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Conquistadores - Collisione

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'Alchimista del Drago
view post Posted on 16/5/2012, 10:43 by: 'Alchimista del Drago

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« C O N Q U I S T A D O R E S »
f r o z e n h e l l

cocito-1




Il sangue sgorgava fumante e copioso dalla giugulare recisa.
Caronte stringeva per il collo un colosso ricoperto di graffi e cicatrici, tenendolo sospeso a mezz'aria: i piedi della vittima si dibattevano alla disperata ricerca di un appoggio, ma erano lontani una spanna di troppo da un'improbabile salvezza, e a ogni battito sempre più fievole del suo cuore gli arti si agitavano un poco di meno. Forse il combattente si illudeva di avere ancora una residua possibilità di salvarsi, ma si sbagliava: era morto già da tempo, da quando il demone infero l'aveva intravisto tra le fiamme ondeggianti e le grigie volute a spirali. L'arena si era ormai trasformata in un calderone arroventato e ribollente di fluidi e liquami, il caldo mutato in arsura mutata in sofferenza. Lingue di fuoco divampavano fra le pile di cadaveri sventrati e i guerrieri ancora in vita, il metallo del ponte era incandescente e brillava di una tenue luminescenza cremisi, il fumo disegnava per aria spettri di un passato cupo e di un futuro ancora peggiore, e sopra ogni cosa calava un velo di cenere morta dal sapore della dannazione. Caronte era a sua agio in quell'atmosfera torrida e soffocante, fra le cortine e i vapori asfissianti e i lamenti dei moribondi che cercavano invano di ricacciare le viscere nei loro addomi o di arginare le fontane rosse e tiepide che zampillavano dagli arti recisi: gli sembrava di essere a casa. Eppure non poteva fare a meno di sentirsi assetato. La potenza distruttrice del fuoco gli aveva sradicato dalle membra ogni stilla di liquido corporeo; la poca carne che ricopriva le sua ossa stava avvizzendo e se ne distaccava a brani, grumi neri e incancreniti che toccando terra sfrigolavano come un animale bollito vivo. In qualche modo, doveva placare la sua sete.
Fu in quel momento che gli capitò a tiro la montagna semovente che ora serrava per la gola: un corpo così vasto doveva contenere dei veri fiumi di sangue! Lo agguantò con le dita scheletriche e affondò la testa nel collo dello sventurato: il sangue sprizzò in alto, ruscellò fra le fauci del Traghettatore e lordò il pallido teschio con chiazze vermiglie. Scorrendo sul piano irregolare del cranio, il liquido si raccolse nelle piccole depressioni e avvallamenti del teschio, lungo le intaccature nell'osso e le concavità nivee sotto gli zigomi, nei crateri che si aprivano al posto del naso, e disegnò sulla superficie eburnea intricati grovigli di lacrime cremisi che scorrevano sul volto scarnificato come gocce di pioggia rossa.
Quando ebbe saziato la sua sete, Caronte scagliò via l'uomo come una bambola di pezza. Il cadavere dissanguato rovinò dentro a un rogo lì vicino e le fiamme ruggirono in risposta, quasi ringraziando il demone. La vampa garrì più forte, più in alto, alimentata dal nuovo combustibile, mentre nell'aria si diffondeva quel piacevole odore dolciastro della carne bruciata e di una vita che avvizzisce. Il Traghettatore rimase a contemplare assorto il braciere per qualche momento, cercando di seguire con lo sguardo le evoluzioni della carogna: prima collassò a terra in un ammasso voluminoso e ingombrante, poi - mano a mano che la pelle divampava e i muscoli bruciavano e gli organi si incenerivano - il cumulo informe diminuiva di dimensioni e spariva dietro i riflessi ramati delle fiamme. Infine, dell'uomo non rimase che un mucchietto d'ossa annerite.

