo corpo giusto per il secondo che serviva a scostare repentinamente il fucile del vecchio e a spezzargli il collo.

« ... Sorya, eh? Sono in pochi a conoscere questo nome.
I suoi affiliati, ad esempio.
Ma anche quei luridi bastardi dei molti, vero?
» - e spinse in avanti la canna del fucile.

« Prima di proteggermi, ragazzo… dimostrami che non sei uno di quei figli di puttana.
Avanti, sbrigati.
» - sussurrava, ancora. Il rischiare della sua gola ricordava quello del metallo, l’odioso rumore di una spada scheggiata.

« Beh, se fossi uno di loro non mi perderei in chiacchiere, ti ucciderei e basta.
Non credi?
» - sorrise, trattenendo dentro di sè un ghigno sadico che Azure spingeva sulle sue labbra e mostrando invece un’ampia smorfia di divertita rassegnazione.
Si stava giocando il tutto per tutto, perché non poteva trattenere oltre la nera bestia dentro di sé, un mostro che avrebbe messo in ombra qualsiasi esponente dei Molti.
Ma, fortunatamente, l’uomo lasciò che la sua mano protesa abbassasse il fucile.
Sudava copiosamente, e i suoi occhi saettavano impazziti di qua e di là, come quelli di un ratto in trappola.
Strange lasciò la mano distesa, facendogli capire che l’avrebbe aiutato ad uscire di lì, ma lui si voltò, e dall’ombra emersero due lacere figure.
Il Vrok osservò con sincero stupore le due bambine che avanzavano spaesate e sognanti, forse troppo sconvolte per aver conservato una presa sulla realtà.
Un pensiero lo attraversò con la rapidità di un fulmine - le invidiava - ma fu rapidamente sospinto d’un canto e infine cancellato, mentre l’uomo gli passava le ragazzine.
Accettò di uscire solo dopo aver messo al sicuro le due, e solo allora l’inventore potè squadrare per intero la sua figura coperta di indumenti stracciati e sporchi di terra, emaciata e dall’aspetto orrendo.
Almeno non era smembrato sul suolo del municipio, concesse Strange mentre l’uomo gli rivolgeva di nuovo la parola.

« Bene ragazzo… a questo punto potresti anche dirmi il tuo nome.
E… il gruppo di soccorso di cui parlavi prima: in quanti siete venuti?
»

« Puoi chiamarmi Strange.
Il vostro, invece?
» - indicò con un cenno anche le due ragazze, includendole nella domanda.

« Ah, raccontami anche cos’è successo qui. » - aggiunse subito, facendo dopo una pausa per cercare di dire il resto nel miglior modo possibile - « In ogni caso… noi siamo in… sette. » - e già mentre pronunciava la prima sillaba sapeva che all’uomo non avrebbe fatto piacere saperlo.




Strange

ReC 225| AeV 175 | PeRf 525 | PeRm 300 | CaeM 50



Condizioni fisiche: Illeso

Condizioni mentali: Illeso

Energia: 100%

Armi:

Chiave Inglese ~ Legata alla schiena
Confusion ~ Indossati
- Scintille accumulate: 0
Ingranaggio ~ Legato alla schiena
Ingranaggio Abbagliante ~ Riposto nel Camice

Abilità Passive:

Le stranezze dell'inventore - Up al dominio Forza del Toro
Quello dell'inventore è un mestiere duro - Elevata forza fisica + Insensibilità al dolore + Capacità di resistere a due Mortali prima di morire
Qui ci sono già io! - Difesa Psionica Passiva
Secondo test: Fusione Fredda - Resistenza Passiva al Calore: Attacchi che avranno il Fuoco come elemento conteranno come di un livello inferiore

Abilità Attive impiegate:

Note: Tutto si svolge come concordato via pm. In conclusione del post pongo qualche domanda aggiuntiva all’uomo.

Legenda:

« Parlato Azure - Udibile solo per Strange »
« Parlato Strange »
« Parlato (?) »






