Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Night's Watch - The Moon and the braves, Prima Notte :: Indagini

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view post Posted on 13/6/2012, 21:06
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EPJbO

THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

I
Prelude to Decay

And all along,
The answer to everything,
And all along,
It's another way out,
I'm only looking for a way out,
They're only looking for the way out.

Would you like to walk into the kingdoms of the sun?
We could walk into the fields to see where it begun,
She could be the answer to your everything,
She could take you anywhere that you have never been.



Θ


...e questo è quanto” concluse, abbassando il tono di voce,
una voce che suonava diversa dal solito, più roca e profonda. Il volto rimaneva interamente coperto da spessi bendaggi bianchi che si riuscivano appena ad intravedere oltre l'ombra proiettata dal cappuccio tirato sul capo ad oscurare gli scomposti capelli di un biondo che era andato rapidamente incanutendosi, virando ad un pallore mortale, lo stesso tradito dalle mani che sgusciavano fuori dalla stoffa morbida del mantello nero che fasciava le membra agitandosi debolmente nonostante l'assenza di vento.
L'aria polverosa e stantia di Dorham aveva dei connotati opprimenti, sembrava attaccarsi addosso alle persone, ai loro vestiti, corrodendoli fino a lasciarli nudi, inermi di fronte all'enormità di ciò che aleggiava su quei luoghi,
un destino rimasto incompiuto che a gran voce reclamava di essere riportato in auge,
di poter finalmente tornare a tessere le trame della sua storia. Una storia che si era interrotta in una afosa notte d'estate.
Una storia che sarebbe ripresa in una notte simile.

In parecchi si sono recati in quei luoghi per cercare la verità” riprese, dopo essersi guardato intorno con aria circospetta; no, nessuno in vista, in quell'angolo di città semidistrutto dove un tempo Laurens aveva visto abbattersi Rottenhaz, la fortezza errante del Beccaio.
Nessuno è mai tornato indietro, di loro si è persa ogni traccia. E con il tempo, anche la memoria.
Le sfumature violacee dell'ultimo crepuscolo iniziarono a piagare i volti dei presenti, tutti in religioso silenzio.
Ecco cosa dovrete fare, per il momento: recuperare la memoria. Voglio tutte le informazioni possibili riguardo il Sole Notturno.
Le ombre delle case, piccoli dadi fatiscenti costruiti su mattoni di fango, si allungavano, confondendosi con quelle dei convenuti a quello speciale incontro. Alcuni li aveva portati con sé partendo dal Plakard e dalla Purgatory, altri erano stati invitati a presentarsi lì, sue vecchie conoscenze. Tutta gente da mettere alla prova, desiderosa di potersi confrontare con i più grandi poteri che esistessero -gente che aveva in qualche modo, per istinto o per caso, immaginato che Laurens nascondesse un segreto dietro quel suo occhio azzurro slavato.
Un occhio che in quel momento li scrutava senza essere visto, da dietro il bendaggio.

Si tratta di una storia molto antica, in pochi la ricorderanno e ancor meno saranno quelli disposti a parlarne con dei forestieri.
Prevenendo un possibile interrogativo da parte degli astanti, sollevò la mano destra, pregando di non essere interrotto e al contempo spiegando il fondamento della sua affermazione.
L'odore. Questa città ha attraversato periodi turbolenti, e gli stranieri non hanno mai portato nulla di buono. Vi riconosceranno dall'odore.
Inspirò profondamente, sforzandosi di sorridere senza fermarsi a riflettere sul fatto che -ricoperto com'era di bende- gli altri non avrebbero potuto notare la sua espressione.
Inoltre a nessuno qui piace parlare di quella storia. Se fate domande, di sicuro non potete essere del posto.
Diede un ultimo sguardo intorno a sé: si trovavano in quella che una volta era stata la piazza dell'anfiteatro, non lontano dalle poche travi annerite e ormai marcescenti di quella che era la locanda Virago Nera, e che ormai si era ridotto a putrescente ricettacolo di topi e scarafaggi. Da quel punto si dipartivano tre strade: una si allontanava dall'abitato, conducendo fino alle zone esterne e ai baraccamenti della milizia cittadina; la seconda, che andava intersecandosi alla prima, conduceva nei quartieri meno disastrati dagli avvenimenti di alcuni mesi prima, lì dove la città era ancora in vita e fiorivano i bordelli e le taverne.
Una terza strada, quella probabilmente meno raccomandabile, conduceva ai quartieri poveri, quello che dagli abitanti di Dorham veniva chiamato Il Circo delle Pulci, solo per non ammettere che si trattava di una vera e propria Corte dei Miracoli, separata dal resto della città da quella sottile striscia di devastazione, retaggio del Capodanno Rosso.

Per quanto mi riguarda” concluse,
ho altre cose da sbrigare in questi luoghi.
Indicò un punto a nord-ovest, oltre la città, mantenendosi sul vago.
L'appuntamento è per il secondo turno di guardia, di fronte al castello.
Ci sono domande?


—◊—◊—◊—◊—◊—◊—


Note del Quest MasterBenvenuti alla prima quest dedicata ai Guardiani della notte. La carne al fuoco è già molta, quindi cercherò di evitare inutili preamboli per entrare direttamente nel vivo. La nostra storia ha inizio a Dorham, una polverosa cittadina dell'Akerat. Vi trovate poco distante dal luogo in cui sorgeva la locanda 'Virago Nera', distrutta durante la Quest 'Faustus Dream'. Siete qui convenuti secondo maniere e vie differenti che analizzeremo in seguito. Il motivo della vostra presenza in quel luogo vi viene rapidamente esplicata da un Laurens di gran lunga differente da come lo ricordavate: il mantello e le armi sono le sue, ma la voce sembra diversa, e il volto è completamente avvolto da uno stretto bendaggio. Nessuno di voi sa perché.
Laurens vi racconta la storia di Nemarchos di Dorham, il capo di una banda mercenaria -I Lupi di Dorham- che aveva la propria base-fortezza poco distante dalla città. Di Nemarchos si diceva che avesse uno particolare spirito selvaggio che lo rendeva particolarmente vicino al mondo animale, tanto che erano sorte leggende riguardo la sua licantropia, leggende che lo hanno consegnato alla storia con il soprannome di Lupo Nero. La storia di Nemarchos si interrompe bruscamente parecchi anni prima del momento attuale, quando durante un attacco alla fortezza occupata dai Lupi da parte di forze sconosciute e ostili, il maniero venne dato alle fiamme. L'incendio durò per tre giorni e tre notti, emettendo una luce tanto vigorosa da venire soprannominato Sole Notturno. Questo accadeva circa quattro generazioni fa, e di Nemarchos e dei Lupi non si seppe più nulla. Negli anni a venire in molti hanno provato ad inoltrarsi nelle rovine del castello, senza mai tornare indietro.
Sono circa le otto di sera, dunque avete circa quattro ore a disposizione per raccogliere il maggior numero possibile di informazioni e raggiungere il Sole Notturno -situato a nord-ovest di Dorham; lì, a mezzanotte, avete appuntamento con Laurens. Passando alle indicazioni personali.

Kita: Tu hai viaggiato con Laurens, sei giunta insieme a lui a Dorham, la notte prima. Quando l'hai incontrato aveva già il pesante bendaggio sul volto e la sua voce era già differente. Tuttavia, qualcosa ti ha impedito di indagare a riguardo.

Elmara: Sei stata contattata da Laurens (hai facoltà di scegliere il mezzo) che -memore del vostro incontro- desidera metterti alla prova.

Drag, Orf, Shinodari: Voi tre siete stati reclutati senza troppi complimenti a bordo della Purgatory.

Come avevo già accennato nel Bando, la Quest seguirà la nuova metodologia, per cui ognuno di voi potrà porre domande riguardo la location, porre domande a Laurens, dichiarare quale strada prende, nell'apposito topic in Confronto (che verrà aperto a breve). Lì, per ognuno di voi, darò un punto di stop; una volta raggiunto quel punto, ricevute tutte le informazioni del caso, potrete scrivere il post.
Per ogni ulteriore dubbio, vi rimando al medesimo thread. Per rispondere avete tempo cinque giorni, ovvero fino alle 23.59 di giorno 18.
 
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Orƒ
view post Posted on 17/6/2012, 13:15




Night's Watch - The Moon and the braves
capitolo quinto; di come scoprì i segreti di Dorham

