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Winterreise ~ Gute Nacht, Buonanotte: La Partenza

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Ødin
view post Posted on 24/5/2012, 01:00 by: Ødin
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Ad Agio Nel Disagio
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L'anziano cavaliere che li aveva arruolati era una figura di spicco del Clan Sorya. Scudiero e compagno d'arme della Regina Senza Regno, una dei due eredi del lascito di Eitinel, guerriera ovunque conosciuta e temuta, signora - in un certo senso - di tutti loro.
Ma questo Lazarus non lo sapeva. Infastidito dal freddo pungente e dallo scomodo mezzo di trasporto che era stato affibbiato ai due non riconobbe la guerriera, sollevando semplicemente lo sguardo in vista dell'assurda creatura che gli si parava davanti agli occhi.
Maestosa, possente, la viverna pareva ghignare scoprendo a tratti i denti acuminati, pugnali d'osso infissi in un corpo di mastodontica potenza. Ogni tratto, ogni squama, ogni dettaglio anatomico pareva esser stato concepito per la battaglia; a guardarla si aveva l'impressione che persino le scaglie rilucenti tagliassero come rasoi. Il negromante poggiò una mano sul collo del cavallo, tentando di calmare l'animale che sembrava restio ad avvicinarsi più di tanto a quel predatore mitologico benchè il suo stesso istinto lo rendesse guardingo.
La loro guida si avvicinò alla donna, come aspettasse la sua approvazione per il magro raccolto che aveva mietuto. Questa fu affiancata da colui che pareva esser il cavaliere della belva, visibilmente contrariato per lo scarso numero di volontari, ma in breve entrambi tacquero osservando il cielo. Anche Lazarus non potè fare a meno di voltare il capo e ancora una volta rimase impressionato dalle assurdità che quelle montagne nascondevano: poco distante, quello che pareva esser un drago azzurro - forse la stessa sagoma intravista durante il viaggio - discese al suolo, svanendo alla vista. La viverna emise un suono basso e prolungato che fece voltare di scatto l'uomo, solo per venir calmata dal guerriero che la affiancava.
Non dovettero attendere molto prima che un giovane dai capelli scuri arrivasse fin da loro, lasciando scivolare lungo la spina dorsale del rosso un brivido freddo. Stregone, incarnazione o drago che fosse, il nuovo arrivato era indubbiamente più pericoloso degli altri due mercenari.
Il cavaliere della viverna attirò la loro attenzione, togliendosi dal viso uno strano artefatto che fino a quel momento il giocattolaio non aveva notato. Il guerriero indicò loro la prossima meta, un villaggio chiamato Gefahrdorf a mezz'ora di marcia da Schneeweg dove, presumibilmente, avrebbero trovato qualche indizio per risolvere il mistero riguardo l'innaturale silenzio che copriva come un velo il paese. Avrebbero raggiunto la loro meta a piedi, evitando di farsi individuare anzitempo da possibili nemici, per organizzarsi più avanti.
« Poco male »
Scese dal cavallo, arrancando appena a causa delle gambe intorpidite dal freddo e dalla lunga inattività. Non poteva certo dirsi dispiaciuto per quella saggia decisione.
Più di ogni altra cosa, però, l'avevan colpito i vari epiteti dati dal loro uomo alla guerriera. Lazarus non si era mai interessato più di tanto al clan di cui faceva - almeno nominalmente - parte, e ben poco era stato per lui il tempo per ambientarsi nella spelonca dove i Sorya dimoravano, ma non era completamente digiuno di nozioni riguardo la sua storia. Questa Alexandra era una personalità influente ne era certo, e più di una volta doveva averne sentito parlare nelle sue peregrinazioni; ma vuoi il freddo, vuoi la presenza opprimente del rettile minaccioso, ogni pensiero riguardante i loro mandanti venne accantonato in attesa di un momento più propizio per scavare nella sua memoria.
I cavalli furono consegnati a Donovan e questi, assieme a Lady Alexandra, partì sparendo rapidamente oltre l'orizzonte bianco.

