Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Gute Nacht, Buonanotte: La Partenza

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Bastard de la Nuit
view post Posted on 1/5/2012, 19:15





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Il cielo era ingombro di fiocchi di neve e di silenzio.
Solitario nella precipitazione lenta e silenziosa, un uomo fendeva i venti gelidi in sella a una mostruosa cavalcatura alata. il paesaggio innevato dell'Eden - che ironia crudele, dare quel nome a tale landa desolata! - si dispiegavano sotto di lui avviluppate nel sonno del letargo invernale.

Unico elemento a dargli certezza che il tempo non si fosse fermato, che la mente non fosse stata intorpidita dal freddo fino a lasciar scivolare via l'anima dal corpo, il ritmico pulsare del battito di ali membranose. La Viverna avanzava alta sulla terra, incurante delle correnti gelide; a colui che si ergeva sulla sua groppa, intabarrato in un pesante manto nero e aggrappato alla cresta ossea e metallica della creatura, pareva di poter prendere ogni abete, ogni altura nel palmo della propria mano.

Dov'è, si chiedeva. Non riconosceva nulla del paesaggio che pure anni addietro aveva percorso, e nessuno fino ad allora aveva saputo dargli indicazioni.
V'era solo folle speranza a sostegno del suo viaggio.
Una folata di impietosa tramontana investì cavaliere e cavalcatura, le ali la accolsero come vele: per lunghissimi istanti la Viverna rimase ferma nello stesso punto, in un titanico tentativo di superare il vento contrario.

- Piegati, dannazione! Vola al di sopra dei venti! -

L'eco dell'urlo fu strappata con violenza dalle labbra cianotiche dell'uomo e si perse tra le raffiche; la Viverna inarcò il collo verso l'alto e strattonò con tutta la forza le ali verso il basso. I poeti avrebbero potuto descriverla come simbolo della stoica resistenza della volontà dei mortali alla natura matrigna e al divino.
Ma sfortunatamente non c'erano poeti né poesia nell'inverno dell'Erydlyss:
solo freddo e angoscia.

nuvole

Faticosamente la bestia guadagnava centimetro dopo centimetro, mentre arabeschi di ghiaccio si formavano negli interstizi tra una scaglia e l'altra per venir strappati dalle folate rabbiose dopo qualche istante. Dovunque si guardasse non v'era altro che l'uniforme grigio dei nembi. Erano nel ventre delle nuvole.
Poi, la luce pallida del sole all'orizzonte. La quiete.
Guardando in basso e in alto, le nuvole sembravano due infiniti oceani bianchi speculari. La dorata luce radente del tramonto ne inaspriva i profili dei gorghi di vapore addormentati.
Lo stupore a quella vista cedette ben presto il passo alla stanchezza. Quanto avevano percorso? Erano in volo fin dall'alba, e ancora la meta sembrava irraggiungibile. Il freddo artigliava la carne, la fame lo stomaco. Una sonnolenza strisciante fiaccava le membra.
Fu quando l'oceano di nubi sottostante si aprì lasciando intravedere la sagoma minuta di un villaggio in lontananza, incastonato in una piccola valle tra due propaggini montuose. Lenta, maestosa, la Viverna cominciò a discendere in ampi giri lasciandosi scivolare sulle correnti ormai docili: era troppo stanca per anche un altro solo battito di ali.

Atterrarono in una piccola piazza, candida e immacolata di una nevicata recente. Quasi avvertirono calore dopo il folle volo tra le nuvole. Avanzarono senza turbare la quiete innaturale, aggirandosi per le stradine del borgo in cerca di un abitante qualsiasi.
Invano.
L'uomo bussò a una porta aspettando una risposta che non arrivò. Diede una voce, spinse il legno scuro e solido: non era chiuso a chiave. Il camino accoglieva cenere fredda e non rimestata, i letti erano rassettati e alcune stelle alpine si essiccavano sul tavolino al centro della modesta stanza, legate con un nastro bianco.
Era strano, tutto troppo strano. Non vi erano segni di stragi o fughe di massa. Tornò fuori, dove la Viverna lo aspettava in silenzio, il fiato che si condensava in vapore.
D'un tratto un rumore alle sue spalle, una presenza inaspettata ma allo stesso tempo rassicurante: allora c'era qualcuno lì, dopotutto.

- Cosa ci fai qui? Cosa significa tutto questo? -

Lo Straniero lo chiese senza nemmeno voltarsi a guardare l'avventore.
Qualcosa nella sua mente gli suggeriva che sapeva già di chi si trattasse.



littleqmpointwinterreisCari amici e questanti, vi do il benvenuto a Schneeweg, che significa Sentiero di Neve.
Vi chiedo di aspettare un altro post prima di cominciare a postare: sarà allora che vi verrà comunicato ciò che i vostri pg saranno chiamati a fare.
Per ora vi auguro buon divertimento con questo primo episodio della Winterreise!
 
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Foxy's dream
view post Posted on 5/5/2012, 15:15




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Schneeweg
(Erydlyss)

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« Cosa ci fai qui? Cosa significa tutto questo? »
La domanda dello straniero tuonò come un monito all’ovvietà.
Ingenua - forse stupida - ma tremendamente logica nel contesto in cui era stata formulata.
« Non ne ho idea. Non è il primo villaggio in queste condizioni… è irritante. »
La paladina smontò da cavallo, constatando già a un primo sguardo l’identica situazione dei siti precedenti.
« Donovan, recati a Marimya e cerca qualcuno per investigare. » disinteressata, imparziale « Preferenze? » replicò secco « Mercenari, guerrieri, maghi, carne da cannone - non importa. Con un piccolo gruppo dovremmo essere più veloci, gestisci la situazione come credi. » concluse non ammettendo ulteriori indugi « Come credete, mia Regina. »


Avviluppatosi nelle coltri dello scuro mantello, ripartì al galoppo verso lidi più miti, al confine tra l’Erydlyss e Matkara, dove sapeva che la follia collettiva non era ancora giunta, dove un mistero ben più grande adombrava i tanti che ne sorgevano di riflesso. L’Eden era fuori controllo, una completa anarchia che fortunatamente andava scemando metro dopo metro verso la sede del Sorya, ultimo baluardo di un Clan allo sbando.

« Non ti ricorda qualcosa? »
Ammise avvicinandosi al cavaliere e alla curiosa cavalcatura,
barcamenando tra un pensiero e un ricordo, ai primordi di un viaggio ai limiti del verosimile,
nella considerazione di quanto era e non poteva più essere per semplice dato di fatto.
Tutto troppo simile a Bottiglia Verde.

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Samarbethe ~ 5 giorni prima
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La spada vibrò un istante dopo l’ultimo affondo. Ne aveva afferrata l’elsa con entrambe le mani, e facendo leva col proprio stesso corpo, aveva assestato un’unica poderosa stangata all’altezza del collo. Un grido, un gemito, un rantolio sommesso, il silenzio di un abominio senza nome o identità.
Il cadavere titanico si stagliava esanime in controluce come un inamovibile scoglio, dirimpetto ad un altro suo pari, mentre rigagnoli smeraldini colavano viscosi lungo la carcassa come la schiuma marina all’infrangersi dei flutti. Ogni fendente aveva leso l’ispida armatura naturale recidendo muscoli e tendini - o quanto in quell’aberrazione potessero definirsi tali - fino al momento in cui reggersi in piedi era divenuto anatomicamente impossibile, per cedere ineluttabilmente alla mercé avversaria, al freddo acciaio nel suo pugno.
Alexandra scivolò cauta in terra tra i nugoli di polvere sollevatisi al vento.
A ridosso della mostruosa creatura aveva sfruttato la sua mole possente come la più grande delle opportunità, relativismi che nella corsa alla sopravvivenza garantiscono la vittoria, nonché un altro giorno di vita.

« Splendido come sempre. »
La voce roca di Donovan ruppe la quiete che sprofondò alla morte dell’ultimo bebilith.
« Neanche tu ti sei risparmiato. »
Uno stuolo di corpi esanimi era tutt’in terra, piccoli scarti impossibilitati a una degna difesa, ma la cui ingenuità li aveva spinti alla follia dell’azione.
« Non prendiamoci in giro, queste non sono che nullità a confronto di quei due cosi. »
La donna sorrise alla sua espressione.
« Ognuno fa quanto può. »
...

« Ognuno fa quanto deve. »
Replicò sarcastico passandosi una mano sulla chioma canuta, prendendo un lungo respiro e rinfoderando l’arma.
« È vero anche questo. »

D’improvviso un fruscio estraneo alla naturalezza del luogo si interpose fra i due. Alexandra sollevò il capo in allerta, lesta, stringendo l’impugnatura del brando attendendo qualcosa che desse ragione alle sue preoccupazioni.
« Cosa c’è? »
L’interrogativo rimase inascoltato mentre la paladina, trasognata, aggrottava la fronte pressappoco irritata.
« Hai sentito? »
...

« Sentito cosa? »
All’ultima domanda un chiaro zampettare tra il fogliame circostante pareva allontanarsi di gran carriera, una fuga dal sangue dei suoi fratelli, dalla fine che avrebbe condiviso se avesse atteso un attimo in più.

« Ai cavalli, forza! »
Urlò perentoria, e senza farselo ripetere una volta di troppo Donovan obbedì.
I due cavalieri spronarono gli animali a un galoppo dissennato attraverso radure, foreste e basse boscaglie, ripercorrendo un tracciato costernato da morte e corruzione.

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Samarbethe ~ 5 giorni prima
(qualche ora dopo)

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Nonostante gli sforzi compiuti però, presto ne persero le tracce. Nessuna bestia è mai realmente in pericolo quando a casa sua, nel suo habitat naturale; e loro così adattati ai campi di battaglia, nella fitta selva non erano che predatori improvvisati, indegni cacciatori spogli di alcuna esperienza. Tuttavia, per quanto inutile quella corsa, quel moto di stizza indotto più dall’orgoglio che dalla volontà, rivelò ben più di quanto ci si potesse attendere.
Dalle lande oscure di Samarbethe i picchi dell’Erydliss si facevano sempre più vicini, era sufficiente sollevare lo sguardo oltre le fronde degli alberi per rendersene conto. Con passo cauto e rilassato per dare la possibilità ai destrieri di riprendere fiato e tono, seguirono le poche tracce a loro disposizione, incrociando non di rado eremi, villaggi e miseri borghi.
Ad ogni incontro con questi tuttavia, l’enigmatico panorama che si mostrava ai loro occhi era sempre il medesimo: un assordante silenzio, la privazione di ogni segno vitale se non l’anelito selvaggio della natura limitrofa.
Circospetta aveva esplorato e perlustrato abitazione dopo abitazione con l’aiuto del vecchio cavaliere. I letti sfatti, le tavole imbandite e talvolta i camini ancora accesi; come se in un momento non meglio precisato della giornata, nel mezzo della comune routine quotidiana, l’intera popolazione del luogo avesse deciso di abbandonare ogni avere per volgere su mete sconosciute in preda ad una schizofrenia di massa. Unico denominatore comune era l’assenza di violenza o sangue, elemento che aveva avuto modo di scorgere più volte nei pressi della regione di Samarbethe, luogo dove i Molti proliferavano senza sosta. Era come se gli eventi si concatenassero ma senza tangersi, un punto comune fra due anelli discordanti.

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Erydlyss ~ 1 giorno prima
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Il clima sempre più freddo, i cavalli lanciati sulla scia d’orrore che imperversava su quelle terre riarse da un gelo perenne e impietoso. Presto la neve coprì il manto erboso con una leggera patina immacolata, per poi mostrarsi come un vero e proprio ostacolo, aggressivo nella sua staticità, al quale era impossibile far fronte se non con uno sforzo di volontà disumano.

« Lassù, guardate! »
L’improvvisa esclamazione dell’uomo sgomentò la paladina intirizzita dal freddo.
Inconsciamente seguì la direzione del suo braccio nel cielo, e ciò che ebbe modo di vedere fu un’ombra che difficilmente avrebbe dimenticato:
uno dei due Leoni più fieri che ricordasse.
« Kreisler. »
Atona. Più a se stessa che al proprio interlocutore.
Dopo giorni di viaggio senza meta, al cieco inseguimento di ombre e fantasmi, un sorriso sbilenco le ornò nuovamente il viso.
Schioccando le redini, quasi per istinto, seppe dove dirigersi.

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Marimya
(Erydlyss - Matkara)

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Le membra del vecchio guerriero parevano ritemprarsi al dolce tepore del sole, rinascere e rimodellarsi come metallo nelle fucine. Dopo qualche ora di galoppo a briglia sciolta giunse alle porte dell’agreste villaggio di Marimya, località famosa per l’allevamento di cavalli purosangue Shire e per il buon vino, meta quasi obbligatoria per le traversate lungo l’Eden e il continente tutto. Nelle numerose taverne e bettole era possibile incontrare gente di qualunque tipo, dal ricco mercante di beni di lusso all’accattone disastrato, dal guerriero di nobile stirpe al peggiore dei tagliagole.
Di posti simili ne aveva visti tanti in vita sua, e non poteva che amare quell’eterogeneità, quel limbo in cui inferno e paradiso si carezzavano mollemente fino a mescersi in orgiastiche combinazioni ai limiti del ridicolo. Nessuno faceva caso a nulla, nessuno osava guardare negli occhi il nuovo arrivato; era sufficiente che pagasse e non creasse disordini per accettare di buon grado la sua presenza. Nessuno sarebbe mai stato giudicato finché le monete tintinnavano argentine sui tavoli e sui banconi, tra le strette di mano di gente semplice e operosa al di là una moralità propriamente detta.

Inspirò profondamente l’aria di quel luogo, sentendosi quasi a casa.
Donovan sapeva dove dirigersi, sapeva in quale locale arruolare uomini disposti a tutto pur di una moneta in più nel borsello. E fu sorridendo che varcò i battenti del “Giglio Nero” tra la sorpresa e l’acclamazione di molti suoi conoscenti, rozzi guerrieri di un’epoca ormai andata cedutisi al vittimistico abbraccio della senilità, cui rispose semplicemente sollevando un braccio in saluto.

Tronfio, accompagnato dallo sferragliare dell’armatura ad ogni cadenza, si avvicinò al bancone dove il locandiere lo attendeva sbuffando, presagendo il perché della sua venuta.
« Quando ti darai alla pensione: quando avrai un troncone piantato nel petto? »
Dritto al punto, l’omone si volse bonariamente verso un barile alla sua destra.
Afferrò un boccale e lo riempì di vino, un rosso primitivo dal gusto dolce ma forte, una specialità della zona.
« E tu quando la pianterai di sputare sentenze: quando avrai uno stiletto a tergo della schiena? »
Alla replica burbera ma indirettamente scherzosa i due risero di gusto.
Poi tacquero, sommersi dagli ebbri schiamazzi dei tavoli alle loro spalle.
« Cosa vai cercando oggi? » esordì impaziente « Mercenari, come al solito. L’ultima volta è stato un disastro - hai saputo dell’Erydlyss, no? » il vecchio afferrò il boccale per trangugiarne un primo sorso, beandosi della nostalgica sapidità « Faccio l’oste, mica il monaco eremita. Non hai idea di quante se ne sentono… è una rovina, i mercanti non passano quasi più. Non che prima fossero molti, ma le casse piangono. » commentò afflitto, afferrando uno straccio umido e passandolo sui bicchieri avanti a sé, nel goffo tentativo di pulirli alla meno peggio.
Dopotutto in quel luogo, sulle assi scricchiolanti tanto vecchie quanto l'intera struttura, nessuno avrebbe fatto caso ad aloni o macchie fintanto che il vino fosse scorso a fiumi.

« Faccio qualche domanda in giro per i tavoli, se qualcuno abbocca te lo passo. » sospirò mesto « …accomodati da qualche parte ora, hai l’aria stanca - alla tua età, tsk! » aggiunse divertito, cangiante come una nuvola d’agosto.
Il vecchio guerriero si lasciò andare, scrollò le spalle e si voltò.
« Dopo morto ne avrò di tempo per riposare, sta tranquillo! »
Concluse sollevando il boccale in alto, tra un riso e l’altro degli uditori alla scena.



littlecoqmpointwinterreBene e benvenuti! Nella speranza di aver realizzato un buon post mi appresto ad indicarvi le linee guida che dovrete seguire nella stesura del vostro post introduttivo.

Per un motivo o per l'altro vi trovate nel villaggio contadino di Marimya, e più in particolare in una locanda malmessa - ma non troppo - chiamata "Giglio Nero". Dopo la scena fra Donovan e l'oste (alla quale potrete assistere o meno, liberi di scegliere), e dopo che il primo si è accomodato ad un tavolo piuttosto in vista, al centro della stessa taverna, il secondo si aggira per i tavoli chiedendo se qualcuno è interessato ad un lavoro ben pagato, indicando il guerriero come il committente e assicurando sul suo onore - per quanto insulso possa essere quello di un taverniere - l'affidabilità del vecchio in questo genere di incarichi (potete piennegizzare l'oste come meglio credete, così come inventarvi png di contorno, pur rimanendo in linea con quanto già fatto in precedenza) .
A questo punto, incuriositi dalla prospettiva di un bel gruzzolo vi dirigete - chi prima e chi dopo - da Donovan intento nel bere il suo boccale di vino. Da quanto avete avuto modo di sapere dall'oste, siete a conoscenza del fatto che è in qualche modo legato alle numerose sparizioni sospette più a Nord, verso i picchi dell'Erydlyss. A questo punto potrete porre ulteriori domande sul lavoro, ma Donovan non aggiungerebbe una sola parola, assicurando che sarete informati di tutto una volta giunti al villaggio di Schneeweg, luogo dove tutto sembra essere cominciato - o dove perlomeno ritiene che sia così.
Dopo attimi di perplessità, Donovan si alza stancamente e vi chiede di seguirlo, non prima di aver lanciato qualche moneta al locandiere (il conto suo e, generosamente, anche il vostro) che egli afferrerà al volo quasi con soddisfazione. Una volta usciti dalla porta troverete ad attendervi un destriero a testa per la traversata che vi attende (liberi di descriverli come credete, dal colore, all'altezza alla razza - liberi anche qui).
Dopo una stretta sollecitazione del vecchio, che vi esorta a sbrigarvi e a montare su, partite finalmente alla volta del villaggio.
In queste tratta avete modo di assistere al cambio di panorama, dal tepore di Matkara al freddo pungente dell'Erydlyss (riferimenti descrittivi di base potete trovarne facilmente nei rispettivi topic di ambientazione a capo delle rispettive sezioni). Dovrete concludere il vostro post con l'arrivo alle porte di Schneeweg, né più né meno.

Potete piennegizzare anche Donovan se lo ritenete necessario, a patto che le azioni base siano quelle espresse poco sopra. E' inutile dire che ogni elemento è soggetto a valutazione, quindi comportatevi di conseguenza.
Per dubbi o domande c'è il topic in Confronto o i cari vecchi mp. 5 giorni di tempo, buon lavoro! ^^
 
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Shervaar
view post Posted on 10/5/2012, 14:53




CITAZIONE
Narrato - Pensato - Parlato - Donovan - Oste - Altri Png

Urla, rutti, risate e boccali sbattuti su tavolo.

Quasi rimpiangeva il caos di Velta. Almeno lì, in un luogo relativamente aperto, il suono si disperdeva. Tra le quattro anguste mura del “Giglio Nero” invece il rumore continuava a rimbalzare sulle pareti della taverna e le orecchie gli stavano per scoppiare.

Mentre due compagni di ventura al tavolo accanto continuavano a raccontarsi le ultime, l'elfo si infilò in bocca l'ultimo boccone di formaggio. Stagionato e saporito, nel complesso non male considerando in quale bettola si era infilato stanco morto e a corto di soldi. Ma la sorpresa più grande era stata quella bevanda leggermente alcolica che, dopo un iniziale momento di delusione per non aver trovato dell'idromele, stava sorseggiando di gusto. Finito di masticare tirò una lunga sorsata di sidro, così l'oste lo aveva chiamato, quando la porta si aprì cigolando e un uomo venne accolto tra saluti e acclamazioni. <<L'ennesima lattina ambulante>> pensò Shervaar mentre il nuovo arrivato dopo un rapido cenno di saluto generale si avvicinava al bancone facendo sferragliare l'armatura ad ogni passo. Dopo un breve scambio di battute con l'oste, che non arrivarono alle orecchie dell'elfo sia per il generale disinteresse sia per la gara di rutti iniziata tra tre probabili guardie cittadine al tavolo accanto al suo, l'uomo si andò a sedere ad un tavolo al centro della taverna bevendo da un boccale colmo di vino. Se prima, stando al bancone, poteva vederlo solo con la coda dell'occhio, adesso gli si parava esattamente davanti, lontano una manciata di metri e semicoperto solo da un paio di tavoli con relativi commensali. L'oste nel frattempo era partito con un paio di boccali diretto ad un tavolo non lontano da quello di Shervaar, fermandosi di tanto in tanto a scambiare rapide parole con questo o quello per poi indicare l'ultimo arrivato. Arrivato a destinazione poggiò i boccali difronte a due omoni ben piazzati che lo accolsero con grida di esultanza per il nuovo giro. Cercando di azzittirli gesticolando diede una pacca sulla spalla di un orco seduto li vicino che si girò con un grugnito sputando pezzi di pollo ovunque.
<<Cortese come sempre Gronck. Venendo a noi. Quella vecchia canaglia là, al centro del Giglio, dice di aver per le mani un lavoro interessante e offre una bella paga a chiunque abbia il buon senso di non lasciarci le penne per strada, sembra diretto a nord a indagare sulle strane sparizioni nell'Erydlyss ma è rimasto abbastanza vago a tal proposito. Se siete interessati garantisco io per lui e ...ed è la volta buona che rimedi i soldi che ti servono per pagarmi i pasti degli ultimi due giorni, Sten.>> concluse dando un colpetto di scherno sulla nuca di uno degli umani. Si allontanò quindi continuando a fermasi di tanto in tanto per raccogliere boccali e stoviglie vuote o parlando con i clienti, ma l'attenzione di Shervaar era venuta meno già da quando l'uomo aveva menzionato il lavoro. Non poteva certamente definirsi ricco, ma l'elfo non aveva di certo voglia di mettersi al soldo del primo tagliagole incontrato per racimolare due spiccioli, in un modo o nell'altro se l'era sempre cavata e questa volta non sarebbe stato diverso. Cercando di deliziarsi ancora con quella nuova bevanda al gusto di mele portò il boccale alle labbra, ma si accorse con una nota di dispiacere che dentro vi era rimasta solo aria. <<Poco male. E' tempo riprendere il viaggio.>> In viaggio per dove? non lo sapeva neanche lui, ma dopo aver passato un po di tempo nella sede del clan che non esiste aveva nuovamente deciso di ripartire in cerca del proprio destino. <<Chi sa se Bloodwing ha finito di cacciare? >> si domandò mentre alzandosi dal tavolo si dirigeva al bancone per saldare i conti. I due uomini e l'orco sembravano discutere della proposta dell'oste ma Shervaar era già scivolato via, zigzagando tra i tavoli, e le loro voce gli giungevano solo ovattate.
Era ormai ad un paio di metri del bancone quando voce stranamente indistinta nel caotico vociare della taverna gli giunse all'orecchio stillandogli in testa un dubbio atroce.
<< ...e vedi di portare il culo a casa anche questa volta. Il giorno che ripasserai da queste parti con il tempo per due chiacchiere non esitare a cercarmi, alla prossima Donovan. >>
<<Come ai vecchi tempi. E' stato un piacere Jeff, ci si rivede.>> concluse l'uomo, che dopo una stretta di mano tra vecchi commilitoni tornò a sedere sorseggiando di gusto il suo vino.