Era apparso dal nulla, ricacciato dall'oscurità stessa della Purgatory; non aveva fatto rumore, nulla che potesse far presagire a Ludvic chi o cosa stesse arrivando.
Se c'era qualcuno che il cavaliere temeva, oltre al Beccaio, era proprio il de Graaf.
Una paura che nascondeva in realtà una forte volontà di sfidarlo, combattere all'ultimo sangue e provare di cosa era capace, ma non era il momento.
Appena arrivato gli aveva dato il luogo dove dirigersi e senza ulteriori spiegazioni era sparito così come era giunto:
dal nulla e nel nulla.

~~~

Dorham: un luogo dimenticato da dio, e quella devastazione ne era la riprova.
Si erano riuniti lì in cinque, tutti convocati da Laurens per portare a termine una missione molto particolare.
C'era da chiedersi, in effetti, cosa vi fosse in un luogo simile di tanto importante da riunire così tante persone, di cui ben tre provenienti dal Goryo.
L'arcano fu presto rivelato: il pirata aveva intenzione di recarsi nelle rovine del castello appartenuto a un certo gruppo di mercenari dall'altisonante nome di 'Lupi di Dorham' e il loro capo, un certo Nemarchos.
In particolare, l'interesse di Laurens era rivolto all'evento che aveva determinato la loro scomparsa: il Sole Notturno, un enorme incendio in cui apparentemente perirono tutti i mercenari senza lasciare tracce.
Il loro obiettivo era, prima di tutto, cercare informazioni riguardo quell'incredibile evento, nonostante fosse passato molto tempo, e quindi ritrovarsi a mezzanotte di fronte al castello.
Il pirata era sul punto di congedarsi dal gruppo per sbrigare altri affari, ma Ludvic non sprecò l'opportunità per dissetare la sua sete di conoscenza.

« Perché siete tanto interessato alle rovine del castello? »
"Quelle rovine nascondono qualcosa di più importante dei tesori. Resta da vedere cosa."
Ludvic sorrise, la storia si faceva interessante ed era ansioso di cominciare.
« Capisco, in tal caso sarà meglio sbrigarsi. Ci si vede al castello. »
Si voltò verso una delle viuzze coprendo l'intera armatura nero pece e la bastarda con la cappa, anch'essa colore della notte, sparendo nell'oscurità.
Dapprima non si accorse che anche un'altra ragazza lo stava seguendo, un membro del gruppo da quello che ricordava. Non gli diede grande importanza, anche se non poté fare a meno di pensare alla scelleratezza di Laurens: perché far rischiare la vita ad una donzella che, per quanto ben armata e protetta, probabilmente non aveva mai visto l'orribile volto della guerra.
Avrebbe dovuto proteggerla, forse no.
Aveva imparato già da tempo che quello non era un posto per eroi, e anche il solo provarci poteva portare alla morte.

Addentrandosi di più nel ghetto di Dorham lo sfacelo non accennava a diminuire, anzi, non faceva altro che aumentare a dismisura.
Presto incontrarono case in precario equilibrio che si appoggiavano l'una sull'altra e sembravano in procinto di sfaldarsi.
Non dovettero camminare ancora per molto in quell'opprimente oscurità, scalfita appena dalle numerose torce attaccate alle mura, che una biforcazione li portò a scegliere le proprie strade.
Visivamente non vi era molta differenza tra una e l'altra, ma la ragazza partì con decisione verso sinistra, come manovrata da una misteriosa forza o da un completo disprezzo del pericolo, sparendo nel nulla in pochi attimi.
« A questo punto dobbiamo dividerci, spero che tu sappia come difenderti. »
A giudicare dalla reazione della ragazza non credette nemmeno di averlo detto, o forse la ragazza non lo aveva udito da così lontano.
Fissò la bastarda e la bocca di fuoco per qualche secondo, per poi nasconderle ancora sotto la cappa nera, quindi si diresse verso destra inoltrandosi nel cuore tenebroso di Dorham.

L'odore nauseante di quel labirinto di viuzze più o meno importanti era insopportabile, il cavaliere dovette a fatica trattenere un conato di vomito, quando fu investitò per la prima volta da una folata di vento pregna di quel disgustoso odore.
Voltandosi, l'oscurità aveva preso possesso del sentiero, facendo intuire al cavaliere che era passato molto tempo da quando aveva invaso quel territorio, il luogo dove i reietti riposavano e gli intrusi non erano i benvenuti.
Una mano apparve da un vicolo afferrando un lembo del mantello
« Cosa diavolo? »
Esclamò, e senza pensarci due volte portò la mano sull'elsa della spada pronto ad estrarla e cercò di indietreggiare facendo forza sull'artiglio scheletrico che non accennava a lasciarlo andare.
Nonostante la pelle increspata e cadente, la mano non sembrava voler cedere e, anzi, dalle tenebre arrivò un avvertimento che sembrava più un motto o qualcosa di simile.
"Nessuno entra alla Corte di sua volontà"
« Lasciami! » Gridò il cavaliere, dando un altro strattone al mantello - « O sarò costretto a mozzarti l'arto, o quel che ne rimane! »
Accompagnando quell'ultima frase con il caratteristico rumore del metallo appena estratto dalla sua fodera in cuoio.
« Cos'é e dove si trova la Corte? »
L'essere non era spaventato dai gesti del cavaliere, ma gli diede comunque una risposta, per quanto vaga potesse essere.
"La Corte dei Miracoli! Il luogo più infelice del continente! La casa degli ultimi, dei reietti!"
L'oscurità cominciò a diradarsi mostrando quello che un tempo doveva essere un volto, ora un pezzo di pelle smunta e pregna di sporcizia.
"E tu ci sei dentro."



A quella vista, il cavaliere agì d'istinto e ritrasse la spada, pronto a tagliare di netto la mano del reietto, ma poco prima di sferrare il micidiale colpo si placò.
« No, tu non provi paura. Non più ormai. Desideri la morte, lo leggo nei tuoi occhi. »
Ci impiegò qualche secondo ma riuscì a calmarsi, decidendo di sfruttare il poveretto per ottenere informazioni sul Sole Notturno.
« Che cosa sai dei Lupi di Dorham e di Nemarchos? Cosa sai del Sole Notturno? »

"Non più di quanto tu desideri la vita, amico!"
Fu la sua risposta, mentre ritraeva la mano lasciando andare il mantello. Frugandosi addosso tirò fuori un bottiglie sporca, contenente un liquido che Ludvic non seppe riconoscere.
"I Lupi di Dorham eh? Chi sei tu, e perché vieni a fare domande su una storia così vecchia?"
« Nessuno in particolare, sono qui per conto di qualcun'altro e adoro le storie vecchie. »
Probabilmente non avrebbe ottenuto le informazioni che voleva tanto in fretta, quindi decise di far leva su quello che sembrava essere un suo vizio.
« Alcol? Se saprai darmi le informazioni che cerco potrei darti qualche moneta per riempire la bottiglia: deve far freddo in questi posti, sempre meglio avere dello scaldabudella vicino, no? »
Cercò di cambiare atteggiamento, ma il reietto non sembrava tipo da farsi fregare così facilmente.
"Non prendermi per il culo, ragazzino. Non puoi mentire qui, non con noi."
Il cavaliere sorrise, era costretto a rivelare le sue carte; o forse non tutte.
« Beh non ci ha detto nulla sul mantenere segreta la nostra identità. Il mio nome è Ludvic Dmitri Greymoor, i Canto Notturno mi hanno inviato a cercare informazioni a Dorham riguardo al castello e alle sue rovine. »
Sospirò, ben conscio che l'ultima parte era una menzogna, ma mettere in mezzo i Canto Notturno forse era una mossa migliore che usare il nome di Laurens o del Goryo.
« Ora, dimmi tutto ciò che sai sul Sole Notturno, sui Lupi e su Nemarchos. Sbrigati. »
Il vecchio sorrise e si sollevò da terra.
"Seguimi."
In fondo, non aveva molta scelta.


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 100%;
Status - Illeso; Deciso;

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (riposta);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
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words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
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Drag.
view post Posted on 17/6/2012, 18:08




( 不確実性, Dorham, l'incertezza - Asgradel )



Forse non era semplicemente una sensazione; insomma, all'inizio aveva dato la colpa alla sua inadeguatezza, alla sua difficoltà sociopatica ed al suo straniamento psicologico - comprensibile, se si considerava quel ragazzo dai capelli rossi un monaco che aveva trascorso i primi vent'anni della sua vita escluso dalla civiltà: il Monastero Alta Vetta era noto per la sua lontananza da tutto e tutti, e per intere stagioni l'unico contatto con le Larghe Pianure a sud dei monti Dhera era stata al semestrale fiera dei popoli, una ricorrenza cui, peraltro, agli Jellbraxi era ammesso parteciparvi solo se compiuti i quattordici anni. Aggiungiamo poi la sua recente traslazione da un piano dimensionale - Pyat - all'altro - Asgradel, l'arrivo moribondo nell'Akerat e la lotta per la vita dinanzi a Dave, il guardiano dei Goryo. Poi, senza sapere come e perchè, si era risvegliato due settimane più tardi, e il Goryo era cambiato. Un po' come la sua vita.

Raan sospirò sommessamente, sconsolato.
Più volte si era domandato se avesse fatto bene ad accettare quell'opportunità, quella chance che Dave gli aveva offerto mentre, più morto che vivo, strisciava verso l'approdo della Purgatory. Il giovane monaco si sentiva del tutto inadeguato, e le verità che Laurens gli aveva spiegato a bordo della nave volante - una nave volante, per tutti gli dèi!! - avevano profondamente scosso la sua convinzione. Quel pirata sembrava tutto ciò che lui voleva diventare: forte, indipendente, ambizioso. Sicuro di sè e spavaldo. Egli aveva cercato una strada per sè in quel mondo assurdo e se la stava conquistando alla grande. Ma lui? Raangard aveva pensato che sarebbe stato facile prendere le redini della propria vita deragliata, ma aveva sottovalutato il problema: ora si ritrovava con più domande che risposte, e un unico pensiero fisso nella mente: come tornare su Pyat?
Dopotutto, aveva più di una promessa da mantenere: al maestro Shouyou, a Sakoro... A Hime.

« Questo posto mette i brividi. »
Ecco, era quello il punto.
Non la sua inadeguatezza, o la sua sociopatia.
Dorham era proprio un posto inquietante.
Il monaco si strinse nel mantello da viaggio ocra, guardando di sottecchi l'amico - poteva chiamarlo amico? - pirata. Era diverso, cambiato: non erano trascorsi molti giorni dal giorno in cui gli aveva fatto da cicerone lungo i corridoi ed i ponti della Purgatory, ma qualcosa aveva apporto profondi mutamenti nel suo aspetto e nella sua voce: roca, profonda, resa sommessa dai bendaggi di lino bianco che ricoprivano interamente il suo volto, come un sacro sudario; decise di glissare sullo strano cambiamento del compagno: non sembrava molto incline a rivelazioni, quella sera.

« Temo non sarà facile raccogliere informazioni. », commentò, guardandosi attorno. Quella città puzzava, e non erano le rovine annerite di Virago Nera. Il sole stava morendo rapidamente dietro l'orizzonte, soffocando il folle agglomerato di casupole con un'onda nera: persino l'aria della notte pareva marcia e piena di polvere. Conosceva ben poco di Dorham, giusto quel tanto che era riuscito ad imparare leggendo un paio di libri di geografia - quel tanto che gli bastava per sapere come funzionava il mondo. Già aveva avuto i suoi problemi ad impararne l'alfabeto, figuriamoci a studiare tomi di storia...
Strinse i pugni, facendosi forza. Non era decisamente l'elemento migliore per quel genere di incarico, ma avrebbe fatto quel che poteva, per sdebitarsi col collega. Non aveva avuto modo di presentarsi o interloquire con quei compagni di ventura, e la cosa lo stava mettendo un tantino in soggezione: due guerrieri - uno il ritratto della notte e della guerra, l'altra severa e regale dalla chioma rosata -, un bambino silenzioso e... Un'elfa.
Raan rimase più di qualche istante ad osservare la slanciata figura della ragazza, ammirandone l'eleganza e l'intrinseca forza, oltre alla sua bellezza: su Pyat non esistevano proprio gli elfi, e lei era effettivamente la prima che lui aveva modo di vedere dal vivo.

Mentre perdeva tempo ad osservarla, il guerriero - Ludvic? Sì, doveva chiamarsi così - aveva domandato a Lorencillo cosa stesse cercando in quel luogo, sentendosi rispondere picche.
« Sai se qui a Dorham esiste qualche discendente di Nemarchos, Laurens? », domandò, inserendosi nella conversazione e tornando concentrato. « Nemarchos è morto senza eredi, e se qualcuno è sopravvissuto dubito voglia farsi riconoscere. »
La faccenda si complicava parecchio: dove andare a cercare informazioni di una storia vecchia di secoli, di cui nessuno voleva parlare, in una città martoriata da chissà cosa? E soprattutto, come avrebbe fatto lui a raccogliere informazioni, se a malapena sapeva le regioni del mondo infernale??
L'elfa stava nel frattempo domandando dove potessero carpire notizie in merito, e se esistessero chiese o altri santuari - evidentemente luoghi nei quali lei si sentiva a proprio agio. « L'intera città è potenzialmente un ricettacolo di informazioni, sta a voi scovarle. Una chiesa? Non saprei, credo ci sia una cappella riservata ai benestanti. »
« Capisco, in tal caso sarà meglio sbrigarsi. Ci si vede al castello. », detto ciò, Ludvic prese commiato, dirigendosi verso l'ammasso di ruderi e catapecchie che aveva tutta l'aria di essere il quartiere povero. Senza proferir parola, l'altra guerriera lo seguì.
« Vabbè, », commentò, allargando le braccia. « io vado verso i baraccamenti della milizia e vedo cosa riesco a sentire là. »
« D'accordo, io invece proverò nella cappella, male che vada troverò qualche registro o roba simile utile per ricostruire la storia della fortezza. », disse l'elfa, e Raan dovette ammettere con sè stesso che l'idea era sensata. Avrebbe potuto darle una mano, se solo fosse stato capace di leggere correttamente.
Il monaco si inchinò lievemente dinanzi ai presenti, poi si allontanò: a mezzanotte, di fronte al castello, si sarebbero riuniti.
O, almeno, questi erano i piani...

Camminò a lungo lungo la via principale della città, costeggiando edifici di ogni genere - ed in ogni stato. Evitò di guardarsi troppo attorno, consapevole di non doverlo fare per evitare di incrociare quello di qualche perdigiorno malintenzionato; non ne aveva paura, ovviamente, ma i guai solitamente gli cadevano addosso anche senza che lui se li andassse a cercare. Quando l'imbrunire fu totale e la sera aveva preso pienamente il posto del tramonto, il ragazzo aprì il Jidō Kasa, com'era costume tra gli Jellbraxi. Probabilmente avrebbe destato parecchio interesse - in palese contraddizione col proposito precedente! -, ma sin da quando si era risvegliato a bordo della Purgatory aveva deciso di mantenere quanto più possibile i costumi ed i rituali del suo ordine monastico, per non dimenticare chi fosse - e da dove proveniva.
Lentamente, gli edifici presero a diradarsi, fin quando proprio non ve ne furono più: l'acciottolato si stava rapidamente trasformando in una polverosa mulattiera, e proprio quando fu sul punto di fermarsi e voltare lo sguardo, magari convinto di aver sbagliato strada, lo schiamazzo di cinque uomini dinanzi a lui catturò la sua attenzione.
Il gruppo era formato da uomini di ogni età, e a giudicare dalla direzione dalla quale provenivano potevano solamente essere soldati della milizia cittadina.

« Domando scusa, », disse timidamente, avvicinandosi al gruppetto. « che cosa si festeggia? »
All'inizio gli sguardi che ricevette non furono incoraggianti: più di uno gli lanciò un'occhiata disgustata, quasi si trattasse di un raro appestato o un mostro innocuo ma rivoltante. Poi, però, uno si decidette a rispondergli, evidemente troppo di buonumore perchè uno straniero gli rovinasse la serata.
« Libera uscita, ragazzo! Libera uscita! »
Ci aveva visto giusto, dunque. Il monaco prese dunque la palla al balzo, sfoderando il sorriso più onesto che gli riuscisse tirar fuori - l'aria stanca, invece, fu pura verità.
« Posso unirmi a voi? Sono nuovo del posto e ho bisogno di dimenticare il viaggio alla svelta. Il primo giro per tutti lo pago io! »
La proposta trasformò la considerazione che il gruppo aveva di lui con la velocità di un fulmine. « Va bene, amico! », esclamarono in coro, riprendendo poi a camminare standogli accanto. Uno di loro, il più giovane, lo affiancò, domandandogli da dove venisse. Non doveva avere più della sua età, e la semplicità di quella domanda per poco spiazzò Raan, che impiegò qualche istante per sorridere e lanciare al ragazzo uno sguardo a metà tra la rassegnazione e la felicità d'animo.



« E' una storia assurda e lunga, te la racconto davanti ad un bel boccale. ». Scosse il capo, scrollando le spalle. « Ho impiegato giorni e giorni a capire anche solo dove ero capitato! »
Preferì evitare di parlare del Goryo: non aveva idea dei rapporti tra Dorham e gli uomini della Purgatory, e avrebbe fatto meglio a riflettere prima che i suoi nuovi compagni lo mandassero in cella per chissà quale motivo. Erano soldati, dopotutto.
« Piuttosto, cos'è accaduto alla città? Camminando fino a qui ho notato più di un edificio in rovina e quartieri devastati. Quale cataclisma si è abbattuto qui? »
« Si sono sentite molte storie a riguardo, », rispose uno di loro. « ma la maggior parte della gente parla di una enorme fortezza semovente che è piombata sul quartiere dell'anfiteatro durante i preparativi per il Capodanno Rosso. »
Il tono dell'uomo era greve, nonostante l'aria di festa che aleggiava sul gruppo.
Raan era basito: già era rimasto sufficientemente sbalordito quando aveva scoperto di trovarsi a bordo di una nave volante - niente del genere esisteva su Pyat!! -, ma ora...
« Una fortezza volante?? Che storia inquietante; spero non ci siano state molte vittime. Dalle vostre parti si sentono spesso narrare racconti di mostri e fantasmi... Non deve essere facile tirare a campare qui. »
« No, non è facile. Ma di questi tempi non è facile da nessuna parte. »

Man mano che camminavano, si erano allontanati dai baraccamenti militari, la sua meta iniziale. Dopo qualche minuto il gruppo si fermò, sostando sotto l'insegna di una taverna il cui nome fece sorridere il giovane monaco: a quanto pare era corso da una Virago (una nera), ad un'altra, la nuova. Il clima era decisamente più frizzante, e la scena lo riportò indietro nel tempo, immerso nel cameratismo dei suoi amici e compagni apprendisti. Un altro mondo, un altro tempo.

Quando entrarono, la luce, il caos, il fumo e un mix incredibile di odori e profumi lo avvolse come un mantello, circondandolo. Il locale era mediocre ma vivace, frequentato ma non pieno. La maggior parte degli uomini era seduta ai tavoli, e molti di loro tenevano in grembo prosperose prostitute.
Deciso a mantenere la promessa, il monaco si diresse verso il bancone, cercando di ignorare le "presenze femminili" cui non era affatto abituato. Ordinata una pinta per ognuno dei suoi compani - ed una persino per sè -, fece loro cenno di sedersi, levando il calice in loro onore. Il contatto con il freddo acciaio e la birra gelata, scura e schiumante, per poco non lo portò a dimenticare il motivo della sua missione. Era bello, di tanto in tanto, fermarsi a festeggiare.
Bevendo, il monaco notò lo sguardo del più giovane del gruppo, quello che gli aveva domandato qualche minuto prima da dove provenisse. I suoi occhi, tuttavia, guardavano oltre la sua spalla, verso una donna che stava avvicinandosi a lui mettendo in mostra il suo bel seno.
Fu un momento decisamente imbarazzante: per poco al monaco non andò la birra di traverso, travolto dal desiderio verso quella bella donna ma anche trattenuto dal dovere del suo credo monastico.