 
Top
Esiziale
view post Posted on 11/5/2012, 17:58




La compagnia dei gemelli le allietò il lungo viaggio e Spencer riuscì a distrarsi un poco dalla quantità di pensieri scuri che le strisciavano per la testa come infide bisce. Una volta smontata da cavallo si permise di dare un’occhiata più dettagliata al paesaggio circostante, constatando la desolazione e lo stato di abbandono e rovina in cui versava il villaggio deserto. Solo dopo si accorse del sangue, quando l’odore penetrante di morte le colpì violentemente il senso dell’olfatto. Barcollò leggermente, come se le avessero realmente lanciato contro un oggetto contundente piuttosto pesante; non era abituata a quella vista e a spettacoli del genere, si chinò sulle ginocchia trattenendo a stento un reflusso gastrico importante.
Poteva sentirlo perfino in fondo alla gola quel retrogusto dolciastro e nauseabondo, si rimise in piedi la testa pesante e le mani sudate, le parole di Alexandra le rimbalzavano nella testa senza significato. Alla fine di tutto quel discorso capì solo una cosa chiaramente: sarebbero dovuti andare la, in mezzo a quelle case ed ai corpi sventrati. E non sarebbe stato bello, per niente.
Il buonsenso le avrebbe suggerito certamente di scegliere Aron ed El con cui eseguire il sopralluogo, ma qualcosa di più simile ad un istinto la condusse verso Desiderio, la giovane ragazza dall’aria sperduta, già incontrata durante la follia di Velta prima che ogni cosa divenisse nera e confusa ed orribile.

Ciao, ti ricordi di me?



Le si avvicinò cauta con un sorriso timido, l’aria stravolta di chi sta passando i peggiori cinque minuti della sua vita, nuovamente. Respirava con la bocca socchiusa, il meno possibile ed evitava di concentrare lo sguardo sullo spazio circostante, soprattutto alle case del villaggio e alle sagome di corpi sventrati abbandonati qua e la, come fossero spazzatura. Manichini e cianfrusaglie.
Ancora voglia di tornare a casa.

Sono Spencer… Ci siamo incontrate a Velta.
Già, in una simpatica occasione.
Penso che potremmo fare squadra insieme.



Come se fossero compagne di classe che si apprestavano a sezionare l’ennesima rana durante l’ora di biologia. Alison si sentì improvvisamente molto stupida, le dita le andarono istintivamente alla cicatrice sotto alla clavicola. Forse la giovane sapeva qualcosa di quello che era accaduto loro qualche tempo prima, aveva risposte a proposito di ciò che lei non ricordava. Del suo buco di memoria. Non era il momento di farle quelle domande, però… Forse più tardi.

Noi ci occuperemo della zona Est del paese.



Si rivolse direttamente a sir Donovan e alla paladina, indicando una serie di lunghi edifici dal tetto basso collocati a est del villaggio. Davano l’aria di essere dei granai o qualcosa di simile. Granai significava meno possibilità di trovarsi d’innanzi a spettacoli macabri e a corpi sventrati.
La situazione perfetta, insomma.

-



Staccarsi dal resto del gruppo fu comunque traumatico. L’idea di mettere piede in quel paese fantasma era semplicemente inaccettabile: sentiva le gambe tremarle in maniera distinta e il respiro farsi affannoso ad ogni passo. Il silenzio era tombale, solo una lieve brezza spazzava il selciato della via principale. Da qualche parte un’imposta sbatacchiava contro la parete esterna di una casa, un cigolio sottile alternato da un breve schiocco secco. Poteva immaginare i lumi risplendere dietro ai vetri sottili nel grigio crepuscolo, le madri richiamare i bambini con urla severe, il mestolo in pugno – la più temibile delle armi - , se si sforzava scorgeva gli anziani dormicchiare sulle sedie di vimini intrecciato davanti all’ingresso. Solo il ricordo di qualcosa ormai distrutto, spezzato dalla follia del mondo. Quella di Spencer divenne una sofferenza corale, come se con lei si addolorasse il villaggio tutto.
Erano davanti alla porta del primo magazzino, accostata: l’interno era buio e poco invitante.

Va bene Desiderio.
Guardò la ragazza attentamente, poco fiduciosa dell’aria inesperta che sfoggiava con tanta innocenza. Forse avrebbe fatto meglio ad andare con Aron ed El. No, Desiderio era la persona giusta.
Adesso dobbiamo entrare qui dentro ed esplorare. Io andrò per prima, tu stai dietro di me e coprimi le spalle. Ciò significa che se senti un rumore strano o vedi qualcosa muoversi mi devi avvertire subito, capito? Tieni pronta un’arma, nel caso dovessimo difenderci.



Concluse, avvolgendo intorno al palmo della mano destra il cavo del joystick da Apocalisse, arma fidata. Allungò un calcio alla porta, lasciando che si aprisse quel tanto che permettesse loro di entrare. La luce sempre più fioca del giorno permetteva loro di scorgere appena i contorni delle cose, ma Spence capì subito di avere trovato qualcosa d’interessante.
Cibo, di ogni tipo, conservato in incarti oleosi o barattoli sigillati. Conserve, miele, sottaceti, vari tipi di formaggio, frutta secca e semi. Si introdusse nello stabile guardinga, Desiderio alle sue spalle.