<<Donovan?...Quel Donovan?>>

Immobile a metà tra il bancone e il tavolo con quel presunto Donovan l'elfo continuava a dilaniarsi di dubbi.
<<Hai intenzione di rimanere li immobile ancora a lungo?>>
<<Eh?...Ah...Mi scusi>> disse Shervaar spostandosi di lato e lasciando libera la strada all'oste.
<<Voi elfi sempre con la testa tra le nuvole...>>
Era rimasto lì fermo non più di mezzo minuto, almeno credeva, giungendo alla sola conclusione che limitarsi a rimuginare non sarebbe servito a nulla.

<<...oppure vuoi sapere di quella volta in cui sgominai un banda di nani tagliagole armato solo di una sedia e della cinghia dei pantaloni ?>>
<<Basta così grazie, appena avrò preso una decisione vi informerò.>>
<<Fai come vuoi vecchio, il tavolo nostro è quello. >> disse uno degli umani di prima, probabilmente Sten, invitando il compare e l'orco a seguirlo al tavolo.
<<Al massimo posso fingere di aver sbagliato persona...>> pensò Shervaar avvicinandosi al vecchio veterano. I loro sguardi si incrociarono un secondo prima che l'uomo prendesse parola.
<< Anche tu in cerca di gloria?>>
<<Non sono qui per la fama, ne tento meno per l'oro. Mi domandavo piuttosto cosa possa aver spinto i Leoni a caccia da queste parti.>> Un lampo guizzo negli occhi del veterano, che dopo un istante tornò l'impassibile uomo di prima.
<<Centro!>>
Nonostante non lo avesse mai incontrato vista la sua breve permanenza a Velta il nome di Donovan, fedele alla Regina senza Regno e con lei sempre in viaggio, era già giunto alle orecchie dell'elfo. Dopo un momento il veterano riprese come se niente fosse stato.
<<Non è questo luogo ne momento per dirti cosa mi porta da queste parti, ma se vorrai essere dei nostri avrai tutte le tue spiegazioni non appena arriveremo al villaggio di Schneeweg tra i picchi dell'Erydlyss. C'è un cavallo fuori che ti attende, penso io a saldare i conti con l'oste, tu fai la tua scelta. >> concluse svuotando il bicchiere e alzandosi diretto al bancone infilando una mano in un borsellino tintinnante.

Shervaar si ero deciso a partire.
Convinto che vagabondare senza metà nell'Eden non gli avrebbe portato nulla di concreto aveva optato per aiutare Donovan, prestando in qualche modo servizio al clan, e uscendo dalla Giglio Nero aveva scoperto di non essere l'unico ad essere stato reclutato. Il vecchio era arrivato subito dopo lui e aveva esortato tutti i presenti a partire di corsa, sparati verso Nord.
Cavalcando attraverso pianure, foreste e paludi, il paesaggio aveva lentamente iniziato a cambiare e le temperature a scendere intorno all'eterogenea compagnia, tanto eterogenea da sembrare quasi bizzarra. La neve era ormai una costante, e se prima avanzava timidamente combattendo per non sciogliersi adesso era diventata un vero e proprio ostacolo che il suo baio, uno splendido esemplare, faticava a superare.

Il freddo era ormai talmente intenso da penetrare sin dentro le ossa, e stringersi dentro il consunto mantello da viaggio non aiutò molto il povero elfo. Dopo una giornata di viaggio a briglia sciolta passando da verdeggianti pianure ai ripidi passi di montagna erano giunti ai piedi di un piccolo borgo sommerso nella neve. Un innaturale silenzio di tomba avvolgeva il villaggio situato in una nicchia di roccia nella valle in cui erano appena sbucati e alquanto perplesso Shervaar rimase in silenzio attendendo da Donovan una qualche spiegazione.

Stats:
Rec 200
AeV 225
PerF 175
PerM 250
Caem 125

Danni subiti: Fisico Nullo (0/16) – Mentale Nullo (0/16)

Energia rimanente: 100%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:

Note: Ho usato i Leoni solo come pretesto per aggregarmi.
Lo so...più che un post sembra un quadro..:|
Non ho accennato ad Odin anche se abbiamo un altra quest in comune perchè è appena iniziata e non siamo ancora neanche interagiti quindi non potevo sapere come si sarebbe relazionati.


-Edit- Corrette le stats





Edited by Shervaar - 12/5/2012, 19:41
 
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view post Posted on 10/5/2012, 22:58

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Perwaine
Qualche giorno prima.

Sotto il sole splendente dell’Akerat, i gabbiani stridono solcando il cielo blu, erba verde brulica intorno a quella distesa florida fatta di collinette e ampie vallate. Ultimo baluardo selvatico di una terra colonizzata in lungo e in largo da popolazioni multi-etniche. Mentre il giorno conosce la sua aurora più bella, mentre il sole comincia il suo natural decorso, una nota stonata in quell’effimera tranquillità irrompe come un chiassoso percuotere di percussioni fuori tempo, un ruggito si leva nell’atmosfera, tuona come un fulmine a ciel sereno agitando i volatili, che si alzano al cielo spauriti dal richiamo del cacciatore più grande che il mondo donò al continente Asgradelliano: un drago. Il drago blu, sull’alto di una vallata, osserva la distesa verde che si affaccia davanti a lui, il Perwaine mostra le sue curve con la malizia di una bella ragazza che lentamente si sveste. All’orizzonte si scorgono le prime città, i primi villaggi, i primi segni di un civiltà fiorente che ha ritrovato nuova linfa per tornare a prosperare e a crescere. Ma il ruggito che Morpheus esalò dalle sue fauci, non fu un inno alla caccia, né nessuna dimostrazione di forza.
Fu una litania, una stridula nenia, o più semplicemente una preghiera in lingua draconica. Un’accozzaglia di suoni grevi e gutturali per richiamare la benevolenza degli Dei antichi. Di fronte alle sue possenti zampe, una macchia di terra contrastava il verde delle distesa dei prati, come un memento - o un ricordo spiacevole - che risaltava in un landa altresì pura e felice.

“Qui giace un uomo buono, sotto la volta dei colori del mondo.
Il suo nome era Roberto.”


Un uomo era morto quel giorno, e quello era il suo degno funerale.
Senza parenti né amici, un uomo solo, un uomo che accanto a sé, a piangere per lui, aveva solo un drago.

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W I N T E R R E I S E
Ciò che il freddo vuole celare.

Ironica rappresentazione del sempre attuale gioco del telefono.
Come bambini che si passavano un messaggio all’orecchio, così Morpheus era l’ultimo capo di quella coda di informazioni.
Ciò che lo raggiunse ai piedi dell’Akerat, non fu altro che un susseguirsi di voci, un indefinito vociare di sensazioni. Qualcosa s’agitava al Nord, qualcosa che lo stesso Nord decise di seppellire come un infausto segreto da custodire gelosamente. L’Eden era il territorio di ciò che non esiste, di ciò che prima s’animava e che ora giaceva distrutto. Casa del fu Clan Sorya, terra di nessuno dopo la morte di Eitinel. Ove il dileggio di un nome non poteva palesarsi in questa forma tanto evidente.
Il richiamo di un idillico paradiso terrestre traviato dalla nefasta realtà. Il territorio più selvaggio dell’intero continente. Un territorio il quale, persone comuni, si avvedevano dal calpestare. E quando le voci si fecero più insistenti, e quando il nulla, seppur rimase sempre nulla, diventò qualcosa di curioso, un mistero affascinante, il drago spalancò le sue ali e il rompo del suo sbattere invase il Perwaine, abbandonò quelle terre calde e si diresse a Nord, ben più in là della sua terra natia.

[...]

Stava seduto in un taverna malandata, ove lo scricchiolare delle assi preannunciava l’antichità di una struttura che aveva resistito negli anni alle intemperie del settentrione. In cui rozzi barbari, e soldati in congedo, stringevano curiose, quanto rischiose, alleanze spinte dal fiume di rosso che inondava il locale. Lontano da occhi indiscreti, il giovane sedeva in un angolo attanagliato dalle tenebre, osservava - con interesse - quella strana accozzaglia di uomini che si divertivano e sbraitavano come commensali alticci alla fine di una grossa riunione di città.
In mano aveva un calice di vino rosso, che si divertiva ad agitare osservando il fluido rubicondo generare un alcolico maelstrom.
Dopo giorni di volo, era giunto in quel villaggio di nome Marimya, le voci dei mercanti lo vedevano come tappa fondamentale in un viaggio nell’Eden, era il ritrovo di ogni carovana mercantile, di ogni nobile e di ogni bandito tanto pazzo nell’avventurarsi nel settentrione. Un luogo dove il sole riusciva ancora a concedere agli abitanti un caldo abbraccio, ben diverso dalle condizione avverse del resto dell’Eden.
Aggirandosi per le strade di quel villaggio, chiese a suoi abitanti se strane anomalie si erano sviluppate nei territori ancor più a nord, ma nessuno sembrava sapere nulla né nessuno sembrava voler parlare, ognuno pareva volersi fare i fatti propri.
Ora si trovava lì, in quella taverna indicatagli con garbo da qualche paesano.
Quando l’oste gli si era avvicinato per chiedergli se volesse altro da bere, la voce di Morpheus, greve e fredda come non mai, proruppe sovrastando le urla del locale.
« Non sono qui per bere, né per divertirmi in compagnia » sorrise con aria minacciosa, « sono qui per informazioni. » Il viso si incupì lasciando trasparire un aria antica quanto stanca. Notò comunque che sul volto dell’oste si disegnò una lieve forma di delusione. Probabilmente apprese, che quel cliente, non avrebbe più ordinato nulla per quella sera.
« Cosa sta accadendo al Nord? »
L’oste scosse la testa ammettendo che no, non ne sapeva nulla.
« Se sai qualcosa torna qui. »
Morpheus lanciò in aria una moneta d’oro che venne accolta in volo dall’oste, il quale mostrò un sorriso a trentadue denti.
Dopo qualche minuto, in cui il bicchiere di vino rosso fu svuotato, l’oste tornò al tavolo chinandosi sulla figura del giovane ragazzo.
« Lì c’è il vecchio Donovan » l’oste indicò un uomo seduto al bancone, « cerca qualche giovane dalle braccia forti e abbastanza pazzo da seguirlo. »
I denti si mostrarono nella bieca rappresentazione di un sorriso.
« Non sono soldi che cerco. » Ribatté Morpheus quasi infastidito da quella notizia. « Potrebbe sapere qualcosa sulle sparizioni avvenute a Nord. »
A sentire quelle parole, fu il sorriso di Morpheus a mostrarsi in tutta la sua larghezza.

« Essia. »

Il drago cobalto si alzò dalla sedia, con passo cadenzato raggiunse la figura del vecchio al bancone, ignorò bellamente ogni figura accanto a Donovan.
« Non sono qui né per l’oro né per il potere » tuonò, « voglio solo sapere. »
Flebilmente sorrise.
« Parlami di queste sparizioni e in che cosa consiste il nostro lavoro. »
Donovan sorrise, aveva fatto centro.
« Vieni con me e lo saprai. »

[…]

Decise di seguire quel vecchio per lo stesso motivo per cui si era spinto tanto oltre i suoi territori, la curiosità draconica ebbe la meglio sulla sua psiche, nella sua mente l’idea di una nuova avventura tamburellava come un picchio contro le pareti del suo cervello, divenendo presto un’idea fissa da scacciare.
Qualsiasi cosa stesse succedendo a Nord, era ormai diventato pensiero predominante per il drago che non si sarebbe arreso fin quando non avrebbe scoperto la verità.
Fuori alla taverna, ad aspettarli, c’erano diversi cavalli, purosangue da cavalcare, ma che per Morpheus non era altro che inutili ronzini. Animali inutili e deboli tanto da diventare alla stregua di muli raglianti ma col sangue blu.

« Non intendo salire su uno di quei cosi. »

Con sgomento Morpheus osservava quelle creature tanto inutili poi, la sua figura, in un attimo di trambusto, si deformò. Al posto del ragazzo, un grande drago blu si palesava al centro di quel villaggio.
Sentì grida di allarme, forse anche una campana che suonava.
Poi, le ali si spiegarono e con un salto che fece tremare la terra il drago partì in volo, librandosi in aria e crogiolandosi in una libertà che un umano non avrebbe mai potuto cogliere. Accarezzò il vento, volò tra le nuvole, si accoccolò con il caldo abbraccio del sole che riversava la sua luce sulle sue scaglie variopinte.
Li segui volando in circolo dall’alto, per quasi un intera giornata svolazzando come una sentinella sopra le loro teste. Fin quando non giunsero alle porte di un villaggio. Alle porte di Schneeweg.
CITAZIONE
Proprio all'ultimo secondo.
Bene, scusate magari la scarsa qualità del post, ma credetemi, con il poco tempo che ho avuto è stato un miracolo.
Sono stato senza pc da domenica fino a oggi pomeriggio, contando che sono tornato alle 4 e mezza e che alle 5 e mezza sono dovuto uscire, e sono tornato alle 11 e 10 quello che ho fatto è stato un vero e proprio miracolo, c'è un calo nel finale ma insomma, mancavano pochi minuti e me ne scuso.
Comunque la prima parte è collegata hai fatti di Conquistadore dove difatti non specifico cosa succede solo il fatto che Apo mi ha killato un png e quello è il suo funerale.
Poi delle voci indefinite giungono alle orecchie di Morpheus, spinto dalla curiosità si spinge fino al villaggio di M... spero di averlo scritto bene nel post, ed entro nella taverna, dopo varie discussioni parlo con donovan, rifiuto il ronzino e vi seguo in volo, quando arriviamo al villaggio, anche se non l'ho descritto, scendo accanto a voi tornando in forma umana.
Ps: lo specchietto lo metto dal prossimo turno, tanto a parte una passiva di timore verso gli inferiori di energia e i non avatar non c'è nulla di rilevante.
Pss: Corrette alcune parole, e virgole, errate per la fretta.



Edited by Lud† - 11/5/2012, 07:59
 
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view post Posted on 11/5/2012, 02:09
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Ad Agio Nel Disagio
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Il boccale opaco gettava ombre d'ambra sul tavolaccio unto e impregnato di alcool. Un altro giorno. Dieci, cento volte si era ripetuta quella scena. Le locande dell'Eden erano il ritrovo di ogni sorta di avventuriero, brigante e mercenario; alcool e denaro viaggiavan veloci quasi quanto le informazioni, e Lazarus era costantemente in cerca di tutte e tre.
Per lo meno, questa volta la birra era discreta. Ripercorrette la carotide distratto, lasciando che il dorso delle dita raschiasse l'ispida ricrescita della barba bruno rossiccia mentre fissava sovrappensiero l'inseparabile compagno dei suoi viaggi: il boccale rispose con tacito compatimento, invitandolo a trangugiare il resto del suo spumoso contenuto. Il tempo di godersi lo scorrere del liquido lungo la gola - ormai tiepido, ma poco importava - e nuovamente l'uomo riprese a scrutare gli avventori del Giglio Nero in cerca di qualche storia interessante.
Uno straniero solo ad un tavolo che beve in disparte attira solo due tipi di personaggi: truffatori, e quelli che cercano servizi anonimi ed efficienti. Il truffatore in fin dei conti era lui, perciò bastava solo attendere.
« Già, anonimo ed efficiente: proprio come una puttana » pensò fra se, tirando su col naso in una smorfia. Non si considerava propriamente un tipo avaro - in fondo spendeva più per sciacquarsi la gola che per sfamarsi - piuttosto era...consapevole di come il denaro fosse la chiave per ogni cosa. E a lui sarebbe piaciuto avere un passepartout abbastanza versatile da portarlo dove voleva.
Un ultimo sguardo all'oste che, straccio alla mano, discuteva allegramente con un eterogenea compagnia di clienti, e il negromante si abbandonò a qualche amara macchinazione. Era passato diverso tempo dalla sua piccola escursione nelle miniere di Garta e il gruzzoletto racimolato - non sapeva neppur bene lui come, data la poca vitalità del mittente e la scarsa collaborazione dell'obbiettivo - si stava rapidamente assottigliando, lasciando le sue tasche più leggere e la mente più pesante. In fondo doveva pur bere! e mangiare, ovviamente.
I tre boccali ben poco cristallini lo scrutavano, accatastati alla meno peggio in un angolo del tavolaccio. Con lo sguardo ripercorrette le linee incise nel legno, beandosi della fine poesia intarsiata dalle mani di chissà quale nobiluomo riguardo alle doti di una certa Frida. Alzò le sopracciglia, sorridendo sornione: anche la locanda di Marimya onorava le buone tradizioni dei paesi del Matkara. Più rilassato dopo che le sue abbondanti consumazioni avevano portato via i pensieri negativi, Lazarus tornò ancora una volta con lo sguardo in cerca di soggetti interessanti. Passò diversi minuti, come suo solito, a guardare l'affaccendarsi dei guerrieri, le sguaiataggini dei villici, ascoltando gli improperi e le bestemmie come fossero fini melodie in grado di addolcire i cuori più duri. Eppure a vederlo chiunque non avrebbe scommesso un soldo sul rosso: non era nato in taverna nè vi aveva trascorso la gioventù, ma gli ultimi anni di vagabondare avevano indurito i suoi timpani e ammorbidito il suo fegato, gli avevano donato un vocabolario adatto ad ogni tipo di locanda e l'avevano reso infine avvezzo ad ogni stamberga in grado di accogliere un viaggiatore pagante. O quasi sempre pagante, a seconda dei periodi.
« Le sparizioni? Certo che ne ho sentito parlare, boia d'un diavolo! Siamo qui di passaggio e l'ultima cosa che vogliamo è finire in cerca di chissà quale bastardo in mezzo alla neve dell'Erydlyss, oste della malora!»
Si riscosse dai suoi pensieri e dai leggeri effluvi dell'alcool, tendendo l'orecchio. A pochi metri dal suo sgabello sgangherato, cinque o sei uomini si agitavano imprecando. Gli energumeni, bardati di tutto punto, avevano appena allontanato cortesemente il loro ospite; uno di questi, fuori dalla portata visiva di Lazarus, mostrò la sua approvazione con un sonoro rutto, mentre il locandiere indicava col dito tozzo un uomo avanti con gli anni seduto qualche tavolo più lontano.
« Al diavolo! Quel tizio laggiù è Donovan, avete idea di quanto può pagarvi? E voi per un pò di freddo rinunciate, avete forse paura che vi si ghiaccino le palle? Per quelle che ne avete non dovreste temere! »
Un vociare confuso e gutturale da parte di entrambi i contendenti annunciò la fine delle trattative, lasciando di nuovo Lazarus senza nulla d'interessante da ascoltare. In fondo, però, aveva già sentito quanto gli bastava: forse aveva trovato un modo per rimpinguare le sue finanze.

Attese qualche minuto, rovesciando periodicamente i boccali vuoti in cerca di un triste rivoletto di birra scampato alla sua degna fine, infine si alzò dirigendosi con calma verso il tavolo occupato dal vecchio guerriero. Poggiò una mano sullo schienale scrostato della sedia dirimpetto all'uomo, sorridendo affabile.
« Ho sentito che cerchi uomini per una missione a nord. » disse, diretto. Il cavaliere aveva già lo sguardo puntato su di lui, inaspettatamente rassicurante forse grazie alla folta chioma canuta o per la scintilla negli occhi stanchi.
« Hai sentito bene. Accomodati » invitò con voce roca « purtroppo non ho molto tempo »
Lazarus si sedette, fermando l'oste che stava passando vicino al tavolo e mugugnando qualcosa, alzando indice e medio. Donovan scosse la testa, additando in risposta il boccale di vino alla sua destra. L'oste si allontanò, diretto verso il bancone.
« E così sei interessato. Come hai detto andremo a Nord, verso l'Erdylyss: laggiù tutto vi sarà più chiaro, inizieremo le nostre ricerche da Schneeweg, di più non posso dirti. In ogni caso la paga è buona e se sei abbastanza folle da accettare a scatola chiusa stai certo che qua nell'Eden guadagnerai dei buoni contatti. »
L'anziano combattente tacque, concludendo il suo breve discorso con il tono di chi non ha intenzione di dire null'altro di più. Il negromante sfoggiò un quarto di sorriso mentre l'oste tornava al tavolo con l'ennesimo boccale di birra.
« Accetto senza alcun dubbio. » dichiarò raggiante per il nuovo ingaggio, svuotando d'un fiato metà boccale. Donovan rispose bevendo più sobriamente ancora un sorso dal boccale di barricato, alzandosi stancamente.
« Seguimi. »
Un paio di monete d'argento scintillarono in aria, guizzando dalle dita di Donovan fino ai palmi del locandiere che ringraziò con un ghigno soddisfatto mentre i due uscivano dal Giglio Nero, alla luce del sole.

_______________ Erdylyss _____



« Fottuto ronzino »
Lazarus si guardò attorno, accertandosi che nessun membro della piccola compagni avesse sentito la sua imprecazione. Effettivamente il pezzato che l'uomo montava non doveva essere un brutto esemplare: cavalcava ormai da ore, instancabile, divorando lo spazio che divideva la tiepida campagna attorno a Marimya dal freddo al quale si era abituato durante il suo viaggio precedente, ma questo non gli importava. Era un fottuto ronzino, nient'altro. Odiava quella corsa, odiava la corsa, preferiva di gran lunga attraversare il mondo sdraiato sul retro di un carro incontrato per caso o a piedi, con calma, godendosi il panorama e la solitudine. E invece era costretto a consumarsi il cavallo dei pantaloni sulla sella di cuoio duro in quel movimento ipnotico.
Iniziò ad apprezzare quell'animale solo quando il freddo si fece più pungente; il caldo corpo della bestiola emanava un tepore delizioso, aiutandolo assieme al mantello pesante a scacciare la spiacevole sensazione che aumentava pian piano con l'inasprirsi delle pendenze e il sopraggiungere, infine, dei ghiacci perenni dell'altopiano dell'Erydlyss. Cavalcarono ancora e ancora senza quasi guardarsi, senza fiatare, scorgendo a volte un ombra turchese nel cielo, a volte costretti a schermarsi gli occhi dal riverbero. Ostacolati dai sentieri ghiacciati dovettero rallentare il passo a più riprese, terminando infine la loro epopea bianca: le porte di Schneeweg, miraggio di vita tra la fredda grandiosità della morte, si paravano davanti a loro. Il viaggio era iniziato.

Oh yeah, è tardi. Troppo tardi. Ho un poco di sonno xD Spero di aver messo bene i nomi e di non aver forzato Donovan.
 
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Foxy's dream
view post Posted on 13/5/2012, 15:58




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Il vecchio Sir si passò una mano sulla barba sfatta di qualche giorno, tentando di sottrarsi al freddo che pungente lo stava affliggendo sin dai primi pendii lassù a nord. Un brivido lo percosse e si strinse ancor più nel largo mantello, non mancando d’imprecare quei territori e quel vento secco e gelido. Ad ogni ansare pareva che fauci lo smembrassero vivo, e al semplice respirare pareva annaspare, trangugiare acqua che nel petto si solidificava in ghiaccio. Il destriero dal manto roano sotto di lui invece pareva ben adattarsi al clima avverso, in grado di resistere con la fierezza di un purosangue, ben diverso dal bastardo che ospitava sulla sua groppa, amante del clima mite più a sud. Pigrizia, forse. Vecchiaia, pure.