Arrossì, scuotendo la testa e mettendo le mani avanti. « Io... Sono un monaco, ho preso dei voti, non posso... »
Vederlo era davvero una comica, tutto frenetico ed imbranato.
Quando domandò un tacito soccorso a qualcuno dei cinque soldati affinchè lo togliesse d'impaccio, uno di loro non se lo fece domandare due volte: agguantò il braccio della donna e se la posò sul grembo, sondandone le intimità con la solerzia di un uomo che procede all'inventario dei beni in un magazzino.

Raan si mise a ridere, sollevando ancora un volta il boccale.
Pericolo scampato, per ora!

 
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Elmara Shaft
view post Posted on 18/6/2012, 20:52





Night's Watch ~ A Step in the Shadows.

Dorham non era certamente il luogo più piacevole dove essere richiamati da una persona a me quasi sconosciuta ma di cui avevo interesse a fidarmi, quale Laurens, che si era premurato di farmi arrivare in quella regione con una missiva recapitata direttamente nelle mie mani durante un pellegrinaggio particolarmente vicino alle terre desolate della regione Goryana. Non ci avevo pensato due volte ad accettare, del resto non aspettavo altro che buttarmi in una nuova avventura per poter confrontare le mie abilità con quelle di tanti altri cavalieri e combattenti, oltre che cercare di portare un minimo di bene in giro per il mondo.

Laurens apparve diverso in quel frangente, non sembrava nemmeno lui, quasi fosse stato esposto ad un incendio era pieno di bendaggi e ben poco lasciava intendere che fosse lui, nemmeno la voce, solamente quella sua aura onnipresente che sentivo chiara come il sole mi toglieva ogni dubbio sulal sua identità, e la cosa non era propriamente rasserenante. Assieme a me, ad attendere placidamente sotto le prime note della notte, c'erano altre persone che mai prima d'allora mi era capitato anche solo di vedere, tra cui un bambino di circa sette o dieci anni, giù di li, che non capivo nemmeno come potesse prendere parte ad una richiesta del Capitano Laurens.. ma non erano sicuramente affari miei: Paese che vai Usanze che trovi.


png



Trovare le informazioni che ci aveva chiesto non era sicuramente la mia prima abilità, anzi, ero quasi negata per mentire o estorcere informazioni in modo attivo e decisi innocentemente di chiedere se, e dove, potevo trovare archivi clericali da sfruttare a mio vantaggio per trovare informazioni relative alla fortezza e agli eventi che l'avevano avvolta nel mistero. Laurens mi spiegò che tutto quanto, dal più umile contadino al maggiore benestante, poteva essere una cava di informazioni potenzialmente fatale per l'esito positivo della mia ricerca e, rendendomi conto di non avere molte altre possibilità in luoghi quali Bordelli e Case di gioco, presi la strada per il centro cittadino. Il capitano mi aveva detto che lungo la strada dei quartieri benestanti, quella dove risiedeva la migliore gente di Dorham, c'era una cappella privata a cui rivolgermi per cercare informazioni e non vedevo il perché del lasciarmi sfuggire una occasione del genere.

Sally non pareva troppo sereno in quel luogo tetro e devastato che era Dorham, mentre scalavo una piccola collina, cercando di avere una migliore visuale del posto ed adocchiare punti di interesse, si mise a tremare guardandosi nervosamente in giro come se si sentisse osservato da mille occhi. Era una sensazione che ricopriva anche la mia pelle ma non avrei saputo descrivere ne il come ne il perché: Sapevo solamente di voler restare il meno possibile da sola e lontano da Laurens e gli altri, non era la zona più sicura del mondo e certamente non mi avrebbero fatto sconti solo perché ero un'Elfa.

Sulla sommità, tuttavia, la cosa che attirò maggiormente la mia attenzione non furono i quartieri illuminati ma le luci di una casa leggermente isolata dalle altre da cui provenivano inquietanti schiamazzi, quasi un rumore di lotta o di forte litigio. Guardai Sally, incerta sul come agire, ponderando di non voler lasciare nessuno in pericolo per quanto fosse palesemente pericoloso mettersi a ficcanasare dove non dovevo durante le mie indagini.. Ma, incurante del mio stomaco che rigurgitava ordini di cautela, mi avvicinai alle mura di cinta della struttura sentendo sempre più chiaramente quei rumori indistinti ed inquietanti che, nella mia testa, si erano trasformati nella richiesta di aiuto di una persona in assoluta difficoltà. - Sally, tieniti pronto, busso e proviamo ad entrare. - Con la mano provai a colpire il cancello di ingresso, robusto e pesante, senza alcun esito positivo. Era come se le persone al suo interno ignorassero la mia presenza e non udissero i forti colpi del guanto di ferro contro la porta. - Devo scavalcarla.. tu prova a volare oltre, credo ci sia dell'erba di la e proverò a prenderti al volo, promesso. - Gli lasciai un bacetto sulla fronte tentando un'ultima volta di farmi sentire senza violare la proprietà privata, senza esiti positivi.

Alla fine, esasperata e preoccupata che all'interno non stessero ammazzando qualcuno, appoggiai un piede sul portone dandomi abbastanza slancio per afferrarne la sommità e catapultarmi dall'altra parte, rotolando per terra. Sally si era appena messo a svolazzare che io, nemmeno il tempo di tirarmi sulle gambe, caddi nuovamente bocconi con il mondo che diventava sempre più oscuro mentre, dal nulla, un dolore lancinante mi avvolgeva la testa come un panno umido, togliendomi persino il respiro. In che guaio mi ero cacciata? Perché c'erano tutti quei problemi a Dorham ma, soprattutto, perché mi avevano colpita in testa dopo che i miei colpi avevano sicuramente preannunciato il mio arrivo?.. Nel giro di pochi istanti divenne tutto buio ed oscuro, lasciando queste domande (E sally) Nell'Oblio.

 
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view post Posted on 18/6/2012, 22:56
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra



Night's Watch...
Dorham, la città dei paradossi...


Kirinquest1rid
Noia.... Pura, semplice, assoluta noia...
E questo stato di cose non andava per nulla bene al giovane angelo.
Era giunto al Goryo alla ricerca di una sfida, ma al momento dopo lo scontro con il guardiano l'unico equo scambio, se così si poteva chiamare, era stato il nulla, fino a quando...

… gli eventi avevano cominciato a girare per il verso giusto.
Un ingaggio, il suo primo contratto. Il luogo? La città di Dorham.
Non conosceva il suo mandante, se non per la fama che aleggiava attorno alla sua persona; ne' aveva idea del perché avesse fatto proprio il suo nominativo per quella missione.
Ma forse era proprio quest'aura di incertezza, quelle verità non svelate, i segreti celati nel cuore della città dei “paradossi” che avevano spinto il ragazzino ad accettare, ripercorrendo quelle lande deserte che l'avevano visto arrivare, tempo prima alle porte del clan.

Dorham.
Se l'avatar avesse pensato di trovarsi in un luogo più accogliente di quelli che aveva attraversato durante il viaggio, si sbagliava di grosso.
La cittadina era l'essenza stessa di quanto di più sbagliato e contraddittorio ci potesse essere nell'Akerat.
Eppure non era nulla in confronto a quella persona.
Laurens...
Il bambino non riusciva ad inquadrare la figura che si era rivolta a loro, raccontando una storia persa nella leggenda, chiedendo di recuperare i ricordi di memorie sepolte da tempo.
Il cucciolo umano rimase concentrato, cercando di carpire qualsiasi informazione, anche quelle che potevano aleggiare all'interno di discorsi puramente informativi.
Quell'uomo, o qualunque entità fosse imprigionata in quei bendaggi e nel nero mantello, era un interessante mistero, forse ancora di più di quelli che probabilmente quella sera avrebbero dovuto riportare alla luce.
...Alla luce...
Quasi il ragazzino si lasciò sfuggire un sorriso ironico.
Che sublime contrasto: la luce della verità e le tenebre che avvolgevano la sua esistenza angelica.
Non si curò delle occhiate che i suoi compagni gli avevano rivolto; comprendeva perfettamente quando la sua presenza potesse “stonare”, ma Kirin preferiva restare in forma umana, per non svelare sin da subito, che grazie ad un piccolo espediente di natura magica, era diventato in grado di assumere l'aspetto angelico a suo piacimento.
Uno dopo l'altro i partecipanti di quel personale spettacolo, orchestrato dal maestro dei giochi, cercarono nelle parole di Laurens risposte che erano state sollevate dopo la conclusione di quella narrazione.
Lo stesso Kirin stava riflettendo su altri aspetti che non erano stati considerati.
Prese la parola per ultimo, incurante se qualcuno fosse rimasto ad ascoltare le sue parole.


«Permettetemi una domanda, mastro Laurens.» Esordì in tono pacato, sollevando lo sguardo verso il volto celato dai bendaggi, come a ricercare occhi che non poteva scorgere in alcun modo. «Mi chiedevo se dobbiamo aspettarci delle interferenze da parte di qualcuno, o qualcosa,...» giusto per sottolineare possibili pericoli non necessariamente di natura umanoide «...e in caso affermativo, per caso ne conoscete l'identità?»
La replica arrivò rapida, ma non era la risposta che il cucciolo si era aspettata.

"Potreste incontrare gente restia a parlarvi di quella storia, ma dubito ci sia qualcuno che abbia il fegato di opporvisi strenuamente. Se c'erano uomini del genere a Dorham, ora sono tutti burattini attaccati ai fili del Beccaio."

Il bambino sospirò mentalmente.
Era sicuro che Laurens nascondesse dei segreti sui motivi della loro presenza in quel luogo, ma possibile che fosse così sicuro di sé da non aver contemplato la possibilità che il loro non fosse l'unico gruppo a caccia di “qualcosa” che aveva più valore di un tesoro?

Per quanto la curiosità fosse grande di provare a seguire il loro capo, il piccolo angelo scelse di attenersi agli ordini, incamminandosi nella stessa direzione presa, pochi attimi prima, dalla giovane elfa e dal suo compagno scaglioso.

Non erano trascorsi che una manciata di minuti, che il bambino si imbatté in un gruppo di donne, che dal loro modo di vestire, fu facile etichettare come “prostitute”.
A prima vista sembravano assorte in una conversazione dai toni fin troppo concitati.
Per quanto il bambino comprendesse di trovarsi in una situazione fin troppo spinosa, decise lo stesso di provare a ricercare qualche informazione utile alla missione.


«Scusate, sapreste indicarmi la via più breve per raggiungere la...» chiese, assumendo un'aria sperduta, frugandosi nelle tasche come alla ricerca di un foglietto, ma senza risultati «Dove l'ho messo? I miei genitori mi avevano lasciato il nome della locanda dove li dovevo attendere... Ed ora cosa faccio?» L'espressione sempre più preoccupata, sollevando lo sguardo verso di loro «Non potreste aiutarmi? Per favore?»

Per quanto la situazione fosse ai limiti della credibilità, qualcuno si interessò di quel bimbo sperduto.
Una donna si estraniò per qualche attimo dalla conversazione rivolgendosi all'infante.


"Dove abiti, piccolo?" E nel mentre parlava, Kirin non poté fare a meno di udire altri frammenti di conversazione.

- Non dovevi rispondere così al Cavaliere!
- Ma non poteva fare altro, povera...
- Sì che poteva.

Il cavaliere...
il bambino voleva saperne di più, per cui dopo aver replicato alla donna con frasi di rito «Signora, non sono di queste parti. Sto cercando un posto dove dormire e poter attendere i miei genitori quando torneranno»; provò a gettare l'esca con qualche commento innocente.

«Cavaliere? Davvero conoscete un vero cavaliere?»

Esca che ottenne come unico effetto quello di far piangere una delle prostitute.
Ormai il danno era stato fatto, e a Kirin non restava altro che provare a tornare all'attacco in un secondo momento, lasciandosi condurre in quella che doveva essere la dimora di quelle donne.

La casa dove la donna lo condusse era modesta. Il cucciolo umano non poté fare a meno di notare, guardandosi attorno, la presenza di una giovane distesa su uno dei pagliericci il cui corpo era ricoperto di ferite.


Cosa le era capitato?

«Signora, perché quelle ferite? Cosa le è successo?» Aveva chiesto alla donna che lo aveva accompagnato.
Per quanto sapesse di essere stato indelicato voleva ottenere informazioni e al contempo evitare altre domande sui suoi fantomatici genitori.
Informazioni che riuscì ad ottenere, per quanto conducessero a nuove domande.


"E' stato il Cavaliere. E' un uomo molto strano, nell'aspetto e nei gusti."
Un brivido gelido percorse l'intera colonna vertebrale del ragazzino al solo sentire quelle parole.
Per quanto lui stesso non fosse un angelo nel senso più puro del termine, non tollerava gente che si divertisse ad infliggere tali sofferenze alle persone.

Quasi senza rendersene conto si offrì di aiutare la donna ad allevare le sofferenze dell'inferma, forse complice la cantilena che la prima aveva salmodiato in un linguaggio a lui sconosciuto.

Purtroppo il bambino non sapeva che da lì a pochi istanti i guai gli sarebbero piovuti sotto forma di un calcio sul viso.

Aveva appena poggiato la pezza bagnata sulla fronte della donna ferita, che un rumore, simile ad una colluttazione, aveva attirato la sua attenzione, oltre la porta da cui l'altra donna era sparita.

Incurante dei rischi, pur cercando di fare attenzione, Kirin si era precipitato verso la porta, aprendola poco dopo che era calato il silenzio in strada.
E quello che aveva trovato era stato un forte dolore al volto e la vista che si offuscava, mentre tutto diventava sempre più buio, fino a perdere i sensi.


Riepilogo



Kirin, l'infante umano:
~ReC [250] ~AeV[100] ~PeRf[75]~PeRm[325] ~CaeM[150]

~Passiva

Carisma:
Kirin ha il dono di ispirare fiducia in chiunque incroci il suo sguardo o ascolti la sua voce. Questa abilità conferisce un'aura passiva di charme che sostituisce l'abilità passiva razziale dell'Avatar Angelico. (Abilità Personale)

~Equipaggiamento

Lama Oscura: Oggetto magico (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)
Arma delle dimensioni di un coltello.

Eternal Mail: Armatura

Genbu: Buckler (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)

Oggetto di Background, Puppet

Edit: Corretti errori




Edited by Shinodari - 19/6/2012, 02:46
 
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K i t a *
view post Posted on 18/6/2012, 23:08




Night's Watch ❞.
LA PRIMA NOTTE
separatore



L’umidità nell’aria si attaccava sulla pelle, penetrando nella cute sino alle ossa, una pellicola fastidiosa e appiccicosa che temeva le sarebbe rimasta addosso in eterno. Fece correre lo sguardo verso l’uomo al suo fianco, che raccontava al resto de gruppo una storia che già aveva ascoltato, che già l’aveva ammaliata e per cui poneva quella figura sopra di qualsivoglia persona in quel mondo.

Il viaggio era stato lungo; avevano attraversato un’infinità di territori. Trovare Laurens così diverso rispetto alla prima volta l’aveva stupita, ma lui non si era dilungato in spiegazioni e lei non aveva indagato oltre, scegliendo di rispettare il suo silenzio. Del resto sapeva che al momento opportuno quelle sarebbero arrivate, come sempre aveva fatto.

Fece scendere la mano lungo l’elsa della nuova spada, carezzando i rilievi dell’impugnatura con la punta delle dita, aspettando che il capitano terminasse il suo racconto. Ancora non riusciva ad afferrare cosa Laurens trovasse d’interessante nella storia dei Lupi di Dorham, ma la fiducia provata le imponeva di eseguire, senza troppe preoccupazioni. Ci doveva essere un buon motivo, o non l’avrebbe messa in quella situazione, di questo era convinta.

Quando il pirata si fermò il primo ad intervenire fu il guerriero, un uomo avvolto in un’armatura nera, dai lineamenti duri e squadrati, domandando cosa ci fosse di tanto interessante in quelle rovine. Lo fissò, sollevando appena un sopracciglio: era evidente ci fosse qualcosa, o non si sarebbero trovati in quel posto dimenticato da qualsiasi Dio a parlarne; il monaco poi chiese dell’esistenza di possibili eredi, ma Laurens dubitava della loro presenza. Subito dopo parlò l’elfa, chiedendo di santuari e chiese; la domanda suonava strana alle orecchie della guerriera, ma di sicuro lei aveva in mente qualcosa di ben preciso.

Dopo quel breve giro d’informazioni il guerriero oscuro si voltò, congedandosi; Samael lo osservò allontanarsi, per poi voltarsi verso il pirata: «Vado anche io.» gli disse, lo sguardo fisso dove sapeva si trovassero gli occhi dell’uomo. Diede le spalle al gruppo e s’incamminò dietro il compagno, i capelli biondi mossi dal vento leggero che attraversava la cittadina. Distava pochi passi da lui e solo il rumore delle rispettive armature sull’asfalto rompeva il silenzio che li avvolgeva. D’un tratto giunsero ad un bivio; il guerriero si fermò, voltandosi verso di lei: «A questo punto dobbiamo dividerci, spero che tu sappia come difenderti.» le disse, per poi inoltrandosi in una stradina. Lei si limitò a fissarla, con un senso di irritazione crescente per la raccomandazione ricevuta. Sapeva bene come difendersi, lei.

Con un gesto di stizza s’incamminò nella strada adiacente, totalmente avvolta dall’oscurità. Avanzava cauta, gli occhi che fulminei scrutavano l’ambiente, pronta a reagire alla prima necessità. Sentì dei lievi rumori provenire da un angolo di quel buio impenetrabile, ombre che si muovevano serpentine. Fissò, esitante, quel punto, decidendo infine di avvicinarsi, vinta dalla curiosità.
Erano dei bambini.

Malconci e trasandati, stavano compatti uno al fianco dell’altro, tenendosi le mani strette tra di loro. Non poté non sentirsi sollevata a quella vista; tutti quei piccoli occhi continuava a fissarla, finché uno non le parlò: «Giochiamo a metterci paura?». Sorrise appena, lo sguardo che correva su ognuno di loro, domandando di rimando: «Cosa si vince?». Fu una bambina a risponderle, la vocina stridula e squillante che invadeva il vicolo vuoto: «Nulla, ma è divertente!». Era sorpresa dalla tranquillità che mostravano nei suoi confronti, come se nonostante fosse un’adulta non costituisse la minima minaccia. Uno dei più piccoli allungò la manina lercia nella sua direzione, invitandola ad afferrarla per unirsi a quello strano gioco. Lei la guardò, soppesando la scelta per qualche istante, per poi prenderla nella sua. «Giochiamo.» disse loro.

...

Se nel buio tutto tace
sentirai Mana Cerace
arrivar senza rumore
con il passo del terrore !
Sguardo cieco e riso torvo,
l’han sepolto e non è morto !

Uno, due, tre e quattro,
ha gli artigli come un gatto !
Tre e quattro e cinque e sei,
fossi in te io scapperei !
Sei e sette e otto e nove,
vorrei tanto essere altrove !

Ma se il buio ancora dura
possiam solo aver paura,
chè soltanto può la luce
ammazzar Mana Cerace !


...


Li seguiva, istintivamente, trascinata da quel movimento circolare e dalle parole che recitavano. Man mano che giravano l’oscurità li avvolgeva, nascondendo ogni cosa alla sua vista, compresi i bambini; le voci si dissiparono, sostituiti da sussurri impercettibili per poi schiantarsi in fragorose urla. Si guardò attorno, o almeno credeva di farlo, cercando un piccolo bagliore cui aggrapparsi. Proprio quando stava per afferrare la spada e richiamare a sé la sua luce, riprese a vedere; davanti a sé non c’erano più le piccole creature che aveva incontrato, ma essere ripugnanti, con la pelle decomposta, i connotati completamente sfigurati, carne viva in evidenza, e tutti loro si trascinavano verso di lei.

Li fissò sbalordita, colta completamente alla sprovvista da quella mutazione. Assottigliò gli occhi, fissando le creature con sguardo duro e determinato, le mani che correvano nelle impugnature delle armi, mentre un piccolo sorriso le disegnava le labbra.
