| Drag. |
| | E' proprio in quei casi che ti rendi conto di essere un completo estraneo in un ambiente sconosciuto, dove ogni tuo addestramento è completamente inutile dinanzi all'ordinarietà della vita al di fuori del Monastero. La verità era che Raan era entrato in una locanda solo tre volte in vita sua, e questa era la quarta in totale: non proprio un avventore incallito. Fece del suo meglio per mettersi a proprio agio e comportarsi con l'allegria che lo contrastingueva, ma non potè fare a meno di capire che uno dei suoi nuovi amici miliziani doveva aver sovvertito qualche regola non scritta quando afferrò il corpo di quella spaventata cameriera. L'intera sala ammutolì: era un silenzio speciale, non quel tacere impaurito che si incontra dinanzi al terrore di morte e sofferenza; era stupore.
Qualcuno aveva osato, evidentemente: e lui sedeva proprio con il gruppo del colpevole. Accadde in pochi istanti: la reazione dell'uomo dai capelli rosso-dorati, l'aria di sfida del commilitone, la tensione palpabile nell'aria. Si respirava a fatica ora nella Nuova Virago, come se un tornato fosse sul punto di scatenarsi sull'intero salone. E Raan sapeva che quell'uomo, così spavaldo, avrebbe travolto ogni cosa attorno a sè: gilelo leggeva negli occhi, due iridi pericolose. « Amico mio, reggi l'alcool peggio di me! », esclamò, rompendo il silenzio. Raan posò sul tavolo il calice d'acciao e fece cenno ai miliziani di chetarsi e perdere la testa. « Dai, torna a sedere, evidentemente a questo signore non è piaciuta la tua scelta. »
« Siamo qui solo per rilassarci, no? »
Il sorriso del monaco trovò lo sguardo penetrante dell'uomo in piedi. Questi fece passare la propria attenzione dal giovane al soldato, ancora in piedi e fremente di rabbia; sembrava incapace di lasciar cadere la questione, nonostante la lama paurosamente vicina alla sua gola - e l'espressione dell'uomo dai capelli rosso-dorati non sembrava di quelle in grado di provare compassione. « Il tuo amico sembra parecchio più saggio di te. Io gli presterei ascolto. » L'altro non rispose immediatamente: più di una goccia di sudore imperlava la sua fronte, ma se fosse di rabbia o paura era difficile dirlo. Verosimilmente, stava provando entrambe le sensazioni allo stesso momento. « Io sono un uomo della milizia cittadina! », urlò, quasi sull'orlo delle lacrime. « Non ammetto che mi si parli in questo modo! » « Desolato, », replicò l'uomo. « ma non potrebbe interessarmi di meno. » La situazione stava sfuggendo rapidamente di mano, e Raan non desiderava venir coinvolto in una rissa appena arrivato in una città - una rissa piuttosto sanguinaria, giudicando la levatura dell'uomo che avevano di fronte, e di certo il monaco non aveva alcun desiderio di battezzare così il primo viaggio al di fuori della Purgatory. « Hai ragione, », intervenne il giovane sbuffando, parlando al soldato in piedi. « e quest'uomo sicuramente ne è al corrente, ed è intervenuto comunque. Magari è una sua parente, non ti saresti comportato allo stesso modo per difendere, per esempio, tua sorella? Ci sono altre donne nel locale, e sono