_______________ Sentiero di Neve_____




Lenti, pesanti passi nella neve. Il piccolo gruppetto avanzava con costanza percorrendo sentieri innevati, piccole vallate accecanti per il riverbero finchè radi segni di vegetazione verdeggiante non preannunciarono l'ingresso degli avventurieri in una foresta di sempreverdi. Silenziosi, intabarrati nei loro indumenti in cerca di un pò di calore, i membri della compagnia mettevano un piede davanti all'altro tentando di non sprofondare nella neve fresca e friabile che custodiva le loro impronte. Lazarus si soffermò più volte con lo sguardo sul terreno, incuriosito. Le scie di impronte erano un ottimo modo per farsi braccare, ma l'uomo in testa sembrava non curarsi di simili dettagli: doveva avere i suoi buoni motivi. Già da tempo era rimasto impressionato per come, qualunque fosse il numero di compagni che lo precedessero nell'alternarsi tra centro e retroguardia, la neve riempisse in breve tempo i solchi lasciati dalla loro guida come queste non fossero mai state impresse. Un tonfo soffuso li allarmò per un secondo, ma il cavalcaviverne reputò più saggio proseguire, non considerando quel rumore l'avvisaglia di qualche sorta di minaccia.
Le conifere li sormontavano lasciando ampio spazio alla luce fredda del sole montano per continuare la sua perversa azione di disturbo, scintillanti riflessi d'oro bianco sui cristalli di neve. D'un tratto la colonna si fermò: il loro leader per quella campagna aveva fatto un cenno, percependo un pericolo imminente.
Quasi fosse rimasto per tutto quel tempo in stasi, sospeso tra il freddo dell'Erydlyss e l'inferno dei suoi pensieri, Lazarus si riscosse all'improvviso; ruotò su se stesso, dando le spalle al fulcro dell'assembramento in modo da potersi avvalere della protezione dei compagni, tirando le mani fuori dalle tasche del pastrano e sgranchiendo le dita intirizzite.
Calarono dagli alberi appesi a viscidi fili di bava rappresa, precipitando dai rami più bassi fin sulla neve candida. Arti anormalmente lunghi, carapaci spinati e unticci, incrostati da ogni sorta di sporcizia tra i neri peli radi; chele sproporzionate, mandibole mutili, occhi neri e vacui che li fissavano famelici. I ragni si manifestarono come uno sciame invadente, incuranti del freddo e della neve sulla quale riuscivano a muoversi più agevolmente di loro, orridi abomini nati quasi per scherzo, assemblati con gli scarti di altre creature,masse purulente tenute assieme dalla semplice fame.
Immediatamente, prima ancora di poter prendere piena coscienza della situazione, l'uomo venne attirato dal verso stridulo prodotto da un ragno dalle zampe abnormemente lunghe, raccolte sotto l'addome rigonfio mentre questi si calava a poche spanne da Lazarus dai rami sopra di loro. Con evidente disgusto il negromante alzò la mano fino quasi a toccare la creatura che rispose spalancando le mandibole composite, rivelando un assurda schiera di denti irti in una cavità marcescente.
La pistola si materializzò nella mano dell'uomo, svanendo dalla sua cintola e comparendo quasi in bocca all'essere, eruttando il proiettile con un leggero lampo rossastro. Icore verde-nero schizzò sul terreno mentre l'insetto cadeva sul terreno con uno stridio, contorcendo convulsamente le zampe segmentate nell'agonia. I suoi compagni a quanto pareva avevano deciso di lavorare indipendentemente, lasciando ad ognuno la schiena scoperta: doveva rimediare. Uno schiocco di dita secco e dalle piaghe del caldo mantello del negromante emersero, ronzanti, esseri assurdi quasi quanto la progenie del Kishin che stavano affrontando. Visi di porcellana inespressivi, complessi meccanismi esposti all'aria, lame scheggiate mosse in maniera ritmica e meccanica da chissà quale sistema di ingranaggi: una dozzina di evocazioni meccaniche attorniavano Lazarus come arrugginiti angeli custodi, pacati guardiani del loro creatore.
Bastò un ordine impartito con la mano per passare all'attacco. Dal gruppetto si staccarono sei di questi esseri meccanici, puntando a coppie di due gli aracnidi che avevano scelto il negromante come preda. Nulla potè il primo contro le lame rotanti dello strano macchinario: l'esoscheletro cheratinico finì dilaniato rapidamente, i legamenti strappati dalle loro mollicce sedi, gli occhi compressi in quel moto letale fino a scoppiare in schizzi giallognoli che impiastricciarono il giocattolo, insensibile all'ultimo frignante lamento dello Scarto. Il secondo parve accorgersi del pericolo e sputò un getto verdognolo contro il viso immacolato, ma la porcellana non parve risentire di quello strano liquido e le mandibole zigzagate non trovarono carne da ferire, solo legno levigato e ingranaggi arrugginiti che nuovamente squarciarono la debole creatura.
