| .Neve |
| | << Pensato Afrah>> << Pensato Tayf>>
« Il tuo dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la tua capacità di comprendere. E se potessi mantenere il cuore sospeso in costante stupore ai quotidiani miracoli della vita, il dolore non ti sembrerebbe meno meraviglioso della gioia; e accetteresti le stagioni del tuo cuore, come hai sempre accettato le stagioni che passano sui tuoi campi.»
<< Svegliati. >>
Grigio.
Grigio attorno a lei, di fronte a sé, sulla sua pelle. Candido bagliore al limitare degli occhi. Un lieve torpore la smosse, avvolta in un limbo estatico, ricoperta da una maglia di seta. Stava lì, crogiolata in un abbraccio morbido, il bozzolo aderente a precluderne i movimenti. Dove era finita? Forse Allah aveva ascoltato le sue preghiere, forse la redenzione era lì. Ad un palmo di naso, una nuvola dentro la quale tuffare il viso. La vita eterna.
<< Svegliati, morirai. >>
Le parole di Tayf - la voce interiore, la guida - squarciarono il velo dentro il quale era piombata. La banshee guerriera infatti, aveva compreso un sentore di pericolo non appena Afrah era caduta nell'oscurità più nera, un'anima forte alla ricerca della verità . Fu una breccia perforante che divise il flusso dei suoi pensieri, la fece riemergere da un lungo letargo senza sogni Afrah. Buio eterno in cui la mente era stata per troppo tempo a riposo, intorpidita e repressa da un forte colpo alla nuca. Chi era stato? Lande buie e brulicanti di insetti, luoghi estranei ed oscuri affollavano i suoi pensieri. Camminava lenta nei sentieri dei ricordi, camminava alla ricerca di qualcosa. Lo chador dimenticato a Gerico. O forse no. Forse soltanto alla ricerca di un responso alla sua domanda.
<< Dov'è il settimo velo?>>
Mai un desiderio era stato più importante, figlio di un dolore acuito negli anni. Mai il Paradiso era così vicino come allora. Eppure sfuggiva via come l'attimo di un sussulto, alitava fuori come il caldo vento del sud sulle radure senza alberi. E lì sulle tele degli abissi, era finita Afrah. Smarrita. Errando in una terra che non le apparteneva e che non conosceva. Solo il ricordo di quattro grossi bulbi che la fissavano, prima di cadere giù. Prima del buio.
Ed il terrore cominciò a rantolare su per il collo, sotto forma di ticchettii incessanti e continui. Zampette che avanzavano veloci, un odore putrido ed appestante aleggiava in quella bara di spire bianche. Tutto ciò la riscosse da quel torpore iniziale, come un tuffo in un torrente gelido. Svegliata bruscamente, asfissiata, immobile, le braccia e le gambe bloccate. Legata. Cominciò a sudare freddo Afrah, sarebbe diventata la preda di qualche creatura immonda e venefica. Si dimenava incessantemente, e più lo faceva più il panico attanagliava le sue membra. Più gridava e più l'aria cominciava a mancare in quello spazio chiuso e claustrofobico. Sarebbe morta. Divorata prima che da creature sconosciute, dalle sue stesse angosce.
<< No. Non è ancora il momento.>>
La voce di Tayf ora sempre più presente, ora sempre più viva era un monito, un conforto necessario in quel orda di paure ed ansie. Le parole della banshee guerriera erano una eco roboante, sovrastavano i pensieri di Afrah un po' alla volta. Dolci ma decise, una madre che ammonisce la sua bimba capricciosa.Non riuscendo però bloccarla, a farla calmare. Non questa volta. Un grido disperato, agonizzante. Il grido di una bambina spaventata, lacrime calde sul suo viso. Morire? Perché? Adesso? Tutto era pesante, ogni secondo in quella tomba bianca sembrava un'eternità. Disperata, il volto contorto in mille smorfie di sofferenza, il suo viso cominciò a mutare così come il corpo. Un nero di ossidiana ora colorava la sua pelle canuta ed esangue, il volto si faceva più allungato e maturo, il corpo più alto e più grande, i capelli ora bianchi e nivei. La guerriera prendeva il posto di quel corpo fragile, il fantasma si ergeva tra lei e quel mondo spaventoso. Sicura e solida come un baluardo, ma forte ed impetuosa come una tempesta del Sahrakbar .