« ... »


Il panorama si stendeva monotono e desolato, incolore. La luce del sole che fioca penetrava le nubi gravide rifletteva sulla neve giocando brutti scherzi alla vista, talora accecante se pronti a fissarla per più di qualche attimo. Sui picchi dell’Erydlyss c’era poco da scherzare. L’assenza di bacini idrici cui abbeverarsi, i sentieri più battuti che sparivano con cadenza ogni quarto d’ora col precipitare delle nevi, il parco numero di insediamenti ai quali chiedere soccorso o riparo in caso di bisogno. Questo e tant’altro costituiva morte certa per gli sprovveduti, per i conquistatori di terre libere tanto folli da voler erigere qualcosa di decente nella solitudine più assoluta. Se pochi fino a quel giorno si erano spinti lì, in fondo, c’era un motivo ben palese, evidente.
Sollevò pigro lo sguardo, osservando quel folle di un drago fendere il cielo con la delicatezza di un uragano. Di tutto si sarebbe aspettato lì a Marimya, meno che di incontrare un membro di quella razza rara al punto dall’aver raggiunto connotazioni leggendarie. Evidentemente, quel borgo variopinto era ancora capace di serbare qualche sorpresa, e ciò indusse lui ad amarlo ancor più.
Quel pensiero gli strappò un sorriso, lo rinfrancò del gelo di cui ebbe modo di ricordarsi un attimo dopo, sulla carica di un sonoro e sgraziato starnuto.
Con occhi mesti si voltò dietro, osservando la coda di quella piccola spedizione dirigersi stancamente verso una meta non meglio precisata. Probabilmente crudele, ma da buon guerriero sapeva di star temprando gli animi loro in vista di sciagure ben più soffocanti.
Tamburellò le dita intorpidite dal freddo sul pomo della sella, e fu in quel momento che il profilo puntiglioso di Schneeweg si elevò quasi innaturale. Dopo ore di bianco assoluto leso talvolta dal bruno delle rocce controvento, di foreste di aghifoglie terribilmente uguali le une alle altre, nel pavido panorama sciorinò qualcosa che desse un tono di colore, di vivacità.

« Ecco Schneeweg. »
sussurrò dolente, ansioso di mettere i piedi al caldo,
o perlomeno di andarsene da quel postaccio
« Alzate il passo, ci siamo quasi. »


Dopo venti minuti buoni di passo sostenuto raggiunsero la meta predestinata, trovando lì ad accoglierli Alexandra e Kreisler. Dietro lui invece la viverna che tempo addietro aveva attentato al Clan Sorya, riconvertitasi al servizio di qualcosa di più grande - di più sensato. Avrebbe tanto voluto vedere la sua reazione alla presenza del drago azzurro. Ci sarebbe stato da divertirsi a quell’incontro che avrebbe avuto tutto fuorché del formale.

« Ce ne hai messo di tempo. »
ad accoglierli dall’estenuante viaggio fu la voce squillante di Alexandra
« Purtroppo il vento e la neve sono avversari impossibili da battere,
non ci si può che piegare ad essi. »

le scuse del vecchio Sir sibilarono velenifere,
sarcastiche come suo solito
« Anche se… »
con la destra a pugno chiuso e il pollice all’insù indicò il drago alle sue spalle, ora una figura lontana similmente umana;
fra le rughe del viso e l’ispida barba spuntava un largo ed eloquente sorriso

« E' ciò che penso che sia? »
esclamò inarcando i sopraccigli sorpresa, trovando un tacito cenno d'assenso in risposta
« Certo che a Marimya se ne vedono di cose strane. »
non era certo la prima a notarlo né l’ultima a pensarlo
« Su, smontate. » si riscosse « Non è certo un buon luogo per le presentazioni questo qui. »



littlecoqmpointwinterreAttendete il post di Bastard. ^^
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 16/5/2012, 23:24




Li squadrò uno per uno, senza dire una parola.
Alle porte di Schneeweg, Sentiero di Neve, si ergevano di fronte a Kreisler e Alexandra due mercenari, guidati dal vecchio Donovan. Un elfo e un umano, probabilmente. Dietro di lui, la Viverna squadrava i nuovi arrivati agitando la coda dall'aculeo velenoso e sibilando: probabilmente pregustava un lauto pasto. Deciso, il guerriero le poggiò una mano sul muso senza distogliere gli occhi dai mercenari. Non ora, cercava di comunicare mentalmente alla sua compagna di viaggio per calmarne il lato più ferino.
Erano volti noti: forse aveva già incrociato i loro sguardi nelle profondità di Tùrmarsh, nascosto nell'ombra di un portico diroccato, non visto o subito sfuggito alla memoria di coloro che ne avevano avuto percezione. Corrugò la fronte, stizzito: solo due volontari? Possibile che le terre dell'Eden ospitassero solo smidollati?
Si voltò di scatto verso Donovan, apostrofandolo con voce bassa e irata.

- Vecchio, dovevi darti più da fare. Mi aspettavo di più dall'unico Leone che la Regina... -

Trattenne le seguenti parole a sentire lo scambio di battute tra Alexandra e il suo scudiero. Volti meravigliati, dita puntate in cielo.
Seguì la direzione di quei cenni sgomenti, e vide il terzo.
Niente più che un puntino lontano dapprima, eppure si avvicinava a velocità impossibili per un normale volatile o per un mago dotato del dono del volo. In poco si ingrandì finché fu palese il ritmico battere d'ali membranate colore oltremare.
La bestia si agitò ancora più, e Kreisler dovette circondarle la bare del collo con un braccio per calmarla.
Del resto draghi e viverne non s'erano mai visti di buon occhio.
La creatura calò verso terra non molto lontano, quasi scomparendo nel silenzio. Poi, da quel punto si fece incontro al villaggio deserto un ragazzo dai capelli scuri, vestito di abiti troppo leggeri, inadatti al clima inospitale di quelle terre. Un brivido lieve increspò la pelle sulla schiena dello Straniero che tuttavia non si scompose: potevano giungere draghi, angeli e demoni, perfino gli stessi Dei alle porte di Scheeweg; ma sarebbero stati trattati tutti allo stesso modo. Erano mercenari, dopotutto: agivano per un compenso, forse anche solo per la gloria, ma questa era una questione secondaria. L'importante ora era che i difensori fossero tre.
Si passò una mano davanti al volto come a premersi le tempie, poi la abbassò: come per incanto vi si era materializzata una maschera di cristallo.

- Ora va già meglio. Come Alexandra ha anticipato potremo presentarci per strada. Ciò che ora è più urgente è incamminarsi verso Gefahrdorf, un villaggio a mezza giornata di cammino da qui. Anche lì pare si siano verificati strani eventi, che probabilmente possono essere collegati con questo. -

Il gesto del braccio che indicava l'innaturale stasi del villaggio disabitato tutt'intorno era più che eloquente. Prima di riprendere, lasciò che il lamento della tramontana imprimesse meglio le sue parole nella mente dei soldati.

- Lasceremo le nostre cavalcature alle cure di Donovan, e marceremo senza dare nell'occhio. Per questo rinuncerò alla mia cavalcatura, come mi aspetto che voi rinunciate a qualsiasi trovata anche solo vagamente scenica che possa farci individuare da possibili minacce. - Uno sguardo torvo fu lanciato al ragazzo-drago. - La Regina senza Regno sta per ripartire, ma da voi mi aspetto che sappiate cavarvela anche senza la mamma. In marcia ora! -

Un inquietante sorriso solcò il viso dello straniero quando si riferì ad Alexandra come "mamma": qualsiasi ruolo si confaceva alla paladina meglio di quello della genitrice intenta ad accudire un infante, e immaginarla in quella veste gli procurava un vago senso di divertimento.
Il messaggio, comunque, era chiaro: sapendosi protetti dalla leggendaria Regina, tutti si sarebbero sentiti al sicuro. Ma non era così, Kreisler sapeva che neanche Alexandra poteva risolvere da sola tutti i problemi dell'Eden. Ora che aveva ottenuto la sua alleanza, era giusto che anche lui si sobbarcasse la sua parte di responsabilità.
Del resto, l'aiuto che ne avrebbe ricevuto in cambio sarebbe stato ben più importante...

snowe

Kreisler e i tre guerrieri si fermarono ancora il solo tempo necessario a veder allontanarsi e sparire Alexandra in sella al suo destriero. Poche, sbrigative parole erano state sussurrate da lei al Cavalcaviverne, e nessuna ai soldati. Rapida com'era arrivata, ella rimontò su Cursed e galoppò via da Scheeweg, seguita dal fedele Donovan e dalla Viverna.
Poi iniziò la marcia.
Il vento freddo tagliava la pelle e condensava il respiro, la neve fresca e friabile ingoiava le gambe dei viandanti fino al ginocchio, rendendo il viaggio più arduo di quanto temuto.
Le ore passavano lente, come se anch'esse si fossero congelate con il freddo dell'inverno sull'Erydlyss. Dalla radura della valle di Schneeweg il gruppo si ritrovò quasi senza accorgersene in una fitta foresta di conifere.
Bianco di neve, grigio di ombra, bruno dei fusti e delle fronde cariche di aghi e di pigne. Un boato attutito in lontananza allarmò Kreisler. Il Cavalcaviverne si fermò guardando all'indietro alcuni istanti, poi si convinse che forse era stato solo il suono di un tronco marcio schiantatosi al suolo per la troppa neve e continuò a camminare. Dietro di lui i profondi fori lasciati dalle sue gambe si ricomponevano come per magia e parevano non essere mai esistiti.
Nessuno poteva immaginare che il tonfo potesse essere causato dal quarto guerriero.
_ __ ___ _____ ___ __ _

Marchosias, tale il suo nome, cadde come una meteora sul suolo innevato di Schneeweg. Era in ritardo, e se non fosse stato per le profonde impronte lasciate dai tre mercenari non li avrebbe mai trovati. A giudicare dallo stato delle orme, il gruppo non distava più di un paio d'ore di cammino. Un lasso di tempo probabilmente eccessivo per una semplice scampagnata, ma che forse valeva la pena di affrontare.
Eppure c'era qualcosa che anche a Marchosias era sfuggito. L'impatto violento del suo atterraggio aveva scosso profondamente il sottosuolo in cui antiche creature riposavano, e ne aveva svegliato una tra le più temute.
Emerse dalla neve in un ribollire di marciume nerastro, a ricordare la caducità della materia, l'effimerità del corpo, un corpo che l'Artefice ormai non possedeva più, e dilagò attorno a lui intridendo la neve di icore fetido, corrompendone la purezza.
A quanto pareva, la strada per la missione sarebbe stata ben dura.

webyk

Un sussurro tra gli alberi.
Drizzò il capo, scrutando tra le chiome scure: niente. Qua e là, grumi di neve scivolarono al suolo da rami ondeggianti con rumori attutiti.

- Fermi. Pericolo. -

Qualcosa si aggirava nel bosco, qualcosa li seguiva senza toccare la neve. Qualcosa li avrebbe attaccati dagli alberi. Forse gli stessi mostri che avevano rapito la gente di Schneeweg?
Non ebbe tempo di pensare neanche alle possibili risposte a quella domanda che calarono.
Decine e decine di pallidi ragni calarono dalle ombre: oscena progenie della piaga conosciuta come Kishin, mossi dagli istinti più bassi della fame più che dalla crudeltà, essi avevano percepito le vibrazioni lasciate dai viandanti e avevano atteso il momento propizio per tendere loro un'imboscata.
Dalle dimensioni di un pugno a quelle di due uomini messi insieme, gli aracnidi circondarono il gruppo con una facilità disarmante, squadrandoli con molteplici occhi e cheliceri bavosi che mulinavano in attesa di gustare carne di avventuriero...



littleqmpointwinterreisBene ragazzi, entriamo nel vivo della quest!

@Ikit: Per verosimiglianza e coerenza, ho deciso che Marchosias arriva in ritardo all'appuntamento con Alexandra e Kreisler, e che supponendo una buona motivazione per imbarcarsi nella missione ha indizi sufficienti a seguire il gruppo per chiedere di aggregarvisi. Sta a te definire le modalità e le cause di questo ritardo del pg (mancato arruolamento da parte di Donovan, assenza in taverna ma interesse per le voci che l'arruolamento ha suscitato ecc). Sulle tracce di Kreisler e dei tuoi compagni, però, vieni sorpreso da un Elementale della Corruzione che ti sbarra il passo. Il problema è che sul terreno coperto da uno spesso strato di neve la velocità del tuo pg risulta ridotta a causa della pesantezza dei materiali che ne compongono il corpo, a meno che tu non possieda pergamene come Appoggio o Favore dell'Acqua o abilità passive che negano la riduzione della capacità di movimento. La penalità non si applica se Marchosias riesca in qualche modo a non essere a terra.

@Tutti gli altri: Partita Alexandra, Kreisler vi guida alla volta di questo villaggio di nome Gefahrdorf. Il fatto che prima del suo discorso si tolga la maschera di cristallo (artefatto Everyman, reperibile nella mia scheda pg) ne inibisce la passiva per la quale egli non rimane mai impresso nella memoria di chi lo vede, sembrando alla percezione "uno come un altro". Il leggero brivido alla vista di Morpheus è dovuto al riconoscimento delal passiva razziale psionica di timore, anche se non ne è influenzato.
All'interno di una foresta di conifere, dopo qualche ora di viaggio in cui possono interagire come vogliono, i pg vengono assaliti da uno sciame di venti Scarti, due Recuperatori e un Bebilith. A voi decidere cosa affrontare e in che misura, considerando che potete lasciare anche qualche ragnetto a Kreisler alla fine del vostro giro di post.

La descrizione di tutti i mostri che vi chiedo di affrontare con un piccolo combat autoconclusivo in questo turno è allegata alla sezione sui Molti nelle fazioni mostruose del Clan Sorya (LINK).
Avete 7 giorni di tempo per postare, ma vi ricordo che terrò conto positivamente della solerzia nel postare in anticipo ^^ Buon divertimento!
 
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Ikit89
view post Posted on 19/5/2012, 23:40




CITAZIONE
Legenda:

Narrato
Pensato (Marchosias)

Tanto bianco che la vista stenta a credere di poterlo abbracciare nella sua totalità. Un unico spettatore, il suo sguardo spazia dai confini estremi del mondo, tra le propaggini dell'atmosfera che si perdono nei vuoti più assoluti e inesplorati. Da questa posizione estrema l'Erydlyss regala un panorama imponente malgrado le nubi, anche più di quello che si potrebbe ottenere esplorandolo a piedi, ammesso esista una persona tanto folle da azzardare l'impresa. Come può questo territorio appartenere allo stesso mondo che ha conosciuto finora? Marchosias fatica un'attimo per convincersi di non essere in viaggio verso un pianeta alieno, una luna sconosciuta sulla quale sta per atterrare. Si tratta di una terra inospitale, antonomasia stessa del freddo, eppure la vita è riuscita ad insediarsi anche in un simile luogo. Vite di uomini, bestie, e anche dell'altro: cose sopite che si trascinano nella bufera, cose che non dovrebbero essere destate dagli antri freddi nei quali consumano il proprio letargo. Pochi attimi separano l'Artefice da lasciarsi cadere verso la propria destinazione, tuffarsi nell'imminente avventura senza possibilità di ripensamento.

Sei davvero sicuro?

In cuor suo ha già preso una decisione. Una volta arrivato sul tetto del mondo non avrebbe più visto strade lastricate, palazzi, gente dagli sguardi diffidenti e soprattutto nessun Corvo pronto a blaterare i propri fastidiosi sermoni. L'ultima visita a Basiledra - in un ambiente che si è rivelato piuttosto opprimente - è durata troppo, certamente più di quanto non avesse desiderato. Anche l'Oriente e i meandri del palazzo reale possono aspettare, nonostante siano il posto che si è adattato - seppure con qualche difficoltà - alla sua attuale idea di casa. Ha abbracciato il proprio desiderio di fuga senza pensarci due volte, lanciandosi sulla prima occasione favorevole. Complici sono state le voci giunte dal Nord, passate di bocca in bocca, forse anche falsate. Notizie di villaggi vuotati dei loro abitanti senza una causa nota e di un gruppo degli avventurieri più determinati . Non è la prima volta che l'ignoto lo attira con forza a sè, lui che della curiosità ha sempre fatto il proprio vessillo, come anche la propria debolezza, anche se bravo testardo non l'avrebbe mai ammesso. Ma non è l'unica sua motivazione, non può certamente mentire a se stesso: in vero brama l'assaggio di un posto come questo che sta osservando dall'alto. Un luogo ameno capace di accogliere in visita un animo incupito da troppi pesanti pensieri, che possa drenarli via e confonderli tra gli sconfinati spazi delle vette inarrivabili, che possa stemperarli tra i foschi venti gelidi.

erydlyss

L'enormità delle catene montuose dai rilievi frastagliati, le cime svettanti come guglie di una cattedrale eretta su nevi e ghiacci perenni. Ancora una volta l'Artefice sceglie di proseguire nel tuffo più grande che possa essere compiuto. Assapora una strana sensazione, un alchimia di timore e interesse. Soddisfatto però di sentirla propria, bilanciata: in qualche maniera giusta.
Ha studiato a fondo le mappe prima della partenza, ha eseguito ogni calcolo più volte con la propria mente allenata, ogni ramo funesto potato dall'ampio albero di tutti i possibili eventi. Un uomo qualunque avrebbe valutato il punto d'impatto discretamente vicino alla sua destinazione, abbastanza da impegnare qualche ora di cammino. Un punto in realtà eccezionalmente vicino, se quello stesso uomo avesse prima considerato la reale portata di un viaggio come quello: il mondo intero. L'Artefice sarebbe allora stato degno di ammirazione, come un arciere che ha centrato un tiro impossibile. La discesa è sempre improvvisa, velocissima: Marchosias non avrebbe visto la scia lasciata dietro a disperdersi sul cielo, nè udito il proprio stesso fragore. Più veloce di entrambi e incurante di essi, si sarebbe solo schiantato.

[...]

Il boato dell'impatto riecheggia a lungo tra le cime, e per un'attimo teme sia la causa di smottamenti dove la neve è precaria. Fortuna vuole che non accada, e adesso si ritrova in un'ampia pozza di acqua fangosa nel punto occupato solo un attimo prima da un manto candido. Ciò che restava del guscio traslucido nel quale era avvolto - composto non da materia ma di sola energia - si è dissolto nell'urto. Tutto è andato come previsto e le membra del costrutto sono illese. Intorno al sè scopre i primi alberi di una foresta di abeti rossi, tutti scampati all'urto. Le loro fronde innevate iniziano a sovrapposi sempre più fitte fino a ostacolare totalmente la vista poco più avanti. Come al solito il calore è stato tale da vetrificare il terreno, che scricchiola sotto ai suoi primi passi. Passi che affondano sempre di più non appena poggiano sulla neve fresca. Affondano troppo, ben più di quanto dovrebbero.

Troppo pesante.
L'ho reso un pachiderma, accidenti a me.

Il costrutto porta con sè qualcosa di diverso, una differenza capace di passare inosservata a tutti se non all'occhio più allenatol suo stesso creatore. Ogni placca esterna, ogni tassello del mosaico della sua peculiare superficie è stato riforgiato per l'occasione. Materie mai esistite hanno preso forma nome e scopo tramite l'Arte di Marchosias. Aveva temuto il gelo - sicuramente a buona ragione - ma ha esagerato, rendendo di fatto il costrutto ben più pesante del normale. Non l'avrebbe mai coperto di pellicce, un idea che gli aveva sfiorato un attimo la sua mente prima di essere scartata. Non avrebbe mai camuffato questo suo corpo da uomo, perchè non erano le sue spoglie umane e mai lo sarebbero state. Che tutti piuttosto lo vedessero con chiarezza per ciò che era veramente, dato che non si era mai vergognato della propria Arte. Se avrebbero poi afferrato la sua essenza umana, il nocciolo senziente di questa creatura ibrida, questo era un'altro paio di maniche.

L'avanzata sulle nevi prometteva quindi di essere estremamente lenta, col rischio di non riuscire ad intercettare gli avventurieri diretti a Schneeweg. Almeno il freddo non gli avrebbe causato problemi: niente più di una vaga carezza, non sarebbe diventato nulla di fastidioso. Marchosias pensa bene che la prima cosa da fare sia orientarsi, tentare di inquadrare la propria destinazione. Non sapendo di essere in anticipo o meno sul gruppo di avventurieri, avrebbe comunque cercato le loro tracce durante il cammino. Ma non subito, non prima di essere colto da un imprevisto. Uno tra i peggiori.

E' così ogni volta che arrivi, l'avrai notato ormai.
Le bestie si spaventano sempre, fuggono.
Si, scappano dal tuo tuono...
Che ci fa un orso qui?

Non l'ha ancora vista con la mente ma solo con gli occhi. Non ha ancora dato una forma e un senso alla massa scura che si muove lenta nella fetta di bianco tra due alberi. Ipotizza sia un grosso animale scuro, un orso bruno magari. Raro, eppure non gli viene in mente altro, e come potrebbe pensare a qualcosa di più improbabile? A maggior ragione perchè sta guardando qualcosa di sconosciuto, talmente fuori dagli schemi classici da far apparire Marchosias stesso un'essere armonioso, conforme a natura. Sta ancora chiedendosi perchè non ha messo in fuga anche questa bestia con il boato del proprio schianto quando, oltre a guardare la figura, la vede per quello che è. Una zaffata dolciastra di decomposizione lo colpisce come un pugno sul mento e istintivamente (inutilmente) porta le mani verso un naso che non esiste. Uno dei tanti riflessi duri a morire, non se ne sarebbe mai liberato ma ciò non rappresentava un problema, andava benissimo così.

Gli torna in mente l'odore dei biscotti alla cannella che mangiava da bambino. In un'altro corpo, durante un'altra vita; le memorie di un estraneo. Tonnellate di biscotti: un odore nauseabondo che ghermisce l'olfatto e ostacola anche i pensieri. Non è certo pelliccia, nè carne, nè fango, ma appartiene un pò a tutte e tre. La melma animata assomiglia ad un uomo massiccio, anche se le movenze sono fluide e strascicate, ubriache. Cammina dinoccolato come se privo di scheletro e muscoli. Privo di ogni cosa necessaria alla vita. All'apparenza dotato solo di una cieca brama, si sta avvicinando senza deviare di un passo; nel farlo mette in mostra dettagli che Marchosias avrebbe voluto risparmiarsi. Ossa, ciuffi di pelo e altre parti non bene identificate fuoriescono dalla poltiglia scura. Colonie di larve crescono e si moltiplicano frenetiche, nutrendosi della putrescenza prima di morire anch'esse ed essere fagocitate dai propri simili. Tutto avviene ad un ritmo frenetico e innaturale. L'Artefice si accorge di essere stato raggiunto mentre era ancora intento a indovinare quali siano le forze che muovono il proprio nemico, nonostante non l'abbia ancora identificato come tale. Viene colpito con violenza. Il costrutto è sbalzato in aria come un bambolotto da un manrovescio brutale e improvviso portato da un arto dotato dotato di robustezza e forza impensabili dato l'aspetto liquamoso e in continuo sfacelo.