Caronte si volse ad osservare la battaglia che infuriava sul ponte. Il manipolo di uomini che aveva guidato fin lì si era scagliato contro i due guardiani fedeli a Hyena e il loro gruppo di combattenti, e la lotta continuava. Avevano ucciso un gran numero di nemici, ma adesso - dopo la devastazione provocata dall'onda sonora del vecchio perverso - altri tre individui si erano fatti largo nell'orda per scagliarsi contro i suoi. Con un sorriso arricciato sulle labbra che non aveva, assistette alla mattanza. Il primo era un mostro d'uomo, alto e possente, dai bicipiti gonfi e l'espressione stolida. Un ragazzo attirò la sua attenzione, mentre il pazzoide con il bullone conficcato in testa lo aggirò da dietro, attivò la sua motosega dentellata con uno scoppio e affondò l'arma rotante nella schiena del colosso. Lo schiocco secco della colonna vertebrale spezzata si udì fin sopra il fragore dei combattimenti: il gigante si accasciò al suolo, mentre la lama scavava sempre più a fondo nel corpo squarciato, e non smise neanche quando era ormai chiaro che fosse morto, neanche quando tutte le interiora erano già fuoriuscite infradiciando il terreno.
Il secondo era l'omuncolo agile e strisciante che si muoveva a scatti fra i nemici, occhi verdi e acquosi sempre in movimento, si spostavano con frenesia senza mai concedersi un attimo di sosta. Puntò il giovane con la tunica celeste, e uno dei suoi pugnali sibilanti lo raggiunse alla spalla. Aveva scelto il nemico sbagliato: il giovane dovette materializzare una qualche illusione nella testa del viscido avversario, perchè quello si girò di scatto e iniziò ad agitarsi come un forsennato; l'altro ne approfittò per raggiungerlo dopo aver srotolato la frusta, e lo sferzò con foga. Nello stesso tempo, anche il ragazzo drago confluì verso di lui, e con un fendente gli mozzò di netto la testa. Ma il suo obiettivo era un altro: il guardiano che rispondeva al nome di Dave McKeane, fuori però dalla sua portata. L'uomo era rimasto nelle retrovie, affianco al corpo smisurato e senza vita della cuoca. Caronte intravide la carcassa contorcersi con un ultimo spanno, eppure Big Lucy era già morta: la pelle verde bile stava scolorendo in un giallognolo malsano, il gigantesco mestolo era serrato in una presa ferrea, fin troppo per appartenere a un vivo, e la carne flaccida e cascante di petto e addome aveva smesso di sollevarsi al ritmo dei respiri soffocati dal lardo. Dave si portò le mani alle tempie - il Traghettatore non sapeva se per disperazione o per qualche altro motivo - e arretrò traballante verso uno squarcio dai bordi aguzzi nelle paratie alle sue spalle. Sparì in quel pozzo buio, e l'oscurità si richiuse su di lui.
Rimaneva un ultimo avversario, fra i più pericolosi: lo spadaccino alto e dinoccolato avanzava nella calca, senza che nessuno inizialmente gli badasse. Si stava preparando ad attaccare, quando lo schermidore fu risucchiato dalla fiumana in delirio: un braccio lungo e snodato volteggiò sopra le teste sprizzando sangue dall'estremità recisa, poi di lui non rimase più niente.

I rivoltosi erano sul punto di avere la meglio, ma proprio in quel momento dagli sportelli d'accesso divelti, dalle pareti sradicate e da ogni punto di ingresso disponibile sciamarono nell'arena nuove forze a rimpolpare la resistenza, il grosso delle truppe fedeli all'ordine precostituito. Si espansero sul campo come un incendio nella foresta, appiccando nuovi focolari di guerra in ogni angolo dell'Ora d'aria. Per Caronte, non rappresentavano che altra carne da macello.
Ma era un altro arrivo che attirò l'attenzione di tutti: una belva bastarda e corrotta, che tornava alla sua tana dopo una lunga battuta di caccia. Una fiera che si aggirava fra le rovine della strage, e si cibava delle carogne che marcivano sul terreno. Fedele alla sua natura, aveva lasciato che gli altri si scannassero fra di loro, prima di giungere a reclamare il suo macabro bottino. La Iena.
Calò il silenzio, e perfino il Traghettatore avvertì un brivido scuotergli le ossa. Un'orgia di sangue insozzò l'arena in fiamme, ma Caronte era troppo lontano per essere raggiunto. In realtà, era troppo lontano e basta. Non era quello il suo avversario: un altro spolpa cadaveri gli avrebbe conteso la carcassa putrescente dalla Purgatory, nella battaglia finale. Viktor von Falkenberg, il Beccaio.