sicuro che il signore saprà indicartene una giovane e di gradimento per entrambi. » Tacque, osservando per qualche istante i due, poi il calice: non aveva particolare dimestichezza con l'alcool, e se solo qualche sorso gli aveva sciolto così tanto la lingua forse era il caso di fermarsi lì con i beveraggi, quella sera. Aveva tutte le ragioni del mondo per rimanere sobrio, non ultima la possibilità non tanto remota di finire con la gola tagliata in qualche fosso di Dorham. Non si poteva mai sapere, lì. L'uomo inaspettatamente annuì, e pure il commilitone sembrò tranquillizzarsi, almeno un poco. Improvvisamente, un uomo anziano si alzò in piedi. Non l'aveva notato prima, ma sembrava davvero un tipo fuori dal comune: nonostante l'età si muoveva con incredibile solerzia; la sua figura era ancora muscolosa e per nulla ingobbita, mentre attorno a lui sembrava lo circondasse un'aura di decisa autorità. Aveva capelli bianchi di media lunghezza e una barba dello stesso colore, ben tenuta; indossa una sorta di pianeta blu oltremare, con intricati disegni in oro. Sembrava volersi avvicinare al gruppo, ma s'interruppe fissando la porta principale della locanda, dalla quale aveva appena fatto capolino una massa indisciplinata di capelli neri che appartenevano ad un giovane dai lineamenti simili a quelli di un topo. « Kos? Gabriel? », chiamò questi. « Il nostro uomo è arrivato, dobbiamo andare. » Il vecchio e l'uomo dai capelli d'oro rosso si guardarono e annuirono, quindi fecero per andarsene; Raan guardò uno ad uno tutte quelle comparse, personaggi che si evidenziavano sulla comune marmaglia da taverna come un colossale Jaian, gli enormi alberi dei monti Dhera, si staglia sopra una foresta di pini secchi e anneriti. « Affari importanti? », domandò allora all'uomo dai capelli rosso-dorati, incuriosito dal trio. « Non avete ancora indicato una buona donna per il mio amico qui, signore. Non vorremmo infastidire più nessuno... » Questi si voltò a guardare il monaco, ma prima che potesse rispondergli venne preceduto dal giovane che li aveva chiamati fuori dal locale. « Non stuzzicare il cane che dorme, ragazzino: una qualsiasi di quelle presenti, ma non Jumelle. » Raan allargò le braccia, sconfitto. Non gli importava davvero della cameriera.
« Oppure tornatene sul tuo carcere galleggiante. »
Oh. Questo era decisamente inatteso. Non aveva idea dei rapporti tra Dorham e il Goryo, e si augurava fossero quantomeno neutrali, ma che uno straniero sapesse della sua appartenenza al clan era inquietante: che genere di informazioni conosceva quel giovane? Fu la naturale arroganza di Raan a trarlo d'impaccio: prima che potesse riflettere troppo sulle parole di quello sconosciuto, aprì la bocca. « Se mi conosci così bene saprai che io non desidero compagnia femminile. », disse, squadrandolo ironico. « E per me sarebbe un vero onore conoscere chi è così bene informato. » Questi non parve particolarmente colpito dalle sue parole, quasi fosse un personaggio di poco conto. Scrollò le spalle, mentre gli altri due lo seguivano fuori dalla Nuova Virago.
« Onore non concesso. », ed uscì.