«Mi dispiace bambini, ma questo gioco lo vinco io».
 
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view post Posted on 19/6/2012, 02:21
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THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

II
To Many in Darkness


I will not speak of your sin.
There is a way out for him,
the mirror shows not;
Your values are shot.



Θ


{ Città Alta - Casa delle Puttane }

Quando Kirin riaprì gli occhi l'ambiente che lo circondava era il medesimo, eppure tremendamente diverso.
Sembrava che qualcuno si fosse preso la briga di metterlo a soqquadro, devastandolo con una furia tanto sistematica da apparire lucida, preordinata, parte di un piano preciso che aveva dei suoi obiettivi imperscrutabili per chiunque non ne fosse l'ideatore. L'odore forte del sangue aveva soppiantato quello del sudore, ed era facile scoprire il motivo: le pareti erano coperte di schizzi, così come il pagliericcio su cui prima giaceva la donna in agonia sembrava dovesse annegare da un momento all'altro in quel mare di sangue ancora caldo.
Le sedie intorno al tavolo erano rovesciate, alcune addirittura distrutte. La porta della casa era aperta, dall'uscio semi-divelto penetrava un vento freddo, tagliente. Era passata un'ora, o poco più.

Il dettaglio più orribile gli si parò di fronte quando fu in piedi: sul tavolo, poggiata con noncuranza, con gli occhi ancora sbarrati in un moto di stupore, quasi non riuscisse a credere a ciò che era avvenuto, campeggiava la testa della donna che lo aveva accompagnato fin lì.
Era chiaro che chiunque fosse stato a compiere quel massacro non lo aveva ritenuto sufficientemente importante da entrare a far parte di quello scenario d'orrore. Un palcoscenico per pochi eletti. Chiunque fosse, ad ogni modo, a quel punto doveva già trovarsi lontano.

In quella, si sentì una voce stridula provenire dall'esterno. Una voce che probabilmente a Kirin sembrò di aver già udito.
- Non è possibile! Non erano questi gli accordi! Cosa hai combinato - chiese la voce, assumendo un tono lacrimevole - Cosa hai fatto?! -
La risposta giunse portata dal vento, attenuata nei toni ma non nello spirito.
Ho fatto quanto era mio piacere, donna. Non seccarmi oltre.
Non dovevano essere lontani.


Θ


{ Città Alta - Villa di Monfilles }

Ogni risveglio è diverso dagli altri, poco ma sicuro.
Quello di Elmara, la Paladina di Vesta, non fu dei migliori -ma di gran lunga preferibile a ciò che era toccato in sorte al povero Kirin: nessuna testa mozzata, nessun bagno di sangue. Piuttosto, riaprì gli occhi sdraiata su di un confortevole materasso di piume: qualcuno l'aveva adagiata su di una ricca coperta di un viola pallido, fresca al contatto, arricchita da disegni geometrici in filigrana d'argento. Non impiegò molto tempo per riordinare le idee, ricordando l'accaduto ed intuendo ciò che non era stata in grado di osservare.
Si trovava in una enorme stanza da letto, arredata con un certo gusto, utilizzando mobili in legno vecchio. Alle pareti una sfilata di arazzi raccontava, nella penombra del locale, le gesta di un qualche avo del padrone di casa. Sulla destra, un piccolo scrittoio da cui si affacciavano numerosi cassetti chiusi, ma senza un solo foglio ad attendere sopra. Accanto a questo, un'ottomana coperta da una delicata tovaglia di lino bianco, sulla quale erano stati riposti con cura i componenti della sua armatura e tutte le sue armi.
Proprio di fronte a lei, si notava a terra un tappeto di porpora, forse l'unico indice di cattivo gusto nell'insieme dell'arredamento, che conduceva ad una pesante porta che, ad occhio e croce, sembrava ben chiusa.
Sulla destra, oltre due poltrone e un tavolo basso da the, gli ampi panneggi broccati delle tende nascondevano pretenziosamente la presenza di una grande finestra.

In tutto ciò, gli schiamazzi e le urla continuavano senza tregua, eppure adesso era possibile scorgerne le note voluttuose, di piacere. Chiunque abitasse quel posto doveva essere ben impegnato a divertirsi, sebbene non sembrava curarsi dei rapporti con il vicinato, ché il chiasso era insopportabile.
E di Sally, nemmeno l'ombra.


Θ


{ Città Bassa - Nuova Virago }

Non appena la mano indagatrice del camerata seduto al tavolo di Raan si fu avventurata fra le sottane della donna, quella emise un gridolino di pura soddisfazione. Con voluttà, mentre l'uomo si dava da fare, prese a sorseggiare dal suo boccale; passò quindi ad umettarsi le labbra con la lingua, deliziata, mantenendo i suoi occhi -di una strana tonalità ambrata- sul giovane monaco.
Imitando l'intraprendente commilitone, un altro dei soldati abbrancò una giovane che passava di lì, costringendola a sedersi sulle sue gambe senza incontrare molta resistenza. Fu dunque con una certa spavalderia che il terzo del gruppo, il più giovane, allungò la mano ad accarezzare, da sopra le vesti, le natiche di una cameriera che passava di lì. Il suo gesto, tuttavia, venne notato da tutti e per qualche istante l'intera locanda parve paralizzarsi, inclusa la cameriera che parve rimanere impietrita. Solo il giovane militare non si rese conto dell'accaduto, interpretando l'immobilità della donna come un chiaro segno di disponibilità e dunque indugiando nelle sue carezzevoli profferte.

Non ci volle molto perché l'intera sala, sempre trattenendo il respiro, concentrasse la sua attenzione su di un uomo dagli scompigliati capelli d'oro rosso, la pelle di un colorito esageratamente pallido, che sedeva poco distante dalla tavolata di Raan e compagni. Questi si alzò, con un sorriso sghembo, estraendo la sciabola con noncuranza, e menando un violento colpo di piatto sulla mano del soldato. Questi, ritraendo l'arto indolenzito, sollevò lo sguardo a incontrare l'azzurro slavato, sormontato da una corona blu scuro, degli occhi altrui.
“Maledizione!” ululò, nel silenzio generale, “Ma che cazzo ti prende?!”
L'altro non diede segno d'averlo udito, quindi diede un colpetto sulla spalla della ragazza, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Questa si mosse, praticamente correndo via. L'intera locanda parve riprendere a respirare in quell'istante -ché loro sapevano chi fosse quell'uomo e perché Jumelle, la cara ragazza, non andasse toccata.
“Figlio di un cane” ruggì il militare, saltando in pieni, colmo più di boria che di coraggio -non reggeva granché gli alcolici.
“Adesso la vedr--” “Ahi. Molto male, ragazzino” si lamentò quello, con un filo di voce.
E in un lampo, senza che nessuno di loro potesse dire di aver visto qualcosa di più di uno sprazzo argentato,
il filo della sciabola era pericolosamente vicino alla gola del soldato.
I commilitoni fecero per alzarsi, pronti a reagire all'unisono. Erano tutti ragazzi, per lo più provenienti da altri luoghi, mandati lì come guarnigione. Nessuno di loro poteva dire di conoscere quell'uomo, che invece era ben noto agli altri frequentatori della locanda.
Tut-tut. State buoni, per favore. Ai vostri posti.
Nessuno si mosse.


Θ


{ Circo delle Pulci - Vicoli }

Il vecchio camminava a rilento, zoppicando vistosamente.
Trascinava in avanti la gamba sinistra tenendola rigida, come se la cosa gli costasse enorme fatica. Ugualmente, riusciva a tenere un'andatura soddisfacente, mentre ripiegava fra la grande moltitudine di vicoli che gli si parano di fronte uno dopo l'altro, in successione tanto rapida che era difficile distinguere l'esatto momento in cui si usciva da uno per entrare nel successivo. E mentre procedeva, il vecchio parlava -strascicando anche le parole.
Davvero molto strano” cominciò, “che qualcuno giunga a porre domande sui Lupi.
Quello che sarebbe potuto apparire come un semplice commento, in realtà risultò essere il preludio a ben altre informazioni.
E proprio in questo periodo dell'anno, poi!

Per un attimo il vecchio parve voler sollevare le braccia al cielo in un gesto che poteva esprimere esasperazione o stupore in maniera eguale, tuttavia si astenne all'ultimo istante dal compiere il gesto. Emise invece un grugnito.
Davvero strano, con quello che sta succedendo. Qualcuno ti ha inviato qui, hai detto. Ma chi? No, no, lascia stare!” interloquì, come a prevenire eventuali interruzioni: il suo cervello si era messo in moto e -a dispetto delle apparenza- funzionava ancora a meraviglia.
So già che non puoi o non vuoi dirmelo, ma per me non fa la minima differenza.
Ammiccò con sicurezza, un sorriso scaltro a increspargli le labbra, labbra che subito dopo andarono a baciare il collo della sozza bottiglia che si ostinava a portarsi dietro.
Per quanto ne sappiamo dei Lupi, sono scomparsi molti anni fa. Prima che tuo nonno nascesse” commentò, giudicando ad occhio e croce l'età dell'uomo che lo accompagnava. Senza interrompere il suo ragionamento, svoltò a destra, lungo un vicolo più stretto e buio dei precedenti.
Più o meno in questo stesso periodo dell'anno, stando a quanto dice il Maestro.
Si fermò di colpo, dopo aver contato esattamente nove passi. Diede un forte pestone al suolo, ricavandone un rimbombo metallico. Fece una smorfia all'indirizzo dell'interlocutore.
Questa grata di metallo apre il passaggio per la Corte, ma dovrai spostarla tu.
Scrollò le spalle, come a volersi giustificare: sono troppo vecchio.


Θ


{ Circo delle Pulci - Regno del Buio }

Intorno a Samael tutto si fece più scuro, i contorni delle case che squadravano malamente i vicoli sfumarono,
tutto venne circondato da una nebbia fitta, che pure sembrava palpabile, riusciva a metterle addosso una violentissima agitazione cui pure sapeva di non poter porre rimedio. E nonostante questo, ciò che accadde dopo fu ancora più sconvolgente, perfino per gli occhi di chi aveva visto nascere e cadere il proprio regno di ribellione.
Sembrava che tutte le ombre del mondo si fossero date convegno in quel luogo, ché alle spalle di quei bambini chiaramente defunti andava nascendo un agglomerato oscuro, un coacervo non di energie negative, qualcosa di differente perfino dalla Trama Nera di cui era solito servirsi il Capitano de Graaff.
Era un'oscurità più palpitante, in grado di irretire e sconvolgere. Composta da incubi, sogni, paure, desideri infranti, incubi.
E, seppure a suo modo, viva.

Prima ancora che potesse assumere una forma ben definita, l'oscurità parlò:
S - A - M - A - E - L

Il nome venne scandito con uno zelo che andava a sfiorare la crudeltà.
Devi avere molto più coraggio che buon senso” disse lo Spettro del Buio, senza dare alla frase l'intonazione di una domanda. Era, piuttosto, un'asettica constatazione.
Non sono molti quelli in grado di evocarmi” asserì, con un tono fattosi pensieroso, cosa che dava alla voce spettrale e roboante una connotazione tragicomica. Almeno, questo avrebbe notato chi non fosse attraversato da una paura cieca.
Meno ancora” continuò la voce “quelli che riescono a controllare le loro richieste.

L'ombra aveva ormai esaurito il suo flusso di metamorfosi, e da quel caos ancestrale sorse la figura di un uomo,
che tuttavia era interamente composto di oscurità, e torreggiava sulla pur alta guerriera.
Cosa vuoi da me?

—◊—◊—◊—◊—◊—◊—


Note del Quest MasterSecondo giro e siamo subito nel vivo dell'azione. Bando alle inutili ciance, passiamo subito alle indicazioni personali; ognuno di voi, alla fine delle indicazioni generiche, troverà espresso esattamente quanto tempo rimane prima che si esauriscano le quattro ore concesse da Laurens.

Shinodari: Sei sempre nella casa delle prostitute, la situazione mi sembra facilmente intuibile.
Le voci che senti provengono dall'esterno, ma riesci a udirle con relativa facilità grazie alla porta aperta, al vento e al silenzio profondo. Non possono comunque essere troppo distanti. [Tempo Rimanente: 2h 45m]

Elmara: Come per Kirin, ti risvegli dopo un periodo di tempo abbastanza lungo. Sei all'interno di una stanza, a letto. La porta è chiusa dall'esterno. Il tuo equipaggiamento si trova tutto lì in quella stanza. [Tempo Rimanente: 2h 25m]

Drag: La tua situazione è leggermente diversa: uno degli uomini con cui sei andato a bere ha fatto una stronzata e ora rischia di fare una brutta fine. E tu hai l'opportunità di conoscere quello che sembra essere un simpaticone. [Tempo Rimanente: 3h 15m]

Orf: Sei quello che ha speso finora meno tempo. Il vecchietto si dimostra non tanto scemo e pare voglia condurti alla corte. Ma avete la strada sbarrata da una lastra. [Tempo Rimanente: 3h 35m]

Kita: E ti sei ritrovata di fronte un essere sovrannaturale. Avverti una violenta sensazione di disagio, ma hai mano libera sulla sua interpretazione. Però il tizio sembra volere una risposta. [Tempo Rimanente: 3h 30m]

Non mi pare ci sia altro da dire, spero di essere stato conciso ed esaustivo. Ad ogni modo per i vostri quesiti (e per il proseguo della quest) c'è il topic in confronto. Come per il turno precedente, avete 5 giorni di tempo, ovvero fino alle 23.59 di giorno 23. Buon divertimento (e buona fortuna, che ne avete bisogno).
 
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Drag.
view post Posted on 22/6/2012, 19:00




E' proprio in quei casi che ti rendi conto di essere un completo estraneo in un ambiente sconosciuto, dove ogni tuo addestramento è completamente inutile dinanzi all'ordinarietà della vita al di fuori del Monastero.
La verità era che Raan era entrato in una locanda solo tre volte in vita sua, e questa era la quarta in totale: non proprio un avventore incallito. Fece del suo meglio per mettersi a proprio agio e comportarsi con l'allegria che lo contrastingueva, ma non potè fare a meno di capire che uno dei suoi nuovi amici miliziani doveva aver sovvertito qualche regola non scritta quando afferrò il corpo di quella spaventata cameriera.
L'intera sala ammutolì: era un silenzio speciale, non quel tacere impaurito che si incontra dinanzi al terrore di morte e sofferenza;
era stupore.

Qualcuno aveva osato, evidentemente: e lui sedeva proprio con il gruppo del colpevole.
Accadde in pochi istanti: la reazione dell'uomo dai capelli rosso-dorati, l'aria di sfida del commilitone, la tensione palpabile nell'aria. Si respirava a fatica ora nella Nuova Virago, come se un tornato fosse sul punto di scatenarsi sull'intero salone.
E Raan sapeva che quell'uomo, così spavaldo, avrebbe travolto ogni cosa attorno a sè: gilelo leggeva negli occhi, due iridi pericolose.
« Amico mio, reggi l'alcool peggio di me! », esclamò, rompendo il silenzio. Raan posò sul tavolo il calice d'acciao e fece cenno ai miliziani di chetarsi e perdere la testa. « Dai, torna a sedere, evidentemente a questo signore non è piaciuta la tua scelta. »



« Siamo qui solo per rilassarci, no? »

Il sorriso del monaco trovò lo sguardo penetrante dell'uomo in piedi. Questi fece passare la propria attenzione dal giovane al soldato, ancora in piedi e fremente di rabbia; sembrava incapace di lasciar cadere la questione, nonostante la lama paurosamente vicina alla sua gola - e l'espressione dell'uomo dai capelli rosso-dorati non sembrava di quelle in grado di provare compassione.
« Il tuo amico sembra parecchio più saggio di te. Io gli presterei ascolto. »
L'altro non rispose immediatamente: più di una goccia di sudore imperlava la sua fronte, ma se fosse di rabbia o paura era difficile dirlo. Verosimilmente, stava provando entrambe le sensazioni allo stesso momento. « Io sono un uomo della milizia cittadina! », urlò, quasi sull'orlo delle lacrime. « Non ammetto che mi si parli in questo modo! »
« Desolato, », replicò l'uomo. « ma non potrebbe interessarmi di meno. »
La situazione stava sfuggendo rapidamente di mano, e Raan non desiderava venir coinvolto in una rissa appena arrivato in una città - una rissa piuttosto sanguinaria, giudicando la levatura dell'uomo che avevano di fronte, e di certo il monaco non aveva alcun desiderio di battezzare così il primo viaggio al di fuori della Purgatory.
« Hai ragione, », intervenne il giovane sbuffando, parlando al soldato in piedi. « e quest'uomo sicuramente ne è al corrente, ed è intervenuto comunque. Magari è una sua parente, non ti saresti comportato allo stesso modo per difendere, per esempio, tua sorella? Ci sono altre donne nel locale, e sono sicuro che il signore saprà indicartene una giovane e di gradimento per entrambi. »
Tacque, osservando per qualche istante i due, poi il calice: non aveva particolare dimestichezza con l'alcool, e se solo qualche sorso gli aveva sciolto così tanto la lingua forse era il caso di fermarsi lì con i beveraggi, quella sera. Aveva tutte le ragioni del mondo per rimanere sobrio, non ultima la possibilità non tanto remota di finire con la gola tagliata in qualche fosso di Dorham. Non si poteva mai sapere, lì.
L'uomo inaspettatamente annuì, e pure il commilitone sembrò tranquillizzarsi, almeno un poco.
Improvvisamente, un uomo anziano si alzò in piedi. Non l'aveva notato prima, ma sembrava davvero un tipo fuori dal comune: nonostante l'età si muoveva con incredibile solerzia; la sua figura era ancora muscolosa e per nulla ingobbita, mentre attorno a lui sembrava lo circondasse un'aura di decisa autorità. Aveva capelli bianchi di media lunghezza e una barba dello stesso colore, ben tenuta; indossa una sorta di pianeta blu oltremare, con intricati disegni in oro. Sembrava volersi avvicinare al gruppo, ma s'interruppe fissando la porta principale della locanda, dalla quale aveva appena fatto capolino una massa indisciplinata di capelli neri che appartenevano ad un giovane dai lineamenti simili a quelli di un topo.
« Kos? Gabriel? », chiamò questi. « Il nostro uomo è arrivato, dobbiamo andare. »
Il vecchio e l'uomo dai capelli d'oro rosso si guardarono e annuirono, quindi fecero per andarsene; Raan guardò uno ad uno tutte quelle comparse, personaggi che si evidenziavano sulla comune marmaglia da taverna come un colossale Jaian, gli enormi alberi dei monti Dhera, si staglia sopra una foresta di pini secchi e anneriti. « Affari importanti? », domandò allora all'uomo dai capelli rosso-dorati, incuriosito dal trio. « Non avete ancora indicato una buona donna per il mio amico qui, signore. Non vorremmo infastidire più nessuno... »
Questi si voltò a guardare il monaco, ma prima che potesse rispondergli venne preceduto dal giovane che li aveva chiamati fuori dal locale. « Non stuzzicare il cane che dorme, ragazzino: una qualsiasi di quelle presenti, ma non Jumelle. »
Raan allargò le braccia, sconfitto. Non gli importava davvero della cameriera.

« Oppure tornatene sul tuo carcere galleggiante. »

Oh.
Questo era decisamente inatteso.
Non aveva idea dei rapporti tra Dorham e il Goryo, e si augurava fossero quantomeno neutrali, ma che uno straniero sapesse della sua appartenenza al clan era inquietante: che genere di informazioni conosceva quel giovane?
Fu la naturale arroganza di Raan a trarlo d'impaccio: prima che potesse riflettere troppo sulle parole di quello sconosciuto, aprì la bocca. « Se mi conosci così bene saprai che io non desidero compagnia femminile. », disse, squadrandolo ironico. « E per me sarebbe un vero onore conoscere chi è così bene informato. »
Questi non parve particolarmente colpito dalle sue parole, quasi fosse un personaggio di poco conto. Scrollò le spalle, mentre gli altri due lo seguivano fuori dalla Nuova Virago.

« Onore non concesso. »,
ed uscì.



Raan levò il calice, porgendo saluto.
« Peccato. »