La neve fresca attutisce in parte la caduta ma al tempo stesso è colpevole dell'impaccio e dei lunghi, concitati istanti necessari a rialzarsi. Le placche ammaccate del petto lanciano urla di dolore in una lingua straniera che alla lunga Marchosias sta imparando ad interpretare. Si sarebbe occupato di questo abominio e poi avrebbe continuato nel suo viaggio, senza altri...

Huh!?

E' di nuovo in piedi ma impietrito, colpito nel profondo, nelle sue più intime debolezze, pungolato malignamente su ferite che avevano iniziato lente a cicatrizzarsi. Sta guardando se stesso dove avrebbe dovuto esserci una massa amorfa di putridume. Aveva quasi dimenticato il proprio volto umano, il viso di un tempo, quello che per una vita intera ha visto crescere negli specchi. Gli mancava ogni tratto, dalla linea definita della mascella al naso greco. Un giovane tutto sommato di bell'aspetto, il fisico invidiabile sacrificato in parte, smagrito a favore delle ore spese a praticare l'Arte, chiuso in casa. Il cespuglio ribelle di capelli, sempre troppo lunghi e scuri come gli occhi e la barba trascurata. E' vicino, volendo può toccarne la pelle, osservare ogni particolare che adesso è solo causa di rimpianti e di nostalgia. Non dura molto, come tutti i desideri più agognati. La pelle si scolorisce, diventa flaccida, le orbite si accasciano in occhiaie gigantesche, la carne inizia a franare su se stessa, sciogliendosi. I muscoli sottostanti si scoprono all'aria sfibrandosi e il volto adesso scarnificato piange e vomita in assoluto silenzio un liquame nero come la notte. Sta accadendo di nuovo, le ferite si sono aperte, il ricordo è stato disseppellito e torna orrendo a tormentarlo. La sua morte - o meglio - quella del proprio corpo.

No, non ancora!!
Non guarderò oltre!!

Si impone di non sottostare oltre a questa tortura. Marchosias trova un attimo di lucidità proprio grazie al senso di distacco che il corpo artificiale gli trasmette. Giusto il tempo per escludere la vista dai sensi perfettamente obbedienti del costrutto, capaci di spegnersi al suo diretto comando. Una soluzione radicale ma efficace per mitigare lo sconcerto causato dalla malia. Anche da cieco può estrarre la propria arma e fare fuoco davanti a sè. Nel buio più assoluto può sentire le vibrazioni che la sfera ronzante sparge nell'aria. Il suo globo dei fulmini, la sua personale tempesta. A giudicare dal guizzare interrotto la saetta deve aver centrato il bersaglio. Si riappropria della vista non senza il timore di essere ancora vittima di orrori allucinanti. La buona notizia è che adesso fronteggia di nuovo la massa decomposta nella sua vera forma, la cattiva è che il suo attacco sembra non avere sortito effetto. La zona colpita ribolle e pulsa, si ricompone riprendendo la propria consistenza originale. Deve trovare un'altro approccio, e alla svelta.

!!!

Il suo nemico non sta certo ad aspettare: le sue masse ribolliscono ancora, ondeggiano e poi sfociano verso l'esterno in maniera impetuosa. Ha appena il tempo di scansarsi ma evita solo in parte il getto nero corrosivo, che per buona parte imbratta la gamba destra del costrutto. Il dolore è istantaneo e lancinante, come un'ustione viva e dotata di intelletto: affamata. Marchosias urla mentre le placche vengono corrose e perforate. E se avesse colpito qualcosa di vivo, di organico? Meglio non chiedersi cosa era capace di fare quella sostanza alla carne umana. Piuttosto è il momento della vendetta.

Agisce in fretta, senza lasciare il bruciore alla gamba rubi altro spazio dentro la sua mente. Un altro fulmine guizza preciso, non contro il nemico ma verso la base dell'albero più vicino, un grosso abete. La corteccia e il legno esplodono in un suono secco spargendo schegge intorno lasciando l'albero fiaccato nella struttura. Le mani del costrutto afferrano l'aria, stringono il nulla e fanno leva su fulcri sconosciuti. Il legno geme e scricchiola, l'albero obbedisce come un burattino alle proprie corde invisibili. Il tronco si inclina dalla parte giusta, le fibre che lo reggevano si piegano a forze superiori, lasciando che la gravità abbia la meglio. Un tonfo, fogliame che si agita. Il cumulo di poltiglia viene investito in pieno e si spiaccica al suo suolo, sprofondando in parte nella neve fresca. Non c'è tempo da perdere, perchè ancora la sua forma malleabile ha impedito che subisse danni. Si contorce, si agita frenetico. Abbraccia il legno, si avvinghia e lo inizia a corrodere. Non avrebbe avuto il tempo di applicare ancora la propria inspiegabile forza, non avrebbe scalzato il peso di quella che sta per diventare la sua tomba. Qualunque cosa fosse, qualunque delle tante cose fosse morta permettendogli di prendere vita, avrebbe avuto il riposo eterno, senza mezzi termini, senza nessuno stato intermedio. Marchosias percepisce l'aria rispondere alle proprie volontà, vorticare nel palmo, pronta a incendiarsi e cambiare forma. Pronta ad appiccare un incendio inestinguibile, perchè così lui desidera.

Purificati nel fuoco.

CITAZIONE

Riepilogo: In sintesi, Marchosias arriva schiantandosi nei pressi di Schneeweg. Nel tragitto ragiona sui motivi che l'hanno spinto ad imbarcarsi in questa avventura. Arrivato nei pressi di una foresta, non si rende subito conto dell'ostilità dell'elementare e viene colpito da un attacco e da un'illusione prima di riottenere la prontezza necessaria a bloccare il nemico sotto il peso di un albero e dargli fuoco, uccidendolo.

Note: Premetto subito che è un'abbaglio che prendono in molti, quindi "don't panic". Come da descrizione (scheda di Marchosias, paragrafo "Aspetto"), il costrutto è pesante al pari, se non meno, di un uomo della stessa stazza. Ovviamente nella scena ruolo comunque l'interessante spunto (grazie! *_*) dello sprofondare nella neve adducendo come causa un particolare rivestimento che Marchosias ha applicato esclusivamente per questa occasione per difendersi dalle temperature eccezionalmente basse dell'Erydlyss. Detto questo ci tengo a precisare che la sua resistenza ai danni è inalterata, ovvero pari a quella di un corpo umano in armatura di cuoio.

Colonna sonora: "Mount Gagazet" - Final Fantasy X (OST)

braccioi
 ReC
300
 AeV
125
 PerF
175
PerM
375
CaeM
225
 Basso
5%
 Medio
10%
 Alto
20%
Immenso
40%
Marchosias [mente]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    Scosso dalla malia dell'elementale, il quale ha preso le sembianze del vecchio corpo umano di Marchosias per poi iniziare a disfarsi, ricordandogli gli orrendi momenti nei quali ha davvero perso il corpo e rischiato di morire nella stessa maniera. (Medio)
Costrutto [corpo]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ □□□□
    Placche del petto ammaccate con danni agli strati più interni (Medio)
    Zona della coscia destra parzialmente corrosa (Medio)
Equipaggiamento:
    Il fulmine globulare orbita intorno Marchosias (5 3 usi disponibili).
Energia: 100% -5% (Basso) -5% (Basso) -10% (Medio) -5% (Basso) = 75%
Tecniche e Azioni:
    - [Marchosias] Ali di Ossidiana [2] : Abilità Personale, Descrittiva (Nullo)
      Uso descrittivo funzionale al viaggio da Basiledra fino all'Erydlyss.
    - [Elementale] Colpo Marcescente : Abilità offensiva fisica (Variabile Medio)
      Un colpo tremendamente violento che trae la forza dalle energie empie che animano l'elementale. Marchosias viene sbalzato qualche metro più in là atterrando sulla neve.
    - [Elementale] Visione di morte : Abilità offensiva psionica (Alto)
      L'elementale prende le sembianze umane di Marchosias per poi disfarle simulando i momenti in cui davvero il suo corpo è stato distrutto.
    - [Marchosias] Deus Ex Machina [4] : Abilità Personale, Difesa Psionica (Variabile Basso)
      Le difese che sono nate dall'ibridazione di Marchosias con il costrutto attutiscono in parte lo shock della visione orrorifica.
    - [Marchosias] Deus Ex Machina [2] : Pergamena: "Zero" ( Cacciatore, Basso)
      Il rigetto verso il tremendo ricordo è tale che Marchosias agisce sui sensi del costrutto escludendo la vista per tutelare la propria sanità mentale.
    - [Marchosias] Fulmine Globlulare [1] : Arma da fuoco piccola, attacco normale
      Marchosias fa fuoco alla cieca a distanza ravvicinata, centrando il proprio nemico.
    - [Elementale] Fiotto Empio : Abilità offensiva fisica (Medio)
      L'elementale rigetta un fiotto delle sostanze che lo compongono verso il costrutto, colpendolo alla gamba e corrompendo i suoi strati superficiali.
    - [Marchosias] Fulmine Globlulare [1] : Arma da fuoco piccola, attacco normale
      Marchosias dirige la prossima saetta alla base dell'albero più vicino.
    - [Marchosias] G-Radianza [5] : Pergamena "Attrazione violenta" ( Mago, Medio)
      Utilizzata per abbattere l'albero già indebolito alla base, schiantandolo addosso l'elementale.
    - [Marchosias] Flare [1] : Pergamena "Padronanza elementale (Fuoco)" ( Mago, Basso)
      Marchosias usa il getto di plasma incandescente per incendiare l'albero e uccidere l'elementale.


Edited by Ikit89 - 20/5/2012, 01:55
 
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Shervaar
view post Posted on 22/5/2012, 23:14




Faceva un freddo artico.

Ogni respiro era come una coltellata nei polmoni e per quanto cercasse di stringersi nel mantello non c'è modo di sottrarsi al gelide raffiche di vento. Shervaar maledisse quella montagna, maledisse quel vento e maledisse se stesso. Era la prima volta che si spingeva a tali altitudini, e mai in vita sua aveva avuto tanto freddo. Ma il vero problema in questo momento stava infagottato nel mantello e stretto al petto dell'elfo. Dopo più mezza giornata di volo il falco aveva messo da parte l'orgoglio e si era ritirato tra le braccia di Shervaar, esausto per le continue raffiche di vento e palesemente infreddolito.

Erano ormai giunti alle porte di Schneeweg, come preannunciato da Donovan, e dentro di se l'elfo sperò che quello significasse la fine delle sue sofferenze. Ad attenderli trovarono due uomini e qualcosa che inizialmente stentava a credere. Ma ricordandosi cosa già gli volava sopra la testa da un giorno buono non se ne stupì più di tanto. In un desolato passo di montagna erano radunati due tra le più affascinanti e leggendarie creature del mondo e probabilmente la donna più conosciuta sulla faccia della terra. Qualcosa di grosso era in movimento, ma cose fosse a quanto pare Shervaar non era ancora degno di saperlo. Lady Alexandra, Donovan e un terzo misterioso tipo stavano parlando tra di loro mentre Shervaar continuava a guardare stregato il drago blu, prima che prendesse forma umana non molto distante da lui, e la viverna, entrambi temibili ma maledettamente meravigliosi.

- - - - - - - - - - - - - - -

Erano immediatamente ripartiti, ma questa volta a piedi, e la prima cosa che Shervaar rimpianse fu il contatto con il suo baio, apparentemente una forma inesauribile di calore. Senza troppe cerimonie la regina senza regno e il suo scudiero avevano preso in custodia i cavalli e la viverna, che aveva scoperto essere nientemeno che la cavalcatura della loro silenziosa guida, e i tre reclutati più la terza misteriosa figurano erano partiti alla volta di un altro villaggio, in qualche modo collegato alla desolazione di Schneeweg. Una nuova straziante marcia, un altra mezza giornata di viaggio in compagnia di una montagna di neve e folate di gelido vento era iniziata e lo shamano, palesemente deluso dall'andazzo della situazione, arrancava seguendo il gruppo, non poco impacciato dalla presenza del falco sotto il mantello.

Il paesaggio mutò gradualmente e senza che nemmeno se ne accorgesse l'elfo si trovava una foresta di conifere, per nulla differente dalle precedenti a ben guardarla...da quando la neve aveva iniziato a regnare sovrana, per quanto con diverse combinazione, il risultato era comunque quello...vento, neve e alberi, niente più e niente meno.

Proseguirono la loro marcia forzata per un tempo che parve eterno vista la staticità del paesaggio, ognuno per fatti suoi, avvolto tra le proprie vesti in cerca di calore e assorto nei propri pensieri. Lo shamano iniziava a spazientirsi. Lo avevano mollato senza una valida spiegazione nelle mani di un sconosciuto, il quale era stato solo in grado di dirgli “In marcia”, e gli avevano promesso spiegazioni che ancora non si era visto dare. Nutriva piena fiducia sia in Donovan che in Lady Alexandra, in fondo che motivo avrebbero avuto per mentire o imbrogliare qualcuno del loro stesso clan considerando che, da quanto ne sapeva l'elfo, era loro intenzione far risorgere? Ma era giunto il momento in cui aggrapparsi alle convinzioni non bastava più. Voleva spiegazioni, voleva fatti, e li voleva adesso. Accelerò il passo cercando di raggiungere la testa della colonna convinto che se non gli avessero almeno spiegato cosa ci faceva lì avrebbe girato i tacchi diretto a casa.

<<Fermi pericolo>> esclamò improvvisamente allarmato l'umano a capo della spedizione, scrutando con lo sguardo tra le fronde degli alberi.

<<Pericolo? Dove?>> si domandò stupidamente l'elfo.

Dove? Semplicemente ovunque.

<<E quello che schifo è?>> mormorò allibito, non sapendo neanche lui a quale di quelli si riferiva. Calando con rapidità sorprendente dalla cime degli alberi decine di contorti e amorfi aracnidi delle dimensioni più disparate circondarono il gruppo. Le spiegazioni a quanto pare avrebbero atteso, ammesso che tutti e due avessero ancora le testa sulle spalle alle fine di tutto, perché era palese che era arrivato il momento di mettersi in ballo. Aprendo il mantello liberò immediatamente Bloodwing che teneva ancora stretto al fusto e mentre il falco si liberava in volo alleggerendolo pensò ironico << Un po di moto è l'ideale contro questo freddo.>>

Scendendo da un albero vicino un ragnetto, ragnetto se paragonato agli altri tre abomini che ora zampettavano verso il gruppo, ma comunque grande quasi quando una palla, una volta arrivato ad un paio di metri da terra saltò verso il viso dell'elfo agitando frenetico le sue artigliate e molteplici zampette. Senza troppe cerimonie, prima che l'aborto pustoloso potesse sfregiarlo, Shervaar scattò in avanti e afferrando al volo la creatura con una mano la spappolò contro l'albero da cui era scesa. La bestia, con quello che doveva essere un carapace ormai ridotto ad un poltiglia, cadde inerme sulla neve macchiando quel candido bianco con un fetido liquido nerastro.
<<Ma che schifo è questo?>> Si domandò nuovamente, mentre, alzando lo sguardo, noto che una delle tre bestie particolarmente grandi, fortunatamente non la più grossa, lo stava caricando a testa bassa fendendo l'aria con le due enormi zampe anteriori che terminavano con enorme e oscuro artiglio a forma di falce, probabilmente dello stesso materiale e resistenza del carapace stesso. Era distante ancora un abbondante manciata di metri, ma lo shamano non ebbe il tempo per prepararsi alla sua carica perché un altro piccolo e informe aborto saltandogli addosso da chissà dove lo morse sulla spalla sinistra.
<<Merda>>
ringhiò afferrando la creatura con la mano destra e, richiamando il potere del Fulmine nel proprio palmo, scaraventò i resti fumanti della bestia lontano da se. Un enorme ombra gli eclissò allora il sole e l'unica cosa che riuscì a fare nel tempo rimastogli fu maledire se stesso, oltre a salvarsi il collo per miracolo. Una delle falci era piombata sulla sua testa con un spazzata laterale, e se l'elfo non fosse riuscito a frapporre i bracciali tra l'artiglio e il suo cranio ora probabilmente sarebbe la cena di quello schifo. Il colpo si fece comunque sentire e l'impeto della spazzata fu tale che Shervaar si ritrovo scaraventato contro il tronco di un albero vicino, battendo violentemente la testa. L'immediata sensazione di calore gli confermò i suoi timori, e mentre l'elfo cercava di riscuotersi dalla legnata sangue inizio a colargli dalla ferita. Si sentiva rintronato, anche troppo per il colpo ricevuto, e la prima cosa che gli venne in mente fu il morso del secondo scarto, forse in qualche modo velenoso o allucinante.
<< Devo starci più attento>> pensò, mentre, cogliendolo totalmente impreparato, una densa bava lo investì sul braccio sinistro, e solidificandosi immediatamente lo incollò all'albero. Con un paio di strattoni provò a liberarsi, ma vedendo quanto inutili fossero i propri sforzi e che l'aracnide, che vicino così com'era sembrava altro quasi il doppio dell'elfo, aveva ripreso a zampettare nella sua direzione portò alla bocca la mano libera e emise un breve e acuto fischio, inconfondibile segnale per il suo compagno di viaggio, sperando che Bloodwing potesse aiutarlo a guadagnare un po di tempo, tempo che fu costretto ad impegnare non come aveva sperato. Da un albero difronte al suo, lontano appena un metro, un altro pustoloso insetto stava scendendo verso la shamano, ma non appena giunto ad altezza di sguardo, prima che potesse fare qualsiasi qualsiasi cosa, allungandosi con la mano libera Shervaar tirò un destro al ragno che si accartocciò con un raccapricciante rumore. <<Fottiti>> Penso tra se e se rivolto contemporaneamente sia a quello appena ammazzato che a quello che gli aveva appena artigliato la gamba, passando con facilità lo stivale. Leggermente intontito dalle proprietà evidentemente tossiche del mostriciattolo Shervaar schiacciò con il piede sano il ragno, che inizio a dimenarsi con un forsennato, e controllò l'enorme abominio. Stanco di combattere con il falco, che non faceva che distrarlo continuando a schivare le zampe che mulinavano nell'aria, la bestia tornò alla carica dell'elfo. Incollato ad un albero, con un merda invasata sotto il piede e alla mercè di un colosso...
<< Che situazione di merda...>>
Lasciò che il potere del fulmine si liberasse dalla mano sinistra frantumando la bava ormai dura come roccia e abbassandosi schivò un altro fendente, che invece del suo corpo tagliò di netto il fusto dell'innevato albero. Ormai ad un passo dal fetido muso della creatura l'elfo approfittò della posizione e distendendo le gambe sfruttò lo slancio per colpire l'aracnide in pieno sul peloso muso, spappolandogli un occhio.
Privo di una base e sotto il peso della neve, l'albero aveva iniziato a ondulare pericolosamente e colpito più volte dalle zampe della bestia si era inclinato in avanti iniziando una lenta ma inesorabile caduta. L'elfo aveva schivato la furia delle falci solo perché si era gettato in terra e aveva guadagnato un paio di metri di distanza mentre la belva continuava a emettere suoni inquietanti dimenandosi selvaggiamente dal dolore. Il ragnetto di prima era partito nuovamente alla carica, coprendo gli ultimi due metri con un sorprendente salto che termino però dritto sulle borchie dei guanti dell'elfo, ormai stanco di giocare con quegli scarti. Il colosso a otto zampe aveva ormai finito di dimenarsi e girandosi esattamente di spalle puntò l'elfo. Come facesse precisamente a sapere dove egli fosse era per lui un mistero, ma fatto sta che prima che riuscisse a fare qualsiasi cosa la creatura lo incenerì letteralmente con sguardo. Dall'occhio sano si liberò un fascio di luce che investì l'elfo in pieno petto causandogli dolorosissime e diffuse ustioni. Imprecando tra i denti l'elfo auguro a quel sacco di letame di rimanere schiacciato sotto l'albero, ipotesi che a ben pensarci non era così remota vista la traiettoria del tronco. Ormai a metà della sua caduta, spezzando rami propri e degli alberi vicini ad ogni centimetro mosso verso terra, il grosso albero poteva seriamente schiacciare la mole pelosa, se solo essa fosse rimasta li una manciata di secondi in più, cosa che non sembrava rientrare nei piani del colosso che aveva appena mosso il suo primo passo verso Shervaar. <<Due piccioni con una fava>> pensò notando un altro di quei sgorbietti che gli si era parato davanti. Si mosse quanto più rapidamente possibile, considerando che si sentiva ancora un po' stralunato, e assestò un calcio dritto sul muso del ragnetto, scaraventandolo in aria in linea retta con il compare. <<Vai a fare compagnia a paparino>> sentenziò l'elfo prima di distendere una mano verso la nuova coppia di malcapitati. Un impetuosa folata di vento si liberò dalla mano di Shervaar che alzando una tormenta di neve investì i due aracnidi. Il primo si ritrovo sparato come un proiettile contro quello più grande, sfracellandosi sul suo carapace, e il secondo si arrestò di botto, come se avesse sbattuto contro un muro invisibile, e impossibilitato a respingere la furia del vento si trovò spostato un metro in dietro, sfortuna per lui un fatale metro. Con un tonfo sordo, attutito dalla neve, il tronco aveva schiacciato la mole del mostro che per quanto cercasse di dimenarsi era praticamente spaccato a metà sotto l'albero. <<La tua morte significa una sola cosa...risposte>> pensò Shervaar, felice per averla scampata e incazzato nero per l'evolversi degli eventi. Si girò in cerca della misteriosa guida e notando che ognuno a modo suo aveva eliminato il proprio avversario, si incamminò in cerca di risposte. Non pagò l'aver abbassato la guardia solo perché dell'alto piombo il falco che eliminò con un beccata netta in testa un altro di quei ragnetti che si era messo famelico sulle orme dello shamano, talmente infuriato che neanche se ne era accorto.

- - - - - - - - - - - - - - -

<<Non puoi continure a camminare solitario e silenzioso. Non puoi continuare a ignorarci. E' tempo di risposte, adesso! Se non vuoi perdere un uomo mi devi almeno spiegare chi sei, cosa erano questi aborti e cosa sta accadendo qui, visto che sto ancora cercando di capire per quale motivo da più di un giorno viaggiamo a ritmi serrati.>>

Sbottò Shervaar una volta raggiunto il misterioso e fin'ora silenzioso umano. Probabilmente non avrebbe avuto una reazione tanto violenta se un gruppo di ragni giganti non avesse cercato di staccargli la testa, ma al momento era particolarmente irritato.


Stats:
Rec 175
AeV 200
PerF 150
PerM 225
Caem 100

Danni fisici subiti: Basso+Medio+Basso+Medio(6/16)

Danni mentali subiti : Nullo (0/16)

Energia rimanente: 100-6-11-22=69%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:
Thunder Fury: Lo stretto contatto sin da giovane con la gli elementi e le sue manifestazioni permette allo Druido di controllare al meglio i glifi elementali incisi sui suoi Guanti d'Arme. Al momento della loro attivazione guadagna un bonus sulla forza elementale a propria discrezione secondo necessità e volontà.
<p align=right> [Abilita Attiva, Dominio elementale del Fulmine a costo Varibile Medio e Basso - Basata su PerM - 1/10]

Wind Slash: La tecnica ha natura magica ed è legata all'elemento vento. Il caster, senza particolari tempi di concentrazione, può muovere una mano con un gesto secco, rapido, violento; subito verrà quindi generata una folata di vento fortissima e impetuosa. Questa potrà spingere via un essere umano (e creature di stazza equivalente, o inferiore) scaraventandolo lontano con violenza. Il vento (o la caduta, a discrezione della vittima) causeranno un danno di entità Alta totale, ragion per cui la tecnica non è utilizzabile come difesa: sarebbe in quel caso infatti una countermove.

