« Ero così vicino dal liberarti, ero così vicino da capire come spezzare il sigillo.. »
Parole che vagarono nell'aria, riempiendo la calura che faceva ondeggiare il villaggio alle spalle del guardiano, lontano da loro due. Riempirono la calura, ma di certo non le orecchie - né tanto meno l'interesse - dell'albino che cercava di capire cosa volesse quello strano individuo. Peccato che in quel momento le parole deliranti di quel tizio erano le ultime cose che voleva. "Per mesi ho sopportato i deliri di una strega" pensò seccamente. Se ora lo sconosciuto aveva intenzione di continuare lo strazio, allora gli sarebbe accaduto qualcosa di brutto. Molto brutto.
« Dimmi Jevanni, Akor' ha mai brillato nelle tue mani? Akor' ti ha mai consegnato i suoi poteri? D'altronde sei solo un umano. » Se aveva brillato nelle sue mani, chiedeva ora sorridendo. Non colse cosa ci fosse di ilare, se ce n'era, ma non colse nemmeno il senso di quel che stava dicendo. Nuovamente. Akor' non gli aveva mai consegnato i suoi poteri, no. E a quel punto della vita, gliene importava veramente poco. Alzò le spalle, in risposta all'altro. Dopotutto, era riuscito a sopravvivere senza una vocina nella sua testa che lo chiamava stupido umano. Proprio come l'altro, pure. Che fosse pure lui un drago? "Come parole dette al vento, ci siamo" osservò, ancora senza scoprire le labbra aride. "Non vedo la coda, però."
« Oggi vedremo finalmente se sarai degno di portare con te Akor'. Ma non ci contare troppo. »
Nel momento in cui l'individuo dalla parlantina facile estrasse la spada, l'espressione di Jevanni si irrigidì. La spada aveva quel taglio e quella foggia che aveva visto già precedentemente, e la riconobbe per una di quelle armi che si utilizzavano nella regione in cui lui si trovava. Personalmente l'aveva trovata scomoda, ma in quel momento non aveva realmente rilevanza - non era lui ad impugnarla. Le dita si posarono quindi con più convinzione sull'arma che portava, stringendosi sull'elsa.
« Fai la tua scelta Jevanni, combatti o scappa. »
L'altro gli gettò la sabbia che teneva in mano addosso, ma il braccio destro di Jevanni fu ben più lesto. Arretrò istintivamente di mezzo passo, mentre Orizzonte e la mano che la reggeva abbandonarono in un istante il fodero, e la lama levata spazzò sapientemente quel pugno di granelli che voleva accecarlo con un arco bluastro che tagliò l'aria di fronte a sé. Il sipario dorato si dissolse, luccicando alla luce del sole. Una vista carina, simpatica quasi se non si fosse al contempo trovato davanti un individuo che sembrava essere apparso dal nulla con il solo scopo di ucciderlo. Una luminescenza ben più potente baluginò da qualcosa che si avvicinava pericolosamente a lui, qualcosa che riconobbe come un palmo di mano. Nell'altra, la sciabola veniva diretta verso la sua coscia. In affondo. Ma quella spada nemmeno era adatta ad affondare, pensò con un pizzico di irritazione Jevanni afferrando con entrambe le mani il proprio brando, calando un fendente obliquo nell'arco di spazio che divideva l'albino dal guardiano; l'aria racimolata dalla lama smorzò la luce e deviò la sciabola perché la punta affondasse al fianco della caviglia del Guerriero. Il braccio destro gli pizzicò fastidiosamente, formicolando, mentre i rimasugli della luce -potevano essere stati lampi?- si arrampicavano sulla pelle. "Combatti o scappa"?
« Ma vedi di andare al diavolo! » sbottò lo spadaccino. Fuggire? Lo aveva trascinato sin lì per dirgli di fuggire? Aveva riportato tutti quei ricordi, blaterava cazzate sotto quel sole cocente che per poco non aveva arrostito l'albino, e si stava prendendo persino la cura di dargli una seconda possibilità? Che il diavolo se lo portasse veramente, lui e quella stupida pietra del drago nero.
« Non ho scelto certo io di portare Akor'! » continuò portando la sinistra ad estrarre il pugnale cremisi che sognava il sangue proprio come un uomo poteva bramare una donna. La punta cercò anelante la spalla sinistra del guardiano tanto odiato, vicino alla clavicola, per tentare di affondare sin fino al manico.
Era venuto sin lì per ucciderlo? Che ci provasse soltanto. Jevanni veramente non aveva avuto scelta, quella volta. Sia lui che il drago avevano a malapena le forze di vivere - lui aveva accettato di liberarlo dalla schiavitù di Crystal, alla stessa maniera in cui lui aveva liberato sé stesso. Quando aveva mosso la spada Stormbringer e la spada Orizzonte, nelle mani rimbombava la forza solo di Jevanni, ma i pensieri di entrambi. No, il drago Akor' non gli aveva mai prestato alcun potere. E Jevanni nemmeno gliel'aveva chiesto. "Portami con te, fammi vedere il mondo" aveva detto lo spirito del drago racchiuso nella gemma che portava al collo. E la realtà era che il mondo era tanto distante al drago, quanto lo era allo spadaccino. Non era altro che un'ombra di sé stesso, lì in quel mondo dove niente riusciva a legarlo e sempre lo trascinava a spasso come un cane.
E come se non bastasse, ora interveniva un guardiano fallito a disturbare ancora i suoi giorni. Poco ma sicuro, però, sarebbe stato per l'ultima volta.
Orizzonte, mossa dal braccio ora nuovamente sensibile, tracciò due nuove linee guizzanti: la prima che si levava dal basso, verso la gola, che non sfiorò nemmeno il pomo d'Adamo, ma nuovamente comandò l'aria scagliandola come un rasoio affilato sullo sconosciuto; senza fermarsi che un attimo infinitesimale, la seconda linea venne delineata in un battito di ciglia. Null'altro che un affondo, diretto al plesso solare, venuto a rubare il soffio vitale dai polmoni che l'avevano chiamato "solo umano".
Si, lui era solo umano. Fortunatamente. Sfortunatamente. Assolutamente. E per quel che gli riguardava, gli bastava ed avanzava per liberarsi di lui.