-



Il secondo deposito si rivelò sgombro: cataste di materiale da lavoro erano impilate ordinatamente; assi, martelli, grandi scatole di chiodi e barattoli di resina naturale. Le due ragazze lo attraversarono in tutta la sua lunghezza, uscendo dalla porta sull’altro lato della struttura trovandosi d’innanzi alle porte del terzo edificio.
La porte erano completamente spalancate e dall’interno provenivano una serie sommessa di rumore. Il puzzo di decomposizione tornò a farsi piuttosto consistente e Spencer trattenne il respiro prima di varcare la soglia.
Scorse subito quelle lunghe cose bianche e grasse appese ai tranci di carne, agganciati alle travi in legno del soffitto per mezzo di ganci metallici. Tuttavia ci mise qualche secondo per capire di cosa si trattasse: erano larve, enormi ed orribili, impegnate a spolpare avidamente le carcasse degli animali. Stracciavano avidamente brani muscoli e tendini inghiottendoli all’istante. Soffocò un grido ed arretrò.

Merda, che schifo.
Le creature parvero annusare l’odore di tenera carne umana fresca ed iniziarono a dibattersi, impazzite e fameliche. Si lasciavano cadere dai tranci semi-decomposti e masticati per strisciare – in maniera innaturalmente rapida – verso di loro, minacciose.
Ok. Balbettò. I-io ne prendo cinque. Tu le altre.
Se hai bisogno urla.


Bisognava essere coraggiosi. I leoni erano coraggiosi, no?
Tu non sei un leone, patetica ragazzina. Guardati, qui ad impugnare qualcosa che non assomiglia nemmeno lontanamente ad una vera arma. Ti tremano le gambe e fai fatica anche solo per stare diritta. Hai le ore contate, qui.
Taci, stai zitta. Disse a se stessa, o a quella voce che assomigliava tanto alla sua e le continuava a sussurrare malignità in un orecchio. Digrignò i denti, fece mulinare il joystick un paio di volte e lo scagliò contro il primo essere respingendolo lontano. Il topo elettrico, evocato quasi per errore le apparve di fianco e scaricò la propria ira elettrica sugli altri quattro aborti, friggendoli all’istante. Nel frattempo, il verme colpito dal controller tornava all’attacco: con un suono raschiante balzò verso di lei, sputacchiando un liquido scuro, simile a catrame. Spencer, istintivamente si fece schermo con una mano. La magia fluì rapida verso il palmo ed una brusca spinta respinse indietro quella schifezza, bava compresa. Rabbrividì nel pensare a cosa sarebbe potuto accadere nel caso quella cosa la toccasse.

Dopo essersi sincerata che Desiderio si fosse occupata dei suoi abominevoli avversari si accucciò, vincendo la repulsione che provava nei confronti di quelle creature, e ne raccolse una, avvolgendone il cadavere nella propria sciarpa. Quella che nonna Amber le aveva regalato per natale, con le renne sopra. Sospirò affranta.

Direi che possiamo proseguire, usciamo di qui, la puzza è insopportabile.
Commentò, l’umore sotto le scarpe.



-



Il quarto ed ultimo stabile si rivelò essere un deposito di armi: i cittadini avevano avuto un po’ di tempo per prepararsi prima del feroce attacco dei Molti, tuttavia non era stato sufficiente. Il modesto arsenale giaceva inutilizzato: fucili, picche ed altri strumenti bellici più o meno efficienti. Per il resto il magazzino pareva sgombro: nessuna strana creatura, nessun nauseabondo verme intenzionato a cibarsi delle loro carni. Dopo un rapido sopralluogo dell’ambiente Spencer si avvicinò ad una rastrelliera sulla sinistra su cui erano allineati una decina di fucili.
Ne imbracciò uno, passandosi la cinghia intorno al petto e ne impugnò un altro. La sicurezza non era mai troppa.

Va bene, direi che qui siamo a posto. Possiamo tornare al campo a riferire dei nostri sopralluoghi.
Disse, rivolgendosi alla giovane compagna di esplorazione.
Esitò un attimo, le parole incastrate in gola. Poi prese coraggio.
Io volevo chiederti… Siccome c’eri anche tu, quella volta a Velta.
Hai idea di cosa potrebbe essere questo?



Abbassò appena il collo della felpa, mostrando a Desiderio la lunga cicatrice scura ed il diramarsi delle vene livide.