Quando voltò lo sguardo, prestò nuovamente la propria attenzione alla spavenatata cameriera vittima delle avances del suo compagno commilitone. « Nessun rancore? », le domandò, sorridendo.
Jumelle non rispose affatto: abbassò immediatamente gli occhi e fuggì a gambe levate nel retrobottega; al suo posto, un incedere pesante e rabbioso annunciò l'avvicinarsi dell'oste, un uomo corpulento ma piuttosto alto, quasi stereotipato. « Dite un po', ma cercate davvero rogne?! »
Il monaco era piuttosto sorpreso dalla domanda: era convinto ci si dovesse comportare così con una donzella maltrattata. « Buffo, era esattamente quello che mi chiedevano i miei maestri. », disse, buttandola sul ridere. « Si cercava solo di appianare la questione. Perchè tutta questa tensione? »
L'altro sbuffò, rabbioso. « Senti ragazzino, tu verrai anche dal Goryo e sarai pure amico della milizia, ma non sei di queste parti, quindi apri bene le orecchie: quell'uomo dai capelli rossi è qui da meno di un mese, alloggia a Villa Monfilles dal Cavaliere e qualcuno mormora abbia già ucciso una decina di persone! »
« Faccio parte del Goryo da meno di tre settimane, non ho idea di chi sia il Cavaliere e di assassini ne ho visti troppi - e quel tipo mi sembrava stesse seplicemente difendendo l'onore di quella donna. Ho avuto un viaggio lungo e mi han chiesto di cercare informazioni su contrasti vecchi di secoli: credi davvero abbia fatto tutta questa strada per mandare qualcuno su tutte le furie? ». Raan sorrise, cercando di sembrare amichevole. In effetti, non era sua intenzione apparire offensivo o riottoso. « E poi dai, anch'io ho i capelli rossi! », esclamò scherzando, indicando la sua treccia di capelli cremisi.
L'oste si zittì; sembrava tranquillizzato dalle sue parole, pensando probabilmente che, in fondo, Raan era esattamente ciò che sembrava: un ragazzino. L'exploit del monaco, tuttavia, aveva catturato l'attenzione anche di qualcun altro, poco distante ma abbastanza in disparte: due uomini coperti da un cappuccio bianco, silenziosi e immobili. Questi presero a fissarlo con una certa insistenza, così, quando il corpulento oste si allontanò grattandosi la testa, Raan si voltò verso i commilitoni della milizia, domandando: « Quelli sono forse qualcun altro che dovrei conoscere? »
Inizialmente aveva cercato di ignorare le occhiate dei due, ma la sua indole ribelle non ne aveva voluto sapere: anzi, la sua domanda non era stata neppure posta a basso tono, quasi stesse velatamente forzando i due a motivare le loro attenzioni.
Il più anziano del gruppo, un soldato sulla quarantina con corti baffi castani, lo guardò di sottecchi, mormorando: « Quelli? Sono i Monatti. Brutta gente, amico mio. Meglio lasciarli perdere. »
Per qualche istante, Raan si guardò il corpo allarmato. « Non penso di avere la peste. Ho la peste? », domandò, con una punta di noncuranza. Anche su Pyat esistevano i monatti, reietti della società che avevano contratto il morbo e, ancora vivi per raccontarlo, per questo ne erano immuni. « Comunque, scusate se non sono stato completamente onesto con voi, amici. Avrei dovuto dirvelo prima che faccio parte del Goryo. »
Aveva deciso di tastare subito quel terreno, per vedere le reazioni dei nuovi amici e non perderne la fiducia. Fortunatamente, questi scrollarono le spalle come se non importasse - e, in effetti, nessuno gliel'aveva domandato. Meglio, un'informazione in più. « No, non quel tipo di monatti. Loro sono... particolarmente restii alla presenza di stranieri a Dorham. Una specie di setta, non so se mi spiego. »
Oh, ma certo. Gli xenofobi. Già si profilavano un mare di guai all'orizzonte.
« Ah. Allora ho la peste, sì. Bè, ad ogni modo non programmo di rimanere a lungo... Un uomo cui sono debitore mi ha chiesto di raccogliere informazioni su una vecchia storia di qui, i Lupi di Nemarchos. Non ne conosco il motivo, ma penso che con le giuste risposte leveremo le tende alla svelta... Con buona pace dei signori Monatti. »
Gli amici camerati si guardarono l'un l'altro, perplessi. Evidentemente l'accenno alla storia dell'oscuro passato di Dorham non suonava nessuna campana nella loro memoria. « Cos'è che ti hanno mandato a cercare?! »
I monatti, invece, si alzarono dal loro tavolo e si avvicinarono a loro, restando in piedi accanto.

« Noi sappiamo di cosa parla »

Bingo: ora, c'era solo da capire se si trattasse di uno specchietto per le allodole o una seria miniera di informazioni; Raan era poco avvezzo alle consuetudini sociali, ma sopperiva la sua inesperienza con la furbizia; avrebbe dovuto andarci cauto, con quelli.
Non negò loro il prender posto al tavolo, così fece cenno di continuare, interessato: « Sono tutt'orecchi. », disse.
« Il mio nome è Py'yt, il mio compagno invece si chiama Lyas. E' muto. », rispose, guardandolo accigliato da sotto il cappuccio candido. « Sappiamo bene chi fossero i Lupi. Potrai porre le tue domande, straniero. Ma a due condizioni. »
Il giovane monaco assentì, spronandoli a continuare.
« Per prima cosa, non parleremo qui. Ci sono troppe orecchie in ascolto. E la seconda... » Il Monatto si protese verso di lui, guardandosi attorno con fare circospetto. « ...dovrai aiutarci a sbrigare un lavoro. »
Raan rispose all'offerta con un mezzo sorriso: era tutto troppo losco per sembrargli fantastico. Si allungò quindi verso Py'yt, mormorando con voce bassa ma determinata quelli che erano i suoi pensieri.
« E conoscendo la vostra reputazione e il vostro ordine, perchè dovrei fidarmi di voi? »
(e non immaginare che mi state attirando in una trappola?)

L'altro si tirò indietro, scrollando le spalle.
« Perchè non hai molta scelta. »

Vero.
Si aspettava una risposta del genere, dopotutto.
« Un punto per voi. », disse, alzandosi. Salutò quindi uno ad uno i camerati con cui aveva passato la serata, poi pagò i loro ordini. « Vogliamo andare? Ho un appuntamento con una donzella bendata, più tardi. », esclamò, baldanzoso ma vigile.
Se Lorencillo avesse saputo come lo aveva descritto, probabilmente lo avrebbe decapitato sul posto; meglio glissare sulla battuta, in futuro.
Dopo il commiato, i due Monatti lo condussero fuori dalla Nuova Virago, guidandolo in un vicolo e accertandosi che nessuno li avesse seguiti. All'uscita, l'odore di Dorham colpì nuovamente le narici di Raan: un inconfondibile mix di rancido e speziato, fumo e depravazione. Una miscela soffocante che riusciva persino a fargli rimpiangere il calore letale dell'Akerat.
Py'yt gli porse una pergamena arrotolata, priva di sigillo, estratta da sotto la tunica.
« Oltre i baraccamenti dei soldati c'è un quartiere povero -non povero come il Circo ma comunque non se la passano bene nemmeno lì. In una di queste case ci sono dei nostri accoliti -non farai fatica a riconoscere l'abitazione. Recagli questo messaggio. »
Il monaco prese immediatamente il plico, ma non eseguì subito quanto gli veniva domandato. Squadrò il Monatto da capo a piedi, poi chiese: « Tutto qua? »
Era un incarico troppo semplice, ed era lecito domandarsi perchè lo dovessero affidare a lui perchè lo portasse a compimento: c'era sicuramente qualcosa sotto. « Quali conseguenze porta con sè questo messaggio? »
Py'yt gli rispose con un'insolita occhiata sorpresa. « Nulla di compromettente. », lo rassicurò. « Quando l'avrai consegnato, vieni a trovarci e risponderemo alle tue domande. »
« Mh. », bofonchiò Raan, poco convinto. « Dove vi troverò? »
« In questa stessa locanda. »
Senza aggiungere altro, il monaco s'incamminò nella notte.



La luce fioca di una luna molto lontana dall'essere brillante allungava le ombre delle catapecchie che costeggiavano un sentiero un tempo chiamato strada. Il cammino era durato circa venti minuti, e là dove le case cominciavano a diradarsi trovò il luogo che gli era stato indicato: l'edificio, come isolato dal resto dell'agglomerato urbano, pareva un neo infetto sulla pelle di un corpo malato e butterato. Quell'impressione era acuita dal candore dell'intonacatura della casa, di un bianco così abbagliante da apparire fuori posto, artificiale e assurdo. Nessuna luce all'interno sembrava segnalare l'assenza di qualsivoglia vita.

« Maniacale. », commentò Raan ad alta voce, prima di avvicinarsi.
Tutto, lì attorno, puzzava di trappola. Lo Jellbraxi era stato addestrato anche per quello, e l'innata disciplina del suo ordine monastico lo rese capace di mantenere la freddezza nonostante l'inquietudine che esacerbava il suo animo. Non gli piaceva tutta quella cornice, non gli piaceva affatto.
Bussò piuttosto ruvidamente; ad aprirgli fu un vecchio decisamente male in arnese.
Questi non proferì parola, limitandosi a lanciargli uno sguardo interrogativo. Parimenti, senza parlare, Raan gli porse il plico arrotolato.
Questi l'afferrò, facendogli cenno di entrare. Riluttante, il giovane monaco lo seguì, sentendo chiudere dietro di sè la porta dell'edificio. La stanza davanti a lui era piccola e spoglia, illuminata unicamente da un piccolo candelabro poggiato su un tavolo.
Il vecchio seguitò a non parlare, dirigendosi verso un cassetto molto simile ad una dispensa: da essa estrasse un un cartoncino bucherellato da tacche e ritagli. Armeggiò per qualche istante con questo e con il messaggio che gli era stato consegnato.
Poi, inaspettatamente, lo guardò.

E accadde il finimondo.

« CHE DIAV-- »

Dagli occhi dell'uomo si generò un raggio di pura energia distruttiva, non molto dissimile dal Taihō No Seishin, il Cannone dello Spirito, di Maestro Heeqo; questo, però, venne sparato del tutto all'improvviso, e dalle iridi di un innocuo vecchietto.
Raan proiettò disperatamente la propria Consapevolezza Interiore verso l'esterno, roteando le mani dinanzi a sè: i palmi aperti incanalarono l'energia distruttiva del raggio, facendola roteare proprio davanti a lui, per poi scagliarla a terra, sulla sua sinistra.

« C'è mancato poco, nonno. Niente convenevoli? »

La voce del monaco, arrogante e rabbiosa, fuoriuscì dal cumulo di polvere scatenato dall'impatto del raggio col pavimento, divelto e squassato.



« Ho di meglio da fare che giocare con te. »


«« ReC: 225 AeV: 225 PeRf: 375 PeRm: 150 Caem: 225 »»

Status.
    Illeso, mana 80%.
Passive da Considerare.
    Senzo no tsuyo-sa, la forza degli antenati: Dominio Forza del Toro completo (forza titanica, insensibilità dal dolore, può sostenere fino a due Mortali prima di morire).
    Shikkari to shita teikō, ferma resistenza: passiva razziale, non sviene sotto il 10%.
Tecniche Utilizzate.
    Uchigawa No Ishiki, Consapevolezza Interiore: La disciplina monastica dell'ordine forgia i suoi adepti in una maniera così completa che la loro potenza fisica trascende, sconfinando persino nello spirito. Questa consapevolezza porta il guerriero a saper gestire la propria forza anche al di fuori della mera restrizione corporea, facendo sì che la propria aurea spirituale diventi, a tutti gli effetti, reale. Quest'abilità permette agli Jellbraxi la capacità di deviare (mai verso il nemico o altri) o assorbire fino allo spegnersi dell'attacco offensive fisico-magiche scagliate contro di sè, risultandone potenzialmente illeso. Spendendo un consumo d'energie Variabile, infatti, il monaco potrà così difendersi e continuare a combattere. Questa difesa protegge su un arco di novanta gradi dinanzi a sè. Consumo di energie: Variabile [utilizzato: Alto]
Equip.
    Jido Kasa, l'Ombrello Automatico: alla cintura, chiuso.
Note e Sunto.
    Niente da dire: mi difendo dall'Alto ma non contrattacco.
    Post luuuungo! E il nonno-Mazinga mi è piaciuto.
 
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Orƒ
view post Posted on 22/6/2012, 22:42




Night's Watch - The Moon and the braves
capitolo quinto; di come scoprì i segreti di Dorham

Il vecchio stava chiaramente zoppicando, rasciando il marciume del marciapiede con la gamba sinistra.
Davvero molto strano che qualcuno giunga a porre domande sui Lupi.
Cominciò a parlare e sembrava essere stranamente loquace.
E proprio in questo periodo dell'anno, poi!

Davvero strano, con quello che sta succedendo. Qualcuno ti ha inviato qui, hai detto. Ma chi? No, no, lascia stare!
Ludvic era già pronto a negargli nel modo più assoluto l'informazione, quando il vecchio comprese che non poteva fornirgliele.
So già che non puoi o non vuoi dirmelo, ma per me non fa la minima differenza.
Ludvic annuì e il vecchio sorrise di rimando, per poi bagnarsi la gola con quella brodaglia che si portava dietro.
Per quanto ne sappiamo dei Lupi, sono scomparsi molti anni fa. Prima che tuo nonno nascesse
Nonno? Ludvic non sapeva cosa significasse, così come non conosceva il significato di genitore.
Più o meno in questo stesso periodo dell'anno, stando a quanto dice il Maestro.
Svoltò rapidamente a destra, in un vicolo più stretto di quello precedente e dopo aver compiuto dei gesti quasi ritmati, una grossa grata apparve dal nulla.
Questa grata di metallo apre il passaggio per la Corte, ma dovrai spostarla tu.

Ludvic fece schiccare le dita, prese le fessure della grata e per smorzare l'attesa pose qualche domanda al vecchio.
« Chi è questo Maestro? Un sacerdote, un profeta o la vostra guida? »
La grata non si mosse nemmeno di un millimetro, come se il pavimento cercasse di tenerla per se.
"Il Maestro è il Maestro. Nessuno conosce il suo nome, ma risiede in seno alla Corte da quando ero un ragazzino."
Insospettito dall'inusuale resistenza del muro metallico, Ludvic volle indagare di più sulla sua misteriosa guida e con le dita cominciò a tastare la superficie metallica in cerca di punti deboli, senza però riuscirvi.
« Questa grata non si smuove! Sei mai riuscito a spostarla? »
"L'ultima volta, vent'anni fa. Qualche problema?"
Il volto inebetito del vecchio lasciava intendere che ci fosse un qualche modo segreto per aprirla e non bastasse un semplice colpetto per buttarla giù.
« Vent'anni fa? Vuoi dire che ci sono vie alternative per raggiungere la Corte, o hai sempre chiesto aiuto ad altri? »
"Questa è la via più vicina. Andiamo ragazzo, non dirmi che non riesci a smuoverla! Per essere arrivato fin qui, una qualche capacità devi pur possederla!"

« Uh dimmi vecchio, in quanti siete nella Corte? In quanti seguono questo Maestro? »
Infuse nella spada parte del potere della Lingua Oscura e colpì la grata con forza, ma questa si dimostrò più forte del previsto e scagliò il cavaliere contro un muro e volare l'arma poco distante.
"La Corte è come una città dentro la città, giovanotto" il tono del vecchio mutò completamente, divenendo più acido, "e siamo tutti liberi. Nessuno segue il Maestro, non è il nostro capo."
Il reietto si avvicinò alla grata e disse:
"Non così, maledizione. Devi chiederglielo gentilmente."
Il cavaliere si alzò e riprese la spada.
« Chiederglielo.. gentilmente!? Dovrei parlare con un muro di metallo? »
Si avvicinò alla grata e gli sussurrò qualcosa con un filo di imbarazzo,
« Puoi farmi passare e giungere alla Corte... per favore? »
La grata finalmente si smosse e Ludvic sbottò nervoso:
« Potevi dirmelo prima, dannazione. »

Il vecchiò si insinuò per primo in quella che sembrava una puzzolente cloaca, casa di milioni di parassiti quali topi e scarafaggi, che si incanavano di fronte al vecchio che tornava a casa.
« Ehi vecchio, è ancora lontana la Corte? Ora che ci penso, non mi hai mai detto il tuo nome, e nemmeno cosa ci fai in questo posto. »
Era preoccupato, perché avrebbe dovuto tornare da Laurens con informazioni ma quella pista sembrava ottima.
"Non mi hai mai chiesto né una cosa né l'altra"
"Ad ogni modo, ci siamo quasi."
Un'enorme portale si aprì di fronte a loro, bloccato unicamente da grosso albero spoglio e nero, privo di foglie o frutti. Nonostante l'ombra di morte che aleggiava sul guardiano, esso presentava un barlume di vita: le radici si agitavano, fameliche, sguazzando nel torbidume della fogna.
« Che diavolo è? Dovrei chiedere anche a lui il permesso di passare? »
"No, no. Dovrai solo compiere un sacrificio. Di sangue."
Subdolo, un guardiano che richiedeva un sacrificio e Ludvic non era ancora pronto per scelte così difficili.
« Sacrificio? E dove dovrei trovare qualcuno disposto a sacrificarsi? Inoltre, non ho tempo da perdere: spiegami bene come funziona con questo albero e facciamola finita. »
"Devi infliggerti una ferita e tracciare una linea con il tuo sangue sulla corteccia. Ma fa' attenzione alle radici: mordono."
Si procurò una ferita sulla mano sinistra e con la destra impugnò la spada, con cui poteva tenere lontane le radici.
La mano andò subito a poggiarsi sulla corteccia, lasciando che l'avida pianta succhiasse il liquido cremisi.
Quello che apparve fu un sollievo: calda luce che l'oscurità del fogna rifuggiva, nascondendosi nei meandri del tunnel stesso.


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 100- 5= 95%;
Status - Danno alla schiena (Basso); Deciso;

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (estratta, dx);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
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words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
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words can not say, words full of vile darkness
Con la mente annebbiata dal desiderio di vendetta e dal dolore, Ludvic non poté fare a meno di farsi corrompere dall'influenza della Lingua Oscura, modificando radicalmente le rune incise sul suo corpo. I simboli sul suo corpo mutarono a tal punto da diventare vere e proprie armi capaci di mietere vittime, senza dover nemmeno pronunciare parole in Lingua Oscura. Basterà la semplice volontà di Ludvic, e un piccolo dispendio di energie variabile, per dare sfogo a tutto il suo potere e manifestarlo, ad esempio, in una sfera dal colore intenso e dalla forma variabile per poi scagliarla contro l'avversario, concentrare quella potenza sulla spada o effettuare un attacco ad area a 360° con potenza inferiore al consumo speso. (ab. personale consumo variabile 1/10) Non solo fisicamente, ma anche mentalmente vi è stato un grosso e radicale cambiamento che lo ha reso parzialmente immune alle influenze psicologiche passive. Sensazioni profonde come forti paure, o tanto grandi, però, avranno comunque effetto. (passiva razziale)

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Elmara Shaft
view post Posted on 23/6/2012, 15:58





Night's Watch ~ A Step in the Shadows II.



Quando riaprii gli occhi il mondo che avevo attorno a me era completamente cambiato. Qualcuno, durante il mio periodo di incoscienza, si era premurato di farmi riposare sopra un comodo letto con le coperte di seta o qualche altro materiale estremamente raro e costoso, per non parlare della mobilia decisamente fuori tono rispetto alla media dei cittadini di Dorham (almeno per quello che avevo potuto vedere). L'unico neo, se per unico si intende l'essere ancora tutta intera, era la mancanza di Sally al mio fianco: Ricordavo chiaramente di averlo visto volare oltre la cancellata ma, sfortunatamente, dalla botta in testa in poi i miei ricordi si erano completamente annebbiati e non riuscivo più a ricordare quanto fosse successo. La stanza in cui mi trovavo aveva una robusta porta blindata e, nonostante i miei numerosi sforzi e i colpi rabbiosi per attirare l'attenzione, sembrava che in quella casa nessuno facesse caso al fatto che una giovane scudiera si era svegliata e stava cercando disperatamente il suo cucciolo.