Caronte distolse lo sguardo, e fu allora che udì la voce. Una voce strana e affascinante, una voce non umana. Non del tutto, almeno. Era il tono di chi nella vita ha visto di tutto e fatto di tutto, e non pensava certo di aver finito. Erano parole, poche semplici parole ma permeate di un orrore di fondo, come un sipario di sangue drappeggiato dietro falsi commedianti che mettevano in scena lo spettacolo di vite vuote e insignificanti. Caronte sentiva il dolore, in quella voce. Le sofferenze e le disgrazie, patite e inflitte, e tutto gli giungeva filtrato da un setaccio di strazio e disperazione. Si voltò.
L'essere era grigio e morto, cadaverico. La pelle aveva la stessa tonalità di un mattino tetro, quando la bruma della notte non si è ancora dissipata e offusca il mondo e lo precipita in una luce crepuscolare di incertezza e angoscia. Una lunga cappa nera ammantava l'intera figura, e il volto smunto e pallido era celato da una spessa bendatura e da una piastra metallica, come se la creatura volesse nascondere sotto le pieghe delle vesti quanto più possibile del suo corpo. Tuttavia Caronte poteva vedere i suoi occhi, occhi freddi e privi di vita, sepolti nel volto cinereo, e quando lui gli parlò e indicò con un gesto il massacro che li circondava, l'ampia manica della tunica scivolò in basso e mostrò per un attimo il braccio: l'arto era ricoperto di cicatrici, graffi e tagli trasversali, che intrecciavano sulla pelle un macabro ordito di solchi profondi e sfregi slabbrati. La carne era deturpata, quasi che una fiera selvaggia gli avesse afferrato il braccio per masticarlo fra le sue zanne. Per un istante credette si scorgere il luccichio del ferro, incastonato nella carne. Sotto il tabarro si intuivano profili irregolari e disumani, sbagliati.
Caronte sorrise, e il ghigno tremendo spaccò in due il teschio.

« Sì, è così. »

Rispose in modo ambiguo, mentre si prendeva ancora qualche secondo per esaminare l'ultimo arrivato. Il suo sguardo scivolava ora sulla figura funerea e straziata, ora sulla marmaglia infervorata che si dibatteva attorno a loro, ai cumuli di cadaveri cui qualcuno aveva appiccato il fuoco, al sangue che colava dalle ferite e imbrattava il pavimento. C'era un abisso - lo avvertiva con incrollabile certezza - fra lo sfregiato che lo squadrava e il resto dei pezzenti che si agitavano fra le fiamme. E a Caronte incominciavano a venire entrambi a noia - le fiamme e i pezzenti. Finchè aveva potuto, si era dilettato squarciando e sgozzando e lacerando, ma ormai i pesci piccoli non gli bastavano più: aveva lasciato il suo regno sotterraneo perchè stanco di imperversare sulle misere anime dei dannati, e si ritrovava ad avere a che fare con ombre d'uomini fin troppo simili ad esse. Sentiva l'impellente bisogno di una sfida più alta, di un trionfo più glorioso. Di un avversario più difficile da uccidere.
Le braci nei suoi occhi brillarono malevole quando prese la sua decisione.

« E in questo Inferno... »

Ruggì, la voce che sembrava risalire dalle viscere stesse della terra,

« ... c'è posto per un demone soltanto. »

Molti pensavano che Inferno era solo fuoco, fiamme e calore insopportabile, ma non era così. C'erano anche fiumi gorgoglianti, foreste di alberi deformi, paludi putrescenti e soprattutto il ghiaccio. Tanto ghiaccio, una distesa infinita e fredda, una landa che si estendeva per miglia e miglia e accecava gli occhi col suo fulgore azzurro. Nelle profondità della fossa oltremondana, là dove erano puniti i peccati più gravi e perversi, dove Lucifero in persona era imprigionato in una gabbia di gelido cristallo, si apriva la piana del Cocito. Un immenso lago luccicante completamente ghiacciato, dalla superficie fino ai suoi abissi indaco, nel quale erano incastonati come stelle nel cielo i dannati che si dimenavano e strepitavano invano, flagellati da raffiche incessanti che si sprigionavano dai poderoso battito d'ali del demonio. Fu a questo pensiero che Caronte si aggrappò, quando allungò un braccio spolpato verso il suo nuovo nemico, e dalla mano spalancata come grinfie di rapace si scatenò una bufera devastante.

ghiaccio2

Prima venne il freddo. Intenso, che mordeva la pelle e aggrediva la carne con uncini di vetro. Calò sul campo di battaglia come la notte alla fine del giorno, inesorabile e cupo. La luce si offuscò, la temperatura precipitò e nell'aria si diffuse l'alito glaciale della morte. Poi giunse il ghiaccio. Lucido e scintillante, duro come granito, rivestì ogni cosa con un manto invernale. I pochi macchinari ancora in funzione si spensero con un ronzio, il pavimento fu ricoperto da placche infide e traslucide, i propulsori della nave volante vennero soffocati dalla morsa del gelo. Caronte vedeva gli ammassi di cadaveri congelarsi in macabri monumenti, le fiamme pietrificarsi a mezz'aria, la brina ricoprire con un velo granuloso i morti riversi per terra e le budella e le lame spezzate e gli scudi infranti. Il sangue si cristallizzò, fiumi rossi che fendevano il ponte e si attorcigliavano e intrecciavano in arabeschi scarlatti. Si immaginava già le membra irrigidite dal freddo, i piedi saldati alla terra, le dita spezzate, si immaginava il colore bluastro e malsano dell'assideramento, i respiri mozzati dal gelo, gli arti intorpiditi fino all'apatia.
Infine, la tempesta. Il vento sgorgò dal palmo aperto del Traghettatore, una spirale di violenza e brutalità che avrebbe investito in pieno l'altra creatura. Sul ponte superiore della Purgatory, folate cariche di neve e grandine spazzarono la piatta distesa di combattimento, flagellarono le strutture lignee e squassarono l'aria e la terra, e poi rovinarono su quell'essere abominevole, intabarrato nel suo pesante vestiario: a niente gli sarebbe servito, contro la potenza sferzante del vento e del ghiaccio.