[Abilità attiva - Dominio elementale del Vento a costo Alto - Basata su PerM - Vento violento]



Mob: elimino 6 scarti e un recuperatore, dotato di una personale che mi immobilizza a potenza media, il raggio fulminante dagli occhi a potenza media (vista che uno glie l'ho spappolato ho pensato di limitarne l'efficacia) e un auspex passivo.

Note: Per primo elimino un scarto con un fisico, poi il secondo, che mi fa un basso, con la personale a basso. Poi mi becco un medio dal recuperatore e mi incolla sull'albero con la sua personale. Elimino un altro ragnetto con un fisico e mi becco un altro basso dal 4° scarto. Uso la personale a medio per liberarmi e schivo il suo assalto per poi colpirlo spappolandogli un occhio. Mi allontano uccidendo il ragnetto che mi aveva ferito ma il recuperatore mi tira un medio con la personale, elimino quindi un altro scarto e il recuperatore usando Wind Slash e schiacciando quello grosso sotto l'albero. Mentre me ne vado Blood elimina il 6 scarto il post si chiude mentre ti scapoccio.

Non trovo l'errore nel codice html della tecnica...<.<


-edit- Avevo dimenticato lo spechietto. - Aggiornata la parte finale che avevo copincollato il pezzo sbagliato.




Edited by Shervaar - 23/5/2012, 15:07
 
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view post Posted on 24/5/2012, 01:00
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Ad Agio Nel Disagio
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L'anziano cavaliere che li aveva arruolati era una figura di spicco del Clan Sorya. Scudiero e compagno d'arme della Regina Senza Regno, una dei due eredi del lascito di Eitinel, guerriera ovunque conosciuta e temuta, signora - in un certo senso - di tutti loro.
Ma questo Lazarus non lo sapeva. Infastidito dal freddo pungente e dallo scomodo mezzo di trasporto che era stato affibbiato ai due non riconobbe la guerriera, sollevando semplicemente lo sguardo in vista dell'assurda creatura che gli si parava davanti agli occhi.
Maestosa, possente, la viverna pareva ghignare scoprendo a tratti i denti acuminati, pugnali d'osso infissi in un corpo di mastodontica potenza. Ogni tratto, ogni squama, ogni dettaglio anatomico pareva esser stato concepito per la battaglia; a guardarla si aveva l'impressione che persino le scaglie rilucenti tagliassero come rasoi. Il negromante poggiò una mano sul collo del cavallo, tentando di calmare l'animale che sembrava restio ad avvicinarsi più di tanto a quel predatore mitologico benchè il suo stesso istinto lo rendesse guardingo.
La loro guida si avvicinò alla donna, come aspettasse la sua approvazione per il magro raccolto che aveva mietuto. Questa fu affiancata da colui che pareva esser il cavaliere della belva, visibilmente contrariato per lo scarso numero di volontari, ma in breve entrambi tacquero osservando il cielo. Anche Lazarus non potè fare a meno di voltare il capo e ancora una volta rimase impressionato dalle assurdità che quelle montagne nascondevano: poco distante, quello che pareva esser un drago azzurro - forse la stessa sagoma intravista durante il viaggio - discese al suolo, svanendo alla vista. La viverna emise un suono basso e prolungato che fece voltare di scatto l'uomo, solo per venir calmata dal guerriero che la affiancava.
Non dovettero attendere molto prima che un giovane dai capelli scuri arrivasse fin da loro, lasciando scivolare lungo la spina dorsale del rosso un brivido freddo. Stregone, incarnazione o drago che fosse, il nuovo arrivato era indubbiamente più pericoloso degli altri due mercenari.
Il cavaliere della viverna attirò la loro attenzione, togliendosi dal viso uno strano artefatto che fino a quel momento il giocattolaio non aveva notato. Il guerriero indicò loro la prossima meta, un villaggio chiamato Gefahrdorf a mezz'ora di marcia da Schneeweg dove, presumibilmente, avrebbero trovato qualche indizio per risolvere il mistero riguardo l'innaturale silenzio che copriva come un velo il paese. Avrebbero raggiunto la loro meta a piedi, evitando di farsi individuare anzitempo da possibili nemici, per organizzarsi più avanti.
« Poco male »
Scese dal cavallo, arrancando appena a causa delle gambe intorpidite dal freddo e dalla lunga inattività. Non poteva certo dirsi dispiaciuto per quella saggia decisione.
Più di ogni altra cosa, però, l'avevan colpito i vari epiteti dati dal loro uomo alla guerriera. Lazarus non si era mai interessato più di tanto al clan di cui faceva - almeno nominalmente - parte, e ben poco era stato per lui il tempo per ambientarsi nella spelonca dove i Sorya dimoravano, ma non era completamente digiuno di nozioni riguardo la sua storia. Questa Alexandra era una personalità influente ne era certo, e più di una volta doveva averne sentito parlare nelle sue peregrinazioni; ma vuoi il freddo, vuoi la presenza opprimente del rettile minaccioso, ogni pensiero riguardante i loro mandanti venne accantonato in attesa di un momento più propizio per scavare nella sua memoria.
I cavalli furono consegnati a Donovan e questi, assieme a Lady Alexandra, partì sparendo rapidamente oltre l'orizzonte bianco.

_______________ Sentiero di Neve_____




Lenti, pesanti passi nella neve. Il piccolo gruppetto avanzava con costanza percorrendo sentieri innevati, piccole vallate accecanti per il riverbero finchè radi segni di vegetazione verdeggiante non preannunciarono l'ingresso degli avventurieri in una foresta di sempreverdi. Silenziosi, intabarrati nei loro indumenti in cerca di un pò di calore, i membri della compagnia mettevano un piede davanti all'altro tentando di non sprofondare nella neve fresca e friabile che custodiva le loro impronte. Lazarus si soffermò più volte con lo sguardo sul terreno, incuriosito. Le scie di impronte erano un ottimo modo per farsi braccare, ma l'uomo in testa sembrava non curarsi di simili dettagli: doveva avere i suoi buoni motivi. Già da tempo era rimasto impressionato per come, qualunque fosse il numero di compagni che lo precedessero nell'alternarsi tra centro e retroguardia, la neve riempisse in breve tempo i solchi lasciati dalla loro guida come queste non fossero mai state impresse. Un tonfo soffuso li allarmò per un secondo, ma il cavalcaviverne reputò più saggio proseguire, non considerando quel rumore l'avvisaglia di qualche sorta di minaccia.
Le conifere li sormontavano lasciando ampio spazio alla luce fredda del sole montano per continuare la sua perversa azione di disturbo, scintillanti riflessi d'oro bianco sui cristalli di neve. D'un tratto la colonna si fermò: il loro leader per quella campagna aveva fatto un cenno, percependo un pericolo imminente.
Quasi fosse rimasto per tutto quel tempo in stasi, sospeso tra il freddo dell'Erydlyss e l'inferno dei suoi pensieri, Lazarus si riscosse all'improvviso; ruotò su se stesso, dando le spalle al fulcro dell'assembramento in modo da potersi avvalere della protezione dei compagni, tirando le mani fuori dalle tasche del pastrano e sgranchiendo le dita intirizzite.
Calarono dagli alberi appesi a viscidi fili di bava rappresa, precipitando dai rami più bassi fin sulla neve candida. Arti anormalmente lunghi, carapaci spinati e unticci, incrostati da ogni sorta di sporcizia tra i neri peli radi; chele sproporzionate, mandibole mutili, occhi neri e vacui che li fissavano famelici. I ragni si manifestarono come uno sciame invadente, incuranti del freddo e della neve sulla quale riuscivano a muoversi più agevolmente di loro, orridi abomini nati quasi per scherzo, assemblati con gli scarti di altre creature,masse purulente tenute assieme dalla semplice fame.
Immediatamente, prima ancora di poter prendere piena coscienza della situazione, l'uomo venne attirato dal verso stridulo prodotto da un ragno dalle zampe abnormemente lunghe, raccolte sotto l'addome rigonfio mentre questi si calava a poche spanne da Lazarus dai rami sopra di loro. Con evidente disgusto il negromante alzò la mano fino quasi a toccare la creatura che rispose spalancando le mandibole composite, rivelando un assurda schiera di denti irti in una cavità marcescente.
La pistola si materializzò nella mano dell'uomo, svanendo dalla sua cintola e comparendo quasi in bocca all'essere, eruttando il proiettile con un leggero lampo rossastro. Icore verde-nero schizzò sul terreno mentre l'insetto cadeva sul terreno con uno stridio, contorcendo convulsamente le zampe segmentate nell'agonia. I suoi compagni a quanto pareva avevano deciso di lavorare indipendentemente, lasciando ad ognuno la schiena scoperta: doveva rimediare. Uno schiocco di dita secco e dalle piaghe del caldo mantello del negromante emersero, ronzanti, esseri assurdi quasi quanto la progenie del Kishin che stavano affrontando. Visi di porcellana inespressivi, complessi meccanismi esposti all'aria, lame scheggiate mosse in maniera ritmica e meccanica da chissà quale sistema di ingranaggi: una dozzina di evocazioni meccaniche attorniavano Lazarus come arrugginiti angeli custodi, pacati guardiani del loro creatore.
Bastò un ordine impartito con la mano per passare all'attacco. Dal gruppetto si staccarono sei di questi esseri meccanici, puntando a coppie di due gli aracnidi che avevano scelto il negromante come preda. Nulla potè il primo contro le lame rotanti dello strano macchinario: l'esoscheletro cheratinico finì dilaniato rapidamente, i legamenti strappati dalle loro mollicce sedi, gli occhi compressi in quel moto letale fino a scoppiare in schizzi giallognoli che impiastricciarono il giocattolo, insensibile all'ultimo frignante lamento dello Scarto. Il secondo parve accorgersi del pericolo e sputò un getto verdognolo contro il viso immacolato, ma la porcellana non parve risentire di quello strano liquido e le mandibole zigzagate non trovarono carne da ferire, solo legno levigato e ingranaggi arrugginiti che nuovamente squarciarono la debole creatura.
Dagli alberi altri due si gettarono su di uno dei rottami levitanti, destabilizzandolo in uno sgangherato volo contro uno degli alberi limitrofi dove si sfracellò, schiacciando nell'impatto uno dei suoi attentatori. Il superstite, allontanatosi zampettando dalle lamiere con aria soddisfatta, venne accerchiato dai restanti balocchi che non si fecero scrupoli a smembrare l'insetto, tra versi, chele e icore.
« Pensavo peggio » si disse, osservando quasi divertito il grottesco teatrino. Un paio delle sue evocazioni era caduta in terra nel corso della battaglia, ormai inservibile, ma poco importava. Se tutti gli avversari in cui si sarebbero imbattuti erano di quella risma, avrebbe avuto vita facile.
Un fragore di legna in pezzi lo fece voltare. A pochi metri da lui, enorme, un ragno in postura quasi semieretta aveva fracassato senza troppi convenevoli due evocazioni e ora puntava quattro occhi rotondi e malevoli su di lui.
Il giocattolaio balzò in dietro, mantenendo le distanze da quell'essere e lanciando i superstiti all'attacco. I pupazzi fendettero l'aria, le lame e gli ingranaggi affilati pronti a squarciare anche quel carapace come quello degli Scarti, ma l'assalto non andò come previsto. Il robusto guscio del mostro respinse la maggior parte degli assalitori che si allontanarono storditi con un buffo rumore; solo qualche lama penetrò nel corpo mastodontico, lasciando sgorgare liquami marcescenti dalla ferita infetta. Bastò una spazzata dell'essere per vendicarsi dei fautori di quell'attacco, mandandoli in pezzi.
Gli occhi bulbosi osservarono il mercenario sprizzando odio, poi accadde ciò che Lazarus non aveva previsto: un emanazione energetica di grande potenza, color del sangue, eruttò dagli occhi della creatura infrangendo senza tanti convenevoli le ultime difese fluttuanti e colpendolo in pieno addome.
Un urlo squarciò il silenzio. Incespicando, chino su se stesso per il dolore, Lazarus fece ricorso a tutte le sue capacità fisiche e psichiche per non accasciarsi a terra in preda agli spasmi e divenire facile preda del demone che, soddisfatto, avanzava sulla neve macchiata del sangue dei suoi simili e dei liquami dei rottami. Si rialzò, il viso contratto in una maschera di dolore, stringendosi il ventre ustionato dall'attacco con la mano libera. Ancora un secondo per riprendersi dallo stupore iniziale e tornò in piedi, consapevole di dover finire la battaglia in fretta. Mosse qualche passo verso l'aberrazione, prendendo una breve rincorsa fino a trovarsi a pochi metri dall'aracnide. Sperò che i suoi compagni avessero già terminato di combattere e che l'attacco non fosse troppo vistoso, infine alzò la pistola puntandola verso il volto demoniaco: una punta luminosa si accese nella canna, poi si espanse al di fuori, esplosione di luce dritta negli occhi della bestia.
Questa volta fu il grido inumano a squarciare l'aria, il ragno colossale che agitava le mannaie delle zampe anteriori in preda al dolore e alla rabbia, inutilmente. Il negromante era già scattato di lato, aggirando l'incubo e compiendo un balzo per salirgli in groppa. La ferita liberò una scarica di avvertimento lungo la colonna vertebrale facendolo sussultare, ma l'uomo non demordette proseguendo fino a trovarsi dietro la testa dell'animale. Le zampe acuminate, per quanto atrocemente lunghe, non potevano raggiungere nel loro furioso delirio la schiena del mostro stesso. Lazarus puntò la pistola contro il cranio ricoperto di peluria setolosa e nerastra, tirando il cane mentre la creatura si divincolava accecata. Il colpo esplose a bruciapelo, forando cranio e cervello, uscendo dalla "fronte" in mezzo ai quattro letali occhi. L'aracnide rimase immobile un istante, caracollando finalmente a terra sulle zampe inermi, morto.
Il negromante scese con cautela, allontanandosi il più possibile dalla carcassa oscena, controllando lo stato della ferita senza abbandonare la pistola - incredibilmente di nuovo carica.
« Spero ci paghino davvero abbastanza per tutto questo. » grugnì, osservando la neve macchiata e i suoi compagni.

png

[Rec: 250] [AeV: 150] [Perf: 75] [Perm: 225] [Caem: 150]



Dati Base:
Pistola Ehre eines Mädchens in vita mano.

CITAZIONE
Resoconto Combattimento
- Sparo ad uno scarto a distanza ravvicinata, freddandolo
- Evocazione di schifezzuole meccaniche (Attiva Evocatore Lv1)
- Le suddette evocazioni eliminano uno, due scarti.
- Altri due scarti attaccano un evocazione, eliminandola, ma uno di essi si spappola nell'impresa. Il secondo viene finito dai rimanenti.
- Il Recuperatore compare alle spalle di Lazarus, sfasciando due evocazioni. Lazarus si allontana leggermente e manda le stesse all'attacco.
- L'armatura naturale del mostro respinge realisticamente gli attacchi più scialbi, mentre quelli che penetrano sono Personale Attiva a consumo Medio che gli fa danno Basso.
- Altri rottami in pezzi. Il Recuperatore spara un emanazione da danno Alto che Lazarus non si aspetta da un insettone, colpendolo in pieno.
- La ferita del mostro si aggrava col secondo danno Basso. Lazarus si avvicina e lo acceca con l'attiva della pistola a consumo Medio, poi gli sale in groppa. Headshot.

Ferite Accumulate:
Ustione da danno Alto all'addome.

Status Psicologico:
Sofferente,

Energia Residua:
100% - 11% - 11% - 11% = 67 %

Abilità Passive:

• Passiva Razziale Mezz'elfo | Scurovisione
• Passiva Personale 1/10 | Difesa Psionica
• Passiva Evocatore Lv1| Evocazioni Tempo 0
• Passiva Ehre eines Mädchens | Pistola sempre carica

Abilità Attive:

● Ein Schwarm von kleinen Schrott | Attiva Evocatore Lv 1 | Consumo medio, evocazioni per due turni.

● Ein Schnitt Infizierten Vergiftet den Körper | Personale 2/10 | Consumo medio, danno medio suddiviso in due turni, offensiva portata tramite evocazioni.

● Reinheit2 | Abilità Pistola | Consumo medio, esplosione di luce accecante

Note: un giorno posterò ad un orario decente. Promesso.
 
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view post Posted on 24/5/2012, 21:47

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Ci sono razze che a priori si considerano nemiche giurate.
Come se un imprinting genetico fosse radicato molto in profondità nelle loro pelli e nella loro storia secolare, un’inimicizia generata e sviluppata in anni e anni di guerre di territorio.
Come bianco e nero che s’intrecciano in una guerra mortale, come giorno e notte che si avviluppano per dominare il Dì. Come se ognuno avesse la controparte per eccezione, la materia che fu creata per contrastare l’antimateria. L’ironia perversa di qualunque fosse il creatore di quel mondo, che per necessità di equilibri dovette creare a ogni specie il proprio alter-ego.
Cani e gatti, vampiri e licantropi, maghi e guerrieri.
Viverne e draghi.

Quando Morpheus atterrò alle porte di Schneeweg tutto s’immagino di trovarsi davanti fuorché ciò che vide.
Una creatura a metà tra rettile e volatile, una bestia dalla livrea scura e rugosa, due zampe posteriori possenti e la totale assenza di quelle anteriori che altresì si articolavano in grosse ali. Tutto ciò era una viverna che si agitava scomposta accanto ad un uomo dall’apparenza anonima. Sentì la pelle accapponarsi, un brivido ferino trascorse lungo la schiena, un ringhio gutturale fuoriuscì dalla sua gola: come un’affermazione di forza, un segnale da parte del capo branco Alpha che voleva proteggere il suo territorio. Osservò quell’essere per qualche secondo, fin quando gli sguardi rischiarono di degenerare in qualcosa di peggio, a quel punto volse le sue attenzioni a chi altri erano giunti ad accoglierli, nello specifico tre persone. Il trio era composto da Donovan, il vecchio conosciuto al villaggio, e da una donna dalle fattezze inconfondibili, una donna la quale fama aveva raggiunto lei suo orecchie ben presto, il quale nome s’era sparso come una macchia d’olio per l’intero continente.
Lady Alexandra, la regina che nessuna terra dominava. Morpheus osservò rapito gli occhi color ambra della donna, si perse nella folta chioma fluente, ma si perse in quella statuaria glacialità che per nulla stonava con il contesto nel quale versavano. Il giovane piegò leggermente il busto avanti in una bieca rappresentazione di un inchino. Solitamente restio a concedere tali onorificenze a umani, con lei era discorso diverso, la sua fama era tale da meritare rispetto anche nel mondo draconico.

« È una piacere conoscerla, Lady Alexandra. »

La sua voce era avvolta nella solita dolcezza melliflua, del solito decoro che ci si aspetta in tali occasioni, fu però brutalmente interrotto dal cavaliere della viverna, che già per ovvi motivi suscitava in lui una profonda antipatia, con pietà e riluttanza guardò quello stupido animale che si era ridotto alla stregua di un cavallo, che si era sottomesso a un essere umano. Scosse la testa in un senso assoluto di diniego: Lui proprio non riusciva a capirli.
« Lasceremo le nostre cavalcature alle cure di Donovan, e marceremo senza dare nell'occhio. Per questo rinuncerò alla mia cavalcatura, come mi aspetto che voi rinunciate a qualsiasi trovata anche solo vagamente scenica che possa farci individuare da possibili minacce. » Lo straniero si rivolse a lui nello specifico, Morpheus sbuffò - è una cosa che non ti posso assicurare, man - un drago non si comanda, a un drago non si ordina, devi essere solo fortunato che ti segua. Morpheus sarebbe stato buono, fin quando perlomeno non si sarebbe stufato di camminare. « La Regina senza Regno sta per ripartire, ma da voi mi aspetto che sappiate cavarvela anche senza la mamma. In marcia ora! »
La regina sparì all’orizzonte seguita dalla viverna e dal vecchio, sparirono abbandonando quel villaggio del nord immerso nei picchi innevati dell’eden.


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W I N T E R R E I S E
Ragni e viverne, nemici e amici.


S’addentrarono in una foresta nordica, pini carichi di neve oscuravano i raggi del sole che, con coraggio, cercavano di filtrare in quella fitta rete di aghi e pigne. Il terreno umido e pieno di neve era pesante al solo cammino, e dopo qualche ora di viaggio persino le gambe del drago cominciarono a ululare di una stanchezza e di un dolore che da tempo non provava. Camminava pestando la neve, affondando i piedi nel manto bianco di quel sentiero sinistro, mille occhi che li seguivano a ogni passo, famelici e desiderosi. Il vento che sferzava la pelle come lame taglienti, un freddo pungente molto più di mille aghi roventi. Il suo sangue caldo, molto più di quello di un normale umano gli garantiva una protezione sufficiente a quel freddo boreale, ma anche lui ne avvertiva – seppure in piccola dose – i disagi che quel freddo poteva portare.
Poi un fragoroso boato scosse la foresta, uno stridulo squillante si diradò a seguire la deflagrazione, civette e gufi si alzarono in volo spaventati da ciò che era accaduto. Ma quelli non erano gli unici animali a lasciare le loro tane; ben altro si agitava nel profondo di quella foresta. Il ticchettio delle zampette che si muovono sul terreno, lo sfregare delle cheliceri. Nell’intrico dei cespugli, dei muschi e dei licheni, fastidiosi aracnidi zampettarono fuori dall’oscurità, i suoi compagni sfoderarono le spade, lui sfoderò ben altro.
In quel panorama di alberi, il drago cobalto svettò in alto sopra le conifere, le sue scaglie brillarono immerse nel bianco e verde della foresta. Il ruggito del predatore si propagò nell’area, le fauci si aprirono mostrando chiostre di denti famelici, Ramhat dietro la sua coda vibrò al riverbero della luce, la coda saettò di lato, una frustata colpì due ragni che volarono sbalzati dalla forza del gesto, il ritorno di coda vide la palla colpire un terzo ragno. L’aracnide si spappolò come un insetto colpito da un enorme forza d’urto, l’emolinfa blu schizzò dappertutto macchiando in buona parte il metallo traslucido della cometa di ferro.
Poi, sulla coda, avvertì un lieve pizzico, come se una zanzara avesse iniettato il proprio veleno all’interno dell’organismo. La mente si fece confusa, il mondo cominciò a danzare sotto i suoi piedi. Gli artigli delle zampe iniziarono a menare a casaccio nel tentativo vano di beccare qualcosa. L’ira crebbe così come la confusione nella sua testa, le fauci si spalancarono nuovamente, l’energia prodotta nei suoi polmoni fuoriuscì investendo l’ennesimo ragnetto il quale, parzialmente paralizzato, si vide investire da una zampata da parte del dragone.
Il drago sbuffò, per lui quell’ammasso di aracnidi non erano nient’altro che un fastidioso contrattempo, quasi annoiato mulinò nuovamente la palla, la forza centrifuga fece il resto, di fronte a lui due ragni vennero investiti dall’ammasso di metallo.
Infine, quando sembrò che il drago stesse per sorridere, e se avete mai visto un drago sorridere capirete quanto è grottesca quella rappresentazione, la sua mente si oscurò, il mondo iniziò a cambiare.
La neve sparì dalle fronde degli alberi, l’oscurità avvolse tutto. Fu come se lui stesso fosse caduto in un tremendo incubo, un bad trip dovuto a un uso sballato di acidi.
La sua mente iniziò a giocargli brutti scherzi, gli alberi si ricoprirono di ragnatele, le ombre parevano allungarsi come a volere inghiottire tutto nelle sue fauci. Alla fine, dalla cima di un pino, una ragno gigantesco calò appeso a una tela di seta. Le enormi cheliceri si mossero nervosamente alla ricerca di cibo, quei mostri erano affamati e solo la morte li avrebbe fermati.
Il Bebelith, progenie prediletta del Kishin, il rifiuto migliore scartato dal suo corpo scese su quell’improvvisato campo di battaglia. Le sue dimensioni non erano paragonabili a quelle di nessun ragno ucciso fino a quel momento, era gigantesco, dalle sue zanne acido corrosivo verde calava come bava, le sue zampe terrificanti e uncinate fremevano a voler iniettare la sua tossina nel corpo del drago. Morpheus s’agitò, quella creatura, che aveva iniettato il veleno nel suo corpo, appariva ben più spaventosa di quello che era. Le tele di seta furono spruzzate dall’enorme aracnide, la madre stava immobilizzando il drago, le quattro zampe furono intrappolate da quella solida tessitura.
La rabbia esplose, provò una due volte a liberarsi con due strattoni, il ragno saltò verso la sua figura, gli uncini delle zampe erano puntate contro i suoi occhi a volerlo accecare.