Raan levò il calice, porgendo saluto. « Peccato. »
Quando voltò lo sguardo, prestò nuovamente la propria attenzione alla spavenatata cameriera vittima delle avances del suo compagno commilitone. « Nessun rancore? », le domandò, sorridendo. Jumelle non rispose affatto: abbassò immediatamente gli occhi e fuggì a gambe levate nel retrobottega; al suo posto, un incedere pesante e rabbioso annunciò l'avvicinarsi dell'oste, un uomo corpulento ma piuttosto alto, quasi stereotipato. « Dite un po', ma cercate davvero rogne?! » Il monaco era piuttosto sorpreso dalla domanda: era convinto ci si dovesse comportare così con una donzella maltrattata. « Buffo, era esattamente quello che mi chiedevano i miei maestri. », disse, buttandola sul ridere. « Si cercava solo di appianare la questione. Perchè tutta questa tensione? » L'altro sbuffò, rabbioso. « Senti ragazzino, tu verrai anche dal Goryo e sarai pure amico della milizia, ma non sei di queste parti, quindi apri bene le orecchie: quell'uomo dai capelli rossi è qui da meno di un mese, alloggia a Villa Monfilles dal Cavaliere e qualcuno mormora abbia già ucciso una decina di persone! » « Faccio parte del Goryo da meno di tre settimane, non ho idea di chi sia il Cavaliere e di assassini ne ho visti troppi - e quel tipo mi sembrava stesse seplicemente difendendo l'onore di quella donna. Ho avuto un viaggio lungo e mi han chiesto di cercare informazioni su contrasti vecchi di secoli: credi davvero abbia fatto tutta questa strada per mandare qualcuno su tutte le furie? ». Raan sorrise, cercando di sembrare amichevole. In effetti, non era sua intenzione apparire offensivo o riottoso. « E poi dai, anch'io ho i capelli rossi! », esclamò scherzando, indicando la sua treccia di capelli cremisi. L'oste si zittì; sembrava tranquillizzato dalle sue parole, pensando probabilmente che, in fondo, Raan era esattamente ciò che sembrava: un ragazzino. L'exploit del monaco, tuttavia, aveva catturato l'attenzione anche di qualcun altro, poco distante ma abbastanza in disparte: due uomini coperti da un cappuccio bianco, silenziosi e immobili. Questi presero a fissarlo con una certa insistenza, così, quando il corpulento oste si allontanò grattandosi la testa, Raan si voltò verso i commilitoni della milizia, domandando: « Quelli sono forse qualcun altro che dovrei conoscere? » Inizialmente aveva cercato di ignorare le occhiate dei due, ma la sua indole ribelle non ne aveva voluto sapere: anzi, la sua domanda non era stata neppure posta a basso tono, quasi stesse velatamente forzando i due a motivare le loro attenzioni. Il più anziano del gruppo, un soldato sulla quarantina con corti baffi castani, lo guardò di sottecchi, mormorando: « Quelli? Sono i Monatti. Brutta gente, amico mio. Meglio lasciarli perdere. » Per qualche istante, Raan si guardò il corpo allarmato. « Non penso di avere la peste. Ho la peste? », domandò, con una punta di noncuranza. Anche su Pyat esistevano i monatti, reietti della società che avevano contratto il morbo e, ancora vivi per raccontarlo, per questo ne erano immuni. « Comunque, scusate se non sono stato completamente onesto con voi, amici. Avrei dovuto dirvelo prima che faccio parte del Goryo. » Aveva deciso di tastare subito quel terreno, per vedere le reazioni dei nuovi amici e non perderne la fiducia. Fortunatamente, questi scrollarono le spalle come se non importasse - e, in effetti, nessuno gliel'aveva domandato. Meglio, un'informazione in più. « No, non quel tipo di monatti. Loro sono... particolarmente restii alla presenza di stranieri a Dorham. Una specie di setta, non so se mi spiego. » Oh, ma certo. Gli xenofobi. Già si profilavano un mare di guai all'orizzonte. « Ah. Allora ho la peste, sì. Bè, ad ogni modo non programmo di rimanere a lungo... Un uomo cui sono debitore mi ha chiesto di raccogliere informazioni su una vecchia storia di qui, i Lupi di Nemarchos. Non ne conosco il motivo, ma penso che con le giuste risposte leveremo le tende alla svelta... Con buona pace dei signori Monatti. » Gli amici camerati si guardarono l'un l'altro, perplessi. Evidentemente l'accenno alla storia dell'oscuro passato di Dorham non suonava nessuna campana nella loro memoria. « Cos'è che ti hanno mandato a cercare?! » I monatti, invece, si alzarono dal loro tavolo e si avvicinarono a loro, restando in piedi accanto.