Un turbinio bianco di fiocchi e nevischio mulinò per un attimo nell'aria, offuscando la vista.
Quando il vortice si spostò, sulla carcassa bruciata della puttana obesa
era calata un'era glaciale.



C H A R O N «


» Info
    status fisico « illeso
    status mentale « illeso
    energie « 36% (75-33-6)
    stats « rec 300, aev 175, perf 150, perm 550, caem 150
    consumi « basso 2, medio 6, alto 15, critico 33

» Passive
    Capacità di riconoscere magie nascoste, trappole, incantesimi e illusioni sul campo di battaglia
    Influenza psionica di timore su tutti i personaggi di energia pari o inferiore, purchè non demoni
    Mantenimento della forma demoniaca in ogni situazione, anche alla luce del giorno
    Bruciatura di infima entità a chiunque entri in contatto con Caronte
    Casting di tecniche magiche a tempo zero

» Attive
    CITAZIONE
    Cocito « [...] Insieme al Flegetonte, è il fiume da cui Charon attinge la maggior parte dei suoi poteri e a cui deve la sua natura di demone di ghiaccio. Con un dispendio di energie « Medio » egli sarà in grado di materializzare nel suo pugno una lancia o una scheggia di ghiaccio, dai bordi affilati e la punta tagliente, che potrà scagliare contro il suo nemico per trafiggerlo e gelargli il sangue nelle vene. Sempre con un consumo « Medio » il Traghettatore richiamerà a sè la glaciale essenza del Cocito e congelerà l'ambiente circostante sotto uno spesso strato di ghiaccio; la vegetazione si cristallizza, i macchinari si inceppano, gli uomini tremano dal freddo. Tutte le tecniche di Charon fondate su questo elemento infliggeranno danni superiori al solito per due turni, e per lo stesso lasso di tempo i nemici saranno impacciati e goffi nei movimenti, quasi paralizzati dalla morsa del ghiaccio. Ma i poteri del demone si spingono ancora più in là, oltre limiti inconcepibili per i semplici essere mortali: con un dispendio « Critico » di energie egli sarà in grado di traslare l'Inferno stesso in terra, spazzando con raffiche gelate l'area davanti a lui proprio come Lucifero al centro del Cocito, e provocando così una glaciazione completa che immobilizzerà ogni cosa ed essere vivente. I suoi avversari vedranno le proprie carni colorarsi di una tonalità blu e malsana, la pelle irrigidirsi e le membra spezzarsi, proprio come i dannati immersi nel lago oltremondano [...]

» Note
    Ciao Caccia, e perdona l'accoglienza non proprio... calorosa :v:
    No, sul serio: mi sembrava opportuno aprire quest'ultima fase in modo degno, per cui - in accordo anche con la psiche di Caronte - non ho perso tempo in indugi e ti ho subito attaccato. Le tecniche usate consistono nella pergamena Campo Gelo, che per due turni congela l'area di battaglia e rallenta i movimenti degli avversari, oltre a potenziare i danni inflitti dalle tecniche di Ghiaccio, e poi Era Glaciale, che grazie alla combo può infliggere danno Mortale; la potenza, però, rimane Critica. Comunque se vuoi consultarla, la scheda di Caronte la trovi qua. Sono entrato anch'io in gioco con il 75% di energie, giustificabile per le forze spese nel corso della Quest. E' tutto, credo.

    Quanto agli altri utenti, come avete potuto notare lo scenario di battaglia è cambiato: almeno per un paio di turni, niente più fuoco e fiamme, ma una bella distesa gelida. Gli effetti diretti di Campo Gelo ed Era Glaciale ovviamente non influiscono su di voi, il nuovo campo non vi influenza più del precedente, per cui al massimo sentirete parecchio freddo e potreste essere un po' impacciati nei movimenti.
    Riguardo al turno precedente di Invasione, avreste potuto e dovuto organizzarvi meglio: pur essendo il doppio dei png, ne avete lasciato uno illeso senza attaccarlo. Tuttavia non vi penalizzo per non gravare sulla fase finale.
 
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