Una nota inquietante, tra le molte che mi frullavano per la testa, l'avevo ritrovata fracassando l'unico cassetto della scrivania ancora chiuso dove una nota recitava, criptata da un codice tutto sommato semplice: "Il nostro erede oscuro attende". Il fatto che l'avessero scritta con un codice a base alfabetica che creava corrispondeza esatta tra lettere e numeri in base al posto nella scala alfabetica mi lasciava presagire che, anche con tutta la buona volontà, quelle informazioni non fossero così disponibili al pubblico. Dalla finestra, tuttavia, mi si aprì uno spiraglio di possibilità: C'erano due guardie giù dal balcone che fissavano stancamente l'aria davanti a loro. Alle mie domande, abbastanza sbrigative e concitate data la brutta situazione in cui mi ero cacciata, non dettero nemmeno un briciolo di risposta.

- Voialtri, hey, Voialtri, dove diavolo sono?! - Ero veramente fuori di me, ma quelli si voltarono altrove ignorandomi come se non avessi detto nemmeno niente. - Ma che cavolo!? Hey!? Dove è finito il mio drago? - Ero infuriata, spaccai tutti i cassetti della scrivania dove avevo rinvenuto la lettera per iniziare a lanciarli in giro come una disperata nel tentativo di attirare l'attenzione delle due guardie, strillando a squarciagola per sovrastare quel rumore di piacere erotico e morboso che proveniva da quasi ovunque in quel luogo. - QUALCUNO MI TIRI FUORI DA QUESTO POSTO! -

Presa dallo sconforto e impossibilitata a parlare con le guardie, che si erano giustamente allontanate, strappai tende e coperte per creare una specie di corda con cui calarmi dal balcone. La fissai alla gamba del pesantissimo mobile di legno per poi iniziare a scendere.. ma, come previsto, a metà del percorso la corda cedette sotto il peso della corazza e dell'equipaggiamento che, miracolosamente, non mi era stato sottratto nonostante tutti gli eventi che avevo passato. - Ugh.. - Imprecai mentalmente contro me stessa per l'idea stupida prima di nascondermi nel cespuglio e fissare un folto gruppo di soldati, armigeri o quelli che parevano guardie uscire alla voce di un uomo, apparentemente irriconoscibile, che doveva essere il padrone di casa. Attesi timidamente dietro il rovo fino a che anche l'ultimo degli uomini non si dileguò oltre l'oscurità in direzione diversa da quella dove volevo finire io: L'ingresso della Villa.

Mi spostai di soppiatto sino ad arrivare al portone chiuso, bussando con un calcione, e preparandomi a minacciare chiunque pur di rivedere Sally.. ma, tra tutte le cose che mi potevano capitare, proprio un maggiordomo nano doveva essere il mio interlocutore.

"Desidera?" Ma.. come desidera?! Mi avevano rapita e quello faceva il finto tonto? Non sapevo nemmeno più cosa pensare o a che santo votarmi.. era semplicemente inutile! - Dove è il Mio Drago!? Chi vive in questo Posto?!.. Perché Sei NANO!? .. - Bottai, arrabbiata. - Portami dal padrone di casa! Voglio indietro il mio compagno. - Il nano non pareva essere aggressivo o non volere cooperare.. ma era come se fosse l'ennesimo complice involontario di qualche crimine assurdo commesso a Dorham e provincia..

"Il vostro...compagno è al sicuro. E certamente potete entrare, ma non armata." Mi salì il sangue alla testa. Non potevo fare nulla per Sally ma volevo assolutamente evitare che gli facessero del male, quindi mi ribellai a quella stupidaggine e provai ad entrare, finendo per dovermi liberare del nano con un sonoro calcione in mezzo alla faccia. - Non provate a fermarmi! -

Oh, eccovi. Credevamo foste fuggita.
E a quelle parole mi voltai verso la voce, incapace di capire chi fosse e cosa volesse da me. - Chi Sei!? - Dorham stava diventando un brutto posto dove trovarsi.. e mi iniziavo a pentire amaramente di non aver dormito più a lungo, ritardando abbastanza da non trovare Laurens..

Riassunto:
Fisico: Basso al Fondoschiena
Psichico: Confusa e Preoccupata.
Energetico: 100%

Abilità Passive:
- Empatia Animale
- Guarigione (Liv I Dominio)

Abilità Attive:
- ///
 
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view post Posted on 23/6/2012, 22:58
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra



Night's Watch...
Dorham, la città dei paradossi, atto secondo...


Kirin era avvolto in un'oscurità silente, in un limbo privo di alcuno sogno.
Le sue percezioni erano ovattate e il cucciolo umano sarebbe potuto rimanere un quello stato per un tempo indefinito, senza porsi alcuna domanda su cosa gli fosse successo, se una sofferenza sempre più crescente non l'avesse strappato da quel mondo riportandolo brutalmente alla realtà.
La prima sensazione che provò, mista alle fitte di un dolore sordo, martellante, fu la difficoltà di concentrarsi.
La testa gli ronzava e il solo mettere in fila due pensieri gli costava fatica.
Purtroppo restare immobile nell'attesa di recuperare le forze non era un'opzione che poteva permettersi.
Aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte, cercando di mettere a fuoco e quello che vide gli provocò un profondo disgusto.
L'odore del sangue gli invase le narici mescolandosi al sapore ferroso che sentiva in bocca.
Non era la prima volta che si ritrovava davanti la morte. Lui stesso aveva reciso esistenza su esistenza per far perdere le sue tracce, per cancellare ogni testimonianza vivente del suo passaggio, ma quello che stava osservando andava oltre la sua stessa morale.
La stanza dove il ragazzino giaceva era quasi irriconoscibile tanta la devastazione che l'aveva colpita. E come se non bastasse chiunque fosse stato l'artefice di tale quadro non avevano badato ad economie nel tinteggiarlo con la cremisi linfa vitale delle sue vittime.
Guardandosi attorno l'unica presenza nota, che dava quel tocco di macabro al dipinto, era la testa della donna che l'aveva condotto in quella dimora. Della giovane esanime non vi era alcuna traccia.
L'atto di sollevarsi in piedi, inizialmente, aveva provocato all'infante qualche problema di equilibrio che, sommato al resto, non era propriamente il massimo per le sue facoltà mentali.
Per sua fortuna, però, dopo quegli attimi di stordimento, la mente stava cominciando a snebbiarsi ed entro breve le sue riflessioni non sarebbero state solo un incoerente groviglio di pensieri senza senso.
Il dolore con il passare del tempo stava scemando di intensità; presto sarebbe scomparso del tutto, per ora era a livelli sopportabili anche per il fragile involucro umano.
In definitiva era stato fortunato, nel peggiore dei casi avrebbe dovuto fare i conti con qualche livido.
Già, fortunato...
La domanda più logica da porsi era per quale motivo lo avessero graziato.
Semplicemente per non sporcarsi le mani con un bambino?
Verosimile, ma... improbabile...
Aveva la netta sensazione che qualcosa gli sfuggisse.
In una città come quella dubitava fortemente che le persone avessero pietà di un cucciolo.
Ma non ebbe tempo di indugiare in ulteriori riflessioni, che delle voci attirarono la sua attenzione.


- Non è possibile! Non erano questi gli accordi! Cosa hai combinato -

- Cosa hai fatto?! -


Ho fatto quanto era mio piacere, donna. Non seccarmi oltre.

La prima dai toni acuti, supplichevole, sembrava di averla già udita in precedenza.
La seconda, lapidaria, suppose appartenesse all'esecutore di una tale empietà, a giudicare dalla replica trasportata dal vento.
L'infante non aveva tempo, né era portato per commemorare anche solo con il pensiero i defunti: recuperò Puppet da quell'Inferno di sangue dirigendosi con la massima cautela verso la porta.
Sbirciando all'esterno non notò nessuna figura minacciosa, per cui decise di arrischiare a muoversi, trovando riparo dietro una botte che, dal poco invitante olezzo, doveva contenere “materiale” di natura ittica.
Dalla sua posizione, però, il ragazzino non riuscii ad afferrare il resto della conversazione, complice il mormorio sommesso con cui il dialogo stava proseguendo, né a vedere la figura a cui la giovane prostituta si stava rivolgendo. L'unico particolare che Kirin riuscì ad ottenere fu il blasone svettante sullo sportello della carrozza nera ferma poco distante dal vicolo in cui si trovava.
Un teschio sormontato da due alabarde incrociate.
Al cucciolo umano quell'emblema non diceva nulla.
Il tempo di memorizzarlo, che i due interlocutori presero strade diverse: la donna sembrava intenzionata a dirigersi nei bassifondi di Dorham; l'altra persona, chiunque essa fosse, aveva ripreso il suo viaggio in carrozza, in un lento incedere verso la città Alta.
Al bambino non restò altra scelta che seguire la giovane donna, in quanto l'altra scelta avrebbe sicuramente ridotto in maniera drastica la sua aspettanza vitale.
Mai agire senza avere almeno uno straccio di informazioni.
Purtroppo provare ad intercettare la prostituta in quel dedalo di vicoli a lui ignoti, costrinse Kirin ad un noioso pedinamento; un gioco tra il gatto e il topolino.
Facile intuire che fosse la preda e chi il predatore.
La monotonia, improvvisamente, fu sostituita da una scintilla di interesse da parte del ragazzino, quando la prostituta sembrò voler concludere il suo viaggio davanti alla porta di un'abitazione sconosciuta. Nascosto dietro un angolo, nessuno poté scorgere l'attimo di delusione dipinto sul volto del cucciolo umano, quando la donna riprese il suo incedere.
A questo punto non restava altro che riprendere l'inseguimento, ma non appena il bambino svoltò l'angolo con l'intenzione di dare una sbirciata alla dimora, qualcosa non andò secondo i suoi piani. La prostituta non solo si accorse della sua presenza, ma non sembrava per niente felice di trovarselo tra i piedi.


«Non avrei dovuto seguirti, però cerca di capirmi. Mentre stavo aiutando quella ragazza ferita, mi sono preso una botta in faccia che mi ha fatto svenire. Al mio risveglio mi sono ritrovato in un mare di sangue e non so neanche chi debba ringraziare per non essere morto. Non credi che meriti una spiegazione? Cosa è successo?» esordì Kirin, assumendo la tipica espressione di un infante colto in flagrante. Non che fosse il massimo in fatto di scuse, ma era stato colto alla sprovvista.
Quello che avvenne l'istante successivo, per un attimo fece quasi sentire in colpa il cucciolo umano. Far piangere una donna non era molto galante. Purtroppo per la fanciulla, questo istante durò il tempo di respiro.


"N-non avrei voluto finisse così! Proprio no! Il Cavaliere era sembrato interessato ad Amelie, ma non potevo immaginare...questo!"

Perché tutte le volte la gente non riusciva a prevedere questo tipo di conseguenze? Ma cosa pensava quella donna, di vivere nel paese della bontà?
Kirin le si avvicinò e, sedendosi sui talloni, cercò di incrociarne lo sguardo, assumendo un'espressione mista tra il pensieroso e il triste.


«Piangere, per quanto sia uno sfogo, purtroppo non riporterà in vita i morti. So che per te è un momento difficile, ma ti chiedo di dirmi tutto quello che sai su questa storia, senza tralasciare nulla. Potresti fornirmi una descrizione del Cavaliere? Dove vive? E per quale motivo era interessato ad Amelie? E' venuto di persona o ha lasciato il lavoro sporco ai suoi aiutanti?» A questo punto tanto valeva continuare a raccogliere informazioni, pur essendo consapevole che tali domande risultassero alquanto “stonate” pronunciate da un bimbo.

"Il Cavaliere non l'ho mai visto in volto, nessuno l'ha mai visto in volto! Abita in una villa nella Città Alta. E io..io..io non lo so!Volevo solo dei soldi per partire, andare via di qui!"

Una storia fin troppo comune quella di trovare soldi facili per cercare fortuna altrove.
Con un sospiro, Kirin si rialzò in piedi: il tempo che si era concesso per interrogarla era ormai agli sgoccioli.


«D'accordo Il Cavaliere non avrà un volto riconoscibile, ma un segno distintivo ce lo dovrà pure avere? Come lo riconosco? E riguardo la villa, sapresti darmi indicazioni più dettagliate su come trovarla in tempi brevi? Non ho tempo per giocare agli indovinelli tutta la notte. Sempre che tu non sappia quali posti ami frequentare questo fantomatico Cavaliere.»
Oh, al diavolo la copertura; il cucciolo umano cominciava ad averne abbastanza dei misteri e del particolare tipo di accoglienza ricevuto.

Lasciata la donna a se stessa, l'infante ritornò sui suoi passi riflettendo sulle notizie appena ricevute.
Il Cavaliere era comparso circa sei mesi prima, poco dopo il Capodanno Rosso. Nessuno ne conosceva l'aspetto reale, a parte che si trattava di uno straniero che, si vociferava, risiedesse a villa Rebelloise, nella città Alta. L'unico indizio per trovarla era la presenza di un campanile.
Per quanto riguardava la “persona cara” che dimorava nella casa cui aveva esitato la prostituta, il bambino accantonò la curiosità di sapere chi fosse; probabilmente non camminava più da tempo nel mondo dei vivi.
Si sa che la curiosità dei cuccioli si accende nei momenti meno opportuni e il caso volle che Kirin decise di ficcare il naso in faccende che non lo riguardavano da vicino in un momento sbagliato.
Davanti al bambino si erano parate diverse scelte su dove proseguire il cammino, tra cui quella che in teoria l'avrebbe portato a raggiungere la sua meta, ma... purtroppo ci fu un fastidioso ma... decise di dirigersi verso la fonte di quei violenti schiamazzi, provenienti da una villa non troppo distante dalla sua posizione, deviando dal suo proposito principale.
Quello che accade dopo fu definito da Kirin come il desiderio di non volersi trovare coinvolto in una fastidiosa perdita di tempo, come una decina di uomini armati di bastoni potevano far presagire.
Tornando velocemente sui suoi passi il bambino riuscì a seminare i suoi inseguitori a parte uno, che fu testimone della sua trasformazione in Angelo.
Alquanto seccato da un simile contrattempo, l'Avatar si mosse di qualche passo nella sua direzione.


«Ma tu farti i cazzi tuoi, no, eh?» E mentre parlava, "Lama oscura" saettò verso il malcapitato, mossa dalla sola forza del pensiero, con l'intento di pugnalarlo al cuore.
Un colpo che andò a segnò liberando Kirin del fastidio.
Recuperata l'arma il giovane s'incamminò verso la sua destinazione originale.
La villa di Rebelloise poteva sembrare una comune dimora disabitata se non fosse stato per dei piccoli particolari tali da renderla “inquietante”: la presenza di lapidi che ornavano tutta la collina su cui sorgeva, un sentiero fin troppo curato per essere in un totale stato di abbandono e la strana sensazione che l'Angelo percepiva una volta raggiunto l'ingresso.
L'Avatar non indugiò ulteriormente: evitando di sfiorare la porta con le mani, richiamò i suoi poteri mentali, sfruttando la telecinesi per provare ad aprirla con una certa cautela.
Cautela che non sortì l'effetto desiderato.
Il portone si spalancò all'improvviso e Kirin si ritrovò catapultato senza troppe cerimonie all'interno.
Una situazione abbastanza snervante se si teneva in considerazione il fatto che il ragazzo era immerso nel buio più totale, privo di punti di riferimento con cui potersi orientare.
E le cose non migliorarono di certo quando uno dopo l'altro si accesero quelli che avevano tutto l'aspetto di fuochi fatui; inoltre come se non bastasse sia la luce che un suono inizialmente ovattato crebbero di intensità mostrando a Kirin una spiacevole realtà: era circondato da armature parlanti. Qualunque cosa fossero, l'Angelo non ebbe il tempo di rifletterci su che cominciarono a parlare.


"Perché sei qui?" Un coro di voci che minò il sangue freddo dell'Avatar.

Evitando di sproloquiare a sproposito, esibendo una calma che stentava a mantenere, il ragazzo replicò alla loro domanda.


«Sono alla ricerca di una memoria antica e di un ricordo recente. Sembra che questo luogo possa rivelare alcuni misteri.»

E attese...



Riepilogo

Kirin, l'infante umano:
~ReC [250] ~AeV[100] ~PeRf[75]~PeRm[325] ~CaeM[150]

Zeross, l'avatar angelico:
~ReC [275] ~AeV[150] ~PeRf[150]~PeRm[475] ~CaeM[100]

Stato Energetico: (100 - 5 )% = 95%
Energie Consumate nel turno: Basso (5%), Telecinesi
Stato Fisico: Illeso
Stato Psichico: Preoccupato

~Tecniche usate:

Telepatia: Liv I Esper
Grazie alla sua natura angelica, Kirin è in possesso di marcate doti telepatiche, grazie alla quale può aprire un canale mentale con uno o più individui, potendo così comunicare direttamente alla mente con un linguaggio non verbale, per questo non ostacolato da pareti o simili. Con l'apporto di un Consumo Basso, inoltre, Kirin è in grado di applicare una forma basilare di telecinesi sugli oggetti. (dominio Esper liv.I)

~Passive

Carisma:
Kirin ha il dono di ispirare fiducia in chiunque incroci il suo sguardo o ascolti la sua voce. Questa abilità conferisce un'aura passiva di charme che sostituisce l'abilità passiva razziale dell'Avatar Angelico. (Abilità Personale)

Telecinesi Superiore: Liv II Esper
A questo livello di consapevolezza della propria mente, Kirin riesce ad avere un maggior controllo sulla telecinesi. Per l'angelo risulterà naturale muovere il proprio equipaggiamento con la sola forza del pensiero, senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto la propria posizione.

~Equipaggiamento

Lama Oscura: Oggetto magico (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)
Arma delle dimensioni di un coltello.

Eternal Mail: Armatura

Genbu: Buckler (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)

Oggetto di Background, Puppet
 
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K i t a *
view post Posted on 24/6/2012, 21:41




Night's Watch ❞.
LA PRIMA NOTTE
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Ogni cosa spariva completamente alla sua vista, ombre dilaganti che investivano il vicolo come un fiume in piena; l’unica cosa che riusciva a vedere era il piccolo capannello di bambini, tramutati in esseri orribili, che continuavano a fissarla con aria truce ed un sorrisetto sadico nei visi deformi. Alle loro spalle l’ombra cresceva più intensa e vorace, unendosi sino a darle un aspetto corporeo, quasi covasse qualcosa di ben più sconvolgente di ciò che ora vedeva.

Una crescente sensazione di panico si faceva strada nell’animo della guerriera, sconcertata e annichilita da quel convoglio di buio che prendeva piede innanzi a sé, una percezione mai provata, neanche remotamente paragonabile a ciò che aveva avvertito nel primo incontro con il capitano. Quella stessa ombra era totalmente diversa da ciò che era abituata veder manovrare da Laurens: era qualcosa di più primordiale, come se racchiudesse in sé tutte le paure e gli incubi di quell’orrido mondo. Immobile continuava a fissare la metamorfosi che proseguiva oltre le spalle dei bambini, sentendosi sempre più insulsa, cosa cui – decisamente – non si prestava molto facilmente.
Dall’oscurità provenne una voce, roboante e dispersiva, come la materia di cui era fatta, che scandiva il suo nome; un brivido le percorse il corpo e strinse le labbra in un piccolo morso, decisa a non perdere il controllo di sé, rinunciando ormai ad averne alcuno della situazione. Quello parlava, canzonandola con quel sussurro spietato, e lei non poteva far altro che assistere, in attesa che si palesasse ai suoi occhi; dopo brevi ma intensi istanti ecco che scorse la figura di un uomo, ammantato della stessa ombra che aveva generato, scrutarla torreggiante, gli occhi come pozzi bui su quelli chiarissimi di lei. «Cosa vuoi da me?» domandò poi, limitandosi a fissarla.