« Noi sappiamo di cosa parla »
Bingo: ora, c'era solo da capire se si trattasse di uno specchietto per le allodole o una seria miniera di informazioni; Raan era poco avvezzo alle consuetudini sociali, ma sopperiva la sua inesperienza con la furbizia; avrebbe dovuto andarci cauto, con quelli. Non negò loro il prender posto al tavolo, così fece cenno di continuare, interessato: « Sono tutt'orecchi. », disse. « Il mio nome è Py'yt, il mio compagno invece si chiama Lyas. E' muto. », rispose, guardandolo accigliato da sotto il cappuccio candido. « Sappiamo bene chi fossero i Lupi. Potrai porre le tue domande, straniero. Ma a due condizioni. » Il giovane monaco assentì, spronandoli a continuare. « Per prima cosa, non parleremo qui. Ci sono troppe orecchie in ascolto. E la seconda... » Il Monatto si protese verso di lui, guardandosi attorno con fare circospetto. « ...dovrai aiutarci a sbrigare un lavoro. » Raan rispose all'offerta con un mezzo sorriso: era tutto troppo losco per sembrargli fantastico. Si allungò quindi verso Py'yt, mormorando con voce bassa ma determinata quelli che erano i suoi pensieri. « E conoscendo la vostra reputazione e il vostro ordine, perchè dovrei fidarmi di voi? » (e non immaginare che mi state attirando in una trappola?)
L'altro si tirò indietro, scrollando le spalle. « Perchè non hai molta scelta. »
Vero. Si aspettava una risposta del genere, dopotutto. « Un punto per voi. », disse, alzandosi. Salutò quindi uno ad uno i camerati con cui aveva passato la serata, poi pagò i loro ordini. « Vogliamo andare? Ho un appuntamento con una donzella bendata, più tardi. », esclamò, baldanzoso ma vigile. Se Lorencillo avesse saputo come lo aveva descritto, probabilmente lo avrebbe decapitato sul posto; meglio glissare sulla battuta, in futuro. Dopo il commiato, i due Monatti lo condussero fuori dalla Nuova Virago, guidandolo in un vicolo e accertandosi che nessuno li avesse seguiti. All'uscita, l'odore di Dorham colpì nuovamente le narici di Raan: un inconfondibile mix di rancido e speziato, fumo e depravazione. Una miscela soffocante che riusciva persino a fargli rimpiangere il calore letale dell'Akerat. Py'yt gli porse una pergamena arrotolata, priva di sigillo, estratta da sotto la tunica. « Oltre i baraccamenti dei soldati c'è un quartiere povero -non povero come il Circo ma comunque non se la passano bene nemmeno lì. In una di queste case ci sono dei nostri accoliti -non farai fatica a riconoscere l'abitazione. Recagli questo messaggio. » Il monaco prese immediatamente il plico, ma non eseguì subito quanto gli veniva domandato. Squadrò il Monatto da capo a piedi, poi chiese: « Tutto qua? » Era un incarico troppo semplice, ed era lecito domandarsi perchè lo dovessero affidare a lui perchè lo portasse a compimento: c'era sicuramente qualcosa sotto. « Quali conseguenze porta con sè questo messaggio? » Py'yt gli rispose con un'insolita occhiata sorpresa. « Nulla di compromettente. », lo rassicurò. « Quando l'avrai consegnato, vieni a trovarci e risponderemo alle tue domande. » « Mh. », bofonchiò Raan, poco convinto. « Dove vi troverò? » « In questa stessa locanda. » Senza aggiungere altro, il monaco s'incamminò nella notte.
La luce fioca di una luna molto lontana dall'essere brillante allungava le ombre delle catapecchie che costeggiavano un sentiero un tempo chiamato strada. Il cammino era durato circa venti minuti, e là dove le case cominciavano a diradarsi trovò il luogo che gli era stato indicato: l'edificio, come isolato dal resto dell'agglomerato urbano, pareva un neo infetto sulla pelle di un corpo malato e butterato. Quell'impressione era acuita dal candore dell'intonacatura della casa, di un bianco così abbagliante da apparire fuori posto, artificiale e assurdo. Nessuna luce all'interno sembrava segnalare l'assenza di qualsivoglia vita.