Quattro zampe immobilizzate.

Un drago alla stregua del nemico, come catene che bloccano inesorabilmente un condannato a morte.
Ma come la storia insegna, nessuno drago può essere incatenato.
Nessun drago può essere fermato, ci sarà sempre qualcosa che non si potrà mai bloccare.
La bocca si aprì, una luce accecante, una forza di energia incredibile.

Il lampo che proruppe dai suoi polmoni, energia pura che si scatenò.

Il Bebelith fu investito in pieno, un rumore stridulo uscì dalle sue fauci, un rantolo di dolore, cadde a terra paralizzato a pancia all’aria agitando freneticamente le otto zampette come una tartaruga in pena. E mentre il ragno capovolto combatteva contro il proprio sistema nervoso, il drago si liberò dalla morsa della ragnatela, due zampate rapide contro il ragno, gli artigli sferzarono contro il pelo dell’aracnide, lo squarciò letteralmente in più punti, nuovamente l’emolinfa spruzzò dal corpo di un ragno. Infine la coda s'agitò per un ultima volta, un flash abbagliante investiti l'oscurità di quei alberi, la luce brillò vincendo nuovamente le tenebre, come se il mondo, in fin dei conti, per quanto scosso si sarebbe sempre rialzato, così come un drago che mai cederà.
Si sentì un ultimo rantolo di dolore, un ultimo lamento, un ultimo sospiro.
Finché il corpo del ragno non si fermò del tutto.

Quella sera avrebbe mangiato carne di ragno arrostita.



CITAZIONE

Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem


ReC: 275 - 250 | AeV: 125 - 100 | PeRf: 150 - 300 | PeRm: 250 - 450 | CaeM: 150 - 100


Energia: 64%
Status Fisico:Lacerazione superficiale alla coda [Danno basso] Lacerazione poco profonda al fianco destro dovuta al bebelith [Danno medio]
Status mentale:Confusione iniziale alla mente [Danno basso] Bad trip dovuto al veleno del Bebelith [Danno medio]

Abilità attive:
Breath of the Dragon

Il soffio è un effetto sovrannaturale creato in parte da alcune parti biologiche del drago, che combinano elementi fisici e magia in modo del tutto peculiare per creare un’arma di portata devastante. Ogni razza ha un soffio particolare, la cui forma è fissa ma le cui dimensioni dipendono dal livello del drago. Similmente, anche i danni arrecati dipendono dalla potenza del drago. Per i draghi blu il soffio è costituito da scariche elettriche generate all'interno dei polmoni, tuttavia il drago non può utilizzare, quella che è la sua arma più letale, in maniera continuativa, difatti per utilizzare il soffio si ha bisogno di tempi di ricarica dell'elemento. L'energia elementale creata all'interno dei polmoni del drago può essere utilizzata arbitrariamente anche in forma umana, non essendo strettamente limitata alla forma draconica. Il soffio varia di potenza a seconda dell'intensità elementare impressa dal drago. Il primo livello di questo soffio permette al drago, con un consumo di energie pari a basso, di scagliare una piccola scarica elettrica che infligge un danno basso da ustione al diretto avversario [Pergamena Padronanza elementale].
Il secondo livello del soffio ha nell'idea quella di ustionare e shockare l'avversario, il drago lancia una grossa scarica elettrica sul nemico, l'attacco, se andato a segno, avrà ripercussioni sia sul fisico sia sulla psiche di chi lo subisce. Infatti, spendendo un consumo pari ad alto, la folgore ha potenza Alta, va affrontata come un normale attacco magico ma, in caso di successo, provoca danni Medi sia al corpo del nemico, come ustione, sia alla sua mente, come shock. [Pergamena Scarica elettrica]


Il soffio è un effetto sovrannaturale creato in parte da alcune parti biologiche del drago, che combinano elementi fisici e magia in modo del tutto peculiare per creare un’arma di portata devastante. Ogni razza ha un soffio particolare, la cui forma è fissa ma le cui dimensioni dipendono dal livello del drago. Similmente, anche i danni arrecati dipendono dalla potenza del drago. Per i draghi blu il soffio è costituito da scariche elettriche generate all'interno dei polmoni, tuttavia il drago non può utilizzare, quella che è la sua arma più letale, in maniera continuativa, difatti per utilizzare il soffio si ha bisogno di tempi di ricarica dell'elemento. L'energia elementale creata all'interno dei polmoni del drago può essere utilizzata arbitrariamente anche in forma umana, non essendo strettamente limitata alla forma draconica. Il soffio varia di potenza a seconda dell'intensità elementare impressa dal drago. Il primo livello di questo soffio permette al drago, con un consumo di energie pari a basso, di scagliare una piccola scarica elettrica che infligge un danno basso da ustione al diretto avversario [Pergamena Padronanza elementale].

– Zip fastener.
Una cometa che viaggia nello spazio interstellare cosa è se non un labile bagliore e un timido sibilo? Eppure una simile accozzaglia di residui metallici lanciati nelle profondità del vuoto è in realtà un commisto di potenza e fragore, un paradosso quindi, un’incognita che sprofonda nella relatività delle cose. Mediante un consumo energetico pari ad Alto e impiegando Ramhat nell'offesa, quest'ultima brillerà di luce propria liberando un flash accecante. La sua traccia sarà appena distinguibile, tanto da poter ingannare i sensi ed eludere qualsiasi abilità passiva di percezione, per poi scagliarsi potente sull’obiettivo ignaro di quanto stia affrontando. La potenza dell’attacco risultante è Media, ha natura magica e si basa sulla PeRm dell’utilizzatore. {Tecnica di potenza Alta}

Abilità passive:

Il drago blu, come tutti i draghi, possiede una forza fuori dal comune, difatti, sia in forma umanoide che in forma draconica, qualsiasi arma, oggetto, che per altri sarebbe impossibile da smuovere, Morpheus sarà in grado di alzarlo con il minimo sforzo [Passiva personale]. Un drago, altresì, può cambiare la sua forma da draconica a quella umanoide, senza nessun impedimento esterno, non importa se giorno o notte, l'unico fattore davvero rilevante è il volere dello stesso drago, in quanto una creatura così letale raramente decide di dare un vantaggio all'avversario trasformandosi nella sua forma più miserabile [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale]. Il drago, inoltre, grazie alla grande energia presente nel suo corpo potrà utilizzare qualsiasi sua tecnica, indipendentemente dalla natura, risparmiando il 3% sul consumo totale normalmente previsto. Se tale risparmio dovesse abbassare il consumo di una tecnica allo 0% o meno, il consumo totale della tecnica rimarrebbe fisso all'1% [Pergamena risparmio energetico].
Inoltre, il drago grazie alla sua conoscenza fuori dal comune, non ha più vincoli riguardanti le illusioni . Egli è talmente dotato da poterle castare istantaneamente, senza alcun vincolo fisico. Basterà il suo solo volere perchè la quasi totalità delle tecniche illusorie si attivi all'istante. [Passiva I livello dominio illusionista]. E grazie alle sue ampie conoscienze Morpheus ha la possibilità di risparmiare energie Per questo ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico [Passiva II livello dominio illusionista]. Arrivati a questo punto le conoscenze di Morpheus lo rendono un illusionista di primo livello, in grado di rendere tutte le sue tecniche illusorie o manipolatorie di un livello superiore. Ad esempio una tecnica Media provocherà danno Alto, una alta danno Critico e le tecniche di costo critico provocheranno un danno Mortale. Non c'è variazione nella potenza delle tecniche, ma solo nel danno risultante. [Passiva III livello dominio illusionista]

– Impact.
Un’arma di queste proporzioni non potrebbe essere impugnata da nessuno che non possegga una forza straordinaria. Il suo peso è considerevole, la lega metallica che lo compone è di una densità tale da non rassomigliare ad alcuna già presente sul continente. Ma chiunque riuscirà a far uso di un’arma simile, saprà certamente come utilizzarla. Ad essa è infatti legata una catena, e sfruttando principi basilari della fisica come forza centrifuga e gravità, ogni attacco fisico passivo portato dall’arma sarà come se fosse eseguito con il doppio della PeRf standard posseduta. {Abilità passiva}

Kajera
È la lama che infrange i legami. Ella si sazia dell'ardimento dei cuori, di qualunque tipo esso sia. Ella brama, invero, di rifrangere ciascuno di quei vincoli intensi, sussurrando direttamente negli animi delle sue vittime di quanto ogni vita donata a qualcun'altro altro non sia che la debolezza di un cuore che rinuncia alla propria dignità. Per farlo, però, deve poter comprendere ove colpire, oltre che chi colpire, naturalmente. Kajera, infatti, permetterà al suo portatore di scrutare nei cuori di coloro che amano, soffrono o vivono un sentimento, un legame di affetto di qualunque tipo e genere. Tale legame apparirà agli occhi del portatore che una scintilla che brilla nell'animo di chiunque, potendo finanche comprendere se due scintille, se ammirate insieme o distintamente, siano o meno legate l'una all'altra. Invero, però, ammirare una scintilla non farà comprendere comunque mai la natura del legame o il nome della persona con cui il legame esiste, avvertendolo unicamente della sua esistenza e, al massimo, della reciprocità del contatto. [Passiva, il portatore potrà vedere nel cuore di ciascuno la presenza o meno di un qualunque legame affettivo, di qualunque tipo questo sia, senza - però - poter conoscere con tale potere la natura o la storia dello stesso. Qualora il portatore veda due o più persone, inoltre, potrà comprendere se il legame che esiste nei loro animi le vincola l'una all'altra o meno. Inoltre, il portatore potrà vedere in ciascun avversario ogni scintilla per ciascun legame, per quanto grande o piccolo esso sia, in quando brilleranno di intensità variabile a seconda della forza dell'affetto.]


– Tail.
Nonostante ciò, Ramhat è tutto meno che poco visibile. Un diametro di tre metri di ineguagliabile metallo, una catena così robusta da poter reggere forze e tensioni impressionanti. Così come uno stocco è agile e maneggevole per merito di forma e peso, così una sfera di tali proporzioni sarà poco pratica nonostante la forza di cui si possa godere. Le traiettorie che percorrerà fino a impattare sull’obiettivo saranno lineari e quasi prevedibili all’occhio di un eventuale avversario, che avrà così il tempo di rizzare una difesa più o meno stentata. Questo malus agisce sulle tecniche e gli attacchi fisici portati con Ramhat, a meno che non vengano occultati a loro volta da particolari tecniche. Forza bruta a determinabilità, uno scambio più che equo. Dopotutto ogni cometa ha la sua coda. {Malus}

Note:
Allora, uccido subito tre ragni anche perchè ehi sono un drago, dovrei schiacciarli in un attimo, poi uno di questi mi punge alla coda, cado un attimo in confusione uso il soffio a livello basso e lo colpisco poi lo finisco e riprendendomi uccido subito gli altri due, dopo vengo colpito al fianco dal bebelith che mi rilascia il suo veleno, ho una sorta di bad trip dove Morpheus si spaventa leggermente, a quel punto viene immobilizzato ma fa il secondo soffio, immobilizza il bebelith e con du artigliate gli creo un danno quasi mortale infine con un ultima palla a potenza media gli do il olpo di grazia. Ricordo inoltre, che ogni attacco con la palla è portato con il 600 di perf quindi mi sembra vero simili sbarazzarmi dei ragni con un unico colpo di palla portata contro la loro figura.
Io continuo a odiare sti combat.

 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 27/5/2012, 12:31




Le lame dello Straniero fendettero l'aria e gli esili corpi degli abomini aracniformi più e più volte finché la foresta non tacque nuovamente. Solo allora Kreisler ripose le spade nei foderi senza il minimo rumore.
Discrezione aveva chiesto, ma l'assalto dei figli del Kishin aveva costretto il gruppo a una controffensiva, e di certo chi non aveva il Nulla nel proprio corpo e nella propria anima non poteva sperare di uccidere un ragno gigante nel totale silenzio. Corrugò la fronte nell'osservare la devastazione che il drago, l'elfo e l'uomo evocatore di bambole assassine avevano portato, e tese l'orecchio.
Niente più che rumori in lontananza, forse animali che cacciavano i ragni o che ne venivano predati, avvelenati e divorati.
Chissà che non fossero proprio alcuni esemplari di quei mostri la causa delle sparizioni, si chiese Kreisler. Eppure le bestie uccise da lui e dai suoi compagni sembravano troppo feroci e irrazionali per poter lasciare un villaggio intatto, senza alcun segno di lotta o distruzione. Forse i cadaveri che continuavano a secernere liquame maleodorante ai loro piedi erano solo le specie più grette e primordiali dei Molti, mentre potevano esisterne varietà intelligenti...
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto bruscamente: l'elfo che dominava il potere del lampo -probabilmente lo Sciamano di qualche tribù dei boschi impenetrabili- gli si fece incontro, rivolgendogli domande irritate. Probabilmente l'imboscata dei mostruosi aracnidi l'aveva sconvolto tanto da fargli perdere la flemma tipica dell'antico popolo dalle orecchie a punta. A lui il guerriero rivolse un'occhiata seria, quasi dura ma in fondo colma di umana comprensione.

- Hai accettato la missione. Questo vuol dire che Donovan ti ha informato delle sparizioni che si stanno verificando in zona. E' intenzione mia e di Alexandra scoprirne la causa e appurare se questo può costituire una minaccia per... per altri villaggi dell'Erydlyss. -

Si era bloccato guardando il drago azzurro riprendere la forma umanoide: mentre dell'elfo e dell'uomo non era sicuro, era certo che lui non appartenesse al Clan Sorya. Non sarebbe certo passato inosservato tra i palazzi coperti d'edera, sotto le stalattiti di Tùrmarsh all'ombra di Velta. E dunque l'Esule aveva deciso di non rivelare che l'adesione della Regina alla sua causa aveva implicato anche entrare nel Clan che era morto e rinato.
Alzò la voce poi, in modo che lo sentissero tutti.

- Io sono la volontà che afferma l'esistenza contro il volere degli dei, sono la vendetta silenziosa di un popolo condannato.
Sono Kreisler della casata dei Valrafkan, e risorgo dalle ceneri di Lithien la Decaduta... ma non credo che a te di tutto questo importi qualcosa, Sciamano.
Tiu basti sapere che come tu cerchi risposte così le cerco anch'io, e voi avete accettato di aiutarmi a ritrovarle in cambio di una ricompensa.
Andiamo ora, ché Gefahrdorf sia in vista prima del calare della sera.
-

gefahrdorf

La luce del sole che si abbassava sull'orizzonte dava al cielo un colore azzurro carico e alla neve una tonalità di arancio quasi caldo, come a dare l'illusione che ci fosse ancora qualche residuo di tepore nel gelo oltremontano. La foresta di conifere si era diradata per lasciare il passo a due enormi costoni di roccia che si innalzavano sui due lati del percorso del gruppo: uno stretto passo tra i monti. Man mano che il tempo passava, la figura del villaggio mèta del percorso dell'Esule e dei suoi soldati si avvicinava.
Infine, stanchi e infreddoliti, i viandanti si fermarono alle porte di legno di Gefahrdorf. Sembravano di legno fresco: la palizzata attorno ad esse sembrava una fortificazione costruita in fretta e furia, forse contro qualche minaccia esterna, forse contro i Molti, forse contro il misterioso autore dei rapimenti inspiegabili.
Dall'alto di una modesta torretta di avvistamento piovve la voce allarmata di una sentinella.

- Alt! Chi siete? Presentatevi! -

Con un gesto furtivo della mano, Kreisler si calcò sul viso la maschera di cristallo prima di rispondere: la prudenza non era mai troppa.

- Veniamo in pace, gente di Gefahrdorf! Siamo viandanti, abbiamo subito un'imboscata da parte di alcuni mostri nel bosco ma siamo sopravvissuti. Ora abbiamo bisogno di cure. Per favore, lasciateci entrare per chiedere i servigi di un guaritore e magari trovare un tetto per dormire e un focolare per riscaldarci! -

Nessuna risposta. Solo un rumore di passi nella neve dietro di loro. Si girò istintivamente, vide una creatura umanoide composta di acciaio e lamiere. Sollevò un sopracciglio in segno di sorpresa e calò lentamente le mani verso Ham e Let nei foderi, anche se lo strano figuro non sembrava particolarmente ostile. Gli si rivolse in un sussurro.

- ...E tu invece chi diavolo sei? -



littleqmpointwinterreisIl gruppo arriva finalmente a Gefahrdorf, alle porte del quale si riunisce con Marchosias. Prendete nota dei dettagli perché vi serviranno per trarre delle conclusioni. Ora vi chiedo di aspettare un ulteriore post di co-QM per avere le vostre istruzioni :sisi:
 
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view post Posted on 28/5/2012, 09:46
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« Uuuuh! Stranieri! Benvenuti a Gef- !»
Capelli biondi raccolti con uno spago dietro la nuca ed occhi azzurro cielo, vivaci. Aveva un vestitino di stoffa rosata cucito a mano, rammendato più volte e visibilmente antico, benché ancora gradevole alla vista. La grazia della giovane fanciulla si palesò in tutta la propria ingenuità, accogliendo i visitatori con un sorriso ampio e radioso. Aprì le braccia e le tese in direzione di Marchosias che, probabilmente, alla sua vista innocente doveva sembrare al pari di un immenso giocattolo, inarcando le labbra a simulare un tenero bacio.

Eppure, tutta quella spontaneità venne stroncata sul nascere da un poderoso strattone.
Un uomo calvo, grasso e rivestito da una tunica marrone, con un pastrano nero adagiato sulle spalle, la prese per un braccio, facendola girare con violenza verso il suo sguardo e trascinandola quasi per terra « Adele! Ti ho sempre detto di non parlare con gli sconosciuti...! »
L'uomo respirava a bocca aperta, ansimando e reggendosi in piedi a stento. Aveva inseguito la bambina per tutta la via principale, fino al cancello, benché la piccola fosse molto più veloce, vivace e giovane di lui. « Ora un paio di sculaccioni non te li toglie nessuno! » gridò il prete, agitando il dito indice innanzi allo sguardo spaurito della piccola e paventando un tono inquisitorio che, tra un sospiro e l'altro, pareva più comico che altro. Infine, il grasso sacerdote fissò con timore la guardia sulla torre, quasi implorando che quanto avesse visto non fosse oggetto di alcuna chiacchiera o commento. Quest'ultimo lo fulminò con lo sguardo ed altrettanto fece con la piccola che, di tutta risposta, gli allungò una linguaccia.

« Mi-mi perdoni...! »
Si affrettò a dire l'anziano prelato, abbassando il capo e tirando per il collo la piccola Adele che rideva sorniona soddisfatta.
« Farai bene a prestare attenzione Padre Jörg... » commentò immobile la guardia « ...dovresti educarla meglio. »
Il frate inchinò nuovamente il capo, senza commentare oltre e scomparve lungo la via, trascinandosi la bambina.
« Comunque... Benvenuti a Gefahrdorf! »
Disse Adele, invece.

__________________________

winterreise1

Invero, a Gefahrdorf di allegro pareva esserci soltanto la piccola Adele.
Il villaggio era costruito con case basse fatte di mattoni e malta, ingiallite dal tempo e dalla polvere. Lo scorcio lontano dei monti copriva in parte il sole, tramutando i raggi caldi del mattino in luci fosche di ombre più o meno varie che irradiavano la via con chiaroscuri opachi e - a tratti - inquietanti. E pareva spesso l'imbrunire, anche quando era - in verità - mattino presto e nessuna nube oscurava realmente il cielo. Questa era Gefahrdorf: un grosso chiaroscuro. Inoltre il villaggio pareva immerso nel silenzio più totale: molte abitazioni ai piani bassi avevano le porte sprangate e le poche ancora aperte, con le donne intente a stendere i panni o a rientrare per le spese per il pranzo, rincasavano rapidamente al passaggio degli stranieri - sbattendo la porta dietro di loro. Negozi e banchi vari erano sparsi per la via, ma tutti gli occupanti parevano destarsi guardinghi da un sonno millenario alla visione di facce nuove, giusto il tempo di valutare difetti e sospetti, condannare alla pena capitale per qualunque chiacchiera si fossero immaginati e ritornare a rinchiudersi nel sonno profondo, poco proficuo e sospetto, originario.

Il gruppo, infatti, fu accolto con sufficienza dalla fredda guardia del cancello, la quale altro non fece che ammonirli sulla pacifica convivenza della comunità e di come il mantenimento di questa forse un bene da tutelare ancor più della salute stessa dei suoi abitanti.

« Combinate qualche guaio... » disse soltanto
« E vi giuro che ve ne farò pentire. »

E la differenza tra la silente armonia di Gefahrdorf e quella di un cimitero nel cuore della notte era tanto lieve che qualunque guaio avessero combinato gli stranieri, questo sarebbe risaltato alle orecchie di tutti come il suono di una tromba nel silenzio ovattato di una Chiesa. I pochi mercanti stretti in un angolo della piazza principale non urlavano con gioia, al solito del resto del continente, le pregiate qualità dei loro prodotti, ma si limitavano a fissare i passanti distratti, lucidando talvolta i propri frutti o scacciando i moscerini che si posavano sui cibi più datati. Talvolta, invece, loro stessi si assentavano dal banco per visitare la locale Locanda, "Casa Petra", della Signora Petra "Braccio d'uomo", nota per la robustezza che le aveva donato anni e anni di olio di gomito, di pasti cucinati e di mobili riparati - in una tradizione di famiglia che era iniziata dalla sua tris-trisavola per continuare fino alla madre di lei ed alla sua figlia, Ambra, ovvero una giovane quattordicenne di stazza già considerevole. E della Petra si dicevano tante chiacchiere: che riparasse da sé la locanda ogni notte, che si vendesse per pochi soldi ai più anziani uomini del paese con una libido ancora non del tutto sopita e che la figlia non fosse del defunto marito, morto qualche anno prima, ma del Sergente della guardia cittadina o - peggio ancora - di Lord Gustav, signorotto locale proprietario della grossa magione in fondo alla via, oltre che di mezzo villaggio.