Non aveva idea di chi o cosa fosse, ma sapeva che era ben oltre le sue capacità umane, probabilmente più in la di qualsiasi umano lei avesse conosciuto. La creatura attendeva una risposta, ma le parole vennero fuori da sole, incapace di trattenerle oltre: «Chi siete voi?» chiese di rimando. Quello rise, una risata sprezzante, che risuonò nel vicolo buio come se ad averla emessa non fosse solo lui, ma tutti gli incubi di cui si nutriva. «Siamo le caduche e danzanti ombre che avvolgono la notte!» prese a rispondere «Ci nutriamo degli incubi e di ogni forma d'emozione negativa: rabbia, paura, dolore. Siamo i primogeniti del Caos. Il mio nome è Mana Cerace, lo Spettro del Buio». Non aveva mai udito quel nome, ma i suoi sospetti erano stati confermati: ciò che aveva davanti non era un bieco mostro, ma un’entità sovrannaturale, antica quanto il mondo, quanto lo era stata lei. Flesse appena il busto in avanti, il capo chino, accennando un inchino rispettoso di fronte a quella divinità e disse: «Mana Cerace, Spettro del Buio, porto con me delle domande che necessitano risposte». «Poni pure le tue domande.» la voce riecheggiò nuovamente, e Samael provò una lieve sensazione di sollievo nel non trovarla astiosa. Si raddrizzò e, guardandolo, domandò: «Signore dell'Ombra, conoscete la storia del Sole Notturno?». Non diede segno di essere toccato dalla domanda, e replicò con un altro quesito: «E la seconda domanda?». La guerriera sgranò gli occhi, stupefatta dalla consapevolezza che c’era un’altra domanda, che lui aveva anticipato in un modo cui non trovava spiegazione. Ritrovando le parole, chiese ancora: «Che ne è stato di Nemarchos e dei suoi Lupi?».
Lui continuava a fissarla, apparentemente interessato alle sue richieste. «Posso mostrarti ciò che desideri.» tuonò nuovamente «Ma prima...» i bambini di fronte a sé presero a muoversi, avanzando verso di sé, con evidenti intenzioni bellicose. «...dimostra di valere le informazioni che cerchi.» concluse lui.

Mettersi alla prova, dimostrare il proprio valore, era ciò che più le faceva ardere lo spirito, pronta a dannarsi l’anima pur di far capire chi fosse. I bambini formavano un muro compatto e scrutandola con la stessa fastidiosa espressione sollevarono le piccole mani, da cui cominciarono a generarsi piccole sfere d’ombra, che una volta sprigionate andarono contro la guerriera. Quella – la mano salda nell’impugnatura della fedele arma – la sguainò con impeto e con un movimento rapido la fendette innanzi a sé, contrastando le sfere scagliate frontalmente, lasciando che quelle più esterne le lambissero le braccia, ferendole superficialmente. Avvertì il bruciore sulla cute, ma lo ignorò, decisa a chiudere in fretta la spiacevole situazione. Quelli però, profittando della sua concentrazione verso l’attacco ricevuto, si erano presi per mano e cominciarono a recitare una filastrocca:

Can't even shout...

... can't even cry


The Gentlemen are coming by


Looking in windows...

... knocking on doors


They need to take seven and they might take yours


Can't call to mom...

... can't say a word


You're gonna die a-screaming but you won't be heard


Mentre loro canticchiavano, dall’oscurità cominciarono a venir fuori tre figure ammantate di nero, vestiti con eleganza, il volto scavato e glabro, le dita delle mani scheletriche intrecciate tra loro davanti al petto, un sorriso terribile a deformargli il volto, i denti appuntiti come quelli di una bestia. Sembravano non toccare il suolo con i piedi e insieme si mossero versa la guerriera; il suono delle parole recitate dai bambini aveva avuto uno strano effetto su di lei. Si sentì improvvisamente vulnerabile, in grande pericoli, avvertì lo stimolo di scappare, lontano, più in là potesse.
Quasi avvertisse la sua paura, ecco che Fenrir prese a brillare, una piccola luce in quell’intensa oscurità, ma quanto bastava per risollevare il suo animo e ricordarle che in ogni caso lei non era sola. Strinse la mano nell’arma già sfoderata, da cui fuoriuscì una luce accecante, mentre la lama era abbracciata dalla sua folgore, donandole il suo potere. Si scagliò verso le tre creature e quando la lama impattò nelle loro carni, gemettero il proprio dolore, per poi tornare a fare parte dell’ombra da cui erano nati.
«Molto bene. Ora, giochiamo a metterci paura» disse loro, un piccolo sorriso che le prese forma nel viso. Portò la mano sopra l’impugnatura di Fenrir, e con un gesto fluido la sguaino; bastò quel solo movimento per scatenare tutta la sua potenza: un profondo ululato riempì l’aria, il ruggito di un lupo inferocito accompagnò l’avanzata della guerriera che, con ambo le spade pronte a colpire, si abbatté sui bambini, la lama che ne dilaniava la pelle, o quel poco che mancava. Uno ad uno cedevano alla furia della donna, che con eleganza fendeva le lame nell’aeree, recidendo il piccolo capo dal minuto corpo di ciascuno di loro. Quando si trovo di fronte al solo superstite, congiunse entrambe le spade, formando una sorta di forbice, e le ritirò con decisione, facendo saltare anche l’ultima testa, che rotolò ai piedi dello Spettro.
Samael lo fissò con un sorriso soddisfatto ed accennò un altro inchino: «Già un Dio si è messo sulla mia strada».




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VARIE ED EVENTUALI



FORMA UMANA
× REC 175 × AEV 125 × PERF 125 × PERM 150 × CAEM 150 ×


PASSIVE


PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE


PARATA il guerriero, muovendo abilmente la propria arma davanti a sè, può generare uno scudo d'aria adatto a proteggerlo.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero deve compiere un movimento davanti a sé con la propria arma, adatto a creare uno spostamento d'aria. Il movimento potrà essere a scelta del caster e genererà uno scudo d'aria in grado di parare colpi, dardi, proiettili, attacchi o tecniche dell'avversario provenienti da un'unica direzione scelta al momento di castare. Una volta parato il colpo, lo scudo svanirà immediatamente. Lo scudo ha una potenza pari a Medio. La tecnica si basa sulla CaeM del guerriero e non sulla sua PeRm.
Consumo di energia: Medio. ×
IL SIGNORE DELLA FOLGORE Sfruttando l'innata predisposizione con la folgore, sarà in grado di ricoprire la sua arma di un pesante alone elementale che la rivestirà di energia magica.
Nell'atto pratico questa concentrazione di energia permetterà di rendere il danno inflitto maggiore rispetto ad un normale fendente; tale abilità è a consumo variabile e il danno inflitto sarà proporzionale al consumo speso. La lama sarà avvolta di luce, dall'effetto meramente scenico.
Consumo di energia: Medio. ×
THROUGH HER EYES La leggenda riguardo il cristallo dalle opalescenze simili a quelle di un diamante che si trova incastonato nel punto in cui elsa e lama convergono è vera. Quell'occhio, lì inserito, ha più di una volta salvato la vita del possessore originario, poiché gli permetteva di destreggiarsi fra le più insidiose ed infide fra le arti occulte, quelle che nascondo la realtà dietro un velo sottilissimo eppure insuperabile per i più. Chiudendo gli occhi ed affidandosi interamente alla Vera Vista del Lupo, il possessore entrerà in una sorta di comunione mentale l'arma, vedendo attraverso l'occhio che vi è incastonato, potendosi difendere così da illusioni e in generale attacchi psionici. Perché il potere sia utilizzabile, è necessario un minimo contatto fisico fra il possessore e l'arma, sebbene quest'ultima non debba necessariamente essere sguainata.
Consumo di energia: Medio. ×
WOLVES SONG Il richiamo atavico della natura, quella forza che spinge a tornare verso casa, la realtà magica che trascende la semplice realtà. Come atto di comunione fra un mondo meramente empirico ed uno sovrannaturale si inquadra l'ululare di un lupo alla luna, una lugubre elegia capace d'instillare il tremolante seme del terrore anche nel più fermo dei cuori.
Pagando preventivamente l'obolo di un consumo basso, all'estrazione dell'arma verrà prodotto non già il suono del ferro che stride contro la guaina che lo racchiude, bensì proprio il lamento del lupo, l'ululato di un intero branco che andrà a colpire il bersaglio prescelto rendendolo preda di una violenta inquietudine, una paura innaturale che lo costringerà a distrarsi, inficiandone pesantemente le capacità di reazione. Poiché l'effetto è dato dalla violenza con cui viene effettuata l'estrazione dell'arma, l'abilità si basa sulla PeRf limitandosi a generare confusione nel bersaglio ma senza provocare danno.
Consumo di energia: Basso. ×

ENERGIA
61/100


NOTE

Allora, ai bei bambini ho assegnato due pergamene della classe negromante ("proiettili d'ombra" - la prima usata - e "non vita" - la seconda - ) unita ad una personale psionica di livello medio che instilla paura, contrastata con la difesa psionica della spada Fenrir. Spero di non aver combinato disastri e soprattutto di aver messo quello che serviva!
 
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view post Posted on 27/6/2012, 01:21
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THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

III
A step forward


I was upset you see
Almost all the time
You used to be a stranger
Now you are mine



Θ


{ Città Alta - Villa di Monfilles }

Quando Elmara riuscì a voltarsi, si trovò di fronte l'uomo che poco prima aveva visto conferire con le guardie.
In realtà non era entrato nuovamente in casa, come sarebbe stato lecito supporre, bensì a compiere un giro di perlustrazione nel peristilio, per assicurarsi che ciò che aveva di più caro fosse rimasto intatto.
Si trattava di un uomo avanti con gli anni ma tutto sommato di bell'aspetto, come testimoniava il volto curato e privo di rughe, e gli occhi di un grigio inquietante sotto le sopracciglia biondissime -e nessuno lì dentro sapeva che le ritoccava con lo stibium perché risaltassero sulla sua pelle fin troppo pallida.
L'uomo si concesse una breve risata, piegando impercettibilmente le labbra.
Chi sono io?” si stupì -e in fondo non aveva tutti i torti. La persona che era entrata nel perimetro della villa scavalcando il cancello era Elmara. Lui, invece, era il padrone di casa.
Il mio nome è Gael Amaranth de Lianne, duca di Monfilles.
Nel frattempo, il minuscolo servitore si era messo nuovamente in piedi, arzillo, sebbene si tamponasse con il fazzoletto il sangue che seguitava a sgorgare copiosamente dal labbro spaccato.
E voi siete una sconosciuta che si è introdotta nella mia proprietà senza alcun invito.
Fece una nuova pausa, più breve della precedente, facendo segno al nano in livrea -e questi scomparve dietro una porta.
Avete anche apportato danni alla mia proprietà, a giudicare dallo stato della vetrata superiore.
Il che è un vero peccato: i duchi di Monfilles hanno sempre avuto diritto di alta e bassa giustizia sulle loro terre.

Rientrò il nano, tenendo per la coda quello che era in realtà solo la parodia d'un cucciolo di drago, che non dava alcun segno di vita.
Dunque, potrei mettervi agli arresti e la milizia cittadina non avrebbe alcun diritto di fermarmi. Oh, non preoccupatevi per lui” interloquì, riferendosi a Sally, “è solo svenuto.

Fece un radioso sorriso, dando una pacca sulla schiena del draghetto, prima che questo fosse restituito alla proprietaria.
Ora, si da il caso che io stia tenendo una festa, quindi fatemi il favore di raccogliere il vostro animale e uscire di qui.


Θ


{ Quartiere Ispanico - Casa Blanca }

Il vecchio rimase a fissare Raan con aria truce.
Il suo silenzio sembrava incorruttibile -così come il suo sguardo pareva del tutto alieno alla contemplazione di concetti come la pietà o la titubanza; uno sguardo che, tutto sommato, il monaco doveva conoscere bene: si trattava di gente abituata -o meglio, addestrata- a ricevere ordini ed eseguirli senza fare domande.
Tuttavia, una voce proruppe da quello che era l'angolo più oscuro della stanza, dove le ombre si addossavano formando una tela dalle maglie tanto strette che era impossibile guardarvi attraverso.
Lascia stare, Ismaele. Portami il foglio.
Il vecchio, sempre senza fiatare, voltò le spalle al ragazzo, dirigendosi verso l'ombra.
A quel punto, con leggerezza, mostrò il foglio a chiunque fosse lì, appostato e pronto a balzare sulla preda. Impossibile da definire altrimenti il comportamento di qualcuno che tramava nell'ombra di quella che pareva essere la sua stessa abitazione.
Molto interessante” biascicò la voce, in quella sua pronuncia blesa.
Il foglio, come per magia, volteggiò fin sotto gli occhi di Raan, levitando a un metro e mezzo dal suolo. Sembrava una qualunque lettera, vergata di fretta da un uomo con una pessima grafia. L'unica nota stonata erano le tacche incise sui lati del foglio. Così come il plico, anche il cartoncino utilizzato dal vecchio prese a levitare, andando a sovrapporsi al foglio, finché le tacche incise sul cartone non coincisero con quelle della missiva. A quel punto, fu facile leggere il messaggio celato tramite quello strano codice: "UCCIDI QUEST'UOMO!".

Il foglio e la chiave del codice si adagiarono tranquillamente sul tavolo, mentre qualcuno veniva fuori dall'ombra.
A Raan sembro di riconoscere quel sorriso, quelle labbra sottili e quei capelli biondi. Soprattutto, l'occhio destro -azzurro- e la benda a coprire il sinistro, non gli avrebbero permesso di sbagliare.
Allora, niño: che hai combinato di tanto grave?
Quell'uomo era la copia sputata di Laurens de Graaff.


Θ


{ Città Alta - Villa di Rebelloise }

Le armature proruppero in risate estenuanti.
O forse no, non erano le armature, perché nonostante il clangore generato da queste fosse imperante, era possibile -in quella cacofonia di suoni metallici- distinguere ben tre risate differenti, che si assottigliavano rapidamente.
Prima ancora che Kirin potesse decidere si fare qualcosa, le armature si diradarono di colpo, allargandosi e facendo ala al passaggio di tre uomini. Era molto buio all'interno, ma in qualche modo era possibile riconoscere i tratti del terzetto: sulla destra, un uomo anziano, dal volto coperto da una barba canuta, dai tratti smaccatamente orientali; ancora in ottima forma, nonostante l'età, come testimoniavano i muscoli guizzanti sotto la veste leggera -e le due spade che portava al fianco. Alla sinistra, l'esatto opposto, un uomo piccolo dai capelli color sabbia, privi di qualsiasi lucentezza, così come gli occhi placidamente azzurri -un azzurro privo di personalità-, i tratti del viso topeschi.
Al centro, invece, la vera e propria rarità: carnagione diafana e una cascata di capelli color dell'oro rosso, ondulati e che terminavano in piccoli riccioli alla base del collo.
Fu proprio quest'ultimo a parlare.

Pare che oggi tutti i ragazzini di Dorham abbiano deciso di darci fastidio” tuonò, affatto divertito da quell'intrusione.
Fortuna vuole che qui -di sicuro- nessuno potrà sentirlo urlare.
E stancamente, come se la cosa lo annoiasse da morire, estrasse lo stocco che gli penzolava al fianco, puntandolo alla gola del ragazzino tanto in fretta che questi non riuscì nemmeno a vederlo muoversi.
A interrompere quella che si sarebbe rivelata una semplice esecuzione, fu la mano del più anziano dei tre, posatasi con delicata fermezza sul polso del compagno.
Al tempo, Distruzione. Al tempo. Sentiamo cos'ha da chiedere.
L'uomo dai capelli rossi snudò i canini, assurdamente sproporzionati, ma non disse nulla.
Tutti erano in attesa che Kirin parlasse.


Θ


{ Circo delle Pulci - Regno del Buio }

Oh, davvero molto, molto bene” sussurrò lo Spettro, quando Samael ebbe finito.
Avverto un grande potenziale in te: rabbia, frustrazione, desiderio di vendetta e -soprattutto- di rivalsa.
Sembrava deliziato, come un ghiottone di fronte ad un piatto prelibato che non osa iniziare a gustare.
Davvero splendido, sarai un vero lustro quando deciderò di prenderti” aggiunse, fregandosi le mani e assaporando ogni stilla di paura che sarebbe riuscito a far germogliare nella mente della donna.
Ad ogni buon conto” concluse, “sono di parola.
E non aggiunse altro, si limitò ad allargare le braccia.

Lo scenario si modificò di colpo, non erano più negli angusti vicoli del più malfamato quartiere di Dorham.
Si trovavano invece, l'uno di fianco all'altra, Mana Cerace e Samael, a volteggiare su quello che doveva essere il Sole Notturno circa duecento anni prima -quando quel soprannome era nato.
Un piccolo incendio iniziava già a divampare da una delle torri principali, ma ciò che maggiormente attirava l'attenzione era la natura degli assalitori, che non sembravano indossare alcuna armatura o protezione, non avevano armi d'assedio -eppure stavano aprendosi rapidamente una breccia nelle mura- e anzi, apparivano leggermente contornati da un alone perlaceo, sebbene fosse notte e l'unica luce disponibile era proprio quella prodotta dall'incendio nella sua fase primordiale.
A ben vedere, coloro che si muovevano all'assalto del castello non erano umani: mostri, ecco cosa. Orrendi mostri bianchi, privi di occhi -al posto dei quali campeggiavano due sfere luminose, di un azzurro che ricordava gli occhi di Laurens.

Questo è il Sole Notturno, la notte della sua distruzione.
Mana Cerace indicò tutto ciò che si muoveva sotto di loro, come a voler sottolineare l'importanza delle sue parole.
Questa è la fine dei Lupi di Dorham.


Θ


{ Circo delle Pulci - Corte dei Miracoli }

Davvero ben fatto!” si rallegrò il vecchio, strascicando la gamba.
Il Portale, una volta dischiuso, aveva rivelato l'ingresso a quella che sembrava una piazza stranamente popolata, rispetto al resto della città: ad ogni angolo, e accanto agli ingressi di ogni puzzolente edificio -non c'erano porte- erano seduti incantatori che suonavano il flauto, fachiri, chiromanti; al centro della piazza invece erano gli zingari, i guitti e saltimbanchi d'ogni natura a farla da padroni. Il chiasso era infernale, eppure era facile capire perché nessuno conoscesse l'esatta ubicazione della Corte: bastava guardare in alto.
Infatti, quel luogo si trovava sottoterra, nascosto sotto un'enorme massa d'acqua che sembrava trattenuta insieme da un invisibile contenitore -fondamentalmente, una sorta di lago artificiale, talmente artificiale da essere fasullo. Semplicemente un trucco per non rendere noto a nessuno dove si trovassero i peggiori criminali della città -a nessuno che non sapesse già come entrarvi, quantomeno.

Benvenuto nella Corte dei Miracoli!” gridò il vecchio all'indirizzo del suo più giovane accompagnatore -e così facendo, nonostante il frastuono, attirò l'attenzione di tutti.
A quel punto, mentre i più vicini osservavano Ludvic chiedendosi chi fosse quello strano soggetto mai incontrato prima e i più distanti s'interrogavano su cosa avesse da urlare il vecchio Brech, questi svelò la reale motivazione per cui zoppicava trascinandosi dietro la gamba rigida: con un movimento che chiunque avrebbe reputato troppo fluido e troppo rapido per un uomo in quelle condizioni, il vecchio estrasse una spada che fino a quel momento aveva tenuto nascosta sotto le pieghe delle vesti.
Davvero benvenuto” ripeté, con un sorriso sadico sulle labbra.

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Note del Quest MasterSolite regole -anche se spero che questo post vi abbia intrigato.

Shinodari: A quanto pare, la Villa di Rebelloise non è poi così disabitata se puoi incontrarci tre loschi figuri che sembrano avere affari parecchio importanti da sbrigare. E stavolta dovrai cavartela con le sole parole -o almeno, questo è il mio consiglio. [Tempo Rimanente: 2h 10m]

Elmara: Trollare non è mai stato così bello. Ma, in fin dei conti, la tua situazione mi pare sia la più chiara di tutte: il padrone di casa non gradisce gli intrusi. A te decidere come reagire. [Tempo Rimanente: 2h 05m]