« Maniacale. », commentò Raan ad alta voce, prima di avvicinarsi. Tutto, lì attorno, puzzava di trappola. Lo Jellbraxi era stato addestrato anche per quello, e l'innata disciplina del suo ordine monastico lo rese capace di mantenere la freddezza nonostante l'inquietudine che esacerbava il suo animo. Non gli piaceva tutta quella cornice, non gli piaceva affatto. Bussò piuttosto ruvidamente; ad aprirgli fu un vecchio decisamente male in arnese. Questi non proferì parola, limitandosi a lanciargli uno sguardo interrogativo. Parimenti, senza parlare, Raan gli porse il plico arrotolato. Questi l'afferrò, facendogli cenno di entrare. Riluttante, il giovane monaco lo seguì, sentendo chiudere dietro di sè la porta dell'edificio. La stanza davanti a lui era piccola e spoglia, illuminata unicamente da un piccolo candelabro poggiato su un tavolo. Il vecchio seguitò a non parlare, dirigendosi verso un cassetto molto simile ad una dispensa: da essa estrasse un un cartoncino bucherellato da tacche e ritagli. Armeggiò per qualche istante con questo e con il messaggio che gli era stato consegnato. Poi, inaspettatamente, lo guardò.
E accadde il finimondo.
« CHE DIAV-- »
Dagli occhi dell'uomo si generò un raggio di pura energia distruttiva, non molto dissimile dal Taihō No Seishin, il Cannone dello Spirito, di Maestro Heeqo; questo, però, venne sparato del tutto all'improvviso, e dalle iridi di un innocuo vecchietto. Raan proiettò disperatamente la propria Consapevolezza Interiore verso l'esterno, roteando le mani dinanzi a sè: i palmi aperti incanalarono l'energia distruttiva del raggio, facendola roteare proprio davanti a lui, per poi scagliarla a terra, sulla sua sinistra.
« C'è mancato poco, nonno. Niente convenevoli? »
La voce del monaco, arrogante e rabbiosa, fuoriuscì dal cumulo di polvere scatenato dall'impatto del raggio col pavimento, divelto e squassato.
« Ho di meglio da fare che giocare con te. »
«« ReC: 225 AeV: 225 PeRf: 375 PeRm: 150 Caem: 225 »»
Status.Passive da Considerare.Senzo no tsuyo-sa, la forza degli antenati: Dominio Forza del Toro completo (forza titanica, insensibilità dal dolore, può sostenere fino a due Mortali prima di morire). Shikkari to shita teikō, ferma resistenza: passiva razziale, non sviene sotto il 10%. Tecniche Utilizzate.Uchigawa No Ishiki, Consapevolezza Interiore: La disciplina monastica dell'ordine forgia i suoi adepti in una maniera così completa che la loro potenza fisica trascende, sconfinando persino nello spirito. Questa consapevolezza porta il guerriero a saper gestire la propria forza anche al di fuori della mera restrizione corporea, facendo sì che la propria aurea spirituale diventi, a tutti gli effetti, reale. Quest'abilità permette agli Jellbraxi la capacità di deviare (mai verso il nemico o altri) o assorbire fino allo spegnersi dell'attacco offensive fisico-magiche scagliate contro di sè, risultandone potenzialmente illeso. Spendendo un consumo d'energie Variabile, infatti, il monaco potrà così difendersi e continuare a combattere. Questa difesa protegge su un arco di novanta gradi dinanzi a sè. Consumo di energie: Variabile [utilizzato: Alto] Equip.Jido Kasa, l'Ombrello Automatico: alla cintura, chiuso. Note e Sunto.Niente da dire: mi difendo dall'Alto ma non contrattacco. Post luuuungo! E il nonno-Mazinga mi è piaciuto.
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