This is Spencer! (Scoutin' Around)
Psyche: Regolare.
Soma: Regolare.
Energia Nerd: 100 - (5+5)= Novantapercento.
Capacità Nerd:

ReC 325 || AeV 225 || PeRf 100 || PeRm 30o || CaeM 200



Armi e Armature: Joystick, Casco e Grandpa's Bowls.
Numero 2 fucili da caccia, 5 munizioni ciascuno.
Abilità Passive: Resistenza Nerd.
Abilità Attive:

Fuori da camera mia
Il nerd, ponendo un palmo, o entrambi in avanti, genera una spinta di pura energia che si dirige verso il proprio avversario (probabilmente un familiare indesiderato), respingendolo fuori dalla propria stanza. Il colpo è piuttosto istantaneo e non richiede particolari tempi di concentrazione, tanto che può essere utilizzata soprattutto durante dure sessioni di LoL.
La spinta è abbastanza potente da poter respingere un corpo umano che opponga solamente una debole resistenza, causando danni di lieve entità (basso), ed piuttosto utile per deviare o rispedire al mittente piccoli oggetti lanciati contro il portatore come ciabatte o biscotti, e deviare dalla loro traiettoria spazzolini e tappi di sughero, troppo veloci per poter essere respinti indietro.
Un attacco non certo forte, ma molto versatile. Va considerato come una tecnica difensiva di livello basso. Non respinge insulti e cali di corrente (Attacchi elementali e magici).
Consumo di energia: Basso [Pergamena Spinta]

Gotta catch 'em all!
Il problema: Ash non ha mai fatto evolvere Pikachu. Perchè?
Perchè era un coglione. Ecco perchè. Ovviamente Raichu è molto più potente di quella patata gialla ed involuta.
Il comando è semplice ed immediato: avanti Raichu, scelgo te!
Il ratto elettrico verrà richiamato dall' evocatrice sul campo e sarà capace di rilasciare un' importante quantità di energia, scaricandola sotto forma di Onda Elettrica sul bersaglio.
Più mana il caster decide di investire nel richiamo più gli elettro shock saranno violenti.
Consumo: Basso [Abilità Personale]

Note: Va bene, sono molto imbarazzata per la quantità di tempo che ci ho messo a scrivere questo tempo. Sono molto spiacente.
Comunque io gestisco cinque delle creature: ne neutralizzo quattro con una tecnica di livello basso e l'ultima con un'altra tecnica, sempre di livello basso. Prelevo materiale dal magazzino delle scorte alimentari e da quello delle armi.

 
Top
Nahenia
view post Posted on 12/5/2012, 14:54




I Leoni dell'Eden III
L'attacco



Il tempo sembrava volare, persa com'era nella mente essenzialista di Elryl, la Shire purosangue dal candido manto. Durante tutto il viaggio, dove lo scenario cambiò forma ed il miasma sembrava sempre più cupo e denso, il sorriso non abbandonò mai il volto di Desiderio. Ella rideva nel conversare con Elryl e sussurrandole le risposte le sue mani si perdevano nel morbido crine, che come onde di un mare, le cadevano sul collo forte e possente. Desiderio non si accorse del tempo passato, ne del passaggio di confine, ne dei volti dei compagni, Desiderio non si accorse di nulla se non della propria assurda ilarità.
Poi un cambiamento nei movimenti fluidi di Elryl, un odore pungente ed acre nell'aria, ed il vento sembra portare via con se mille pianti. Vide sotto il suo corpo i muscoli contratti e tesi, le orecchie spostarsi indietro e gli zoccoli, rivestiti di morbido pelo, battere con talmente tanta forza da sembrar sprofondare.
E nel vedere tutto questo, la piccola indifesa Desiderio, ebbe paura.

I passi proseguirono lungo la dura terra, i respiri si spezzarono e l'odore forte del sangue aleggiò nell'aria. Tutto attorno solo morte e silenzio, ed i corpi straziati che immobili giacevano riversi al suolo. Le case di legno sembrano spettri, sulle loro vesti, pesanti chiazze di sangue ormai secco. Sparse ovunque viscere e membra di uomini finalmente liberi.
Il suono dei sette destrieri cessò e per un istante tutto sembrò immobile. La prima fu Lady Alexandra, smontò da cavallo e così ordinò al resto del gruppo. Nell'aria tante parole, parole che la mente di Desiderio non riuscì a catturare, troppo era l'orrore ed il disgusto che la bimba provava in quel momento. Con le mani strette al collo di Elryl ed il volto nascosto nel folto crine, lasciò che tutto scomparisse, che quegli odori nauseabondi abbandonassero il suo corpo, che quelle immagini lasciassero la sua mente.
Ma quando aprì nuovamente gli occhi niente era cambiato, i corpi giacevano statici e l'odore di sangue aveva saturato completamente l'aria.
Gli alberi, piano, cantavano la morte.