Dagli alberi altri due si gettarono su di uno dei rottami levitanti, destabilizzandolo in uno sgangherato volo contro uno degli alberi limitrofi dove si sfracellò, schiacciando nell'impatto uno dei suoi attentatori. Il superstite, allontanatosi zampettando dalle lamiere con aria soddisfatta, venne accerchiato dai restanti balocchi che non si fecero scrupoli a smembrare l'insetto, tra versi, chele e icore.
« Pensavo peggio » si disse, osservando quasi divertito il grottesco teatrino. Un paio delle sue evocazioni era caduta in terra nel corso della battaglia, ormai inservibile, ma poco importava. Se tutti gli avversari in cui si sarebbero imbattuti erano di quella risma, avrebbe avuto vita facile.
Un fragore di legna in pezzi lo fece voltare. A pochi metri da lui, enorme, un ragno in postura quasi semieretta aveva fracassato senza troppi convenevoli due evocazioni e ora puntava quattro occhi rotondi e malevoli su di lui.
Il giocattolaio balzò in dietro, mantenendo le distanze da quell'essere e lanciando i superstiti all'attacco. I pupazzi fendettero l'aria, le lame e gli ingranaggi affilati pronti a squarciare anche quel carapace come quello degli Scarti, ma l'assalto non andò come previsto. Il robusto guscio del mostro respinse la maggior parte degli assalitori che si allontanarono storditi con un buffo rumore; solo qualche lama penetrò nel corpo mastodontico, lasciando sgorgare liquami marcescenti dalla ferita infetta. Bastò una spazzata dell'essere per vendicarsi dei fautori di quell'attacco, mandandoli in pezzi.
Gli occhi bulbosi osservarono il mercenario sprizzando odio, poi accadde ciò che Lazarus non aveva previsto: un emanazione energetica di grande potenza, color del sangue, eruttò dagli occhi della creatura infrangendo senza tanti convenevoli le ultime difese fluttuanti e colpendolo in pieno addome.
Un urlo squarciò il silenzio. Incespicando, chino su se stesso per il dolore, Lazarus fece ricorso a tutte le sue capacità fisiche e psichiche per non accasciarsi a terra in preda agli spasmi e divenire facile preda del demone che, soddisfatto, avanzava sulla neve macchiata del sangue dei suoi simili e dei liquami dei rottami. Si rialzò, il viso contratto in una maschera di dolore, stringendosi il ventre ustionato dall'attacco con la mano libera. Ancora un secondo per riprendersi dallo stupore iniziale e tornò in piedi, consapevole di dover finire la battaglia in fretta. Mosse qualche passo verso l'aberrazione, prendendo una breve rincorsa fino a trovarsi a pochi metri dall'aracnide. Sperò che i suoi compagni avessero già terminato di combattere e che l'attacco non fosse troppo vistoso, infine alzò la pistola puntandola verso il volto demoniaco: una punta luminosa si accese nella canna, poi si espanse al di fuori, esplosione di luce dritta negli occhi della bestia.
Questa volta fu il grido inumano a squarciare l'aria, il ragno colossale che agitava le mannaie delle zampe anteriori in preda al dolore e alla rabbia, inutilmente. Il negromante era già scattato di lato, aggirando l'incubo e compiendo un balzo per salirgli in groppa. La ferita liberò una scarica di avvertimento lungo la colonna vertebrale facendolo sussultare, ma l'uomo non demordette proseguendo fino a trovarsi dietro la testa dell'animale. Le zampe acuminate, per quanto atrocemente lunghe, non potevano raggiungere nel loro furioso delirio la schiena del mostro stesso. Lazarus puntò la pistola contro il cranio ricoperto di peluria setolosa e nerastra, tirando il cane mentre la creatura si divincolava accecata. Il colpo esplose a bruciapelo, forando cranio e cervello, uscendo dalla "fronte" in mezzo ai quattro letali occhi. L'aracnide rimase immobile un istante, caracollando finalmente a terra sulle zampe inermi, morto.
Il negromante scese con cautela, allontanandosi il più possibile dalla carcassa oscena, controllando lo stato della ferita senza abbandonare la pistola - incredibilmente di nuovo carica.
« Spero ci paghino davvero abbastanza per tutto questo. » grugnì, osservando la neve macchiata e i suoi compagni.