Drag: Il sosia di Laurens ha una voce leggermente differente da quella che ricordi (per questo il colore diverso) ma non troppo, la pronuncia è molto simile, ma questa sembra più roca. Ad ogni modo, il vecchio è sempre lì e sembra ansioso di eseguire l'ordine che ha ricevuto. [Tempo Rimanente: 2h 50m]

Orf: Dimmi tu se uno ti manda nel buco di culo più puzzolente di Dorham e tu ti vai fidare del primo che incontri. E ora che si fa? [Tempo Rimanente: 3h 10m]

Kita: Come promesso, Mana Cerace ti mostra le risposte alle tue domande. Funziona un po' come il 'Pensatoio' di HP: non puoi interagire in alcun modo con i personaggi presenti -escluso Mana Cerace, cui puoi porre domande- né loro possono vederti o sentirti. Sei libera di chiedere che ti porti a vedere una parte in particolare del castello -o, se è per questo, una persona. [Tempo Rimanente: 3h 20m]

E questo è tutto. Per domande, curiosità e bestemmie, usate il topic di Confronto.
Il tempo limite per postare è fissato alle ore 23.59 di giorno 1 Luglio. Buon Game.
 
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Drag.
view post Posted on 6/7/2012, 17:05




E' impossibile, pensò.
Il pensiero gli saettò nella mente come una stilettata improvvisa nell'esatto istante in cui il messaggio criptato svolazzava dinanzi a lui vergando una condanna a morte perentoria e lapidaria.

UCCIDI QUEST'UOMO!

... E colui che gli stava salvando la vita era Laurens de Graaff.

« Ma cosa... »
Il suo balbettio si perse nel vuoto della catapecchia quando dinanzi a lui si materializzò, nato da un'ombra coriacea e spessa, la sagoma inconfondibile dell'amico pirata: la chioma bionda, il sorriso arguto, lo strano accento sul parlato.
Senza bende - ma era proprio lui.

« Sono uno straniero, tutto qua... »
Il suo tentennare divenne evidente: Raan aveva perduto in pochi istanti ogni traccia della sua precedente sicurezza, per non parlare della sua baldanza menefreghista.
« ... Laurens. »

Si bloccò, scrutando meglio il suo interlocutore.
Pareva davvero il sosia sputato di Lorencillo, ma era davvero possibile che il compagno cambiasse così atteggiamento nel giro di poco più di un'ora? Davanti alla vecchia Virago bruciata dalla "fortezza volante" il pirata era sembrato taciturno, restio alle spiegazioni e decisamente diverso dal personaggio che gli stava davanti: doveva presupporre - e fidarsi! - che quello che aveva incontrato fosse il vero Flagello dell'Ovest... E che quindi costui non lo fosse.
« No... Non sei Laurens. Chi sei davvero? Perchè hai questo aspetto? »
L'incalzare delle domande del monaco non sortì alcun effetto nella controparte, che gli rispose con un semplice e genuino: « Laurens? Chi è Laurens? »
Raan trasecolò, cominciando a non comprendere nulla di quanto stava accadendo. « L'uomo il cui aspetto stai vestendo, e colui che mi ha portato a Dorham. Mi piacerebbe definirlo un amico, anche. », disse.
Il Laurens-che-non-era-Laurens si strinse nelle spalle, quasi non gli importasse molto la questione.
« Ah, davvero? Allora sappi che io non ho un vero aspetto, ognuno mi vede in maniera diversa. La persona che vedi, avrà a che fare con la tua morte. »

Per qualche istante lo Jellbraxi rimase interdetto da questa risposta: non solo un mutaforma, ma un mutaforma veggente?? Ormai non si stupiva più di nulla. Prima un'elfa, ora questo... Asgradel era un mondo assolutamente incredibile. Da mal di testa.
« Quindi vedo in te un personaggio che avrà rilievo nel mio trapasso? »
Non lo credeva davvero possibile, poichè si fidava abbastanza di Laurens da non temere tiri mancini - insomma, non ne avrebbe avuto neppure ragione... ancora -; non poteva mai sapere, però, che in un futuro dovesse morire per mano sua... O per colpa sua. Le prospettive non erano proprio allegre, ma la pragmaticità del giovane monaco ebbe il sopravvento sulla tensione che una simile profezia portava con sè.
« Spero di no, ma è già qualcosa: », commentò, scherzando. « almeno non mi sei apparso con il suo aspetto. »
Lo sconosciuto sosia di Laurens inaspettatamente sorrise al monaco, divertito dal cenno del ragazzo al vecchio Ismaele. « In realtà dubito che Ismaele ti voglia morto, si limita ad eseguire degli ordini. Ciò che non mi spiego è proprio questo: i Monatti non si affidano mai a lui per questioni del genere. Se hai ricevuto questo messaggio evidentemente non volevano ucciderti perché sei uno straniero, ma volevano eliminarti senza chiasso. Perché? »
Raan si strinse nelle spalle, assolutamente senza risposte. « Non saprei: sono decisamente nuovo di queste parti. », disse, per quanto il concetto di "nuovo" non rendesse onore alla sua storia; difficilmente avrebbe potuto definire nuovo una persona catapultata su Asgradel attraverso il tempo e lo spazio da un'altra dimensione. Forse, più che nuovo, "alieno" era un termine calzante. « Sono arrivato questa sera stessa su richiesta del Laurens di cui ti ho parlato, al quale devo un favore, ma non sono venuto da solo. Forse i Monatti, sapendolo, non volevano che i miei compagni collegassero il mio assassinio a loro? »
Il giovane monaco si grattò il mento glabro, perplesso.
« Io ti ringrazio infinitamente per la cortesia e per aver fermato... Ismaele, », disse, tentennando sul nome del vecchio silenzioso che lo aveva attaccato. « ma di questa storia continuo a capirci ben poco. C'è un sacco di gente interessante in questa città, però. »
L'essere rispose con una risatina spensierata, tipica di coloro i quali le preoccupazioni non danno minimamente a che pensare.
« Sì, riconosco che in questa città accadano cose strane. Ad ogni modo, ragazzo, non so come aiutarti. Se vuoi, puoi uscire di qui. Altrimenti resta pure, ma non ho nulla da offrirti. »

Improvvisamente Raan si rese conto di sentirsi a suo agio in compagnia di quell'entità, e l'idea che la conversazione fosse sul punto di terminare lo portò a fare un passo innanzi, quasi volesse far desistere l'essere dal commiato.
« Ti sono riconoscente, però mi incuriosisci: questo tuo particolare potere mutaforma e divinatorio... Da dove proviene? »
« Io vengo da ovunque e nessun luogo, esisto dall'alba dei tempi e non cesserò mai di esistere. Lascia stare la curiosità, amico: pensa a salvarti. »
Salvarmi da cosa?, pensò Raan, interrogandosi sull'ultima frase dell'uomo eterno. Si strinse quindi nelle spalle, sconfitto. « Peccato: di tutta la gente di questa città, il più interessente sei proprio tu. Magari, un giorno, mi piacerebbe incontrarti di nuovo... Per una chiacchierata più tranquilla. Qualche consiglio prima che io prenda commiato? »

L'essere lo guardò di sottecchi, poi rispose, misterioso:
« Guardati dall'uomo che ha negli occhi il giorno e la notte. »

Il monaco assentì, strizzando l'occhio allo sconosciuto.
« Ricevuto, uomo eterno. Grazie di tutto. »
Strinse i pugni dinanzi al petto, unendoli nel saluto tipico dei monaci di Jellbrad.
Inchinatosi, uscì nella notte:
aveva ancora molte domande, e poche risposte.

[...]

Raan sbuffò, contrariato.
Non si sentiva affatto soddisfatto.
Aveva camminato a ritroso per un bel pezzo prima di tornare nel quartiere nel quale si erigeva la Nuova Virago, nella speranza di riacciuffare Py'yt e il suo compare Monatto: ci sarebbe stato da ridere, vederlo trotterellare baldanzoso nella locanda pronto a offrire loro da bere, quando questi lo avevano mandato da un silenzioso sicario affinchè lo mettesse a tacere per l'eternità.
Mi spiace, ragazzi - avrebbe detto - ma non sono ancora pronto per tirare le cuoia.
Ora, non avevamo un accordo? Informazioni, amici. Informazioni.


Invece, no.
Quelle erano tutte sue fantasie: la taverna l'aveva trovata, sì, ma semideserta; persino i suoi amici miliziani erano spariti, presumibilmente tornati alla caserma per un meritato riposo dopo la libera uscita della notte. Si apprestava la mezzanotte, il tempo correva, e Raan non aveva più idee.
Dove andare?

Così, eccolo lì, sconfitto.
Il Jido Kasa aperto sopra di lui, com'era tradizione, diretto verso il vecchio castello in rovina al quale era stato dato loro appuntamento: il vecchio rudere al centro della secolare leggenda dei Lupi di Dorham.

Una storia sulla quale, lo ammise, lui non aveva scoperto nulla.

 
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Orƒ
view post Posted on 9/7/2012, 15:58




Night's Watch - The Moon and the braves
capitolo quinto; di come scoprì i segreti di Dorham

Davvero ben fatto!
Sotto Dorham, sembrava chiaro, sfilava una grottesca città popolata da saltimbanchi e reietti.
La spazzatura generata dalla città si riversava in questo luogo, nascosto dagli occhi di tutti sotto una massa d'acqua illusoria.
Benvenuto nella Corte dei Miracoli!
Alle parole del vecchio, tutti i presenti nella città senza porte si voltarono a guardare Ludvic. Sembrava non avessero mai visto un estraneo in quel luogo, probabilmente perché solo i prescelti, se così si potevano definire potevano accedervi. Rapido, molto più di un vecchio zoppicante, il reietto estrasse una lama che puntò alla gola del cavaliere.
Davvero benvenuto

« Uhhh ogni volta devo cacciarmi nei guai: devo dedurre che anche le storie riguardo il Maestro siano false. »
E mentre parlava mise mano sia alla bastarda sia alla pistola, in qualche modo doveva liberarsi da quelli situazione spinosa senza agire troppo d'istinto, o avrebbe pagato cara la pelle.
« Non mi rimane molto tempo, mi stanno aspettando, e devi ancora dirmi ciò che sai sui Lupi di Dorham e Nemarchos. »
Il ferro premette ancora di più sulla pelle del cavaliere, intimandogli di togliere le mani dalle armi.
"Io non te lo consiglio, Straniero."
Quella parola, anche Laurens aveva detto che non vedevano di buon'occhio gli stranieri e che li avrebbero notati sicuramente. Alzò le mani in segno di resa, forse lo avrebbero portato dal loro capo o qualcosa di simile.
« Ok, comprendo quando una situazione mi è sfavorevole: hai vinto, contento? Cosa vuoi, perché mi hai portato qui? »

"Molto semplice, amico: nessuno che venga nel Circo a domandare dei Lupi può portare qualcosa di buono per noi. Devo portarti dal maestro."
Due uomini si avvicinarono e Ludvic consegnò loro le proprie armi. Finalmente avrebbe incontrato questo maestro e da lui, forse, avrebbe ottenuto le risposte che cercava.
« Quindi qualcun'altro è venuto a chiedere dei Lupi prima di me?
Non te l'ho mai chiesto, ma chi è stato a rendere così Dorham? Tutta questa distruzione non può essere il risultato dell'abbandono
»
"Se vuoi trovare il colpevole di questo sfacelo cercalo fra quelli simili a te. E ora andiamo."
Lo scortarono attraverso la via principale verso qello che sembrava un palazzo. Una particolarità che non sfuggì agli occhi di Ludvic era la totale assenza di porte, un fatto strano per un luogo che richiedeva numerosi test per essere raggiunto.
« Non avete porte, darete la colpa a quelli come me anche in questo caso? »
Il dubbio c'era nella mente di Ludvic, ma le parole che gli uscirono dalla bocca avevano un che di canzonatorio e ironico che evidentemente infastidì il vecchio, tanto da non degnarlo nemmeno di una risposta.

In poco tempo raggiunsero e superarono un salone particolarmente povero e spoglio,nient'altro che un piccolo assaggio verso una stanza, divisa da una porta su cui il vecchio bussò delicatamente, piena di libri e polvere in quantità uguale. Una volta sedutosi su un'ottomana, Ludvic notò che di fronte a lui sedeva un vecchio chiaramente cieco che toccava insistentemente una catenina appesa al collo: era chiaramente il Maestro.
« Quindi siete voi il Maestro? Sono qui per sapere tutto il possibile sui Lupi di Dorham e Nemarchos! »
Il tono di voce cominciò a cambiare, alzandosi parola dopo parola
« Che cosa vi impedisce di fornirmi queste semplici informazioni? »
Il vecchio rispose mollando un pugno in faccia a Ludvic, il quale dovette reprimere una violenta risposta vista la situazione di chiaro svantaggio.
"Lascia stare. Quest'uomo vuole risposte, e le avrà. Ma prima, dimmi: chi ti ha mandato -e perché?"
« Mi hanno mandato i Canto Notturno, il perché non mi è dato saperlo. »
Doveva mentire, non poteva rischiare proferendo il nome del Clan Goryo o di Laurens.
"Molto bene pare non ci voglia dire altro. Portatelo nelle segrete."
« Vi ho fornito le informazioni che volevate, ora è tempo di risposte! »
Sbraitò inutilmente, poiché la superiorità numerica lo costringeva a non reagire e farsi portare nelle segrete.
"Non per il Canto Notturno"
Rispose infine il vecchio; era probabile che avessero delle discordie con i Canto Notturno quindi non avrebbe mai ottenuto ciò che desiderava sapere, forse era tempo di passare alle maniere forti.

--------

Scesero tre piani e si ritrovarono in un corridoio lungo e buio, ai lati numerose celle vuote tranne quella in cui lo stavano portando: a far compagnia al cavaliere vi era infatti un vecchio scheletro incatenato al muro da solide catene.
Coloro che lo avevano portato in quel luogo se ne andarono ridendo e lasciando solo un grassone di guardia della cella.
Doveva trovare rapidamente una soluzione o avrebbe fatto là fine del suo compagno di cella e, peggio ancora, Laurens lo avrebbe ammazzato s enon fosse tornato senza le informazioni che voleva.
Prese un femore del compagno ma questi si sbriciolò al minimo tocco: il tempo aveva intaccato anche quella scultura d'alabastro impedendgli di trovare una via di fuga rapida e ad armi pari.
Si sedette ad un angolino e cominciò a parlare con il grassone:
« Guardia, sai dirmi che ora è? Ho un appuntamento e non vorrei arrivare tardi. »
Non lasciò quasi tempo alla guardia di rispondere e subitò partì con un'altra domanda
« Perché vi siete rifugiati nel sottosuolo di Dorham? Sai qualcosa dei Lupi e di Nemarchos? »
La guardia non rispose e grugnì come un porco invece di degnare di una risposta il giovane cavaliere che, stanco di aspettare, decise di reagire e sfondare la porta della cella.
Potenziò un pugno e appena le nocche toccarono il ferro questi partì con un forte boato.
« Ah, non ho tempo da perdere! »
In breve la guardia gli fu addosso senza che potesse minimamente controbattere.
Il colpo improvviso fece cadere a terra il cavaliere che con uno scatto rapido portò la mano al fodero senza tuttavia trovare la fedele bastarda, mentre la guardia faceva sfoggio di una brillante sciabola corta. Il sorriso inquadrato tra i grassi zigomi non faceva che fomentare la rabbia in Ludvic che rispose rapido con una delle sue rune magiche intrappolando i paffuti arti nel terreno e provocando nell'avversario una profonda apatia. Eppure l'avversario sembrava pronto per contrattaccare e così fece, mostrando che nonostante tutta quella massa informe di carne anche lui poteva muoversi rapidamente da un punto all'altro. Riuscì a spostarsi istantaneamente evitando così il cerchio magico del cavaliere che, avendo già assistito ad una tecnica simile, era pronto a contrattaccare. Con la semplice volontà si insinuò nella mente della sfortunata guardia rendendolo incapace di contrattaccare efficacemente per qualche minuto. Il tempo era abbastanza per permettere a Ludvic di muovere un pugno dritto sul naso del grassone, rompendogli il setto nasale e impedendogli di respirare, mentre con la mancina andava rapido a prendere possesso della sciabola.
Il grasso corpo dell'uomo cadde all'indietro, andando a sbattere contro il pavimento e provocando un forte boato, mentre il cavaliere ansimava per lo sforzo adoperato: combattere in spazi così stretti non era facile come pensava.
Ora doveva solo ricordare da dove era arrivato e fuggire da lì prima che i suoi amici arrivassero o lo scontro sarebbe stato decisamente più ostico.


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 95 -10 -10 -20= 55%;
Status - Danno alla schiena (Basso), danno al volto (Basso), contusioni per caduta (Medio); Deciso.

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (riposta);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
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words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
---
words can not say, words full of vile darkness
consumo variabile medio
Con la mente annebbiata dal desiderio di vendetta e dal dolore, Ludvic non poté fare a meno di farsi corrompere dall'influenza della Lingua Oscura, modificando radicalmente le rune incise sul suo corpo. I simboli sul suo corpo mutarono a tal punto da diventare vere e proprie armi capaci di mietere vittime, senza dover nemmeno pronunciare parole in Lingua Oscura. Basterà la semplice volontà di Ludvic, e un piccolo dispendio di energie variabile, per dare sfogo a tutto il suo potere e manifestarlo, ad esempio, in una sfera dal colore intenso e dalla forma variabile per poi scagliarla contro l'avversario, concentrare quella potenza sulla spada o effettuare un attacco ad area a 360° con potenza inferiore al consumo speso. (ab. personale consumo variabile 1/10) Non solo fisicamente, ma anche mentalmente vi è stato un grosso e radicale cambiamento che lo ha reso parzialmente immune alle influenze psicologiche passive. Sensazioni profonde come forti paure, o tanto grandi, però, avranno comunque effetto. (passiva razziale)

azaghâl nâla zirak
consumo medio-alto
Neri tentacoli appaiono all'improvviso, unica avvisaglia è un ampio cerchio di stampo vagamente alchemico su cui sono incise numerose rune arcane da cui dipartono le oscure lingue che cercano di ghermire tutto ciò che trovano nel loro raggio d'azione. Non importa dove o a che altezza, essi riusciranno sempre a imbrigliare la loro preda, costringendola ad una resa lenta ma inevitabile, sedando i suoi istinti bestiali e più profondi. Nonostante il cerchio runico che appare sia uno solo, le rune al suo interno gli permettono di esprimere le sue capacità in modi differenti, a seconda della situazione e del volere del caster. I neri tentacoli possono, ad esempio, imbrigliare il nemico per mani e piedi, riuscendo a rallentare i movimenti della preda causandogli un forte torpore. Un'altra possibilità, ben più subdola, è quella di infiltrarsi nella mente nemica e, tramite un attacco psionico, creare una fitta oscurità illusoria, causando una temporanea cecità alla vittima. Queste capacità agiscono su chiunque si trovi nel cerchio, ad esclusione del caster stesso. (trappola + trappola annullante)

predict and manipulate: these are the secrets of a good warrior
consumo alto
Ludvic, con un consumo pari ad alto, si insinua nella mente dell'avversario inducendo elementi di disturbo e confusione, che impediranno all'avversario di reagire prontamente. La tecnica ha durata di quattro turni e l'influenza in ognuno di essi sarà di potenza bassa.

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Specifiche duello autoconclusivo:
- La guardia mi atterra (ho usato una variante della pergamena "Carica Furiosa" del Guerriero a consumo Medio, solo che fa danno pari al consumo);
- Utilizzo la pergamena "Trappola" del Cacciatore (consumo Medio);
- La guardia usa una variante della pergamena "Balzo" a consumo Medio, invece di essere un salto è uno spostamento istantaneo in una direzione;
- Avendo già visto questa tecnica (durante l'arrivo con l'Andre) uso subito la psionica a consumo Alto e successivamente mi sposto davanti alla guardia;
- Da questa posizione tiro un pugno dritto in faccia alla guardia, in particolare sul setto nasale, forte del fatto che la mano è coperta dall'armatura per poi rubargli la spada (se possibile).
 
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40 replies since 13/6/2012, 21:06   1260 views
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