Eppure, della robusta Petra si palava poco, ormai, nonostante fosse accaduto l'impensabile: un giorno, infatti, al bancone della sua locanda ella non v'era più, nonostante ci avesse passato ogni singolo giorno da quando aveva dieci anni. E, al posto di lei, soltanto la figlia Ambra, che si allenava anch'essa con olio di gomito e con le occhiate lascive degli anziani del paese. « E la mamma? » dicevano alcuni « Non c'è. » rispondeva lei. E nessuno domandava più nient'altro: da settimane, ormai.

Lo stesso aveva fatto il panciuto Lord Gustav, mentre ritornava dalla chiesa di Padre Jörg per il dazio settimanale che a questo imponeva da sempre. Dov'è la mamma?. Solita domanda e solita risposta: più una occhiata sotto la scollatura della giovane Ambra e la promessa che, al pari della sua genitrice, non avrebbe dovuto pagare dazi in cambio di qualche dovere coniugale che la moglie del lord non gli concedeva più.

Già. Dov'era la moglie del Lord?
Una mattina si disse che il marito l'avesse mandata con un carico di buoi per una fiera fuori città. Una fiera, però, che durava da mesi evidentemente, in quanto ella mai più era tornata. « Poco male » diceva lui « si starà divertendo col ricavo delle mie preziose mandrie! » E si sforzava in una falsa risata, soffocando quella e tanti altri pensieri in un lungo calice di birra, proprio innanzi allo sguardo attonito del Sergente Markus, il quale - forse stordito dalla sua stessa sommessa inettitudine - altro non poteva fare che bere anch'egli.

Il Sergente, infatti, era al comando della guardia cittadina da anni. Aveva l'esperienza di una enciclopedia storica ed il carisma di un topo di fogna. Tante storie, tanti racconti eroici - la maggior parte inventati di sana pianta - e tante viltà nascoste sotto il peso del suo elmo in ottone e la sua codardia. Taceva da sempre sui dazi richiesti dall'anziano Lord del paese, che spadroneggiava su di esso quasi fosse una propaggine della sua casa: taceva perché anch'egli aveva una moglie ed una figlia da mantenere ed i suoi numerosi vizi di gioco e di dileggio non gli permettevano di andare avanti senza l'aiuto del danaro sporco di questi.
E l'anziano Sergente aveva promesso di indagare a fondo su ciò che era accaduto ad una mendicante del paese, Donna Matilda, un tempo padrona di una bottega di ceramiche, poi perduta per il fallimento dei suoi affari. Donna Matilda aveva perduto anche la propria casa e vagava per la via principale di Gefahrdorf come un'anima in pena, il fantasma di se stessa. Poi, da un giorno all'altro, non c'era più: « Ha trovato casa » commentarono alcuni abitanti che le donavano quotidianamente un tozzo di pane. « Nemmeno per niente » diceva Frank, il suo amico di sempre che da mesi aveva preso possesso di una piccola baracca dietro la piazza.
« Non aveva un soldo », rispondeva.

« Indagheremo »
Aveva commentato il Sergente Markus. Eppure le chiacchiere in Locanda con Lord Gustav era quanto di più vicino ad un'indagine egli avesse fatto. « Saranno stati gli stranieri! Ne arrivano tanti! » commentava la giovane recluta al cancello, fredda ed impassibile come sempre.
Peccato che a Gefahrdorf non arrivasse mai nessuno.
Fino ad oggi.

Forse a tutto questo pensava l'anziano prelato, mentre trascinava Adele fino alla chiesa.
O, forse, a tante altre cose. Eppure nelle sue confessioni nessuno parlava di nulla: nessuno si confessava più da tempo a Gefahrdorf. Lui era lì coi suoi bambini, con tutti quei bambini orfani di padre, o di madre - o, semplicemente, abbandonati a se stessi perché i genitori erano troppo occupati col lavoro nei campi. A loro doveva insegnare a tenere bassa la testa, a non parlare troppo con gli sconosciuti e ad essere prudenti, così come imponeva lui Lord Gustav, o i suoi sgherri Mansk e Grober - lo smilzo ed il nano, quando gli facevano visita di tanto in tanto. Ora, più che altro, era preoccupato per la piccola Adele: il suo unico genitore, suo padre, era andato al lavoro nei campi, come ogni giorno. Ma la sera, diversamente dal solito, non era più tornato. Alla piccola il prete aveva detto che era tanto occupato e sarebbe tornato appena finito il lavoro, ma una bambina intelligente come lei iniziava a comprendere che una settimana di lavoro ininterrotto non può essere credibile come bugia. Per questo la teneva con se e la tratteneva ancor più del solito, per non lasciarla andare all'orfanotrofio del villaggio dove per ora si appoggiava. La Signora Gertrude dell'orfanotrofio si diceva fosse solita punire con la violenza i bambini, imponendo loro con la forza l'obbligo di non parlare e non ascoltare, sopratutto. E lei, invero, era la prima ad aver imparato quella lezione, non facendosi mai domande sul come o sul perché alcuni bambini erano pure scomparsi.
Non facendosi domande. Abbassava la testa e si ricordava soltanto di imporre ai bambini il silenzio - di violarli con quell'abnorme ingiustizia chiamata omertà che il Lord voleva anche padre Jörg imponesse ai fanciulli cui insegnava, violando bambini come Adele nell'innocenza della loro spontaneità. Violentando la loro vivacità, il loro sorriso - che cresceva puro nonostante il mondo nel quale crescessero.

Benvenuti a Gefahrdorf
pensava padre Jörg - trattenendo una bestemmia.



littlecoqmpointwinterre

Benvenuti a Gefahrdorf! ^ ^
Per qualche post prendo le redini io. Ci muoveremo come in una vera indagine, seguendo i dettami passati alla storia di Asgra come "metodo Raymond". Ovvero: in questo post trovate notizie, informazioni riguardo il villaggio, con luoghi da visitare e chiacchiere sugli stessi. Tutto quello che è scritto qui potrete dire, nei vostri post, di averlo appreso origliando i commenti dei passanti o facendo qualche domanda a caso, tutto secondo logica e ragionamento. Per il resto, voi dovrete semplicemente indagare e potrete farlo con la tecnica usata da Ray nella quest "nello stern". Nel thread in confronto mi direte cosa fate, come volete muovervi e con chi volete parlare. Io vi risponderò dicendo cosa succede e cosa vi viene risposto, fino al momento in cui vi dirò "STOP". Da qui in poi voi farete il vostro post inserendo tutte le informazioni che vi ho dato. Ribadisco, quelle qui presenti potete già darle per apprese: dovrete, però, giustificarmi comunque come le avrete apprese. Potrete, però, limitare le nozioni apprese a quelle inerenti al luogo in cui concentrerete la vostra indagine. Lo scopo dell'indagine è presto detto: capire la fonte di tutte queste sparizioni di cui nessuno sembra preoccuparsi. Qualcuno saprà pure qualcosa, no? Vi riassumo qui di sotto i luoghi citati nel mio post, ma sappiate che potrete essere totalmente liberi e dedicarvi anche ad altri luoghi da voi ipotizzati. Io, di mio, ho previsto una serie di soluzioni, non una sola. Quindi, state tranquilli: potete anche trovare tutti la soluzione, prendendo anche strade diverse - virtualmente.
Potrete comunque essere autoconclusivi con chi vorrete, ma ogni vostra azione avrà conseguenze in quest (così come la buona riuscita dell'indagine, ovviamente).

1) La locanda di Petra e della figlia Ambra.
2) La magione di Lord Gustav
3) La caserma del Sergente Markus
4) La chiesa di Padre Jörg
5) L'orfanotrofio di Donna Gertrude
6) Il mercato
7) I campi
8) La bottega abbandonata di Donna Matilda (con annessa casa)
9) La Baracca di Frank
10) La piazza principale

Nota importante: potrete decidere di rifocillarvi in Locanda, al mercato o in qualunque modo riteniate opportuno. In qualunque modo vi ristoriate, recupererete il 20% delle energie e curerete un medio di danno.

Tempi: in totale una settimana, quindi fino a lunedì prossimo.
Turni: liberi



Edited by janz - 14/10/2012, 19:54
 
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Shervaar
view post Posted on 29/5/2012, 18:52




CITAZIONE
Narrato - Parlato - Pensato - Jörg - Adele - Mensk

<<Assurdo...non ne ha idea neanche lui.>>

E' vero aveva accettato, e se ora aveva ripreso a seguire Kreisler era solo perché ormai convinto che in qualche modo avrebbe potuto evitare che si ripetessero episodi come quello di Schneeweg, un silenzio e una desolazione che difficilmente si sarebbe scordato. Continuarono il loro marciare con la neve fino alle ginocchia finché non videro delinearsi i contorni di un nuovo villaggio, questa volta sicuramente abitato visto il fumo uscente da numerosi camini. Arrivarono ai piedi di cancello che sembrava eretto in fretta e furia e la loro guida prese la parola. <<Veniamo in pace, gente di Gefahrdorf! Siamo vianda...>>
Ecco come diavolo si chiamava quel maledetto villaggio, anche lui non dissimile dal primo per il nome impronunciabile che presto era sfuggito alla memoria dell'elfo.

<<E tu invece chi diavolo sei?>>
<<E tu invece chi diavolo sei?>>


Uno slanciato ed ergonomico ammasso di placche metalliche, talmente aderenti e definite che Shervaar si rifiutava di credere fossero solo una semplice armatura, arrivò alle spalle del gruppo. Un altro che, come lui, aveva seguito le voci in una lontana e malmessa taverna e si era imbarcato in questo folle viaggio. Un altro, ora, agli ordini di Kreisler.

<<Uuuuh! Stranieri! Benvenuti a Gef-! >> Esclamo sorpresa, correndo verso l'uomo di metallo, una bambina che sfoderando un radioso e sereno sorriso spalancò le braccia. Una morsa si strinse intorno al cuore dell'elfo quando un uomo, insaccato in una marrone tunica che delineava i suoi abbondanti contorni, afferrò la fanciulla per un braccio, strattonandola per fermare la sua innocente corsa. Nei suoi occhi, dove prima c'erano ardore e entusiasmo, adesso albergava un espressione di mezzo timore, ma nonostante le sgridate del vecchio e ansimante prete e della guardia del cancello, non ci mise molto a ritrovare il suo vecchio vigore, tirando una linguaccia alla sentinella e salutando entusiasta il gruppo di viaggiatori con un <<Comunque... Benvenuti a Gefahrdorf! >>, mentre il vecchio la trascinava via.

- - - - - - - - - - - - -

[Il mattine seguente]

Ognuno avrebbe proseguito le indagini per conto suo, e la cosa non dispiaceva neanche troppo all'elfo visto quanto poco si erano dimostrati loquaci i compagni durante tutto il viaggio. Avevano un giorno di tempo e, salvo imprevisti, per aggiornarsi stesso luogo e stessa ora di dove tutto era iniziato. Con passo anonimo, per quanto un viaggiatore straniero potesse essere anonimo in un paese in cui probabilmente tutti conoscevano tutti, Shervaar si mise sulle orme di padre Jörg, come la sentinella lo aveva apostrofato, e della bambina, chiamata Adele dal grasso prete, deciso ad iniziare le proprie indagini.
<<Per indagare un posto vale l'altro, mentre cerco di scoprire qualcosa tanto vale accertarsi che almeno la bambina se la passi bene tra le grinfie del vecchio .>> Pensò l'elfo mentre seguiva la strada fatta dalla coppia la sera prima, che, ripercorrendo al contrario la via principale del villaggio, si era infilata nella chiesa.
<<Niente di più logico infondo.>>

Il sole era già alto nel cielo, ma le folti coltri di nubi oscuravano il borgo con le sue basse casette lasciando tutto in una triste penombra. Per strada giravano solo poche e schive persone, che sembravano cercar di evitare ogni contatto con i nuovi arrivati. Pochi temerari sedevano qua e la chiacchierando e lamentandosi del più e del meno, ma nonostante fossi quasi mezzogiorno sembrava che Gefahrdorf stesse ancora dormendo.
Giunto alle porte della chiesa l'elfo emise il solito fischio richiamando a se Bloodwing, maledicendosi subito dopo per la sua stupidità. Accolse il falco tendendogli un braccio e gli bisbiglio nell'orecchio <<Per un po' dovremo stare separati, rimani in zona ma stammi lontano.>> prima di lasciarlo nuovamente libero. <<Non puoi indagare se ogni volta che fischi tutto il villaggio sa dove sei...stupido elfo...>> si autoaccusò lo shamano aprendo la porta della chiesa, che chiuse subito dopo alle sue spalle.
<<Padre Jörg?>> domando entrando e trovando il vecchio prete intento a parlare con la bambina. <<Vai in sacrestia e aspetta lì.>> Furono le sue ultime parole sussurrate prima che Adele corresse ad infilarsi in una porta infondo alla chiesa. <<Cosa volete dalla mia chiesa?>> chiese quindi sospettoso e nervoso il vecchio mentre l'occhio dello shamano cadeva sulla lontana porta, impensierito per la bambina. Una ansia sempre più grande si impossesso del prete mentre Shervaar continuò. <<Credevo che le chiese fossero sempre aperte a pellegrini e viandanti, ma qui a quanto pare così non è. Comunque nulla che possa esserle motivo di preoccupazioni, solo un paio di domande a cui è liberissimo di non rispondere, nel caso non volesse. Strane cose stanno accadendo qui nell'Erydlyss e mi chiedevo se alle orecchie di un sacerdote come voi, magari nell'officiare il proprio onere, siano percaso giunte voci a riguardo>> <<Solo voci, ma nulla di preoccupante per il momento. Il nostro fido Sceriffo se ne sta già occupando e non ho motivo di dubitare di lui.>>
L'elfo inclino leggermente la testa di lato guardando il prete con fare interrogativo. <<Questo non me la racconta per niente giusta...>> pensò prima di continuare.
<<Non era forse un uomo del vostro “fidato” sceriffo quello che guardava con timore ieri al cancello? Non so per lei padre, ma secondo me misteriose sparizioni non sono "nulla di cui preoccuparsi".>> Gli disse quindi l'elfo, aggiungendo poi con sincerità nella speranza di recuperare la situazione. <<Se sono gli stranieri in generale a farle questo effetto le posso assicurare che le mie intenzioni sono delle migliori e che può quindi stare tranquillo.>>
Come se le ultime parole non fossero state neanche pronunciate il padre rispose frettolosamente, continuando a guardare intimorito la sacrestia. <<Per qualunque lamentela lo sceriffo lo potrete trovare nella caserma, chiunque in paese saprà indicarvela. Se non c'è altro io dovrei prepararmi per la funzione di questo pomeriggio e vorrei poter andare.>>
<<Mi dispiace distoglierla dai suoi impegni.>> Concluse l'elfo per nulla convinto. <<Tolgo il disturbo visto che non sono evidentemente il benvenuto e le auguro una buona giornata.>>
Si girò quindi sui tacchi imboccando l'uscita. <<Ho come l'impressione che in un modo o nell'altro ci rivedremo presto.>> pensò chiudendosi la porta alle spalle e mettendo momentaneamente in pausa quel capitolo.

- - - - - - - - - - - - -

[Una mezz'oretta dopo]

<<Quanto ancora mi toccherà aspettare quel verme?>> Si domandò proprio mentre girando dalla strada principale un magrolino fece capolino imboccando il vicoletto dove Shervaar aspettava impaziente. Non amava l'idea di operare in quel modo, ma dare due bastonate ad un bulletto era sicuramente meglio che costringere un vecchio prete a parlare, probabilmente dovendo ricorrere a metodi poco ortodossi. Un mercante nella piazza centrale, dopo avergli venduto qualche frutto locale che l'elfo mangiò di buon gusto, si era dichiarato propenso a dargli informazioni su Jörg, se Shervaar avesse sistemato per lui uno degli sgherri del signorotto locale, Lord Gustav. Sentendo insofferenze avanzate dagli altri commercianti in piazza per un ingiusta e impunita tassa reclamata dal lord tramite i suoi scagnozzi lo shamano aveva deciso di accontentare il mercante. Avrebbe fatto un favore a tutti e guadagnato informazioni, nel complesso buono, anche se c'era il rischio che coinvolgere Lord Gustav avrebbe complicato non di poco il suo operare.
Mensk, "l'esattore", era poco più di un ragazzo, aveva capelli unti lunghi fino al collo e indossava un paio di braghe corte tenute su da due bretelle. Avanzava mettendo in bella vista il suo bastone, tenuto nella mano destra, con il tipico atteggiamento di chi nella vita ha sempre fatto il proprio comodo con le spalle ben coperte. A ben guardarlo poteva effettivamente spaventare solo i vecchi di un paese dimenticato da Dio tra le montagne.
Si andò a piazzare di fronte all'elfo domandando quindi con tono strafottente e spazientito. <<Ehi...e tu chi sei?? Avevo appuntamento con un amico, cosa ci fai qui straniero?>> <<L'amico di cui parli ti manda i suoi saluti mi manda a dire che non ti darà i soldi che ti deve, ne adesso ne mai più.>> Rispose pacato Shervaar, curandosi bene di tenere i propri guanti borchiati sotto il mantello e lanciando uno occhiata intimorita al bastone, sperando che Mensk abboccasse come un pesce. Cosa che effettivamente non ci mise molto a fare. <<Forse non sai, straniero, che a Lord Gustav non piace essere preso in giro.>> Diede quindi un paio di occhiate alla strada, curandosi che nessuno passasse, e attacco l'elfo con il proprio bastone, cercando di colpirlo al ventre. <<Pagherai la tua insolenza e la prossima volta ci penserai due volte prima di sfidare Lord Gustav!>>.

<<Povero idiota...>>

L'elfo deviò il blando attacco coprendosi il ventre con entrambi i bracciali, e Mensk, totalmente spiazzato da quella invisibile difesa, cerco di fare un passo indietro, mentre incertezza e timore si andavano velocemente ad insinuare nella sua mente. Prima che potesse fare qualsiasi altra cosa Shervaar scattò dal posto e con un destro disarmò lo sprovveduto grazie alla furia del fulmine. La mano di Mensk era ancora in preda a spasmi e contrazioni mentre lo shamano lo incollò al muro prendendolo per il bavero. <<Abbiamo finito con i giochi. Dimmi quanto sai su queste strane sparizioni e se qualcuno qui al villaggio ne è coinvolto prima che decida di finire l'opera>> gli ringhiò contro l'elfo, lasciando che il fulmine si liberasse selvaggio dalla sua mano a pochi centimetri dal volto dello spaurito ragazzo, che rispose quasi piagnucolando. <<Ti giuro non so nulla. Il mio Signore mi ha solo detto di far finta di nulla, il mio compito è solo quello di accertarmi che tutti paghino il loro contributo per il Lord. Ora lasciatemi andare, vi scongiuro.>>
<<Sparisci dalla mia vista prima che cambi idea. Torna dal tuo signore con una buona scusa, non mi interessa quale, ma bada bene a non menzionare questo nostro incontro, o spera di non incrociarmi mai più sulla tua strada.>> furono le ultime parole dell'elfo prima di mollare la presa sul ragazzo, che fuggì con la coda tra le gambe nel più vicino vicoletto.
<<Speriamo che quell'idiota non se la canti subito. Devo informare Kreisler che il Lord è in qualche modo coinvolto, ma prima mi servono altre prove.>> Pensò l'elfo mentre si incamminava diretto alla piazza, per recuperare le sue informazioni.
"Quel vecchio porco non vuole casini coi suoi affari" gli aveva detto il mercante riguardo il prete e Shervaar era intenzionato a mettere luce sulla faccenda, anche a costo di allontanarsi un po dal suo vero obiettivo. Cosa che per fortuna non fu costretto a fare, visto che l'uomo, dopo averlo largamente ringraziato lo informò che strane voci giravano sul prelato e la bambina, rinchiusa sempre nella sacrestia della chiesa. Il mercante in realtà non sapeva molto sulle sparizioni, ma sembrava parecchio convinto che il prete ne fosse in qualche modo coinvolto e che la povera Adele sarebbe probabilmente stata la prossima a fare un brutta fine. Lo shamano, scoperto che di li a breve ci sarebbe stata una funzione e che il padre sarebbe quindi stato occupato per un po si era diretto verso una porta indicatagli dal mercante, una buona alternativa ad un ingresso dal portone principale, e aspettando l'inizio della cerimonia, dopo essersi assicurate che nessuno passasse di lì, aveva sfondato con un paio di spallate la porta, tenendola per la maniglia onde evitare indesiderati rumori. Ma quanto accadde dopo lo spiazzò non poco.

- - - - - - - - - - - - -


<<E' quasi ora vero zio? Devo andare a nascondermi?>> La bambina del giorno prima, Adele, senza neanche accorgersi di cosa fosse accaduto, continuava a disegnare su di un quaderno mangiando spensierata del pane e marmellata, e fin li niente di strano. Ma prima che l'elfo potesse anche solo aver il tempo di posare la porta Adele alzò lo sguardo e sorpresa di trovarsi davanti un essere dalle orecchie a punta e non il suo presunto zio, inizio ad aprire lentamente la bocca, prendendo aria per una delle specialità dei giovani: urlare a squarciagola.

<<Oh merda...la sentiranno fino a Velta.>>





Stats:
Rec 175
AeV 200
PerF 150
PerM 225
Caem 100

Danni fisici subiti: Alto (Medio curato)(4/16)

Danni mentali subiti : Nullo (0/16)

Energia rimanente: 69+20-6=83%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo. (Abilità Razziale)
Incantaspade - Guanto d'Arme Destro: L’armigero infonde la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta. (Abilità di Dominio)

Tecniche usate:
Thunder Fury: Lo stretto contatto sin da giovane con la gli elementi e le sue manifestazioni permette allo Druido di controllare al meglio i glifi elementali incisi sui suoi Guanti d'Arme. Al momento della loro attivazione guadagna un bonus sulla forza elementale a propria discrezione secondo necessità e volontà.

[Dominio elementale del Fulmine a costo Variabile Basso e Nullo - Basata su PerM]



Note: Nulla da segnalare, faccio quanto accordato in Confronto.


-Edit- Qualche missclick - Coretti i consumi

Edited by Shervaar - 5/6/2012, 20:28
 
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Ikit89
view post Posted on 5/6/2012, 08:14




CITAZIONE
Legenda:

Narrato
« Parlato (Marchosias) »
« Parlato (Guardia) »
« Parlato (Uomo importante) »
« Parlato (Voce Anziana) »
Pensato (Marchosias)

Marchosias ripensa al giorno precedente e al suo - al loro - arrivo al villaggio.