Gli ordini risuonarono chiari, avrebbe dovuto esplorare quel villaggio fantasma e al tramontar del sole essere lì. Era abituata a seguire gli ordini, sua sorella gliene imponeva sempre tanti, ma era piacevole assecondarla. Persa nei suoi pensieri Desiderio venne destata dalla dolce voce femminile che flebile le si avvicinò – Ciao. Ti ricordi di me? Sono Spancer... Ci siamo incontrate a Velta. Penso che potremmo fare squadra insieme.- Come avrebbe potuto dimenticarla. Fra tutte quelle ombre la sua era quella più viva, quella più concreta. Ed ora poteva darle anche un nome. Annuendo docilmente Desiderio le sorrise e si incamminò silenziosa quando Spancer annunciò a Lady Alexandra la decisione di percorrere la zona est del villaggio.
Lo scenario non migliorò, gli alberi alti cantavano di morte ed il vento trasportava le urla dei caduti. Urla di anziani sopraffatti, di bimbi senza più futuro, di uomini e donne senza più paure. Urla silenti talmente forti da riecheggiare in un campo aperto.
Lunghi brividi percorsero la schiena della druida, brividi che non si arrestarono nemmeno quando le due giovani esploratrici entrarono nel primo edificio, una fattispecie di granaio dove al suo interno non vi erano altro che cibarie ben impilate le una sulle altre, divise per specie e per conservazione. Desiderio si tenne alle spalle di Spancer, come lei aveva comandato, le tre sorelle sempre al loro posto, non sapendo se di armi si potevano trattare. Mentre la compagna si voltava per proseguire l'esplorazione, sicura dell'inoffensività del luogo, Desiderio raccolse una sacca di pelle poco distante dai suoi piedi e con calma cominciò a riempirla di ogni genere di alimento. Non sapeva dove quel viaggio avrebbe potuto portarli, ne se quella precauzione si sarebbe rivelata inutile, ma come aveva detto Lady Alexandra, ormai ai quei poveri abitanti non sarebbe più servito nulla.
Sistemò con cura gli incarti di carne essiccata, facendo attenzione a non inalarne troppo l'odore, formaggi stagionati, barattoli di sottaceti e frutta secca. Sistemò in pratica tutto ciò che avrebbe potuto apportare a lei e al resto del gruppo una gran quantità di energie. La sacca ormai era colma e sistemandosela sulle spalle, più due sacche contenenti del vino rosso che legò al fianco destro, prese anche lei l'uscita per entrare nel secondo stabile.
L'odore di chiuso, misto a quello di erba tagliata e terra smossa, era pungente. Nella stanza vi erano attrezzi da lavoro, tutti ordinatamente sistemati seguendo una routine, un ordine prestabilito così da facilitarne il ritrovo per un secondo utilizzo. Un routine ormai spezzata. Le due ragazze superarono velocemente il secondo stabile non trovando niente di utile per il viaggio.

Un rumore di carne masticata, di saliva che placida cola sul legno, di carcasse smembrate che lente danzano sotto i morsi avidi. Prima di tutto vennero i suoni, poi l'odore disgustoso di decomposizione le investì come una nube tossica. Di istinto dovette portarsi una mano alla bocca e con l'esclamazione di Spencer capì che nemmeno per lei quella situazione era piacevole. Sporgendosi leggermente dalle spalle della compagna intravide una creatura bitorzoluta, bianca come la malattia, che non con fauci ma con un becco osseo divorava con gusto carne rancida. Si guardò velocemente intorno e ne contò dieci, ne ebbe conforma da Spenser che tremante le suggerì di dividersele non appena vide che fameliche e veloci si dirigevano verso di loro. Acconsentì silenziosa e dividendosi dalla compagna, con le sacche che si muovevano con ogni irrigidirsi dei muscoli, preparò le tre sorelle ad affondare e dilaniare.
Aveva provato ad entrare in comunicazione con loro, ma le risposte gutturali e la continua corsa verso le sue calde membra, non promettevano nulla di buono.
Lo scontro non fu dei più impegnativi, ma la bimba non abbassò mai la guardai perché delle sue capacità conosceva ancora ben poco.