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[Rec: 250] [AeV: 150] [Perf: 75] [Perm: 225] [Caem: 150]



Dati Base:
Pistola Ehre eines Mädchens in vita mano.

CITAZIONE
Resoconto Combattimento
- Sparo ad uno scarto a distanza ravvicinata, freddandolo
- Evocazione di schifezzuole meccaniche (Attiva Evocatore Lv1)
- Le suddette evocazioni eliminano uno, due scarti.
- Altri due scarti attaccano un evocazione, eliminandola, ma uno di essi si spappola nell'impresa. Il secondo viene finito dai rimanenti.
- Il Recuperatore compare alle spalle di Lazarus, sfasciando due evocazioni. Lazarus si allontana leggermente e manda le stesse all'attacco.
- L'armatura naturale del mostro respinge realisticamente gli attacchi più scialbi, mentre quelli che penetrano sono Personale Attiva a consumo Medio che gli fa danno Basso.
- Altri rottami in pezzi. Il Recuperatore spara un emanazione da danno Alto che Lazarus non si aspetta da un insettone, colpendolo in pieno.
- La ferita del mostro si aggrava col secondo danno Basso. Lazarus si avvicina e lo acceca con l'attiva della pistola a consumo Medio, poi gli sale in groppa. Headshot.

Ferite Accumulate:
Ustione da danno Alto all'addome.

Status Psicologico:
Sofferente,

Energia Residua:
100% - 11% - 11% - 11% = 67 %

Abilità Passive:

• Passiva Razziale Mezz'elfo | Scurovisione
• Passiva Personale 1/10 | Difesa Psionica
• Passiva Evocatore Lv1| Evocazioni Tempo 0
• Passiva Ehre eines Mädchens | Pistola sempre carica

Abilità Attive:

● Ein Schwarm von kleinen Schrott | Attiva Evocatore Lv 1 | Consumo medio, evocazioni per due turni.

● Ein Schnitt Infizierten Vergiftet den Körper | Personale 2/10 | Consumo medio, danno medio suddiviso in due turni, offensiva portata tramite evocazioni.

● Reinheit2 | Abilità Pistola | Consumo medio, esplosione di luce accecante

Note: un giorno posterò ad un orario decente. Promesso.
 
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