Le fresche tracce nella neve erano state facili da seguire anche per lui, esploratore inesperto. Appartenevano davvero al manipolo di avventurieri: un ritrovamento fortuito che l'aveva condotto nella direzione giusta. Infine li aveva raggiunti in vista della comune destinazione. Erano all'ombra delle modeste fortificazioni di Gefahrdorf quando si era presentato a loro. Aveva subito reso chiare le proprie intenzioni e il modo in cui era venuto a conoscenza del problema che sperava avrebbero risolto, collaborando insieme.
Varcate le mura erano stati accolti da una bambina: Adele era il suo nome. Un sorrisino raggiante, quasi proibito in un posto così freddo e che niente ha da rallegrarsi. Non si era spaventata alla vista del costrutto, neanche davanti alle ferite e alle lamiere in alcuni punti ammaccate e contorte dall'abominio corrotto affrontato ora prima. Serena nonostante l'evidenza delle fessure frastagliate, degli spazi tra le scaglie e delle proporzioni inumane dell'intera sua forma. Evidenze che confermano con facilità anche allo sguardo più disattento che egli non è affatto un uomo in armatura. Anzi, lei era molto più che serena: felice, curiosa, allettata da qualcosa di sconosciuto. Per nulla impaurita e diffidente nei suoi confronti, come invece Marchosias sa bene sono stati gli individui adulti. Tutti gli uomini grandi e fatti e inconsciamente convinti di conoscere il mondo; si sono arrogati con presunzione la capacità distinguere ciò che è giusto e sensato da ciò che è inusuale e - etichettato con cieca certezza - sicuramente sbagliato. Uomini che forse hanno imparato tanto, troppo, per comprenderlo se non come un mostro. Avrebbe voluto poter sorriderle di ricambio. Avrebbe davvero voluto farlo.

Anche tu sei stato bambino:anche sorridevi agli sconosciuti, gioivi delle cose più semplici, lo stupore riempiva le tue giornate.
Un passato quasi non più tuo, una vita ora estranea.Torneresti così indietro, quando tutto era più semplice? Lo faresti proprio adesso, se potessi?
...

Un omaccione pelato l'aveva subito dopo strattonata in malo modo attirando istantaneamente a sè una spontanea inimicizia. A giudicare dall'abbigliamento si trattava certamente dell'autorità religiosa del luogo, probabilmente anche il tutore della bambina. Marchosias si era concentrato sulla giovane mente di Adele prima che lei scomparisse dalla sua vista. Aveva voluto consegnarle un messaggio invisibile, un solo semplicissimo pensiero, un emozione che non si può tradurre in parole ma solo in gesti: semplicemente un sorriso. L'idea di un sorriso, quantomeno.

[...]



winterreisea

E' il mattino. L'idea comune di dividersi e setacciare il villaggio in cerca di informazioni ha trovato anche il suo consenso. A supportarla c'è la convinzione che l'estensione modesta di Gefahrdorf faciliti il compito. Marchosias è ottimita: i luoghi di interesse sono davvero pochi in un insediamento così ai confini del mondo. Lascia la locanda dove lui e gli altro hanno trascorso la notte e si dirige allo spiazzo che funge da centro del villaggio. Il costrutto si presenta integro nell'aspetto: non è intaccato da nessun graffio, nessuna crepa solca la sua superficie. Ovviamente c'è un perchè. Il suo padrone ha passato buona parte della notte a riparare (ripararsi). Sotto le sue mani sono scomparsi i segni dell'inconveniente poco piacevole che lo ha accolto appena atterrato nell'Erydlyss. Si potrebbero ammirare i riflessi sulle sue scaglie levigate ma il sole mattutino fatica ad aprirsi una via tra le nubi. Un uniforme tetto nebbioso chiude le vette delle montagne più vicine, crea una volta bassa e insolita. Il resto della notte l'ha trascorso nel blando stato di torpore che ancora si ostina a non voler chiamare sonno. Non gli riesce di rassegnarsi: gli mancano i sogni, anche quelli brutti. La voglia di dormire veramente e andare alla deriva della propria coscienza è sempre lì a sollecitarlo.
La brezza molto più che fresca soffia serpeggia tra gli edifici bassi e distanziati che si affacciano sul piazzale. Scende direttamente dalle montagne, accarezza i tetti di paglia e gli angoli delle case. Banchi di mercanzie sono allestiti su un lato della piazza: trattano ciò che offre la terra, ma sono presenti anche alcuni pezzi di artigianato. I padroni appaiono però svogliati nei propri compiti e ovviamente non mancano di lanciare occhiate guardinghe in sua direzione. C'era da aspettarselo dopodutto. Sconosciuto e meritevole solo di diffidenza. Che lo scrutassero pure. In che misura l'avrebbero visto però come un intruso, o addirittura un pericolo? Di sicuro attaccar bottone con loro gli avrebbe solo fatto perdere del tempo. Oltretutto non ha proprio voglia di esercitare la propria - peraltro veramente mediocre - capacità persuasiva. Deve trovare un altra maniera.

Mhh.
...da dove iniziare?

[...]

E' stato facile raggiungere la caserma delle guardie: si trova veramente vicino, addirittura in vista della piazza. Marchosias ha davanti a sè un edificio in muratura ad un solo piano, distaccato dagli altri, modesto nelle dimensioni della sua pianta rettangolare e anonimo nell'aspetto. Probabilmente un'abitazione come le altre riadattata in un secondo momento in gendarmeria. Le alte finestrine sul lato sinistro sono state sbarrate da griglie di metallo, segno evidente che alcune celle sono state allestite al suo interno. Fermo davanti la porta in legno guarda in una finestra appena di fianco. Attraverso il vetro vede solo uno scorcio dell'ambiente interno. L'arredo sembra essere essenziale quanto tutto il resto.

"gneeek"

La porta si apre gemendo leggermente sui perni male oliati. La sala interna è un unico ampio ambiente e - come aveva previsto - la parete alla sua sinistra ospita alcune piccole celle. Nicchie totalmente spoglie se non per delle brande da farsi venire male alla schiena solo a guardarle. Una scaffalatura ingombra di documenti occupa il lato opposto della stanza mentre il centro è occupato da un'ampia e piuttosto antica scrivania in legno, abbastanza ampia per tutti i libri e le scartoffie che vi sono posate sopra e - a quanto pare - anche per la disposizione di un solitario di carte. Dopotutto non pare che le indagini sulle sparizioni siano una priorità assoluta.

«...che il freddo mi porti!»

Il giocatore del solitario è lì fermo immobile, la mano ancora tesa nell'atto di posare una delle ultime carte sul tavolo. I suoi occhi chiari sono puntati sorpresi sul costrutto, ma lo stupore non dura affatto quanto ci si potrebbe aspettare. Strano, ma c'è un motivo. Gefahrdorf non conta così tante anime da impedire alle voci di spargersi in fretta: quelle riguardanti gli avventurieri, i forestieri, e in special modo i fantocci di metallo che camminano tra gli uomini. La guardia si affretta ad alzarsi e ricomporre il proprio mazzo di carte non senza tradire un velo di tensione attraverso i gesti sbrigativi. Nel frattempo parla attraverso dei baffi così folti da nascondere quasi per intero la bocca. Un tempo forse erano di un biondo acceso, ma di quella tinta ne è rimasto solo il ricordo e qualche striatura superstite. Lo stesso vale per i capelli stempiati, tagliati molto corti. Nel complesso è un uomo che ha lasciato dietro di sè gli anni migliori, ma almeno il fisico non sembrava aver totalmente ceduto all'età.

« Ehm, già ...cosa posso fare per voi? »
« Salve a voi. Sono qui per le sparizioni; per aiutare, si intende. Ho un nome, a discapito del mio aspetto: Marchosias. »
« Ah, devi far parte degli avventurieri arrivati ieri sera. Mi hanno detto qualcosa a riguardo. Non capisco cosa cerchi qui in gendarmeria. »
« Anche noi stiamo indagando sulle persone scomparse e ci farebbero comodo delle informazioni. Le vostre indagini hanno trovato una pista utile? »

« Le nostre... ah si, già: le nostre indagini. Bhè... non c'è proprio nulla da sapere. Nessuna traccia. »
« Un borgo così piccolo e nessuno ha visto nulla? Difficile da credere. »
« Credi ciò che vuoi. Puoi anche andare in giro a fare mille domande, ma non caverai un ragno dal buco. »

Strano come ad ogni battuta la guardia sembra riacquistare maggiore sicurezza e controllo della situazione. Non pare più a disagio con l'aspetto del costrutto nè nell'udire la sua voce, fredda e metallica come sempre. Una persona più scaltra di Marchosias si sarebbe accorta subito della svolta che le sue maniere stanno per prendere da lì a un attimo. Ad un tratto più accomodanti, affabili. Si sarebbe accorta anche dei sui sorrisi finti. Certo, quest'uomo è un pessimo attore, ma Marchosias è un pubblico dai gusti troppo facili. L'Artefice può comprendere la logica più contorta, districare il problema più complesso, ma capire le persone e rapportarsi con esse è tutto un altro paio di maniche. La sua mente, abituata alle quantità misurabili delle scienze e della magia, abituata ad analizzare quasi sempre effetti previsti, si trova spiazzata davanti alle sfaccettature della psiche, della socialità mutevole delle persone. Non sarà la prima nè l'ultima volta in cui pagherà le conseguenze di questa sua pecca.

« Mh. Sembri davvero determinato... Sai, forse in effetti c'è qualcosa che puoi sapere, ma il Sergente Markus ci ha proibito di diffondre i dettagli delle indagini. Però posso andarlo a chiamare e farti parlare direttamente con lui. »
« Sarebbe davvero disposto a condividere le sue informazioni? »
« Questo non lo so, ma vale la pena tentare. Andrò subito da lui. Aspetta qui e non toccare niente. »

La guardia si dirige con calma verso l'uscita, non senza prima elargire al suo ospite un'occhiata enigmatica. Chiude la porta dietro di sè. Marchosias inizia già a mettere mentalmente in ordine le domande che avrebbe posto al sergente quando sente un rumore inconfondibile. Clack. Lo scattare di una serratura. La porta! Non ha ancora realizzato di essere stato chiuso dentro; si dirige verso la maniglia. Il metallo ticchetta quando le dita dure del costrutto si stringono intorno al pomello. La prova senza risultato. L'incredulità uccide in lui ogni altro pensiero, comprese le prossime mosse che stava inutilmente pianificando.

Prigioniero. Mi ha davvero chiuso dentro.
Bastardo (E tu uno stupido).

Comprende sempre di più di essersi fatto ingannare come un idiota. Ma perchè queste misure drastiche? Che intenzioni hanno? Deve agire in fretta. Fruga tra le nicchie sul dorso del costrutto, ne estrae qualcosa. Raggiunge una delle finestra dai vetri opachi, punta un oggetto verso la timida luce del mattino e la strada deserta oltre il vetro. Si tratta di una comunissima lente d'ingrandimento. Non del tutto comune ad essere onesti. Unica a dire il vero. Attraverso il vetro gli sebra di scorgere la guardia di prima precipitarsi a rotta di collo verso la piazza, ma non ne è del tutto sicuro. Un bagliore prende inaspettatamente vita attraverso la lente, diventa liquido e mutevole, aderisce al corpo del costrutto come un sudario tessuto coi raggi del sole. La luminescenza si affievolisce di colpo opo aver raggiunto il proprio culmine, lasciando la stanza apparentemente vuota, senza traccia del costrutto. Bene. Ora sarebbe potuto passare davanti al naso dell'intera guarnigione di Gefahrdorf senza che loro capissero alcunchè. Ciò non cambia il fatto che deve comunque sforzarsi di capire qualcosa in quello che è appena accaduto. Sentendosi relativamente al sicuro e un pò più tranquillo, decide attendere per seguire da spettatore invisibile l'evolversi della situazione. Nel frattempo però vale la pena guardarsi attorno.
Inizia a sfogliare le scartoffie sulla scrivania, lasciando perdere i libri per concentrarsi sul resto. Rapporti, elenchi, missive, nulla di veramente interessante. Passa poi in rassegna i cassetti per trovarvi un mucchio di lettere private. I nomi degli interessati hanno una certa importanza e saltano subito all'occhio: si tratta di Markus, sergente della guardia cittadina e Lord Gustav, il potente locale. Quale il motivo di questa fitta corrispondenza?

Clak-clak.

...!?

La maniglia ruota, ma non in maniera decisa, come se qualcuno si fosse appena voluto sincerare che l'uscio sia ancora chiuso. Marchosias - sicuro di non essere visto - sbircia attraverso la finestra. Una guardia è stata posta a sorvegliare l'entrata dall'esterno. Più giovane della prima, è talmente sovrappeso da stare a malapena nella propria uniforme, che sembra esser sul punto di sparar via i propri bottoni tanta è la pressione. A quanto pare non l'ha proprio sentita arrivare.

Ragiona: una sentinella lasciata qui, una guardia che corre come il vento a chiamar qualcuno. Sta per arrivare qualcosa di grosso. Levati di torno prima che arrivi.

Sceglie di seguire il proprio intuito e aprirsi una via di fuga, ma non prima di aver raccolto la corrispondenza sospetta. Si piazza al centro della stanza rivolgendosi verso il legno della porta. Può sentire la guardia ignara direttamente oltre. Può sentire la sua mente e può sussurrarle.

" Hei, tu, dico a te grassone! "

Il punto di luce che è il buco della serratura si oscura ripetutamente, segno che qualcosa si sta muovendo dall'altro lato. Marchosias non perde tempo: punta le mani davanti a sè e dà sfogo ai propri poteri. Il malcapitato viene attratto con un'accellerazione istantanea verso la porta, che non regge all'impatto. I cardini cedono con il suono del legno spezzato, seguito dal tonfo della guardia e della porta che si abbattono sul pavimento. Il grassone si è procurato una bella botta che gli ha fatto perdere i sensi. Nulla di grave perfortuna. Non vuole lasciarsi dietro vittime innocenti.

[...]

Sono passati pochi minuti quando qualcuno arriva nei pressi della gendarmeria. Intanto lui - ancora invisibile - ha avuto tutto il tempo di appostarsi un pò più in là, in una macchia d'ombra affiancata al muro di un abitazione vicina. Nessuno si aggirava nei paraggi perfortuna. Qui al riparo ha avuto giusto il tempo per trarre alcune conclusioni piuttosto allarmanti, scaturite da una lettura più approfondita delle carte che ha trafugato. Solo riferimenti marginali, ma quanto basta per avere la certezza che Lord Gustav ha una presa più che influente sulla guardia cittadina. Un controllo tale da ordinar loro che agiscano affinchè non si parli troppo delle sparizioni. I toni perentori fanno pensare che egli stesso in qualche maniera abbia l'interesse personale che tutto rimanga insabbiato. Solo adesso sono chiare - fin troppo - le misure drastiche di pocanzi. Un altro tassello di un mosaico ancora frammentato. Deve assolutamente tornare dagli altri e riferire loro tutto.

(Una voce accesa urla frasi incomprensibili. Il rumore proviene dalla gendarmeria.)

Hanno scoperto la sua fuga. Marchosias è troppo lontano per distinguere le singole parole, ma sa già come rimediare. Nononstante il camuffamento visivo non se la sente di rischiare in prima persona. Piuttosto impugna ancora la lente, questa volta uno scopo diverso. In un attimo una figura etera e incolore si distacca dalla sagoma dello strano utensile. Si tratta di una copia perfetta della lente stessa: si libra in volo sotto il completo controllo di Marchosias che la dirige verso la scena che si appresta a spiare. Una parte della sua coscienza si sposta insieme alla sentinella magica, rendendolo capace di vedere, di ascoltare ogni cosa tramite essa.
L'immagine chiara di un uomo dai vestiti costosi che agita il proprio bastone, intarsiato d'argento. Sta urlando attraverso la folta barba curata che copre il suo viso mentre colpisce la guardia ancora riversa sulla porta distrutta. Sbraita talmente forte da farla rinvenire. Il volto è del colorito acceso della collera. La lente cattura ogni gesto e ogni parola, nessuna che prometta nulla di buono.

« Trovatelo! Come si fa ad essere più.... idioti!?! Markus, voglio la testa di quel fantoccio, adesso! E tu - TU, grassone incompetente - porta quel tuo grosso culo a prendere i fucili o ti stronco io stesso a suon di bastonate! »

[...]

Pochi metri adesso separano Marchosias dal suo obiettivo. Per certi versi prova pietà per la guardia che sta per assalire. Si tratta ancora del malcapitato obeso. Seguirla tra le strade non è stato un problema: è bastato proseguire defilato lungo le strade secondarie, tenendo traccia del suo percorso ancora grazie all'aiuto della lente magica. Ha bocciato istantanemante l'idea di tornare in locanda e cercare i propri compagni; di sicuro è il primo posto che le guardie avrebbero sorvegliato. Deve invece complimentarsi con sè stesso per aver pensato di rubare delle lenzuola che erano appese ad asciugarsi, vicino al precedente nascondiglio. Non un grande travestimento, ma sarebbe bastato a confondere la propria figura almeno con quella di un uomo vero. Sa che le guardie stanno setacciando il villaggio: deve agire in fretta.
Pochi metri ancora, poi un pò più in basso. Il costrutto si è staccato dal suolo privo di peso; avvolto nel panno bianco potrebbe passare per uno spettro delle fiabe. Marchosias spera solo che la sua preda non muoia di crepacuore prima di avergli detto qualcosa di utile. L'uomo ignaro intanto sta tentando di correre, per quanto la propria stazza glielo permetta. Si muove in maniera scordinata, sicuramente ancora sotto shock. Messo fuori gioco da un'entità sconosciuta che gli parla nella mente, dopodichè minacciato di morte al proprio risveglio. E c'è ancora dell'altro in serbo per lui. Sicuramente non è la sua giornata migliore.

Adesso!

La strada si inoltra per un pò nella vegetazione e sembra perfettamente sgombra. E' il momento per agire. Marchosias precipita sull'uomo, afferrandolo per le braccia tozze appena sotto le spalle. Lo slancio e la sorpresa di costui sono tali che per poco non mandano gambe all'aria entrambi, ma in qualche modo riesce a mantenersi in piedi. Marhcosias non perde tempo e sfodera le proprie ali. Lame vetrose si aprono in una musica di ticchettii cristallini, dispiegandosi completamente tra perfetta meccanica e pura magia. Si chiudono intorno la loro preda, creano un abbraccio freddo e letale. L'Artefice può vedere la nuca tremante dell'uomo e più in là la faccia atterrita specchiarsi attraverso le lame che gli sta puntando vicino al viso. Distingue ogni singola goccia di sudore che imperla la pelle arrossata.

" Dimmi ogni cosa: le sparizioni, Lord Gustav. "
« AH! t-ti prego, demone: non uccidermi! Non ho fatto nulla di male! Non so nulla! »
" Che c'entra il Lord in questa faccenda? Parla adesso se vuoi vivere ancora. "
« No, ti supplico! Obbedisco solo agli ordini, non mi fanno sapere mai niente. »

Perchè non credergli? Quale uomo mentirebbe in una situazione simile? Un tonfo attutito e l'uomo crolla - ancora una volta - come un sacco di patate. Il costrutto porta una mano alla fronte come per massaggiarsela, per produrre solo un leggero cozzare di materiali levigati. Un altro involontario strascico delle sue abitudini umane. Non pensava che la testata avrebbe fatto così male. Ha veramente grosse difficoltà a trascinare via il corpo, infatti lo molla appena arrivato ai primi cespugli che costeggiano la via. Poveraccio. Nello spostamento un mazzo di chiavi è cascato tintinnando fuori da una tasca dell'uniforme. Conoscendo già la destinazione dell'uomo, per Marchosias non è difficile immaginare quali porte esse aprano.

[...]

Riconoscere la magione del Lord e raggiungerla è stato addirittura più facile rispetto alla caserma. Leggermente distaccata dall'assembramento delle altre abitazioni, è l'unica circondata da un muro di recinzione. Interamente in pietra si erge nei suoi due piani più l'alta mansarda sulla quale poggia il tetto spiovente. Nessun movimento nè dall'esterno del cortile nè dalle finestre ha spinto l'Artefice ad arrivare fino all'ingresso e provare le chiavi. Clack. In un attimo è dentro. Quasi tutte le tende sono abbassate e la penombra lascia solo indovinare le sagome della mobilia. Neanche lui sa bene cosa sta cercando qui, ma pensa - anzi è sicurissimo - che il Lord abbia le mani fin troppo invischiate nella faccenda delle persone scomparse. Abbastanza invischiate da braccare uno sconosciuto per aver fatto qualche domanda di troppo e tappargli la bocca per sempre. Un suono inaspettato fa sussultare Marchosias, lo strappa dai propri pensieri. E' una voce anziana e tremante, parole articolare da corde vocali ridotte ormai a stanchi fogli di carta velina.

« Signorino Gustav! E' lei ?! »

CITAZIONE


Note: Perdonatemi la colonna interminabile. I fatti e le azioni da descrivere erano veramente molti e per me è stato complicato tentare di sintetizzare il sintetizzabile. Ho (ahimè) dovuto anche fare qualche sacrificio dal punto di vista dell'introspezione di Marchosias nel tentativo di non appesantire ulteriormente il post. Insomma volevo evitare l'enumerazione metodica di tutte le azioni che compie il pg ma non ci sono riuscito un ganchè. Non abbiatene a male.
Colonna sonora: "Turks Theme" - Final Fantasy VII (OST)

braccioi
 ReC
300
 AeV
125
 PerF
175
PerM
375
CaeM
225
 Basso
5%
 Medio
10%
 Alto
20%
Immenso
40%
Marchosias [mente]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    Non ha ancora scordato le immagini generate dalla malia dell'elementale, il quale ha preso le sembianze del vecchio corpo umano di Marchosias per poi iniziare a disfarsi, ricordandogli gli orrendi momenti nei quali ha davvero perso il corpo e rischiato di morire nella stessa maniera. (Medio)
Costrutto [corpo]: ■■■■ ■■■■ ■■■■ ■■□□
    L'attacco dell'elementale ha lasciato alcuni danni interni, troppo complessi da riparare in una sola notte (Medio).

    Danni al costrutto riparati durante la notte (Medio).
Equipaggiamento:
    Fulmine Globulare, riposto (5 3 usi disponibili).
    Ali di Ossidiana, riposte.
    Pandora's dices, inutilizzati e riposti.
Energia: 75% +20% (Riposo) -20% (Alto) -10% (Medio) -5%(Basso) = 60%
Tecniche e Azioni:
    - Deus Ex Machina [3] : Passiva Dominio (Esper, Liv I)
      Usata per sorridere telepaticamente ad Adele.
    - Lume del Cercatore [3] : Invisibilità (solo in presenza di luce, 3 turni, Alto)
      Utilizzata per rendersi invisibile non appena Marchosias si rende conto di essere stato rinchiuso nella caserma.
    - G-Radianza [5] : Pergamena "Attrazione violenta" ( Mago, Medio)
      Utilizzata per attrarre la guardia sovrappeso contro l'entrata, ottenendo il duplice effetto di metterla k.o. a causa dell'impatto e di sfondare la porta permettendo così una via di fuga.
    - Lume del Cercatore [5] : Sentinella volante (2 turni, Basso)
      Utilizzata per spiare in maniera sicura ciò che accade dentro la caserma dopo la fuga di Marchosias.
    - G-Radianza [4] : Passiva Dominio (Esper, Liv III)
      Utilizzata per seguire dall'alto la guardia che sta andando alla magione.
    - Ali di Ossidiana [1] : Arma da mischia
      Marchosias sfodera le ali e le punta al viso della guardia, minacciandola.
 
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