Le larve corsero fameliche, la bava lenta colava imbrattando il pavimento con quella strana sostanza densa. Non appena la loro inusuale velocità le portò a pochi passi, stese teatralmente il braccio davanti a se e con mano aperta Desiderio evocò l'unico suo dono di cui era in grado di dare forma, ed il suolo lento tremò. Con uno schianto le assi di legno vennero spaccate e dalle loro ferite ne fuoruscì istantaneo un groviglio di rovi, che intrecciandosi si erse in difesa della sua evocatrice. Su di esso si schiantarono tre dei cinque larvoni, che arrestarono, almeno per il momento, la loro corsa. Gli altri due riuscirono a cambiare strada all'ultimo raggirando l'ostacolo dalle due parti opposte, al centro le attendeva Desiderio. Bastò solo calcolare il momento esatto e quanto le due creature, con fauci aperte, si avventarono sulla donna, lei flettendo le gambe balzò verso il soffitto. Sotto di lei le creature si scontrarono ferendosi reciprocamente ed emettendo un suono stridulo, come di unghie che graffiano il vetro. Desiderio atterrò sulle due creature e con forza conficcò i due artigli nelle teste traslucide delle due larve. Fu come scoppiare una grossa bolla, una sostanza appiccicosa, forse sangue, uscì copiosa dai tre fori di ciascuna creatura imbrattando le mani chiuse a pugno della donna.
Scivolò giù dai due cadaveri, lasciandoli contorcerli alle sue spalle, pronta ad affrontare gli altri tre. Con un balzo si arrampicò sull'enorme muro di rovi che instancabile continuava a crescere e a fortificare le sue fila. Sotto di lei le tre larve all'unisono continuavano a dilaniare le basi del rovo, indebolendolo sempre più, sarebbe stata questione di poco ed il muro avrebbe ceduto sotto i loro morsi.
Da quella altezza Desiderio riuscì a scorgere la propria compagna, prima che un lampo illuminasse a giorno la stanza fu allora che si lasciò scivolare sul muro diretta propria sulle tre teste che ignare continuavano a mordere. Con il piede steso sfondò il cranio della mezzana, mentre alle altre due, svegliasi con l'urlo stridulo della compagna ormai morta, non venne inflitto destino migliore. Con le tre sorelle macchiate dal nero sangue delle larve, infilzò il cranio delle due continuando la loro corsa per tutta la spina dorsale arrestandosi soltanto quando i piedi sporchi di Desiderio toccarono il duro del pavimento.
Le braccia ricaddero sui fianchi, il cuore lentamente arrestava la sua corsa frenetica, e l'adrenalina piano lasciava il suo corpo. Un piede davanti all'altro e l'infante si apprestava a raggiungere la propria compagna mentre alle sue spalle il muro dei rovi lento crollava alzando un polverone.
- Direi che possiamo proseguire, usciamo di qui, la puzza è insopportabile. -


L'ultimo edificio si riscontrò essere un deposito di armi, armi che mai nessuno avrebbe impugnato, armi che non servirono alla popolazione per difendersi dall'attacco dei Molti. La stanza era sicura, se ne sincerò Spancer e proprio da quella stanza vide la compagna prendere due fucili e sistemarseli sulla spalla, mentre si trascinava dietro il pallido cadavere. - Bene, direi che qui siamo a posto. Possiamo tornare al campo a riferire dei nostri sopralluoghi. - Mentre Desiderio seguì la compagna la sua attenzione fu catturata da due barilotti, uno di fianco all'altro. Con cautela si avvicinò, risistemando la sacca del cibo sulle spalle e facendo attenzione alle due sul fianco, ne stappò una e ne osservò il contenuto. Polvere in granuli neri. Con una mano, pulita grossolanamente alla veste strappata, toccò la polvere se l'avvicinò al naso ma non la riconobbe. Decise quindi di richiudere il coperchio e di prendere un barilotto lasciando a Lady Alexandra la sentenza se fosse utile o meno.
Le due ragazze camminavano, un poco distanziate, ma insieme tornarono col sole che placido le baciava le spalle. Fu Spancer a rompere il dolce silenzio che si era creato fra le due. A Desiderio piaceva il dolce suono del silenzio. - Io volevo chiederti... Siccome c'eri anche tu, quella volta a Velta. Hai idea di cosa potrebbe essere questo?-
Spancer le mostrò la cicatrice e Desiderio, per quanto dispiaciuta, non seppe che parole usare. La guardò dritta negli occhi e schiudendo le labbra violacee le disse - Vorrei poterti essere d'aiuto amica mia, ma di quel giorno io ricordo solo il dolore dell'incubo. Temo ancora oggi di assopirmi per paura di ritrovarmi in quel buio assoluto. -
Avrebbe voluto aiutarla, ma anche lei di dubbi e domande ne aveva fin troppe.