ﻢﱠُﺛ
Mani artigliate, unghia resistenti e nere squarciarono con violenza il bozzolo dentro il quale era intrappolata. Le braccia di Tayf, potenti e nerborute allargarono il guscio bianco. Uscì fuori, un Jinn animoso e boccheggiante. Aria a riempire la trachea compressa. Ma Tayf non ebbe il tempo di rialzarsi da quell'ammasso bavoso che già il fievole bagliore filtrante dalla piccola fessura la fece indebolire. Cercò di resisterle, lottò con le unghia e con i denti, si dimenò invano. Doveva proteggerla, doveva proteggere sua figlia. Eppure, anche se impavida e battagliera il suo ardore si spense, mostrava la sua caducità in tutte le sue forme. Schiacciata al suolo come una falena troppo precipitosa di volare in alto, alla luce del sole. Icaro aveva anelato a qualcosa di irraggiungibile, non poteva cingere gli astri, non poteva più volare. Tayf adesso stanca, lasciava ancora una volta il posto a quella bimba terrorizzata dalla sua ombra. La pelle sbiadiva, i capelli scurivano, il corpo tutto si faceva più piccolo e più esile. Una minuscola formica, debole. Rivoltata come un guanto, ritornava alla vita. Rigurgitata dagli stessi pensieri di Tayf, sputata fuori, un pesciolino fuori dallo stagno. Troppo, troppo in fretta. Così in fretta che ebbe quasi il sentore di rigettare l'anima, fuori da quel corpo inutile, un guscio di carne ed ossa.
Lo scenario che le si presentò dinnanzi fu macabro e surreale. Enormi bozzoli ammassati l'uno sull'altro, dispense di cibo per creature che andavano ben aldilà delle sue conoscenze. Dentro quei gusci di seta e bava, voci contorte urlavano ed infrangevano i muri del silenzio. Voci diverse, alcune adulte, altre fanciullesche, non riuscì bene a distinguerne la provenienza. Non ci riuscì, ma non c'era più tempo. Quei grossi bulbi, era certa, la stavano fissando. Tutto si faceva sempre più cupo e ai limiti dell'assurdo, pareti di roccia dura e muffe al limitare di esse, facevano da contorno a quella dimora spettrale. Dimora di creature che con ogni probabilità si erano accorte di lei. Si era liberata. Ma la libertà ha un prezzo troppo esoso da far corrispondere. Lo sapeva Afrah, pochi potevano dire di esserne usciti interi.
Un rumore simile allo squarciarsi di una tela la ridestò. Uno di quei bozzoli cadendo su una roccia appuntita, accanto a lei, si era sfaldato facendone uscire il contenuto. Una donna? Come una farfalla colorata, una giovane elfa nasceva da quel grigiore nefasto. I suoi capelli ramati riflettevano i bagliori ovattati di quel luogo, insieme alla sua armatura di pelle, dagli stessi colori del fuoco vivo. Per un attimo le sue iridi dorate incontrarono quelle rosse di Afrah. Solo dopo poco si accorse della piccola creatura che le svolazzava intorno, un jinn simile a quello evocato da Lanhai del Gorgo, ma in miniatura. Fece per aiutarla a rialzarsi, ma l'incessante ticchettio di zampette si faceva paurosamente più vicino, due di quelle immonde creature trasportavano un'altra caduce vittima, avvolta anch'essa in un bozzolo di seta. L'altra era lì, un guardiano dedito al suo lercio lavoro. Grosse zampe anteriori, falci artigliate, quattro bulbi oculari attenti. Non c'era tempo di parlare, nemmeno di pensare forse. Si sarebbero accorte di loro, sarebbero state divorate. Istintivamente Afrah fece uscire la sua voce. Calda, strascicata. Un canto lento, appena udibile, ma carico di paure. Un canto quasi disperato il suo. L'aveva cantata molte volte quella canzone, l'aveva cantata per sfuggire a ladri e stupratori, l'aveva cantata per confondere e far perdere le sue tracce. Ma questa volta la stava cantando per sopravvivere. Sfuggire ad un fato incerto ma sicuramente sanguinolento.
Leggera la Nebbia si sparse per tutto il covo, un fumo bianco denso di racconti. Un fumo che avrebbe confuso le sue tracce. Perché Afrah voleva andar via, da sola. Scappare e perdersi, volare quasi. E quasi lo fece, silenziosi i suoi piedi si sollevarono dal terreno, si sarebbe voltata e sarebbe scappata. Ma no. Tayf non glielo avrebbe concesso, non così facilmente. << Dobbiamo portarla con noi ...>> Sapeva a chi si stava riferendo. La giovane elfa era lì, confusa quanto lei. Aveva scorto appena nei suoi occhi la paura di essere divorata, di terminare così troppo in fretta la sua esistenza. Una donna come lei, figlie di una madre diversa, ma esseri dai destini intrecciati. Le loro strade si erano incrociate quella volta, insieme in un male avverso.
Titubante, leggermente timorosa da quella scelta. Se ne sarebbe pentita, lo sapeva. Afrah non poté che acconsentire passivamente alle parole di Tayf, debole e fragile, una falena nata al buio ma attratta dalla luce . Rapida afferrò la mano della giovane elfa, non c'era più tempo. Dovevano fuggire, dovevano andarsene. Veloci ma silenziose, le due cercarono muoversi, la nebbia era loro complice ma non lo sarebbe stata per molto tempo. L'unica scelta sembrava quella non andare in pasto, o almeno non direttamente, alla morte. Rapide cercarono di raggiungere l'uscita aggirando quanto più possibile le tre bestie.
La falena e la farfalla volano insieme nei cieli dell'esistenza. Un giorno o forse più, capitoleranno verso la morte.
AFRAH: ReC 275; AeV 150; PerF 150; PerM 225; CaeM 150.
TAYF: Rec 250; AeV 300; PerF 250; PerM 250; CaeM 150.
Consumi: Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%
Energia: 100% - Medio 10% = 90%
Stato Fisico: Illesa 16/16
Stato Psicologico: Illesa 16/16
PASSIVE:CITAZIONE • La Banshee: Afrah e Tayf sono, insieme, un’unica Banshee, ogniqualvolta che la Banshee incrocerà lo sguardo con un individuo di potenza pari o inferiore alla sua, esso percepirà un lieve timore che sfocerà in un leggero brivido di paura. [Passiva razziale Avatar] • Il Velo: La banshee è capace di evocare (le proprie difese) in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. [Passiva di Dominio Absolute Defense, III livello] • Né in Paradiso Né all'Inferno: In particolari condizioni di calma e concentrazione la Banshee sarà in grado di levitare, anche se con alcuni limiti: non potrà superare la sua naturale velocità che potrebbe raggiungere camminando o correndo, e nemmeno arrivare ad elevate altitudini. Inoltre, basterebbe un solo calo di concentrazione per far in modo che la malia si interrompa. [Passiva di levitazione] ATTIVE:CITAZIONE È una lenta litanìa, un giro lungo di note in linea ma irregolari, la voce di Afrah è dolce, non particolarmente acuta in questi versi. È una storia, una storia che si ripete, anime straziate, villaggi coperti di sangue, bimbi strappati alle loro madri, il tutto per evocare un fumo denso e fitto che per due turni avvolgerà lentamente il campo di battaglia con un consumo medio di energie. Una nebbia bianca in cui gli avversari non vi vedranno attraverso, ma Lei si, rapida e pronta a colpire quando meno se lo aspettino. [Pergamena del Ladro "Fumogeno"] RIASSUNTO:
Afrah si sveglia dentro al bozzolo e non comprendendo la situazione va in panico. Tayf prende il suo posto e riesce a squarciare il guscio, esce fuori ma la lieve luce solare che filtra dalla fessura in alto la fa ritornare in forma umana. Vede che accanto a lei Elmara esce fuori dal guscio, e accorgendosi dei Recuperatori canta "Nebbia di Guerra" ( Pergamena del Ladro "Fumogeno" - Medio). Approfitta della nebbia e prendendo la mano di Elmara cerca di fuggire aggirando le creature. Cerca inoltre di non fare rumore attraverso la passiva di levitazione.
NOTE: - Tutte le azioni con Elmara sono state precedentemente concordate. - La poesia ad inizio post è di Kahlil Gibran ^^
|
| | |
| |
|