di-LPA4
di-JOQK
[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]


Stato Fisico -
- Illesa
Stato Mentale -
- disgusto, agitazione.
Energia
- 95%
Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -
« La carezza della Madre »
Il druido evoca davanti a se un muro di rovi spinosi, che si alza crescendo dal terreno, proprio come una vera pianta, scavandosi la strada fra la terra, o la roccia, o di qualsiasi terreno si tratti. Le piante crescono relativamente molto velocemente, inerpicandosi verso l'alto e intrecciandosi a formare un denso muro spinoso, così da non lasciare spazio fra un rovo e l'altro, divenendo alto fino ad un massimo di tre metri in pochi secondi.
Il druido può creare questo muro ad una distanza massima da lui qualche passo, ma può renderlo particolarmente ampio.
Il muro è sempre in movimento, nel senso che, anche cresciuto completamente, continuerà ad intrecciarsi, muoversi, riformarsi. Resterà comunque poco resistente, essendo appunto composto da arbusti, e non sarà difficile crearsi un varco, nonostante tutto, meglio ancora se grazie a magie e incantesimi.
Vale come scudo di livello medio, ma non può essere utilizzato contro gli attacchi fisici, poiché attuerebbe countermove, ferendo gli attaccanti.
Costo Medio[Pergamena Muro di Rovi]

Note -
Nessuna in particolare se non.. scusate per il combattimento ma di recente ho visto Sucker Punch.

di-4K09



 
Top
Goodness
view post Posted on 12/5/2012, 17:59




Mentre cavalchiamo, El cerca di passare il tempo raccontandomi di come per lei il genere umano sia facilmente catalogabile.
Secondo il suo punto di vista esistono due tipi di persone: Quelli con il buonsenso, e quelli senza.
El coglie l'occasione per raccontarmi di quando era piccola, di quando camminava verso il tavolo da cucina della sua casa a Gerico e di come era difficile per lei mantenersi alzata su quelle gambe che al tempo sembravano dei salsicciotti. El malinconica descrive di come per lei la scelta di mantenersi in piedi o cadere per terra era la sfida della sua vita. Una volta, dice El, con tutti gli sforzi e la determinazione necessari riuscì ad arrivare al tavolino, e mi sentivo una vera principessa, e lo sarei ancora oggi se non fossi andata a sbattere con la testa contro lo spigolo. Non ricordo di aver percepito dolore, ma a quei tempi non sapevo nemmeno cosa fosse il dolore. Però, cavolo, racconta El, faceva male davvero. Ma alla fine non era nulla poi di cosi tragico, finché non arrivarono Mamma e Papà. Povera la nostra piccola El, dissero, povera la nostra piccola e coraggiosissima El. Solo allora mi misi a piangere. Non ho mai pianto cosi tanto in tutta la mia vita come quella volta, conclude El.
El mi guarda e dice che mi sta dando la sua vita per dimostrarmi che io posso davvero amare, e amare per davvero. Posso sopportare di rubare, di essere invisibile, di non avere casa, di essere alla completa ricerca del nulla, ma devo sapere che posso amare qualcuno. Completamente e immensamente, senza invidia o scopi, solo come libero arbitrio, voglio letteralmente poggiare la mia vita nelle mani di qualcuno.

« Oldbon. Quale follia può spingere un uomo a vivere in un posto simile? »

Sono gli zoccoli dei cavalli che percorrono il fu fiume sotto di noi che mi riportano alla realtà. Quando parlo con El, la realtà si allontana da me di decine di centinaia di chilometri. Perdo completamente il controllo.
Lady Alexandra ci dice di smontare e noi lo facciamo. Senza ma.

echon


Non sappiamo cosa sia il Kishin, e nemmeno i Molti. Quando La Regina parla, io ed El concepiamo che sappiamo meno del meno del mondo che ci circonda. Ma alla stessa potenza e paura, io ed El appena udiamo questi nomi sentiamo la pelle d'oca, presumendo che quei nomi non sono nomi ben accetti, nomi giusti o anche nomi affiliati al bene, tutt'altro. Oldbon, ripete El, è qui che staremo, Oldborn, ripete ancora El, è qui che combatteremo.

« A questa gente non serve più. »

Oldborn non è molto ampia, dico ad El, non ci metteremo molt... Spencer va con l'altra ragazza, dice El interrompendomi, strano, dice, credevo venisse con noi. E vabbè, si consola El, questo vuol dire che staremo solo io e te. El mi guarda negli occhi, non che mi dispiaccia, dice. Stavo dicendo, dico riprendendo il discorso, non ci metteremo molto. Io consiglio di andare verso la locanda, lì, guarda, concludo. El osserva il cartello macchiato e sporco che indica una costruzione, che presumo sia la locanda.
E allora, dice El, che fai, non entri? Aspetti me? El sorride.

"Che simpaticona che sei El."

E camminiamo, io avanti ed El dietro.
La locanda è sporca, immersa nel buio e sottosopra. Immersa nel buio, sporca e sottosopra. Sottosopra, immersa nel buio e sporca. La conferma che i molti quando decidono di fare una cosa, la fanno dannatamente bene. Ma non bene, perfettamente. Quando e se, dovremo affrontare questi molti, dico ad El, dobbiamo stare attenti, mi interrompe di nuovo El, si, lo so. Perchè se muore uno di noi due, anche l'altro è spacciato, bla bla bla.

TUUUUUUUUUUUUUMP
"Lo hai sentito?" urla El
"Certo che lo ho sentito. Viene da sopra...sembra, un lamento di un mostro."

El ed io, immersi nel buio e nella distruzione guardiamo d'istinto il piano superiore della locanda, luogo da cui provengono i lamenti. Ho paura, dice El tremando. Non aver paura, la rassicuro. Resta dietro di me, non aver paura. Non preoccuparti ti dico, non ti succederà niente. E' una promessa, sorrido.
Un sorriso bianco nel buio.
La scala scricchiola e sembra che non riesca a sorreggerci, ed è in quel momento che El inciampo e un gradino si rompe. El da un'urlo, ma nulla di grave. Calma, gli dico, alza il piede dal buco e continua a camminare. E ad ogni passo i lamenti si fanno più grandi. El è la prima ad affacciarsi alla stanza e, alla vista dell'uomo, si pianta una mano alla bocca come per calmarsi. Quest'uomo, sta soffrendo. E in un battito di ciglio, El corre via verso le scale. Nemmeno il tempo di un respiro.
L'uomo è accasciato a terra, dolorante, in preda a una crisi. La prima cosa che penso è che quest'uomo non è umano, o almeno non più. Cerco di avvicinarmi.

"Ehi, amico" sussurro
Ti senti bene? Cioè, sei ancora vivo?

"Non toccarlo!!!"
Cos..?

Un pugnale viaggia sul mio lato destro, tagliandomi un ciuffo di capelli. Il pugnale ora è nella pancia dell'uomo che, muore lasciando del sangue verde.
Uao Aron, dice El, ti sei preso uno bello spavento. Ho incontrato Donovan fuori dalla porta, continua, è lui che ha ucciso l'uomo. Ora va tutto bene, dice El, puoi girarti. Alle mie spalle c'è Donovan, che mi guarda negli occhi.

Queste...persone che sembrano vive, sono in realtà morte. Questi uomini e donne sono stati usati come case per delle larve, e nel loro cuore non batte più sangue. Uno di questi è lui Donovan indica l'uomo ormai morto.
Ne ho affrontate alcune, e devo dire che quelle larve sono pericolose. Tutti quegli spasmi, dovete sapere, sono solo causati dalla chiusura delle uova nel loro organsmo. Donovan prende fiato.
Qui non c'è più niente da fare. Ottimo lavoro ragazzi. Ora andiamo.

El guarda l'uomo deceduto. Non vorrei essere nei suoi panni, dice mentre scende le scale e esce dalla locanda.
E' il tramonto.



Fisico_Illesi
Psico&mente_ Stravolti.
Armi_ Imad, Akram, Ahmad.
Energia_100%
44% - 22% - 11% - 6%.
Abilità Passive_[Passiva Elfica, compagno animale - El - può essere usato in combattimento]
[Passiva personale - Capacità di portare con se compagni animali più pericolosi di un lupo]
[Passiva - il compagno animale utilizza le stesse attive del pg, sfruttando la sua energia]
[Passiva - contatto telepatico tra Aron ed El]
[Malus - ad ogni danno fisico subito dal compagno animale corrisponde un danno psionico della stessa entità per il personaggio]
Abilità attive utilizzate_
Pensieri: bellissima scena da descrivere. Tutto com'è stato concordato Foxy!!
 
Top
41 replies since 15/4/2012, 14:17   1247 views
  Share